1. News 29/SA/2014
Lunedì,15 dicembre 2014
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi
Principio attivo del Viagra in integratore dalla Cina e muffa in formaggio grattugiato
italiano… Ritirati dal mercato europeo 85 prodotti
Sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del Viagra) in
integratore dalla Cina.
Nella settimana n°49 del 2014 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi sono state 85 (16 quelle inviate dal Ministero della
salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi:
Salmonella spp. ed Escherichia coli in vongole vive italiane (distribuite anche in
Spagna); sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del
Viagra) in due lotti di integratore alimentare dalla Cina, attraverso la Spagna.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano;
eccesso di Escherichia coli in vongole vive (Ruditapes philippinarum) da Italia.
Presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano
Tra i lotti respinti alle frontiere l’Italia segnala: residui di pesticida (carbendazim) in
quattro lotti di riso dall’India; aflatossine in arachidi in guscio da Egitto; infestazione di
parassiti in due lotti di datteri tunisini; aflatossine in pistacchi provenienti dalla
Turchia; colorante E133 (blu brillante FCF) non dichiarato e colorante E102 (giallo
tartrazina) non autorizzato in insalata di alghe congelate dalla Cina; aflatossine in
2. fichi secchi provenienti dalla Turchia; residui di pesticida (carbendazim) in dragon
fruit (Hylocereus undatus) dalla Thailandia.
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal
mercato, la Svizzera segnala residui di pesticida (fenamifos) in pomodorini.
Fonte: ilfatto alimentare.it
Antibiotici negli allevamenti: sono necessarie regole severe per evitare la diffusione
di batteri resistenti e patogeni per l’uomo
Il Beuc ha lanciato una campagna per l’utilizzo corretto degli antibiotici negli
allevamenti
Nelle scorse settimane l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc) ha
lanciato una campagna per il corretto uso degli antibiotici negli allevamenti.
L’iniziativa intende spingere le autorità dell’Unione a stabilire regole più strette
sull’impiego di questi farmaci in ambito veterinario, sulla scorta dei dati allarmanti
che fotografano la crescente diffusione di batteri resistenti, patogeni anche per
l’uomo. Ogni anno in Europa 25.000 persone muoiono a causa di infezioni che non
rispondono più agli antibiotici, e fino a qualche anno fa erano guaribili. I test
condotti dalle associazioni dei consumatori mostrano che, in diversi paesi, la
presenza di superbatteri nella carne è la norma più che l’eccezione.
In Italia la situazione è più critica che altrove: Altroconsumo ha trovato che l’84 per
cento dei petti di pollo acquistati a Milano e Roma è contaminato da enterobatteri
resistenti . Mentre un rapporto dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), pubblicato
a ottobre, ci colloca al secondo posto nella classifica dei Paesi che usano più
antibiotici negli allevamenti: ci batte solo Cipro.
Il Beuc suggerisce di evitare l’uso di antibiotici come profilassi. Meglio usarli sul
singolo in caso di necessità
Non c’è dunque da stupirsi se le percentuali di microrganismi patogeni per l’uomo e
resistenti a questi farmaci siano in media più alte da noi, rispetto alla media
europea. Sotto accusa non ci sono solo gli allevamenti, perché le resistenze
batteriche si sviluppano anche a causa di un uso improprio dei farmaci nell’uomo.
Tuttavia, la questione veterinaria è tutt’altro che secondaria. I rischi sono di due tipi:
si può infatti essere infettati dai superbatteri per contatto diretto con la carne,
oppure attraverso acqua, frutta e verdura contaminate. Purtroppo i consumatori
hanno a disposizione poche armi per difendersi: gli esperti raccomandano di
3. cuocere bene la carne, di lavarsi le mani dopo averla maneggiata, e di scongelarla
nel frigo. Le iniziative più utili però devono agire a monte.
Il rapporto dell’Ema, per esempio, ha trovato una riduzione del 15 per cento delle
vendite di antibiotici per uso veterinario dal 2010 al 2012, e l’ha attribuita a
specifiche iniziativa intraprese dai governi nazionali (con un calo del 20 per cento,
l’Italia stavolta ha fatto bene).
Ma non basta: il Beuc chiede all’Europa di essere più incisiva, e fa raccomandazioni
specifiche:
1. eliminare l’uso di antibiotici come profilassi e restringere la metafilassi (la
somministrazione del farmaco agli animali sani, in un allevamento esposto a un
patogeno).
2. Far sì che il trattamento del singolo diventi la norma, e quello dell’intero
allevamento un’eccezione, prendendo anche in considerazione la messa al bando
di mangimi contenenti antibiotici.
3. Far sì che migliorino le condizioni generali di salute degli animali, con buone
pratiche di prevenzione e gestione, per ridurre la necessità di usare farmaci.
4. Impedire ai veterinari di vendere antibiotici, così da eliminare il conflitto di interessi.
5. Limitare l’impiego di antibiotici che hanno un ruolo importante nella medicina
umana.
6. Eseguire test sulle carni per verificare la presenza di batteri resistenti.
7. Monitorare costantemente la situazione.
Fonte: ilfatto alimentare.it
Sede dello stabilimento, allergeni al ristorante, cartello unico degli ingredienti. Oggi
è arrivata una nota del Governo generica che non tutela i consumatori
Sede dello stabilimento
Si annota con disappunto l’assenza di riferimenti alla sede dello stabilimento di
produzione e/o confezionamento. I consumatori non potranno più affidarsi alla
presenza obbligatoria dello stabilimento per distinguere e scegliere il prodotto
realizzato in Italia, poiché il “made in Italy” verrà liberamente confuso con il “made
4. in UE”, soprattutto sulle referenze a marchio del distributore (le cosiddette private
label).La cancellazione dell’obbligo di indicare la sede dello stabilimento
costringerà poi le autorità sanitarie, nelle crisi di sicurezza alimentare, a dover
attendere gli orari di apertura delle catene distributive per poter risalire all’origine
del rischio e mitigarne gli effetti.
Allergeni al ristorante e nei pubblici esercizi
Il progetto di decreto introduce l’obbligo generalizzato delle collettività – vale a dire
di mense, esercizi di catering, ristoranti, bar – di informare gli utenti sulla presenza o
“possibile presenza” degli allergeni a decorrere dai 90 giorni successivi alla
pubblicazione del decreto.
Le possibilità sono tre, indicare l’elenco degli allergeni direttamente sul menù o su un
apposito registro custodito dal gestore, oppure attraverso un cartello unico (“su un
cartello che avvisi della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che
possono provocare allergie o intolleranze e rimandi al personale cui chiedere le
necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e
facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale”).
Ma l’introduzione di tale obbligo dovrebbe venire raccordata con apposite
previsioni sulle buone prassi e l’autocontrollo al preciso scopo di impedire le
contaminazioni incrociate. Poiché altrimenti, i pubblici esercenti si “libereranno del
problema” limitandosi ad affiggere nei locali un inutile cartello recante l’elenco
completo degli ingredienti allergenici stabiliti nel regolamento.
Già a partire dall’entrata in vigore della prima “direttiva allergeni” (dir. 89/2003/CE) il
cosiddetto “Cartello unico degli ingredienti” è fuori legge poiché in palese contrasto
con le norme europee di riferimento. Laddove è prescritta un’informazione specifica
sulla presenza di allergeni in ciascuno dei prodotti, venduti sfusi o preincartati, offerti
in vendita.
Cartello unico degli ingredienti per pasticcerie e gelaterie
La bozza di decreto invece – oltre a introdurre l’ipotesi di cartello unico nei pubblici
esercizi, come si è visto – prevede “per i prodotti della gelateria, della pasticceria,
della panetteria e della gastronomia, ivi comprese le preparazioni alimentari e della
macelleria, nonché per i prodotti tradizionale di cui nel decreto ministeriale del 18
luglio 2000, l’elenco degli ingredienti può essere riportato per tipologia di prodotti sul
“cartello unico” di cui al DM 20 dicembre 1994 (…)”.
Si tratta di una previsione agghiacciante perché di fatto priva i consumatori
vulnerabili di comprendere – nell’ambito di ciascuna delle tipologie di prodotti –
quali possono venire consumati senza incorrere nel rischio di una reazione allergica.
5. Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione
di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per
infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici
Distributori automatici
La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie:
denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale
dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il
consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno
poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali:
- gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la
qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o
additivi non graditi),
- il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui
volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente
“made in Italy”.
Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento
operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori
italiani.
Fonte: ilfattoalimentare.it
Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila
euro.
Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio
'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e
pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18).
Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e
trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere
presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di
idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato
senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione
che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato
nell'etichetta.
Fonte: www.quifinanza.it
6. Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione
di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per
infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici
Distributori automatici
La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie:
denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale
dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il
consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno
poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali:
- gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la
qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o
additivi non graditi),
- il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui
volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente
“made in Italy”.
Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento
operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori
italiani.
Fonte: ilfattoalimentare.it
Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila
euro.
Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio
'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e
pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18).
Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e
trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere
presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di
idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato
senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione
che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato
nell'etichetta.
Fonte: www.quifinanza.it