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News 29/SA/2014 
Lunedì,15 dicembre 2014 
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi 
Principio attivo del Viagra in integratore dalla Cina e muffa in formaggio grattugiato 
italiano… Ritirati dal mercato europeo 85 prodotti 
Sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del Viagra) in 
integratore dalla Cina. 
Nella settimana n°49 del 2014 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta 
europeo per alimenti e mangimi sono state 85 (16 quelle inviate dal Ministero della 
salute italiano). 
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: 
Salmonella spp. ed Escherichia coli in vongole vive italiane (distribuite anche in 
Spagna); sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del 
Viagra) in due lotti di integratore alimentare dalla Cina, attraverso la Spagna. 
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un 
intervento urgente troviamo: presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano; 
eccesso di Escherichia coli in vongole vive (Ruditapes philippinarum) da Italia. 
Presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano 
Tra i lotti respinti alle frontiere l’Italia segnala: residui di pesticida (carbendazim) in 
quattro lotti di riso dall’India; aflatossine in arachidi in guscio da Egitto; infestazione di 
parassiti in due lotti di datteri tunisini; aflatossine in pistacchi provenienti dalla 
Turchia; colorante E133 (blu brillante FCF) non dichiarato e colorante E102 (giallo 
tartrazina) non autorizzato in insalata di alghe congelate dalla Cina; aflatossine in
fichi secchi provenienti dalla Turchia; residui di pesticida (carbendazim) in dragon 
fruit (Hylocereus undatus) dalla Thailandia. 
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal 
mercato, la Svizzera segnala residui di pesticida (fenamifos) in pomodorini. 
Fonte: ilfatto alimentare.it 
Antibiotici negli allevamenti: sono necessarie regole severe per evitare la diffusione 
di batteri resistenti e patogeni per l’uomo 
Il Beuc ha lanciato una campagna per l’utilizzo corretto degli antibiotici negli 
allevamenti 
Nelle scorse settimane l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc) ha 
lanciato una campagna per il corretto uso degli antibiotici negli allevamenti. 
L’iniziativa intende spingere le autorità dell’Unione a stabilire regole più strette 
sull’impiego di questi farmaci in ambito veterinario, sulla scorta dei dati allarmanti 
che fotografano la crescente diffusione di batteri resistenti, patogeni anche per 
l’uomo. Ogni anno in Europa 25.000 persone muoiono a causa di infezioni che non 
rispondono più agli antibiotici, e fino a qualche anno fa erano guaribili. I test 
condotti dalle associazioni dei consumatori mostrano che, in diversi paesi, la 
presenza di superbatteri nella carne è la norma più che l’eccezione. 
In Italia la situazione è più critica che altrove: Altroconsumo ha trovato che l’84 per 
cento dei petti di pollo acquistati a Milano e Roma è contaminato da enterobatteri 
resistenti . Mentre un rapporto dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), pubblicato 
a ottobre, ci colloca al secondo posto nella classifica dei Paesi che usano più 
antibiotici negli allevamenti: ci batte solo Cipro. 
Il Beuc suggerisce di evitare l’uso di antibiotici come profilassi. Meglio usarli sul 
singolo in caso di necessità 
Non c’è dunque da stupirsi se le percentuali di microrganismi patogeni per l’uomo e 
resistenti a questi farmaci siano in media più alte da noi, rispetto alla media 
europea. Sotto accusa non ci sono solo gli allevamenti, perché le resistenze 
batteriche si sviluppano anche a causa di un uso improprio dei farmaci nell’uomo. 
Tuttavia, la questione veterinaria è tutt’altro che secondaria. I rischi sono di due tipi: 
si può infatti essere infettati dai superbatteri per contatto diretto con la carne, 
oppure attraverso acqua, frutta e verdura contaminate. Purtroppo i consumatori 
hanno a disposizione poche armi per difendersi: gli esperti raccomandano di
cuocere bene la carne, di lavarsi le mani dopo averla maneggiata, e di scongelarla 
nel frigo. Le iniziative più utili però devono agire a monte. 
Il rapporto dell’Ema, per esempio, ha trovato una riduzione del 15 per cento delle 
vendite di antibiotici per uso veterinario dal 2010 al 2012, e l’ha attribuita a 
specifiche iniziativa intraprese dai governi nazionali (con un calo del 20 per cento, 
l’Italia stavolta ha fatto bene). 
Ma non basta: il Beuc chiede all’Europa di essere più incisiva, e fa raccomandazioni 
specifiche: 
1. eliminare l’uso di antibiotici come profilassi e restringere la metafilassi (la 
somministrazione del farmaco agli animali sani, in un allevamento esposto a un 
patogeno). 
2. Far sì che il trattamento del singolo diventi la norma, e quello dell’intero 
allevamento un’eccezione, prendendo anche in considerazione la messa al bando 
di mangimi contenenti antibiotici. 
3. Far sì che migliorino le condizioni generali di salute degli animali, con buone 
pratiche di prevenzione e gestione, per ridurre la necessità di usare farmaci. 
4. Impedire ai veterinari di vendere antibiotici, così da eliminare il conflitto di interessi. 
5. Limitare l’impiego di antibiotici che hanno un ruolo importante nella medicina 
umana. 
6. Eseguire test sulle carni per verificare la presenza di batteri resistenti. 
7. Monitorare costantemente la situazione. 
Fonte: ilfatto alimentare.it 
Sede dello stabilimento, allergeni al ristorante, cartello unico degli ingredienti. Oggi 
è arrivata una nota del Governo generica che non tutela i consumatori 
Sede dello stabilimento 
Si annota con disappunto l’assenza di riferimenti alla sede dello stabilimento di 
produzione e/o confezionamento. I consumatori non potranno più affidarsi alla 
presenza obbligatoria dello stabilimento per distinguere e scegliere il prodotto 
realizzato in Italia, poiché il “made in Italy” verrà liberamente confuso con il “made
in UE”, soprattutto sulle referenze a marchio del distributore (le cosiddette private 
label).La cancellazione dell’obbligo di indicare la sede dello stabilimento 
costringerà poi le autorità sanitarie, nelle crisi di sicurezza alimentare, a dover 
attendere gli orari di apertura delle catene distributive per poter risalire all’origine 
del rischio e mitigarne gli effetti. 
Allergeni al ristorante e nei pubblici esercizi 
Il progetto di decreto introduce l’obbligo generalizzato delle collettività – vale a dire 
di mense, esercizi di catering, ristoranti, bar – di informare gli utenti sulla presenza o 
“possibile presenza” degli allergeni a decorrere dai 90 giorni successivi alla 
pubblicazione del decreto. 
Le possibilità sono tre, indicare l’elenco degli allergeni direttamente sul menù o su un 
apposito registro custodito dal gestore, oppure attraverso un cartello unico (“su un 
cartello che avvisi della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che 
possono provocare allergie o intolleranze e rimandi al personale cui chiedere le 
necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e 
facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale”). 
Ma l’introduzione di tale obbligo dovrebbe venire raccordata con apposite 
previsioni sulle buone prassi e l’autocontrollo al preciso scopo di impedire le 
contaminazioni incrociate. Poiché altrimenti, i pubblici esercenti si “libereranno del 
problema” limitandosi ad affiggere nei locali un inutile cartello recante l’elenco 
completo degli ingredienti allergenici stabiliti nel regolamento. 
Già a partire dall’entrata in vigore della prima “direttiva allergeni” (dir. 89/2003/CE) il 
cosiddetto “Cartello unico degli ingredienti” è fuori legge poiché in palese contrasto 
con le norme europee di riferimento. Laddove è prescritta un’informazione specifica 
sulla presenza di allergeni in ciascuno dei prodotti, venduti sfusi o preincartati, offerti 
in vendita. 
Cartello unico degli ingredienti per pasticcerie e gelaterie 
La bozza di decreto invece – oltre a introdurre l’ipotesi di cartello unico nei pubblici 
esercizi, come si è visto – prevede “per i prodotti della gelateria, della pasticceria, 
della panetteria e della gastronomia, ivi comprese le preparazioni alimentari e della 
macelleria, nonché per i prodotti tradizionale di cui nel decreto ministeriale del 18 
luglio 2000, l’elenco degli ingredienti può essere riportato per tipologia di prodotti sul 
“cartello unico” di cui al DM 20 dicembre 1994 (…)”. 
Si tratta di una previsione agghiacciante perché di fatto priva i consumatori 
vulnerabili di comprendere – nell’ambito di ciascuna delle tipologie di prodotti – 
quali possono venire consumati senza incorrere nel rischio di una reazione allergica.
Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione 
di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per 
infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici 
Distributori automatici 
La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie: 
denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale 
dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il 
consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno 
poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali: 
- gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la 
qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o 
additivi non graditi), 
- il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui 
volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente 
“made in Italy”. 
Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento 
operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori 
italiani. 
Fonte: ilfattoalimentare.it 
Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila 
euro. 
Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio 
'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e 
pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18). 
Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e 
trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere 
presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di 
idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato 
senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione 
che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato 
nell'etichetta. 
Fonte: www.quifinanza.it
Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione 
di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per 
infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici 
Distributori automatici 
La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie: 
denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale 
dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il 
consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno 
poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali: 
- gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la 
qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o 
additivi non graditi), 
- il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui 
volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente 
“made in Italy”. 
Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento 
operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori 
italiani. 
Fonte: ilfattoalimentare.it 
Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila 
euro. 
Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio 
'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e 
pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18). 
Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e 
trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere 
presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di 
idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato 
senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione 
che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato 
nell'etichetta. 
Fonte: www.quifinanza.it

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  • 1. News 29/SA/2014 Lunedì,15 dicembre 2014 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Principio attivo del Viagra in integratore dalla Cina e muffa in formaggio grattugiato italiano… Ritirati dal mercato europeo 85 prodotti Sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del Viagra) in integratore dalla Cina. Nella settimana n°49 del 2014 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi sono state 85 (16 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: Salmonella spp. ed Escherichia coli in vongole vive italiane (distribuite anche in Spagna); sostanza non autorizzata (analoga al sildenafil, il principio attivo del Viagra) in due lotti di integratore alimentare dalla Cina, attraverso la Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano; eccesso di Escherichia coli in vongole vive (Ruditapes philippinarum) da Italia. Presenza di muffa in formaggio grattugiato italiano Tra i lotti respinti alle frontiere l’Italia segnala: residui di pesticida (carbendazim) in quattro lotti di riso dall’India; aflatossine in arachidi in guscio da Egitto; infestazione di parassiti in due lotti di datteri tunisini; aflatossine in pistacchi provenienti dalla Turchia; colorante E133 (blu brillante FCF) non dichiarato e colorante E102 (giallo tartrazina) non autorizzato in insalata di alghe congelate dalla Cina; aflatossine in
  • 2. fichi secchi provenienti dalla Turchia; residui di pesticida (carbendazim) in dragon fruit (Hylocereus undatus) dalla Thailandia. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Svizzera segnala residui di pesticida (fenamifos) in pomodorini. Fonte: ilfatto alimentare.it Antibiotici negli allevamenti: sono necessarie regole severe per evitare la diffusione di batteri resistenti e patogeni per l’uomo Il Beuc ha lanciato una campagna per l’utilizzo corretto degli antibiotici negli allevamenti Nelle scorse settimane l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc) ha lanciato una campagna per il corretto uso degli antibiotici negli allevamenti. L’iniziativa intende spingere le autorità dell’Unione a stabilire regole più strette sull’impiego di questi farmaci in ambito veterinario, sulla scorta dei dati allarmanti che fotografano la crescente diffusione di batteri resistenti, patogeni anche per l’uomo. Ogni anno in Europa 25.000 persone muoiono a causa di infezioni che non rispondono più agli antibiotici, e fino a qualche anno fa erano guaribili. I test condotti dalle associazioni dei consumatori mostrano che, in diversi paesi, la presenza di superbatteri nella carne è la norma più che l’eccezione. In Italia la situazione è più critica che altrove: Altroconsumo ha trovato che l’84 per cento dei petti di pollo acquistati a Milano e Roma è contaminato da enterobatteri resistenti . Mentre un rapporto dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), pubblicato a ottobre, ci colloca al secondo posto nella classifica dei Paesi che usano più antibiotici negli allevamenti: ci batte solo Cipro. Il Beuc suggerisce di evitare l’uso di antibiotici come profilassi. Meglio usarli sul singolo in caso di necessità Non c’è dunque da stupirsi se le percentuali di microrganismi patogeni per l’uomo e resistenti a questi farmaci siano in media più alte da noi, rispetto alla media europea. Sotto accusa non ci sono solo gli allevamenti, perché le resistenze batteriche si sviluppano anche a causa di un uso improprio dei farmaci nell’uomo. Tuttavia, la questione veterinaria è tutt’altro che secondaria. I rischi sono di due tipi: si può infatti essere infettati dai superbatteri per contatto diretto con la carne, oppure attraverso acqua, frutta e verdura contaminate. Purtroppo i consumatori hanno a disposizione poche armi per difendersi: gli esperti raccomandano di
  • 3. cuocere bene la carne, di lavarsi le mani dopo averla maneggiata, e di scongelarla nel frigo. Le iniziative più utili però devono agire a monte. Il rapporto dell’Ema, per esempio, ha trovato una riduzione del 15 per cento delle vendite di antibiotici per uso veterinario dal 2010 al 2012, e l’ha attribuita a specifiche iniziativa intraprese dai governi nazionali (con un calo del 20 per cento, l’Italia stavolta ha fatto bene). Ma non basta: il Beuc chiede all’Europa di essere più incisiva, e fa raccomandazioni specifiche: 1. eliminare l’uso di antibiotici come profilassi e restringere la metafilassi (la somministrazione del farmaco agli animali sani, in un allevamento esposto a un patogeno). 2. Far sì che il trattamento del singolo diventi la norma, e quello dell’intero allevamento un’eccezione, prendendo anche in considerazione la messa al bando di mangimi contenenti antibiotici. 3. Far sì che migliorino le condizioni generali di salute degli animali, con buone pratiche di prevenzione e gestione, per ridurre la necessità di usare farmaci. 4. Impedire ai veterinari di vendere antibiotici, così da eliminare il conflitto di interessi. 5. Limitare l’impiego di antibiotici che hanno un ruolo importante nella medicina umana. 6. Eseguire test sulle carni per verificare la presenza di batteri resistenti. 7. Monitorare costantemente la situazione. Fonte: ilfatto alimentare.it Sede dello stabilimento, allergeni al ristorante, cartello unico degli ingredienti. Oggi è arrivata una nota del Governo generica che non tutela i consumatori Sede dello stabilimento Si annota con disappunto l’assenza di riferimenti alla sede dello stabilimento di produzione e/o confezionamento. I consumatori non potranno più affidarsi alla presenza obbligatoria dello stabilimento per distinguere e scegliere il prodotto realizzato in Italia, poiché il “made in Italy” verrà liberamente confuso con il “made
  • 4. in UE”, soprattutto sulle referenze a marchio del distributore (le cosiddette private label).La cancellazione dell’obbligo di indicare la sede dello stabilimento costringerà poi le autorità sanitarie, nelle crisi di sicurezza alimentare, a dover attendere gli orari di apertura delle catene distributive per poter risalire all’origine del rischio e mitigarne gli effetti. Allergeni al ristorante e nei pubblici esercizi Il progetto di decreto introduce l’obbligo generalizzato delle collettività – vale a dire di mense, esercizi di catering, ristoranti, bar – di informare gli utenti sulla presenza o “possibile presenza” degli allergeni a decorrere dai 90 giorni successivi alla pubblicazione del decreto. Le possibilità sono tre, indicare l’elenco degli allergeni direttamente sul menù o su un apposito registro custodito dal gestore, oppure attraverso un cartello unico (“su un cartello che avvisi della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze e rimandi al personale cui chiedere le necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale”). Ma l’introduzione di tale obbligo dovrebbe venire raccordata con apposite previsioni sulle buone prassi e l’autocontrollo al preciso scopo di impedire le contaminazioni incrociate. Poiché altrimenti, i pubblici esercenti si “libereranno del problema” limitandosi ad affiggere nei locali un inutile cartello recante l’elenco completo degli ingredienti allergenici stabiliti nel regolamento. Già a partire dall’entrata in vigore della prima “direttiva allergeni” (dir. 89/2003/CE) il cosiddetto “Cartello unico degli ingredienti” è fuori legge poiché in palese contrasto con le norme europee di riferimento. Laddove è prescritta un’informazione specifica sulla presenza di allergeni in ciascuno dei prodotti, venduti sfusi o preincartati, offerti in vendita. Cartello unico degli ingredienti per pasticcerie e gelaterie La bozza di decreto invece – oltre a introdurre l’ipotesi di cartello unico nei pubblici esercizi, come si è visto – prevede “per i prodotti della gelateria, della pasticceria, della panetteria e della gastronomia, ivi comprese le preparazioni alimentari e della macelleria, nonché per i prodotti tradizionale di cui nel decreto ministeriale del 18 luglio 2000, l’elenco degli ingredienti può essere riportato per tipologia di prodotti sul “cartello unico” di cui al DM 20 dicembre 1994 (…)”. Si tratta di una previsione agghiacciante perché di fatto priva i consumatori vulnerabili di comprendere – nell’ambito di ciascuna delle tipologie di prodotti – quali possono venire consumati senza incorrere nel rischio di una reazione allergica.
  • 5. Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici Distributori automatici La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie: denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali: - gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o additivi non graditi), - il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente “made in Italy”. Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori italiani. Fonte: ilfattoalimentare.it Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila euro. Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio 'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18). Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato nell'etichetta. Fonte: www.quifinanza.it
  • 6. Se questa ipotesi sarà confermata, le associazioni dei consumatori avranno ragione di attivarsi presso la Commissione europea e ove del caso alla Corte di Giustizia, per infrazione delle regole comuni e grave danno ai consumatori allergici Distributori automatici La bozza di decreto si limita a prescrivere l’indicazione di un paio di notizie: denominazione di vendita dei prodotti, gli allergeni, “il nome o la ragione sociale dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”. Ma ciò non basta. Il consumatore che acquista cibi e bevande alla “macchinetta” dovrebbe almeno poter conoscere, prima dell’acquisto, due notizie essenziali: - gli ingredienti di ciascuno dei prodotti esposti, notizia necessaria a comprendere la qualità degli alimenti (evitando, ad esempio, quelli che contengano olio di palma, o additivi non graditi), - il nome del produttore e la sede dello stabilimento, almeno nei casi in cui volontariamente apposti, necessari per poter scegliere alimenti autenticamente “made in Italy”. Poiché i tempi non sono mai brevi, possiamo solo sperare in un ravvedimento operoso dei Ministri interessati, per la salvaguardia dei consumatori e dei produttori italiani. Fonte: ilfattoalimentare.it Olio di oliva, obbligatori i tappi antirabbocco nei ristoranti. Sanzioni fino a 8 mila euro. Etichetta trasparente e tappo antirabbocco d'obbligo. Contro le truffe dell'olio 'tarocco', entra in vigore la legge europea 2013 bis approvata dal Parlamento e pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU n. 261, Suppl. Ordinario n. 83, art 18). Il provvedimento prevede che gli oli di oliva vergini sulle tavole di ristoranti e trattorie, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato nell'etichetta. Fonte: www.quifinanza.it