1. News 50/A/2016
Lunedì, 12 Dicembre 2016
Lavori stradali e valutazioni ambientali, Corte Ue fa chiarezza.
La costruzione delle “vie di rapida comunicazione” necessita della valutazione di
impatto ambientale (Via) anche se non fanno parte della rete di grandi strade di
traffico internazionale o se sono situate in zona urbana.
Secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia europea (sentenza 24 novembre
2016, n. C-645/15) relativa all’allegato 1, punto 7), lettera b) della direttiva “Via”
2011/92/Ue, la valutazione ambientale è obbligatoria per tutte le “vie di rapida
comunicazione” che rientrano nella definizione di superstrade stabilita dall’accordo
europeo sulle grandi strade di traffico internazionale (Agr) del 1975, a prescindere
dalla loro appartenenza alla rete disciplinata dall’accordo stesso.
La Cge ha chiarito inoltre che la nozione di “costruzione” deve essere interpretata
“nel senso che si riferisce alla realizzazione di opere prima inesistenti oppure alla
modifica, in senso fisico, di opere preesistenti”.
Il Giudice Ue, infine, ha escluso l’applicabilità della successiva lettera c) del punto 1)
ai lavori stradali che, pur interessando strade a quattro o più corsie, riguardano tratti
di lunghezza inferiore ai 10 km. (Articolo di Alessandro Geremei)
Fonte: reteambiente.it
Rifiuti, traffico è illecito se difforme da quello autorizzato.
Si ha trasporto illecito di rifiuti (articolo 260, Dlgs. 152/2006) quando non solo manca
un’autorizzazione, ma anche quando la concreta gestione dei rifiuti è difforme
rispetto all’attività autorizzata.
La Suprema Corte ha con sentenza 14 novembre 2016, n. 47959 ripercorso la
2. condotta di cui all’ articolo 260, Dlgs.152/2006 (traffico illecito di rifiuti), indicando
come la condotta possa essere integrata dalla assenza di autorizzazione, così come
dalla presenza di un’autorizzazione per una gestione che concretamente è difforme
rispetto a quella autorizzata.
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato
calabrese che conferiva rifiuti con un codice Cer falso ad uno stabilimento privo
delle necessarie autorizzazioni, integrando l’abusività della condotta richiesta dal
reato di cui all’articolo 260, Dlgs. 152/2006. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
Controlli ambientali, Arpa agisce come polizia giudiziaria.
Le funzioni di controllo affidate dalla legge ai tecnici delle agenzie regionali di
protezione ambientale (Arpa), secondo la Cassazione, non possono non essere
ricondotte nell’alveo delle funzioni di polizia giudiziaria.
La Suprema Corte (sentenza 50352/2016) ha così cassato e rinviato al mittente la
sentenza con cui il Gip di Firenze, ritenendo “radicalmente inutilizzabili” gli atti di
indagine compiuti da personale dell’Arpa non avente qualifica di polizia giudiziaria,
aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un soggetto indagato
per abbandono di rifiuti (articolo 256, comma 2, Dlgs. 152/2006).
La Cassazione ha invece accolto la tesi del Procuratore del Tribunale fiorentino
ricorrente in giudizio, secondo il quale, essendo la tutela dell’ambiente una materia
di rilevanza costituzionale presidiata dalla legge penale, le funzioni di controllo che
la norma statale (Dl 496/1993 di istituzione della Agenzia nazionale per la protezione
dell’ambiente) riconosce ai tecnici delle Arpa rientrano nell’alveo delle funzioni di
polizia giudiziaria elencate nell’articolo 255 C.p.p. e, quanto alla qualifica spettante
ai soggetti che ne sono titolati, nella generale previsione di cui al terzo comma
dell’articolo 257 C.p.p. (“Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti
del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle
quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55”).
(Articolo di Alessandro Geremei)
Fonte: reteambiente.it
3. “231”, disegno di legge per esclusione piccoli imprenditori.
In materia di responsabilità 231, la Camera sta esaminando una proposta di legge
che escluderebbe dal novero dei soggetti interessati dalla responsabilità
amministrativa da reato, gli imprenditori con meno di 15 dipendenti.
La Camera dei deputati, con disegno di legge n. 4138, sta esaminando la proposta
di riformare il Dlgs. 231/2001 (responsabilità amministrativa da reato delle persone
giuridiche). In particolare, il Dlgs. verrebbe modificato nella parte in cui nel nuovo
comma 2, articolo 1, gli Enti sottoposti alla disciplina diverrebbero quelli con un
numero di dipendenti superiore a 15.
Inoltre, questa nuova previsione legata ad una soglia dimensionale non vale per gli
Enti soggetti ad attività di direzione e coordinamento; i gruppi di società
rientrerebbero quindi nello schema 231, indipendentemente dal numero dei
dipendenti. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
Rifiuti. Nozione oggettiva di rifiuto.
Cass. Sez. III n. 48316 del 16 novembre 2016 (Ud 11 ott 2016)
Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. Lombardo
Secondo principi generali ormai consolidati, deve ritenersi inaccettabile ogni
valutazione soggettiva della natura dei materiali da classificare o meno quali rifiuti,
poiché è rifiuto non ciò che non è più di nessuna utilità per il detentore in base ad
una sua personale scelta ma, piuttosto, ciò che è qualificabile come tale sulla
scorta di dati obiettivi che definiscano la condotta del detentore o un obbligo al
quale lo stesso è comunque tenuto, quello, appunto, di disfarsi del suddetto
materiale. E’ evidente che, nel caso di specie, la eterogeneità dei materiali e le
condizioni in cui venivano detenuti evidenziano la loro natura di rifiuto nonché la
circostanza che l’originario detentore se ne era disfatto e, dunque, non rileva che
detti materiali fossero, almeno in parte, suscettibili di riutilizzazione economica,
poiché tale evenienza non esclude comunque la loro natura di rifiuto.
Fonte: lexambiente.it
4. Ambiente in genere. Valutazione di incidenza e discrezionalità tecnica e
amministrativa.
TAR Calabria (CZ) Sez. I n.2057 del 2 novembre 2016
La valutazione di incidenza ambientale, non diversamente dalla valutazione di
impatto ambientale, si caratterizza quale giudizio espressione di ampia
discrezionalità oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa, sul piano
dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione
rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera. Il sindacato del giudice amministrativo
in tale materia è dunque limitato alla manifesta illogicità, incongruità, travisamento
o macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria.
Fonte: lexambiente.it
Una nuova strategia Ue per la gestione dello sforzo di pesca degli stock di merluzzo
bianco.
Gli stock scendono al di sotto dei livelli di salvaguardia della biomassa (MSY
Btrigger)
L’Ue modifica la strategia di gestione dello sforzo di pesca degli stock di merluzzo
bianco (Gadus morhua). Con nuovo regolamento – pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale di sabato – modifica il regolamento del 2008 che istituisce un piano a lungo
termine per gli stock di merluzzo bianco nel Kattegat, nel Mare del Nord, nello
Skagerrak e nella Manica orientale, nelle acque della Scozia occidentale e nel
Mare d’Irlanda e le attività di pesca che sfruttano tali stock.
L’obiettivo del regolamento del 2008 è quello di raggiungere uno sfruttamento
sostenibile dello stock di merluzzo bianco. Uno sfruttamento che ricostituisca e
mantenga gli stock al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo
sostenibile (Msy).
Ma la valutazione scientifica svolta dal comitato scientifico, tecnico ed economico
per la pesca (Cstep) ha messo in evidenza una serie di problemi connessi
all’applicazione del regolamento. Per questo e in particolare per la sua mutata
percezione dello stock del Mare del Nord, il consiglio internazionale per
l’esplorazione del mare (Ciem) ha proposto di riesaminare la strategia di gestione.
Un quadro di gestione che fra l’altro è fondamentalmente cambiato grazie
all’introduzione di un obbligo di sbarco (regolamento 1380/2013).
5. Il regime di gestione dello sforzo di pesca del 2008 ha prodotto vari risultati
riguardanti la selettività e altre misure adottate per evitare le catture di merluzzo
bianco, ma è diventato un ostacolo per l’attuazione dell’obbligo di sbarco. Esso
impedisce l’ulteriore adattamento dei modelli di pesca, come la scelta della zona e
dell’attrezzo. Per questo il legislatore Ue – con il nuovo regolamento – ha deciso di
interrompere tale regime di gestione dello sforzo di pesca.
Poiché mediante incentivi connessi al regime di gestione dello sforzo di pesca e
misure nazionali (piani intesi a evitare la cattura di merluzzo bianco o a ridurre i
rigetti) il regolamento del 2008 ha provocato miglioramenti significativi in relazione
alla selettività e al fatto di evitare la cattura di merluzzo bianco, è della massima
importanza che, sebbene l’obbligo di sbarco sia introdotto per tutte le catture di
merluzzo bianco conformemente al calendario, gli Stati membri, con un interesse
diretto nella pesca, portino avanti o sviluppino ulteriormente tali misure nazionali.
Durante una fase transitoria in cui si procede alla preparazione dei piani pluriennali
per la pesca multispecifica le misure di gestione devono prendere in considerazione
i livelli minimi e di precauzione della biomassa appropriati. Se gli stock scendono al
di sotto dei livelli di salvaguardia della biomassa (MSY Btrigger) disponibili nei pareri
scientifici devono essere adottate tutte le misure necessarie ad affrontare la
situazione.
Le informazioni sullo stock e sulla pesca relative ad alcune potrebbero non essere
sufficienti per determinare le possibilità di pesca conformemente al principio
dell’Msy. In tali casi, si dovrebbe seguire l’approccio precauzionale.
Il regolamento 2008 ha introdotto, oltre al regime dello sforzo di pesca, un sistema di
permessi di pesca speciali legato a una limitazione della capacità totale della
potenza del motore dei pescherecci in una zona pertinente. Al fine di evitare
perturbazioni destabilizzanti dell’attività di pesca che potrebbero avere un impatto
negativo sulla ricostituzione degli stock, il legislatore Ue ha ritenuto opportuno
mantenere il sistema fintantoché non saranno completamente abbandonate le
norme sul regime dello sforzo di pesca. (Articolo di Eleonora Santucci)
Fonte: greenreport.it
6. Il regime di gestione dello sforzo di pesca del 2008 ha prodotto vari risultati
riguardanti la selettività e altre misure adottate per evitare le catture di merluzzo
bianco, ma è diventato un ostacolo per l’attuazione dell’obbligo di sbarco. Esso
impedisce l’ulteriore adattamento dei modelli di pesca, come la scelta della zona e
dell’attrezzo. Per questo il legislatore Ue – con il nuovo regolamento – ha deciso di
interrompere tale regime di gestione dello sforzo di pesca.
Poiché mediante incentivi connessi al regime di gestione dello sforzo di pesca e
misure nazionali (piani intesi a evitare la cattura di merluzzo bianco o a ridurre i
rigetti) il regolamento del 2008 ha provocato miglioramenti significativi in relazione
alla selettività e al fatto di evitare la cattura di merluzzo bianco, è della massima
importanza che, sebbene l’obbligo di sbarco sia introdotto per tutte le catture di
merluzzo bianco conformemente al calendario, gli Stati membri, con un interesse
diretto nella pesca, portino avanti o sviluppino ulteriormente tali misure nazionali.
Durante una fase transitoria in cui si procede alla preparazione dei piani pluriennali
per la pesca multispecifica le misure di gestione devono prendere in considerazione
i livelli minimi e di precauzione della biomassa appropriati. Se gli stock scendono al
di sotto dei livelli di salvaguardia della biomassa (MSY Btrigger) disponibili nei pareri
scientifici devono essere adottate tutte le misure necessarie ad affrontare la
situazione.
Le informazioni sullo stock e sulla pesca relative ad alcune potrebbero non essere
sufficienti per determinare le possibilità di pesca conformemente al principio
dell’Msy. In tali casi, si dovrebbe seguire l’approccio precauzionale.
Il regolamento 2008 ha introdotto, oltre al regime dello sforzo di pesca, un sistema di
permessi di pesca speciali legato a una limitazione della capacità totale della
potenza del motore dei pescherecci in una zona pertinente. Al fine di evitare
perturbazioni destabilizzanti dell’attività di pesca che potrebbero avere un impatto
negativo sulla ricostituzione degli stock, il legislatore Ue ha ritenuto opportuno
mantenere il sistema fintantoché non saranno completamente abbandonate le
norme sul regime dello sforzo di pesca. (Articolo di Eleonora Santucci)
Fonte: greenreport.it