1. News 42/SA/2015
Lunedì,26 Ottobre 2015
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Tossine, istamina e mercurio in diverse specie ittiche importate da Spagna e Francia.
Ritirati dal mercato europeo 53 prodotti
Nella settimana n°42 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 53 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende otto casi:
focolaio di origine alimentare causato dalla presenza di istamina in filetti di tonno
scongelati francesi; presenza di tossine (saxitoxin, responsabili dell’intossicazione da
molluschi paralizzanti, PSP) in ostriche fresche dalla Francia; mercurio in sgombro
congelato dalla Spagna; istamina in filetti di acciughe in scatola in olio d’oliva
(Engraulis encrasicolus) da Spagna; mercurio in filetto di tonno pinne gialle dalla
Spagna; istamina in filetti di tonno pinne gialle (Thunnus albacares) dalla Francia;
arachidi non dichiarate in pacchetti di noci e nocciole provenienti dai Paesi Bassi;
Listeria monocytogenes in funghi enoki dalla Corea del Sud.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: cadmio in calamari congelati (Loligo spp) da India.
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: migrazione
di cromo, manganese e livello di migrazione globale troppo elevato da coltelli da
cucina in acciaio inox cinesi; contenuto di solfiti troppo alto in mandorle dolci di
2. albicocca (Prunus armeniaca L.) dalla Turchia; residui di pesticida (metalaxil) in semi
di pepe nero dal Vietnam.
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal
mercato, l’Estonia segnala residui di insetticida (formetanato) in uve provenienti da
Italia, attraverso la Lituania. (Articolo di Valeria Nardi)
Fonte:ilfattoalimentare.it
Etichette intelligenti: cambiano colore se il prodotto resta fuori dal frigo o se
l’alimento è scaduto. Come funzionano e perché evitano lo spreco.
Capire immediatamente, dalla confezione,
se un prodotto che deve restare lungo tutta la filiera dal confezionamento al
produttore a 4°C, è stato esposto a temperature più elevate, e per quanto tempo, e
se può quindi rappresentare un pericolo per la sicurezza. Questo promette di fare
l’etichetta cromo-termica messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di scienza
dei materiali dell’Università Milano-Bicocca insieme con i colleghi dell’Imperial
College, che hanno raccontato su Advanced Optical Materials come sono giunti
all’etichetta intelligente.
Un esempio di etichetta cromo-termica
In sintesi, l’etichetta è una pellicola di silice porosa sulla quale viene posto un
pigmento appositamente studiato e programmato in modo da essere incolore a
4°C. Il pigmento resta tale se la temperatura (per esempio di uno yogurt, di un
formaggio, di una confezione di latte, di un succo di frutta) resta stabile; se invece la
temperatura sale fino a 9°C per 30 minuti, il pigmento assume una colorazione
azzurrina; se, infine, sale ulteriormente, per esempio a temperatura ambiente, per 3
o più ore, la colorazione diventa blu scura. Tutti i cambiamenti sono irreversibili, e
3. questo permette, a produttori, venditori e consumatori, di avere sempre una traccia
di eventuali incidenti, e di verificare sempre la storia di ogni singola confezione. «Le
etichette che abbiamo sviluppato – spiega Luca Beverina, ordinario di chimica
organica della Bicocca e coordinatore del progetto – sono dispositivi semplici,
economici e affidabili, in grado di registrare tutta la storia termica di un pacchetto in
modo facile e leggibile a occhio nudo. È una soluzione che aiuta produttori e
distributori a evitare che alimenti freschi e deteriorati finiscano nello stesso
frigorifero».
Le etichette intelligenti, seppur poco presenti in Italia, rappresenterebbero uno
strumento efficace per la lotta allo spreco alimentare, come dimostrano soluzioni
sviluppate prevalentemente per l’ambito domestico. Ad esempio il sistema che
consente di conoscere da quanto è stata aperta una confezione.
In questo caso, l’etichetta funziona utilizzando una pellicola di plastica che cambia
colore, attivandosi con la presenza di anidride carbonica (in sostanza quando la
confezione viene aperta). Con il trascorrere del tempo il colore cambia, aiutando il
consumatore a capire entro quando debba essere consumato ed evitando così
che finisca tra i rifiuti. Altre ancora recentemente sviluppate consentirebbero di
individuare manomissioni della data di scadenza: etichette che modificano il
proprio colore sulla base del livello di ammoniaca sviluppato dal cibo con
l’invecchiamento. Superata la data di scadenza il codice a barre dell’articolo
diventa illeggibile e quindi rendendo impossibile la vendita del prodotto.
4. L’imballaggio del futuro oltre a proteggere gli alimenti sembra poter essere in grado
di proteggere la nostra salute. E con gli scandali alimentari di cui sentiamo parlare
quasi quotidianamente non è cosa da poco.(Articolo di Agnese Codignola e Luca
Foltran)
Fonte:ilfattoalimentare.it
Pubblicità e salute, passo falso della Commissione
La Commissione europea, nell’ambito del REFIT- che valuta l’efficacia e l’efficienza
della normativa alimentare come finora espressa a livello europeo, ha invitato le
parti interessate – tra cui Coldiretti –ad una consultazione pubblica sul regolamento
1924/2006, “indicazioni nutrizionali e salutisiche”.
Tale regolamento, che prevede possibilità e restrizioni circa l’uso di messaggi
salutistici in etichetta e pubblicità (come “light”, “ad alto contenuto di fibre”, “ricco
di vitamina C”, etc.) è però un’opera incompiuta. Non si è infatti mai dato seguito a
quanto in origine prevedeva il regolamento nel cercare di limitare un uso eccessivo
ed ingannevole delle “promesse” di salute.
5. I cosiddetti “profili nutrizionali” - una valutazione complessiva della qualità
nutrizionale di un alimento per verificare la sua idoneità a recare messaggi di salute-
sono ancora in alto mare, benchè dovessero essere predisposti già nel 2009. E così
circolano liberamente per tutta Europa alimenti spazzatura o malsani….e pure
pubblicizzati nelle loro proprietà di salute- in quanto pensati dall’industria per
adattarsi al vuoto normativo- che fanno concorrenza sleale ad alimenti invece sani
ma meno pubblicizzati.
Ma vi è un’altra cattiva notizia – la Commissione, nel testo della Consultazione
Pubblica- propende per una interpretazione dei profili nutrizionali alla stregua di
quanto fatto nel regno Unito con le etichette “a semaforo”- una mera segnalazione
del rispetto di determinate sogliedi solo alcuni nutrienti (sale, grassi saturi, zuccheri e
contenuto energetico), e senza considerare.. il più pregnante valore complessivo
dell’alimento, o il suo essere destinato a gruppi particolari della popolazione che da
esso traggono nutrienti vitali. Addirittura, i semafori inglesi, con tanto di rosso, verde o
giallo assegnato agli ingredienti in questione, suggeriscono in modo fuorviante la
salubrità o meno di un alimento. Appiattendo cibi radicalmente diversi come junk
food, patatine e barrette di simil-cioccolato e invece formaggi stagionati, salumi
magri e altri prodotti agricoli.
Una interpretazione infondata giuridicamente, tanto è vero cheall’articolo 4 del reg.
1924 la Commissione specificava la volontà di interpretare il valore nutrizionale
intrinsenco dell’alimento- che certo non può essere riflettuto dalla mera presenza di
due o tre sostanze decontestualizzate.
La mossa della Commissione avviene in un momento delicato, dopo che sia il
Regno Unito che la Francia hanno lanciato un sistema a semaforo, ampiamente
discriminatorio nei confronti delle produzioni agricole, matrici alimentari complesse
che non possono essere ridotte a qualche nutriente- e che sono alla base dei
fabbisogni nutrizionali di intere fasce della popolazione.
La stessa branca europea della OMS, consigliata dagli stessi …. consulenti del
governo britannico, avrebbe suggerito alla Commissione un approccio molto simile
a quello dei semafori inglesi.
...Proprio mentre la procedura di infrazione avviata dall’Italia per squalificare il
semaforo inglese stava dando buoni risultati nel meglio difendere i prodotti
tradizionali italiani e più in genere mediterranei.
Se è certamente positiva la consultazione pubblica, Coldiretti si batterà in punta di
diritto proprio per mantenere lo spirito originario del regolamento 1924.
Regolamento che non può certamente essere interpretato come una legittimazione
di semplici “soglie” di nutrienti e tanto meno semafori- quale criterio per ammetter o
invece escludere le indicazioni salutistiche- come invece vorrebbero alcuni attori
della filiera alimentare.
Fonte:sicurezzaalimentare.it
6. Pesticidi in agricoltura: dipendenza e intossicazione. Il nuovo rapporto di
Greenpeace contro le abitudini dell’agricoltura industriale
I pesticidi sono i protagonisti del rapporto di Greenpeace dal titolo
“Tossicodipendenza da pesticidi. Come l’agricoltura industriale danneggia il nostro
ambiente”. L’associazione mira ad analizzare le sostanze chimiche utilizzate
nell’agricoltura industriale e ne illustra gli effetti dannosi a livello ambientale. La
soluzione? Avere più finanziamenti per sostenere un’agricoltura più ecologica.
Come si legge nel comunicato di Greenpeace, “nel 2015 la task force sui pesticidi
sistemici dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della natura), dopo
aver analizzato oltre 800 relazioni scientifiche, ha segnalato un catastrofico declino
degli insetti in Europa. Gli impatti possono essere devastanti, poiché il 70 per cento
delle 124 principali derrate alimentari coltivate per il consumo umano, come mele e
colza, dipendono dall’impollinazione, che migliora la produzione di semi, frutta e
ortaggi”.
Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di
Greenpeace rincara la dose, affermando che gli agricoltori hanno a disposizione
alternative ai pesticidi, ma è necessario che ciò diventi la norma, con gli opportuni
sostegni. Il rapporto di Greenpeace “Tossicodipendenza da pesticidi. Come
l’agricoltura industriale danneggia il nostro ambiente” esamina la letteratura
scientifica disponibile. I risultati mostrano che i pesticidi sono una grave minaccia per
la biodiversità, sia perché mettono in pericolo le specie, avvelenandole e alla fine
uccidendole, sia perché alterano gli ecosistemi, per esempio provocando il collasso
della catena alimentare. Secondo la stessa Unione europea, un quarto dei 471
principi attivi approvati in Europa supera le soglie critiche per la persistenza nel suolo
o nelle acque, e 79 di questi oltrepassano i valori critici di tossicità per gli organismi
acquatici.
Fonte:ilfattoalimentare.it
7. Pesticidi in agricoltura: dipendenza e intossicazione. Il nuovo rapporto di
Greenpeace contro le abitudini dell’agricoltura industriale
I pesticidi sono i protagonisti del rapporto di Greenpeace dal titolo
“Tossicodipendenza da pesticidi. Come l’agricoltura industriale danneggia il nostro
ambiente”. L’associazione mira ad analizzare le sostanze chimiche utilizzate
nell’agricoltura industriale e ne illustra gli effetti dannosi a livello ambientale. La
soluzione? Avere più finanziamenti per sostenere un’agricoltura più ecologica.
Come si legge nel comunicato di Greenpeace, “nel 2015 la task force sui pesticidi
sistemici dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della natura), dopo
aver analizzato oltre 800 relazioni scientifiche, ha segnalato un catastrofico declino
degli insetti in Europa. Gli impatti possono essere devastanti, poiché il 70 per cento
delle 124 principali derrate alimentari coltivate per il consumo umano, come mele e
colza, dipendono dall’impollinazione, che migliora la produzione di semi, frutta e
ortaggi”.
Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di
Greenpeace rincara la dose, affermando che gli agricoltori hanno a disposizione
alternative ai pesticidi, ma è necessario che ciò diventi la norma, con gli opportuni
sostegni. Il rapporto di Greenpeace “Tossicodipendenza da pesticidi. Come
l’agricoltura industriale danneggia il nostro ambiente” esamina la letteratura
scientifica disponibile. I risultati mostrano che i pesticidi sono una grave minaccia per
la biodiversità, sia perché mettono in pericolo le specie, avvelenandole e alla fine
uccidendole, sia perché alterano gli ecosistemi, per esempio provocando il collasso
della catena alimentare. Secondo la stessa Unione europea, un quarto dei 471
principi attivi approvati in Europa supera le soglie critiche per la persistenza nel suolo
o nelle acque, e 79 di questi oltrepassano i valori critici di tossicità per gli organismi
acquatici.
Fonte:ilfattoalimentare.it