La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Alzheimer e demenze: l'ambiente come risorsa riabilitativa e protesicaGabriele Carbone
Le sindromi demenziali si caratterizzano per la progressiva compromissione delle funzioni cognitive e la conseguente difficoltà di interazione tra il malato e l’ambiente (fisico e umano) nel quale è inserito.
Il malato sviluppa progressivamente, insieme ad altri disturbi cognitivi, difficoltà ad orientarsi, inizialmente, in ambienti nuovi, per poi perdere la capacità di interpretare e padroneggiare lo spazio anche in ambienti conosciuti.
Pertanto qualunque intervento voglia migliorare le manifestazioni delle sindromi demenziali deve prevedere, insieme alla terapia farmacologica, un
adattamento dell’ambiente fisico e umano
che circonda il malato tale da favorire il più alto livello di stimolazione per mantenere le sue capacità cognitive e funzionali con il maggior livello di sicurezza possibile:
l'ambiente diventa così una importante risorsa terapeutica.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
Webinar | Invecchiamento e deterioramento cognitivo: uno strumento di previsi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone che presentano un certo grado di decadimento cognitivo e con i loro familiari, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi degli anziani che assistono. Supportare i familiari nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano significa, innanzitutto, riconoscere l’eventuale presenza di un deterioramento cognitivo e distinguerlo da una condizione di normale fisiologia dell’invecchiamento.
Il Questionario Informativo sul Declino Cognitivo negli Anziani (Informant Questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly - IQCODE) è uno strumento di rapida somministrazione che consente di valutare se sia in atto un cambiamento patologico nelle prestazioni cognitive e funzionali degli anziani rispetto ai 10 anni antecedenti l’intervista. Consiste in una serie di domande da sottoporre al familiare che vive a più stretto contatto con l’anziano, utili a raccogliere dati e informazioni necessari a costruire una prima ipotesi sulla natura dell’eventuale processo patologico in atto, a partire dalla quale strutturare una più approfondita valutazione cognitiva e sviluppare un piano d’intervento per anziano e familiare (o caregiver).
Alzheimer e demenze: l'ambiente come risorsa riabilitativa e protesicaGabriele Carbone
Le sindromi demenziali si caratterizzano per la progressiva compromissione delle funzioni cognitive e la conseguente difficoltà di interazione tra il malato e l’ambiente (fisico e umano) nel quale è inserito.
Il malato sviluppa progressivamente, insieme ad altri disturbi cognitivi, difficoltà ad orientarsi, inizialmente, in ambienti nuovi, per poi perdere la capacità di interpretare e padroneggiare lo spazio anche in ambienti conosciuti.
Pertanto qualunque intervento voglia migliorare le manifestazioni delle sindromi demenziali deve prevedere, insieme alla terapia farmacologica, un
adattamento dell’ambiente fisico e umano
che circonda il malato tale da favorire il più alto livello di stimolazione per mantenere le sue capacità cognitive e funzionali con il maggior livello di sicurezza possibile:
l'ambiente diventa così una importante risorsa terapeutica.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
Webinar | Invecchiamento e deterioramento cognitivo: uno strumento di previsi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone che presentano un certo grado di decadimento cognitivo e con i loro familiari, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi degli anziani che assistono. Supportare i familiari nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano significa, innanzitutto, riconoscere l’eventuale presenza di un deterioramento cognitivo e distinguerlo da una condizione di normale fisiologia dell’invecchiamento.
Il Questionario Informativo sul Declino Cognitivo negli Anziani (Informant Questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly - IQCODE) è uno strumento di rapida somministrazione che consente di valutare se sia in atto un cambiamento patologico nelle prestazioni cognitive e funzionali degli anziani rispetto ai 10 anni antecedenti l’intervista. Consiste in una serie di domande da sottoporre al familiare che vive a più stretto contatto con l’anziano, utili a raccogliere dati e informazioni necessari a costruire una prima ipotesi sulla natura dell’eventuale processo patologico in atto, a partire dalla quale strutturare una più approfondita valutazione cognitiva e sviluppare un piano d’intervento per anziano e familiare (o caregiver).
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
Le slide dell'intervento della dottoressa Viola Nicolucci durante il convegno organizzato dall'Ordine Psicologi della Lombardia sul tema "Psicologia e nuove tecnologie"
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
Le slide dell'intervento della dottoressa Viola Nicolucci durante il convegno organizzato dall'Ordine Psicologi della Lombardia sul tema "Psicologia e nuove tecnologie"
Capisce una persona malata di alzheimer cosa le sta accadendo?... Idee intorno alla malattia proposte da Letizia Espanoli, formatrice in area sociosanitaria educativa, Centro Studi Internazionale Perusini Alzheimer
Library Marketing 101: Preparing your RequestsScot Sterling
"Library Marketing 101: Preparing your Requests" is a slide deck used to inform and instruct library staff at the Alachua County Library District in Gainesville, Florida, on best practices used to work with their national award-winning marketing department.
1° episodio della miniserie di presentazioni dedicate al tema dell'integrazione ospedale - territorio.
Patto per la salute e modello della "presa in carico": gli elementi fondamentali del progetto di integrazione - ospedale territorio per innovare la sanità attraverso l'IT
Integrazione ospedale - territorio il paziente è al centro.
Un progetto per rispondere in maniera capillare alle esigenze di informatizzazione di tutto il processo di continuità della cura .
La presentazione della campagna di disinfezione delle mani in ambiente ospedaliero della ASL Lecce.
Clean Hands Campaign in ASL Lecce: the kick-off slides in Lecce on May, the 27th 2015.
2° episodio della miniserie di presentazioni dedicate al tema dell'integrazione ospedale - territorio.
Mettere il paziente al centro del suo percorso di cura per migliorare la qualità del servizio sanitario, anche grazie al processo di dimissione protetta.
Comorbidità nel paziente con Alzheimer – Giuseppe Zappalàrobertobottino1
A cura di Giuseppe Zappalà.
Nel paziente affetto da patologie neurologiche le situazioni di comorbilità rappresentano un aspetto critico rilevante che comporta una serie di problemi aggiuntivi a una gestione già di per sé complessa e che deve essere affrontata in modo appropriato.
La presenza contemporanea di più patologie, oltre ad aumentare la compromissione dello stato di salute complessivo, contribuisce a peggiorare il grado di disabilità e ad aumen- tare il rischio di trattamenti inadeguati e di eventi avversi da farmaci, spesso dovuti alla limitata conoscenza delle interazioni fra molteplici e simultanei trattamenti.
Inoltre, i pazienti possono incorrere in errori nell’uso dei farmaci o decidere in modo au- tonomo di ridurre la quantità e/o la posologia delle terapie associate. Ulteriori problemi sono rappresentati dal numero considerevole di controlli periodici che possono indurre i pazienti a rinunciare a esami clinici, a indagini di laboratorio o strumentali, con ulteriore aumento del rischio generale.
Lo specialista ed il medico di medicina generale sono le figue professionali che più di altre si confrontano con queste situazioni che richiedono un metodo di gestione che superi la settorialità con una visione d’insieme dei problemi con impegni nel counselling ai pazienti e ai familiari.
Lo psicologo che opera in ambiti come quello dell’infanzia e dell’adolescenza si trova spesso di fronte a genitori che vivono difficoltà nell’area del sonno dei propri figli. Il sonno dei bambini è considerato un tema “caldo”, già nel periodo prenatale. La persona che si prepara a diventare genitore inizia a chiedersi come sarà il sonno del proprio figlio e a sperare “che dorma”. Successivamente, specie durante i primi tre anni di vita, accade frequentemente di incontrare genitori che lamentano difficoltà nella gestione del sonno dei propri figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie problematiche che interferiscono con il benessere dell’intera famiglia.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del sonno in età evolutiva con un taglio teorico-pratico, utile per tutti gli psicologi che, lavorando con i genitori, hanno voglia di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area. In tal senso verrà proposto anche un caso pratico di valutazione e intervento.
Lo psicologo che opera in ambiti come quello dell’infanzia e dell’adolescenza si trova spesso di fronte a genitori che vivono difficoltà nell’area del sonno dei propri figli. Il sonno dei bambini è considerato un tema “caldo”, già nel periodo prenatale. La persona che si prepara a diventare genitore inizia a chiedersi come sarà il sonno del proprio figlio e a sperare “che dorma”. Successivamente, specie durante i primi tre anni di vita, accade frequentemente di incontrare genitori che lamentano difficoltà nella gestione del sonno dei propri figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie problematiche che interferiscono con il benessere dell’intera famiglia.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del sonno in età evolutiva con un taglio teorico-pratico, utile per tutti gli psicologi che, lavorando con i genitori, hanno voglia di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area. In tal senso verrà proposto anche un caso pratico di valutazione e intervento.
La Dott.ssa Napoli fornirà alcune indicazioni sulla funzione dei Fiori di Bach nel percorso terapeutico e su come possono permettere di velocizzare il benessere percepito dalla persona in breve tempo e contribuire all’ elaborazione terapeutica.
La Dott.ssa Napoli fornirà alcune indicazioni sulla funzione dei Fiori di Bach nel percorso terapeutico e su come possono permettere di velocizzare il benessere percepito dalla persona in breve tempo e contribuire all’ elaborazione terapeutica.
Preparazione al concorso per Dirigente Psicologo nelle ASL: bandi, prove e ar...Obiettivo Psicologia Srl
I Concorsi Pubblici per Dirigente Psicologo nel SSN rappresentano un possibilità lavorativa importante per gli psicologi-psicoterapeuti tuttavia, richiedono un’attenzione sistematica all’uscita dei bandi di concorso ed una preparazione molto vasta ed impegnativa che comprende la maggior parte degli ambiti applicativi e teorici della psicologia.
Per partecipare ad un concorso è importante avere un’idea di come prepararsi, dei tempi necessari ad uno studio attento ed articolato e di cosa studiare poiché, la normativa vigente non prevede che debba essere comunicato un programma di riferimento.
Le problematiche legate al peso corporeo sono una forma di malessere molto diffuso nella società attuale, a causa del grande valore attribuito al corpo e alla “perfezione fisica”.
Lo Psicologo, attraverso un percorso di Counseling Psicologico applicato a situazioni specifiche che non implicano la presenza di disturbi mentali, è in grado di sostenere l’individuo nel comprendere la base del suo malessere e ristabilire un adeguato rapporto con il corpo e con il cibo.
Per lavorare al meglio risulta fondamentale svolgere un adeguato assessment iniziale. Cogliere da subito i bisogni della persona che abbiamo di fronte e strutturare il percorso migliore sono sicuramente la modalità più efficace per aiutare il nostro cliente e proporgli la strada più adatta a lui.
L’analisi funzionale e il modello di Glasser: due strumenti per la gestione d...Obiettivo Psicologia Srl
Lo Psicologo che opera in ambito educativo si trova spesso di fronte alle richieste di genitori, insegnanti, dirigenti, formatori ed educatori che necessitano di un aiuto nella gestione di comportamenti ostili e aggressivi di bambini e ragazzi. Tali comportamenti costituiscono una fonte di fatica e di frustrazione per chi si trova a doverli gestire. Ridurre questi comportamenti e aiutare il bambino/ragazzo ad acquisire un atteggiamento più adeguato al contesto è possibile, ma occorrono interventi mirati alle loro cause reali.
L’Analisi Funzionale rappresenta un’operazione che consente di valutare in che cosa consiste, come è nato e come si mantiene un determinato comportamento. È caratterizzata da un insieme di procedure e strumenti per raccogliere dati e informazioni necessarie a costruire una prima ipotesi sulla natura del comportamento presentato, a partire dalla quale strutturare e sviluppare un piano d’intervento.
Le forme che un comportamento aggressivo può assumere sono varie e diverse. Al di là delle manifestazioni silenti e nascoste, o scoperte e palesi, che il malessere può assumere, educatori, genitori e psicologi si trovano di fronte a bambini/ragazzi che non si adattano alla routine del contesto, manifestando un comportamento aggressivo, ostile, sgarbato, scontroso o poco comunicativo; richiedono all’educatore molto più tempo, energia e pazienza della maggior parte dei loro coetanei; sembrano resistenti e irriconoscenti per qualunque aiuto si offra loro. L’analisi funzionale costituisce un valido strumento di assessment del comportamento aggressivo.
Ma cosa fare una volta definito e valutato il comportamento? Esistono numerose strategie indirizzate alla modificazione del comportamento problematico e diverse tecniche che si propongono di risocializzare le credenze e gli atteggiamenti dei ragazzi.
Analisi funzionale e modello di Glasser: due strumenti per gestire i comporta...Obiettivo Psicologia Srl
Lo Psicologo che opera in ambito educativo si trova spesso di fronte alle richieste di genitori, insegnanti, dirigenti, formatori ed educatori che necessitano di un aiuto nella gestione di comportamenti ostili e aggressivi di bambini e ragazzi. Tali comportamenti costituiscono una fonte di fatica e di frustrazione per chi si trova a doverli gestire. Ridurre questi comportamenti e aiutare il bambino/ragazzo ad acquisire un atteggiamento più adeguato al contesto è possibile, ma occorrono interventi mirati alle loro cause reali.
L’Analisi Funzionale rappresenta un’operazione che consente di valutare in che cosa consiste, come è nato e come si mantiene un determinato comportamento. È caratterizzata da un insieme di procedure e strumenti per raccogliere dati e informazioni necessarie a costruire una prima ipotesi sulla natura del comportamento presentato, a partire dalla quale strutturare e sviluppare un piano d’intervento.
Le forme che un comportamento aggressivo può assumere sono varie e diverse. Al di là delle manifestazioni silenti e nascoste, o scoperte e palesi, che il malessere può assumere, educatori, genitori e psicologi si trovano di fronte a bambini/ragazzi che non si adattano alla routine del contesto, manifestando un comportamento aggressivo, ostile, sgarbato, scontroso o poco comunicativo; richiedono all’ educatore molto più tempo, energia e pazienza della maggior parte dei loro coetanei; sembrano resistenti e irriconoscenti per qualunque aiuto si offra loro. L’analisi funzionale costituisce un valido strumento di assessment del comportamento aggressivo.
Ma cosa fare una volta definito e valutato il comportamento? Esistono numerose strategie indirizzate alla modificazione del comportamento problematico e diverse tecniche che si propongono di risocializzare le credenze e gli atteggiamenti dei ragazzi.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
La dott.ssa Pirola presenterà le principali caratteristiche del comportamento alimentare di bambini e adolescenti, delle condotte alimentari “corrette” e disfunzionali dalla primissima infanzia, passando attraverso lo svezzamento, l’età scolare sino all’ adolescenza
Introduzione al lavoro psicologico con il comportamento alimentare nei bambin...Obiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto con il cibo dei loro figli.
E’ fondamentale che anche noi in quanto psicologi, lavorando prettamente sul comportamento umano, affrontiamo attivamente questa tematica di fondamentale importanza per il futuro di tutti. Come si può ben immaginare la cura dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò essenziale che noi psicologi lavoriamo in stretto rapporto con le famiglie e le istituzioni, per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade quotidianamente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti tendenzialmente sani).
C'è poi tutta la questione dell’Emotional Eating (fame emotiva) dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Affrontando invece specificatamente il comportamento alimentare dell’adolescente entriamo in tutto il discorso della responsabilizzazione, dell’immagine corporea legata al rapporto con l’altro, delle scelte alimentari che da subite diventano agite in prima persona.
Il colloquio psicologico in ambito sessuologico: un metodo d’indagine - Parte 2Obiettivo Psicologia Srl
Oltre 16 milioni di italiani soffrono di problematiche sessuologiche: disfunzione erettile, eiaculazione precoce e calo del desiderio per gli uomini, anorgasmia, vaginismo e calo del desiderio per le donne. In linea con tutto ciò le richieste di consulenze su tematiche sessuologhe sono cresciute, negli ultimi 5 anni, del 15%.
Ma la sessuologia, in Italia, è ancora lontana dall’avere un’identità ben definita: limitrofa alla medicina, ma certamente anche alla psicologia, troppo spesso “banalizzata” anche dai mezzi di comunicazione, fatica a conquistare uno spazio specifico nella formazione accademica. Ricaduta di ciò è che molti psicologi e psicoterapeuti che lavorano per definizione per migliorare la salute dei propri pazienti, non sono adeguatamente formati ad intercettare problematiche di natura sessuale e di conseguenza porre in essere interventi di consulenza e/o terapia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità guarda alla salute sessuale come ad una importantissima componente della salute psichica e fisica e auspica interventi di sostegno mirati a promuovere comportamenti responsabili e soddisfacenti che possano incidere positivamente sulla qualità di vita.
Obiettivo generale del webinar è informare gli psicologi e gli psicoterapeuti che non hanno una formazione specifica in ambito sessuologico, rispetto agli strumenti utili per poter indagare la sessualità dei propri pazienti all’interno di un abituale protocollo anamnestico, indipendentemente dalle tematiche portate dal paziente in terapia. Inserire anche l’approfondimento su tematiche sessuologiche vuol dire prestare attenzione a tutti gli elementi utili per promuovere la salute del proprio paziente.
In quest’ottica gli psicologi e gli psicoterapeuti saranno stimolati ad acquisire elementi utili per poter condurre una “consulenza sessuologia di primo livello” utile per pianificare eventuali interventi specifici.
Il colloquio psicologico in ambito sessuologico: un metodo d’indagine. Parte 1Obiettivo Psicologia Srl
Oltre 16 milioni di italiani soffrono di problematiche sessuologiche: disfunzione erettile, eiaculazione precoce e calo del desiderio per gli uomini, anorgasmia, vaginismo e calo del desiderio per le donne. In linea con tutto ciò le richieste di consulenze su tematiche sessuologhe sono cresciute, negli ultimi 5 anni, del 15%.
Ma la sessuologia, in Italia, è ancora lontana dall’avere un’identità ben definita: limitrofa alla medicina, ma certamente anche alla psicologia, troppo spesso “banalizzata” anche dai mezzi di comunicazione, fatica a conquistare uno spazio specifico nella formazione accademica. Ricaduta di ciò è che molti psicologi e psicoterapeuti che lavorano per definizione per migliorare la salute dei propri pazienti, non sono adeguatamente formati ad intercettare problematiche di natura sessuale e di conseguenza porre in essere interventi di consulenza e/o terapia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità guarda alla salute sessuale come ad una importantissima componente della salute psichica e fisica e auspica interventi di sostegno mirati a promuovere comportamenti responsabili e soddisfacenti che possano incidere positivamente sulla qualità di vita.
Obiettivo generale del webinar è informare gli psicologi e gli psicoterapeuti che non hanno una formazione specifica in ambito sessuologico, rispetto agli strumenti utili per poter indagare la sessualità dei propri pazienti all’interno di un abituale protocollo anamnestico, indipendentemente dalle tematiche portate dal paziente in terapia. Inserire anche l’approfondimento su tematiche sessuologiche vuol dire prestare attenzione a tutti gli elementi utili per promuovere la salute del proprio paziente.
In quest’ottica gli psicologi e gli psicoterapeuti saranno stimolati ad acquisire elementi utili per poter condurre una “consulenza sessuologia di primo livello” utile per pianificare eventuali interventi specifici.
La Psicologia dell’Alimentazione: aree di intervento e competenze professiona...Obiettivo Psicologia Srl
L'impostazione scientifica e didattica del webinar proposto vuole, pertanto, avere un triplice scopo:
- Fornire una buona conoscenza della psicologia scientifica attuale nel settore dell’ alimentazione;
- Presentare le principali aree di intervento degli psicologi nel campo dell’alimentazione;
- Fornire una conoscenza delle caratteristiche principali dell’interazione fra figure professionali diverse, approfondendo sia le potenzialità, sia i possibili fattori di rischio, favorendo la possibilità dei partecipanti di costruire delle proficue reti professionali interdisciplinari.
La Psicologia dell’Alimentazione: aree di intervento e competenze professionaliObiettivo Psicologia Srl
In Italia, esattamente come accade per la sessuologia, non esistono scuole di formazione riconosciute.
Nonostante ciò la domanda da parte della popolazione è presente e la figura dello psicologo/psicoterapeuta è, da sempre, prevista nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione.
Inoltre, il professionista psicologo è richiesto nel protocollo di intervento per la chirurgia dell’obesità sia negli aspetti valutativi (idoneità all’intervento) sia come funzione di supporto per la dieta e per le problematiche connesse ai rapidi cambiamenti corporei conseguenti alla perdita di peso.
A quanto detto dobbiamo aggiungere gli altri settori di intervento della psicologia in campo alimentare:
- Tutti i casi in cui le persone devono aderire ad una dieta specifica a lungo termine e modificare “stabilmente” il comportamento alimentare (diabetici, celiaci, obesi non adatti alla chirurgia bariatrica);
- Tutte quelle richieste di consulenza per l’alimentazione del bambino (fobie del cibo, mangiare troppo, mangiare troppo poco, non riuscire a mangiare frutta e verdura);
- Tutte quelle situazioni nelle quali l’alimentazione è condizionata da esperienze emotive (emotional eating);
- Tutti i contesti di campagne di prevenzione ed educazione alimentare nelle quali, la psicologia, deve dare il suo contributo;
- Tutte quelle situazioni di “ossessione” nei confronti del cibo (es. ortoressia).
Nella trattazione di questi ambiti, particolare attenzione sarà data:
All’alimentazione: interazioni possibili con dietologo, nutrizionista, chirurgo bariatrico, gastroenterologo, diabetologo, medico di medicina generale, al pediatra, all’operatore sportivo;
Ai disturbi della percezione corporea: interazioni possibili con psichiatra, chirurgo plastico, chirurgo estetico.
Il comportamento alimentare dei bambini: un metodo di intervento. 2^ parteObiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, o comunque a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto dei loro figli con il cibo.
Di obesità infantile si è parlato anche nell’ultima Riunione informale dei ministri della salute dell’Unione europea a La Valletta (Malta), il 19 e 20 marzo 2017.
Durante questo incontro i Ministri della Salute hanno sottolineato come l’obesità sia un problema di portata epidemica sempre più diffuso in Europa, ribadendo la necessità di una maggiore collaborazione tra Stati che includa il coinvolgimento di tutti i settori della società.
Non possiamo in quanto psicologi, categoria che lavora sul comportamento umano, esimerci dall’affrontare e trattare questa tematica di basilare importanza per il futuro di tutti. Ecco perché è necessario formarsi ed informarsi su una questione così pregnante.
Ovviamente la cura dell’alimentazione dei bambini è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò fondamentale che noi psicologi lavoriamo con i genitori e con le istituzioni per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade frequentemente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante, ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti sani). C'è poi sicuramente tutta la questione della fame emotiva dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
In questi due webinar verrà affrontato il tema del rapporto con il cibo in età evolutiva.
Grazie ad un taglio prettamente teorico-pratico, tutti gli psicologi che lavorano con i genitori, avranno la possibilità di acquisire strumenti validi per la valutazione e l’intervento in quest’area così delicata.
Il comportamento alimentare dei bambini: un metodo di intervento. 1^ parteObiettivo Psicologia Srl
Lo psicologo che lavora sul comportamento alimentare, o comunque a contatto con target quali infanzia e adolescenza, si trova spesso di fronte a genitori che vivono con ansia e difficoltà il rapporto dei loro figli con il cibo.
Di obesità infantile si è parlato anche nell’ultima Riunione informale dei ministri della salute dell’Unione europea a La Valletta (Malta), il 19 e 20 marzo 2017.
Durante questo incontro i Ministri della Salute hanno sottolineato come l’obesità sia un problema di portata epidemica sempre più diffuso in Europa, ribadendo la necessità di una maggiore collaborazione tra Stati che includa il coinvolgimento di tutti i settori della società.
Non possiamo in quanto psicologi, categoria che lavora sul comportamento umano, esimerci dall’affrontare e trattare questa tematica di basilare importanza per il futuro di tutti. Ecco perché è necessario formarsi ed informarsi su una questione così pregnante.
Ovviamente la cura dell’alimentazione dei bambini è prettamente in mano ai genitori e alle scuole; è perciò fondamentale che noi psicologi lavoriamo con i genitori e con le istituzioni per supportare il più possibile il perseguimento di stili di vita sani.
Accade frequentemente di incontrare genitori (ma anche nonni) che lamentano difficoltà nella gestione del cibo dei figli, tanto che spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discussioni e liti interne alla famiglia su questo momento così importante, ma anche delicato.
Le problematiche che sempre più frequentemente presentano i genitori sono figli che mangiano troppo o troppo poco, che si alimentano solo con alcuni alimenti o che non mangiano frutta e verdura (o altri alimenti ritenuti sani). C'è poi sicuramente tutta la questione della fame emotiva dove, sia bambini che adulti, si trovano a consumare cibi poco sani per colmare il bisogno di altro.
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiutoObiettivo Psicologia Srl
Dislessia, Disgrafia, Disortografia e Discalculia ovvero: Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Sono termini ormai molto usati, forse anche abusati. Ma cosa sono davvero? Come capire se un bambino potrebbe effettivamente avere una di queste difficoltà? E cosa fare?
Genitori, Psicologi, Insegnanti ed altri professionisti si trovano spesso a dover affrontare queste problematiche con un crescente bisogno di formazione e informazione. Ci si chiede quale sia l'età per la diagnosi, quali i campanelli d'allarme e le eventuali azioni preventive, quali le indicazioni per la corretta stesura di un piano didattico personalizzato che tenga conto di tutte le difficoltà presenti.
In questo webinar affronteremo le principali caratteristiche di questi disturbi, cercando di capirne gli elementi distintivi, i campanelli d'allarme e le strategie di aiuto possibili in particolare nello svolgimento dei compiti e delle attività di studio
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiutoObiettivo Psicologia Srl
Dislessia, Disgrafia, Disortografia e Discalculia ovvero: Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Sono termini ormai molto usati, forse anche abusati. Ma cosa sono davvero? Come capire se un bambino potrebbe effettivamente avere una di queste difficoltà? E cosa fare?
Genitori, Psicologi, Insegnanti ed altri professionisti si trovano spesso a dover affrontare queste problematiche con un crescente bisogno di formazione e informazione. Ci si chiede quale sia l'età per la diagnosi, quali i campanelli d'allarme e le eventuali azioni preventive, quali le indicazioni per la corretta stesura di un piano didattico personalizzato che tenga conto di tutte le difficoltà presenti.
In questo webinar affronteremo le principali caratteristiche di questi disturbi, cercando di capirne gli elementi distintivi, i campanelli d'allarme e le strategie di aiuto possibili in particolare nello svolgimento dei compiti e delle attività di studio
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): caratteristiche e strategie d’aiuto
Webinar | Gentlecare a domicilio per la gestione del malato di Alzheimer: strumenti pratici per lo psicologo
1. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
Il diavolo non è così brutto come lo si
dipinge?!
Dott.ssa Annapaola PRESTIA
Psicologia – Neuropsicologia – Psicologa Forense –
Coordinatrice del centro diurno per Alzheimer “F.Candussi” Romans
d’Isonzo (GO)
STUDIO: Via San Maurizio,2
34129 Trieste
Tel: 331/4933554
E-mail: annapaolaprestia@annapaolaprestia.it
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3. L’allungamento della
vita e il
miglioramento delle
condizioni di salute
hanno prodotto una
nuova risorsa:
l’energia lavorativa
e l’esperienza degli
anziani.
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4. Anziano attivo:
• maggior longevità in
buona salute
• benessere
psicofisico derivato
da nuovi stili di vita
• esperienza e
competenza
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7. Fattori che rallentano l’invecchiamentoFattori che rallentano l’invecchiamento
• Soddisfazione del proprio lavoro
• Relazione stabile, matrimonio felice
• Capacita’ di avere e mantenere amicizie
• Senso dell’umorismo ed ottimismo
• Piacere nel trascorrere il tempo libero
• Capacita’ di esprimere le emozioni
• Sensazione di non mancare di mezzi finanziari
• Capacita’ di reagire creativamente ai cambiamenti
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8. Fattori che accelerano l’invecchiamentoFattori che accelerano l’invecchiamento
• Solitudine
• Depressione
• Preoccupazioni costanti ed eccessive
• Insoddisfazione del proprio lavoro
• Rimpianti, irritabilita’, ipercriticismo
• Eccesso di lavoro
• Problemi finanziari
• Incapacita’ di esprimere le proprie emozioni
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9. Quant’è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia
Chi vuol esser lieto sia
Del diman non v’è certezza
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11. L’ETA’…
Quanto vecchio è uno
che è troppo vecchio?
“Per me età avanzata sarà
sempre quella di chi avrà
15 anni più di me”
(Bernard M Baruch, 1870-1965, Economist)
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13. I “DONI” della vecchiaia…. (1)
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14. LE DEMENZE
DEMENZA=malattia del cervello che comporta la compromissione
delle facoltà mentali (memoria, ragionamento, linguaggio) tale da
pregiudicare la possibilità di una vita autonoma.
N.B: LA DEMENZA NON
COSTITUISCE UNA
CONSEGUENZA
INESORABILE, UN
DESTINO INELUTTABILE
DI CHI INVECCHIA!
La demenza è una
sindrome, cioè un insieme
di sintomi; circa il 10%
degli ultra 65enni e il 20%
degli ultra 80enni che
risiedono al domicilio
manifestano un grado
variabile di
deterioramento delle
funzioni cognitive.
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15. CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA:
1. Demenze primarie su base degenerativa
2. Demenze secondarie legate a patologie di varia natura e a patologie neurologiche (es. Parkinson)
che secondariamente portano allo sviluppo di un quadro dementigeno
DEMENZE PRIMARIE CORTICALI
-AD
-FTD
-Pick
SOTTOCORTICALI
-LBD
-Idrocefalo
-Corea di Huntington
-PSP
-Degenerazione cortico basale
DEMENZE
SECONDARIE
VASCOLARI STATI CARENZIALI
SOSTANZE TOSSICHE
DISTURBI ENDOCRINO-METABOLICI
-tiroide
-insufficienza renale
Disidratazione
PROCESSI ESPANSIVI
INTRACRANICI
-neoplasie
-ematomi o ascessi cerebrali
MALATTIE INFETTIVE E INFIAMMATORIE
DEL SNC
-meningiti e encefaliti
-sclerosi multipla Creutzfeld-Jacob
-AIDS
MISCELLANEA
-traumi cranici
Malattie cardiovascolari e
respiratorie
16. CLASSIFICAZIONE DELLE
DEMENZE
CLASSIFICAZIONE NEUROPATOLOGICA:
1. Demenze CORTICALI caratterizzate da disturbi di
apprendimento, deficit corticali, afasia, disinibizione o
indifferenza, motilità normale fino negli stadi avanzati
2. Demenze SOTTOCORTICALI (Parkinson) caratterizzate da
disturbi del richiamo del materiale mnestico,
apprendimento relativamente conservato, disartria,
ipofonia, bradifrenia, apatia, sintomi extrapiramidali
(rigidità, tremore, paralisi dello sguardo).
CLASSIFICAZIONE PROGNOSTICA:
1. Demenze IRREVERSIBILI ad esempio VAD o PSP
2. Demenze REVERSIBILI perché trattabili con interventi
chirurgici o farmacologici
17. ESPERIENZA “WHAT IF”…
CHIUDETE GLI OCCHI, RILASSATEVI,
CONCENTRATEVI, PROVATE AD IMMAGINARE DI
RIAPRIRE GLI OCCHI E DI NON ESSERE PIU’ A CASA
VOSTRA DI FRONTE AL PC MA DI RISVEGLIARVI
BRUSCAMENTE DA UN’ALTRA PARTE; NON SAPETE
COME CI SIETE ARRIVATI/E, NON RICONOSCETE LE
PERSONE CHE VI CIRCONDANO, NON SAPETE SE
RIUSCITE A CAPIRE LA LORO LINGUA..COME VI
SENTITE?
SCRIVETEMI 1 AGGETTIVO CHE VI DESCRIVA IN
QUESTO MOMENTO
18. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
ESORDIO: Clinicamente è caratterizzata da un deterioramento
ingravescente delle capacità cognitive e dalla comparsa di
disturbi comportamentali e dell’affettività che portano il
malato ad una perdita dell’autonomia funzionale e
all’impossibilità di mantenere rapporti con altre persone e
con l’ambiente.
DECORSO: La durata media della malattia è pari a 7-10 anni
(dall’insorgenza dei primi sintomi al decesso)
SINTOMI: L’AD è caratterizzata da disturbi cognitivi,
comportamentali e perdita progressiva dell’autonomia
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19. Cervello Alzheimer:
atrofico
NON LO FANNO APPOSTA!
PERCEZIONE
MOVIMENTO
MEMORIA
RAGIONAMENTO
ATTENZIONE E
PERSONALITA’
LINGUAGGIO
Non riesco proprio a conversare
bene e questo è molto limitante.
Non riesco a pensare a una cosa
da dire prima che un altro
l’abbia già detta, le parole si
confondono facilmente tra loro.
E allora impreco.
Mi era venuta un’idea brillante,
ma prima di spingere il tasto
della registrazione è sparita del
tutto.
Prima riuscivo a parlare con le
persone e a camminare senza
dovermi chiedere se il
pavimento c’è. Quando mi
inciampo su qualcosa mi
arrabbio.
Tantissime volte non riesco a
visualizzare le cose, non riesco
a ragionarci sopra. Diventa
frustrante e mi arrabbio.
In effetti le persone con
l’Alzheimer pensano, forse non
pensano le stesse cose delle
persone normali, ma pensano.
Si domandano come le cose
succedano, perché succedano
in un dato modo. Ed è un
mistero.
Leggere mi è quasi impossibile.
Tanto per cominciare le cose
non stanno ferme, le parole non
stanno ferme. Mi sembra che
ondeggino, non riesco a fissarle
ad afferrarle.
Ci sono tantissime cose che
sconcertano dell’Alzheimer. Si
possono avere sbalzi di umore
spaventosi, secondo me.
Qualche volta mi sento al
settimo cielo, come un paio di
giorni fa. Oggi invece sono
completamente distrutto.
20. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
EZIOLOGIA:
L’ipotesi eziopatogenetica più accreditata, la CASCATA
DELL’AMILOIDE, indica la deposizione extracellulare
dell’amiloide non fibrillare come causa dell’AD, sottoforma
di placche diffuse o immature che, maturando, assumono
la forma di un’area di neuroni distrofici ricchi di grovigli
neurofibrillari. Questo processo è mediato dall’incremento
della produzione di radicali liberi, dalla presenza di
alluminio, di ferro…Si va quindi affermando l’idea che
l’accumulo di beta amiloide sia un fattore necessario ma
non sufficiente nel determinare la comparsa dei sintomi
dell’Alzheimer.
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21. PERCHE’ CI SI AMMALA DI
ALZHEIMER?
L’amiloide come neurotossinaL’amiloide come neurotossina
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
β
β
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
Aβ
22. IL DANNO CEREBRALE NELLA
MALATTIA DI ALZHEIMER
Cervello normale:
non atrofico
Cervello Alzheimer:
atrofico
Gomitoli neurofibrillariPlacche di beta amiloide
23. Demenza di Alzheimer
Lievi dimenticanze
Nessun
disturbo
PERCHE’ CI SI AMMALA DI
ALZHEIMER?
30 40 50 60 70 80 90 100 Eta
Accumulo di
Amiloide
24. LA MALATTIA DI ALZHEIMER: CRITERI
DIAGNOSTICI
Criteri diagnostici NINCDS – ADRDA (McKchann et al., 1984) per la
malattia di Alzheimer
Secondo questi criteri la diagnosi di AD DEFINITA si fonda solo
sull’esame neuropatologico.
1. Malattia di Alzheimer DEFINITA
pazienti che soddisfano i criteri clinici per la diagnosi di AD probabile;
La biopsia e/o l’autopsia evidenziano un quadro compatibile con AD.
2. Malattia di Alzheimer PROBABILE
Demenza documentata al mini mental state esamination e confermata da altri test
neuropsicologici
deficit di 2 o più aree cognitive
Peggioramento progressivo della memoria e di altre funzioni cognitive;
Stato di coscienza integro;
Esordio di malattia tra i 40-90 anni;
Assenza di disturbi sistemici o cerebrali che possano giustificare il progressivo
decadimento;
3. Malattia di Alzheimer POSSIBILE
Esordio, presentazione e decorso della demenza vari ed inusuali per AD, ma senza altra
speigazione;
Presenza di un disturbo cerebrale secondario che potrebbe provocare una sindrome
demenziale ma che non è la causa attuale della demenza;
25. Demenza di Alzheimer
Lievi dimenticanze
DIFFICOLTA’ DELLA
DIAGNOSI DI ALZHEIMER
Accumulo di
Amiloide
Nessun
disturbo
“Facile”
Possibile
con esami sofisticati
Impossibile
AD
path.
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26. DIAGNOSI PRECOCE
Marcatori di malattia Alzheimer
Risonanza
Magnetica
a alta definizione
Alzheimer
Normal
CSFtotaltau
CSF Abeta42
Puntura
Lombare
PET: Tomografia
a Emissione di
Positroni con Glucosio
27. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
FASI DELL’AD
1. grado LIEVE: deficit mensici di lieve entità, lievi deficit di problem solving, episodi
di disorientamento, ansia per la consapevolezza del deficit, anomie
2. Grado MODEARTO: deficit interferenti con la vita quotidiana, comunicazione poco
efficace, scarsa igiene personale, disturbi comportamentali, incontinenza urinaria
3. Grado GRAVE: dipendenza totale dai familiari, mancati riconoscimenti, linguaggio
ridotto, fatica a deambulare
4. Fase TERMINALE: catatonia e complicazioni internistiche
ALTERAZIONE DELLE FUNZIONI COGNITIVE:
• MEMORIA
• ATTENZIONE
• ASTRAZIONE
• LINGUAGGIO
• PRASSIA
• AGNOSIA
• DISTURBI COMPORTAMENTALI
28. LA MALATTIA DI ALZHEIMER
GLI INIZI DELL’ALZHEIMER:
Le caratteristiche della malattia possono variare da soggetto a soggetto,
tuttavia l’inizio è generalmente subdolo ed insidioso ed il decorso cronico-
progressivo. I sintomi iniziali sono spesso attribuiti all’invecchiamento, allo
stress oppure a depressione. Nella grande maggioranza dei casi, solo a
distanza di uno-due anni dall’esordio della malattia il disturbo della memoria è
tale che i familiari ricorrono all’aiuto di uno specialista.
SINTOMI DELL’ALZHEIMER:
•Problemi a ricordare avvenimenti o fatti recenti;
•Alterazioni della personalità;
•Deficit di pensiero astratto e di giudizio;
•Ridotto rendimento lavorativo;
•Incapacità a risolvere i problemi anche semplici;
•Perdita di interesse per l’ambiente e per gli altri;
•Difficoltà di denominazione;
•Impoverimento del discorso;
•Difficoltà nella guida e nell’orientamento;
•Depressione
29. ALZHEIMER ED EREDITARIETA’
QUALE RISCHIO HO DIQUALE RISCHIO HO DI
SVILUPPARE L’ALZHEIMER???SVILUPPARE L’ALZHEIMER???
Nel 95% dei casi la risposta è
semplice: “ IL RISCHIO E’
ANALOGO A QUELLO DI UN
FIGLIO DI UN GENITORE CON
IPERTENSIONE ARTERIOSA O
CON DIABETE”.
Cioè, vi è una generica
predisposizione, lievemente
maggiore rispetto a quella dei figli
i cui genitori non sono affetti da
demenza. Si tratta di un rischio
che, almeno per ora, non è
quantificabile a priori. Nella
grande maggioranza dei casi,
pertanto, la malattia si manifesta
in modo casuale, imprevedibile, inin
assenza di una trasmissioneassenza di una trasmissione
genetica diretta.genetica diretta.
30. ALZHEIMER E FATTORI DI RISCHIO
Si definiscono fattori di rischio le condizioni caratteristiche dello stile di vita la cui
presenza favorisce, ma non determina con un meccanismo di causa-effetto, la
comparsa di una malattia.
Per l’ Alzheimer le nostre conoscenze sui fattori di rischio sono tutt’ora in una fase
iniziale: se si esclude una lieve prevalenza nel sesso femminile, la cui causa è
sconosciuta, la malattia interessa tutti.
** le prove sono
consistenti;
* Le prove sono
parzialmente
consistenti;
? Prove insufficienti –
fattori di rischio oggetto
di scrutinio
FATTORI DI RISCHIO PER LA MALATTIA DI ALZHEIMER:
Età avanzata (**)
Familiarità (**)
Sesso femminile (*)
Bassa scolarità (*)
Traumi cranici (*)
Riduzione delle strutture ippocampali e para-ippocampali (*)
Asimmentria di flusso tra un emisfero e l’altro più marcata (*)
Anomalie metaboliche
Depressione (*)
Ipertensione arteriosa (*)
Ipotiroidismo (?)
Diabete (?)
Esposizione a alluminio e zinco (?)
Consumo di farmaci antidolorifici (ruolo protettivo ?)
Consumo di sostanze antiossidanti (Es vitamina E; ruolo protettivo
31. IPOTESI:
La malattia di Alzheimer rappresenta la conseguenza dell’eccessivo
accumulo di frammenti insolubili della proteina beta-amiloide,
principale costituente delle placche senili; il problema starebbe nella
sua eccessiva produzione oppure nel suo difettoso smaltimento. Tutte
le mutazioni genetiche associate alla comparsa di malattia di
Alzheimer (3-5% dei casi) comportano un eccessivo accumulo di beta-
amiloide.
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE:
Risiedono fondamentalmente nella possibilità di impedire l’eccessivo
accumulo di proteina beta-amiloide, oppure favorendone lo
smaltimento; gli sforzi proseguono in questa direzione.
PROSPETTIVE PREVENTIVE:
I fattori di rischio noti per l’arteriosclerosi quali l’ipertensione arteriosa, il
diabete, l’ipercolesterolemia, il fumo e le aritmie cardiache, sono stati
dimostrati rilevanti anche per l’Alzheimer. Interventi preventivi su
questi fattori di rischio potrebbero influenzare positivamente anche la
diffusione della malattia di Alzheimer.
ALZHEIMER E FATTORI DI RISCHIO (2)
32. LE ULTIME FRONTIERE NEL CAMPO DELLA RICERCA: LALE ULTIME FRONTIERE NEL CAMPO DELLA RICERCA: LA
PROGRESSIONE DELL’ALZHEIMERPROGRESSIONE DELL’ALZHEIMER
LE DEMENZE
DYNAMICS OF GRAY MATTER LOSS IN ALZHEIMER'S DISEASE (Authors: Paul Thompson, Kiralee Hayashi, Greig de Zubicaray,
Andrew Janke, Stephen Rose, James Semple, David Herman, Michael Hong, Stephanie Dittmer, David Doddrell, Arthur W. Toga)
33. DI COSA PARLEREMO LA PROSSIMA VOLTA?
Nella seconda metà del nostro webinar ci
dedicheremo ad approfondire questi argomenti:
1. Comunicazione e malattia di Alzheimer
2. Ambiente idoneo e vivibile per il malato e la sua
famiglia
3. Il metodo Gentlecare: fondamenti e pratica
4. La check list per le consulenze ambientali
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34. ESERCITAZIONE PRATICA
Le vostre idee…
Maria non vuole entrare nella vasca da bagno e
sembra spaventata
Giovanni rifiuta di lavarsi dicendo di averlo già
fatto
Elsa rovista negli armadi e cassetti mettendo
tutto in disordine
Carlo è agitato perché sono venuti degli intrusi
Amelia è convinta che la mamma la sta
aspettando a casa
Giuseppe rifiuta il cibo e reagisce ai tentativi di
imboccarlo con comportamenti aggressivi
36. Il metodo Gentlecare, ideato e promosso
dalla terapista della riabilitazione
Moyra Jones
rappresenta un modello possibile di
intervento protesico,
che persegue l’obiettivo del benessere
inteso come
miglior livello funzionale possibile
in assenza di segni di stress
attraverso 3 fondamentali elementi di cura
( persone-programmi-spazio fisico)
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37. Gentlecare
La Protesi è
un Progetto Individuale
costituito da
tre elementi
in relazione dinamica tra loro:
l’ ambiente fisico
le persone che curano
le attività e i programmi che
contribuiscono a dare un
senso alla giornata
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38. Gentlecare
• Sicurezza
• Contenzione
• Facilità
• Conoscere la persona
• Comunicazione
• Formazione ai familiari
e alle assistenti familiari
• Dare un senso alla
giornata
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39. PER SEGUIRE
UNA PERSONA AFFETTA DA DEMENZA
NON BASTA CONOSCERE LA MALATTIA,
NON BASTA NEMMENO
CONOSCERE IL PROPRIO LAVORO,
BISOGNA CONOSCERE LA PERSONA.
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40. I punti fermi
di Gentlecare
• Conoscere la persona
• Osservare
• Connettere
• Favorire una comunicazione protesica
• Dare un senso alla giornata
• Formare chi vive con la persona
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46. Come comunicare con un
anziano malato?
I malati d’Alzheimer perdono progressivamente la
capacità di capire la lingua parlata e scritta. Le
persone malate fanno fatica a trovare le parole
giuste, si sbagliano fanno confusione con le parole;
queste difficoltà rendono difficile comunicare.
Chi assiste deve cercare di capire quali sono i bisogni
e i desideri del malato per aiutarlo nella
conversazione
47. Come prepararsi
• Evitare le situazioni di gruppo
• Mettersi in una stanza tranquilla, senza
la radio e la TV
• Quando si parla, si parla e basta
• Agganciare con lo sguardo
• Mettersi seduti, uno di fronte all’altro
• Assicurarsi che il paziente abbia la
protesi acustica e gli occhiali
• Illuminare bene la stanza
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48. La Comunicazione protesica
Per riuscire a parlare
con la persona con demenza
• Dobbiamo ascoltare con molta attenzione
quello che dice, qualsiasi cosa egli dica;
• Dobbiamo scegliere consapevolmente le
parole da dire senza lasciarci prendere
dalla fretta e dall’automatismo.
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49. Saper parlare e saper tacere
• Per riuscire a parlare bene con la
persona con demenza bisogna
imparare a tacere e ad aspettare
• Il ritmo della conversazione è più lento
• Se non abbiamo la pazienza di
aspettare, la persona non riuscirà mai
a cominciare: contate mentalmente
fino a 5
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50. COSA NON FARE ?
• domande indirette: non dire "Non trovi che faccia
caldo?" ma "Vuoi che ti apra la finestra?“
• EVITARE LE DOMANDE CHIUSE
“INTERROGATORIO”;
• evitare espressioni ambigue: non dire "Mi gira la
testa !" ma "Mi fa male la testa ..."; non dire
"Tutto va liscio come l’olio..." ma "Tutto sta
andando bene ...";
• evitare le deduzioni: aspettando l’arrivo di un
familiare non dire "Oramai, sono passate le
tre ...“, ma "Credo che Paolo non venga questo
pomeriggio"
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51. ----------- Fase intermedia -----------
(facili dimenticanze, non riesce più a vivere da solo , non può cucinare
e pulire, diviene dipendente, ha bisogno di assistenza per l’igiene e
per vestirsi, disturbi del linguaggio e del comportamento)
COSA FARE ?
• Affrontare la ripetitività verbale
rispondendo con tatto avvicinandolo,
guardandolo negli occhi e toccandolo con
affetto
• Comprendere l’emozione
sottostante la ripetitività, è il suo modo di
dire che "qualcosa non va" (malessere,
ansia, insicurezza, ecc.)
52. ------------ Fase avanzata -----------
(difficoltà alimentazione, non riconosce parenti ed amici, non riesce a
capire ed interpretare eventi, non riconosce i percorsi interni a casa,
difficoltà a camminare, incontinenza, comportamenti disinibiti, essere
confinato a letto o su sedia a rotelle)
• La persona ha bisogno di attenzione e
contatto fisico
• Cogliere l’emozione che si nasconde sotto
le rare parole che riesce ancora a
pronunciare
• Parlare con frasi elementari, associate a
gesti ed espressioni che ne suggeriscano
il contenuto;
53. L’AMBIENTE E GLI AUSILI PER LE ATTIVITA’
QUOTIDIANE
In ogni fase della malattia, l’ambiente può compensare o accentuare le
conseguenze del deficit cognitivo; lo spazio e l’ambiente possono
rappresentare, per la persona affetta da demenza, da un lato una risorsa
terapeutica, dall’altro il motivo scatenante di alterazioni comportamentali
apparentemente ingiustificate.
SUGGERIMENTI GENERALI PER L’ADATTAMENTO DELL’AMBIENTE:SUGGERIMENTI GENERALI PER L’ADATTAMENTO DELL’AMBIENTE:
Eliminare le fonti di pericolo;
Semplificare al massimo l’ambiente e la disposizione degli oggetti,
Evitare o ridurre al minino i cambiamenti (cambiare disposizione ai mobili
o ai quadri può comportare problemi; lo spostamento del letto può favorire
la comparsa di incontinenza perché il paziente non riesce a trovare la via
per il bagno;
Fornire indicazioni segnaletiche per orientarsi nelle varie stanze;
Fare in modo che le stanze siano ben illuminate ed evitare la presenza di
rumori o suoni disturbanti;
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55. Le questioni oggi
• Invecchiamento della popolazione
• L’analisi della situazione in Nord Europa e Canada
evidenzia che le residenze per anziani, ad elevata
intensità sanitaria, accolgono solo le persone anziane
negli ultimissimi anni di vita (ultimi 2,7 anni)
• Per il resto della popolazione anziana la politica europea
(in particolare DK, FIN, D, FR) punta a: migliorare
l’habitat con adeguamento alloggi e a forme di
residenzialità leggera
• La crisi, l’assistenza a casa, caregiver familiari, dalle
residenze a casa
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56. DOVE VOLETE INVECCHIARE ?
COME VOLETE INVECCHIARE ?
• filiera di servizi
appropriati ai bisogni
delle persone:
assistente familiare di
condominio
gruppi appartamento
alloggi protetti
progetti di coabitazione
condomini solidali
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58. L’AMBIENTE E GLI AUSILI PER LE ATTIVITA’
QUOTIDIANE
I principali obiettivi terapeutici che devono sorreggere e guidare le
relative scelte ambientali sono i seguenti:
1. Garantire la sicurezza;
2. Compensare le disabilità e i disturbi della memoria e
dell’orientamento;
3. Evitare stimoli stressanti e/o ridondanti;
4. Rispettare la privacy e le capacità decisionali residue;
NB: particolare attenzione va data ai COLORI delle pareti, dei pavimenti e
degli oggetti che dovrebbero essere ben contrastanti; sono consigliati i colori
primari, mentre sono da evitare le tonalità morbide. L’impiego dei colori
consente anche di compensare la riduzione delle capacità di comprendere
messaggi verbali (segnali scritti); da qui l’utilità di contrassegnare spazi o
percorsi con diverse destinazioni.
Altri ausili ambientali sono costituiti da calendari o orologi, oppure dalla
fotografia del paziente collocata sulla porta di ingresso della propria stanza.
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59. PROBLEMI CONNESSI ALLA VISIONEPROBLEMI CONNESSI ALLA VISIONE
VISIONI A CONFRONTOVISIONI A CONFRONTO
(dott. Piero Angelo Bonati – Parma)(dott. Piero Angelo Bonati – Parma)
ANZIANO SANOANZIANO SANO ANZIANO CON DEMENZAANZIANO CON DEMENZA
65. DIFFICOLTA’ DURANTE I
PASTIIl momento dei pasti può diventare sempre più difficile: a
volte il malato si sporca mentre mangia, altre volte deve
essere aiutato a usare coltello e forchetta. Può succedere
che il malato mangi più spesso perché si dimentica di aver
già mangiato o al contrario che non mangi del tutto. Può
darsi che si metta a mangiare qualsiasi cosa, o che mangi
una cosa sola. Le sue stesse difficoltà a volte lo turbano, può
sentirsi imbarazzato o frustrato dalla propria incapacità a
mangiare correttamente, oppure soffre di altri problemi:
stitichezza, difficoltà di masticazione, disturbi del gusto.
Cosa fare?
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66. Cosa fare ?
• Aiutare il malato a mantenere una certa indipendenza (cibo
già tagliato, poche posate a tavola, mangiare con le mani,
dare piccoli suggerimenti, stare a tavola insieme)
• Fare in modo che i pasti siano un'esperienza gradevole
(musica di sottofondo, preparare assieme tavola e cibo)
• Non preoccuparsi troppo delle buone maniere e della pulizia
• Organizzare i pasti in base alle particolari esigenze del malato
(mantenere la routine, pasti più piccoli e frequenti se
dimentica, togliere i condimenti dopo averli usati, lasciargli il
tempo di mangiare, è meglio servire il cibo in una tazza)
• Assicurare un’adeguata idratazione (almeno un litro e mezzo
di acqua, 8 tazze, al giorno), attenzione alle bevande troppo
calde, potrebbero scottarsi senza accorgersene!
• In caso di perdita dell'appetito, consultare il medico
• Consultare un dentista
A TAVOLA
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68. UN PO’ DI BIBLIOGRAFIA
• Alzheimer senza paura: come parlare e cosa dire – P. Vigorelli
• Alzheimer: come favorire la comunicazione nella vita quotidiana –
P. Vigorelli
• Il metodo gentlecare – Moyra Jones
• Visione Parziale – Carey Smith Anderson
• Risposta all’alzheimer – Marwan Sabbagh
• Le Demenze – A cura di Marco Trabucchi
• Gentlecare: cronache di assistenza – A cura di Elena
Bortolomiol, Laura Lionetti e Enzo Angiolini
• Aria nuova in RSA – P. Vigorelli
• Le demenze: una guida per I familiari – IRCCS Brescia
• Arrugas – Rughe – Cartone animato
• Still Alice – Film
• Una sconfinata giovinezza – Film
• Iris, una storia vera – Film
• Robot and Frank - Film
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69. Dimmi – dimenticherò
Mostrami – potrei
ricordare
Ma coinvolgimi ed io
capirò.
Antico proverbio cinese
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71. GRAZIE A TUTTI
E
ARRIVERCI
AL PROSSIMO WEBINAR
DI
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Obiettivo Psicologia s.r.l.
webinar@obiettivopsicologia.it
www.opsonline.it
www.scuoladicounselingpsicologico.it
Editor's Notes
Numerosi autori hanno proposto di risuddividere (riinventare) l’età adulta. Uno di questi è Spirduso e in questa slide viene riporto il suo nuovo concetto di vecchiaia
Allungando quella che è la categoria anziana e introducendo una nuova categoria chiamata tarda età adulta
Questà è una suddivisione legata all’eta cronologica. Se si vuole fare una suddivisione in base all’età biologica….
As consequences of these recent findings, Spirduso (1999) proposed a new definition of age. The following quotation is adapted from a speech he made at the 1999 Albert and Elaine Borchard Symposium: “We humans have arrived at the threshold of the new Millennium having figured out several ways to allow us to live longer, and we have managed to compress morbidity somewhat. Because we are living so much longer than we could at the beginning of this century it is apparent that new definitions of age are needed. From 40 to 60 years a new stage, called Middlescence, can be detected, which is followed by a stage called “Late Adulthood”, related to the 60 to 80 years life time .A third stage, postponed and somewhat lengthened, going from 80 to 100 years is called “Old Age”. The last one is the “Very Old Age” stage, which refers to individuals aged more than 100 years. So many people will live to a relatively healthy old age, that there will be many more elderly than young people. We expect more physical competence and energy from Middlescence than we ever expected from these ages before, because we've learned that many of our limitations were in our mind and our attitude. And because older people are now stretching the envelope of human physical achievements at all ages, we have come to believe that more is yet to come”.