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News 14/SA/2015
Lunedì,13 Aprile 2015
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi
Salmonella in roquefort francese e allerta per un paté vegano italiano con
Clostridium perfrigens. Ritirati dal mercato europeo 90 prodotti.
Nella settimana n°14 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 90 (15 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi:
Salmonella spp. in formaggio blu roquefort con latte di pecora crudo dalla Francia
(leggi articolo); presenza di soia non dichiarata in etichetta di noodle istantanei
(spaghetti asiatici) da Taiwan (leggi articolo per vedere la marce e i dettagli).
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: norovirus in vongole congelate in guscio precotte
(Meretrix lyrata) dal Vietnam; presenza non autorizzata di E 251 (nitrato di sodio) in
tonno pinna gialla fresco (Thunnus albacares) dalla Spagna; Listeria monocytogenes
in salmone affumicato dalla Polonia; irradiazione non autorizzata per integratore
(estratto di betulla) dalla Cina; Listeria monocytogenes in salmone affumicato e
refrigerato dalla Polonia; Salmonella infantis in carne di pollame separata
meccanicamente congelata dalla Germania.
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: la
migrazione di cromo, nichel e manganese da barbecue grill a combustibile gassoso
dalla Cina; migrazione di cromo da coltelli cinesi; aflatossine in pistacchi dall’Iran;
mercurio in filetti di pesce spada refrigerati dalla Spagna; corrosione e livello di
migrazione globale troppo alto da utensili da cucina in acciaio dalla Cina non
idonei ad essere utilizzati come materiale a contatto con alimenti (in acciaio inox
AISI 201); migrazione di manganese da set per barbecue a gas dalla Cina; livello di
migrazione globale troppo alto dalla cristalleria cinese; migrazione di manganese
da griglie per barbecue dalla Cina; un’allerta per la presenza di Clostridium
perfringens in paté vegano italiano (distribuito in Germania, Grecia, Malta, San
Marino, Svezia e Svizzera),
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal
mercato, la Polonia lancia un’allerta per la presenza di idrocarburi policiclici
aromatici in olio d’oliva; la Germania segnala residui di pesticida (clorpirifos e
etossichina) in due lotti di pere; infine i Paesi Bassi srgnalano la presenza di insetti
morti in ceci. (Articolo di Valeria Nardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Ulivi Puglia: parere EFSA entro 17 aprile su Xylella
E' previsto entro il 17 aprile prossimo il parere dell'Autorità Europea per la Sicurezza
Alimentare circa la rivalutazione delle "cause vere" della Xylella Fastidiosa, il batterio
che sta decimando la popolazione di olivi in Puglia.
In base a commenti di una ONG, Peacelink, il parere di Efsa che attribuiva al
microorganismo la causa della difficile situazione dell'olivicoltura, il motivo reale
dell'epidemia sarebbe invece un fungo. Ora Efsa è stata chiamata dalla
Commissione europea a rivalutare tutte le evidenze. Il rischio, avverte la
Commissione, è una crescente sfiducia dei cittadini europei sull'affidabilità delle
valutazioni scientifiche di Efsa.
Il parere di Efsa è propedeutico all'adozione di nuove misure di emergenza entro
fine mese, da parte degli Stati membri. Peacelink avrebbe affermato che la
soluzione di eradicare ben 11 milioni di ulivi quale misura contenitiva sarebbe
assolutamente inutile.
Fonte: www.sicurezzalimentare.it
Antibiotici negli allevamenti: l’utilizzo a scopo preventivo e di routine pone
preoccupazioni sulla loro efficacia futura
Uno studio guidato da ricercatori della statunitense Princeton University e pubblicato
dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha analizzato per la
prima volta su larga scala l’utilizzo degli antibiotici nell’allevamento di animali in 228
Paesi, prevedendo un forte aumento nei prossimi 15 anni. Una stima conservativa
quantifica in 63.151 tonnellate gli antibiotici usati sugli animali nel 2010, stimando un
aumento del 67% entro il 2030, con quasi un raddoppio in Brasile, Russia, India, Cina
e Sud Africa, a fronte di un aumento del 13% della popolazione.
Questo incremento sarà dovuto principalmente a due fattori: la crescita della
domanda dei consumatori per i prodotti animali nei paesi a reddito medio, e il
diffondersi di allevamenti di grandi dimensioni, dove gli antibiotici sono usati di
routine. Per quanto riguarda l’Europa l’impiego di antibiotici è ammesso solo per uso
terapeutico e dietro prescrizione veterinaria da comunicare alle autorità sanitarie.
Questo incredibile aumento degli antibiotici negli animali, utilizzati non a scopo
terapeutico ma direttamente nei mangimi a fini preventivi e per la promozione della
crescita, suscita gravi preoccupazioni riguardo la capacità dei farmaci di
mantenere la loro efficacia nei prossimi decenni, sia sugli esseri umani, sia sugli
animali.
I dati sugli animali sono ancora scarsi, a causa di una carenza di sistemi di
sorveglianza finanziati con fondi pubblici e della riluttanza a diffondere i dati da
parte degli allevatori e delle aziende produttrici di farmaci veterinari. Lo studio della
Princeton University si è basato sui dati di consumo degli antibiotici in 32 Paesi ad
alto reddito, da cui sono state estrapolate le stime per le nazioni a reddito medio e
basso. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
“Senza bisfenolo A”: una scritta sempre più diffusa ma che non garantisce
sicurezza. Le sostanze che lo rimpiazzano sono quasi identiche.
La scritta sulle etichette “BPA-free”, cioè privo di bisfenolo, rappresenta davvero una
garanzia di sicurezza? Una dicitura sempre più presente negli ultimi anni, soprattutto
per l’aumento dei dati a dimostrazione della pericolosità di questo plastificante
ubiquitario, e la crescente diffusione delle norme che ne vietano l’impiego in
prodotti per l’infanzia, contenitori per alimenti e altri oggetti o, come accaduto in
Francia, ne vietano l’uso tout court. Ma quando un prodotto così etichettato si può
considerare realmente sicuro?
Secondo i ricercatori del centro chiamato The Endocrine Disruption Exchange
(TEDX) di Paonia, in Colorado, mai, o quasi mai. Perché le funzioni svolte dal BPA
sono insostituibili e le sostanze impiegate per rimpiazzarlo sono di fatto quasi
identiche e quindi hanno o potrebbero avere gli stessi effetti sulla salute umana.
Per giungere al loro verdetto, i ricercatori americani hanno compiuto un’analisi
degli studi pubblicati sui due sostituti più impiegati, i bisfenoli S e F (BPS e BPF),
identificandone 32, 26 dei quali solo in vitro, e sette in vivo. Come sottolineato su
Environmental Health Perspectives, quasi tutte le indagini sono state incentrate sugli
effetti metabolici e ormonali (prevalentemente sugli ormoni sessuali) di questi
composti, e tutti quelli che lo hanno fatto hanno mostrato che entrambi hanno
un’azione sovrapponibile, per tipo e potenza, a quella del BPA. Non si può, quindi,
spacciare per sicuri prodotti che, al momento, non è dimostrato che lo siano, anzi.
Per limitare i rischi, gli autori ricordano le regole fondamentali valide per il BPA e, di
conseguenza, estendibili anche agli altri bisfenoli:
1. Evitare di tenere in mano gli scontrini e in generale la carta termica, che
contiene molto bisfenolo. Anche se non è facilmente percepibile, l’accumulo
proveniente da questa fonte, soprattutto quando sulle mani c’è una crema o una
sostanza oleosa che possa facilitarne l’assorbimento, è superiore rispetto a quello
che si ha mangiando alimenti conservati in contenitori con BPA. Ciò dipende,
oltreché dalla frequenza del contatto, anche dal fatto che nella carta termica i
bisfenoli sono liberi e non legati come nelle plastiche, e possono quindi migrare con
maggiore facilità. Gli autori arrivano a consigliare di evitare del tutto il contatto,
chiedendo a chi emette lo scontrino di riporlo nella confezione o nel sacchetto.
2. Bere bevande contenute nell’alluminio o nel vetro, non nella plastica, tanto a
casa quanto al lavoro.
3. Non riscaldare alimenti in contenitori di plastica nel forno a microonde; il
riscaldamento a microonde può far staccare i bisfenoli dalla plastica, e agevolarne
la migrazione nei cibi. In generale, sarebbe meglio non usare la plastica per la
conservazione degli alimenti, preferendo la ceramica o il vetro, ma se non è
possibile è bene non riscaldare nessuna plastica. (Articolo di Agnese Codignola)
Fonte: ilfattoalimentare.it

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  • 1. News 14/SA/2015 Lunedì,13 Aprile 2015 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Salmonella in roquefort francese e allerta per un paté vegano italiano con Clostridium perfrigens. Ritirati dal mercato europeo 90 prodotti. Nella settimana n°14 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 90 (15 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: Salmonella spp. in formaggio blu roquefort con latte di pecora crudo dalla Francia (leggi articolo); presenza di soia non dichiarata in etichetta di noodle istantanei (spaghetti asiatici) da Taiwan (leggi articolo per vedere la marce e i dettagli). Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: norovirus in vongole congelate in guscio precotte (Meretrix lyrata) dal Vietnam; presenza non autorizzata di E 251 (nitrato di sodio) in tonno pinna gialla fresco (Thunnus albacares) dalla Spagna; Listeria monocytogenes in salmone affumicato dalla Polonia; irradiazione non autorizzata per integratore (estratto di betulla) dalla Cina; Listeria monocytogenes in salmone affumicato e refrigerato dalla Polonia; Salmonella infantis in carne di pollame separata meccanicamente congelata dalla Germania. Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: la migrazione di cromo, nichel e manganese da barbecue grill a combustibile gassoso dalla Cina; migrazione di cromo da coltelli cinesi; aflatossine in pistacchi dall’Iran; mercurio in filetti di pesce spada refrigerati dalla Spagna; corrosione e livello di
  • 2. migrazione globale troppo alto da utensili da cucina in acciaio dalla Cina non idonei ad essere utilizzati come materiale a contatto con alimenti (in acciaio inox AISI 201); migrazione di manganese da set per barbecue a gas dalla Cina; livello di migrazione globale troppo alto dalla cristalleria cinese; migrazione di manganese da griglie per barbecue dalla Cina; un’allerta per la presenza di Clostridium perfringens in paté vegano italiano (distribuito in Germania, Grecia, Malta, San Marino, Svezia e Svizzera), Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Polonia lancia un’allerta per la presenza di idrocarburi policiclici aromatici in olio d’oliva; la Germania segnala residui di pesticida (clorpirifos e etossichina) in due lotti di pere; infine i Paesi Bassi srgnalano la presenza di insetti morti in ceci. (Articolo di Valeria Nardi) Fonte: ilfattoalimentare.it Ulivi Puglia: parere EFSA entro 17 aprile su Xylella E' previsto entro il 17 aprile prossimo il parere dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare circa la rivalutazione delle "cause vere" della Xylella Fastidiosa, il batterio che sta decimando la popolazione di olivi in Puglia. In base a commenti di una ONG, Peacelink, il parere di Efsa che attribuiva al microorganismo la causa della difficile situazione dell'olivicoltura, il motivo reale dell'epidemia sarebbe invece un fungo. Ora Efsa è stata chiamata dalla Commissione europea a rivalutare tutte le evidenze. Il rischio, avverte la Commissione, è una crescente sfiducia dei cittadini europei sull'affidabilità delle valutazioni scientifiche di Efsa. Il parere di Efsa è propedeutico all'adozione di nuove misure di emergenza entro fine mese, da parte degli Stati membri. Peacelink avrebbe affermato che la soluzione di eradicare ben 11 milioni di ulivi quale misura contenitiva sarebbe assolutamente inutile. Fonte: www.sicurezzalimentare.it Antibiotici negli allevamenti: l’utilizzo a scopo preventivo e di routine pone preoccupazioni sulla loro efficacia futura Uno studio guidato da ricercatori della statunitense Princeton University e pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha analizzato per la prima volta su larga scala l’utilizzo degli antibiotici nell’allevamento di animali in 228 Paesi, prevedendo un forte aumento nei prossimi 15 anni. Una stima conservativa quantifica in 63.151 tonnellate gli antibiotici usati sugli animali nel 2010, stimando un
  • 3. aumento del 67% entro il 2030, con quasi un raddoppio in Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, a fronte di un aumento del 13% della popolazione. Questo incremento sarà dovuto principalmente a due fattori: la crescita della domanda dei consumatori per i prodotti animali nei paesi a reddito medio, e il diffondersi di allevamenti di grandi dimensioni, dove gli antibiotici sono usati di routine. Per quanto riguarda l’Europa l’impiego di antibiotici è ammesso solo per uso terapeutico e dietro prescrizione veterinaria da comunicare alle autorità sanitarie. Questo incredibile aumento degli antibiotici negli animali, utilizzati non a scopo terapeutico ma direttamente nei mangimi a fini preventivi e per la promozione della crescita, suscita gravi preoccupazioni riguardo la capacità dei farmaci di mantenere la loro efficacia nei prossimi decenni, sia sugli esseri umani, sia sugli animali. I dati sugli animali sono ancora scarsi, a causa di una carenza di sistemi di sorveglianza finanziati con fondi pubblici e della riluttanza a diffondere i dati da parte degli allevatori e delle aziende produttrici di farmaci veterinari. Lo studio della Princeton University si è basato sui dati di consumo degli antibiotici in 32 Paesi ad alto reddito, da cui sono state estrapolate le stime per le nazioni a reddito medio e basso. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it “Senza bisfenolo A”: una scritta sempre più diffusa ma che non garantisce sicurezza. Le sostanze che lo rimpiazzano sono quasi identiche. La scritta sulle etichette “BPA-free”, cioè privo di bisfenolo, rappresenta davvero una garanzia di sicurezza? Una dicitura sempre più presente negli ultimi anni, soprattutto per l’aumento dei dati a dimostrazione della pericolosità di questo plastificante ubiquitario, e la crescente diffusione delle norme che ne vietano l’impiego in prodotti per l’infanzia, contenitori per alimenti e altri oggetti o, come accaduto in Francia, ne vietano l’uso tout court. Ma quando un prodotto così etichettato si può considerare realmente sicuro? Secondo i ricercatori del centro chiamato The Endocrine Disruption Exchange (TEDX) di Paonia, in Colorado, mai, o quasi mai. Perché le funzioni svolte dal BPA sono insostituibili e le sostanze impiegate per rimpiazzarlo sono di fatto quasi identiche e quindi hanno o potrebbero avere gli stessi effetti sulla salute umana. Per giungere al loro verdetto, i ricercatori americani hanno compiuto un’analisi degli studi pubblicati sui due sostituti più impiegati, i bisfenoli S e F (BPS e BPF), identificandone 32, 26 dei quali solo in vitro, e sette in vivo. Come sottolineato su Environmental Health Perspectives, quasi tutte le indagini sono state incentrate sugli
  • 4. effetti metabolici e ormonali (prevalentemente sugli ormoni sessuali) di questi composti, e tutti quelli che lo hanno fatto hanno mostrato che entrambi hanno un’azione sovrapponibile, per tipo e potenza, a quella del BPA. Non si può, quindi, spacciare per sicuri prodotti che, al momento, non è dimostrato che lo siano, anzi. Per limitare i rischi, gli autori ricordano le regole fondamentali valide per il BPA e, di conseguenza, estendibili anche agli altri bisfenoli: 1. Evitare di tenere in mano gli scontrini e in generale la carta termica, che contiene molto bisfenolo. Anche se non è facilmente percepibile, l’accumulo proveniente da questa fonte, soprattutto quando sulle mani c’è una crema o una sostanza oleosa che possa facilitarne l’assorbimento, è superiore rispetto a quello che si ha mangiando alimenti conservati in contenitori con BPA. Ciò dipende, oltreché dalla frequenza del contatto, anche dal fatto che nella carta termica i bisfenoli sono liberi e non legati come nelle plastiche, e possono quindi migrare con maggiore facilità. Gli autori arrivano a consigliare di evitare del tutto il contatto, chiedendo a chi emette lo scontrino di riporlo nella confezione o nel sacchetto. 2. Bere bevande contenute nell’alluminio o nel vetro, non nella plastica, tanto a casa quanto al lavoro. 3. Non riscaldare alimenti in contenitori di plastica nel forno a microonde; il riscaldamento a microonde può far staccare i bisfenoli dalla plastica, e agevolarne la migrazione nei cibi. In generale, sarebbe meglio non usare la plastica per la conservazione degli alimenti, preferendo la ceramica o il vetro, ma se non è possibile è bene non riscaldare nessuna plastica. (Articolo di Agnese Codignola) Fonte: ilfattoalimentare.it