Dall’intervento cognitivo standard sulle credenze all’elicitazione dei temi e piani di vita - (LIBET : Life themes and plans Implications of Biases: Elicitation and Treatment)
Il corso si focalizza sui seguenti argomenti:
1. Il colloquio clinico di consultazione e il processo diagnostico. 2. Dalla domanda di trattamento al trattamento della domanda. 3. La riformulazione della domanda attraverso l’alleanza diagnostica e la restituzione al/ai paziente/i. 4. Dalla diagnosi alla pianificazione del trattamento. 5. Alleanza terapeutica e “clinica-sotto-transfert”. 6. Ragionamento clinico e variabilità del setting. 7. Progetto terapeutico individuale, di coppia, familiare e/o istituzionale. 8. La costruzione di un intervento singolo o in parallelo, di un progetto terapeutico individuale, di gruppo, familiare o integrato. 9. La ricerca qualitativa sui percorsi terapeutici.
Nicolò Terminio - Lezione su Generazione borderline e mondo tossicomane - Cor...Nicolò Terminio
“I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline.
Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del “famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento del borderline.
Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione con l’Altro.
Esistenze borderline e mondo tossicomane: modelli relazionali nella comunità ...Nicolò Terminio
In una comunità terapeutica per tossicodipendenti la questione clinica del borderline si pone innanzitutto come una questione pratica che deve essere gestita soprattutto dagli operatori. Gli operatori sperimentano quotidianamente, nel corso delle varie attività psicoeducative, la possibilità di fare una cosiddetta “diagnosi doubleface” (Rossi Monti, Foresti). Se prendiamo infatti come vertice di osservazione la relazione tra operatori e pazienti di una comunità possiamo facilmente catalogare i vissuti degli uni e degli altri seguendo passo per passo i criteri della diagnosi del disturbo borderline di personalità. Quindi possiamo notare, prendendo come riferimento la quarta versione del DSM, come a ogni caratteristica clinica del paziente borderline risponda un particolare vissuto dell’operatore. E non è detto tale vissuto sia riconducibile essenzialmente a dinamiche o contenuti controtransferali. Nella mia esperienza tali vissuti emergono piuttosto come effetto della psicopatologia dei pazienti tossicomani sugli operatori. Per tal motivo mi sembra opportuno recuperare la riflessione di Foresti e Rossi Monti su una diagnosi doubleface al fine di contestualizzare alcuni snodi relazionali tipici e ricorrenti nella clinica del borderline così come la sperimentiamo in una comunità terapeutica per tossicodipendenti.
Il corso si focalizza sui seguenti argomenti:
1. Il colloquio clinico di consultazione e il processo diagnostico. 2. Dalla domanda di trattamento al trattamento della domanda. 3. La riformulazione della domanda attraverso l’alleanza diagnostica e la restituzione al/ai paziente/i. 4. Dalla diagnosi alla pianificazione del trattamento. 5. Alleanza terapeutica e “clinica-sotto-transfert”. 6. Ragionamento clinico e variabilità del setting. 7. Progetto terapeutico individuale, di coppia, familiare e/o istituzionale. 8. La costruzione di un intervento singolo o in parallelo, di un progetto terapeutico individuale, di gruppo, familiare o integrato. 9. La ricerca qualitativa sui percorsi terapeutici.
Nicolò Terminio - Lezione su Generazione borderline e mondo tossicomane - Cor...Nicolò Terminio
“I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline.
Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del “famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento del borderline.
Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione con l’Altro.
Esistenze borderline e mondo tossicomane: modelli relazionali nella comunità ...Nicolò Terminio
In una comunità terapeutica per tossicodipendenti la questione clinica del borderline si pone innanzitutto come una questione pratica che deve essere gestita soprattutto dagli operatori. Gli operatori sperimentano quotidianamente, nel corso delle varie attività psicoeducative, la possibilità di fare una cosiddetta “diagnosi doubleface” (Rossi Monti, Foresti). Se prendiamo infatti come vertice di osservazione la relazione tra operatori e pazienti di una comunità possiamo facilmente catalogare i vissuti degli uni e degli altri seguendo passo per passo i criteri della diagnosi del disturbo borderline di personalità. Quindi possiamo notare, prendendo come riferimento la quarta versione del DSM, come a ogni caratteristica clinica del paziente borderline risponda un particolare vissuto dell’operatore. E non è detto tale vissuto sia riconducibile essenzialmente a dinamiche o contenuti controtransferali. Nella mia esperienza tali vissuti emergono piuttosto come effetto della psicopatologia dei pazienti tossicomani sugli operatori. Per tal motivo mi sembra opportuno recuperare la riflessione di Foresti e Rossi Monti su una diagnosi doubleface al fine di contestualizzare alcuni snodi relazionali tipici e ricorrenti nella clinica del borderline così come la sperimentiamo in una comunità terapeutica per tossicodipendenti.
Disabilità intellettiva, relazionale e gravi problematiche di salute mentale nell’arco di vita di una persona:
- La disabilità intellettiva come raggruppamento di disturbi del neurosviluppo
- Ridefinire una categoria nel nuovo sistema diagnostico internazionale
This document discusses hairy root cell culture. Hairy root culture involves infecting plant explants with the soil bacterium Agrobacterium rhizogenes, which transfers genes to the plant genome and causes roots to form with increased cell division and elongation, producing "hairy roots". Hairy roots have properties like genotype/phenotype stability, fast growth, and high production of secondary metabolites. The process involves wounding explants, inoculating with A. rhizogenes, inducing hairy roots within 1 week to 1 month, and subculturing in antibiotic media to remove bacteria. Hairy roots can be cultured in various bioreactors and have applications like gene analysis, protein expression, and secondary metabolite production.
Hairy root cultures are produced by infecting plant explants or cultures with the soil bacterium Agrobacterium rhizogenes. This process transfers genes from the bacterium's Ri plasmid that cause the plant cells to proliferate roots resembling hairs. Hairy roots are genetically stable and can grow rapidly without phytohormones. They are used to produce valuable secondary metabolites and study gene functions. Bioreactors are employed to culture hairy roots on a large scale for applications such as producing medical compounds.
Secondary metabolites are organic compounds produced by plant metabolism that are not essential for growth or reproduction but provide other benefits. They often function in plant defense against herbivores and pathogens. There are several types of plant tissue cultures used to study secondary metabolism, including organized cultures of tissues, disorganized callus cultures, hairy root cultures, and immobilized cell cultures where cells are confined within a matrix.
Fungal secondary metabolites are organic compounds produced by fungi that are not essential for growth but provide benefits such as aiding competition, antagonism, and self-defense. The document discusses the importance of fungi in biotechnology and medicine, describing their use in producing antibiotics, enzymes, acids, and other pharmaceutical compounds. It outlines methods for isolating local fungi, testing their extracts against pathogens, optimizing production conditions, and characterizing purified compounds. The aim is to screen Iraqi fungi such as Rhizoctonia and Trichoderma for novel bioactive substances and examine their potential for medical applications.
Callus is an unorganized mass of undifferentiated cells that can be cultured in vitro. It is produced when plant explants are cultured on medium containing auxin and cytokinin hormones under sterile conditions. Callus tissue lacks differentiation and is unable to perform photosynthesis. It can be maintained indefinitely and used for plant regeneration through processes like organogenesis and somatic embryogenesis. Successful callus culture requires aseptic preparation of explants, a nutrient medium with proper hormone balance, and controlled physical conditions for incubation.
This document provides an introduction and history of plant tissue culture. It discusses various types of plant tissue cultures including callus culture, cell suspension culture, protoplast culture, meristem culture, anther culture, somatic embryogenesis, and ovary/ovule culture. The key applications of these culture techniques are the production of virus-free plants, mass production of desirable genotypes, production of haploid plants, and genetic transformation.
Disabilità intellettiva, relazionale e gravi problematiche di salute mentale nell’arco di vita di una persona:
- La disabilità intellettiva come raggruppamento di disturbi del neurosviluppo
- Ridefinire una categoria nel nuovo sistema diagnostico internazionale
This document discusses hairy root cell culture. Hairy root culture involves infecting plant explants with the soil bacterium Agrobacterium rhizogenes, which transfers genes to the plant genome and causes roots to form with increased cell division and elongation, producing "hairy roots". Hairy roots have properties like genotype/phenotype stability, fast growth, and high production of secondary metabolites. The process involves wounding explants, inoculating with A. rhizogenes, inducing hairy roots within 1 week to 1 month, and subculturing in antibiotic media to remove bacteria. Hairy roots can be cultured in various bioreactors and have applications like gene analysis, protein expression, and secondary metabolite production.
Hairy root cultures are produced by infecting plant explants or cultures with the soil bacterium Agrobacterium rhizogenes. This process transfers genes from the bacterium's Ri plasmid that cause the plant cells to proliferate roots resembling hairs. Hairy roots are genetically stable and can grow rapidly without phytohormones. They are used to produce valuable secondary metabolites and study gene functions. Bioreactors are employed to culture hairy roots on a large scale for applications such as producing medical compounds.
Secondary metabolites are organic compounds produced by plant metabolism that are not essential for growth or reproduction but provide other benefits. They often function in plant defense against herbivores and pathogens. There are several types of plant tissue cultures used to study secondary metabolism, including organized cultures of tissues, disorganized callus cultures, hairy root cultures, and immobilized cell cultures where cells are confined within a matrix.
Fungal secondary metabolites are organic compounds produced by fungi that are not essential for growth but provide benefits such as aiding competition, antagonism, and self-defense. The document discusses the importance of fungi in biotechnology and medicine, describing their use in producing antibiotics, enzymes, acids, and other pharmaceutical compounds. It outlines methods for isolating local fungi, testing their extracts against pathogens, optimizing production conditions, and characterizing purified compounds. The aim is to screen Iraqi fungi such as Rhizoctonia and Trichoderma for novel bioactive substances and examine their potential for medical applications.
Callus is an unorganized mass of undifferentiated cells that can be cultured in vitro. It is produced when plant explants are cultured on medium containing auxin and cytokinin hormones under sterile conditions. Callus tissue lacks differentiation and is unable to perform photosynthesis. It can be maintained indefinitely and used for plant regeneration through processes like organogenesis and somatic embryogenesis. Successful callus culture requires aseptic preparation of explants, a nutrient medium with proper hormone balance, and controlled physical conditions for incubation.
This document provides an introduction and history of plant tissue culture. It discusses various types of plant tissue cultures including callus culture, cell suspension culture, protoplast culture, meristem culture, anther culture, somatic embryogenesis, and ovary/ovule culture. The key applications of these culture techniques are the production of virus-free plants, mass production of desirable genotypes, production of haploid plants, and genetic transformation.
Isolation and Screening of Secondary Metabolitesangelsalaman
This document discusses industrial microbiology and the production of various products through microbial fermentation processes. It describes how microorganisms are used to produce pharmaceuticals, chemicals, enzymes and other industrial products. Specific examples discussed include antibiotics, vitamins, amino acids, alcoholic beverages and biofuels. The document also covers topics like isolating and screening microorganisms, secondary metabolite production, large-scale fermentation processes, and genetic engineering techniques used to modify microbes for industrial applications.
Plant tissue culture involves growing plant cells, tissues, or organs in sterile conditions on a nutrient culture medium. Key aspects of plant tissue culture include selecting and sterilizing explant tissue, transferring it to a solid culture medium containing hormones, and periodically moving the growing tissue to new media for multiplication. The growing plantlets are eventually transferred to pots and grown in a greenhouse. Plant tissue culture allows for conservation of endangered species, production of virus-free plants, hybrid regeneration, and faster plant growth.
This document discusses secondary metabolites produced by plants. It notes that nearly 70-80% of the world's population relies on herbal medicines. Secondary metabolites are phytochemicals not directly involved in plant metabolism and include pharmaceuticals, flavors, fragrances and more. Producing these compounds through plant cell cultures allows control over production conditions and quality. Key advantages of this method include production according to market demands, independence from environmental factors, consistent quality, ease of product recovery, and ability to produce novel compounds. The document outlines various strategies for optimizing secondary metabolite production in plant cell cultures, including selection of high-yielding cell lines, culture conditions, addition of precursors, use of elicitors, biotransformation, and downstream
1. Secondary metabolites are molecules produced by organisms that are not essential for growth but provide other important functions.
2. Alkaloids are an important class of secondary metabolites derived from amino acids. They have diverse pharmacological effects used in medicine.
3. Terpenoids are another major class of secondary metabolites derived from chains of isoprene units. They contribute flavors, scents, pigments and hormones in plants.
This document contains protocols for various plant tissue culture techniques. It discusses the introduction to plant tissue culture, sterilization techniques used, and then outlines 8 specific protocols: 1) tissue culture media preparation, 2) explant preparation and surface sterilization, 3) embryo culture, 4) culture of anther for haploid production, 5) meristem culture, 6) meristem tip culture for virus-free plants, 7) induction of somatic embryogenesis, and 8) protoplast isolation, culture, and regeneration. The goal of these protocols is to describe the principles and procedures of different plant tissue culture methods.
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La Dott.ssa Napoli fornirà alcune indicazioni sulla funzione dei Fiori di Bach nel percorso terapeutico e su come possono permettere di velocizzare il benessere percepito dalla persona in breve tempo e contribuire all’ elaborazione terapeutica.
La miglior cura possibile – Cura integrata e psichiatria di precisione – Imparare, di nuovo, a stare bene – Video consulenza online è unascelta mirata – L’ADHD negli adulti, il coaching, intervento di cruciale importanza.
Panoramica della materia - Olismologia: la Disciplina della Sintesi | 19 nove...Lorenzo Capello
Conferenza interattiva dimostrativa presso la Parafarmacia La Fenice, Via Riviera 105 - Pavial nell’ambito del ciclo: "Incontri consapevoli di cultura, scienza, alimentazione e benessere per saperne di più sulla propria salute"
tema: OLISMOLOGIA, LA DISCIPLINA DELLA SINTESI: PANORAMICA DELLA MATERIA
Crisi lavoro psicopatologia mobbing - a cura di Rosalba GerliDrughe .it
Come psicoterapeuta non posso che tentare di dar voce alla sofferenza che deriva dalle difficoltà di questo momento storico e in modo particolare a quella che deriva dalle trasformazioni del lavoro. Un lavoro che potremmo definire oggi maltrattato come sempre più spesso sono maltrattate le persone al lavoro. Io mi occupo da tempo di disagio lavorativo e da circa dieci anni conduco gruppi con persone che presentano problemi legati alle varie forme del disagio sul lavoro compreso il mobbing, che è solo un aspetto di tale disagio, ma che ha avuto il merito di aprire una finestra sull’ampio panorama della sofferenza che scaturisce dalle condizioni di lavoro. Il termine mobbing infatti è spesso abusato, forse anche a causa della sovraesposizione mediatica, ed è utilizzato erroneamente per descrivere qualsiasi forma di conflitto sul lavoro, ma per molte persone questo è l’unico modo di poter dar voce e attribuire un senso alla propria sofferenza altrimenti incomprensibile e indicibile. La crisi ha incrementato questa sofferenza. Tengo a sottolineare che in questo momento il disagio psicologico legato al lavoro ha assunto delle dimensioni di emergenza sociale, ma rischia di passare sotto traccia, se ne parla poco e si fa troppo poco, così come avviene in generale sul tema del lavoro.
La complessità delle forme psicopatologiche contemporanee rende necessaria la costruzione di progetti terapeutici che non siano centrati sulla relazione con il singolo paziente, ma che contemplino anche il coinvolgimento di figure significative del gruppo di riferimento del paziente (familiari, amici, altri terapeuti, altre istituzioni).
L’impostazione terapeutica deve dunque tener conto del campo multipersonale in cui è inserito il paziente che incontriamo, e soprattutto occorre saper decodificare il livello relazionale in cui si gioca e si può giocare la partita tra il soggetto e il suo “reale”.
meccanismi di difesa e altre distorsioni del giudizio.pdfnadine benedetti
FALSI RICORDI, MISURE DI SICUREZZA E MECCANISMI DI AUTODIFESA INCONSCI,
DISTORSIONI PERCETTIVE O DI GIUDIZIO E ATTRIBUZIONE
Conoscere bene ciò che distorce di solito il nostro giudizio e le protezioni che per noi sono più distintive è il primo
passo per poterci liberare sia di questi automatismi che dei sintomi nevrotici e imparare a scegliere davvero; conoscere
le riflessioni e le azioni che si sono dimostrate più utili per la maggioranza di coloro che hanno deciso di intraprendere
questo percorso (le tecniche definite oggi cognitivo-comportamentali) e quindi leggere i libri sottolineati nella prima
parte di questo documento, è il naturale passo successivo. Conosco persone divenute abbastanza obiettive e abili nella
risoluzione di problemi e incombenze dopo aver subìto per molti anni alcuni dei più deleteri di questi processi mentali
coatti.
Credo che, oltre a conoscere di ognuna delle reazioni elencate gli esempi più rappresentativi nelle nostre azioni passate
e nel presente, ci permetta di liberarcene anche riflettere su ciò che Jung scrisse su cos'è in generale una nevrosi e su
quali ne siano più spesso l'origine e la soluzione, perché i sintomi nevrotici sono esagerazioni dolorose molto difficili da
gestire di reazioni inconsce comuni a tutti (un progetto è meglio concepito e realizzato quando si ha una visione
d'insieme: ecco perché può aiutarci leggere i commenti in corsivo della prima metà di questo documento dedicati
soprattutto a Jung e al suo concetto generale di nevrosi come difesa della personalità spesso nata nell'infanzia a causa
delle decisioni più negative dei genitori, una reazione involontaria deleteria e duratura). Tenete presente che molti libri
sulla meditazione e alcuni saggi sul buddismo indicano come meta ideale di ogni individuo proprio l'emancipazione
della coscienza dall'automatizzazione e anch'essi citano esempi di chi l'ha gradualmente raggiunta. Purtroppo però
ancora oggi molti psichiatri sfruttano soprattutto la maggiore inconsapevolezza e presenza in alcune persone di tali
meccanismi di distorsione o difesa (oppure la loro ingannevole apparenza) per diagnosticare un disturbo di personalità,
cioè una malattia incredibilmente vaga, ma classificata come cronica pressoché costituzionale e grave e riguardo alla cui
origine e al cui trattamento i manuali di psichiatria e la prassi nota non si pronunciano se non per far internare e
costringere a psicofarmaci estremamente dannosi i disoccupati (anche giovani) e chi non riesce a pagare l'affitto (la
disoccupazione è considerata uno dei principali sintomi di questi disturbi fin dalle prime e classiche loro definizioni,
anche se oggi c'è chi vede persone con patologie mentali gravi e croniche ovunque e anche tra i lavoratori).
l’Olismologia offre nuove risposte in quanto è la Disciplina della Sintesi.
Un approccio clinico innovativo per valutare e curare sempre ogni Paziente nella sua globalità psico-fisica con un atto medico unitario e simultaneo.
L’Olismologia non è - e non sarà - un’altra specializzazione, ma una nuova forma mentis medica
Similar to Dall’intervento cognitivo standard sulle credenze all’elicitazione dei temi e piani di vita - (LIBET : Life themes and plans Implications of Biases: Elicitation and Treatment) (20)
La metacognizione come predittore di ruminazione rabbiosa e esperienza di rab...
Dall’intervento cognitivo standard sulle credenze all’elicitazione dei temi e piani di vita - (LIBET : Life themes and plans Implications of Biases: Elicitation and Treatment)
2. * Si suppone che la terapia cognitiva, nelle sue
principali forme classiche e sui suoi disturbi
bersaglio provilegiati, funzioni incrementando
le facoltà critiche e le capacità di esame
pragmatico e razionale della realtà esterna e
dei propri stati d’animo nei pazienti
*
3. * Sebbene la ricerca in psicoterapia e cognitiva
di terza ondata ci abbia fatto capire quanto sia
difficile ridurre l„intero processo terapeutico al
solo incremento delle capacità critiche e
razionali, è pur vero che gli studi di efficacia a
favore della terapia cognitiva ci suggeriscono
che l‟analisi di realtà razionale comunque
giochi un ruolo significativo nella terapia
quantomeno di alcuni disturbi
*
4. * Sarebbe veramente improbabile che la terapia
cognitiva standard funzioni solo grazie a
meccanismi totalmente altri rispetto a quelli
previsti dalla teoria.
* Sarebbe tutto da sempre un gigantesco
equivoco? E che dura da decenni? Questo
significa supporre che Ellis e Beck non solo
fossero teoreticamente ingenui (plausibile) ma
del tutto cretini (meno plausibile). E noi con
loro.
*
5. *È semmai più plausibile sostenere
che –almeno per alcuni disturbi
bersaglio- il ruolo dei meccanismi di
cambiamento razionalistico può
essere talmente catalizzante da
rendere quasi spontanea e
involontaria l‟attivazione degli altri
tipi di meccanismi
*
6. * Tuttavia qual è il ruolo dello specifico intervento
cognitivo in altri disturbi in cui l‟efficacia della
terapia cognitiva appare meno o non sicura e
dimostrata? Ad esempio l‟anoressia o i disturbi di
personalità.
* In questi disturbi i pazienti non riescono a
modificare i propri comportamenti dannosi e
autolesionisti o a padroneggiare le proprie emozioni
più dolorose anche dopo che il processo cognitivo è
stato chiarito e sono state trovate in terapia delle
possibili strategie mentali o comportamentali di
gestione della sofferenza emotiva.
*
7. * Si tratta del cosiddetto “paziente difficile”
(Perris, McGorry, 1998).
* Questo tipo di paziente mostra un maggiore livello
di attivazione emotiva, una minore capacità
introspettiva di definire e comprendere i propri
stati d'animo e una minore capacità di gestire
attraverso l'autocontrollo consapevole, deliberato e
ponderato la propria emotività e impulsività.
* È realistico sostenere che nelle terapie con il
paziente cosiddetto “difficile” il meccanismo
dell‟incremento razionale dell‟esame di realtà e
degli stati interni sia del tutto assente?
*
8. * Il problema del paziente difficile ha stimolato una serie di
risposte teoriche e cliniche di tipo bottom up oppure di
gestione metacognitiva (top top down?):
* Skill training neo-comportamentale (Linehan)
* Mindfulness (Kabat-Zinn, Linehan, Seagal)
* Metacognizione (Wells, Dimaggio, Semerari)
* Accettazione (Hayes)
* Compassione (Gilbert)
* Approfondimento degli schemi e loro radicamento nella
storia evolutiva (Liotti, Young, Sassaroli, Lorenzini) o nel
fondamento biologico (Liotti)
* Tecniche di gestione non verbale della relazione
(Liotti, Farina, Tarantino)
*
9. * Nessun reinserimento per l‟intervento
razionalista non metacognitivo?
* Una possibile strada parte dalla considerazione
che il paziente difficile non è soltanto un
paziente che sta peggio del paziente “facile”.
È soprattutto un paziente che, rispetto agli
altri, sembra meno capace di rispettare le
regole implicite ed esplicite del contratto
terapeutico.
*
10. * In particolare sembra frequentemente sfuggirgli la
prima regola, ovvero che la terapia è trattamento
di problemi psicologici interiori e che il trattamento
avviene esplorando e impegnandosi a cambiare i
propri stati mentali.
* Per molti pazienti l‟esplorazione delle convinzioni
distorte e dei propri stati mentali significa
rinunciare a una serie di altre convinzioni sul
proprio malessere, ovvero teorie naif sulla propria
sofferenza, che spiegano i problemi psicologici in
termini di responsabilità del mondo o degli altri.
*
11. * Il paziente “difficile” porta in terapia domande di
terapia non formulate in termini psicologici
* Ce l‟hanno tutti con me (perché non va da un avvocato?)
* Ho sempre mal di testa (perché non va dal neurologo?)
* Mi si è ristretto lo stomaco (perché non va dal
gastroenterologo?)
* Sono tutti stupidi (perché non fonda un movimento
culturale?)
* Sono tutti cattivi (perché non fonda un movimento
sociale, politico, religioso?)
* È tutto sbagliato (perché non fa tutte le cose
menzionate?)
*
12. * Insomma il paziente difficile si presenta al
clinico come se non fosse disposto a un
alleanza curativa.
* È fondamentale rendersi conto che non sempre
la presenza del paziente difficile in
studio, seduto davanti allo psicoterapista, vuol
dire che egli abbia la volontà o la capacità di
costruire una alleanza di lavoro con il terapista
*
13. * Ma dov‟è la connessione con la teoria
razionalista?
* Riflettiamo: il rifiuto di ragionare in termini di
critica delle credenza ma la tendenza a
difenderle (sono vere, sono giuste) ricorda
qualcosa
* Ricorda le doverizzazioni di Ellis, i suoi “must”
*
14. * Ovvero: il mondo o gli altri (o perfino me stesso)
dovrebbero essere fatti o andare in una certa
maniera ed è profondamente sbagliato o ingiusto
che le cose non vadano così.
* Possiamo facilmente capire che è possibile che le
doverizzazioni siano profondamente sentite dal
paziente come valori personali che ne definiscono
profondamente l‟identità.
* Di conseguenza, un concetto apparentemente
superato come la doverizzazione finisce per aiutare
a teorizzare un aspetto dei problemi di alleanza
terapeutica con i pazienti difficili.
*
15. * Possibili risposte:
* Tecniche bottom down
* Tecniche metacognitive top top down (Terzo
centro – Dimaggio) o stop top down (Wells)
* Oppure ricordare al paziente il patto
terapeutico cognitivo, ovvero il contratto:
ricordare al paziente che la terapia cognitiva
funziona accertando, disputando e
ristrutturando le convinzioni distorte.
*
16. * In un certo senso, si tratta di fare degli ABC
sulla tendenza del paziente a non fare gli ABC
* Il continuo difendere le proprie credenze o
svicolare diventa l‟A
* Ma non immediatamente. Proponiamo un
percorso intergrato che chiamiamo LIBET (Life
themes and plans Implications of Biases:
Elicitation and Treatment)
*
17. * Si parte con l‟ipotesi condivisa con il paziente
che le convinzioni distorte non siano solo
errori, equivoci, distorsioni cognitive, ma
qualcosa di più, in termini evolutivi (tema di
vita doloroso) (Liotti, Lorenzini, Sassaroli) e
scopistici (piano di vita patologico)
(Castelfranchi, Mancini, Paciolla).
*
18. * Definiamo il tema di vita la rappresentazione di
esperienze evolutivamente apprese che
determinano stati mentali e relazionali percepiti
come assolutamente intollerabili
(Liotti, Lorenzini, Sassaroli)
* Evento negativo
* Valutazione di intollerabilità
* E quindi abbiamo fatto una connessione tra terapia
cognitiva e raccolta di dati della storia evolutiva e
di vita.
* È questo che, nel LIBET, chiamiamo il “tema di vita
doloroso e intollerabile”
*
19. * Successivamente il paziente tenta di costruire un
progetto di vita che gli consenta la massima
integrazione e realizzazione possibile nel mondo
esterno, affettivo, sociale e fattivo, però senza mai
passare per il luogo intollerabile, ovvero il “tema di
vita”.
* In assenza di situazioni invalidanti, il piano, pur
angusto, può funzionare anche per anni (o per
intere vite!)
* È questo che, nel LIBET, chiamiamo il “piano di vita
patologico e meta-controllante”
*
20. * Per esempio:
* un fobico sociale che non voglia mai passare
attraverso il giudizio degli altri.
* Un ossessivo che non debba mai passare per il
rischio si contaminazione o di responsabilità.
* E così via.
* Il problema è che questo piano per definizione non
può collimare con il piano di vita che gli propone la
terapia
* Ecco che quindi lo stallo terapeutico non si presenta
più come semplice distorsione
*
21. * Confrontato con il suo tema e piano di vita, il paziente
potrebbe sciogliersi e rientrare nel contratto
terapeutico,
* Oppure potrebbe entrare in un‟escalation, una difesa
a oltranza delle sue convinzioni distorte che finirebbe
per minare l‟atmosfera di collaborazione e fiducia
* L‟atmosfera di tensione penosa e insoddisfazione, se
non gestita cooperativamente (Liotti, Farina e
Tarantino, 2012) può sfociare in una escalation finale
di rottura in cui il paziente non solo sta difendendo le
sue convinzioni distorte, ma le sta utilizzando per
relazionarsi con la terapia e il terapeuta.
*
22. * In questa escalation di rottura un narcisista, ad
esempio, potrebbe utilizzare le sue convinzioni
di disprezzo e svalutazione verso gli altri per
svalutare la terapia o lo stesso terapeuta.
* Ma anche un ansioso più uso a produrre
convinzioni auto-svalutative potrebbe provare
la tentazione di spiegare lo stallo terapeutico
esprimendo convinzioni auto-denigratorie.
* Un‟apparente assunzione di responsabilità che
però sfocia in un ulteriore produzione di
credenze negative
*
23. * Osservazione: inavvertitamente, siamo partiti
dalla doverizzazione di Ellis e abbiamo toccato
temi metacognitivo-interpersonali, di contratto
terapeutico e di rottura e riparazione
* La scarpa vecchia del razionalismo può ancora
funzionare
*
24. * Ma è possibile anche il movimento contrario:
“In fondo, la discussione del contratto è un
esposizione comportamentale in vivo alle
proprie disfunzioni interpersonali” (un allievo
di Kernberg durante la supervisione)
* Risposta di Yeomans (collaboratore di
Kernberg): “vero, anche se io non userei quella
terminologia”
* Kernberg trucemente taceva mentre Clarkin
guardava altrove
*
25. * Il LIBET non è ancora protocollato in termini
dettagliati, purtuttavia tende a delinearsi in una serie di fasi:
* Individuazione di credenze e scopi standard
* Se non risponde, oltre alle tecniche di terza ondata:
* Individuazione e discussione del tema (trovato ampliando le credenze e gli
scopi degli ABC di Ellis)
* Individuazione del piano (trovato ampliando le doverizzazioni dell‟ABC di
Ellis)
* Discussione della funzione adattiva del piano come gestione del tema
doloroso e intollerabile e dei suoi aspetti evolutivi (dove l‟hai imparato?)
(Sassaroli)
* Crisi del piano adattivo (rischio di rottura) e formulazione della domanda
di terapia come ricerca di nuovi piani che contemplino anche le aree
dolorose (riparazione)
* Analisi del piano patologico come agente di rottura del conratto
* Utilizzo e condivisione col paziente di mappe orientative di temi e piani di
vita patologici
*
26. * Se rifiuta:
* Alternare trattamento supportivo e ridiscussione
periodica del contratto
* Monitare l‟attivazione del piano patologico nella
valutazione/soddisfazione della terapia e nella
relazione con il terapeuta
*
27. * Il LIBET propone tre situazioni terapeutiche di
sviluppo e gestione del paziente “difficile” più
radicate nella teoria standard della mente
come architettura di scopi e credenze e che in
qualche modo si propongono anche come
possibile traduzione in termini cognitivi, anzi in
termini cognitivi standard, di quattro concetti
di gestione intepersonale del contratto
terapeutico (e in senso lato di teoria
psicodinamica)
*
28. * Il luogo doloroso e intollerabile della propria esperienza
mentale e relazionale (che in qualche modo recupera
l‟attenzione psicodinamica alla storia evolutiva di vita);
* Una certa propensione di alcuni pazienti a difendere le
proprie convinzioni distorte e perfino a identificarsi con
esse, invece che metterle in discussione secondo le regole
del colloquio cognitivo (concetto apparentato con quello di
difesa psicodinamica e di contratto alla Kernberg);
* Einfine la possibilità che il paziente utilizzi le sue credenze
distorte per gestire il suo giudizio sulla terapia e la sua
relazione con il, terapeuta (e qui si ha una vera e propria
versione cognitiva della cosiddetta relazione di transfert).
*
29. * Tema doloroso del pericolo, della paura e dell‟ansia, il cui il soggetto teme di essere vulnerabile, debole, fragile e non al sicuro;
secondo la terminologia della teoria dell‟attaccamento può avere la percezione di non disporre di una base sicura; secondo la
terminologia cognitivo-evoluzionista di non disporre di un territorio familiare di sicurezza; dal punto di vita cognitivo ha credenze
di pericolosità del mondo, e a una livello più complesso e riflessivo di intollerabilità dell‟incertezza e del rischio, di bisogno di
prevedere e conoscere (ma non controllare se non in termini di evitamento e non di controllo rituale ossessivo) gli scenari e le
situazioni; metacognitivamente sono presenti credenza di incapacità di tollerare la paura stessa (paura della
paura, metarimuginio), e relazionalmente possono essere presenti credenze di bisogno e necessità di vicinanza di figure
rassicuranti fino alla dipendenza; questo tema si collega soprattutto ai disturbi di panico, d‟ansia, ed è un ingrediente del
disturbo di personalità dipendente;
* Tema doloroso della deprivazione affettiva ed emotiva, dell‟insicurezza emotiva e relazionale e del rifiuto affettivo e
dell‟abbandono, ma anche dell‟impotenza e dell‟indegnità, in cui il soggetto teme di essere non amato, privo di calore
relazionale; cognitivamente possono essere presenti credenze d‟indegnità, inutilità, incapacità d‟investimento pratico e affettivo
relazionale umano; metacognitivamente sono presenti ruminazioni depressive; questo tema si collega soprattutto ai disturbi
dell‟umore, ed è un ingrediente del disturbo di personalità evitante;
* Tema doloroso del rispetto, dell‟immagine di sé, della vergogna, dell‟inferiorità, della sottomissione e dell‟emarginazione in
cui il soggetto teme di essere oggetto di derisione, di carenza di assertività e autorevolezza, inferiore, socialmente incapace e
poco amabile; questo tema si collega soprattutto alla fobia sociale, ai disturbi alimentari e ai disturbi di personalità paranoide e
narcisistico
* Tema doloroso della colpa, dell‟esclusione, dell‟auto-criticismo e del criticismo percepito e subito in cui il soggetto teme di
essere colpevole, criticabile, si attribuisce sentimenti o intenzioni o azioni malevole e al di fuori della legge morale e sociale
condivisa quindi a rischio di esclusione ed espulsione dal corpo sociale. Dal punto di vista relazionale si sente criticato e
giudicato, mentre metacognitivamente è vittima di rimuginii autocolpevolizzanti; questo tema si collega soprattutto al disturbo
ossessivo-compulsivo, al disturbo di personalità ossessivo-compulsivo e ai disturbi alimentari;
* Tema doloroso di percezione di discontrollo impulsivo delle proprie reazioni, di dipendenza dalla gratificazione compensativa
e dal desiderio. Si può suddividere in un sottotipo egosintonico di percezione di ogni stato autoregolativo come stato
repressivo, controllante, punitivo e sostanzialmente intollerabile e in un sottotipo egodistonico di percezione terrorizzata di
incapacità di esercitare controllo sui propri desideri e conseguente percezione terrifica degli stessi.
*
30. * Piano di vita evitante, prudenziale, fobico, ritirato, disinvestito, che persegue lo scopo negativo della
sicurezza e della protezione dal pericolo e trascura ogni scopo di esplorazione e di curiosità per
l‟ambiente; si può suddividere in un sottotipo ansioso prudenziale, un sottotipo depressivo ritirato ed
evitante e infine un sottotipo paranoideo e diffidente
* Piano di vita emotivamente e affettivamente dipendente, sottomissivo, autosacrificante e al tempo
stesso sottilmente iperaccudente, che privilegia un legame di assoluto attaccamento, sicurezza
emotiva, e perfetta stabilità emotiva e trascura lo scopo dell‟autonomia emotiva
* Piano di vita controllante, focalizzato sulla prevenzione di ogni imprevisto, errore o mancanza
attraverso lo stretto controllo razionalistico di pochi parametri e che trascura lo scopo e il valore
aggiunto dell‟imprevisto e della perdita di controllo come opportunità di crescita e non solo come
rischio.
* Piano di vita grandioso, iperautonomo, sopraffacente, che aspira a una perfetta autonomia e
soddisfazione di sé eventualmente attraverso la sottomissione, la sopraffazione e il disprezzo della altro
e che trascura lo scopo della curiosità, della relazione, del rispetto e della cooperazione con l‟altro
* Piano di vita impusivo, desiderante, che privilegia l‟intensità emozionale e che teme di non essere in
grado di perseguire, che trascura o che addirittura rifugge come dannosi e inconvenienti gli scopi di
autoregolazione emotiva e di regolazione etica e sociale delle relazioni.
*
31. * Curare l‟aderenza ai protocolli
* Porsi il problema di una formazione più fidelizzata e controllata dei
terapeuti senza castrarne lo spirito critico e creativo
* Pensare forme molto più formalizzate e protocollate di monitoraggio
continuo e stretto di terapie e supervisioni
* Pensare in termini di gruppi di lavoro altamente organizzati e loro
gestione anche in termini imprenditoriali
* Altrimenti si rimarrà in una condizione artigianale di terapie individuali
poco formalizzate e poco controllate
* Altrimenti la capacità di alcuni di questi terapeuti chiusi nel loro studiolo
sposati con il loro paziente siano capaci d pubblicare internazionalmente
rischia di essere l‟exploit da outsider
* È solo un passare dal teorico solitario al ricercatore solitario
* Men che mai è proponibile la figura del terapeuta che è scientifico perché
legge tanti libri di filosofia della mente e della scienza
*
32. * 0:00 spiegazione ABC
* 1:00 propongo problema e lo ritengo l‟A espostami da paziente prima che iniziassi a registrare (non ancora A
critico); mi parla un po‟ di pensieri di paure successive (mio figlio diventerà ansioso come me e mia madre)
* 1: 35 chiedo il C (cosa prova quando perde le staffe con suo figlio?) rabbia colpa, aggressività. Mi dice anche un
comportamento chiaramente eccessivo: “non lo porto più al supermercato fare la spesa” Parla un po‟ lo lascio
parlare siamo alla prima seduta
* 3.04 definisco più precisamente l‟A, collegandolo al supermercato
* 3:24 chiedo i B (non ancora irrazionali, ma generici: cosa ha pensato) prima dell‟urlaccio al supermercato, più
specifico
* 3:26 mi dice il primo B: mio figlio non fa quello che dico
* 3.38 spiego, un po‟ affrettatamente, la doverizzazione e mostro le categorie di IB nel foglio di auto-aiuto ABC
* 4:00 propongo l‟IB di 3:26 in forma di doverizzazione
* 4:10 la accetta abbastanza convinto (non convintissimo)
* 4: 14 spiego la catastrofizzazione (catastrophzing) e la terribilizzazione (awfulizing) in forma di catena di eventi
(che succede se…) ma non di significati terribili (qual è il problema se)
* 4:28 mi da un po‟ di eventi “catastrofici”
* 4.30 continuo a chiedere di catastrofizzare “e quindi…”
* 4:40 mi risponde qualcosa che completo come “sono responsabile”
* 4.49 continuo con la catena ma mi sposto sulla tollerabilità: “essere responsabili è intollerabile?”
*