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News 14/SA/2016
Lunedì, 04 aprile 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.14 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 29 ( 3 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L'Italia segnala un solo caso di allerta avente ad oggetto contenuto elevato di
Escherichia coli nei mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna.
Non vi sono stati respingimenti alle frontiere.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: mercurio in orate refrigerate provenienti dalla Spagna
e insetti in fichi secchi provenienti dalla Turchia. Non sono presenti segnalazioni di
esportazioni italiane in altri paesi.
Fonte: rasff.eu
AlimentArea: l’incontro sull’etichettatura e la normativa a Milano il 19-20 aprile
organizzato dall’Istituto Italiano Imballaggi e QSA.
L’Istituto Italiano Imballaggi, la Scuola Italiana di Qualità e Sicurezza
nell’Alimentazione (QSA) organizzano il 19 e 20 aprile a Milano AlimentArea, un
incontro sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Nel corso dei due giorni si parlerà
di diciture sulle confezioni e di pubblicità focalizzando l’attenzione sulla normativa e
la giurisprudenza in ambito nazionale e comunitario.
L’obiettivo è quello di fornire concrete risposte alle numerose questioni pratiche ed
interpretative che ancora residuano. Saranno, altresì, argomento dell’evento le
prossime emanazioni legislative Ue e nazionali. Ampio spazio sarà dedicato alla
vigilanza e ai controlli, alle situazioni legislative di alcuni Paesi europei. Un particolare
focus è dedicato ai novel food e dietetici in virtù della nuova norma europea. Fonte:
ilfattoalimentare.it
Olio, via libera al piano olivicolo nazionale
Con l’approvazione dei piano olivicolo nazionale si apre un percorso di crescita del
vero Made in Italy nel mondo dove i consumi di extravergine sono praticamente
raddoppiati in una sola generazione con un balzo del 73% negli ultimi 25 anni. E’
quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’esprimere
apprezzamento per l’approvazione del Piano olivicolo Nazionale, annunciata dal
Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della mobilitazione
della Coldiretti a Bari, e nel ringraziare, per il suo impegno, l’assessore all'Agricoltura
della Puglia Leonardo Di Gioia, coordinatore della Commissione Politiche agricole
della Conferenza delle Regioni.
Facendo leva sul piano Olivicolo, che tra aiuta ad incrementare la produzione
nazionale, sarà possibile - sottolinea Moncalvo - soddisfare la crescente fame
d’Italia nei mercati internazionali e difendere i consumatori italiani e stranieri dal
rischio degli inganni del falso Made in Italy.
Il piano olivicolo nazionale destina risorse interessanti al settore per incrementare la
produzione nazionale, sostenere attività di ricerca, stimolare il recupero varietale e
la distintività a sostegno della competitività del settore. Nel dettaglio, si punta
all'incremento della produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva,
senza accrescere la pressione sulle risorse naturali, in modo particolare sulla risorsa
idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il
rinnovamento degli impianti e l'introduzione di nuovi sistemi colturali in grado di
conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica.
Altro obiettivo è la promozione dell’attività di ricerca per accrescere e migliorare
l'efficienza dell'olivicoltura italiana, mentre verranno realizzate iniziative di
valorizzazione del Made in Italy e delle classi merceologiche di qualità superiore
certificate dell'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di
interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quelli
internazionali.
Previsti anche il recupero varietale delle cultivar nazionali di olive da mensa in nuovi
impianti olivicoli integralmente meccanizzabili e l'incentivazione e il sostegno
dell'aggregazione e dell'organizzazione economica degli operatori della filiera
olivicola, in conformità alla disciplina delle trattative contrattuali nel settore dell'olio
di oliva prevista dal regolamento (UE) n. 1308 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 17 dicembre 2013.
Un passo importante che va accompagnato dall’attuazione completa delle norme
già varate con la legge salva olio “Mongiello”, la n. 9 del 2013, dai controlli per la
valutazione organolettica ai regimi di importazione per verificare la qualità
merceologica dei prodotti in entrata.
L’Italia ha prodotto nell’ultimo anno 300 milioni di chili ottenuti da un patrimonio di
circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno, con un fatturato di circa 2
miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative.
Numeri che fanno dell’Italia - conclude la Coldiretti - il secondo produttore
mondiale dopo la Spagna, ma anche il primo paese per numero di oli Dop
(Denominazione di origine protetta), ben 43.
Fonte:ilpuntocoldiretti.it
Allergeni in etichetta: la commissione prepara le nuove regola. Basta scritte
generiche come “Può contenere tracce di…”
L’informazione ai consumatori sulla presenza di allergeni nei cibi in vendita o in quelli
serviti in ristoranti e pubblici esercizi, mense, catering rappresenta la principale
novità del Regolamento UE 1169/11 (vedi Ebook L’Etichetta). La tutela dei
consumatori allergici risulta però ancora asimmetrica, a causa delle differenti
interpretazioni del regolamento negli Stati membri. Oltre a ciò esiste il caso anomalo
dell’Italia, dove le prescrizioni e le sanzioni non sono ancora state adeguate al
nuovo regime. A Bruxelles intanto, si prova a fare il punto sulla situazione.
Il legislatore europeo ha delegato la Commissione a definire, con un apposito atto
di esecuzione, i requisiti per le “informazioni relative alla presenza eventuale e non
intenzionale negli alimenti di sostanze o prodotti che provocano allergie o
intolleranza”
Ci si riferisce a quell’ampio novero di notizie che compaiono sulle etichette, dal
“Può contenere (tracce di)…” al “Prodotto in uno stabilimento dove si lavorano (o:
“dove sono presenti”)…“.
Una gran confusione, di fatto, che espone i consumatori vulnerabili – affetti da
allergie alimentari o intolleranze anche croniche, come la celiachia – a pericolose
incertezze (leggi approfondimento) su ciò che può venire consumato in condizioni
di sicurezza. Una confusione alimentata sia dalla varietà delle espressioni –
concettuali e linguistiche – impiegate dagli operatori responsabili dell’informazione ,
sia dai diversi punti di vista delle amministrazioni sanitarie degli Stati membri.
L’incertezza regna sovrana addirittura sui presupposti per l’utilizzo del
cosiddetto Precautionary Allergen Labels, che dovrebbe rappresentare l’esito
negativo di un’appropriata valutazione dei rischi di “cross-contamination”. Vale a
dire, si dovrebbe riferire che l’alimento “Può contenere” uno o più ingredienti
allergenici, specificamente individuati, solo se e quando – nonostante la scrupolosa
applicazione delle buone prassi igieniche da applicarsi alla specifica attività, non si
sia in grado di escludere la presenza accidentale di residui delle sostanze di cui in
Allegato II del reg. UE 1169/11.
La Commissione europea, DG Santè, ha perciò organizzato un apposito Gruppo di
Lavoro riunitosi che il 18 gennaio 2016 ha messo a fuoco i cardini dell’impianto
normativo. Primo, “Può contenere” è l’espressione più corretta per comunicare il
“May contain”, che non rappresenta una liberatoria complessiva da responsabilità
di sorta ma deve effettivamente seguire all’autocontrollo in ciascun impianto di
lavorazione. Secondo, la contaminazione da allergeni non dichiarati in etichetta o
cartello di vendita comporta la qualificazione dell’alimento come “a rischio” (3), e
dunque richiede la tempestiva attivazione delle azioni correttive prescritte dal
“General Food Law”
Bisogna ancora chiarire il ruolo delle Associazioni che rappresentano le categorie di
consumatori vulnerabili come, nel nostro paese, Food Allergy Italia, AIC e
Federasma. Le quali – insieme agli enti di ricerca, come FISMA (Fondazione
Internazionale per le Scienze Mediche Allergologiche) (leggiapprofondimento) –
meritano anzitutto di venire invitate a contribuire ai lavori in corso. E soprattutto,
dovrebbero venire inserite nella lista dei destinatari delle notifiche di allerta, affinché
si possa meglio garantire il raggiungimento dei destinatari di notizie che possano
incidere sulla salute e sopravvivenza dei loro rappresentati. (Articolo di Dario Dongo)
Fonte: ilfattoalimentare.it
“Made in”: obbligo di segnalare l’ingrediente primario di origine diversa. Riprendono
i lavori a Bruxelles.
Il Gruppo di Lavoro che a Bruxelles si occupa del regolamento Food Information to
Consumers (vedi Ebook L’Etichetta) ha finalmente ripreso i lavori su un dossier che
pareva insabbiato da alcuni anni, in tema di dichiarazione d’origine. Vediamo di
che si tratta.
Il regolamento (UE) n. 1169/11 ha introdotto diverse novità sull’indicazione d’origine
degli alimenti. Tra queste, “Quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un
alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:
a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente
primario; oppure
b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato
come diverso da quello dell’alimento.” (art. 26.3).
L’applicazione di tale regola é tuttavia “soggetta all’adozione degli atti di
esecuzione” che il legislatore europeo aveva delegato alla Commissione, entro il 13
dicembre 2013.
Dopo oltre due anni di ritardo, che è fin troppo facile attribuire alle lobby delle
multinazionali contro-interessate alla trasparenza, il 22 febbraio 2016 la Commissione
europea, ha presentato una nuova bozza dell’atto di esecuzione di cui sopra, che
riprende la norma regolamentare con alcune aggiunte:
– le diciture alternative “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza di
…” e “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza diversa” dovranno
venire riportate sull’etichetta in caratteri identici – per formato e dimensione – a
quelli impiegati per la dichiarazione d’origine del prodotto,
– il livello di precisione del riferimento geografico (Regione o Paese o UE) dovrà
essere pari a quello utilizzato per il Made in il prodotto, a meno che la materia prima
provenga da più zone (nel qual caso ci si potrà riferire al livello territoriale
immediatamente superiore più ampio).
Rimane un pericoloso equivoco, di peculiare rilievo nella battaglia contro il
cosiddetto Italian sounding. La Commissione, su evidente sollecito delle lobby di cui
sopra, vorrebbe escludere l’applicazione della norma in esame ai riferimenti
geografici legati a ricette e preparazioni caratteristiche dei vari territori. E così, per
citare un esempio, la dicitura “ragù bolognaise” su una lattina di sugo Made in
Germany con carni ucraine non comporterebbe alcun dovere di chiarimento nei
confronti del consumatore. (Articolo di Dario Dongo)
Fonte: ilfattoalimentare.it
b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato
come diverso da quello dell’alimento.” (art. 26.3).
L’applicazione di tale regola é tuttavia “soggetta all’adozione degli atti di
esecuzione” che il legislatore europeo aveva delegato alla Commissione, entro il 13
dicembre 2013.
Dopo oltre due anni di ritardo, che è fin troppo facile attribuire alle lobby delle
multinazionali contro-interessate alla trasparenza, il 22 febbraio 2016 la Commissione
europea, ha presentato una nuova bozza dell’atto di esecuzione di cui sopra, che
riprende la norma regolamentare con alcune aggiunte:
– le diciture alternative “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza di
…” e “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza diversa” dovranno
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provenga da più zone (nel qual caso ci si potrà riferire al livello territoriale
immediatamente superiore più ampio).
Rimane un pericoloso equivoco, di peculiare rilievo nella battaglia contro il
cosiddetto Italian sounding. La Commissione, su evidente sollecito delle lobby di cui
sopra, vorrebbe escludere l’applicazione della norma in esame ai riferimenti
geografici legati a ricette e preparazioni caratteristiche dei vari territori. E così, per
citare un esempio, la dicitura “ragù bolognaise” su una lattina di sugo Made in
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NEWS A 49 2017
 

News SA 14 2016

  • 1. News 14/SA/2016 Lunedì, 04 aprile 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.14 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 29 ( 3 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L'Italia segnala un solo caso di allerta avente ad oggetto contenuto elevato di Escherichia coli nei mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna. Non vi sono stati respingimenti alle frontiere. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: mercurio in orate refrigerate provenienti dalla Spagna e insetti in fichi secchi provenienti dalla Turchia. Non sono presenti segnalazioni di esportazioni italiane in altri paesi. Fonte: rasff.eu AlimentArea: l’incontro sull’etichettatura e la normativa a Milano il 19-20 aprile organizzato dall’Istituto Italiano Imballaggi e QSA. L’Istituto Italiano Imballaggi, la Scuola Italiana di Qualità e Sicurezza nell’Alimentazione (QSA) organizzano il 19 e 20 aprile a Milano AlimentArea, un incontro sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Nel corso dei due giorni si parlerà di diciture sulle confezioni e di pubblicità focalizzando l’attenzione sulla normativa e la giurisprudenza in ambito nazionale e comunitario. L’obiettivo è quello di fornire concrete risposte alle numerose questioni pratiche ed interpretative che ancora residuano. Saranno, altresì, argomento dell’evento le prossime emanazioni legislative Ue e nazionali. Ampio spazio sarà dedicato alla vigilanza e ai controlli, alle situazioni legislative di alcuni Paesi europei. Un particolare focus è dedicato ai novel food e dietetici in virtù della nuova norma europea. Fonte: ilfattoalimentare.it
  • 2. Olio, via libera al piano olivicolo nazionale Con l’approvazione dei piano olivicolo nazionale si apre un percorso di crescita del vero Made in Italy nel mondo dove i consumi di extravergine sono praticamente raddoppiati in una sola generazione con un balzo del 73% negli ultimi 25 anni. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’esprimere apprezzamento per l’approvazione del Piano olivicolo Nazionale, annunciata dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della mobilitazione della Coldiretti a Bari, e nel ringraziare, per il suo impegno, l’assessore all'Agricoltura della Puglia Leonardo Di Gioia, coordinatore della Commissione Politiche agricole della Conferenza delle Regioni. Facendo leva sul piano Olivicolo, che tra aiuta ad incrementare la produzione nazionale, sarà possibile - sottolinea Moncalvo - soddisfare la crescente fame d’Italia nei mercati internazionali e difendere i consumatori italiani e stranieri dal rischio degli inganni del falso Made in Italy. Il piano olivicolo nazionale destina risorse interessanti al settore per incrementare la produzione nazionale, sostenere attività di ricerca, stimolare il recupero varietale e la distintività a sostegno della competitività del settore. Nel dettaglio, si punta all'incremento della produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva, senza accrescere la pressione sulle risorse naturali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e l'introduzione di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica. Altro obiettivo è la promozione dell’attività di ricerca per accrescere e migliorare l'efficienza dell'olivicoltura italiana, mentre verranno realizzate iniziative di valorizzazione del Made in Italy e delle classi merceologiche di qualità superiore certificate dell'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quelli internazionali. Previsti anche il recupero varietale delle cultivar nazionali di olive da mensa in nuovi impianti olivicoli integralmente meccanizzabili e l'incentivazione e il sostegno dell'aggregazione e dell'organizzazione economica degli operatori della filiera olivicola, in conformità alla disciplina delle trattative contrattuali nel settore dell'olio di oliva prevista dal regolamento (UE) n. 1308 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013. Un passo importante che va accompagnato dall’attuazione completa delle norme già varate con la legge salva olio “Mongiello”, la n. 9 del 2013, dai controlli per la
  • 3. valutazione organolettica ai regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata. L’Italia ha prodotto nell’ultimo anno 300 milioni di chili ottenuti da un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno, con un fatturato di circa 2 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Numeri che fanno dell’Italia - conclude la Coldiretti - il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, ma anche il primo paese per numero di oli Dop (Denominazione di origine protetta), ben 43. Fonte:ilpuntocoldiretti.it Allergeni in etichetta: la commissione prepara le nuove regola. Basta scritte generiche come “Può contenere tracce di…” L’informazione ai consumatori sulla presenza di allergeni nei cibi in vendita o in quelli serviti in ristoranti e pubblici esercizi, mense, catering rappresenta la principale novità del Regolamento UE 1169/11 (vedi Ebook L’Etichetta). La tutela dei consumatori allergici risulta però ancora asimmetrica, a causa delle differenti interpretazioni del regolamento negli Stati membri. Oltre a ciò esiste il caso anomalo dell’Italia, dove le prescrizioni e le sanzioni non sono ancora state adeguate al nuovo regime. A Bruxelles intanto, si prova a fare il punto sulla situazione. Il legislatore europeo ha delegato la Commissione a definire, con un apposito atto di esecuzione, i requisiti per le “informazioni relative alla presenza eventuale e non intenzionale negli alimenti di sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranza” Ci si riferisce a quell’ampio novero di notizie che compaiono sulle etichette, dal “Può contenere (tracce di)…” al “Prodotto in uno stabilimento dove si lavorano (o: “dove sono presenti”)…“. Una gran confusione, di fatto, che espone i consumatori vulnerabili – affetti da allergie alimentari o intolleranze anche croniche, come la celiachia – a pericolose incertezze (leggi approfondimento) su ciò che può venire consumato in condizioni di sicurezza. Una confusione alimentata sia dalla varietà delle espressioni – concettuali e linguistiche – impiegate dagli operatori responsabili dell’informazione , sia dai diversi punti di vista delle amministrazioni sanitarie degli Stati membri. L’incertezza regna sovrana addirittura sui presupposti per l’utilizzo del cosiddetto Precautionary Allergen Labels, che dovrebbe rappresentare l’esito negativo di un’appropriata valutazione dei rischi di “cross-contamination”. Vale a
  • 4. dire, si dovrebbe riferire che l’alimento “Può contenere” uno o più ingredienti allergenici, specificamente individuati, solo se e quando – nonostante la scrupolosa applicazione delle buone prassi igieniche da applicarsi alla specifica attività, non si sia in grado di escludere la presenza accidentale di residui delle sostanze di cui in Allegato II del reg. UE 1169/11. La Commissione europea, DG Santè, ha perciò organizzato un apposito Gruppo di Lavoro riunitosi che il 18 gennaio 2016 ha messo a fuoco i cardini dell’impianto normativo. Primo, “Può contenere” è l’espressione più corretta per comunicare il “May contain”, che non rappresenta una liberatoria complessiva da responsabilità di sorta ma deve effettivamente seguire all’autocontrollo in ciascun impianto di lavorazione. Secondo, la contaminazione da allergeni non dichiarati in etichetta o cartello di vendita comporta la qualificazione dell’alimento come “a rischio” (3), e dunque richiede la tempestiva attivazione delle azioni correttive prescritte dal “General Food Law” Bisogna ancora chiarire il ruolo delle Associazioni che rappresentano le categorie di consumatori vulnerabili come, nel nostro paese, Food Allergy Italia, AIC e Federasma. Le quali – insieme agli enti di ricerca, come FISMA (Fondazione Internazionale per le Scienze Mediche Allergologiche) (leggiapprofondimento) – meritano anzitutto di venire invitate a contribuire ai lavori in corso. E soprattutto, dovrebbero venire inserite nella lista dei destinatari delle notifiche di allerta, affinché si possa meglio garantire il raggiungimento dei destinatari di notizie che possano incidere sulla salute e sopravvivenza dei loro rappresentati. (Articolo di Dario Dongo) Fonte: ilfattoalimentare.it “Made in”: obbligo di segnalare l’ingrediente primario di origine diversa. Riprendono i lavori a Bruxelles. Il Gruppo di Lavoro che a Bruxelles si occupa del regolamento Food Information to Consumers (vedi Ebook L’Etichetta) ha finalmente ripreso i lavori su un dossier che pareva insabbiato da alcuni anni, in tema di dichiarazione d’origine. Vediamo di che si tratta. Il regolamento (UE) n. 1169/11 ha introdotto diverse novità sull’indicazione d’origine degli alimenti. Tra queste, “Quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario: a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure
  • 5. b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.” (art. 26.3). L’applicazione di tale regola é tuttavia “soggetta all’adozione degli atti di esecuzione” che il legislatore europeo aveva delegato alla Commissione, entro il 13 dicembre 2013. Dopo oltre due anni di ritardo, che è fin troppo facile attribuire alle lobby delle multinazionali contro-interessate alla trasparenza, il 22 febbraio 2016 la Commissione europea, ha presentato una nuova bozza dell’atto di esecuzione di cui sopra, che riprende la norma regolamentare con alcune aggiunte: – le diciture alternative “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza di …” e “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza diversa” dovranno venire riportate sull’etichetta in caratteri identici – per formato e dimensione – a quelli impiegati per la dichiarazione d’origine del prodotto, – il livello di precisione del riferimento geografico (Regione o Paese o UE) dovrà essere pari a quello utilizzato per il Made in il prodotto, a meno che la materia prima provenga da più zone (nel qual caso ci si potrà riferire al livello territoriale immediatamente superiore più ampio). Rimane un pericoloso equivoco, di peculiare rilievo nella battaglia contro il cosiddetto Italian sounding. La Commissione, su evidente sollecito delle lobby di cui sopra, vorrebbe escludere l’applicazione della norma in esame ai riferimenti geografici legati a ricette e preparazioni caratteristiche dei vari territori. E così, per citare un esempio, la dicitura “ragù bolognaise” su una lattina di sugo Made in Germany con carni ucraine non comporterebbe alcun dovere di chiarimento nei confronti del consumatore. (Articolo di Dario Dongo) Fonte: ilfattoalimentare.it
  • 6. b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.” (art. 26.3). L’applicazione di tale regola é tuttavia “soggetta all’adozione degli atti di esecuzione” che il legislatore europeo aveva delegato alla Commissione, entro il 13 dicembre 2013. Dopo oltre due anni di ritardo, che è fin troppo facile attribuire alle lobby delle multinazionali contro-interessate alla trasparenza, il 22 febbraio 2016 la Commissione europea, ha presentato una nuova bozza dell’atto di esecuzione di cui sopra, che riprende la norma regolamentare con alcune aggiunte: – le diciture alternative “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza di …” e “[prodotto in…] con materia prima di origine/provenienza diversa” dovranno venire riportate sull’etichetta in caratteri identici – per formato e dimensione – a quelli impiegati per la dichiarazione d’origine del prodotto, – il livello di precisione del riferimento geografico (Regione o Paese o UE) dovrà essere pari a quello utilizzato per il Made in il prodotto, a meno che la materia prima provenga da più zone (nel qual caso ci si potrà riferire al livello territoriale immediatamente superiore più ampio). Rimane un pericoloso equivoco, di peculiare rilievo nella battaglia contro il cosiddetto Italian sounding. La Commissione, su evidente sollecito delle lobby di cui sopra, vorrebbe escludere l’applicazione della norma in esame ai riferimenti geografici legati a ricette e preparazioni caratteristiche dei vari territori. E così, per citare un esempio, la dicitura “ragù bolognaise” su una lattina di sugo Made in Germany con carni ucraine non comporterebbe alcun dovere di chiarimento nei confronti del consumatore. (Articolo di Dario Dongo) Fonte: ilfattoalimentare.it