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Scuola di Specializzazione in Psicoterapia PPssiiccooaannaalliittiiccaa 
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Sede di Roma 
Corso: Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico 
Argomento lezione: Generazione borderline e mondo tossicomane 
Docente: Nicolò Terminio (Psicoterapeuta – Ph.D.) 
Sabato 25 ottobre 2014
Generazione borderline e mondo tossicomane 
• “I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono 
costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci 
troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline. 
• Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del 
“famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il 
riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice 
evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento 
del borderline. 
• Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la 
complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica 
degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando 
piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione 
con l’Altro. 
2
Fenomenologia borderline 
Nella vita quotidiana del lavoro in comunità gli operatori hanno modo di osservare e 
di esser presi nella relazione con pazienti che: 
• mostrano la tendenza a idealizzare alcune persone in modi irrealistici o la 
tendenza opposta nel vederle “totalmente cattive”; 
• il bisogno degli altri e, allo stesso tempo, il rifiuto di coloro a cui era stato rivolto 
quel bisogno di intimità relazionale; 
• l’instabilità emotiva e la caoticità delle relazioni; 
• la difficoltà a capire le effettive intenzioni degli altri e la straordinaria sensitività 
nel cogliere eventuali segnali di distacco emotivo da parte degli altri; 
• un’oscillazione emotiva rapida e imprevedibile che può sfociare in sentimenti 
estremi di angoscia, tristezza, rabbia; 
• la tendenza a suscitare negli altri sentimenti simili a quelli che provano, fino a 
provocare negli altri reazioni estreme che li mettono in discussione non solo come 
operatori ma anche come persone. 3
Il tossicodipendente borderline 
La compromissione soggettiva e relazionale del borderline rende ancor più 
problematica la questione del trattamento della tossicomania. Quando il sintomo 
tossicomanico fa parte di una logica di funzionamento borderline amplifica ancor 
di più: 
• la tendenza ad agire in modo impulsivo, senza considerare le conseguenze delle 
proprie azioni; 
• la tendenza a comportarsi senza tener conto dei danni che vengono inflitti al 
proprio corpo; 
• la tendenza ad annullarsi nell’overdose per tentare veramente il suicidio o per 
esprimere un grido d’aiuto o per manipolare gli altri. 
• La caoticità del mondo relazionale del borderline si sovrappone inoltre 
all’instabilità e alla precarietà esistentiva di chi entra nella droga e ci rimane fino a 
distruggere ogni rete affettiva, sociale e lavorativa. 
4
L’eclissi dell’Altro 
• Nell’ambito degli studi lacaniani, così come nelle pagine straordinarie che Gilberto 
Di Petta ha saputo dedicare al “mondo tossicomane” (2004 e 2006), la questione 
fondamentale del soggetto che ricorre all’abuso di sostanze consiste in un tracollo 
dell’esistenza dell’Altro (Freda, 2001; Giglio 2009; Rugo e Pozzetti 2010). 
• L’Altro con la A maiuscola non è soltanto il nostro simile, ma lo sfondo relazionale 
e simbolico di ogni nostra interazione con gli altri che incontriamo nella nostra 
vita. 
• Da questo punto di vista perdere il legame con l’Altro vuol dire perdere gli 
ormeggi da quei riferimenti comuni che ci orientano in un mondo condiviso. 
5
L’oggetto-droga e il discorso sociale 
• Nella nostra pratica clinica ed educativa possiamo vedere aprirsi delle reali 
possibilità di cambiamento terapeutico solo quando un soggetto si accorgerà che 
la droga non era in realtà un problema ma una soluzione, un tappo per riempire la 
mancanza e curare le ferite. 
• La droga, come gli altri oggetti coinvolti nelle dipendenze patologiche, è una falsa 
promessa del discorso sociale contemporaneo. . 
• Il discorso del capitalista, enucleato da Lacan e ripreso da Massimo Recalcati ne 
L’uomo senza inconscio (2010), consiste nella promozione del consumo 
dell’oggetto come forma elettiva per strutturare l’esperienza escludendo il 
rapporto intersoggettivo. 
• Il soggetto tossicomane non è orientato dal legame con l’Altro, l’orizzonte della 
sua progettualità contempla un mondo dove il trionfo dell’oggetto-droga prevale 
su qualsiasi altra relazione (Rigliano e Bignamini, 2009). 
6
Desiderio e godimento 
• Il godimento tossicomanico è una forma di soddisfazione fondamentalmente 
autoerotica e porta a considerare la relazione intersoggettiva solo in un’ottica 
manipolatoria. Il soggetto vede gli altri soltanto come mezzi per la propria 
gratificazione personale. 
• La spinta al godimento non elimina soltanto il polo intersoggettivo della relazione, 
ma appiattisce anche l’esperienza della temporalità. Il godimento è diretto verso 
la soddisfazione istantanea o verso l’abbassamento immediato di una tensione 
emotiva che il soggetto vive come insopportabile. 
7
Il limite e l’eccesso 
• Capita spesso di ascoltare dei pazienti borderline che pur lamentandosi dei 
limiti e delle punizioni imposti dalla legge, dichiarano che in certi casi erano 
stati proprio loro a cercare di essere fermati per porre fine a un vortice 
emotivo che sentivano insopportabile. 
• La condotta di questi pazienti mostra che se nella vita non si è potuta 
assimilare l’esperienza virtuosa del limite, allora la si ricercherà anche a 
costo di provocare gli altri. Gli altri saranno trascinati in un dilemma 
esistenziale che vede il soggetto in bilico tra l’esigenza di avere un Altro da 
cui poter essere riconosciuto e contenuto e l’esigenza di liberarsi da ogni 
forma di abuso che la presenza dell’Altro rischia di far balenare 
all’orizzonte. 
8
Il focus della cura 
Nel lavoro clinico svolto in comunità possiamo assolvere ad almeno due 
funzioni terapeutiche: 
• da un lato occorre introdurre un limite per il godimento: le regole e 
l’organizzazione della giornata sono in parte finalizzate a canalizzare 
l’eccedenza del soggetto; 
• dall’altro le regole servono anche ad aprire una finestra di riflessione su 
quel luogo psichico che Antonello Correale ha indicato con il concetto di 
“area traumatica” (Correale, 2006). 
9
La triade disperante del borderline 
• Possiamo focalizzare la questione del trattamento della tossicomania se consideriamo che la 
psicopatologia del borderline si organizza attorno a tre nodi principali, definiti da Correale 
come la “triade disperante” del borderline: 
– il trauma, 
– la ripetizione del trauma, 
– l’esperienza dissociativa. 
• L’esperienza del borderline mette in risalto il “dispositivo antropologico” del trauma 
(Stanghellini e Rossi Monti, 2009). Il trauma svela la vulnerabilità del soggetto nei 
confronti del reale. Il trauma espone il soggetto a una forma di godimento che è fuori-senso 
e difficilmente simbolizzabile. 
• La ripetizione del trauma fa risaltare sul piano dei comportamenti la lotta del 
soggetto tra l’angoscia di essere assoggettato all’Altro del trauma e la volontà 
ostinata di superare l’angoscia. Con la ripetizione del trauma il soggetto prova a 
ribaltare l’assoggettamento in una forma di controllo attivo dell’esperienza 
angosciante. 
• Le ricadute dei tossicomani con fenomenologia borderline possono rimandare non 
solo al piacere dello sballo, ma anche a una dissociazione che consiste in un 
restringimento del campo della coscienza, in uno stato crepuscolare dove 
l’alterazione della coscienza rende la vita più tollerabile. 10
Distinguere gli stati dissociativi 
• In molti casi lo stato dissociativo indotto dall’uso di sostanze è una forma di auto-terapia 
che il soggetto si somministra per trattare l’intrusione di immagini 
traumatiche che colonizzano la sua coscienza. 
• La dissociazione dello sballo può essere quindi – e questo è un dato da verificare 
nei colloqui psicodiagnostici – una strategia che il paziente segue per “curare” una 
“dissociazione strutturale della personalità” (Van der Hart et al., 2006). 
• Non bisogna allora confondere la dissociazione strutturale con la dissociazione che 
il soggetto si procura attraverso l’uso di sostanze. 
11
Il trauma e l’angoscia 
• Un altro aspetto di cui tener conto nella cura dei pazienti borderline riguarda il 
possibile viraggio verso l’antisocialità. 
• Come ha sottolineato Correale (2012) la tentazione antisociale del borderline 
scaturisce dalla necessità di far fronte all’esperienza dell’angoscia. È un’angoscia 
che deriva dalla sensazione di essere in balia dell’Altro. 
12
Negazione e perversione 
• La nebulosa che connota l’esperienza di angoscia del borderline costituisce una 
condizione esistenziale da cui il soggetto cerca di difendersi. Il soggetto può allora 
cercare di rigettare l’angoscia e “trasformare il trauma, da esperienza di 
impotenza, in rituale eccitatorio controllabile e riproducibile” (Correale, 2012, p. 
114). 
• In questo rigetto dell’angoscia possiamo osservare che il paziente borderline può 
virare da una modalità di rivolta contro l’Altro a una modalità di manipolazione 
dell’Altro. 
13
Increspature della relazione 
• Il trattamento dell’area traumatica implica che la stessa dimensione del trauma 
entri in gioco nel vivo della relazione terapeutica. E qui non ci troveremo di fronte 
a un paziente pronto a riconoscere o a interrogarsi sull’ipotesi se quello che 
succede ritorni dal passato. Il paziente borderline vivrà quei momenti non come la 
riedizione di qualcosa che si è già scritto sulla carne, ma come se fossero proprio il 
momento in cui il trauma si innesta nella vita del soggetto. 
• L’operatore viene allora investito da parte del paziente della responsabilità di 
avergli rovinato la vita. L’operatore si sente preso in un dramma relazionale dove 
ciò che il paziente gli rimprovera non si lascia sciogliere da nessuna forma di 
ragionevolezza. Per il paziente il vissuto di trovarsi ancora una volta nell’area 
traumatica è insopportabile e ogni invito a “ragionare” viene percepito come il 
disconoscimento della legittimità del proprio vissuto. Più l’operatore prova a 
spiegarsi e più il paziente si inalbera nel sottolineare che il suo bisogno di essere 
curato non viene preso in considerazione. 
14
Il contagio emotivo 
• In numerosi contributi dedicati alla psicopatologia del borderline Mario Rossi Monti 
ha sottolineato i diversi modi in cui l’instabilità emozionale del borderline può 
travolgere gli operatori, condizionando la loro stessa identità professionale e 
personale. 
• Secondo Rossi Monti diventa cruciale potersi dotare di un modello che possa 
collegare le diverse problematiche psicopatologiche e relazionali con cui ci si 
confronta. In assenza di un modello “il progetto terapeutico diventa 
semplicemente una rincorsa a tamponare l’emergenza del momento. Una 
emergenza che si ripete sempre uguale e che non consente di intervenire sul 
motore di questa drammatica successione di eventi. Quali sono insomma le 
caratteristiche di fondo del disturbo, quelle che funzionano da vero e proprio cuore 
pulsante del disturbo, dal quale si irradiano i fenomeni che dominano il campo e 
conducono alla eterogenea e spesso drammatica presentazione clinica borderline?” 
(Rossi Monti, 2012, pp. 25-26). 
15
La sequenza disforica 
• Secondo Rossi Monti la specificità della disregolazione emotiva del borderline 
riguarda l’oscillazione tra disforia e rabbia. La disforia è la condizione umorale di 
base e la rabbia è l’affetto corrispondente: “la disforia si trasforma in rabbia tutte le 
volte che può essere orientata verso uno specifico oggetto individuato come la 
fonte e la causa del proprio dolore” (Rossi Monti, 2012, p. 43). 
• La sequenza disforica è quell’elemento specifico che connota l’instabilità emotiva e 
relazionale dei nostri pazienti borderline. 
• Come entrare in relazione con un paziente estremamente vulnerabile alla rabbia, 
che spesso si sente sulla corda ed è sempre pronto a cogliere gli sbagli 
dell’operatore fino a rivedervi il ritorno delle stesse mancanze e degli stessi traumi? 
16
Cinque elementi chiave per la relazione terapeutica 
• Contenuti e cornice 
• Idealizzazione e svalutazione 
• Testimoniare il proprio desiderio 
• Obiettivi terapeutici incompleti 
• Il faro e la fiaccola 
17
Contenuti e cornice 
• La “triade disperante” (trauma, ripetizione del trauma e dissociazione) e la 
“sequenza disforica” (tensione, irritazione e spinta) costituiscono due direttrici 
fondamentali per comprendere la psicopatologia del borderline e per configurare 
alcuni elementi chiave per il trattamento. 
• Trauma e disforia rimandano alle radici intergenerazionali del disturbo borderline e 
definiscono i nostri ambiti di intervento. Le questioni del trauma delineano i 
contenuti su cui bisogna focalizzare l’esplorazione riflessiva della cura. La disforia 
istituisce la cornice emotiva della relazione entro cui tale esplorazione può 
realizzarsi. 
18
Idealizzazione e svalutazione 
• Nelle sue reazioni inaspettate il borderline punta il dito sulle nostre attitudini 
terapeutiche, cercando di metterci in discussione come persone attraverso la 
svalutazione delle nostre capacità professionali. 
• Dobbiamo chiederci se nel nostro intimo abbiamo ceduto alle lusinghe delle 
idealizzazioni borderline. La svalutazione ci colpirà tanto di più quanto avremo 
creduto negli abbagli di riconoscenza che il paziente sembrava rivolgerci. 
• L’astinenza a cui deve attenersi l’operatore riguarda allora l’eventuale ricerca di 
riconoscenza da parte del paziente. 
19
Testimoniare il proprio desiderio 
• Testimoniare il proprio desiderio significa non nascondere la discrepanza tra il 
nostro dire e il nostro mostrare. Il dire indica ciò in cui speriamo, i valori guida che 
seguiamo come se fossero la nostra stella polare. Il mostrare consiste invece nella 
reale rotta che riusciamo a mantenere come persone e come operatori. Il desiderio 
è il modo soggettivo che ognuno di noi ha trovato per abitare questo divario tra la 
realtà e l’ideale. 
• Il terzo elemento chiave consiste nella testimonianza del nostro desiderio, ossia nel 
non nascondere al paziente lo stile che adottiamo nel tener conto di una 
discrepanza inevitabile. Se per caso il paziente dovesse percepire che noi invece 
vogliamo occultare questa discrepanza, allora farà di tutto, anche a costo di 
sacrificare il proprio percorso terapeutico, per smascherarci. Per il paziente sarebbe 
infatti molto più intollerabile e angosciante trovarsi di fronte a un Altro di cui non 
coglie la verità. 
20
Obiettivi terapeutici incompleti 
• La testimonianza chiara e definita del nostro desiderio non riguarda assolutamente 
la definizione degli obiettivi terapeutici. Se sul piano del nostro desiderio dobbiamo 
dare dei segnali chiari al paziente, sul piano degli obiettivi terapeutici dobbiamo 
invece mantenere una certa incompletezza. Dobbiamo quindi mostrare chiarezza 
quando si tratta del nostro modo di desiderare, ma dobbiamo trasmettere delle 
intenzioni terapeutiche incomplete, cioè non definite a priori. Testimoniare in modo 
chiaro e definito il nostro desiderio non implica quindi sapere già quali obiettivi 
proporre al paziente. Il paziente borderline ha bisogno di sapere qual è il nostro 
modo di desiderare, ma non di essere investito dal nostro modo di desiderarlo. 
• Gli obiettivi terapeutici devono prendere spunto soprattutto dalla parola del 
soggetto. Il quarto elemento chiave della relazione con il borderline implica che non 
dovremo sovrapporre le nostre intenzioni a quelle del paziente. 
21
Il faro e la fiaccola 
• Se abbiamo degli obiettivi che scaturiscono dalle nostre convinzioni, allora 
correremo il rischio di assomigliare a un faro nella tempesta. Il nostro paziente sarà 
in mare aperto, trasportato dalle onde, e noi saremo lì a identificarci con la luce che 
può riportarlo alla riva. In una situazione simile risulteremmo immobilizzati dalle 
nostre convinzioni e dalle nostre risposte con cui tenteremo invano di salvare i 
pazienti che ci chiedono aiuto. 
• Il borderline non ci chiede di essere un faro, ma una fiaccola pronta a seguirlo 
sull’orlo dell’abisso, lì dove cerca di costruirsi un senso e dove la sua funzione 
riflessiva è solo un bocciolo. Il nostro sapere terapeutico dovrà essere messo tra 
parentesi, ciò che occorrerà mostrare sarà piuttosto la via attraverso cui, con molta 
fatica, si arriva al sapere, agli obiettivi e alle regole. 
22
Riferimenti bibliografici 
• Correale A., Area traumatica e campo istituzionale, pref. di Rossi Monti M., Borla, Roma 2006. 
• Correale A., “Dal borderline all’antisociale? Una deriva inevitabile?”, in Rossi Monti M. (a cura), 
Psicopatologia del presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012, 
pp. 111-123. 
• Correale A., Cangiotti F., Zoppi A. (a cura), Il soggetto nascosto. Un approccio psicoanalitico alla clinica delle 
tossicodipendenze, pref. di Rossi Monti M., Franco Angeli, Milano 2013. 
• Di Petta G., Il mondo tossicomane. Fenomenologia e psicopatologia, introd. di Callieri B., Angeli, Milano 
2004. 
• Di Petta G., Gruppoanalisi dell’esserci. Tossicomania e terapia delle emozioni condivise, pref. di Callieri B. e 
Correale A., pres. di Calvi L., Angeli, Milano 2006. 
• Freda F.H., Psicoanalisi e tossicomania, ed. it. a cura di Pozzetti R. e Zuccardi Merli U., B. Mondadori, Milano 
2001. 
• Giglio F. (a cura), Divertiti! Imperativo presente. Psicoanalisi, abuso di sostanze e “discorso del capitalista”, 
Angeli, Milano 2009. 
• Recalcati M., L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina, Milano 2010. 
• Rigliano P., Bignamini E. (a cura), Cocaina. Consumo, psicopatologia, trattamento, Cortina, Milano 2009. 
• Rossi Monti M., “Borderline: il dramma della disforia”, in Rossi Monti M. (a cura), Psicopatologia del 
presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012, pp. 15-63. 
• Rugo M., Pozzetti R., Tossicodipendenza e alcolismo oggi. Quale cura per il soggetto?, Di Girolamo, Trapani 
2010. 
• Scabini E., Cigoli V., Il famigliare. Legami, simboli e transizioni, Cortina, Milano 2000. 
• Stanghellini G., “Trauma”, in Stanghellini G., Rossi Monti M., Psicologia del patologico. Una prospettiva 
fenomenologico-dinamica, Cortina, Milano 2009, pp. 235-262. 
• Van der Hart O., Nijenhuis E.R.S., Steele K. (2006), Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione 
strutturale, ed. it. a cura di Ardino V. e Vassalli A., Cortina, Milano 2011. 
23
Nicolò Terminio 
Psicoterapeuta – Ph.D. 
www.nicoloterminio.it

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Nicolò Terminio - Lezione su Generazione borderline e mondo tossicomane - Corso di Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico - Scuola COIRAG - Roma, 25 ottobre 2014

  • 1. Scuola di Specializzazione in Psicoterapia PPssiiccooaannaalliittiiccaa iinn aammbbiittoo iinnddiivviidduuaallee,, ggrruuppppaallee ee iissttiittuuzziioonnaallee Sede di Roma Corso: Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico Argomento lezione: Generazione borderline e mondo tossicomane Docente: Nicolò Terminio (Psicoterapeuta – Ph.D.) Sabato 25 ottobre 2014
  • 2. Generazione borderline e mondo tossicomane • “I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline. • Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del “famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento del borderline. • Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione con l’Altro. 2
  • 3. Fenomenologia borderline Nella vita quotidiana del lavoro in comunità gli operatori hanno modo di osservare e di esser presi nella relazione con pazienti che: • mostrano la tendenza a idealizzare alcune persone in modi irrealistici o la tendenza opposta nel vederle “totalmente cattive”; • il bisogno degli altri e, allo stesso tempo, il rifiuto di coloro a cui era stato rivolto quel bisogno di intimità relazionale; • l’instabilità emotiva e la caoticità delle relazioni; • la difficoltà a capire le effettive intenzioni degli altri e la straordinaria sensitività nel cogliere eventuali segnali di distacco emotivo da parte degli altri; • un’oscillazione emotiva rapida e imprevedibile che può sfociare in sentimenti estremi di angoscia, tristezza, rabbia; • la tendenza a suscitare negli altri sentimenti simili a quelli che provano, fino a provocare negli altri reazioni estreme che li mettono in discussione non solo come operatori ma anche come persone. 3
  • 4. Il tossicodipendente borderline La compromissione soggettiva e relazionale del borderline rende ancor più problematica la questione del trattamento della tossicomania. Quando il sintomo tossicomanico fa parte di una logica di funzionamento borderline amplifica ancor di più: • la tendenza ad agire in modo impulsivo, senza considerare le conseguenze delle proprie azioni; • la tendenza a comportarsi senza tener conto dei danni che vengono inflitti al proprio corpo; • la tendenza ad annullarsi nell’overdose per tentare veramente il suicidio o per esprimere un grido d’aiuto o per manipolare gli altri. • La caoticità del mondo relazionale del borderline si sovrappone inoltre all’instabilità e alla precarietà esistentiva di chi entra nella droga e ci rimane fino a distruggere ogni rete affettiva, sociale e lavorativa. 4
  • 5. L’eclissi dell’Altro • Nell’ambito degli studi lacaniani, così come nelle pagine straordinarie che Gilberto Di Petta ha saputo dedicare al “mondo tossicomane” (2004 e 2006), la questione fondamentale del soggetto che ricorre all’abuso di sostanze consiste in un tracollo dell’esistenza dell’Altro (Freda, 2001; Giglio 2009; Rugo e Pozzetti 2010). • L’Altro con la A maiuscola non è soltanto il nostro simile, ma lo sfondo relazionale e simbolico di ogni nostra interazione con gli altri che incontriamo nella nostra vita. • Da questo punto di vista perdere il legame con l’Altro vuol dire perdere gli ormeggi da quei riferimenti comuni che ci orientano in un mondo condiviso. 5
  • 6. L’oggetto-droga e il discorso sociale • Nella nostra pratica clinica ed educativa possiamo vedere aprirsi delle reali possibilità di cambiamento terapeutico solo quando un soggetto si accorgerà che la droga non era in realtà un problema ma una soluzione, un tappo per riempire la mancanza e curare le ferite. • La droga, come gli altri oggetti coinvolti nelle dipendenze patologiche, è una falsa promessa del discorso sociale contemporaneo. . • Il discorso del capitalista, enucleato da Lacan e ripreso da Massimo Recalcati ne L’uomo senza inconscio (2010), consiste nella promozione del consumo dell’oggetto come forma elettiva per strutturare l’esperienza escludendo il rapporto intersoggettivo. • Il soggetto tossicomane non è orientato dal legame con l’Altro, l’orizzonte della sua progettualità contempla un mondo dove il trionfo dell’oggetto-droga prevale su qualsiasi altra relazione (Rigliano e Bignamini, 2009). 6
  • 7. Desiderio e godimento • Il godimento tossicomanico è una forma di soddisfazione fondamentalmente autoerotica e porta a considerare la relazione intersoggettiva solo in un’ottica manipolatoria. Il soggetto vede gli altri soltanto come mezzi per la propria gratificazione personale. • La spinta al godimento non elimina soltanto il polo intersoggettivo della relazione, ma appiattisce anche l’esperienza della temporalità. Il godimento è diretto verso la soddisfazione istantanea o verso l’abbassamento immediato di una tensione emotiva che il soggetto vive come insopportabile. 7
  • 8. Il limite e l’eccesso • Capita spesso di ascoltare dei pazienti borderline che pur lamentandosi dei limiti e delle punizioni imposti dalla legge, dichiarano che in certi casi erano stati proprio loro a cercare di essere fermati per porre fine a un vortice emotivo che sentivano insopportabile. • La condotta di questi pazienti mostra che se nella vita non si è potuta assimilare l’esperienza virtuosa del limite, allora la si ricercherà anche a costo di provocare gli altri. Gli altri saranno trascinati in un dilemma esistenziale che vede il soggetto in bilico tra l’esigenza di avere un Altro da cui poter essere riconosciuto e contenuto e l’esigenza di liberarsi da ogni forma di abuso che la presenza dell’Altro rischia di far balenare all’orizzonte. 8
  • 9. Il focus della cura Nel lavoro clinico svolto in comunità possiamo assolvere ad almeno due funzioni terapeutiche: • da un lato occorre introdurre un limite per il godimento: le regole e l’organizzazione della giornata sono in parte finalizzate a canalizzare l’eccedenza del soggetto; • dall’altro le regole servono anche ad aprire una finestra di riflessione su quel luogo psichico che Antonello Correale ha indicato con il concetto di “area traumatica” (Correale, 2006). 9
  • 10. La triade disperante del borderline • Possiamo focalizzare la questione del trattamento della tossicomania se consideriamo che la psicopatologia del borderline si organizza attorno a tre nodi principali, definiti da Correale come la “triade disperante” del borderline: – il trauma, – la ripetizione del trauma, – l’esperienza dissociativa. • L’esperienza del borderline mette in risalto il “dispositivo antropologico” del trauma (Stanghellini e Rossi Monti, 2009). Il trauma svela la vulnerabilità del soggetto nei confronti del reale. Il trauma espone il soggetto a una forma di godimento che è fuori-senso e difficilmente simbolizzabile. • La ripetizione del trauma fa risaltare sul piano dei comportamenti la lotta del soggetto tra l’angoscia di essere assoggettato all’Altro del trauma e la volontà ostinata di superare l’angoscia. Con la ripetizione del trauma il soggetto prova a ribaltare l’assoggettamento in una forma di controllo attivo dell’esperienza angosciante. • Le ricadute dei tossicomani con fenomenologia borderline possono rimandare non solo al piacere dello sballo, ma anche a una dissociazione che consiste in un restringimento del campo della coscienza, in uno stato crepuscolare dove l’alterazione della coscienza rende la vita più tollerabile. 10
  • 11. Distinguere gli stati dissociativi • In molti casi lo stato dissociativo indotto dall’uso di sostanze è una forma di auto-terapia che il soggetto si somministra per trattare l’intrusione di immagini traumatiche che colonizzano la sua coscienza. • La dissociazione dello sballo può essere quindi – e questo è un dato da verificare nei colloqui psicodiagnostici – una strategia che il paziente segue per “curare” una “dissociazione strutturale della personalità” (Van der Hart et al., 2006). • Non bisogna allora confondere la dissociazione strutturale con la dissociazione che il soggetto si procura attraverso l’uso di sostanze. 11
  • 12. Il trauma e l’angoscia • Un altro aspetto di cui tener conto nella cura dei pazienti borderline riguarda il possibile viraggio verso l’antisocialità. • Come ha sottolineato Correale (2012) la tentazione antisociale del borderline scaturisce dalla necessità di far fronte all’esperienza dell’angoscia. È un’angoscia che deriva dalla sensazione di essere in balia dell’Altro. 12
  • 13. Negazione e perversione • La nebulosa che connota l’esperienza di angoscia del borderline costituisce una condizione esistenziale da cui il soggetto cerca di difendersi. Il soggetto può allora cercare di rigettare l’angoscia e “trasformare il trauma, da esperienza di impotenza, in rituale eccitatorio controllabile e riproducibile” (Correale, 2012, p. 114). • In questo rigetto dell’angoscia possiamo osservare che il paziente borderline può virare da una modalità di rivolta contro l’Altro a una modalità di manipolazione dell’Altro. 13
  • 14. Increspature della relazione • Il trattamento dell’area traumatica implica che la stessa dimensione del trauma entri in gioco nel vivo della relazione terapeutica. E qui non ci troveremo di fronte a un paziente pronto a riconoscere o a interrogarsi sull’ipotesi se quello che succede ritorni dal passato. Il paziente borderline vivrà quei momenti non come la riedizione di qualcosa che si è già scritto sulla carne, ma come se fossero proprio il momento in cui il trauma si innesta nella vita del soggetto. • L’operatore viene allora investito da parte del paziente della responsabilità di avergli rovinato la vita. L’operatore si sente preso in un dramma relazionale dove ciò che il paziente gli rimprovera non si lascia sciogliere da nessuna forma di ragionevolezza. Per il paziente il vissuto di trovarsi ancora una volta nell’area traumatica è insopportabile e ogni invito a “ragionare” viene percepito come il disconoscimento della legittimità del proprio vissuto. Più l’operatore prova a spiegarsi e più il paziente si inalbera nel sottolineare che il suo bisogno di essere curato non viene preso in considerazione. 14
  • 15. Il contagio emotivo • In numerosi contributi dedicati alla psicopatologia del borderline Mario Rossi Monti ha sottolineato i diversi modi in cui l’instabilità emozionale del borderline può travolgere gli operatori, condizionando la loro stessa identità professionale e personale. • Secondo Rossi Monti diventa cruciale potersi dotare di un modello che possa collegare le diverse problematiche psicopatologiche e relazionali con cui ci si confronta. In assenza di un modello “il progetto terapeutico diventa semplicemente una rincorsa a tamponare l’emergenza del momento. Una emergenza che si ripete sempre uguale e che non consente di intervenire sul motore di questa drammatica successione di eventi. Quali sono insomma le caratteristiche di fondo del disturbo, quelle che funzionano da vero e proprio cuore pulsante del disturbo, dal quale si irradiano i fenomeni che dominano il campo e conducono alla eterogenea e spesso drammatica presentazione clinica borderline?” (Rossi Monti, 2012, pp. 25-26). 15
  • 16. La sequenza disforica • Secondo Rossi Monti la specificità della disregolazione emotiva del borderline riguarda l’oscillazione tra disforia e rabbia. La disforia è la condizione umorale di base e la rabbia è l’affetto corrispondente: “la disforia si trasforma in rabbia tutte le volte che può essere orientata verso uno specifico oggetto individuato come la fonte e la causa del proprio dolore” (Rossi Monti, 2012, p. 43). • La sequenza disforica è quell’elemento specifico che connota l’instabilità emotiva e relazionale dei nostri pazienti borderline. • Come entrare in relazione con un paziente estremamente vulnerabile alla rabbia, che spesso si sente sulla corda ed è sempre pronto a cogliere gli sbagli dell’operatore fino a rivedervi il ritorno delle stesse mancanze e degli stessi traumi? 16
  • 17. Cinque elementi chiave per la relazione terapeutica • Contenuti e cornice • Idealizzazione e svalutazione • Testimoniare il proprio desiderio • Obiettivi terapeutici incompleti • Il faro e la fiaccola 17
  • 18. Contenuti e cornice • La “triade disperante” (trauma, ripetizione del trauma e dissociazione) e la “sequenza disforica” (tensione, irritazione e spinta) costituiscono due direttrici fondamentali per comprendere la psicopatologia del borderline e per configurare alcuni elementi chiave per il trattamento. • Trauma e disforia rimandano alle radici intergenerazionali del disturbo borderline e definiscono i nostri ambiti di intervento. Le questioni del trauma delineano i contenuti su cui bisogna focalizzare l’esplorazione riflessiva della cura. La disforia istituisce la cornice emotiva della relazione entro cui tale esplorazione può realizzarsi. 18
  • 19. Idealizzazione e svalutazione • Nelle sue reazioni inaspettate il borderline punta il dito sulle nostre attitudini terapeutiche, cercando di metterci in discussione come persone attraverso la svalutazione delle nostre capacità professionali. • Dobbiamo chiederci se nel nostro intimo abbiamo ceduto alle lusinghe delle idealizzazioni borderline. La svalutazione ci colpirà tanto di più quanto avremo creduto negli abbagli di riconoscenza che il paziente sembrava rivolgerci. • L’astinenza a cui deve attenersi l’operatore riguarda allora l’eventuale ricerca di riconoscenza da parte del paziente. 19
  • 20. Testimoniare il proprio desiderio • Testimoniare il proprio desiderio significa non nascondere la discrepanza tra il nostro dire e il nostro mostrare. Il dire indica ciò in cui speriamo, i valori guida che seguiamo come se fossero la nostra stella polare. Il mostrare consiste invece nella reale rotta che riusciamo a mantenere come persone e come operatori. Il desiderio è il modo soggettivo che ognuno di noi ha trovato per abitare questo divario tra la realtà e l’ideale. • Il terzo elemento chiave consiste nella testimonianza del nostro desiderio, ossia nel non nascondere al paziente lo stile che adottiamo nel tener conto di una discrepanza inevitabile. Se per caso il paziente dovesse percepire che noi invece vogliamo occultare questa discrepanza, allora farà di tutto, anche a costo di sacrificare il proprio percorso terapeutico, per smascherarci. Per il paziente sarebbe infatti molto più intollerabile e angosciante trovarsi di fronte a un Altro di cui non coglie la verità. 20
  • 21. Obiettivi terapeutici incompleti • La testimonianza chiara e definita del nostro desiderio non riguarda assolutamente la definizione degli obiettivi terapeutici. Se sul piano del nostro desiderio dobbiamo dare dei segnali chiari al paziente, sul piano degli obiettivi terapeutici dobbiamo invece mantenere una certa incompletezza. Dobbiamo quindi mostrare chiarezza quando si tratta del nostro modo di desiderare, ma dobbiamo trasmettere delle intenzioni terapeutiche incomplete, cioè non definite a priori. Testimoniare in modo chiaro e definito il nostro desiderio non implica quindi sapere già quali obiettivi proporre al paziente. Il paziente borderline ha bisogno di sapere qual è il nostro modo di desiderare, ma non di essere investito dal nostro modo di desiderarlo. • Gli obiettivi terapeutici devono prendere spunto soprattutto dalla parola del soggetto. Il quarto elemento chiave della relazione con il borderline implica che non dovremo sovrapporre le nostre intenzioni a quelle del paziente. 21
  • 22. Il faro e la fiaccola • Se abbiamo degli obiettivi che scaturiscono dalle nostre convinzioni, allora correremo il rischio di assomigliare a un faro nella tempesta. Il nostro paziente sarà in mare aperto, trasportato dalle onde, e noi saremo lì a identificarci con la luce che può riportarlo alla riva. In una situazione simile risulteremmo immobilizzati dalle nostre convinzioni e dalle nostre risposte con cui tenteremo invano di salvare i pazienti che ci chiedono aiuto. • Il borderline non ci chiede di essere un faro, ma una fiaccola pronta a seguirlo sull’orlo dell’abisso, lì dove cerca di costruirsi un senso e dove la sua funzione riflessiva è solo un bocciolo. Il nostro sapere terapeutico dovrà essere messo tra parentesi, ciò che occorrerà mostrare sarà piuttosto la via attraverso cui, con molta fatica, si arriva al sapere, agli obiettivi e alle regole. 22
  • 23. Riferimenti bibliografici • Correale A., Area traumatica e campo istituzionale, pref. di Rossi Monti M., Borla, Roma 2006. • Correale A., “Dal borderline all’antisociale? Una deriva inevitabile?”, in Rossi Monti M. (a cura), Psicopatologia del presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012, pp. 111-123. • Correale A., Cangiotti F., Zoppi A. (a cura), Il soggetto nascosto. Un approccio psicoanalitico alla clinica delle tossicodipendenze, pref. di Rossi Monti M., Franco Angeli, Milano 2013. • Di Petta G., Il mondo tossicomane. Fenomenologia e psicopatologia, introd. di Callieri B., Angeli, Milano 2004. • Di Petta G., Gruppoanalisi dell’esserci. Tossicomania e terapia delle emozioni condivise, pref. di Callieri B. e Correale A., pres. di Calvi L., Angeli, Milano 2006. • Freda F.H., Psicoanalisi e tossicomania, ed. it. a cura di Pozzetti R. e Zuccardi Merli U., B. Mondadori, Milano 2001. • Giglio F. (a cura), Divertiti! Imperativo presente. Psicoanalisi, abuso di sostanze e “discorso del capitalista”, Angeli, Milano 2009. • Recalcati M., L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina, Milano 2010. • Rigliano P., Bignamini E. (a cura), Cocaina. Consumo, psicopatologia, trattamento, Cortina, Milano 2009. • Rossi Monti M., “Borderline: il dramma della disforia”, in Rossi Monti M. (a cura), Psicopatologia del presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012, pp. 15-63. • Rugo M., Pozzetti R., Tossicodipendenza e alcolismo oggi. Quale cura per il soggetto?, Di Girolamo, Trapani 2010. • Scabini E., Cigoli V., Il famigliare. Legami, simboli e transizioni, Cortina, Milano 2000. • Stanghellini G., “Trauma”, in Stanghellini G., Rossi Monti M., Psicologia del patologico. Una prospettiva fenomenologico-dinamica, Cortina, Milano 2009, pp. 235-262. • Van der Hart O., Nijenhuis E.R.S., Steele K. (2006), Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione strutturale, ed. it. a cura di Ardino V. e Vassalli A., Cortina, Milano 2011. 23
  • 24. Nicolò Terminio Psicoterapeuta – Ph.D. www.nicoloterminio.it