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News 47/SA/2016
Lunedì, 21 Novembre 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.47 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 57 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Spagna per istamina in in
sardine congelate (Sardinella aurita) proveniente dal Marocco; notificato dalla
Bulgaria per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per
Salmonella in semi di sesamo provenienti dall’India; notificato dall’Italia per
aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia; notificato dall’Olanda per
aflatossine in arachidi provenienti dagli Usa; notificato dall’Italia per migrazione di
cromo da cucchiaio e migrazione di nickel dalla tavola come parte di un set di
posate provienti dalla Cina.
Allerta notificata dall’Italia per: conta troppo alta di glutine in snacks senza glutine
con riso soffiato e cioccolato bianco proveniente dalla Germania;
Allerta notificati: dall’Olanda per Escherichia coli produttrice di shigatossine e
Salmonella in menta fresca proveniente dal Laos, via Olanda; dall’Austria per pezzo
di metallo in torta proveniente dall’ Italia; dal Regno Unito per arachidi non
dichiarate in burro di mandorle cocco proveniente dall’Olanda; dall’Olanda per
salmonella in erba cipollina proveniente dal Laos, via Olanda e per Salmonella in
shaker mix pancake proveniente dalla Germania; notificato dalla Svizzera per alto
contenuto di iodio in alghe essiccate provenienti dalla Cina, via Olanda; notificato
dal Belgio per troppo alto contenuto di glutine in pesce senza glutine surgelato
panato proveniente dal Belgio.
Nella lista delle informative troviamo notificate: notificata dall’Italia per infestazione
di parassiti con Anisakis di rana pescatrice refrigerata (Lophius piscatorius or
budegassa) proveniente dalla Francia; dall’Italia per importazione illegale di salsa
iraniana dall’Iran, via Olanda e per importazione illegale di carne in scatola
proveniente dall’ Iran, via Olanda; sempre notificato dall’Italia per Escherichia coli
produttrice di shigatossine in carne di manzo congelata proveniente dal Brasile;
notificata dall’Irlanda per semi di zucca provenienti dalla Cina, confezionati nel
Regno Unito infestati da insetti; notificata dal Regno Unito per contenuto troppo alto
di acid erucico (15.9 %) in olio di senape proveniente dal Bangladesh; notificata
dall’Italia per salmonella in maiale congelato proveniente dalla Germania.
Fonte: rasff.eu
TTIP, negoziati ufficialmente congelati dopo elezione di Trump. La Commissione Ue
prende atto della contrarietà agli accordi commerciali internazionali.
Nel mese di ottobre i negoziati sul Trattato commerciale di libero scambio tra Usa e
Ue (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) erano stati di fatto sospesi
su pressioni franco-tedesche, in attesa degli appuntamenti elettorali dei due Paesi
nel 2018 e in vista delle presidenziali Usa. Ora con la vittoria di Donald Trump sono
stati ufficialmente congelati come ha dichiarato la Commissaria Ue al Commercio,
Cecilia Malmström, “la vittoria di Trump ha creato un certo grado di incertezza
riguardo a ciò che saranno le sue priorità come presidente e vi è ragione di credere
che ci sarà una pausa estesa nei negoziati TTIP”.
In campagna elettorale il nuovo presidente Usa si è chiaramente espresso contro gli
accordi commerciali internazionali, che tolgono posti di lavoro ai cittadini
statunitensi, ed è probabile che per capire se e quando i negoziati sul TTIP
riprenderanno bisognerà aspettare molto. Non a caso, la Commissione Ue ha
sarebbe stato opportuno firmare il trattato prima della fine del mandato di Obama.
Il pessimismo sul futuro del TTIP è condiviso anche da operatori del commercio
internazionale. Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza per
l’export verso gli Stati Uniti, ha dichiarato a Labitalia: “Dal risultato delle elezioni
presidenziali americane, in termini di export, non mi aspetto grossi impatti sull’export
tipico italiano. Certo è che possiamo intonare il “de profundis” per trattati come il
TTIP”. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Olio di colza: è davvero rischioso per la salute?
La colza è una Brassicacea dai cui semi si estrae un olio alimentare. I campi di colza
sono facilmente riconoscibili per il bel colore giallo che assumono quando sono in
fiore. La colza selvatica ha un elevato contenuto di acido erucico, un acido grasso
monoinsaturo che può arrecare danni al cuore. Grazie a tecniche di selezione è
stato possibile ottenere delle piante che danno un olio in cui l’acido erucico è di
circa lo 0,5 % dei grassi totali. L’EFSA il 9 novembre 2016 ha pubblicato la sua
valutazione dei rischi derivanti dal consumo di acido erucico.
Il titolo del documento “Acido erucico: possibile rischio per la salute dei bambini
altamente esposti “ non è molto rassicurante. Nel breve riassunto introduttivo l’EFSA
dice:
“L’acido erucico, un contaminante naturale presente negli oli vegetali, non
costituisce un problema di sicurezza per la maggior parte dei consumatori, in
quanto l’esposizione media è meno della metà del livello di sicurezza. Può tuttavia
costituire un rischio a lungo termine per la salute di bambini di età fino a 10 anni che
consumino elevate quantità di alimenti contenenti questa sostanza”
Cerchiamo di capire meglio.
Nel parere si dice che la dose accettabile giornaliera per i consumatori è di 7 mg
per kg di peso corporeo.
Per quanto riguarda i consumi è stato stimato che le persone adulte in media
consumano da 0,3 mg a 4 mg per kg di p.c. al giorno. Nei bambini fino a 10 anni
invece si può arrivare fino a 7,4 mg di kg di p.c. al giorno. In particolare è stato
stimato che da 0 a 12 mesi di vita l’acido erucico deriva dal latte artificiale, mentre
dopo dai vari dolci e prodotti da forno.
L’Efsa dice anche di non essere certa dei dati riguardanti i bambini e che potrebbe
esserci stata una sovrastima.
Occorre anche rilevare che i consumi sono riferiti a diversi Paesi e non soltanto
all’Italia. Da noi si consumano diversi altri oli e solo di recente potrebbe esserci stato
un incremento dell’olio di colza anche perché alcune aziende hanno eliminato l’uso
di olio di palma.
Il problema, semmai dovesse esistere, riguarda alcuni latti in polvere per bambini
lattanti in cui l’olio di colza è un componente importante.
In ogni caso dalla lettura della composizione riportata in etichetta si può facilmente
sapere se il nostro alimento contiene o meno olio di colza e quindi comportarsi di
conseguenza.
La speranza è che adesso non si scateni una nuova emergenza mediatica e che
magari le aziende alimentari, applicando un presunto e non richiesto principio di
precauzione, scrivano sui loro prodotti “senza olio di colza”.
Andando di questo passo troveremmo sul mercato delle scatole di alimenti vuote
con la scritta “senza niente”. (Dal blog di Agostino Macrì)
https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/161109
Fonte: sicurezzalimentare.it
Energy drink e alcol: per gli adolescenti sono come cocaina. Nuovi studi
confermano i pericoli associati al consumo combinato delle due bevande.
Per il cervello degli adolescenti sono come la cocaina. Negli animali, l’associazione
di energy drink e bevande alcoliche produce effetti simili a quelli derivanti
dall’assunzione di stimolanti come la cocaina, e per questo andrebbe
assolutamente evitata. Sono questi i preoccupanti risultati pubblicati su PLoS One di
uno studio della Purdue University, che dimostra come la miscela di alcol e bevande
energetiche ha effetti sinergici negativi e duraturi sul cervello, al punto che alcune
conseguenze gravi si ritrovano molto chiaramente nell’età adulta. Lo studio è stato
condotto su un modello animale affidabile, convalidato da tempo e utilizzato in
molti studi sulle sostanze d’abuso (topi di età paragonabile all’adolescenza,
sottoposti a dosi di sostanze simili a quelle assunte dai ragazzi).
Negli animali l’assunzione di alte dosi di caffeina e alcol si traduce in un aumento
dell’attività motoria, del tutto simile all’effetto ottenuto somministrando cocaina, e
decisamente superiore a quello che si vede quando le due sostanze vengono
somministrate singolarmente. Inoltre, nel cervello si nota l’aumento di una sostanza
chiamata delta FosB, sempre elevata nei consumatori abituali di droga e associata
a modifiche anatomiche di alcune aree cerebrali.
Le modifiche strutturali del cervello, spiegherebbero perché i topi adulti che hanno
bevuto energy drink e alcol da giovani hanno comportamenti diversi rispetto al
gruppo di controllo. Si nota infatti una tolleranza alla cocaina, cioè una minore
sensibilità agli effetti. E questa non è una buona notizia: per avere
l’effetto desiderato sono necessari dosaggi della sostanza più elevati e lo stimolo ad
assumere lo stupefacente è più potente. Come controprova agli stessi animali è
stata somministrata saccarina, una sostanza capace di agire sui centri della
ricompensa come la cocaina. Anche in quel caso gli animali abituati fin da giovani
ad assumere alcol e caffeina hanno avuto bisogno di dosaggi maggiori.
A ulteriore conferma della pericolosa combinazione, in uno studio uscito sempre in
questi giorni su Alcohol, gli stessi autori hanno dimostrato che da soli gli energy drink
non hanno effetti di questo tipo. Invece, sarebbe l’insieme di sostanze a elevato
contenuto di caffeina e alcol a determinare cambiamenti strutturali nel cervello.
Queste modifiche, che avvengono soprattutto nei centri nervosi coinvolti nella
ricompensa, si traducono poi in propensione ad assumere altre sostanze.
Dopo le osservazioni sui giovani, giungono dunque i dati di laboratorio a
confermare che energy drink e alcol non andrebbero mai mescolati. I rischi infatti
non sono solo immediati, come per chi si mette alla guida o ha disturbi cardiaci non
diagnosticati, ma anche e soprattutto a lungo termine.
E i guai non sono finiti per gli energy drink. Il British Medical Journal ha raccontato il
caso di un operaio cinquantenne della Florida ricoverato per un improvviso
aggravamento di un’epatite C cronica che aveva da anni. I medici hanno
scoperto che l’uomo assumeva da tre settimane 4-5 energy drink al giorno per
tollerare la fatica e hanno attribuito a uno dei componenti di queste bevande, la
niacina, l’effetto tossico sul fegato. E in effetti la crisi è rientrata quando l’uomo ha
cessato di assumere l’energy drink.
La dose giornaliera consigliata di niacina, o vitamina B3, utile e innocua alle giuste
concentrazioni, è di 17 milligrammi per gli uomini e di 13 per le donne. Gli effetti
tossici di norma sono visibili oltre i 500 mg e una lattina di energy drink in media ne
contiene 40 mg. Quindi, anche assumendo 5 lattine al giorno, si dovrebbe restare
ben al di sotto della soglia di rischio. Tuttavia le persone con malattie del fegato
hanno un metabolismo più complesso e non riescono a smaltire come gli altri
alcune sostanze. Secondo gli autori bisognerebbe quindi aggiungere un avviso
specifico per le persone con funzionalità epatica ridotta. Tra epatiti virali, alcoliche e
associate all’obesità, le persone con deficit epatici sono milioni nel mondo e
potrebbero correre rischi anche seri. Inoltre i ricercatori fanno notare che non sono
mai stati valutati nel dettaglio tutti gli ingredienti, cosa ora indispensabile, vista la
grandissima diffusione di questi drink. (Articolo di Agnese Codignola)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Pane e prodotti integrali preparati con farine raffinate e crusca. Ma è la legge che lo
consente. Il commento dell’avvocato Dario Dongo.
Buongiorno,
Nella puntata del 14 novembre 2016 del programma “Indovina chi viene a cena” in
onda su Raitre viene spiegato il processo di produzione del pane ed in particolare
anche della farina. Sono rimasto completamente ‘spiazzato’ nel vedere che la
maggioranza dei prodotti sulla cui etichetta è indicato siano integrali, in realtà non
lo sono e che tale informazione ‘errata’ non vìola alcuna legge. Sarebbe possibile
avere da voi, così come puntualmente fate, un elenco di prodotti da forno, reperibili
nei supermercati, che siano prodotti utilizzando al 100% farine integrali?
Luigi
Il Fatto Alimentare ha trattato più volte la questione delle farine integrali (1).
Purtroppo ad oggi non esiste una lista di prodotti da forno realizzati con vera farina
integrale e non farina raffinata con aggiunta di crusca: tale elenco sarebbe molto
complesso da realizzare.
Come rilevato dal lettore, la legge consente di definire “integrale” prodotti realizzati
con sfarinati raffinati e crusca aggiunta. Ecco un commento dell’avvocato Dario
Dongo, esperto in diritto alimentare, che spiega perché è possibile.
Integrale è meglio. Incoraggiati dalle raccomandazioni di nutrizionisti e istituzioni
sanitarie, sono sempre più numerosi i consumatori che scelgono i prodotti da forno
nella versione integrale (2). Biscotti, merendine, cracker, grissini, convenzionali o
biologici. Peccato che non sempre i prodotti definiti “integrali” lo siano davvero.
Sotto la stessa denominazione sono infatti proposti sia quelli realizzati con sole farine
integrali, sia quelli composti di farine raffinate e aggiunta di crusca e cruschello.
Fatto l’inganno, trovato il rimedio. Chi intende consumare il vero integrale può
scegliere senza errore verificando la lista degli ingredienti. Laddove non sia precisato
“farina di grano tenero integrale” o “farina di frumento integrale” si è in presenza di
un farinaceo raffinato, seguito dall’aggiunta di crusca o cruschello.A rendere
possibile questa “ambiguita” è una circolare del ministero delle Attività produttive
(n. 168/2003), secondo la quale non ha alcuna rilevanza ai fini dell’informazione al
consumatore precisare se una farina impiegata come ingrediente sia integrale o
ricostituita. La conseguenza di questa previsione è che in commercio troviamo
prodotti da forno “integrali” con un contenuto di fibra estremamente variabile: dal
2,5% dei preparati con farine raffinate e aggiunta di crusca, all’11% dei prodotti “veri
integrali”.
I “falsi integrali” non sono nocivi, sia chiaro, ma è bene ricordare che soltanto le
farine integrali conservano intatte le preziose proprietà nutrizionali del cereale: il
germe di grano e l’elevato contenuto di fibra, utile per migliorare la funzionalità
intestinale, aumentare la sensazione di sazietà (con effetti sul controllo del peso) e
persino prevenire patologie, quali quelle coronariche, le malattie infiammatorie e il
tumore dell’intestino e il diabete di tipo 2, come ha recentemente documentato
uno studio pubblicato su Jama Internal Medicine (2015;175(3):373-384).
Rimane infine da chiedersi se, con l’entrata in vigore del regolamento (UE) 1169/11,
il citato “inganno da circolare” sia ancora ammissibile. Decisamente no, secondo
chi scrive. Ma in assenza di un regime sanzionatorio specifico, l’unica possibile tutela
rimane affidata all’arbitrio dell’Antitrust. (Articolo di Dario Dongo)
Note:
(1) Vedi articoli: “Biscotti Buongrano Mulino Bianco: la farina è integrale oppure è bianca ma con un
pizzico di crusca? La risposta di Dario Dongo” e “Tramezzino integrale vegano con farina raffinata e
crusca aggiunta: è corretta l’etichetta? Risponde l’avvocato Dario Dongo”
(2) Il 60% dei consumatori di età compresa tra 18 e 35 anni consuma alimenti integrali, secondo una
ricerca Doxa di giugno 2015.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Inchiostri e sicurezza alimentare.
EuPIA annuncia l’uscita delle Buone Pratiche di Fabbricazione Versione 4.0 per
assistere nel controllo dei pericoli per la sicurezza alimentare.
L’Associazione Europea dei produttori di Inchiostri da Stampa (EuPIA) annuncia
l’ultima edizione completamente aggiornate e ampliata delle Buone Pratiche di
Fabbricazione (GMP) per coprire la produzione di tutte le vernici e rivestimenti, così
come inchiostri progettati per essere stampati sui materiali a contatto con gli
alimenti (FCM), compresi tutti i contatti non alimentari e le superfici di imballaggi e
contenitori a contatto con gli alimenti.
Inchiostri, rivestimenti e vernici sviluppati e prodotti in conformità a queste Buone
Pratiche di Fabbricazione (GMP, dall’inglese Good Manufacturing Practice)
aiuteranno i produttori di materiali a contatto con gli alimenti a fornire prodotti
totalmente conformi a tutta la legislazione Europea sui materiali e sugli articoli
destinati a venire a contatto con gli alimenti. La legislazione europea comprende il
Regolamento Quadro (CE) N. 1935/2004 e il Regolamento GMP (CE) N. 2023/2006.
Le GMP aggiornate si riferiscono anche al Regolamento sulle materie plastiche (CE)
N. 10/2011, alle opinioni dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) così
come ai Regolamenti nazionali quali l’Ordinanza Svizzera sugli inchiostri da stampa
per gli imballaggi alimentari.
E’ probabile che l’ultima versione delle GMP richieda cambiamenti significativi e
miglioramenti di processo in diversi settori, pertanto le organizzazioni dovrebbero
assegnare tempo e risorse sufficienti per comprendere, definire e introdurre le
modifiche
necessarie, che possono richiedere diversi mesi per la piena attuazione.
Martin Kanert, Executive Manager di EuPIA, commenta così : «L’ultima versione delle
GMP fu pubblicata nel 2009, e da allora, ci sono stati una serie di importanti sviluppi
che hanno dovuto essere affrontati e incorporati nella nuova Guida, non ultimo
l’inserimento di rivestimenti a contatto con gli alimenti e vernici. Questa guida sulle
Buone Pratiche di Fabbricazione, di 47 pagine, completamente aggiornata e più
dettagliata fornisce ora un ampio documento di riferimento che delinea
chiaramente tutte le misure necessarie per garantire la conformità in relazione
all’imballaggio alimentare e salvaguardare contro potenziali pericoli.»
La versione 4.0 delle GMP è disponibile per essere scaricata dal sito internet di EuPIA.
Fonte: http://www.metaprintart.info
Dichiarazione nutrizionale, esenzione PMI e artigiani, la circolare ministeriale.
Tra pochi giorni diverrà obbligatorio inserire la dichiarazione nutrizionale sulle
etichette dei prodotti alimentari preimballati, con le modalità che abbiamo di
recente illustrato. Meglio tardi che mai, una circolare dei Ministeri dello Sviluppo
Economico e della Salute ha provato a chiarire le esenzioni a favore delle imprese
artigiane e PMI.
Il punto di partenza è l’Allegato V del regolamento UE 1169/11, “Alimenti ai quali
non si applica l’obbligo della tabella nutrizionale“, che al punto 19 indica “gli
alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal
fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali
di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale” (1).
La circolare ministeriale 16.11.16 qui allegata fornisce la seguente interpretazione
della deroga in esame, che si applica alle sole micro-imprese (2), vale a dire quelle
con “meno di 10 dipendenti e un fatturato (la quantità di denaro ricavato in un
periodo specifico) o bilancio (un prospetto delle attività e delle passività di una
società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro“. Di conseguenza, “le piccole quantità di
prodotti” esentate dall’obbligo di dichiarazione nutrizionale possono di fatto
coincidere con l’intera produzione di tali imprese, a condizione che la vendita
abbia luogo mediante:
– fornitura diretta ai consumatori, anche mediante spacci aziendali, mercati locali
(es. Campagna Amica) e bancarelle, sagre “e ogni forma di somministrazione“,
senza intermediazione di operatori diversi dal produttore, ovvero
– fornitura a strutture locali di vendita al dettaglio. Laddove,
– “il ‘livello locale’ viene a essere identificato nel territorio della Provincia ove insiste
l’azienda e nel territorio delle Province contermini“, escludendo “il trasporto sulle
lunghe distanze e quindi non può in alcun modo essere inteso come ambito
nazionale“(3),
– la “vendita al dettaglio” va riferita sia a “l’attività svolta da chiunque
professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree
private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al
consumatore finale“(4), sia alle c.d. “collettività”, cioè “qualunque struttura
(compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense,
scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività
imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte
del consumatore finale“(5).
Ad abundantiam, viene precisato che gli alimenti di imprese artigiane sono esclusi
dalla tabella nutrizionale obbligatoria, quand’anche non siano preimballati (una
puntualizzazione non necessaria, atteso che il regolamento impone la dichiarazione
nutrizionale sui soli prodotti preconfezionati, ndr).
Come interpretare la circolare? L’obiettivo del legislatore europeo è quello di
contemperare l’interesse dei consumatori a ricevere informazioni sul ruolo degli
alimenti nella dieta con quello delle PMI a sopravvivere alla già gravosa mole di
oneri burocratici. Tenuto conto di ciò, si prova a decodificare il linguaggio
ministeriale in termini operativi:
A) il criterio-guida per applicare la deroga è costituito dalle dimensioni dell’OSA,
meno di 10 dipendenti (senza contare lavoratori stagionali, collaboratori esterni,
partite IVA e voucher) e fatturato o bilancio inferiore a €2mio (6). L’esenzione può
venire applicata anche a prodotti distribuiti per il tramite di centrali d’acquisto o
piattaforme distributive, a condizione che
B) l’estensione territoriale della vendita al dettaglio dev’essere ragionevolmente
contenuta. A livello convenzionale, l’Italia viene divisa in quattro aree geografiche e
di mercato pressoché omogenee, le c.d. aree Nielsen (7):
– Area 1: Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Lombardia,
– Area 2: Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna,
– Area 3: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna,
– Area 4: Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia.
Poiché oggi le PMI devono riferirsi ai canali della distribuzione moderna, il “livello
locale” potrebbe venire ragionevolmente inteso coincidere, in linea di massima, con
le suddette aree.
C) le micro-imprese come sopra definite dovrebbero venire altresì esentate dalla
dichiarazione nutrizionale in relazione ad alimenti forniti direttamente ai consumatori
tramite e-commerce e/o consegne e/o vendite a distanza. In una logica di
sostenibilità improntata, tra l’altro, alla riduzione dell’impatto ambientale dei
trasporti (un furgoncino può risparmiare l’impiego di un centinaio di auto da parte di
altrettante famiglie) e al servizio a favore di categorie di soggetti non in grado di
provvedere autonomamente (come gli anziani, quota consistente della
popolazione italiana). (Articolo di Dario Dongo)
Circolare Mise-Salute su deroga dichiarazione nutrizionale punto 19 allegato V reg 1169
Note
(1) Alcuni Paesi membri (LINK http://www.foodagriculturerequirements.com/esenzioni-dalla-tabella-
nutrizionale-gli-stati-membri-si-muovono/) hanno già adottato interpretazioni pragmatiche, a fronte
dell’inedia della Commissione (LINK http://www.foodagriculturerequirements.com/esenzioni-
dallobbligo-di-etichetta-nutrizionale-la-commissione-latita/)
(2) Ai sensi della decisione della Commissione europea 2003/361/CE
(3) In analogia con le deroghe già accordate a piccole produzioni nell’ambito del Pacchetto Igiene.
Si vedano le Linee Guida Stato-Regioni per l’applicazione del reg. CE 852/04, c.d. “Igiene 1″,
http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_026546_59%20csr.pdf
(4) D.lgs. 114/1998, articolo 4
(5) Reg. (UE) n. 1169/11, articolo 2.2.d
(6) La definizione di micro-impresa avrebbe pure dovuto venire aggiornata entro il 2015 ma la
Commissione europea, come è noto, non brilla in puntualità
(7) Il Ministro dello Sviluppo Economico converrà sicuramente che la proclamata “economia 4.0″ è
più coerente al concetto di area Nielsen che a quello di “Province contermini”
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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  • 1. News 47/SA/2016 Lunedì, 21 Novembre 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.47 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 57 (9 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Spagna per istamina in in sardine congelate (Sardinella aurita) proveniente dal Marocco; notificato dalla Bulgaria per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per Salmonella in semi di sesamo provenienti dall’India; notificato dall’Italia per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia; notificato dall’Olanda per aflatossine in arachidi provenienti dagli Usa; notificato dall’Italia per migrazione di cromo da cucchiaio e migrazione di nickel dalla tavola come parte di un set di posate provienti dalla Cina. Allerta notificata dall’Italia per: conta troppo alta di glutine in snacks senza glutine con riso soffiato e cioccolato bianco proveniente dalla Germania; Allerta notificati: dall’Olanda per Escherichia coli produttrice di shigatossine e Salmonella in menta fresca proveniente dal Laos, via Olanda; dall’Austria per pezzo di metallo in torta proveniente dall’ Italia; dal Regno Unito per arachidi non dichiarate in burro di mandorle cocco proveniente dall’Olanda; dall’Olanda per salmonella in erba cipollina proveniente dal Laos, via Olanda e per Salmonella in shaker mix pancake proveniente dalla Germania; notificato dalla Svizzera per alto contenuto di iodio in alghe essiccate provenienti dalla Cina, via Olanda; notificato dal Belgio per troppo alto contenuto di glutine in pesce senza glutine surgelato panato proveniente dal Belgio. Nella lista delle informative troviamo notificate: notificata dall’Italia per infestazione di parassiti con Anisakis di rana pescatrice refrigerata (Lophius piscatorius or budegassa) proveniente dalla Francia; dall’Italia per importazione illegale di salsa iraniana dall’Iran, via Olanda e per importazione illegale di carne in scatola
  • 2. proveniente dall’ Iran, via Olanda; sempre notificato dall’Italia per Escherichia coli produttrice di shigatossine in carne di manzo congelata proveniente dal Brasile; notificata dall’Irlanda per semi di zucca provenienti dalla Cina, confezionati nel Regno Unito infestati da insetti; notificata dal Regno Unito per contenuto troppo alto di acid erucico (15.9 %) in olio di senape proveniente dal Bangladesh; notificata dall’Italia per salmonella in maiale congelato proveniente dalla Germania. Fonte: rasff.eu TTIP, negoziati ufficialmente congelati dopo elezione di Trump. La Commissione Ue prende atto della contrarietà agli accordi commerciali internazionali. Nel mese di ottobre i negoziati sul Trattato commerciale di libero scambio tra Usa e Ue (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) erano stati di fatto sospesi su pressioni franco-tedesche, in attesa degli appuntamenti elettorali dei due Paesi nel 2018 e in vista delle presidenziali Usa. Ora con la vittoria di Donald Trump sono stati ufficialmente congelati come ha dichiarato la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, “la vittoria di Trump ha creato un certo grado di incertezza riguardo a ciò che saranno le sue priorità come presidente e vi è ragione di credere che ci sarà una pausa estesa nei negoziati TTIP”. In campagna elettorale il nuovo presidente Usa si è chiaramente espresso contro gli accordi commerciali internazionali, che tolgono posti di lavoro ai cittadini statunitensi, ed è probabile che per capire se e quando i negoziati sul TTIP riprenderanno bisognerà aspettare molto. Non a caso, la Commissione Ue ha sarebbe stato opportuno firmare il trattato prima della fine del mandato di Obama. Il pessimismo sul futuro del TTIP è condiviso anche da operatori del commercio internazionale. Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza per l’export verso gli Stati Uniti, ha dichiarato a Labitalia: “Dal risultato delle elezioni presidenziali americane, in termini di export, non mi aspetto grossi impatti sull’export tipico italiano. Certo è che possiamo intonare il “de profundis” per trattati come il TTIP”. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: www.ilfattoalimentare.it
  • 3. Olio di colza: è davvero rischioso per la salute? La colza è una Brassicacea dai cui semi si estrae un olio alimentare. I campi di colza sono facilmente riconoscibili per il bel colore giallo che assumono quando sono in fiore. La colza selvatica ha un elevato contenuto di acido erucico, un acido grasso monoinsaturo che può arrecare danni al cuore. Grazie a tecniche di selezione è stato possibile ottenere delle piante che danno un olio in cui l’acido erucico è di circa lo 0,5 % dei grassi totali. L’EFSA il 9 novembre 2016 ha pubblicato la sua valutazione dei rischi derivanti dal consumo di acido erucico. Il titolo del documento “Acido erucico: possibile rischio per la salute dei bambini altamente esposti “ non è molto rassicurante. Nel breve riassunto introduttivo l’EFSA dice: “L’acido erucico, un contaminante naturale presente negli oli vegetali, non costituisce un problema di sicurezza per la maggior parte dei consumatori, in quanto l’esposizione media è meno della metà del livello di sicurezza. Può tuttavia costituire un rischio a lungo termine per la salute di bambini di età fino a 10 anni che consumino elevate quantità di alimenti contenenti questa sostanza” Cerchiamo di capire meglio. Nel parere si dice che la dose accettabile giornaliera per i consumatori è di 7 mg per kg di peso corporeo. Per quanto riguarda i consumi è stato stimato che le persone adulte in media consumano da 0,3 mg a 4 mg per kg di p.c. al giorno. Nei bambini fino a 10 anni invece si può arrivare fino a 7,4 mg di kg di p.c. al giorno. In particolare è stato stimato che da 0 a 12 mesi di vita l’acido erucico deriva dal latte artificiale, mentre dopo dai vari dolci e prodotti da forno. L’Efsa dice anche di non essere certa dei dati riguardanti i bambini e che potrebbe esserci stata una sovrastima. Occorre anche rilevare che i consumi sono riferiti a diversi Paesi e non soltanto all’Italia. Da noi si consumano diversi altri oli e solo di recente potrebbe esserci stato un incremento dell’olio di colza anche perché alcune aziende hanno eliminato l’uso di olio di palma. Il problema, semmai dovesse esistere, riguarda alcuni latti in polvere per bambini lattanti in cui l’olio di colza è un componente importante. In ogni caso dalla lettura della composizione riportata in etichetta si può facilmente sapere se il nostro alimento contiene o meno olio di colza e quindi comportarsi di conseguenza. La speranza è che adesso non si scateni una nuova emergenza mediatica e che
  • 4. magari le aziende alimentari, applicando un presunto e non richiesto principio di precauzione, scrivano sui loro prodotti “senza olio di colza”. Andando di questo passo troveremmo sul mercato delle scatole di alimenti vuote con la scritta “senza niente”. (Dal blog di Agostino Macrì) https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/161109 Fonte: sicurezzalimentare.it Energy drink e alcol: per gli adolescenti sono come cocaina. Nuovi studi confermano i pericoli associati al consumo combinato delle due bevande. Per il cervello degli adolescenti sono come la cocaina. Negli animali, l’associazione di energy drink e bevande alcoliche produce effetti simili a quelli derivanti dall’assunzione di stimolanti come la cocaina, e per questo andrebbe assolutamente evitata. Sono questi i preoccupanti risultati pubblicati su PLoS One di uno studio della Purdue University, che dimostra come la miscela di alcol e bevande energetiche ha effetti sinergici negativi e duraturi sul cervello, al punto che alcune conseguenze gravi si ritrovano molto chiaramente nell’età adulta. Lo studio è stato condotto su un modello animale affidabile, convalidato da tempo e utilizzato in molti studi sulle sostanze d’abuso (topi di età paragonabile all’adolescenza, sottoposti a dosi di sostanze simili a quelle assunte dai ragazzi). Negli animali l’assunzione di alte dosi di caffeina e alcol si traduce in un aumento dell’attività motoria, del tutto simile all’effetto ottenuto somministrando cocaina, e decisamente superiore a quello che si vede quando le due sostanze vengono somministrate singolarmente. Inoltre, nel cervello si nota l’aumento di una sostanza chiamata delta FosB, sempre elevata nei consumatori abituali di droga e associata a modifiche anatomiche di alcune aree cerebrali. Le modifiche strutturali del cervello, spiegherebbero perché i topi adulti che hanno bevuto energy drink e alcol da giovani hanno comportamenti diversi rispetto al gruppo di controllo. Si nota infatti una tolleranza alla cocaina, cioè una minore sensibilità agli effetti. E questa non è una buona notizia: per avere l’effetto desiderato sono necessari dosaggi della sostanza più elevati e lo stimolo ad assumere lo stupefacente è più potente. Come controprova agli stessi animali è stata somministrata saccarina, una sostanza capace di agire sui centri della
  • 5. ricompensa come la cocaina. Anche in quel caso gli animali abituati fin da giovani ad assumere alcol e caffeina hanno avuto bisogno di dosaggi maggiori. A ulteriore conferma della pericolosa combinazione, in uno studio uscito sempre in questi giorni su Alcohol, gli stessi autori hanno dimostrato che da soli gli energy drink non hanno effetti di questo tipo. Invece, sarebbe l’insieme di sostanze a elevato contenuto di caffeina e alcol a determinare cambiamenti strutturali nel cervello. Queste modifiche, che avvengono soprattutto nei centri nervosi coinvolti nella ricompensa, si traducono poi in propensione ad assumere altre sostanze. Dopo le osservazioni sui giovani, giungono dunque i dati di laboratorio a confermare che energy drink e alcol non andrebbero mai mescolati. I rischi infatti non sono solo immediati, come per chi si mette alla guida o ha disturbi cardiaci non diagnosticati, ma anche e soprattutto a lungo termine. E i guai non sono finiti per gli energy drink. Il British Medical Journal ha raccontato il caso di un operaio cinquantenne della Florida ricoverato per un improvviso aggravamento di un’epatite C cronica che aveva da anni. I medici hanno scoperto che l’uomo assumeva da tre settimane 4-5 energy drink al giorno per tollerare la fatica e hanno attribuito a uno dei componenti di queste bevande, la niacina, l’effetto tossico sul fegato. E in effetti la crisi è rientrata quando l’uomo ha cessato di assumere l’energy drink. La dose giornaliera consigliata di niacina, o vitamina B3, utile e innocua alle giuste concentrazioni, è di 17 milligrammi per gli uomini e di 13 per le donne. Gli effetti tossici di norma sono visibili oltre i 500 mg e una lattina di energy drink in media ne contiene 40 mg. Quindi, anche assumendo 5 lattine al giorno, si dovrebbe restare ben al di sotto della soglia di rischio. Tuttavia le persone con malattie del fegato hanno un metabolismo più complesso e non riescono a smaltire come gli altri alcune sostanze. Secondo gli autori bisognerebbe quindi aggiungere un avviso specifico per le persone con funzionalità epatica ridotta. Tra epatiti virali, alcoliche e associate all’obesità, le persone con deficit epatici sono milioni nel mondo e potrebbero correre rischi anche seri. Inoltre i ricercatori fanno notare che non sono mai stati valutati nel dettaglio tutti gli ingredienti, cosa ora indispensabile, vista la grandissima diffusione di questi drink. (Articolo di Agnese Codignola) Fonte: www.ilfattoalimentare.it
  • 6. Pane e prodotti integrali preparati con farine raffinate e crusca. Ma è la legge che lo consente. Il commento dell’avvocato Dario Dongo. Buongiorno, Nella puntata del 14 novembre 2016 del programma “Indovina chi viene a cena” in onda su Raitre viene spiegato il processo di produzione del pane ed in particolare anche della farina. Sono rimasto completamente ‘spiazzato’ nel vedere che la maggioranza dei prodotti sulla cui etichetta è indicato siano integrali, in realtà non lo sono e che tale informazione ‘errata’ non vìola alcuna legge. Sarebbe possibile avere da voi, così come puntualmente fate, un elenco di prodotti da forno, reperibili nei supermercati, che siano prodotti utilizzando al 100% farine integrali? Luigi Il Fatto Alimentare ha trattato più volte la questione delle farine integrali (1). Purtroppo ad oggi non esiste una lista di prodotti da forno realizzati con vera farina integrale e non farina raffinata con aggiunta di crusca: tale elenco sarebbe molto complesso da realizzare. Come rilevato dal lettore, la legge consente di definire “integrale” prodotti realizzati con sfarinati raffinati e crusca aggiunta. Ecco un commento dell’avvocato Dario Dongo, esperto in diritto alimentare, che spiega perché è possibile. Integrale è meglio. Incoraggiati dalle raccomandazioni di nutrizionisti e istituzioni sanitarie, sono sempre più numerosi i consumatori che scelgono i prodotti da forno nella versione integrale (2). Biscotti, merendine, cracker, grissini, convenzionali o biologici. Peccato che non sempre i prodotti definiti “integrali” lo siano davvero. Sotto la stessa denominazione sono infatti proposti sia quelli realizzati con sole farine integrali, sia quelli composti di farine raffinate e aggiunta di crusca e cruschello. Fatto l’inganno, trovato il rimedio. Chi intende consumare il vero integrale può scegliere senza errore verificando la lista degli ingredienti. Laddove non sia precisato “farina di grano tenero integrale” o “farina di frumento integrale” si è in presenza di un farinaceo raffinato, seguito dall’aggiunta di crusca o cruschello.A rendere possibile questa “ambiguita” è una circolare del ministero delle Attività produttive (n. 168/2003), secondo la quale non ha alcuna rilevanza ai fini dell’informazione al
  • 7. consumatore precisare se una farina impiegata come ingrediente sia integrale o ricostituita. La conseguenza di questa previsione è che in commercio troviamo prodotti da forno “integrali” con un contenuto di fibra estremamente variabile: dal 2,5% dei preparati con farine raffinate e aggiunta di crusca, all’11% dei prodotti “veri integrali”. I “falsi integrali” non sono nocivi, sia chiaro, ma è bene ricordare che soltanto le farine integrali conservano intatte le preziose proprietà nutrizionali del cereale: il germe di grano e l’elevato contenuto di fibra, utile per migliorare la funzionalità intestinale, aumentare la sensazione di sazietà (con effetti sul controllo del peso) e persino prevenire patologie, quali quelle coronariche, le malattie infiammatorie e il tumore dell’intestino e il diabete di tipo 2, come ha recentemente documentato uno studio pubblicato su Jama Internal Medicine (2015;175(3):373-384). Rimane infine da chiedersi se, con l’entrata in vigore del regolamento (UE) 1169/11, il citato “inganno da circolare” sia ancora ammissibile. Decisamente no, secondo chi scrive. Ma in assenza di un regime sanzionatorio specifico, l’unica possibile tutela rimane affidata all’arbitrio dell’Antitrust. (Articolo di Dario Dongo) Note: (1) Vedi articoli: “Biscotti Buongrano Mulino Bianco: la farina è integrale oppure è bianca ma con un pizzico di crusca? La risposta di Dario Dongo” e “Tramezzino integrale vegano con farina raffinata e crusca aggiunta: è corretta l’etichetta? Risponde l’avvocato Dario Dongo” (2) Il 60% dei consumatori di età compresa tra 18 e 35 anni consuma alimenti integrali, secondo una ricerca Doxa di giugno 2015. Fonte: www.ilfattoalimentare.it Inchiostri e sicurezza alimentare. EuPIA annuncia l’uscita delle Buone Pratiche di Fabbricazione Versione 4.0 per assistere nel controllo dei pericoli per la sicurezza alimentare. L’Associazione Europea dei produttori di Inchiostri da Stampa (EuPIA) annuncia l’ultima edizione completamente aggiornate e ampliata delle Buone Pratiche di Fabbricazione (GMP) per coprire la produzione di tutte le vernici e rivestimenti, così come inchiostri progettati per essere stampati sui materiali a contatto con gli alimenti (FCM), compresi tutti i contatti non alimentari e le superfici di imballaggi e contenitori a contatto con gli alimenti. Inchiostri, rivestimenti e vernici sviluppati e prodotti in conformità a queste Buone Pratiche di Fabbricazione (GMP, dall’inglese Good Manufacturing Practice)
  • 8. aiuteranno i produttori di materiali a contatto con gli alimenti a fornire prodotti totalmente conformi a tutta la legislazione Europea sui materiali e sugli articoli destinati a venire a contatto con gli alimenti. La legislazione europea comprende il Regolamento Quadro (CE) N. 1935/2004 e il Regolamento GMP (CE) N. 2023/2006. Le GMP aggiornate si riferiscono anche al Regolamento sulle materie plastiche (CE) N. 10/2011, alle opinioni dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) così come ai Regolamenti nazionali quali l’Ordinanza Svizzera sugli inchiostri da stampa per gli imballaggi alimentari. E’ probabile che l’ultima versione delle GMP richieda cambiamenti significativi e miglioramenti di processo in diversi settori, pertanto le organizzazioni dovrebbero assegnare tempo e risorse sufficienti per comprendere, definire e introdurre le modifiche necessarie, che possono richiedere diversi mesi per la piena attuazione. Martin Kanert, Executive Manager di EuPIA, commenta così : «L’ultima versione delle GMP fu pubblicata nel 2009, e da allora, ci sono stati una serie di importanti sviluppi che hanno dovuto essere affrontati e incorporati nella nuova Guida, non ultimo l’inserimento di rivestimenti a contatto con gli alimenti e vernici. Questa guida sulle Buone Pratiche di Fabbricazione, di 47 pagine, completamente aggiornata e più dettagliata fornisce ora un ampio documento di riferimento che delinea chiaramente tutte le misure necessarie per garantire la conformità in relazione all’imballaggio alimentare e salvaguardare contro potenziali pericoli.» La versione 4.0 delle GMP è disponibile per essere scaricata dal sito internet di EuPIA. Fonte: http://www.metaprintart.info Dichiarazione nutrizionale, esenzione PMI e artigiani, la circolare ministeriale. Tra pochi giorni diverrà obbligatorio inserire la dichiarazione nutrizionale sulle etichette dei prodotti alimentari preimballati, con le modalità che abbiamo di recente illustrato. Meglio tardi che mai, una circolare dei Ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute ha provato a chiarire le esenzioni a favore delle imprese artigiane e PMI. Il punto di partenza è l’Allegato V del regolamento UE 1169/11, “Alimenti ai quali non si applica l’obbligo della tabella nutrizionale“, che al punto 19 indica “gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale” (1).
  • 9. La circolare ministeriale 16.11.16 qui allegata fornisce la seguente interpretazione della deroga in esame, che si applica alle sole micro-imprese (2), vale a dire quelle con “meno di 10 dipendenti e un fatturato (la quantità di denaro ricavato in un periodo specifico) o bilancio (un prospetto delle attività e delle passività di una società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro“. Di conseguenza, “le piccole quantità di prodotti” esentate dall’obbligo di dichiarazione nutrizionale possono di fatto coincidere con l’intera produzione di tali imprese, a condizione che la vendita abbia luogo mediante: – fornitura diretta ai consumatori, anche mediante spacci aziendali, mercati locali (es. Campagna Amica) e bancarelle, sagre “e ogni forma di somministrazione“, senza intermediazione di operatori diversi dal produttore, ovvero – fornitura a strutture locali di vendita al dettaglio. Laddove, – “il ‘livello locale’ viene a essere identificato nel territorio della Provincia ove insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini“, escludendo “il trasporto sulle lunghe distanze e quindi non può in alcun modo essere inteso come ambito nazionale“(3), – la “vendita al dettaglio” va riferita sia a “l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale“(4), sia alle c.d. “collettività”, cioè “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale“(5). Ad abundantiam, viene precisato che gli alimenti di imprese artigiane sono esclusi dalla tabella nutrizionale obbligatoria, quand’anche non siano preimballati (una puntualizzazione non necessaria, atteso che il regolamento impone la dichiarazione nutrizionale sui soli prodotti preconfezionati, ndr). Come interpretare la circolare? L’obiettivo del legislatore europeo è quello di contemperare l’interesse dei consumatori a ricevere informazioni sul ruolo degli alimenti nella dieta con quello delle PMI a sopravvivere alla già gravosa mole di oneri burocratici. Tenuto conto di ciò, si prova a decodificare il linguaggio ministeriale in termini operativi: A) il criterio-guida per applicare la deroga è costituito dalle dimensioni dell’OSA, meno di 10 dipendenti (senza contare lavoratori stagionali, collaboratori esterni, partite IVA e voucher) e fatturato o bilancio inferiore a €2mio (6). L’esenzione può venire applicata anche a prodotti distribuiti per il tramite di centrali d’acquisto o
  • 10. piattaforme distributive, a condizione che B) l’estensione territoriale della vendita al dettaglio dev’essere ragionevolmente contenuta. A livello convenzionale, l’Italia viene divisa in quattro aree geografiche e di mercato pressoché omogenee, le c.d. aree Nielsen (7): – Area 1: Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Lombardia, – Area 2: Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, – Area 3: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna, – Area 4: Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia. Poiché oggi le PMI devono riferirsi ai canali della distribuzione moderna, il “livello locale” potrebbe venire ragionevolmente inteso coincidere, in linea di massima, con le suddette aree. C) le micro-imprese come sopra definite dovrebbero venire altresì esentate dalla dichiarazione nutrizionale in relazione ad alimenti forniti direttamente ai consumatori tramite e-commerce e/o consegne e/o vendite a distanza. In una logica di sostenibilità improntata, tra l’altro, alla riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti (un furgoncino può risparmiare l’impiego di un centinaio di auto da parte di altrettante famiglie) e al servizio a favore di categorie di soggetti non in grado di provvedere autonomamente (come gli anziani, quota consistente della popolazione italiana). (Articolo di Dario Dongo) Circolare Mise-Salute su deroga dichiarazione nutrizionale punto 19 allegato V reg 1169 Note (1) Alcuni Paesi membri (LINK http://www.foodagriculturerequirements.com/esenzioni-dalla-tabella- nutrizionale-gli-stati-membri-si-muovono/) hanno già adottato interpretazioni pragmatiche, a fronte dell’inedia della Commissione (LINK http://www.foodagriculturerequirements.com/esenzioni- dallobbligo-di-etichetta-nutrizionale-la-commissione-latita/) (2) Ai sensi della decisione della Commissione europea 2003/361/CE (3) In analogia con le deroghe già accordate a piccole produzioni nell’ambito del Pacchetto Igiene. Si vedano le Linee Guida Stato-Regioni per l’applicazione del reg. CE 852/04, c.d. “Igiene 1″, http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_026546_59%20csr.pdf (4) D.lgs. 114/1998, articolo 4 (5) Reg. (UE) n. 1169/11, articolo 2.2.d (6) La definizione di micro-impresa avrebbe pure dovuto venire aggiornata entro il 2015 ma la Commissione europea, come è noto, non brilla in puntualità (7) Il Ministro dello Sviluppo Economico converrà sicuramente che la proclamata “economia 4.0″ è più coerente al concetto di area Nielsen che a quello di “Province contermini” Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com