La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone che presentano un certo grado di decadimento cognitivo e con i loro familiari, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi degli anziani che assistono. Supportare i familiari nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano significa, innanzitutto, riconoscere l’eventuale presenza di un deterioramento cognitivo e distinguerlo da una condizione di normale fisiologia dell’invecchiamento.
Il Questionario Informativo sul Declino Cognitivo negli Anziani (Informant Questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly - IQCODE) è uno strumento di rapida somministrazione che consente di valutare se sia in atto un cambiamento patologico nelle prestazioni cognitive e funzionali degli anziani rispetto ai 10 anni antecedenti l’intervista. Consiste in una serie di domande da sottoporre al familiare che vive a più stretto contatto con l’anziano, utili a raccogliere dati e informazioni necessari a costruire una prima ipotesi sulla natura dell’eventuale processo patologico in atto, a partire dalla quale strutturare una più approfondita valutazione cognitiva e sviluppare un piano d’intervento per anziano e familiare (o caregiver).
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
Queste Slides danno una visione d'insieme delle più recenti teorie della psicologia dell'invecchiamento. Se vuoi scaricare il file originale e completo, invia un messaggio tramite le info di contatto, grazie!
Alzheimer e demenze: l'ambiente come risorsa riabilitativa e protesicaGabriele Carbone
Le sindromi demenziali si caratterizzano per la progressiva compromissione delle funzioni cognitive e la conseguente difficoltà di interazione tra il malato e l’ambiente (fisico e umano) nel quale è inserito.
Il malato sviluppa progressivamente, insieme ad altri disturbi cognitivi, difficoltà ad orientarsi, inizialmente, in ambienti nuovi, per poi perdere la capacità di interpretare e padroneggiare lo spazio anche in ambienti conosciuti.
Pertanto qualunque intervento voglia migliorare le manifestazioni delle sindromi demenziali deve prevedere, insieme alla terapia farmacologica, un
adattamento dell’ambiente fisico e umano
che circonda il malato tale da favorire il più alto livello di stimolazione per mantenere le sue capacità cognitive e funzionali con il maggior livello di sicurezza possibile:
l'ambiente diventa così una importante risorsa terapeutica.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
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Alzheimer e demenze: l'ambiente come risorsa riabilitativa e protesicaGabriele Carbone
Le sindromi demenziali si caratterizzano per la progressiva compromissione delle funzioni cognitive e la conseguente difficoltà di interazione tra il malato e l’ambiente (fisico e umano) nel quale è inserito.
Il malato sviluppa progressivamente, insieme ad altri disturbi cognitivi, difficoltà ad orientarsi, inizialmente, in ambienti nuovi, per poi perdere la capacità di interpretare e padroneggiare lo spazio anche in ambienti conosciuti.
Pertanto qualunque intervento voglia migliorare le manifestazioni delle sindromi demenziali deve prevedere, insieme alla terapia farmacologica, un
adattamento dell’ambiente fisico e umano
che circonda il malato tale da favorire il più alto livello di stimolazione per mantenere le sue capacità cognitive e funzionali con il maggior livello di sicurezza possibile:
l'ambiente diventa così una importante risorsa terapeutica.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
Webinar | Gentlecare a domicilio per la gestione del malato di Alzheimer: str...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
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La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
De-mente? No! Sente- Mente
Slide proiettate da Letizia Espanoli al Sente-Mente Day che si è tenuto il 4 settembre a Bologna
www.letiziaespanoli.com
www.sente-mente.com
Comorbidità nel paziente con Alzheimer – Giuseppe Zappalàrobertobottino1
A cura di Giuseppe Zappalà.
Nel paziente affetto da patologie neurologiche le situazioni di comorbilità rappresentano un aspetto critico rilevante che comporta una serie di problemi aggiuntivi a una gestione già di per sé complessa e che deve essere affrontata in modo appropriato.
La presenza contemporanea di più patologie, oltre ad aumentare la compromissione dello stato di salute complessivo, contribuisce a peggiorare il grado di disabilità e ad aumen- tare il rischio di trattamenti inadeguati e di eventi avversi da farmaci, spesso dovuti alla limitata conoscenza delle interazioni fra molteplici e simultanei trattamenti.
Inoltre, i pazienti possono incorrere in errori nell’uso dei farmaci o decidere in modo au- tonomo di ridurre la quantità e/o la posologia delle terapie associate. Ulteriori problemi sono rappresentati dal numero considerevole di controlli periodici che possono indurre i pazienti a rinunciare a esami clinici, a indagini di laboratorio o strumentali, con ulteriore aumento del rischio generale.
Lo specialista ed il medico di medicina generale sono le figue professionali che più di altre si confrontano con queste situazioni che richiedono un metodo di gestione che superi la settorialità con una visione d’insieme dei problemi con impegni nel counselling ai pazienti e ai familiari.
Imaging delle Malattie Neurodegenerative: le DemenzeASMaD
Presentazione a cura del Professor Luigi Mansi - XII° Congresso Nazionale FIMeG 2018 - The Silver Tsunami: l'anziano fra appropriatezza e farmaeconomia
Medicina a distanza nelle sindromi neuro degenerative aspetti clinici e quali...Gabriele Carbone
La medicina a distanza nelle gestione (presa in carico) dei pazienti con patologie neurodegenerative ha applicazioni per essere una risorsa promettente, appropriata e preziosa per gestire “a distanza” molti dei bisogni (del paziente, del carer e delle “badanti”) se tiene conto delle specifiche esigenze e risorse del paziente, lo supporta nell’ambiente che lo circonda, e non si sostituisce ma si affianca all’intervento umano;
di supporto e integrazione nei vari ambiti in cui il malato si trova a vivere o ad essere curato (proprio domicilio, Centri Diurni, strutture di ricovero riabilitative, ospedale o RSA).
Tuttavia non ha ancora trovato indicazioni definitive, rigorosamente fondate su studi clinici randomizzati controllati.
Le evidenze di letteratura, sebbene ancora metodologicamente poco robuste, ci sono, sono incoraggianti e aprono il campo a un vasto territorio di ricerca, di cui c’è un grande bisogno.
Medicina a distanza_nelle_sindromi_neuro_degenerativeGabriele Carbone
La medicina a distanza nelle gestione (presa in carico) dei pazienti con patologie neurodegenerative ha applicazioni per essere una risorsa:
1) promettente, appropriata e preziosa per gestire “a distanza” molti dei bisogni (del paziente, del carer e delle “badanti”)
se tiene conto delle specifiche esigenze e risorse del paziente, lo supporta nell’ambiente che lo circonda, e non si sostituisce ma si affianca all’intervento umano;
2) di supporto e integrazione nei vari ambiti in cui il malato si trova a vivere o ad essere curato (proprio domicilio, Centri Diurni, strutture di ricovero riabilitative, ospedale o RSA).
Tuttavia non ha ancora trovato indicazioni definitive, rigorosamente fondate su studi clinici randomizzati controllati.
Le evidenze di letteratura, sebbene ancora metodologicamente poco robuste, ci sono, sono incoraggianti e aprono il campo a un vasto territorio di ricerca, di cui c’è un grande bisogno.
Lo psicologo che opera in ambiti come quello dell’infanzia e dell’adolescenza si trova spesso di fronte a genitori che vivono difficoltà nell’area del sonno dei propri figli. Il sonno dei bambini è considerato un tema “caldo”, già nel periodo prenatale. La persona che si prepara a diventare genitore inizia a chiedersi come sarà il sonno del proprio figlio e a sperare “che dorma”. Successivamente, specie durante i primi tre anni di vita, accade frequentemente di incontrare genitori che lamentano difficoltà nella gestione del sonno dei propri figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie problematiche che interferiscono con il benessere dell’intera famiglia.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del sonno in età evolutiva con un taglio teorico-pratico, utile per tutti gli psicologi che, lavorando con i genitori, hanno voglia di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area. In tal senso verrà proposto anche un caso pratico di valutazione e intervento.
Lo psicologo che opera in ambiti come quello dell’infanzia e dell’adolescenza si trova spesso di fronte a genitori che vivono difficoltà nell’area del sonno dei propri figli. Il sonno dei bambini è considerato un tema “caldo”, già nel periodo prenatale. La persona che si prepara a diventare genitore inizia a chiedersi come sarà il sonno del proprio figlio e a sperare “che dorma”. Successivamente, specie durante i primi tre anni di vita, accade frequentemente di incontrare genitori che lamentano difficoltà nella gestione del sonno dei propri figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie problematiche che interferiscono con il benessere dell’intera famiglia.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del sonno in età evolutiva con un taglio teorico-pratico, utile per tutti gli psicologi che, lavorando con i genitori, hanno voglia di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area. In tal senso verrà proposto anche un caso pratico di valutazione e intervento.
La Dott.ssa Napoli fornirà alcune indicazioni sulla funzione dei Fiori di Bach nel percorso terapeutico e su come possono permettere di velocizzare il benessere percepito dalla persona in breve tempo e contribuire all’ elaborazione terapeutica.
La Dott.ssa Napoli fornirà alcune indicazioni sulla funzione dei Fiori di Bach nel percorso terapeutico e su come possono permettere di velocizzare il benessere percepito dalla persona in breve tempo e contribuire all’ elaborazione terapeutica.
Preparazione al concorso per Dirigente Psicologo nelle ASL: bandi, prove e ar...Obiettivo Psicologia Srl
I Concorsi Pubblici per Dirigente Psicologo nel SSN rappresentano un possibilità lavorativa importante per gli psicologi-psicoterapeuti tuttavia, richiedono un’attenzione sistematica all’uscita dei bandi di concorso ed una preparazione molto vasta ed impegnativa che comprende la maggior parte degli ambiti applicativi e teorici della psicologia.
Per partecipare ad un concorso è importante avere un’idea di come prepararsi, dei tempi necessari ad uno studio attento ed articolato e di cosa studiare poiché, la normativa vigente non prevede che debba essere comunicato un programma di riferimento.
Le problematiche legate al peso corporeo sono una forma di malessere molto diffuso nella società attuale, a causa del grande valore attribuito al corpo e alla “perfezione fisica”.
Lo Psicologo, attraverso un percorso di Counseling Psicologico applicato a situazioni specifiche che non implicano la presenza di disturbi mentali, è in grado di sostenere l’individuo nel comprendere la base del suo malessere e ristabilire un adeguato rapporto con il corpo e con il cibo.
Per lavorare al meglio risulta fondamentale svolgere un adeguato assessment iniziale. Cogliere da subito i bisogni della persona che abbiamo di fronte e strutturare il percorso migliore sono sicuramente la modalità più efficace per aiutare il nostro cliente e proporgli la strada più adatta a lui.
L’analisi funzionale e il modello di Glasser: due strumenti per la gestione d...Obiettivo Psicologia Srl
Lo Psicologo che opera in ambito educativo si trova spesso di fronte alle richieste di genitori, insegnanti, dirigenti, formatori ed educatori che necessitano di un aiuto nella gestione di comportamenti ostili e aggressivi di bambini e ragazzi. Tali comportamenti costituiscono una fonte di fatica e di frustrazione per chi si trova a doverli gestire. Ridurre questi comportamenti e aiutare il bambino/ragazzo ad acquisire un atteggiamento più adeguato al contesto è possibile, ma occorrono interventi mirati alle loro cause reali.
L’Analisi Funzionale rappresenta un’operazione che consente di valutare in che cosa consiste, come è nato e come si mantiene un determinato comportamento. È caratterizzata da un insieme di procedure e strumenti per raccogliere dati e informazioni necessarie a costruire una prima ipotesi sulla natura del comportamento presentato, a partire dalla quale strutturare e sviluppare un piano d’intervento.
Le forme che un comportamento aggressivo può assumere sono varie e diverse. Al di là delle manifestazioni silenti e nascoste, o scoperte e palesi, che il malessere può assumere, educatori, genitori e psicologi si trovano di fronte a bambini/ragazzi che non si adattano alla routine del contesto, manifestando un comportamento aggressivo, ostile, sgarbato, scontroso o poco comunicativo; richiedono all’educatore molto più tempo, energia e pazienza della maggior parte dei loro coetanei; sembrano resistenti e irriconoscenti per qualunque aiuto si offra loro. L’analisi funzionale costituisce un valido strumento di assessment del comportamento aggressivo.
Ma cosa fare una volta definito e valutato il comportamento? Esistono numerose strategie indirizzate alla modificazione del comportamento problematico e diverse tecniche che si propongono di risocializzare le credenze e gli atteggiamenti dei ragazzi.
Analisi funzionale e modello di Glasser: due strumenti per gestire i comporta...Obiettivo Psicologia Srl
Lo Psicologo che opera in ambito educativo si trova spesso di fronte alle richieste di genitori, insegnanti, dirigenti, formatori ed educatori che necessitano di un aiuto nella gestione di comportamenti ostili e aggressivi di bambini e ragazzi. Tali comportamenti costituiscono una fonte di fatica e di frustrazione per chi si trova a doverli gestire. Ridurre questi comportamenti e aiutare il bambino/ragazzo ad acquisire un atteggiamento più adeguato al contesto è possibile, ma occorrono interventi mirati alle loro cause reali.
L’Analisi Funzionale rappresenta un’operazione che consente di valutare in che cosa consiste, come è nato e come si mantiene un determinato comportamento. È caratterizzata da un insieme di procedure e strumenti per raccogliere dati e informazioni necessarie a costruire una prima ipotesi sulla natura del comportamento presentato, a partire dalla quale strutturare e sviluppare un piano d’intervento.
Le forme che un comportamento aggressivo può assumere sono varie e diverse. Al di là delle manifestazioni silenti e nascoste, o scoperte e palesi, che il malessere può assumere, educatori, genitori e psicologi si trovano di fronte a bambini/ragazzi che non si adattano alla routine del contesto, manifestando un comportamento aggressivo, ostile, sgarbato, scontroso o poco comunicativo; richiedono all’ educatore molto più tempo, energia e pazienza della maggior parte dei loro coetanei; sembrano resistenti e irriconoscenti per qualunque aiuto si offra loro. L’analisi funzionale costituisce un valido strumento di assessment del comportamento aggressivo.
Ma cosa fare una volta definito e valutato il comportamento? Esistono numerose strategie indirizzate alla modificazione del comportamento problematico e diverse tecniche che si propongono di risocializzare le credenze e gli atteggiamenti dei ragazzi.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
La dott.ssa Pirola presenterà le principali caratteristiche del comportamento alimentare di bambini e adolescenti, delle condotte alimentari “corrette” e disfunzionali dalla primissima infanzia, passando attraverso lo svezzamento, l’età scolare sino all’ adolescenza
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Il colloquio psicologico in ambito sessuologico: un metodo d’indagine - Parte 2Obiettivo Psicologia Srl
Oltre 16 milioni di italiani soffrono di problematiche sessuologiche: disfunzione erettile, eiaculazione precoce e calo del desiderio per gli uomini, anorgasmia, vaginismo e calo del desiderio per le donne. In linea con tutto ciò le richieste di consulenze su tematiche sessuologhe sono cresciute, negli ultimi 5 anni, del 15%.
Ma la sessuologia, in Italia, è ancora lontana dall’avere un’identità ben definita: limitrofa alla medicina, ma certamente anche alla psicologia, troppo spesso “banalizzata” anche dai mezzi di comunicazione, fatica a conquistare uno spazio specifico nella formazione accademica. Ricaduta di ciò è che molti psicologi e psicoterapeuti che lavorano per definizione per migliorare la salute dei propri pazienti, non sono adeguatamente formati ad intercettare problematiche di natura sessuale e di conseguenza porre in essere interventi di consulenza e/o terapia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità guarda alla salute sessuale come ad una importantissima componente della salute psichica e fisica e auspica interventi di sostegno mirati a promuovere comportamenti responsabili e soddisfacenti che possano incidere positivamente sulla qualità di vita.
Obiettivo generale del webinar è informare gli psicologi e gli psicoterapeuti che non hanno una formazione specifica in ambito sessuologico, rispetto agli strumenti utili per poter indagare la sessualità dei propri pazienti all’interno di un abituale protocollo anamnestico, indipendentemente dalle tematiche portate dal paziente in terapia. Inserire anche l’approfondimento su tematiche sessuologiche vuol dire prestare attenzione a tutti gli elementi utili per promuovere la salute del proprio paziente.
In quest’ottica gli psicologi e gli psicoterapeuti saranno stimolati ad acquisire elementi utili per poter condurre una “consulenza sessuologia di primo livello” utile per pianificare eventuali interventi specifici.
Il colloquio psicologico in ambito sessuologico: un metodo d’indagine. Parte 1Obiettivo Psicologia Srl
Oltre 16 milioni di italiani soffrono di problematiche sessuologiche: disfunzione erettile, eiaculazione precoce e calo del desiderio per gli uomini, anorgasmia, vaginismo e calo del desiderio per le donne. In linea con tutto ciò le richieste di consulenze su tematiche sessuologhe sono cresciute, negli ultimi 5 anni, del 15%.
Ma la sessuologia, in Italia, è ancora lontana dall’avere un’identità ben definita: limitrofa alla medicina, ma certamente anche alla psicologia, troppo spesso “banalizzata” anche dai mezzi di comunicazione, fatica a conquistare uno spazio specifico nella formazione accademica. Ricaduta di ciò è che molti psicologi e psicoterapeuti che lavorano per definizione per migliorare la salute dei propri pazienti, non sono adeguatamente formati ad intercettare problematiche di natura sessuale e di conseguenza porre in essere interventi di consulenza e/o terapia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità guarda alla salute sessuale come ad una importantissima componente della salute psichica e fisica e auspica interventi di sostegno mirati a promuovere comportamenti responsabili e soddisfacenti che possano incidere positivamente sulla qualità di vita.
Obiettivo generale del webinar è informare gli psicologi e gli psicoterapeuti che non hanno una formazione specifica in ambito sessuologico, rispetto agli strumenti utili per poter indagare la sessualità dei propri pazienti all’interno di un abituale protocollo anamnestico, indipendentemente dalle tematiche portate dal paziente in terapia. Inserire anche l’approfondimento su tematiche sessuologiche vuol dire prestare attenzione a tutti gli elementi utili per promuovere la salute del proprio paziente.
In quest’ottica gli psicologi e gli psicoterapeuti saranno stimolati ad acquisire elementi utili per poter condurre una “consulenza sessuologia di primo livello” utile per pianificare eventuali interventi specifici.
La Psicologia dell’Alimentazione: aree di intervento e competenze professiona...Obiettivo Psicologia Srl
L'impostazione scientifica e didattica del webinar proposto vuole, pertanto, avere un triplice scopo:
- Fornire una buona conoscenza della psicologia scientifica attuale nel settore dell’ alimentazione;
- Presentare le principali aree di intervento degli psicologi nel campo dell’alimentazione;
- Fornire una conoscenza delle caratteristiche principali dell’interazione fra figure professionali diverse, approfondendo sia le potenzialità, sia i possibili fattori di rischio, favorendo la possibilità dei partecipanti di costruire delle proficue reti professionali interdisciplinari.
La Psicologia dell’Alimentazione: aree di intervento e competenze professionaliObiettivo Psicologia Srl
In Italia, esattamente come accade per la sessuologia, non esistono scuole di formazione riconosciute.
Nonostante ciò la domanda da parte della popolazione è presente e la figura dello psicologo/psicoterapeuta è, da sempre, prevista nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione.
Inoltre, il professionista psicologo è richiesto nel protocollo di intervento per la chirurgia dell’obesità sia negli aspetti valutativi (idoneità all’intervento) sia come funzione di supporto per la dieta e per le problematiche connesse ai rapidi cambiamenti corporei conseguenti alla perdita di peso.
A quanto detto dobbiamo aggiungere gli altri settori di intervento della psicologia in campo alimentare:
- Tutti i casi in cui le persone devono aderire ad una dieta specifica a lungo termine e modificare “stabilmente” il comportamento alimentare (diabetici, celiaci, obesi non adatti alla chirurgia bariatrica);
- Tutte quelle richieste di consulenza per l’alimentazione del bambino (fobie del cibo, mangiare troppo, mangiare troppo poco, non riuscire a mangiare frutta e verdura);
- Tutte quelle situazioni nelle quali l’alimentazione è condizionata da esperienze emotive (emotional eating);
- Tutti i contesti di campagne di prevenzione ed educazione alimentare nelle quali, la psicologia, deve dare il suo contributo;
- Tutte quelle situazioni di “ossessione” nei confronti del cibo (es. ortoressia).
Nella trattazione di questi ambiti, particolare attenzione sarà data:
All’alimentazione: interazioni possibili con dietologo, nutrizionista, chirurgo bariatrico, gastroenterologo, diabetologo, medico di medicina generale, al pediatra, all’operatore sportivo;
Ai disturbi della percezione corporea: interazioni possibili con psichiatra, chirurgo plastico, chirurgo estetico.
Il comportamento alimentare dei bambini: un metodo di intervento. 2^ parteObiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, o comunque a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto dei loro figli con il cibo.
Di obesità infantile si è parlato anche nell’ultima Riunione informale dei ministri della salute dell’Unione europea a La Valletta (Malta), il 19 e 20 marzo 2017.
Durante questo incontro i Ministri della Salute hanno sottolineato come l’obesità sia un problema di portata epidemica sempre più diffuso in Europa, ribadendo la necessità di una maggiore collaborazione tra Stati che includa il coinvolgimento di tutti i settori della società.
Non possiamo in quanto psicologi, categoria che lavora sul comportamento umano, esimerci dall’affrontare e trattare questa tematica di basilare importanza per il futuro di tutti. Ecco perché è necessario formarsi ed informarsi su una questione così pregnante.
Ovviamente la cura dell’alimentazione dei bambini è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò fondamentale che noi psicologi lavoriamo con i genitori e con le istituzioni per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade frequentemente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante, ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti sani). C'è poi sicuramente tutta la questione della fame emotiva dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del rapporto con il cibo in età evolutiva.
Grazie ad un taglio prettamente teorico-pratico, tutti gli psicologi che lavorano con i genitori, avranno la possibilità di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area così delicata.
Il comportamento alimentare dei bambini: un metodo di intervento. 1^ parteObiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, o comunque a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto dei loro figli con il cibo.
Di obesità infantile si è parlato anche nell’ultima Riunione informale dei ministri della salute dell’Unione europea a La Valletta (Malta), il 19 e 20 marzo 2017.
Durante questo incontro i Ministri della Salute hanno sottolineato come l’obesità sia un problema di portata epidemica sempre più diffuso in Europa, ribadendo la necessità di una maggiore collaborazione tra Stati che includa il coinvolgimento di tutti i settori della società.
Non possiamo in quanto psicologi, categoria che lavora sul comportamento umano, esimerci dall’affrontare e trattare questa tematica di basilare importanza per il futuro di tutti. Ecco perché è necessario formarsi ed informarsi su una questione così pregnante.
Ovviamente la cura dell’alimentazione dei bambini è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò fondamentale che noi psicologi lavoriamo con i genitori e con le istituzioni per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade frequentemente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante, ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti sani). C'è poi sicuramente tutta la questione della fame emotiva dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiutoObiettivo Psicologia Srl
Dislessia, Disgrafia, Disortografia e Discalculia ovvero: Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Sono termini ormai molto usati, forse anche abusati. Ma cosa sono davvero? Come capire se un bambino potrebbe effettivamente avere una di queste difficoltà? E cosa fare?
Genitori, Psicologi, Insegnanti ed altri professionisti si trovano spesso a dover affrontare queste problematiche con un crescente bisogno di formazione e informazione. Ci si chiede quale sia l'età per la diagnosi, quali i campanelli d'allarme e le eventuali azioni preventive, quali le indicazioni per la corretta stesura di un piano didattico personalizzato che tenga conto di tutte le difficoltà presenti.
In questo webinar affronteremo le principali caratteristiche di questi disturbi, cercando di capirne gli elementi distintivi, i campanelli d'allarme e le strategie di aiuto possibili in particolare nello svolgimento dei compiti e delle attività di studio
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiutoObiettivo Psicologia Srl
Dislessia, Disgrafia, Disortografia e Discalculia ovvero: Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Sono termini ormai molto usati, forse anche abusati. Ma cosa sono davvero? Come capire se un bambino potrebbe effettivamente avere una di queste difficoltà? E cosa fare?
Genitori, Psicologi, Insegnanti ed altri professionisti si trovano spesso a dover affrontare queste problematiche con un crescente bisogno di formazione e informazione. Ci si chiede quale sia l'età per la diagnosi, quali i campanelli d'allarme e le eventuali azioni preventive, quali le indicazioni per la corretta stesura di un piano didattico personalizzato che tenga conto di tutte le difficoltà presenti.
In questo webinar affronteremo le principali caratteristiche di questi disturbi, cercando di capirne gli elementi distintivi, i campanelli d'allarme e le strategie di aiuto possibili in particolare nello svolgimento dei compiti e delle attività di studio
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiuto
Webinar | Invecchiamento e deterioramento cognitivo: uno strumento di previsione e programmazione di intervento (IQCODE)
1. INVECCHIAMENTO E
DETERIORAMENTO
COGNITIVO
Uno strumento di previsione e di
programmazione di intervento (IQCODE)
Dott.ssa Annapaola PRESTIA
Psicologa – Neuropsicologa – Psicologa Forense –
Coordinatrice del centro diurno per Alzheimer “F.Candussi” Romans
d’Isonzo (GO)
STUDIO: Via San Maurizio,2
34129 Trieste
Tel: 331/4933554
E-mail: annapaolaprestia@annapaolaprestia.it
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2. INTRODUZIONE
E’ diffusa l’opinione che
l’invecchiamento si accompagni
inesorabilmente alla perdita di
numerose funzioni, sia fisiche che
mentali
SENECTUS IPSA
MORBUS
Secondo Shakespeare sono numerosi i
tributi che si devono pagare alla vecchiaia:
“senza memoria, senza denti, senza occhi,
senza tutto”.
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3. INTRODUZIONE
Recentemente, è stato dimostrato che,
accanto a fenomeni di perdita, di cellule e di
collegamenti, nel cervello senescente sono
conservate capacità riparative e rigenerative;
questa proprietà, nota col termine di
“plasticità neuronale”, potremmo immaginarla
come quella di un orologiaio che intervenga a
riparare alcuni danni.
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4. UNA PANORAMICA
L’anziano sano presenta delle modificazioni
delle funzioni cognitive che si differenziano da
quelle di carattere PROGRESSIVO che
intervengono nelle demenze. La diffusione
delle demenze, che in Italia colpisce circa il
5% degli uomini e il 7% delle donne con più di
65 anni, riducendo sensibilmente le
aspettative di vita, è legata al mutato scenario
demografico.
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5. INVECCHIAMENTO
Perche’ si invecchia?
Invecchiamento
cerebrale con
modifiche anatomo-
strutturali nel cervello e
anatomo-funzionali nel
metabolismo
energetico, modifiche
nella barriera emato-
encefalica, modifiche ai
neurotrasmettitori
Fattori ambientali che
compromettono la
funzionalità
dell’organismo
???
Studi su gemelli omozigoti ultraottantenni non
danno risposte univoche sul peso di questi due
fattori
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6. L’ANZIANO CON DECLINO
COGNITIVO
Quali rapporti tra invecchiamento e demenza?
La demenza va intesa come una fase terminale di un
processo inesorabile di esaurimento funzionale del
cervello (Drachman, 1994) o si tratta piuttosto di
una patologia a tutti gli effetti, distinta
dall’invecchiamento, sebbene quest’ultimo ne
rappresenti un fattore di rischio (Khachaturinan,
2000)?
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7. L’ANZIANO CON DECLINO COGNITIVO
Chi è?
VALUTAZIONE
MULTIDIMENSIONALE PAZIENTE
CON DEMENZA
STRATEGIE D’INTERVENTO
SMALL GAINS
Saute mentale
(cognitività, affettività,
comportamento)
1) Farmacoterapia;
2) Riabilitazione cognitiva;
Salute fisica
(malattie)
Ottimizzazione della terapia;
Stato funzionale
(grado di disabilità)
1) Riabilitazione;
2) Protesizzazione;
Stato socio-ambientale
(struttura familiare, barriere
architettonche, condizioni
economiche)
1) Assistenza;
2) Interventi sull’ambiente;
3) Informazione caregiver
OBIETTIVO: qualità della vita di paziente e caregiver
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8. LE DEMENZE
DEMENZA=malattia del cervello che comporta la compromissione
delle facoltà mentali (memoria, ragionamento, linguaggio) tale da
pregiudicare la possibilità di una vita autonoma.
N.B: LA DEMENZA NON
COSTITUISCE UNA
CONSEGUENZA
INESORABILE, UN
DESTINO INELUTTABILE
DI CHI INVECCHIA!
La demenza è una
sindrome, cioè un insieme
di sintomi; circa il 10%
degli ultra 65enni e il 20%
degli ultra 80enni che
risiedono al domicilio
manifestano un grado
variabile di
deterioramento delle
funzioni cognitive.
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9. DEPRESSIONE E DEMENZA
Soggetti con diagnosi di depressione sviluppano nel 72% dei casi la
demenza! (Jost et al., 1996) e questi risultati sono stati confermati
da studi longitudinali e trasversali.
Ma…CHI VIENE PRIMA? Non si sa, anche se gli squilibri
neurotrasmettitoriali a carico del sistema serotoninergico e
noradrenergico nei pazienti depressi e in quelli dementi coesistono
(Zubenko et al., 1988).
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10. CLASSIFICAZIONE DELLE
DEMENZECLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA:
1. Demenze primarie su base degenerativa
2. Demenze secondarie legate a patologie di varia natura e a patologie neurologiche (es. Parkinson)
che secondariamente portano allo sviluppo di un quadro dementigeno
DEMENZE PRIMARIE CORTICALI
-AD
-FTD
-Pick
SOTTOCORTICALI
-LBD
-Idrocefalo
-Corea di Huntington
-PSN
-Degenerazione cortico basale
DEMENZE SECONDARIE VASCOLARI STATI CARENZIALI
SOSTANZE TOSSICHE
DISTURBI ENDOCRINO-METABOLICI
-tiroide
-insufficienza renale
Disidratazione
PROCESSI ESPANSIVI INTRACRANICI
-neoplasie
-ematomi o ascessi cerebrali
MALATTIE INFETTIVE E
INFIAMMATORIE DEL SNC
-meningiti e encefaliti
-sclerosi multipla
Creutzfeld-Jacob
-AIDS
MISCELLANEA
-traumi cranici
Malattie cardiovascolari e respiratorie
11. CLASSIFICAZIONE DELLE
DEMENZECLASSIFICAZIONE NEUROPATOLOGICA:
1. Demenze CORTICALI caratterizzate da disturbi di
apprendimento, deficit corticali, afasia, disinibizione o
indifferenza, motilità normale fino negli stadi avanzati
2. Demenze SOTTOCORTICALI (Parkinson) caratterizzate da
disturbi del richiamo del materiale menstico,
apprendimento relativamente conservato, disartria,
ipofonia, bradifrenia, apatia, sintomi extrapiramidali
(rigidità, tremore, paralisi dello sguardo).
CLASSIFICAZIONE PROGNOSTICA:
1. Demenze IRREVERSIBILI ad esempio VAD o PSP
2. Demenze REVERSIBILI perché trattabili con interventi
chirurgici o farmacologici
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12. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
ESORDIO: Clinicamente è caratterizzata da un deterioramento
ingravescente delle capacità cognitive e dalla comparsa di
disturbi comportamentali e dell’affettività che portano il
malato ad una perdita dell’autonomia funzionale e
all’impossibilità di mantenere rapporti con altre persone e
con l’ambiente.
DECORSO: La durata media della malattia è pari a 7-10 anni
(dall’insorgenza dei primi sintomi al decesso)
SINTOMI: L’AD è caratterizzata da disturbi cognitivi,
comportamentali e perdita progressiva dell’autonomia
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13. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
EZIOLOGIA:
L’ipotesi eziopatogenetica più accreditata, la CASCATA
DELL’AMILOIDE, indica la deposizione extracellulare
dell’amiloide non fibrillare come causa dell’AD, sottoforma
di placche diffuse o immature che, maturando, assumono
la forma di un’area di neuroni distrofici ricchi di grovigli
neurofibrillari. Questo processo è mediato dall’incremento
della produzione di radicali liberi, dalla presenza di
alluminio, di ferro…Si va quindi affermando l’idea che
l’accumulo di beta amiloide sia un fattore necessario ma
non sufficiente nel determinare la comparsa dei sintomi
dell’Alzheimer.
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14. PERCHE’ CI SI AMMALA DI ALZHEIMER?
L’amiloide come neurotossinaL’amiloide come neurotossina
Aβ
Aβ
Aβ
AβAβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
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15. IL DANNO CEREBRALE NELLA MALATTIA DI
ALZHEIMER
Cervello normale:
non atrofico
Cervello Alzheimer:
atrofico
Gomitoli neurofibrillariPlacche di beta amiloide
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16. DIAGNOSI PRECOCE
Marcatori di malattia
Alzheimer Risonanza
Magnetica
a alta definizione
Alzheimer
Normal
CSFtotaltau
CSF Abeta42
Puntura
Lombare
PET: Tomografia
a Emissione di
Positroni con Glucosio
17. IPOTESI:
La malattia di Alzheimer rappresenta la conseguenza dell’eccessivo
accumulo di frammenti insolubili della proteina beta-amiloide,
principale costituente delle placche senili; il problema starebbe nella
sua eccessiva produzione oppure nel suo difettoso smaltimento. Tutte
le mutazioni genetiche associate alla comparsa di malattia di
Alzheimer (3-5% dei casi) comportano un eccessivo accumulo di beta-
amiloide.
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE:
Risiedono fondamentalmente nella possibilità di impedire l’eccessivo
accumulo di proteina beta-amiloide, oppure favorendone lo
smaltimento; gli sforzi proseguono in questa direzione.
PROSPETTIVE PREVENTIVE:
I fattori di rischio noti per l’arteriosclerosi quali l’ipertensione arteriosa, il
diabete, l’ipercolesterolemia, il fumo e le aritmie cardiache, sono stati
dimostrati rilevanti anche per l’Alzheimer. Interventi preventivi su
questi fattori di rischio potrebbero influenzare positivamente anche la
diffusione della malattia di Alzheimer.
ALZHEIMER E FATTORI DI RISCHIO
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18. RIABILITAZIONE COGNITIVA
L’IPOTESI DELLA RISERVA CEREBRALE (Scarmeas et al.
Neurology,2001, 12; 2236-42):
“LE ATTIVITA’ PIACEVOLI CON CUI UNA PERSONA SI TIENE
OCCUPATA NEL TEMPO LIBERO HANNO UN EFFETTO
POSITIVO NEL PROTEGGERE DALLO SVILUPPO DI
DECADIMENTO COGNITIVO”
probabilmente perché ciò fornisce una “RISERVA” che ritarda
l’inizio delle manifestazioni cliniche del disturbo.
Tenere impegnata unaTenere impegnata una
persona in un compitopersona in un compito
gradevole è comunquegradevole è comunque
positivo ed ha un valorepositivo ed ha un valore
protettivo e terapeuticoprotettivo e terapeutico
scientificamentescientificamente
dimostratodimostrato
Tenersi cognitivamente impegnatiTenersi cognitivamente impegnati
ha unha un VALORE PROTETTIVOVALORE PROTETTIVO;;
infatti persone con livello diinfatti persone con livello di
educazione maggiore sonoeducazione maggiore sono
soggette a minor rischio disoggette a minor rischio di
sviluppare demenza (o lasviluppare demenza (o la
sviluppano più tardi)sviluppano più tardi)
19. LE DEMENZE
INTERVENTI RIABILITATIVI
Sono strategie finalizzate a ridurre l’impatto della malattia sul
livello di autosufficienza, permettono di mantenere il più
elevato livello di autonomia e di qualità della vita compatibile
con una determinata condizione clinica. L’obiettivo è quello di
RALLENTARE LA PROGRESSIONE DEI DEFICIT COGNITIVI
E FUNZIONALI
SEBBENE LA
POSSIBILITA’ DI
OTTENERE DEI
MIGLIORAMENTI NELLE
PERFORMANCES
MNESICHE SIA RIDOTTA,
ESSA NON E’
COMPLETAMENTE
COMPROMESSA!
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20. La Riabilitazione Cognitiva è un
processo terapeutico volto a migliorare
la capacità dell’individuo di percepire ed
elaborare le informazioni provenienti
dall’ambiente che lo circonda.
Per la persona con diagnosi di
demenza, esistono interventi
riabilitativi specifici per i diversi stadi di
malattia.
LA RIABILITAZIONE COGNITIVA
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21. Reality Orientation Therapy (ROT)
La ROT è una terapia che attraverso RIPETUTE stimolazioni
multimodali si prefigge di rafforzare e potenziare l’orientamento nello
spazio, nel tempo e personale del paziente.
Fu ideata da FOLSTON circa 40 anni fa e inizialmente utilizzata con i
reduci del Vietnam;
L’intervento è rivolto a pazienti con AD e decadimento cognitivo
medio/lieve.
Può essere FORMALE e INFORMALE. Quella FORMALE consiste in
sedute riabilitative di piccolo gruppo. Quella INFORMALE è il
complesso di stimolazioni che durano l’arco di una giornata e sono
utili a riorientare il paziente nella sua quotidianità.
E’ la più diffusa terapia cognitiva utilizzata con pazienti con
decadimento cognitivo.
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22. Validation Therapy o Terapia di
Valorizzazione
Consiste in una serie di interventi destinati ad anziani
affetti da diversi gradi di deterioramento mentale ed è
particolarmente indicata per persone con decadimento
cognitivo moderato o moderato severo, grandemente
disorientati e con disturbi del comportamento e del
linguaggio. E’ un intervento riabilitativo basato sulla
relazione tra l’operatore ed il paziente, influenzato da
un approccio di tipo umanistico che attribuisce
maggior importanza all’ottica personale del soggetto
rispetto alla realtà dei fatti.
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23. Chi è il principale
caregiver?
Da un recente studio del Gruppo italiano di
gerontologia e geriatria (GSIC-SIGG) è
emerso che sono soprattutto le donne a
fornire assistenza (la figlia o la moglie),
soggetti in età lavorativa con un’età
inferiore ai 60 anni nel 56% dei casi, e che
il 76% dei caregivers coabita con il malato.
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24. I fattori di stress principali per il
caregivers:
Psicologia del caregiver
Tipo di rapporto con il malato
Modo in cui la demenza si manifesta (i disturbi
comportamentali aggravano fortemente il peso del
caregiver il maggior punteggio ottenuto alla scala
del di stress NPI sono l’apatia nel 61% dei casi
intervistati e l’agitazione nel 44%)
Presenza di una rete di supporto
Fatica fisica, stimata in 60/70 ore settimanali di
assistenza senza possibilità di tregua
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25. L’AMBIENTE E GLI AUSILI PER LE ATTIVITA’
QUOTIDIANE
In ogni fase della malattia, l’ambiente può compensare o accentuare le
conseguenze del deficit cognitivo; lo spazio e l’ambiente possono
rappresentare, per la persona affetta da demenza, da un lato una risorsa
terapeutica, dall’altro il motivo scatenante di alterazioni comportamentali
apparentemente ingiustificate.
SUGGERIMENTI GENERALI PER L’ADATTAMENTO DELL’AMBIENTE:SUGGERIMENTI GENERALI PER L’ADATTAMENTO DELL’AMBIENTE:
Eliminare le fonti di pericolo;
Semplificare al massimo l’ambiente e la disposizione degli oggetti,
Evitare o ridurre al minino i cambiamenti (cambiare disposizione ai mobili
o ai quadri può comportare problemi; lo spostamento del letto può favorire
la comparsa di incontinenza perché il paziente non riesce a trovare la via
per il bagno;
Fornire indicazioni segnaletiche per orientarsi nelle varie stanze;
Fare in modo che le stanze siano ben illuminate ed evitare la presenza di
rumori o suoni disturbanti;
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26. Il ruolo del professionista
Dovrebbe garantire un rapporto di continuità con la famiglia,
costituendo per essa un punto di riferimento e al fine di
fornire un aiuto adeguato dovrebbe valutare:
- il livello di conoscenza della malattia da parte del
caregiver,
- dei servizi territoriali,
- il livello e il tipo di cultura della famiglia per poter fornire
un’informazione il più possibile utile e rispondente alle
sue esigenze
-Esistenza di una rete sociale e disponibilità a fornire
aiuto
-Conflitti intra-familiari
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27. L’IQCODE – QUESTIONARIO INFORMATIVO SUL
DECADIMENTO COGNITIVO - IT
La possibilità di investigare il grado di compromissione cognitiva nel caso di
pazienti non collaboranti per qualsiasi motivo (afasia, disturbi
comportamentali eccetera) può rivelarsi utile nella pratica clinica.
La maggior parte dei test di screening attualmente in uso (MMSE, MODA,
MOCA eccetera) si è rivelata inadeguata per forme moderate di
deterioramento cognitivo in pazienti non collaboranti.
E' stato, quindi, sviluppato un questionario informativo denominato Informant
questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly (IQCODE), che viene
somministrato ad un parente che vive a stretto contatto con il soggetto in
esame (e non al soggetto stesso) e che lo conosca da almeno 10 anni
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28. L’IQCODE – QUESTIONARIO INFORMATIVO SUL
DECADIMENTO COGNITIVO - IT
L’IQCODE si differenzia dagli altri strumenti somministrati ai caregivers
perché tende a misurare il CAMBIAMENTO di prestazione cognitiva e
funzionale piuttosto che l’attuale funzionamento. Lo strumento è stato
sviluppato originariamente come intervista (Jorm AF e Korten AE, 1988)
di 39 items, successivamente ridotti prima a 26 e poi a 16 (versione
breve) (Jorm AF, Psychol Med 1994).
L’IQCODE non è influenzato né dall’intelligenza premorbosa né dal livello
educativo o occupazionale del soggetto, ma è influenzato dallo stato
affettivo, dalla personalità e dalla qualità della relazione tra paziente e
caregiver, oltre che dall’età del soggetto stesso.
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29. L’IQCODE – QUESTIONARIO INFORMATIVO SUL
DECADIMENTO COGNITIVO - IT
Durata della somministrazione: al massimo 5-10 minuti.
Punteggio: ogni item è valutato in 5 gradi su una scala di gravità crescente
che va da 1 (molto meglio) a 5 (molto peggio). Il punteggio finale
(punteggio medio o score) è dato dalla somma dei punti attribuiti a ogni
domanda divisa per il numero delle domande a cui il caregiver ha
risposto. Se il punteggio così ottenuto è pari o superiore a 3,313,31 si può
sospettare un processo di natura demenziale.
L’IQ code ha valori di sensibilità e specificità sovrapponibili a quelli del
MMSE, ma con un potere diagnostico superiore e, soprattutto, ha il
vantaggio di poter essere impiegato anche in soggetti non collaboranti
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34. COSA SI PUO’ APPRENDERE CON GLI ALTRI
CORSI
Le competenze che si sviluppano con gli altri corsi dedicati
all’anziano sono le seguenti:
1. Fondamenti e teoria dell’invecchiamento
2. Diagnosi differenziale
3. Valutazione sommaria di esami di neuroimaging
4. Valutazione del tono dell’umore
5. Tecniche di riabilitazione cognitiva per pazienti affetti da
demenza
6. Tecniche di stimolazione cognitiva per anziani sani
7. Consulenze ai familiari/caregiver/operatori che si occupano di
demenza
8. Stesura di progetti inerenti la gestione/riabilitazione di pazienti
con demenza
9. Valutazione neuropsicologica di screening e approfondita
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