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News 50/SA/2017
Lunedì, 11 dicembre 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.49 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 82 (8 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per Salmonella in
pepe nero proveniente dal Brasile e per aflatossine in nocciole sgusciate provenienti
dal Azerbaijan; dalla Francia per aflatossine in chicchi di nocciola provenienti dalla
Turchia, per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia e per contenuto
troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dal Belgio per
clorpirifos e bifentrin e sostanza non autorizzata carbofurano in fagioli lunghi di
cortile provenienti dalla Repubblica Dominicana; dall’Olanda per aflatossine in
arachidi sgusciate provenienti dalla Cina, per aflatossine in nocciole tostate
provenienti dalla Turchia, per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato
provenienti dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dalla Bolivia e per
aflatossine in arachidi provenienti dall’ Egitto; dalla Germania per Escherichia coli
produttrice di shigatossine in manzo refrigerato (Bos taurus) proveniente dall’
Argentina, per aflatossine in pasta di nocciole proveniente dalla Turchia, per
aflatossine in pasta di fichi alle nocciole proveniente dalla Turchia e per aflatossine
in miscela di spezie proveniente dall’Etiopia; dal Regno Unito per certificati sanitari
impropri per gombo proveniente dall’India, via Irlanda, per Salmonella in mezzi petti
di pollo salato congelato proveniente dal Brasile e per certificati sanitari impropri per
peperoncino rosso proveniente dall’India; dalla Polonia per aflatossine in arachidi in
guscio provenienti dalla Cina e per aflatossine in nocciole provenienti
dall’Azerbaijan; dalla Repubblica Ceca per aflatossine in fichi secchi provenienti
dalla Turchia; da Malta per sistemazione non autorizzata sul mercato di tisane alle
erbe contenente senna (Cassia angustifolia) provenienti dagli Stati Uniti; dalla
Bulgaria per aflatossine in pistacchi provenienti dalla Turchia; da Latvia per certificati
sanitari impropri (due differenti certificati sanitari con differenti prodotti) e improprio
rapporto analitico certificato (assenza di codice di spedizione sul rapporto analitico)
per pistacchi tostati provenienti dall’ Iran, via Russia; dalla Danimarca per aflatossine
in fichi secchi provenienti dalla Turchia.
Allerta notificati dall’ Italia: per mercurio in squalo mako shortfin congelato (Isurus
oxyrinchus) proveniente dalla Spagna.
Allerta notificati: dalla Danimarca per solfiti non dichiarati in rape sott’aceto a fette
provenienti dal Libano, via Svezia; dall’Olanda per cipermetrina e lambda-cialotrina
e sostanza non autorizzata tetrametrina in zucche di origine sconosciuta, via Francia,
per mercurio in lombi congelati di pesce spada provenienti dal Vietnam, per
nocciola non dichiarata in cioccolato organico proveniente dal Belgio, per
mercurio in lombi congelati di pesce spada provenienti dal Vietnam e per mercurio
in lombi di marlin congelati (Makaira indica) provenienti dall’ Indonesia;
dall’Ungheria per norovirus in lamponi congelati provenienti dalla Serbia; dall’Irlanda
per ingrediente di latte non dichiarato e senape in prodotti a base di pollo
impanato provenienti dal Brasile e per alto contenuto di vitamina A in integratore
alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Regno Unito; dall’ Austria per Salmonella
enterica ser. Derby, Salmonella enterica ser. Livingstone e Salmonella enterica ser.
London in cibo da masticare per cani proveniente dalla Germania; dall’Olanda per
ingrediente di latto non dichiarato (siero di latte) e senape in bocconcini di pollo
congelati provenienti dal Brasile e per Listeria monocytogenes in cubetti e strisce di
pancetta provenienti dalla Germania; dalla Germania per Salmonella in mangime
completo per galline ovaiole provenienti dalla Germania, per colorante non
autorizzato Rhodamine B in rape in salamoia provenienti dalla Siria, via Olanda;
dalla Spagna per norovirus in lamponi freschi provenienti dal Marocco, via Spagna
e per Listeria monocytogenes in trota affumicata a fette refrigerata proveniente
dalla Spagna; dalla Svezia per ingrediente proibito Ephedra in integratori alimentari
di origine sconosciuta; dalla Francia per Salmonella enterica ser. Agona in latte
artificiale proveniente dalla Francia e per Salmonella enterica ser. Typhimurium in
pollo surgelato MSM proveniente dalla Francia; dalla Croazia per Salmonella in filetti
di mezzo pollo salati congelati provenienti dal Brasile, via Olanda e via Polonia; da
Cipro per migrazione di ammine aromatiche primarie da una spatola proveniente
dalla Cina; dal Belgio per tossine Amnesic Shellfish Poisoning (ASP) toxins – acido
domoico in capesante vive (Pecten jacobaeus) provenienti dal Belgio.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per infestazione
parassitaria con Anisakis di nasello refrigerato (Merluccius merluccius) proveniente
dalla Spagna, per diclofenac non autorizzato in carne di cavallo proveniente dalla
Polonia e per sostanza non autorizzata E 265 – acido deidroacetico in formaggio
manchego proveniente dalla Spagna; dalla Svezia per Salmonella enterica ser.
Derby in rifilature di vitello congelato proveniente dalla Danimarca, per Salmonella
enterica ser. Mbandaka in torta di girasole biologica proveniente dall’Italia, per non
autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium grandiflorum in integratore
alimentare proveniente dall’Olanda; dalla Spagna per livello residuo sopra MRL di
ossitetraciclina in filetti di salmone congelati provenienti dal Cile e per cadmio in
pasto a base di pesce proveniente dalle Mauritius; dal Regno Unito per non
autorizzato nuovo ingrediente alimentare acido linoleico coniugato (CLA) in
porridge proteico proveniente dal Regno Unito; dall’ Estonia per non autorizzato
nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratori alimentari provenienti
dagli Stati Uniti, via Regno Unito; da Cipro per migrazione di ammine primarie
aromatiche da mestolo di plastica proveniente dalla Cina; dalla Croazia per
clorpirifos in pomodori provenienti dall’ Albania; dalla Germania per Salmonella
enterica ser. Lexington in pasto di soia proveniente dall’Argentina e per fipronil in
funghi neri secchi provenienti dal Vietnam, via Olanda; dalla Svizzera per clorpirifos,
propiconazolo e paclobutrazolo e sostanze non autorizzate profenofos e permetrina
in peperoncino rosso proveniente dal Vietnam; dal Regno Unito per crostacei non
dichiarati (prodotto di imballaggio) in involtini di verdure provenienti dal Vietnam;
dall’Olanda per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare tongkat ali
(Eurycoma longifolia) in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per
fipronil in uova provenienti dalla Polonia e per sostanza non autorizzata azitromicina
in spiedini yakitori provenienti dalla Cina; dalla Slovacchia per non autorizzato nuovo
ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dagli
Stati Uniti e per sostanza non autorizzata chelato di creatina magnesio in integratore
alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Repubblica Ceca; dal Belgio per
Salmonella enterica ser. Leeuwarden in pasta di nocciola proveniente dalla Turchia
e per migrazione di olio di soia epossidato (ESBO) da melanzane grigliate provenienti
dall’Italia e per contenuto troppo alto di azoto basico totale volatile in filetti di
merluzzo refrigerati, filetti di salmone refrigerato e rombo refrigerato proveniente
dall’Olanda; dall’Irlanda per sostanza non autorizzata acido pangamico (vitamina
B15) in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito; dalla Danimarca per
dolci al pistacchio provenienti dal Libano, via Germania inadatti al consumo umano
e infestati da larve di insetti.
Fonte: rasff.eu
L’acrilammide che si forma nelle patatine, nei biscotti, nel caffè e nel pane cotto ad
alte temperature è nociva. Tutti i consigli da adottare in cucina per ridurre il
contenuto negli alimenti in un articolo firmato da Veterinaria e sicurezza alimentare
Marche.
Con la pubblicazione di un nuovo regolamento europeo sono stati abbassati i valori
sul contenuto di acrilammide presente in alcuni alimenti come patate, pane,
biscotti, cracker, caffè. Secondo l’Efsa la presenza di questa sostanza nel cibo può
aumentare il rischio di cancro per i consumatori e per questo motivo ha pubblicato
un dossier per ridurre la quantità nei prodotti confezionati e anche nei piatti cucinati
in casa. In questo articolo pubblicato sul sito Veterinaria e sicurezza alimentare
Marche, Stefano Gabrio Manciola descrive quali sono le misure da adottare.
L’acrilammide è un composto organico a basso peso molecolare, altamente
solubile in acqua, che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la
cottura ad alte temperature (come ad esempio frittura, cottura al forno e alla
griglia) e durante i processi di trasformazione industriale che avvengono a
temperature superiori a 120° C in condizioni di bassa umidità (come ad esempio la
tostatura). L’acrilammide si forma ad alte temperature, attraverso reazioni fra alcuni
zuccheri e l’amminoacido asparagina, presenti naturalmente in molti alimenti. Il
processo chimico che porta alla formazione della sostanza è indicato come
“reazione di Maillard” ed è la stessa reazione che rende i cibi abbrustoliti e più
gustosi. Ad essere sotto accusa sono soprattutto i prodotti vegetali con poche
proteine, perché in quelli molto proteici (come i legumi) e nei prodotti di origine
animale, in cui la reazione di Maillard comunque avviene, si formano
prevalentemente altre molecole.
L’acrilammide si trova quindi in molti alimenti cotti ad alte temperature come
prodotti fritti a base di patate, pane, biscotti, cracker, caffè e anche nel fumo di
tabacco. Gli studi condotti sugli esseri umani hanno fornito prove limitate e
discordanti dell’aumento del rischio di sviluppare tumori in seguito ad ingestione.
Tuttavia, le ricerche sugli animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione
all’acrilammide, attraverso la dieta, aumenta enormemente la probabilità di
sviluppare mutazioni geniche e tumori in vari organi.
Sulla base degli studi condotti sugli animali, gli esperti dell’Efsa hanno ribadito che la
presenza negli alimenti può aumentare il rischio di cancro per i consumatori in tutte
le fasce d’età, poiché è presente in un’ampia gamma di cibo consumato ogni
giorno. Sicuramente i bambini costituiscono la fascia di età più esposta. Gli esperti
dell’Efsa hanno preso in esame anche i possibili effetti nocivi dell’acrilammide sul
sistema nervoso, sullo sviluppo prenatale e postnatale e sul sistema riproduttivo
maschile. Questi effetti però non sono stati ritenuti motivo di preoccupazione, sulla
base dei livelli di esposizione attuali. Tenuto conto delle conclusioni dell’Efsa in merito
agli effetti cancerogeni dell’acrilammide, per garantire la sicurezza alimentare, la
Commissione Europea ha stabilito che è necessario ridurre la presenza del
composto nei prodotti alimentari e quindi l’assunzione da parte dei consumatori.
Al riguardo il 20 novembre 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea il nuovo Regolamento (UE) 2017/2158 della Commissione con le
misure di attenuazione e i livelli di riferimento per la riduzione di acrilammide nel cibo
basate sulle conoscenze scientifiche e tecniche. Queste procedure (stabilite dopo
un’ampia consultazione degli operatori del settore alimentare, i consumatori e gli
esperti delle autorità) permettono di ridurre il tenore della sostanza nel cibo senza
compromettere la qualità del prodotto.
Il nuovo Regolamento europeo istituisce misure per ridurre il contenuto di acrilammide negli alimenti come il caffé
Gli operatori del settore alimentare che producono e immettono sul mercato
prodotti alimentari soggetti ad una presenza di acrilammide, devono perciò
applicare queste misure di attenuazione nel corso dei loro processi produttivi in
modo tale da raggiungere i livelli di tale sostanza più bassi che si possano
ragionevolmente ottenere al di sotto dei livelli di riferimento fissati nel Regolamento
stesso (Allegato IV). In particolare il Reg 2017/2158 fa riferimento ai seguenti
prodotti:
a) patate fritte tagliate a bastoncino, altri prodotti tagliati fritti e patatine (chips),
ottenuti a partire da patate fresche) patatine, snack, cracker e altri prodotti a base
di patate ottenuti a partire da pasta di patate;
c) pane;
d) cerali per la prima colazione (escluso il porridge);
e) prodotti da forno fini: biscotti, gallette, fette biscottate, barrette ai cereali, scones,
coni, cialde, crumpets e pane con spezie (panpepato), nonché cracker, pane
croccanti e sostituti del pane. In questa categoria per «cracker» si intende una
galletta secca (prodotto da forno a base di farina di cereali);
f) caffè torrefatto e (solubile) istantaneo;
g) succedanei del caffè;
h) alimenti per la prima infanzia e alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai
bambini nella prima infanzia, quali definiti nel regolamento (UE) n. 609/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio.
Per ogni prodotto gli Allegati I e II indicano le misure di attenuazione.
La scelta degli ingredienti, il metodo di conservazione e la temperatura di cottura possono incidere sul contenuto di
acrilammide
Per quanto riguarda i livelli di riferimento, questi sono determinati tenendo conto dei
dati più recenti raccolti della banca dati dell’Autorità e si riferiscono ad ampie
categorie di prodotti. Di conseguenza possono esistere condizioni di produzione,
geografiche o stagionali o caratteristiche del prodotto che non consentono di
raggiungere i livelli di riferimento, pur applicando tutte le misure di attenuazione. In
questi casi l’operatore del settore alimentare dovrebbe essere in grado di provare di
avere applicato in maniera adeguata le misure stabilite. I produttori devono quindi
predisporre un programma per la campionatura e l’analisi dei tenori di acrilammide
nei prodotti e, in caso di superamento dei livelli di riferimento, devono riesaminano le
misure di attenuazione applicate e adeguare i processi e i controlli al fine di risolvere
la non conformità. Il regolamento entra in vigore l’11 dicembre 2017 e si applica a
partire dall’11 aprile 2018. La scelta degli ingredienti, il metodo di conservazione e la
temperatura della cottura possono influire sulla quantità e quindi sul livello di
esposizione. Ecco i consigli per i consumatori.
Maggiore è la temperatura di frittura degli alimenti, maggiore è la quantità di acrilammide che si sviluppa
Scelta degli ingredienti
I succedanei del caffè a base di cicoria generalmente contenevano in media
sei volte più acrilammide (3 mg/kg) rispetto ai succedanei a base di cereali
(0,5 mg/kg).
I prodotti fritti a base di pasta di patate (comprese patatine e snack)
contenevano in genere il 20% in meno di acrilammide (0,338 mg/kg) rispetto a
quelli ottenuti da patate fresche (0,392 mg/kg).
Le patate coltivate in terreno povero di zolfo accumulano meno asparagina,
e questo riduce la formazione di acrilammide durante la cottura.
Metodo di conservazione
1. La conservazione delle patate a una temperatura inferiore agli 8° C
aumenta i livelli di zucchero, e questo potrebbe favorire la presenza di elevati
livelli di acrilammide al termine della cottura.
2. Mettere in ammollo le fette di patate in acqua o in una soluzione con
acido citrico può ridurre i livelli della sostanza nelle patatine rispettivamente
fino al 40% o al 75%.
Trasformazione (temperatura e durata)
• I caffè a tostatura più chiara contenevano generalmente più acrilammide
rispetto a quelli che hanno subito una tostatura media o scura (cioè tostati più
a lungo). Questa differenza può aumentare l’esposizione mediamente del
14%.
• Secondo i test effettuati da produttori e organizzazioni dei consumatori le
friggitrici ad aria calda producono il 30-40% di acrilammide in più rispetto alle
normali friggitrici a olio.
• Le cotture effettuate a temperature elevate di solito provocano un aumento
dei livelli di acrilammide nelle patate fritte come pure la frittura sopra i 175 °C.
La modalità di cottura del cibo influisce molto sulla quantità di acrilammide che si forma
Cucina casalinga
La tendenza dei consumatori a preferire patatine fritte croccanti e altri prodotti a
base di patate che a fine cottura hanno una crosticina marrone possono
aumentare l’esposizione all’acrilammide del 64% (per i forti consumatori anche
dell’80%).
Tostare il pane per cinque minuti invece di tre può aumentare il contenuto da 0,031
mg/kg fino a 0,118 mg/kg, a seconda del tipo di pane e della temperatura del
tostapane. Il consumo di pane ben abbrustolito aumenta l’esposizione alimentare
complessiva solo del 2,4%.
I livelli della sostanza sono direttamente correlati alla doratura del cibo, quindi è
meglio preferire una: “leggera doratura, non una bruciatura”. Anche variare le
modalità di cottura in cucina ad es. bollire, cuocere a vapore, saltare in padella,
oltre a friggere o arrostire, può contribuire a ridurre l’esposizione.
Stefano Gabrio Manciola – Veterinaria e sicurezza alimentare Marche
Per approfondire:
Scheda Infografica (Efsa)
Valutazione del rischio acrilammide (Efsa):
http://www.veterinariaalimenti.marche.it/Portals/0//OldFiles/Acrilammide%20EFSA.pdf
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Supermercati: quando il sottocosto è una presa in giro. Un documento dell’Antitrust
descrive le furberie inventate dalla grande distribuzione per illudere i consumatori.
Quando compriamo un chilo di pasta con “il 30% di sconto” o “sottocosto” siamo
sicuri di fare un affare? Chi si accolla l’onere della promozione? Le spese da
sostenere per supportare tutte queste iniziative sono a carico delle aziende. I
produttori infatti per ogni pacco di pasta venduto nella settimana del sottocosto
e/o ogni volta che il prodotto viene fotografato sul volantino recapitato nella
casella della posta, riconoscono al supermercato uno sconto sul prezzo concordato
nel contratto. Analizzando però con attenzione i numeri e gli accordi stipulati dalle
parti si avverte la forte sensazione che il consumatore venga preso in giro da finti
sconti e finte offerte speciali.
Tutto comincia con la definizione del prezzo nel contratto di acquisto, che oltre a
materie prime, spese di produzione, distribuzione e ricarico del dettagliante, prende
in considerazione le offerte promozionali e gli sconti del prodotto realizzati nell’arco
dei 12 mesi. Si tratta di un calcolo affidato a laureati in economia con
specializzazione nel marketing, abituati ad elaborare strategie basate sull’analisi di
sconti, promozioni, offerte, coupon, ecc. Il quadro è estremamente complesso,
perché il prezzo sullo scaffale è il risultato di tutte queste operazioni.
In Italia il prezzo netto pulito è adottato da catene come Unes-U2 e nel Veneto da Rossetto, Tosano e Lando
In Italia i negozi dove si risparmia di più sono le catene di supermercati che
adottano il sistema dei prezzi utilizzato in Inghilterra e da alcune catene di discount
in Germania, dove si garantisce ai consumatori il miglior rapporto qualità/prezzo
tutto l’anno. Il metodo è applicato da U2 e da altre catene ancora più aggressive,
localizzate in Veneto come Rossetto, Tosano, Lando che da molti anni hanno
abbracciato la strategia dei “prezzi bassi tutto l’anno” e più recentemente da
Sole365 a Napoli. Si tratta di supermercati dove si adotta la politica del prezzo netto
pulito (net net dicono gli inglesi).
Per capire il sistema prendiamo come riferimento un chilo di pasta che, secondo la
logica del prezzo netto pulito, viene comprato a 1,0 euro al produttore e rivenduto a
1,30 al consumatore. In questo modo il supermercato si garantisce un ricarico vicino
al 30% in grado di coprire i costi e di ottenere utili. Nei punti vendita che adottano il
prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti
sconti, promozioni, tagli prezzo, offerte 3×2, riduzioni speciali per i possessori di carte
fedeltà… Il metodo offre molti vantaggi dal punto di vista finanziario: il supermercato
compra solo la pasta che vende, non deve per forza acquistare l’intero
l’assortimento, non deve distribuire volantini nelle caselle, non deve riempire il
magazzino con camionate di prodotti per fare fronte alle richieste in occasione
delle sottocosto, non anticipa somme elevate… C’è poi da considerare la drastica
riduzione del personale dell’ufficio acquisti, perché i contratti sono semplici e non
bisogna fare controlli nei punti vendita. Alla fine senza tutti questi elementi che
incidono sui costi di gestione il prezzo sullo scaffale risulta molto interessante.
Nei punti vendita che adottano il prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti
sconti, promozioni
La strategia di marketing ora descritta non è quella adottata dalla stragrande
maggioranza dei supermercati e ipermercati italiani, che pur avendo un elevato
potere contrattuale con il produttore, preferiscono comprare il pacco di pasta a un
prezzo maggiore (1,15 €/kg contro 1,00 €/kg pagato da chi pratica il prezzo netto
pulito) e venderlo a 1,35. La differenza garantisce un ricarico del 20% circa che però
non copre i costi di gestione. Tutto ciò può sembrare strano, ma in realtà si tratta di
un metodo per poter poi vendere sottocosto. Paradossalmente il prezzo di acquisto
fissato nel contratto delle piccole catene che adottano il prezzo netto pulito risulta
inferiore. Questo è possibile perché il pastificio non deve applicare forti sconti sui lotti
di pasta (extra contratto) richiesti dai supermercati per realizzare le numerose
promozioni che si alternano durante l’anno.
Il supermercato dopo avere fissato il prezzo di un prodotto e siglato il contratto comincia a chiedere sconti
Il supermercato subito dopo dopo avere fissato il prezzo (1,15 €/kg) per la quantità
di pasta necessaria a soddisfare le vendite annuali, comincia a chiedere altri lotti al
pastificio a prezzo scontato, per soddisfare la richiesta di pasta durante le
promozioni che si susseguono continuamente durante i 12 mesi ( inserimento del
prodotto sui volantini recapitati nelle caselle della posta, vendite promozionali
natalizie e pasquali, feste di vario tipo e genere, ricorrenze…).
A questo punto il pastificio applica una riduzione del prezzo rispetto a quello fissato
nel contratto (1,15 €/kg) per i lotti destinati alle varie iniziative promozionali. Questo
schema si ripete ogni qual volta che la pasta viene inserita nel paniere delle vendite
speciali, degli anniversari, delle settimane sottocosto, degli sconti riservati ai
possessori di carta fedeltà. L’elenco delle occasioni per ricevere partite di pasta a
prezzo scontato comprende anche i premi per avere inserito nuovi tipi di pasta sugli
scaffali, per avere venduto un numero di pezzi stabilito nel contratto e altre voci. A
fine anno quando il pastificio fa i conti, scopre che sommando la pasta venduta al
prezzo fissato nel contratto e quella venduta con lo sconto per le promozioni, il
prezzo unitario risulta vicino a 1,00 €, ovvero inferiore dell’8-10% rispetto a quanto
stabilito e vicino a quello pagato da chi adotta il prezzo prezzo netto pulito tutto
l’anno. Si tratta proprio del margine necessario al supermercato per coprire i costi di
gestione e ricavare l’utile.
La presenza di continui sconti e promozioni piace ai consumatori che hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In
realtà si tratta di un’illusione
Questo giochetto delle promozioni e degli sconti piace molto ai consumatori che,
grazie alle continue offerte speciali, hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In
realtà si tratta di un’illusione perché l’entità dello sconto, così come del sottocosto,
viene applicato su un prezzo fittizio stabilito nel contratto 1,15 €/kg che però non
considera l’enorme quantità di pasta fornita a prezzo scontato per soddisfare le
promozioni. In altre parole quando il supermercato propone nei volantini o nelle
vendite promozionali la pasta “sottocosto” al prezzo di 1,0 € (inferiore di 15 centesimi
rispetto al listino indicato nel contratto) non dice tutta a verità. Facendo bene i
conti, e considerando il numero di lotti forniti con lo sconto, il costo unitario della
pasta per il supermercato nel corso dell’anno si avvicina molto a 1,0 €. Alla luce di
questo ragionamento il sottocosto diventa quasi una presa in giro.
In questa storia bisogna considerare i vantaggi finanziari. Le catene che applicano il
prezzo netto pulito spendono meno per due motivi: il prezzo indicato nel contratto è
più basso (1,00 €/kg) e non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock
destinati alle promozioni. La maggior parte delle catene quando compra a un listino
superiore (1,15 €) paga di più e deve anticipare grosse somme per fare fronte alle
promozioni. L’altro aspetto da considerare è il costo del personale adibito al
controllo delle iniziative promozionali che incide in modo significativo sulle spese di
gestione e quindi sul prezzo.
Le catene che applicano il prezzo netto pulito non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock di prodotti destinati
alle promozioni e al sottocosto
Le furberie del marketing per illudere il consumatore non sono finite. Ci sono catene
che chiedono alle grandi aziende formati speciali da 900 g anziché 1 kg , per
indicare sullo scaffale listini più bassi. In altri casi c’è chi vende confezioni da 2-3
chili a prezzi superiori rispetto a quelle piccole. Anche il sistema del prezzo netto
pulito non è perfetto. Alcuni supermercati acquistano lotti di merce che scade
dopo 6 mesi anziché dopo 2 anni spuntando sconti interessanti.
L’amara conclusione è che attraverso le strategie di marketing si prendono in giro i
consumatori, dando loro la sensazione di comprare a prezzi convenienti sfruttando
sconti e offerte. Lo ha evidenziato anche l’Agcm in un bellissimo documento del
2013 sui trucchi dei supermercati. Il dossier analizza i meccanismi e le furberie messe
in atto per proporre finti sconti nel periodo del sottocosto e delle promozioni.
Che fare? «La soluzione più conveniente per chi ha molto tempo a disposizione è di
analizzare e confrontare i volantini delle 3-4 catene di supermercati dislocati vicino a
casa e approfittare delle offerte che si alternano durante l’anno. Chi invece fa la
spesa solo in un punto vendita conviene scegliere una delle poche catene che
adottano il prezzo netto pulito come Unes-U2 ,Rossetto, Tosano, Lando e Sole365 a
Napoli. (aggiornamento di un articolo pubblicato nel 2014)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Rauch Bravo ‘a tutta frutta’? Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Egregio Avvocato,
ho apprezzato alcune Sue note critiche sulle etichette di bevande austriache al
gusto di frutta e Le propongo di riprendere l’argomento con la bibita a
marchio Rauch – Bravo di cui allego fotografie.
Molte grazie e buon lavoro
Herbert
Risponde l’avvocato Dario Dongo, PhD in diritto alimentare europeo
Caro Herbert,
i fabbricanti austriaci di succhi di frutta e bevande simili tendono in effetti ad andare
‘sopra le righe’, anzi ‘oltre le regole’.
Pfanner ha ingannato i consumatori – come si è visto – sotto almeno due profili:
– l’ardita comparazione tra un bicchiere di succo e le razioni giornaliere
raccomandate di frutta e verdura,
– l’illecita indicazione di origine ‘in prevalenza’ dalla Sicilia delle arance rosse di una
sua bevanda.
Rauch si inserisce nella scia dell’inganno con la bevanda in esame. Che viene
presentata con la suggestiva dicitura ‘!A tutta frutta!’, sul fronte etichetta, accanto
alle immagini di arancia rossa e carota.
La lista ingredienti rivela però che la bevanda ‘Bravo’ di Rauch non è affatto ‘tutta
frutta’. Al contrario, l’acqua figura come primo ingrediente, cui segue un 30% di
‘succo multifrutta’, poi zucchero, eccetera eccetera.
Senza entrare nel merito della confusa denominazione dell’alimento e dei suoi
componenti, a loro volta degni di censura sotto vari aspetti, si deve invece
rimarcare l’ingannevolezza della presentazione del prodotto.
Una bevanda zuccherata con 10 grammi di zucchero per 100 ml – di poco inferiore
alla Coca Cola – viene presentata come ‘a tutta frutta’. In palese contrasto con i
requisiti generali di trasparenza dell’informazione in etichetta, (1) oltreché con
il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (2) e con il Codice del Consumo. (3)
Cordialmente
Dario
Note
(1) V. reg. UE 1169/11, articoli 7 e 36
(2) ‘La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale
da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non
palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto’
(Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, articolo 2)
(3) V. d.lgs. 206/05, articoli 20-21
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Biscotti della salute con olio di palma? Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Caro Dario,
dopo avere letto il Tuo articolo sui ‘biscotti della salute’ ho trovato a scaffale di
supermercato un sacchetto di biscotti presentati così, che pare siano realizzati “solo
con materie prime e ingredienti di elevata qualità e genuinità”. Salvo poi essere fatti
con olio di palma, che sinceramente non mi sembra così “tradizionale” come tanto
decantato.
Cosa ne pensi?
Grazie tante,
Anna
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Cara Anna,
il riferimento generico alla salute – che campeggia, in caratteri cubitali sul fronte
della confezione in esame – deve venire sostenuto da un health claim specifico,
autorizzato a livello europeo. (1) A maggior ragione in quanto associato ad altro
attributo, ‘nutriente’, che a sua volta ricade nel campo di applicazione
del regolamento Nutrition & Health Claims (NHC).
Poiché l’etichetta tuttavia difetta di qualsivoglia indicazione salutistica conforme alla
citata normativa, si configura una violazione della stessa. Il responsabile
dell’informazione al consumatore (2) si espone così al rischio di
una sanzione amministrativa di importo variabile tra 5.000 e 10.000€.
La ‘elevata qualità’ degli ingredienti, a sua volta, deve venire dimostrata.
L’operatore deve quindi essere in grado di spiegare sotto quali aspetti le materie
prime impiegate sul prodotto si distinguano, in termini qualitativi, rispetto alla media.
E fornirne adeguata prova, in relazione a tutte le ‘materie prime e ingredienti‘ cui è
indistintamente riferito il vanto. (3) Una dimostrazione non facile, poiché si tratta
di commodities (quali farina, zucchero, grasso di palma, sale).
L’olio di palma – di cui pure implicitamente si vantano ‘elevata qualità e genuinità’ –
dovrebbe oltretutto venire sottoposto ad apposite analisi di laboratorio non solo in
fase di autocontrollo ma anche nel controllo pubblico ufficiale. Al preciso scopo di
verificare l’assenza di quei contaminanti genotossici e cancerogeni (2-MCPD, 3-
MCPD, GE) che possono residuare in tale grasso a causa dell’invasività del suo
processo di raffinazione. (4)
La lista ingredienti, nell’etichetta dei ‘biscotti della salute’ Russo, è invece l’area che
presenta una criticità immediata. A causa dell’enigmatica voce ‘cereali maltati’,
che potrebbe celare la presenza di ingredienti allergenici ulteriori rispetto al
frumento. Quali orzo, segale, avena, farro, grano khorasan, loro ceppi ibridati o
prodotti derivati. (5) Sono altresì inammissibili i riferimenti a ‘cereali contenenti
glutine’ e ‘frutta con guscio’. (6)
Cordialmente
Dario
Note
(1) Cfr. reg. CE 1924/06, articolo 10.3. Per l’elenco degli health claim autorizzati in Europa, si fa rinvio al
testo consolidato del reg. UE 432/12
(2) Vale a dire, l’operatore con il cui marchio l’alimento viene immesso sul mercato, ai sensi del reg.
UE 1169/11, articolo 8.1
(3) Si configura, in difetto, una violazione del reg. UE 1169/11, articolo 7.1.c
(4) Ed è ovvio come la malaugurata presenza di residui dei citati contaminanti potrebbe indurre a
valutare la pericolosità dell’alimento, ai sensi del reg. CE 178/02, articolo 14. Innescando le doverose
azioni correttive di cui all’articolo 19 del citato regolamento, oltre alla trasmissione di notizia di reato
per il delitto di vendita di sostanze alimentari nocive (codice penale, articoli 444 e 452)
(5) Cfr. reg. UE 1169/11, Allegato II, punto 1
(6) Per le sanzioni a tale ultimo riguardo, si veda l’articolo Allergeni tracce e sanzioni
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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  • 1. News 50/SA/2017 Lunedì, 11 dicembre 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.49 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 82 (8 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per Salmonella in pepe nero proveniente dal Brasile e per aflatossine in nocciole sgusciate provenienti dal Azerbaijan; dalla Francia per aflatossine in chicchi di nocciola provenienti dalla Turchia, per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia e per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dal Belgio per clorpirifos e bifentrin e sostanza non autorizzata carbofurano in fagioli lunghi di cortile provenienti dalla Repubblica Dominicana; dall’Olanda per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dalla Cina, per aflatossine in nocciole tostate provenienti dalla Turchia, per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato provenienti dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dalla Bolivia e per aflatossine in arachidi provenienti dall’ Egitto; dalla Germania per Escherichia coli produttrice di shigatossine in manzo refrigerato (Bos taurus) proveniente dall’ Argentina, per aflatossine in pasta di nocciole proveniente dalla Turchia, per aflatossine in pasta di fichi alle nocciole proveniente dalla Turchia e per aflatossine in miscela di spezie proveniente dall’Etiopia; dal Regno Unito per certificati sanitari impropri per gombo proveniente dall’India, via Irlanda, per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato proveniente dal Brasile e per certificati sanitari impropri per peperoncino rosso proveniente dall’India; dalla Polonia per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina e per aflatossine in nocciole provenienti dall’Azerbaijan; dalla Repubblica Ceca per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia; da Malta per sistemazione non autorizzata sul mercato di tisane alle erbe contenente senna (Cassia angustifolia) provenienti dagli Stati Uniti; dalla Bulgaria per aflatossine in pistacchi provenienti dalla Turchia; da Latvia per certificati sanitari impropri (due differenti certificati sanitari con differenti prodotti) e improprio rapporto analitico certificato (assenza di codice di spedizione sul rapporto analitico) per pistacchi tostati provenienti dall’ Iran, via Russia; dalla Danimarca per aflatossine
  • 2. in fichi secchi provenienti dalla Turchia. Allerta notificati dall’ Italia: per mercurio in squalo mako shortfin congelato (Isurus oxyrinchus) proveniente dalla Spagna. Allerta notificati: dalla Danimarca per solfiti non dichiarati in rape sott’aceto a fette provenienti dal Libano, via Svezia; dall’Olanda per cipermetrina e lambda-cialotrina e sostanza non autorizzata tetrametrina in zucche di origine sconosciuta, via Francia, per mercurio in lombi congelati di pesce spada provenienti dal Vietnam, per nocciola non dichiarata in cioccolato organico proveniente dal Belgio, per mercurio in lombi congelati di pesce spada provenienti dal Vietnam e per mercurio in lombi di marlin congelati (Makaira indica) provenienti dall’ Indonesia; dall’Ungheria per norovirus in lamponi congelati provenienti dalla Serbia; dall’Irlanda per ingrediente di latte non dichiarato e senape in prodotti a base di pollo impanato provenienti dal Brasile e per alto contenuto di vitamina A in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Regno Unito; dall’ Austria per Salmonella enterica ser. Derby, Salmonella enterica ser. Livingstone e Salmonella enterica ser. London in cibo da masticare per cani proveniente dalla Germania; dall’Olanda per ingrediente di latto non dichiarato (siero di latte) e senape in bocconcini di pollo congelati provenienti dal Brasile e per Listeria monocytogenes in cubetti e strisce di pancetta provenienti dalla Germania; dalla Germania per Salmonella in mangime completo per galline ovaiole provenienti dalla Germania, per colorante non autorizzato Rhodamine B in rape in salamoia provenienti dalla Siria, via Olanda; dalla Spagna per norovirus in lamponi freschi provenienti dal Marocco, via Spagna e per Listeria monocytogenes in trota affumicata a fette refrigerata proveniente dalla Spagna; dalla Svezia per ingrediente proibito Ephedra in integratori alimentari di origine sconosciuta; dalla Francia per Salmonella enterica ser. Agona in latte artificiale proveniente dalla Francia e per Salmonella enterica ser. Typhimurium in pollo surgelato MSM proveniente dalla Francia; dalla Croazia per Salmonella in filetti di mezzo pollo salati congelati provenienti dal Brasile, via Olanda e via Polonia; da Cipro per migrazione di ammine aromatiche primarie da una spatola proveniente dalla Cina; dal Belgio per tossine Amnesic Shellfish Poisoning (ASP) toxins – acido domoico in capesante vive (Pecten jacobaeus) provenienti dal Belgio. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per infestazione parassitaria con Anisakis di nasello refrigerato (Merluccius merluccius) proveniente dalla Spagna, per diclofenac non autorizzato in carne di cavallo proveniente dalla
  • 3. Polonia e per sostanza non autorizzata E 265 – acido deidroacetico in formaggio manchego proveniente dalla Spagna; dalla Svezia per Salmonella enterica ser. Derby in rifilature di vitello congelato proveniente dalla Danimarca, per Salmonella enterica ser. Mbandaka in torta di girasole biologica proveniente dall’Italia, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium grandiflorum in integratore alimentare proveniente dall’Olanda; dalla Spagna per livello residuo sopra MRL di ossitetraciclina in filetti di salmone congelati provenienti dal Cile e per cadmio in pasto a base di pesce proveniente dalle Mauritius; dal Regno Unito per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare acido linoleico coniugato (CLA) in porridge proteico proveniente dal Regno Unito; dall’ Estonia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratori alimentari provenienti dagli Stati Uniti, via Regno Unito; da Cipro per migrazione di ammine primarie aromatiche da mestolo di plastica proveniente dalla Cina; dalla Croazia per clorpirifos in pomodori provenienti dall’ Albania; dalla Germania per Salmonella enterica ser. Lexington in pasto di soia proveniente dall’Argentina e per fipronil in funghi neri secchi provenienti dal Vietnam, via Olanda; dalla Svizzera per clorpirifos, propiconazolo e paclobutrazolo e sostanze non autorizzate profenofos e permetrina in peperoncino rosso proveniente dal Vietnam; dal Regno Unito per crostacei non dichiarati (prodotto di imballaggio) in involtini di verdure provenienti dal Vietnam; dall’Olanda per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare tongkat ali (Eurycoma longifolia) in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per fipronil in uova provenienti dalla Polonia e per sostanza non autorizzata azitromicina in spiedini yakitori provenienti dalla Cina; dalla Slovacchia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti e per sostanza non autorizzata chelato di creatina magnesio in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Repubblica Ceca; dal Belgio per Salmonella enterica ser. Leeuwarden in pasta di nocciola proveniente dalla Turchia e per migrazione di olio di soia epossidato (ESBO) da melanzane grigliate provenienti dall’Italia e per contenuto troppo alto di azoto basico totale volatile in filetti di merluzzo refrigerati, filetti di salmone refrigerato e rombo refrigerato proveniente dall’Olanda; dall’Irlanda per sostanza non autorizzata acido pangamico (vitamina B15) in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito; dalla Danimarca per dolci al pistacchio provenienti dal Libano, via Germania inadatti al consumo umano e infestati da larve di insetti. Fonte: rasff.eu
  • 4. L’acrilammide che si forma nelle patatine, nei biscotti, nel caffè e nel pane cotto ad alte temperature è nociva. Tutti i consigli da adottare in cucina per ridurre il contenuto negli alimenti in un articolo firmato da Veterinaria e sicurezza alimentare Marche. Con la pubblicazione di un nuovo regolamento europeo sono stati abbassati i valori sul contenuto di acrilammide presente in alcuni alimenti come patate, pane, biscotti, cracker, caffè. Secondo l’Efsa la presenza di questa sostanza nel cibo può aumentare il rischio di cancro per i consumatori e per questo motivo ha pubblicato un dossier per ridurre la quantità nei prodotti confezionati e anche nei piatti cucinati in casa. In questo articolo pubblicato sul sito Veterinaria e sicurezza alimentare Marche, Stefano Gabrio Manciola descrive quali sono le misure da adottare. L’acrilammide è un composto organico a basso peso molecolare, altamente solubile in acqua, che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la cottura ad alte temperature (come ad esempio frittura, cottura al forno e alla griglia) e durante i processi di trasformazione industriale che avvengono a temperature superiori a 120° C in condizioni di bassa umidità (come ad esempio la tostatura). L’acrilammide si forma ad alte temperature, attraverso reazioni fra alcuni zuccheri e l’amminoacido asparagina, presenti naturalmente in molti alimenti. Il processo chimico che porta alla formazione della sostanza è indicato come “reazione di Maillard” ed è la stessa reazione che rende i cibi abbrustoliti e più gustosi. Ad essere sotto accusa sono soprattutto i prodotti vegetali con poche proteine, perché in quelli molto proteici (come i legumi) e nei prodotti di origine animale, in cui la reazione di Maillard comunque avviene, si formano prevalentemente altre molecole.
  • 5. L’acrilammide si trova quindi in molti alimenti cotti ad alte temperature come prodotti fritti a base di patate, pane, biscotti, cracker, caffè e anche nel fumo di tabacco. Gli studi condotti sugli esseri umani hanno fornito prove limitate e discordanti dell’aumento del rischio di sviluppare tumori in seguito ad ingestione. Tuttavia, le ricerche sugli animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione all’acrilammide, attraverso la dieta, aumenta enormemente la probabilità di sviluppare mutazioni geniche e tumori in vari organi. Sulla base degli studi condotti sugli animali, gli esperti dell’Efsa hanno ribadito che la presenza negli alimenti può aumentare il rischio di cancro per i consumatori in tutte le fasce d’età, poiché è presente in un’ampia gamma di cibo consumato ogni giorno. Sicuramente i bambini costituiscono la fascia di età più esposta. Gli esperti dell’Efsa hanno preso in esame anche i possibili effetti nocivi dell’acrilammide sul sistema nervoso, sullo sviluppo prenatale e postnatale e sul sistema riproduttivo maschile. Questi effetti però non sono stati ritenuti motivo di preoccupazione, sulla base dei livelli di esposizione attuali. Tenuto conto delle conclusioni dell’Efsa in merito agli effetti cancerogeni dell’acrilammide, per garantire la sicurezza alimentare, la Commissione Europea ha stabilito che è necessario ridurre la presenza del composto nei prodotti alimentari e quindi l’assunzione da parte dei consumatori.
  • 6. Al riguardo il 20 novembre 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il nuovo Regolamento (UE) 2017/2158 della Commissione con le misure di attenuazione e i livelli di riferimento per la riduzione di acrilammide nel cibo basate sulle conoscenze scientifiche e tecniche. Queste procedure (stabilite dopo un’ampia consultazione degli operatori del settore alimentare, i consumatori e gli esperti delle autorità) permettono di ridurre il tenore della sostanza nel cibo senza compromettere la qualità del prodotto. Il nuovo Regolamento europeo istituisce misure per ridurre il contenuto di acrilammide negli alimenti come il caffé Gli operatori del settore alimentare che producono e immettono sul mercato prodotti alimentari soggetti ad una presenza di acrilammide, devono perciò applicare queste misure di attenuazione nel corso dei loro processi produttivi in modo tale da raggiungere i livelli di tale sostanza più bassi che si possano ragionevolmente ottenere al di sotto dei livelli di riferimento fissati nel Regolamento stesso (Allegato IV). In particolare il Reg 2017/2158 fa riferimento ai seguenti prodotti: a) patate fritte tagliate a bastoncino, altri prodotti tagliati fritti e patatine (chips), ottenuti a partire da patate fresche) patatine, snack, cracker e altri prodotti a base di patate ottenuti a partire da pasta di patate; c) pane; d) cerali per la prima colazione (escluso il porridge); e) prodotti da forno fini: biscotti, gallette, fette biscottate, barrette ai cereali, scones, coni, cialde, crumpets e pane con spezie (panpepato), nonché cracker, pane croccanti e sostituti del pane. In questa categoria per «cracker» si intende una galletta secca (prodotto da forno a base di farina di cereali); f) caffè torrefatto e (solubile) istantaneo; g) succedanei del caffè;
  • 7. h) alimenti per la prima infanzia e alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, quali definiti nel regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Per ogni prodotto gli Allegati I e II indicano le misure di attenuazione. La scelta degli ingredienti, il metodo di conservazione e la temperatura di cottura possono incidere sul contenuto di acrilammide Per quanto riguarda i livelli di riferimento, questi sono determinati tenendo conto dei dati più recenti raccolti della banca dati dell’Autorità e si riferiscono ad ampie categorie di prodotti. Di conseguenza possono esistere condizioni di produzione, geografiche o stagionali o caratteristiche del prodotto che non consentono di raggiungere i livelli di riferimento, pur applicando tutte le misure di attenuazione. In questi casi l’operatore del settore alimentare dovrebbe essere in grado di provare di avere applicato in maniera adeguata le misure stabilite. I produttori devono quindi predisporre un programma per la campionatura e l’analisi dei tenori di acrilammide nei prodotti e, in caso di superamento dei livelli di riferimento, devono riesaminano le misure di attenuazione applicate e adeguare i processi e i controlli al fine di risolvere la non conformità. Il regolamento entra in vigore l’11 dicembre 2017 e si applica a partire dall’11 aprile 2018. La scelta degli ingredienti, il metodo di conservazione e la temperatura della cottura possono influire sulla quantità e quindi sul livello di esposizione. Ecco i consigli per i consumatori.
  • 8. Maggiore è la temperatura di frittura degli alimenti, maggiore è la quantità di acrilammide che si sviluppa Scelta degli ingredienti I succedanei del caffè a base di cicoria generalmente contenevano in media sei volte più acrilammide (3 mg/kg) rispetto ai succedanei a base di cereali (0,5 mg/kg). I prodotti fritti a base di pasta di patate (comprese patatine e snack) contenevano in genere il 20% in meno di acrilammide (0,338 mg/kg) rispetto a quelli ottenuti da patate fresche (0,392 mg/kg). Le patate coltivate in terreno povero di zolfo accumulano meno asparagina, e questo riduce la formazione di acrilammide durante la cottura. Metodo di conservazione 1. La conservazione delle patate a una temperatura inferiore agli 8° C aumenta i livelli di zucchero, e questo potrebbe favorire la presenza di elevati livelli di acrilammide al termine della cottura. 2. Mettere in ammollo le fette di patate in acqua o in una soluzione con acido citrico può ridurre i livelli della sostanza nelle patatine rispettivamente fino al 40% o al 75%. Trasformazione (temperatura e durata) • I caffè a tostatura più chiara contenevano generalmente più acrilammide rispetto a quelli che hanno subito una tostatura media o scura (cioè tostati più a lungo). Questa differenza può aumentare l’esposizione mediamente del 14%. • Secondo i test effettuati da produttori e organizzazioni dei consumatori le friggitrici ad aria calda producono il 30-40% di acrilammide in più rispetto alle normali friggitrici a olio. • Le cotture effettuate a temperature elevate di solito provocano un aumento
  • 9. dei livelli di acrilammide nelle patate fritte come pure la frittura sopra i 175 °C. La modalità di cottura del cibo influisce molto sulla quantità di acrilammide che si forma Cucina casalinga La tendenza dei consumatori a preferire patatine fritte croccanti e altri prodotti a base di patate che a fine cottura hanno una crosticina marrone possono aumentare l’esposizione all’acrilammide del 64% (per i forti consumatori anche dell’80%). Tostare il pane per cinque minuti invece di tre può aumentare il contenuto da 0,031 mg/kg fino a 0,118 mg/kg, a seconda del tipo di pane e della temperatura del tostapane. Il consumo di pane ben abbrustolito aumenta l’esposizione alimentare complessiva solo del 2,4%. I livelli della sostanza sono direttamente correlati alla doratura del cibo, quindi è meglio preferire una: “leggera doratura, non una bruciatura”. Anche variare le modalità di cottura in cucina ad es. bollire, cuocere a vapore, saltare in padella, oltre a friggere o arrostire, può contribuire a ridurre l’esposizione. Stefano Gabrio Manciola – Veterinaria e sicurezza alimentare Marche Per approfondire: Scheda Infografica (Efsa) Valutazione del rischio acrilammide (Efsa): http://www.veterinariaalimenti.marche.it/Portals/0//OldFiles/Acrilammide%20EFSA.pdf
  • 11. Supermercati: quando il sottocosto è una presa in giro. Un documento dell’Antitrust descrive le furberie inventate dalla grande distribuzione per illudere i consumatori. Quando compriamo un chilo di pasta con “il 30% di sconto” o “sottocosto” siamo sicuri di fare un affare? Chi si accolla l’onere della promozione? Le spese da sostenere per supportare tutte queste iniziative sono a carico delle aziende. I produttori infatti per ogni pacco di pasta venduto nella settimana del sottocosto e/o ogni volta che il prodotto viene fotografato sul volantino recapitato nella casella della posta, riconoscono al supermercato uno sconto sul prezzo concordato nel contratto. Analizzando però con attenzione i numeri e gli accordi stipulati dalle parti si avverte la forte sensazione che il consumatore venga preso in giro da finti sconti e finte offerte speciali. Tutto comincia con la definizione del prezzo nel contratto di acquisto, che oltre a materie prime, spese di produzione, distribuzione e ricarico del dettagliante, prende in considerazione le offerte promozionali e gli sconti del prodotto realizzati nell’arco dei 12 mesi. Si tratta di un calcolo affidato a laureati in economia con specializzazione nel marketing, abituati ad elaborare strategie basate sull’analisi di sconti, promozioni, offerte, coupon, ecc. Il quadro è estremamente complesso, perché il prezzo sullo scaffale è il risultato di tutte queste operazioni.
  • 12. In Italia il prezzo netto pulito è adottato da catene come Unes-U2 e nel Veneto da Rossetto, Tosano e Lando In Italia i negozi dove si risparmia di più sono le catene di supermercati che adottano il sistema dei prezzi utilizzato in Inghilterra e da alcune catene di discount in Germania, dove si garantisce ai consumatori il miglior rapporto qualità/prezzo tutto l’anno. Il metodo è applicato da U2 e da altre catene ancora più aggressive, localizzate in Veneto come Rossetto, Tosano, Lando che da molti anni hanno abbracciato la strategia dei “prezzi bassi tutto l’anno” e più recentemente da Sole365 a Napoli. Si tratta di supermercati dove si adotta la politica del prezzo netto pulito (net net dicono gli inglesi). Per capire il sistema prendiamo come riferimento un chilo di pasta che, secondo la logica del prezzo netto pulito, viene comprato a 1,0 euro al produttore e rivenduto a 1,30 al consumatore. In questo modo il supermercato si garantisce un ricarico vicino al 30% in grado di coprire i costi e di ottenere utili. Nei punti vendita che adottano il prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti sconti, promozioni, tagli prezzo, offerte 3×2, riduzioni speciali per i possessori di carte fedeltà… Il metodo offre molti vantaggi dal punto di vista finanziario: il supermercato compra solo la pasta che vende, non deve per forza acquistare l’intero l’assortimento, non deve distribuire volantini nelle caselle, non deve riempire il magazzino con camionate di prodotti per fare fronte alle richieste in occasione delle sottocosto, non anticipa somme elevate… C’è poi da considerare la drastica riduzione del personale dell’ufficio acquisti, perché i contratti sono semplici e non bisogna fare controlli nei punti vendita. Alla fine senza tutti questi elementi che incidono sui costi di gestione il prezzo sullo scaffale risulta molto interessante.
  • 13. Nei punti vendita che adottano il prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti sconti, promozioni La strategia di marketing ora descritta non è quella adottata dalla stragrande maggioranza dei supermercati e ipermercati italiani, che pur avendo un elevato potere contrattuale con il produttore, preferiscono comprare il pacco di pasta a un prezzo maggiore (1,15 €/kg contro 1,00 €/kg pagato da chi pratica il prezzo netto pulito) e venderlo a 1,35. La differenza garantisce un ricarico del 20% circa che però non copre i costi di gestione. Tutto ciò può sembrare strano, ma in realtà si tratta di un metodo per poter poi vendere sottocosto. Paradossalmente il prezzo di acquisto fissato nel contratto delle piccole catene che adottano il prezzo netto pulito risulta inferiore. Questo è possibile perché il pastificio non deve applicare forti sconti sui lotti di pasta (extra contratto) richiesti dai supermercati per realizzare le numerose promozioni che si alternano durante l’anno. Il supermercato dopo avere fissato il prezzo di un prodotto e siglato il contratto comincia a chiedere sconti Il supermercato subito dopo dopo avere fissato il prezzo (1,15 €/kg) per la quantità di pasta necessaria a soddisfare le vendite annuali, comincia a chiedere altri lotti al pastificio a prezzo scontato, per soddisfare la richiesta di pasta durante le promozioni che si susseguono continuamente durante i 12 mesi ( inserimento del
  • 14. prodotto sui volantini recapitati nelle caselle della posta, vendite promozionali natalizie e pasquali, feste di vario tipo e genere, ricorrenze…). A questo punto il pastificio applica una riduzione del prezzo rispetto a quello fissato nel contratto (1,15 €/kg) per i lotti destinati alle varie iniziative promozionali. Questo schema si ripete ogni qual volta che la pasta viene inserita nel paniere delle vendite speciali, degli anniversari, delle settimane sottocosto, degli sconti riservati ai possessori di carta fedeltà. L’elenco delle occasioni per ricevere partite di pasta a prezzo scontato comprende anche i premi per avere inserito nuovi tipi di pasta sugli scaffali, per avere venduto un numero di pezzi stabilito nel contratto e altre voci. A fine anno quando il pastificio fa i conti, scopre che sommando la pasta venduta al prezzo fissato nel contratto e quella venduta con lo sconto per le promozioni, il prezzo unitario risulta vicino a 1,00 €, ovvero inferiore dell’8-10% rispetto a quanto stabilito e vicino a quello pagato da chi adotta il prezzo prezzo netto pulito tutto l’anno. Si tratta proprio del margine necessario al supermercato per coprire i costi di gestione e ricavare l’utile. La presenza di continui sconti e promozioni piace ai consumatori che hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In realtà si tratta di un’illusione Questo giochetto delle promozioni e degli sconti piace molto ai consumatori che, grazie alle continue offerte speciali, hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In realtà si tratta di un’illusione perché l’entità dello sconto, così come del sottocosto, viene applicato su un prezzo fittizio stabilito nel contratto 1,15 €/kg che però non considera l’enorme quantità di pasta fornita a prezzo scontato per soddisfare le promozioni. In altre parole quando il supermercato propone nei volantini o nelle vendite promozionali la pasta “sottocosto” al prezzo di 1,0 € (inferiore di 15 centesimi rispetto al listino indicato nel contratto) non dice tutta a verità. Facendo bene i conti, e considerando il numero di lotti forniti con lo sconto, il costo unitario della pasta per il supermercato nel corso dell’anno si avvicina molto a 1,0 €. Alla luce di questo ragionamento il sottocosto diventa quasi una presa in giro.
  • 15. In questa storia bisogna considerare i vantaggi finanziari. Le catene che applicano il prezzo netto pulito spendono meno per due motivi: il prezzo indicato nel contratto è più basso (1,00 €/kg) e non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock destinati alle promozioni. La maggior parte delle catene quando compra a un listino superiore (1,15 €) paga di più e deve anticipare grosse somme per fare fronte alle promozioni. L’altro aspetto da considerare è il costo del personale adibito al controllo delle iniziative promozionali che incide in modo significativo sulle spese di gestione e quindi sul prezzo. Le catene che applicano il prezzo netto pulito non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock di prodotti destinati alle promozioni e al sottocosto Le furberie del marketing per illudere il consumatore non sono finite. Ci sono catene che chiedono alle grandi aziende formati speciali da 900 g anziché 1 kg , per indicare sullo scaffale listini più bassi. In altri casi c’è chi vende confezioni da 2-3 chili a prezzi superiori rispetto a quelle piccole. Anche il sistema del prezzo netto pulito non è perfetto. Alcuni supermercati acquistano lotti di merce che scade dopo 6 mesi anziché dopo 2 anni spuntando sconti interessanti. L’amara conclusione è che attraverso le strategie di marketing si prendono in giro i consumatori, dando loro la sensazione di comprare a prezzi convenienti sfruttando sconti e offerte. Lo ha evidenziato anche l’Agcm in un bellissimo documento del 2013 sui trucchi dei supermercati. Il dossier analizza i meccanismi e le furberie messe in atto per proporre finti sconti nel periodo del sottocosto e delle promozioni. Che fare? «La soluzione più conveniente per chi ha molto tempo a disposizione è di analizzare e confrontare i volantini delle 3-4 catene di supermercati dislocati vicino a casa e approfittare delle offerte che si alternano durante l’anno. Chi invece fa la spesa solo in un punto vendita conviene scegliere una delle poche catene che adottano il prezzo netto pulito come Unes-U2 ,Rossetto, Tosano, Lando e Sole365 a
  • 16. Napoli. (aggiornamento di un articolo pubblicato nel 2014) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Rauch Bravo ‘a tutta frutta’? Risponde l’avvocato Dario Dongo. Egregio Avvocato, ho apprezzato alcune Sue note critiche sulle etichette di bevande austriache al gusto di frutta e Le propongo di riprendere l’argomento con la bibita a marchio Rauch – Bravo di cui allego fotografie. Molte grazie e buon lavoro Herbert Risponde l’avvocato Dario Dongo, PhD in diritto alimentare europeo Caro Herbert, i fabbricanti austriaci di succhi di frutta e bevande simili tendono in effetti ad andare ‘sopra le righe’, anzi ‘oltre le regole’. Pfanner ha ingannato i consumatori – come si è visto – sotto almeno due profili:
  • 17. – l’ardita comparazione tra un bicchiere di succo e le razioni giornaliere raccomandate di frutta e verdura, – l’illecita indicazione di origine ‘in prevalenza’ dalla Sicilia delle arance rosse di una sua bevanda. Rauch si inserisce nella scia dell’inganno con la bevanda in esame. Che viene presentata con la suggestiva dicitura ‘!A tutta frutta!’, sul fronte etichetta, accanto alle immagini di arancia rossa e carota. La lista ingredienti rivela però che la bevanda ‘Bravo’ di Rauch non è affatto ‘tutta frutta’. Al contrario, l’acqua figura come primo ingrediente, cui segue un 30% di ‘succo multifrutta’, poi zucchero, eccetera eccetera. Senza entrare nel merito della confusa denominazione dell’alimento e dei suoi componenti, a loro volta degni di censura sotto vari aspetti, si deve invece rimarcare l’ingannevolezza della presentazione del prodotto. Una bevanda zuccherata con 10 grammi di zucchero per 100 ml – di poco inferiore alla Coca Cola – viene presentata come ‘a tutta frutta’. In palese contrasto con i requisiti generali di trasparenza dell’informazione in etichetta, (1) oltreché con il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (2) e con il Codice del Consumo. (3)
  • 18. Cordialmente Dario Note (1) V. reg. UE 1169/11, articoli 7 e 36 (2) ‘La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto’ (Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, articolo 2) (3) V. d.lgs. 206/05, articoli 20-21 Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com Biscotti della salute con olio di palma? Risponde l’avvocato Dario Dongo. Caro Dario, dopo avere letto il Tuo articolo sui ‘biscotti della salute’ ho trovato a scaffale di supermercato un sacchetto di biscotti presentati così, che pare siano realizzati “solo con materie prime e ingredienti di elevata qualità e genuinità”. Salvo poi essere fatti con olio di palma, che sinceramente non mi sembra così “tradizionale” come tanto decantato. Cosa ne pensi? Grazie tante, Anna
  • 19. Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo Cara Anna, il riferimento generico alla salute – che campeggia, in caratteri cubitali sul fronte della confezione in esame – deve venire sostenuto da un health claim specifico, autorizzato a livello europeo. (1) A maggior ragione in quanto associato ad altro attributo, ‘nutriente’, che a sua volta ricade nel campo di applicazione del regolamento Nutrition & Health Claims (NHC). Poiché l’etichetta tuttavia difetta di qualsivoglia indicazione salutistica conforme alla citata normativa, si configura una violazione della stessa. Il responsabile dell’informazione al consumatore (2) si espone così al rischio di una sanzione amministrativa di importo variabile tra 5.000 e 10.000€. La ‘elevata qualità’ degli ingredienti, a sua volta, deve venire dimostrata. L’operatore deve quindi essere in grado di spiegare sotto quali aspetti le materie prime impiegate sul prodotto si distinguano, in termini qualitativi, rispetto alla media. E fornirne adeguata prova, in relazione a tutte le ‘materie prime e ingredienti‘ cui è indistintamente riferito il vanto. (3) Una dimostrazione non facile, poiché si tratta di commodities (quali farina, zucchero, grasso di palma, sale). L’olio di palma – di cui pure implicitamente si vantano ‘elevata qualità e genuinità’ – dovrebbe oltretutto venire sottoposto ad apposite analisi di laboratorio non solo in fase di autocontrollo ma anche nel controllo pubblico ufficiale. Al preciso scopo di verificare l’assenza di quei contaminanti genotossici e cancerogeni (2-MCPD, 3- MCPD, GE) che possono residuare in tale grasso a causa dell’invasività del suo processo di raffinazione. (4) La lista ingredienti, nell’etichetta dei ‘biscotti della salute’ Russo, è invece l’area che presenta una criticità immediata. A causa dell’enigmatica voce ‘cereali maltati’, che potrebbe celare la presenza di ingredienti allergenici ulteriori rispetto al frumento. Quali orzo, segale, avena, farro, grano khorasan, loro ceppi ibridati o
  • 20. prodotti derivati. (5) Sono altresì inammissibili i riferimenti a ‘cereali contenenti glutine’ e ‘frutta con guscio’. (6) Cordialmente Dario Note (1) Cfr. reg. CE 1924/06, articolo 10.3. Per l’elenco degli health claim autorizzati in Europa, si fa rinvio al testo consolidato del reg. UE 432/12 (2) Vale a dire, l’operatore con il cui marchio l’alimento viene immesso sul mercato, ai sensi del reg. UE 1169/11, articolo 8.1 (3) Si configura, in difetto, una violazione del reg. UE 1169/11, articolo 7.1.c (4) Ed è ovvio come la malaugurata presenza di residui dei citati contaminanti potrebbe indurre a valutare la pericolosità dell’alimento, ai sensi del reg. CE 178/02, articolo 14. Innescando le doverose azioni correttive di cui all’articolo 19 del citato regolamento, oltre alla trasmissione di notizia di reato per il delitto di vendita di sostanze alimentari nocive (codice penale, articoli 444 e 452) (5) Cfr. reg. UE 1169/11, Allegato II, punto 1 (6) Per le sanzioni a tale ultimo riguardo, si veda l’articolo Allergeni tracce e sanzioni Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com