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MECCANISMI DI DIFESA E ALTRE
E DISTORSIONI DEL GIUDIZIO
FALSI RICORDI, MISURE DI SICUREZZA E MECCANISMI DI AUTODIFESA INCONSCI,
DISTORSIONI PERCETTIVE O DI GIUDIZIO E ATTRIBUZIONE
Conoscere bene ciò che distorce di solito il nostro giudizio e le protezioni che per noi sono più distintive è il primo
passo per poterci liberare sia di questi automatismi che dei sintomi nevrotici e imparare a scegliere davvero; conoscere
le riflessioni e le azioni che si sono dimostrate più utili per la maggioranza di coloro che hanno deciso di intraprendere
questo percorso (le tecniche definite oggi cognitivo-comportamentali) e quindi leggere i libri sottolineati nella prima
parte di questo documento, è il naturale passo successivo. Conosco persone divenute abbastanza obiettive e abili nella
risoluzione di problemi e incombenze dopo aver subìto per molti anni alcuni dei più deleteri di questi processi mentali
coatti.
Credo che, oltre a conoscere di ognuna delle reazioni elencate gli esempi più rappresentativi nelle nostre azioni passate
e nel presente, ci permetta di liberarcene anche riflettere su ciò che Jung scrisse su cos'è in generale una nevrosi e su
quali ne siano più spesso l'origine e la soluzione, perché i sintomi nevrotici sono esagerazioni dolorose molto difficili da
gestire di reazioni inconsce comuni a tutti (un progetto è meglio concepito e realizzato quando si ha una visione
d'insieme: ecco perché può aiutarci leggere i commenti in corsivo della prima metà di questo documento dedicati
soprattutto a Jung e al suo concetto generale di nevrosi come difesa della personalità spesso nata nell'infanzia a causa
delle decisioni più negative dei genitori, una reazione involontaria deleteria e duratura). Tenete presente che molti libri
sulla meditazione e alcuni saggi sul buddismo indicano come meta ideale di ogni individuo proprio l'emancipazione
della coscienza dall'automatizzazione e anch'essi citano esempi di chi l'ha gradualmente raggiunta. Purtroppo però
ancora oggi molti psichiatri sfruttano soprattutto la maggiore inconsapevolezza e presenza in alcune persone di tali
meccanismi di distorsione o difesa (oppure la loro ingannevole apparenza) per diagnosticare un disturbo di personalità,
cioè una malattia incredibilmente vaga, ma classificata come cronica pressoché costituzionale e grave e riguardo alla cui
origine e al cui trattamento i manuali di psichiatria e la prassi nota non si pronunciano se non per far internare e
costringere a psicofarmaci estremamente dannosi i disoccupati (anche giovani) e chi non riesce a pagare l'affitto (la
disoccupazione è considerata uno dei principali sintomi di questi disturbi fin dalle prime e classiche loro definizioni,
anche se oggi c'è chi vede persone con patologie mentali gravi e croniche ovunque e anche tra i lavoratori).
FALSI RICORDI, MISURE DI SICUREZZA E MECCANISMI DI AUTODIFESA INCONSCI
Ciò che impedisce al nostro sguardo di essere limpido e offusca il nostro giudizio degli altri e delle vere cause dei
comportamenti e dei problemi è di solito una mescolanza poco consapevole di tendenze al prestigio e al controllo
autoritario, è vedere tutto bianco o nero semplificando, a giudicare in fretta o a partire dalla corrispondenza con il nostro
modo di vivere e in base alle simpatie, quando non secondo l'esperienza (quella più recente o quella di una vita),
l'abitudine o gli stereotipi... e insomma l'impulso a non mettere la logica distaccata tra le nostre priorità. E poi
ovviamente umore, necessità o urgenza influenzano ciò che possiamo vedere. I meccanismi di difesa inconsci invece si
attuano in modo del tutto o per lo più automatico per mantenere la stabilità interiore ed evitarci, a prezzo della verità,
sensazioni spiacevoli: non ne siamo responsabili, finché non ne diventiamo consapevoli, abbiamo bisogno di cambiare e
otteniamo i mezzi per farlo (soprattutto informazioni chiare, precise e scritte). Essi sono in genere responsabili di un
grande numero di sintomi nevrotici e di alcune psicosi, ma quando sono attivi in misura moderata sono utili allo
sviluppo fino alla crescita e, nel caso della rimozione, necessari all'esistenza mentale stessa. Quello a cui ricorriamo più
facilmente e che si innesca più direttamente è proprio l'espulsione dalla coscienza di un'idea o di un sentimento dolorosi
già esperiti o che cercano di accedervi (nell'infanzia tale rimozione è quasi inevitabile). La rimozione può consistere
anche solo nel tipico dimenticare un appuntamento preso con una persona sgradevole. Si può però ricordare bene un
evento spiacevole o traumatico, ma non provare un'emozione nel viverlo e/o nel ricordarlo, come se dalla nostra mente
essa fosse stata separata e "isolata" dall'accaduto. Uno presente in ogni patologia psichiatrica è un processo di ritorno ad
una modalità di essere precedente meno ansiogena, ma alcuni comportamenti regressivi li manifestiamo quasi tutti
quando troppi ostacoli ci sbarrano la strada e non per questo ci si può considerare dei malati di mente veri e propri.
Molto diffuso è l'attribuire ad altri desideri, sentimenti e motivazioni rifiutati dall'io, proiettandoli al di fuori di sé, ma è
comune anche il semplice rifiuto a riconoscere pulsioni e tendenze inaccettabili. Un esempio di proiezione consiste nel
giudicare invidioso un amico perché lo invidiamo. Il movimento difensivo più istintivo per noi però può essere a volte
quello della direzione opposta: per esempio possiamo fare nostri i valori di un'altra persona (un genitore, un insegnante,
ecc.) se essi ci vengono imposti con severità e ciò per sfuggire la sensazione di essere sottomessi al volere altrui. In un
caso analogo se la severità è tale da generare in noi rabbia o agitazione, possiamo volgere contro noi stessi una vera e
propria aggressività fino al punto di farci fisicamente male se non possiamo aggredire l'aggressore. Se da bambini siamo
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però molto maltrattati dai familiari, ci accade anche di attaccarci maggiormente a chi ci maltratta: è una reazione
automatica che hanno anche i cani picchiati e trascurati dal padrone. Ad adulti torturati soprattutto psicologicamente in
modo grave e prolungato nelle dittature (lavaggio del cervello) è capitato di idealizzare chi li perseguitava e a donne
sole che hanno subìto a lungo violenze di vario genere è accaduto di non trovare in sé la forza di esprimersi e si sono
attaccate al persecutore, spinte dall'emergere di una paura eccessiva dell'ignoto, al punto di non saper chiudere un
rapporto nemmeno quando possibile, di bloccarsi fino a non riuscire a concepire soluzioni per migliorare la propria
condizione, a distaccarsi emotivamente da tutti. Reazioni simili sono frequenti, proprio perché quasi automatiche, anche
nella maggioranza delle persone che subiscono per diverso tempo bullismo a scuola e soprattutto mobbing, tanto è vero
che quando ci troviamo in tali situazioni dobbiamo aspettarci da noi stessi sia tali comportamenti irrazionali, sia un
distanziamento emotivo reattivo che si estende in genere al contesto non scolastico e non lavorativo e che può portarci a
non essere più ricettivi nemmeno del calore dei nostri amici e familiari. Anche quando da adolescenti o in giovane età ci
rechiamo da uno psicologo per uno o più problemi seri e non ci informiamo per tempo sulla psicoterapia, spesso
fatichiamo a chiudere il rapporto anche se lo psicologo non ci dà né spiegazioni né soluzioni e si approfitta di noi
rubando di fatto o coinvolgendoci in attività fuori dallo studio pericolose o dannose, contro ogni regola deontologica.
Illusioni più o meno aggredite dal buonsenso e dall'osservazione e una dedizione senza fondamento caratterizzano chi
viene coinvolto in gruppi e movimenti religiosi (ad esempio di facciata cattolica) o politici, spesso e quasi sempre la
tossicodipendenza e ciò al punto che c'è chi, una volta riappropriatosi dei propri spirito critico, libertà e tempo, ha
paragonato spontanemente adepti, affiliati e drogati. Se pensiamo a quanto spesso finiamo col cedere anche solo alle
insistenze dei commessi nei negozi se ci troviamo in un momento di debolezza conseguente a un lutto recente o a un
trauma, ci è più facile intuire cosa ci può accadere in situazioni di sofferenza psicologica e/o fisica davvero molto
prolungata e intensa. Se invece reagiamo con rabbia e il nemico è troppo forte (un'istituzione, un gruppo, ecc.) accade
frequentemente che la confusione, il dolore o il panico ci accechino e che assumiamo un atteggiamento insistente senza
pianificare con metodo, cambiamo spesso porte cui bussare o con impazienza e imprudenza ci rivolgiamo quasi subito a
chi sta al posto più alto di un'organizzazione, sia essa una scuola, un ospedale, un servizio sociale, un'associazione
religiosa ecc. Quando siamo attaccati in situazioni in cui le forze in campo sono meno impari, una reazione istintiva può
anche essere quella di cercare di assomigliare al nostro aggressore, perché questo ci appare un mezzo per tornare a
sentirci forti, attivi e padroni della situazione e fuggire la passività impostaci (da bambini soprattutto tendiamo a imitare
i bulli). Ma l'aggressività e la rabbia verso un compagno, un collega, ecc., espresse o meno in un'azione precisa,
possono provocare senso di colpa e, per una reazione ad esso, spingerci a divenire gentili e particolarmente pazienti con
la persona con cui ci siamo arrabbiati o con tutti in una sorta di annullamento retroattivo o con una trasformazione nel
contrario: queste reazioni possono accompagnarsi a rimozione del desiderio iniziale o alla sua proiezione su altri (anche
fino a identificazione) e avvengono nei casi più svariati e sopratttutto durante la crescita e rispetto ai desideri dimostrati
nell'infanzia, soprattutto se i genitori sono stati troppo inibenti rispetto a essi (può accadere perfino che una bambina
molto interessata agli abiti e al divenire madre da grande diventi in età adulta sciatta e apparentemente poco ambiziosa e
resti nubile per vivere i vecchi desideri attraverso le amiche e gli amici ammirati, interessandosi cioè di continuo ai loro
figli, vestiti, relazioni sentimentali e carriera). Ambizione, aggressività, desiderio di sottomettere gli altri possono però
anche subire il processo, più positivo, provocato da un altro meccanismo difensivo ed essere in qualche modo sublimati,
quindi trasformati in capacità sportive, artistiche o intellettuali, che consentono di primeggiare in modo non dannoso per
lo stesso tipo di elevazione che porta chi teme le malattie a coltivare un interesse scientifico per le terapie e a divenire
capace di curare corpo e mente. Un'altra reazione positiva c'è quando trasportiamo un conflitto affettivo interno verso
l'esterno, più che verso l'alto, pur continuando a servirci dell'intelletto come principale difesa: possiamo ad esempio
dimenticare in parte un problema angosciante con un genitore sviluppando un interesse intellettuale per questo genere di
conflitti. A volte è solo inconscio il tentativo di giustificare sentimenti e azioni inaccettabili, anche mantenendone
inalterato lo scopo. Gli effetti più evidenti e pericolosi la nostra separazione inconscia da
un'emozione/pensiero/situazione li ha quando il risultato è costituito da depersonalizzazione, schizofrenia, stati di fuga,
isteria e sdoppiamento della personalità, ma la stessa causa è alla base del semplice e più comune sonnambulismo.
Quando sono i nostri desideri sessuali ciò che vorremmo negare, a causa dei problemi che ci provocano, allora
possiamo essere portati a un controllo pressoché totale dei nostri impulsi e a comportamenti eccessivamente riservati,
quasi ascetici, soprattutto se siamo adolescenti (una fascia di età in cui questi impulsi provocano ovviamente particolare
turbamento). Un meccanismo di cancellazione anche istituzionalizzato è quello che ha creato il rito cattolico della
confessione e che un tempo si attuava attraverso riti tribali sacrificali. Dopo un trauma o una separazione sono possibili
in tutti amnesia e allucinazioni, e ciò anche senza la compresenza di patologie. Anche i falsi ricordi sono più diffusi di
quanto non si creda. Abbastanza comune è lo spiazzamento di un sentimento dal suo oggetto reale interno e il suo
spostamento su un altro esterno (forse ciò è alla base anche delle fobie e dell'autolesionismo). Spesso le nostre fantasie
della veglia sono così brevi e attirano così poco la nostra attenzione da potersi considerare inconsce, quindi si tratta di
gratificazioni che otteniamo passivamente dall'immaginazione. Può capitarci di sopravvalutare qualcuno a causa di un
notevole nostro investimento affettivo e ciò ci porta anche a tendere a emularlo in modo conscio o anche del tutto
inconsapevole e possiamo finire con l'internalizzare ciò che ammiriamo (trasferendolo dentro di noi in via simbolica,
qualche volta fino al delirio), perché non possiamo fare a meno di desiderare di essere accettati e amati. Però una difesa
può anche sfruttare l'intelletto: esso diviene il mezzo con cui inconsciamente cerchiamo di allontanare la realtà, e il
risultato è che danneggiamo la nostra parte affettiva fino a che diventiamo quasi degli automi con cui non si può
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ragionare, oltre che scambiare affetto. Il nostro bisogno di piacere ad altri e a noi stessi può portarci anche a perdere
sempre più lucidità nel giudizio, fino a crearci un'autostima irrealistica (il cosiddetto falso sé) o a giungere perfino alla
megalomania oppure può renderci troppo aggressivi. L'aggressività e l'autoaffermazione ci sono necessarie, ma chi non
ne riconosce sempre in sé il bisogno o la manifestazione, rischia di illudersi su se stesso e di perdere rapporti importanti
(gli aggressivi-passivi indispettiscono, deludono molto e allontanano chi più è attratto dalla flemma che li
contraddistingue, spesso scambiata per calma, disponibilità o gentilezza). Anche l'altruismo e il conformismo possono
nascere da un bisogno inconscio di difendersi e il più delle volte non causano problemi, ma è particolarmente dolorosa
negli esiti la spinta inconscia a manifestare comportamenti del tutto opposti a necessità o tendenze poco consapevoli o
rifiutate, perché esprimere il rifiuto con la sollecitudine (compiacendo troppo chi ci è vicino o facendo spesso ciò che
non è adatto a noi) oppure con la dipendenza ci porta inevitabilmente a deprimerci e a perdere il controllo. Quando ci
sentiamo a lungo tristi e fiacchi e quando dopo un certo tipo di incontri e attività accettati solo per abitudine o perché
spinti da altri o da motivazioni confuse, a volte quel che accade è che il nostro inconscio sta cercando così di
comunicarci che è urgente che facciamo chiarezza in noi con l'autoanalisi (l'inconscio con il calo dell'energia crea
simbolicamente l'introversione che esso desidera e inoltre ci mette nella condizione di farci e fargli delle domande per
poter poi esprimerci di più, cambiare decisione, ecc.) Spesso però la stanchezza fisica improvvisa o prolungata
immotivata e l'agire meccanicamente esprimono invece una paura non ancora cosciente e sono reazioni inconsce che ci
invitano ad arrestarci e cioè ad abbandonare una persona o un'attività che rappresenta un grande pericolo non
riconosciuto, e ciò è vero e va ricordato sebbene non di rado sia proprio questa passività indotta a farci cadere in
trappola (chi ha avuto a che fare con dei criminali comprende certamente bene cosa intendo affermare). Spiacevoli
sensazioni fisiche, disagio improvviso, mancanza di spontaneità e generale perdita o riduzione d'iniziativa sono di
frequente simili reazioni di difesa inconsapevoli, a volte controproducenti quanto sensate secondo la logica
dell'inconscio e quindi da ascoltare soprattutto nei rapporti di coppia e se siamo alle prese con le prime esperienze
sessuali e relazioni, anche perché chi non lo fa va incontro a incidenti, ad alcune somatizzazioni fisiche e spesso
infezioni. Le vere e proprie malattie psicosomatiche molto durature e dolorose hanno ovviamente una certa attinenza
con questo tipo di reazioni, anche se hanno rapporti tanto complessi con le malattie organiche funzionali che non è
possibile operare comode semplificazioni, anche perché, quando ad ammalarsi sono gli altri, è fin troppo facile
dimenticare che le vie dell'inconscio non sono le nostre, che esse non sono quelle dell'io. Quando cadiamo e troppo a
lungo rimaniamo vittime di mobbing, bullismo, maltrattamento familiare o del partner o di un'altra situazione
angosciante senza ritorno, può capitare facilmente che a un dato momento reagiamo automaticamente con un
distanziamento emotivo che riduce il dolore ma non ci permette di accogliere l'affetto e il sostegno quando ancora
presenti o possibili e a volte non riusciamo nemmeno a elaborare altri tipi di aiuti e soluzioni, per quanto
apparentemente raggiungibili o magari perfino ovvi. Di fronte all'autorità in noi scattano misure protettive di solito non
del tutto inconsce, ma poco meditate, per cui reagiamo tacendo oppure sorridendo tra tante parole che non dicono quasi
niente e/o mostrando apertamente aggressività. Se siamo stati ingiusti, violenti, ecc. a scattare possono essere invece i
cosiddetti meccanismi di disimpegno morale, almeno in mancanza di empatia naturale, coscienza o abitudini di
autosservazione o riflessione: obbedendo soprattutto alla tendenza naturale in tutti a evitare a se stessi ogni dolore, si
attribuirà la colpa alla vittima, la si disumanizzerà e spregerà, magari la si aggredirà nuovamente e ciò anche – e forse
ancor più – se l'ingiustizia della propria iniziale aggressione è palese, come quando si è voluto colpire con la violenza
un'altrui fragilità considerata di per sé intollerabile (i diversi appaiono deboli) oppure approfittarsi della debolezza di un
altro per procurarsi qualche forma di piacere o puntellare la propria debole identità su quella di un gruppo aggressivo.
I testi di riferimento sono stati per me il testo liceale degli ultimi anni Intrecci. Psicologia e Pedagogia ai manuali Test
psicologici di Sanavio-Sica, Sinossi di psichiatria Kaplan e Sadock’s, Manuale di psichiatria di Sarteschi -Maggini,
Interviste e colloqui nelle organizzazioni di Castiello d’Antonio, Tecniche dell’intervista e del questionario di
Zammuner, Modelli di colloquio in psicologia clinica di Del Corno-Lang e Il colloquio nell’assistenza sociale di
Allegri, dei quali ho riassunto e tradotto nel linguaggio comune i concetti più importanti, da loro espressi con troppo
numerosi, inutili e respingenti tecnicismi .
DISTORSIONI PERCETTIVE, ERRORI DI GIUDIZIO E ATTRIBUZIONE ERRATA DI CAUSE E RELAZIONI
Tutti avvertiamo la pressione a conformarci alla maggioranza, anche quando non rischiamo gravi ritorsioni. L'esigenza
di evitare dissensi a volte sfocia in decisioni disastrose soprattutto se subiamo stress e pressione a che il nostro gruppo
dia un parere unanime e decida in fretta. Gli errori più comuni che commettiamo nel giudicare, trovare soluzioni o
prendere decisioni sono tuttavia di altro genere. Spesso infatti per arrivare alle conclusioni non sottoponiamo i discorsi e
la qualità delle argomentazioni ad attenta analisi, ma vi arriviamo attraverso delle scorciatoie presenti nella nostra
mente. Pensiamo ad esempio "lo dice un esperto, sarà vero". Le informazioni che ci giungono dall'ambiente caso per
caso stimolano questa e altre "euristiche", queste economie di pensiero (ad esempio una fonte autorevole stimola
l'euristica dell'esperto). Esse ci espongono sempre ad errori, ma vi tendiamo per semplificare i problemi. Soprattutto
tendiamo a giudicare dalle cose che ci vengono alla mente facilmente o in base all'idea che abbiamo di una categoria di
persone o di eventi o per via del ricordo di un evento simile recente o di qualche fonte e lo facciamo anche quando si
tratta di riferimenti arbitrari. Per di più, una volta che ci siamo formati una convinzione, tendiamo a conservarla anche a
dispetto di prove contrarie! Si possono contare decine di altre tendenze della nostra mente potenzialmente fuorvianti e
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tali "biases" influiscono anche sui giudizi professionali per ansia o fretta e perché abbiamo una razionalità limitata e
bisogno di coerenza, ma soprattutto perché tendiamo, nell'attribuire cause e altre relazioni, ad accomodarci le cose in
conformità con i nostri interessi (per chi è onesto e interessato all'altro il processo è inconscio e viene frenato con un po'
di allenamento). A volte però ci facciamo semplicemente influenzare dal parere dei più, ci convinciamo e cioè cadiamo
nell'euristica del consenso ("se tutti la pensano così, è vero"), anche se probabilmente anche in tal caso siamo
inconsciamente spinti da interesse per la pressione al conformismo alla maggioranza (questo accade infatti soprattutto
se siamo tenuti a far sapere agli altri la nostra opinione). Inoltre, quando c'è una discussione tra più di due persone
tendiamo a spostarci verso posizioni estreme per le conferme ricevute o per stanchezza e ci allontaniamo da iniziali
posizioni moderate. Soprattutto comunque quando in ogni comunicazione non facciamo in modo e non controlliamo
che il nostro interlocutore sia in sintonia con noi (nel senso che abbia chiaro di cosa parliamo, abbia in mente le stesse
cose che abbiamo in mente noi), egli arriva inevitabilmente a conclusioni sbagliate: per tutti noi lo sforzo di comunicare
è vano a volte, anche se ciò capita più di frequente a chi ha un disturbo mentale. E in generale non possiamo correggere
malintesi e comunicazioni inefficaci quando, come a volte avviene, attribuiamo male le cause di essi (di solito prima
crediamo che la causa sia l'incompetenza di alcuni interlocutori, poi una intenzione generale della controparte, poi
differenze culturali) o quando la causa è nascosta da un'ideologia distorcente non messa in discussione (ad esempio la
mentalità per cui le donne sono in posizione un po' subalterna rispetto agli uomini può spingerle a tacere se un uomo le
interrompe o contrasta deciso e l'avere poca consapevolezza di questi pregiudizi diffusi può fare sì che gli uomini non
tengano abbastanza conto che anche le loro intenzioni migliori sono fraintendibili e non ne spieghino nulla).
Ovviamente infine siamo facilmente indotti ad errori di giudizio anche dalle consapevoli menzogne altrui, che
smascherare è molto più arduo di quanto tendiamo a credere per ignoranza e pregiudizi diffusi: crediamo spesso che
esistano specifici indizi di menzogna, mentre essi possono sempre significare anche tutt'altro, abbiamo talvolta teorie
assurde sulla personalità dei bugiardi e soprattutto abbiamo udito dire troppo spesso che il corpo non mente e che ne è
prova il fatto che gli animali sono sinceri, quando invece con gesti ed espressioni molte persone mentono bene, anche se
in modo imperfetto a causa della difficoltà del compito, e tra gli animali gli inganni sono molto diffusi e favoriti
dall'evoluzione, perciò al massimo possiamo puntare sul cogliere i segnali fugaci e rari di menzogna nel movimento dei
piedi e di altre parti del corpo, più ancora che nel viso, sempre presenti quando il potenziale bugiardo è sotto stress a
causa delle conseguenze gravi di quanto dice e/o in preda a una delle emozioni primarie (felicità, rabbia, paura,
disgusto, tristezza, sorpresa e forse fiducia e trepidazione) tenendo presente che le donne vi riescono meglio in genere,
se solo l'interlocutore non è una persona cara. Proprio nei rapporti di coppia e familiari è facile che ci blocchiamo anche
di fronte a un altro noto ostacolo, quello consistente nello scontro di punti di vista che ci appaiono inconciliabili su una
questione importante quando continuiamo a desiderare e ad avere molto bisogno di condividere valori e visione del
mondo: di solito purtroppo in queste situazioni crediamo di non avere scelta tra la rinuncia a uno dei due nostri bisogni
fondamentali (integrità e stabilità personale o benessere nella coppia) e non vediamo la piccola ma reale terza
possibilità.
I testi di riferimento con cui mi sono informata sulle distorsioni della percezione e del giudizio sono stati Psicologia
della comunicazione (Di Giovanni), Interviste e colloqui nelle organizzazioni di A. Castiello D'Antonio (un libro che
non consiglio per gli altri argomenti affrontati), Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca) e Sinossi di
psichiatria (Kaplan-Sadock). Anche in questo caso ho riassunto e tradotto nel linguaggio comune i concetti più
importanti, da loro espressi con troppi tecnicismi .
Modelli di colloquio in psicologia clinica (Del Corno), un testo davvero odioso, è utile per leggere qualcosa di più sulle
euristiche e per il lungo, chiaro e dettagliato elenco di cause di bias tipici del clinico che contiene (non è infatti solo la
maggioranza degli psicologi e degli psichiatri a ritenere di poter avere certezze sugli altri e su di sé e per giunta in
fretta), ma trovate tali biases riassunti nel paragrafo apposito più sopra in questo documento.
Un elenco preciso degli errori di percezione e giudizio più frequenti può essere considerato forse il seguente:
- tra i biases euristiche di rappresentatività e quindi di dipendenza da certe idee su una categoria di persone o eventi
(anche per fallacia della congiunzione e illusione del giocatore sulle ipotesi di serie/connessioni di eventi), disponibilità
(verso ciò che viene a mente facilmente) e ancoraggio (a esperienze recenti, qualche fonte), correlazione illusoria tra
eventi od oggetti (cui concorrono le prime due delle precedenti), tendenza alla conferma, accentuazione (il forzare la
realtà complessa dentro poche categorie), autoconvalida (anche per raccolta selettiva di informazioni, reinterpretazione
dei fatti o costrutti di autoconvalida quali sono la relega in un campo inattivo, la recinzione, l'introduzione di un fattore
perturbante e l'effetto Pigmalione/di profezia autoavverantesi), hindsight (o retrospezione, una proiezione sul futuro di
eventi passati), illusione del controllo, tendenza alla positività (effetto Pollyanna), errori di attribuzione delle cause a
proprio favore (anche per errore fondamentale di attribuzione e per gli effetti attore-osservatore, self-serving – es.
attribuzione difensiva, egocentric bias, effetto del falso consenso generale - e group-serving).
- euristiche causate da informazioni di sfondo (rispetto alla qualità delle argomentazioni), es. euristica dell'esperto, della
lunghezza, del prezzo, della parvenza scientifica;
- euristiche nella risoluzione dei problemi (es. euristica mezzi-fini con individuazione di sotto-mete (somma ponderata,
strategie basate su requisiti minimi e su strategie percettive suddividendo aspetti e oggetti per il confronto).
- errori di ragionamento condizionale (molti non riconoscono come fallaci le sbagliate affermazione del conseguente e
negazione del'antecedente) provocanti errori di comprensione; difetti di elaborazione (non di comprensione) provocati
da elementi distraenti e disturbanti o da emozioni (soprattutto in casi di conflitto con credenze o grande concretezza del
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problema); ragionamento controfattuale, che si basa sul poco rigoroso uso del condizionale passato; errori di
ragionamento induttivo (audacia e tendenza alla conferma).
-tra gli ostacoli al problem solving finità funzionale, meccanicità, tendenza conservatrice o al contrario a ignorare
probabilità a priori, influenza delle euristiche principali su strategie percettive e su giudizi di probabilità.
- da parte delle emozioni (pur indispensabili per decidere) effetto framing (riguardante il modo in cui si decide di vedere
un problema o di inquadrarlo) ed effetto tipico di spingere a decidere in base alla situazione (anche quando senza
coerenza con la visione di sè) o in base all'influenza della decisione sulle relazioni importanti della vita (anche quando
non sia di per sè la decisione migliore) e in generale condizionamento emotivo dei giudizi di valore, di probabilità e di
acuratezza anche fino a provocare rinvio, passaggio di mano o rifiuto.
- da parte dei media convenzionalità, struttura sociale alterata, presente dilatato, negatività, mainstreaming, agenda-
setting, ignoranza pluralistica, knowledge gap, abbassamento della tolleranza dell’incertezza, effetto terza persona,
effetti imitativi, effetti sull’immaginazione come il day dreaming e l’inibizione della immaginazione creativa,
- malintesi comuni (doppio, beninteso, beninteso beninteso a seconda della consapevolezza degli interlocutori) causati
da difetto o eccesso o errore d’inferenza e di distanza culturale;
- miscommunication a vari livelli (con disfunzioni senza miscommunication e miscommunication coperta da ideologia
o non standard, a seconda del grado di consapevolezza, della gravità e delle cause percepite) e di vari tipi (difetti di
trasmissione di informazioni, disturbi dell’interazione o malfunzionamento delle attività sociali istituzionalizzate, difetti
di dialogo, problemi di costruzione sociale della cornice/framing, del rapporto/ruolo o del sé per rifiuto e per la più
grave disconferma);
- vicoli ciechi dell’interdipendenza cognitiva (quando difetta lo script di riverberazione, per il quale si riflette a voce sul
punto di vista opposto mettendo la relazione al primo posto), polarizzazione, influenza normativa dei gruppi (con
acquiescenza) e groupthink (in un gruppo grave deragliamento della capacità decisionale).
- errori di percezione e giudizio frequenti nei colloqui non informali: effetti di alone, contesto, errore logico e
sistematico, pregiudizio di Rice contagioso, coazione a giudicare, ancoraggio all'esperienza, paura del silenzio, eccesso
di controllo, correlazioni illusorie non verificate, reazioni di simpatia-antipatia, stereotipi, confronti con la propria etica,
effetto di necessità e umore in base alla "teoria del campo" di Lewin)
- concetti connessi alle tre euristiche principali: rappresentatività (è anche il nome di una delle tre un'euristiche),
availability (da confrontare con l'euristica della disponibilità), premature closure e confirmation (da confrontare con
l'euristica dell'ancoraggio) e base rate e neglect (da considerare insieme al suo opposto, che porta alla sovradiagnosi).
Frasi e domande che favoriscono le incomprensioni o non favoriscono comunque un buon dialogo sono le seguenti:
- domande che costituiscono “interventi ostruttivi”: domande chiuse, domande composte, domande perché, domande o
affermazioni che esprimono un giudizio o minimizzano le preoccupazioni del paziente, consigli prematuri,
intepretazione prematura, transizione, comunicazione non verbale negativa o caricaturale di quella positiva e volta a
fingere empatia;
- frasi e domande da evitare: affermazioni contenenti giudizi, stereotipate-superficiali, banalizzanti e squalificanti, atte a
cambiare tema; domande multiple, troppo articolate o troppo astratte, chiuse quando non è indispensabile una risposta
brevissima, viziate ovvero capaci di far intuire la risposta che ci si aspetta, suggestive cioè stimolanti una convinzione
prima assente, insistenti su temi imbarazzanti o non interessanti.
- riguardo ai tipici errori nell’attribuzione di causa potete leggere online o in La dimensione psicologica degli ultimi
anni del liceo delle scienze umane delle pagine sulla fallacia causale dette Post hoc ergo propter hoc (dopo ciò dunque a
causa di ciò), fallacia della causa comune (avvengono insieme perciò la causa è la stessa) e fallacia dell’inversione (si
scambia l’effetto per la causa).
- quando farete ricerche in un campo qualunque, troverete elencati probabilmente i biases cognitivi elencati in questo
paragrafo con lo stesso nome o con nome un po’ diverso e forse qualche altro bias qui non citato: per fare un esempio,
su alcune pagine online riguardanti il lavoro degli analisti dell’economia potrete leggere di un bias denominato Cherry
picking.
- in Metodologia della ricerca in psicologia (Howitt-Cramer) oppure online raccogliete informazioni sulle più frequenti
cause di "bias" (tendenza a fare errori di interpretazione a causa di pregiudizi, esperienze precedenti, interesse, ecc.)
dello psicologo, dello sperimentatore, di chi ha elaborato i test e gli altri strumenti, di chi scrive e pubblica gli articoli
(es. file drawer effect e p-hacking dei pezzi pubblicati sulle riviste) e del soggetto del caso di studio (a causa dei limiti
di memoria, soggettività, paura, ecc.) e informazioni su tutto ciò che minaccia la validità interna ed esterna delle
ricerche psicologiche e sociali secondo gli stessi che le incoraggiano e le divulgano (reattività, effetto Hawthorne,
effetti storia e di storia locale, effetto prove, effetto selezione, perdita dei soggetti e selezione-strumentazione, effetto
strumentazione, effetto maturazione, effetto aspettativa, effetto di diffusione, effetto di novità ed effetto di regressione
differenziale verso la media o regressione statistica), tenendo presente che gli stessi effetti con l’aggiunta di quelli detti
di casualità o non-attitude e di interazione di fattori e quello di contaminazione – in realtà quest’ultimo credo presente
nell’elenco precedente sotto altro nome – sono elencati anche nei testi per gli educatori, gli insegnanti e i sociologi, che
i criteri stessi di validità interna ed esterna sono criticati e ignorati da alcuni autori di libri universitari (es. Corbetta),
che la scala più usata (almeno per i test sugli atteggiamenti delle ricerche sociali) – quella di Likert – è ritenuta
insoddisfacente sotto vari aspetti e che ogni sondaggio è ritenuto di scarsa validità da molti tra cui la giornalista Barbara
Spinelli (rimando per questi ultimi rilievi ancora a Corbetta).
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  • 1. MECCANISMI DI DIFESA E ALTRE E DISTORSIONI DEL GIUDIZIO FALSI RICORDI, MISURE DI SICUREZZA E MECCANISMI DI AUTODIFESA INCONSCI, DISTORSIONI PERCETTIVE O DI GIUDIZIO E ATTRIBUZIONE Conoscere bene ciò che distorce di solito il nostro giudizio e le protezioni che per noi sono più distintive è il primo passo per poterci liberare sia di questi automatismi che dei sintomi nevrotici e imparare a scegliere davvero; conoscere le riflessioni e le azioni che si sono dimostrate più utili per la maggioranza di coloro che hanno deciso di intraprendere questo percorso (le tecniche definite oggi cognitivo-comportamentali) e quindi leggere i libri sottolineati nella prima parte di questo documento, è il naturale passo successivo. Conosco persone divenute abbastanza obiettive e abili nella risoluzione di problemi e incombenze dopo aver subìto per molti anni alcuni dei più deleteri di questi processi mentali coatti. Credo che, oltre a conoscere di ognuna delle reazioni elencate gli esempi più rappresentativi nelle nostre azioni passate e nel presente, ci permetta di liberarcene anche riflettere su ciò che Jung scrisse su cos'è in generale una nevrosi e su quali ne siano più spesso l'origine e la soluzione, perché i sintomi nevrotici sono esagerazioni dolorose molto difficili da gestire di reazioni inconsce comuni a tutti (un progetto è meglio concepito e realizzato quando si ha una visione d'insieme: ecco perché può aiutarci leggere i commenti in corsivo della prima metà di questo documento dedicati soprattutto a Jung e al suo concetto generale di nevrosi come difesa della personalità spesso nata nell'infanzia a causa delle decisioni più negative dei genitori, una reazione involontaria deleteria e duratura). Tenete presente che molti libri sulla meditazione e alcuni saggi sul buddismo indicano come meta ideale di ogni individuo proprio l'emancipazione della coscienza dall'automatizzazione e anch'essi citano esempi di chi l'ha gradualmente raggiunta. Purtroppo però ancora oggi molti psichiatri sfruttano soprattutto la maggiore inconsapevolezza e presenza in alcune persone di tali meccanismi di distorsione o difesa (oppure la loro ingannevole apparenza) per diagnosticare un disturbo di personalità, cioè una malattia incredibilmente vaga, ma classificata come cronica pressoché costituzionale e grave e riguardo alla cui origine e al cui trattamento i manuali di psichiatria e la prassi nota non si pronunciano se non per far internare e costringere a psicofarmaci estremamente dannosi i disoccupati (anche giovani) e chi non riesce a pagare l'affitto (la disoccupazione è considerata uno dei principali sintomi di questi disturbi fin dalle prime e classiche loro definizioni, anche se oggi c'è chi vede persone con patologie mentali gravi e croniche ovunque e anche tra i lavoratori). FALSI RICORDI, MISURE DI SICUREZZA E MECCANISMI DI AUTODIFESA INCONSCI Ciò che impedisce al nostro sguardo di essere limpido e offusca il nostro giudizio degli altri e delle vere cause dei comportamenti e dei problemi è di solito una mescolanza poco consapevole di tendenze al prestigio e al controllo autoritario, è vedere tutto bianco o nero semplificando, a giudicare in fretta o a partire dalla corrispondenza con il nostro modo di vivere e in base alle simpatie, quando non secondo l'esperienza (quella più recente o quella di una vita), l'abitudine o gli stereotipi... e insomma l'impulso a non mettere la logica distaccata tra le nostre priorità. E poi ovviamente umore, necessità o urgenza influenzano ciò che possiamo vedere. I meccanismi di difesa inconsci invece si attuano in modo del tutto o per lo più automatico per mantenere la stabilità interiore ed evitarci, a prezzo della verità, sensazioni spiacevoli: non ne siamo responsabili, finché non ne diventiamo consapevoli, abbiamo bisogno di cambiare e otteniamo i mezzi per farlo (soprattutto informazioni chiare, precise e scritte). Essi sono in genere responsabili di un grande numero di sintomi nevrotici e di alcune psicosi, ma quando sono attivi in misura moderata sono utili allo sviluppo fino alla crescita e, nel caso della rimozione, necessari all'esistenza mentale stessa. Quello a cui ricorriamo più facilmente e che si innesca più direttamente è proprio l'espulsione dalla coscienza di un'idea o di un sentimento dolorosi già esperiti o che cercano di accedervi (nell'infanzia tale rimozione è quasi inevitabile). La rimozione può consistere anche solo nel tipico dimenticare un appuntamento preso con una persona sgradevole. Si può però ricordare bene un evento spiacevole o traumatico, ma non provare un'emozione nel viverlo e/o nel ricordarlo, come se dalla nostra mente essa fosse stata separata e "isolata" dall'accaduto. Uno presente in ogni patologia psichiatrica è un processo di ritorno ad una modalità di essere precedente meno ansiogena, ma alcuni comportamenti regressivi li manifestiamo quasi tutti quando troppi ostacoli ci sbarrano la strada e non per questo ci si può considerare dei malati di mente veri e propri. Molto diffuso è l'attribuire ad altri desideri, sentimenti e motivazioni rifiutati dall'io, proiettandoli al di fuori di sé, ma è comune anche il semplice rifiuto a riconoscere pulsioni e tendenze inaccettabili. Un esempio di proiezione consiste nel giudicare invidioso un amico perché lo invidiamo. Il movimento difensivo più istintivo per noi però può essere a volte quello della direzione opposta: per esempio possiamo fare nostri i valori di un'altra persona (un genitore, un insegnante, ecc.) se essi ci vengono imposti con severità e ciò per sfuggire la sensazione di essere sottomessi al volere altrui. In un caso analogo se la severità è tale da generare in noi rabbia o agitazione, possiamo volgere contro noi stessi una vera e propria aggressività fino al punto di farci fisicamente male se non possiamo aggredire l'aggressore. Se da bambini siamo 1
  • 2. però molto maltrattati dai familiari, ci accade anche di attaccarci maggiormente a chi ci maltratta: è una reazione automatica che hanno anche i cani picchiati e trascurati dal padrone. Ad adulti torturati soprattutto psicologicamente in modo grave e prolungato nelle dittature (lavaggio del cervello) è capitato di idealizzare chi li perseguitava e a donne sole che hanno subìto a lungo violenze di vario genere è accaduto di non trovare in sé la forza di esprimersi e si sono attaccate al persecutore, spinte dall'emergere di una paura eccessiva dell'ignoto, al punto di non saper chiudere un rapporto nemmeno quando possibile, di bloccarsi fino a non riuscire a concepire soluzioni per migliorare la propria condizione, a distaccarsi emotivamente da tutti. Reazioni simili sono frequenti, proprio perché quasi automatiche, anche nella maggioranza delle persone che subiscono per diverso tempo bullismo a scuola e soprattutto mobbing, tanto è vero che quando ci troviamo in tali situazioni dobbiamo aspettarci da noi stessi sia tali comportamenti irrazionali, sia un distanziamento emotivo reattivo che si estende in genere al contesto non scolastico e non lavorativo e che può portarci a non essere più ricettivi nemmeno del calore dei nostri amici e familiari. Anche quando da adolescenti o in giovane età ci rechiamo da uno psicologo per uno o più problemi seri e non ci informiamo per tempo sulla psicoterapia, spesso fatichiamo a chiudere il rapporto anche se lo psicologo non ci dà né spiegazioni né soluzioni e si approfitta di noi rubando di fatto o coinvolgendoci in attività fuori dallo studio pericolose o dannose, contro ogni regola deontologica. Illusioni più o meno aggredite dal buonsenso e dall'osservazione e una dedizione senza fondamento caratterizzano chi viene coinvolto in gruppi e movimenti religiosi (ad esempio di facciata cattolica) o politici, spesso e quasi sempre la tossicodipendenza e ciò al punto che c'è chi, una volta riappropriatosi dei propri spirito critico, libertà e tempo, ha paragonato spontanemente adepti, affiliati e drogati. Se pensiamo a quanto spesso finiamo col cedere anche solo alle insistenze dei commessi nei negozi se ci troviamo in un momento di debolezza conseguente a un lutto recente o a un trauma, ci è più facile intuire cosa ci può accadere in situazioni di sofferenza psicologica e/o fisica davvero molto prolungata e intensa. Se invece reagiamo con rabbia e il nemico è troppo forte (un'istituzione, un gruppo, ecc.) accade frequentemente che la confusione, il dolore o il panico ci accechino e che assumiamo un atteggiamento insistente senza pianificare con metodo, cambiamo spesso porte cui bussare o con impazienza e imprudenza ci rivolgiamo quasi subito a chi sta al posto più alto di un'organizzazione, sia essa una scuola, un ospedale, un servizio sociale, un'associazione religiosa ecc. Quando siamo attaccati in situazioni in cui le forze in campo sono meno impari, una reazione istintiva può anche essere quella di cercare di assomigliare al nostro aggressore, perché questo ci appare un mezzo per tornare a sentirci forti, attivi e padroni della situazione e fuggire la passività impostaci (da bambini soprattutto tendiamo a imitare i bulli). Ma l'aggressività e la rabbia verso un compagno, un collega, ecc., espresse o meno in un'azione precisa, possono provocare senso di colpa e, per una reazione ad esso, spingerci a divenire gentili e particolarmente pazienti con la persona con cui ci siamo arrabbiati o con tutti in una sorta di annullamento retroattivo o con una trasformazione nel contrario: queste reazioni possono accompagnarsi a rimozione del desiderio iniziale o alla sua proiezione su altri (anche fino a identificazione) e avvengono nei casi più svariati e sopratttutto durante la crescita e rispetto ai desideri dimostrati nell'infanzia, soprattutto se i genitori sono stati troppo inibenti rispetto a essi (può accadere perfino che una bambina molto interessata agli abiti e al divenire madre da grande diventi in età adulta sciatta e apparentemente poco ambiziosa e resti nubile per vivere i vecchi desideri attraverso le amiche e gli amici ammirati, interessandosi cioè di continuo ai loro figli, vestiti, relazioni sentimentali e carriera). Ambizione, aggressività, desiderio di sottomettere gli altri possono però anche subire il processo, più positivo, provocato da un altro meccanismo difensivo ed essere in qualche modo sublimati, quindi trasformati in capacità sportive, artistiche o intellettuali, che consentono di primeggiare in modo non dannoso per lo stesso tipo di elevazione che porta chi teme le malattie a coltivare un interesse scientifico per le terapie e a divenire capace di curare corpo e mente. Un'altra reazione positiva c'è quando trasportiamo un conflitto affettivo interno verso l'esterno, più che verso l'alto, pur continuando a servirci dell'intelletto come principale difesa: possiamo ad esempio dimenticare in parte un problema angosciante con un genitore sviluppando un interesse intellettuale per questo genere di conflitti. A volte è solo inconscio il tentativo di giustificare sentimenti e azioni inaccettabili, anche mantenendone inalterato lo scopo. Gli effetti più evidenti e pericolosi la nostra separazione inconscia da un'emozione/pensiero/situazione li ha quando il risultato è costituito da depersonalizzazione, schizofrenia, stati di fuga, isteria e sdoppiamento della personalità, ma la stessa causa è alla base del semplice e più comune sonnambulismo. Quando sono i nostri desideri sessuali ciò che vorremmo negare, a causa dei problemi che ci provocano, allora possiamo essere portati a un controllo pressoché totale dei nostri impulsi e a comportamenti eccessivamente riservati, quasi ascetici, soprattutto se siamo adolescenti (una fascia di età in cui questi impulsi provocano ovviamente particolare turbamento). Un meccanismo di cancellazione anche istituzionalizzato è quello che ha creato il rito cattolico della confessione e che un tempo si attuava attraverso riti tribali sacrificali. Dopo un trauma o una separazione sono possibili in tutti amnesia e allucinazioni, e ciò anche senza la compresenza di patologie. Anche i falsi ricordi sono più diffusi di quanto non si creda. Abbastanza comune è lo spiazzamento di un sentimento dal suo oggetto reale interno e il suo spostamento su un altro esterno (forse ciò è alla base anche delle fobie e dell'autolesionismo). Spesso le nostre fantasie della veglia sono così brevi e attirano così poco la nostra attenzione da potersi considerare inconsce, quindi si tratta di gratificazioni che otteniamo passivamente dall'immaginazione. Può capitarci di sopravvalutare qualcuno a causa di un notevole nostro investimento affettivo e ciò ci porta anche a tendere a emularlo in modo conscio o anche del tutto inconsapevole e possiamo finire con l'internalizzare ciò che ammiriamo (trasferendolo dentro di noi in via simbolica, qualche volta fino al delirio), perché non possiamo fare a meno di desiderare di essere accettati e amati. Però una difesa può anche sfruttare l'intelletto: esso diviene il mezzo con cui inconsciamente cerchiamo di allontanare la realtà, e il risultato è che danneggiamo la nostra parte affettiva fino a che diventiamo quasi degli automi con cui non si può 2
  • 3. ragionare, oltre che scambiare affetto. Il nostro bisogno di piacere ad altri e a noi stessi può portarci anche a perdere sempre più lucidità nel giudizio, fino a crearci un'autostima irrealistica (il cosiddetto falso sé) o a giungere perfino alla megalomania oppure può renderci troppo aggressivi. L'aggressività e l'autoaffermazione ci sono necessarie, ma chi non ne riconosce sempre in sé il bisogno o la manifestazione, rischia di illudersi su se stesso e di perdere rapporti importanti (gli aggressivi-passivi indispettiscono, deludono molto e allontanano chi più è attratto dalla flemma che li contraddistingue, spesso scambiata per calma, disponibilità o gentilezza). Anche l'altruismo e il conformismo possono nascere da un bisogno inconscio di difendersi e il più delle volte non causano problemi, ma è particolarmente dolorosa negli esiti la spinta inconscia a manifestare comportamenti del tutto opposti a necessità o tendenze poco consapevoli o rifiutate, perché esprimere il rifiuto con la sollecitudine (compiacendo troppo chi ci è vicino o facendo spesso ciò che non è adatto a noi) oppure con la dipendenza ci porta inevitabilmente a deprimerci e a perdere il controllo. Quando ci sentiamo a lungo tristi e fiacchi e quando dopo un certo tipo di incontri e attività accettati solo per abitudine o perché spinti da altri o da motivazioni confuse, a volte quel che accade è che il nostro inconscio sta cercando così di comunicarci che è urgente che facciamo chiarezza in noi con l'autoanalisi (l'inconscio con il calo dell'energia crea simbolicamente l'introversione che esso desidera e inoltre ci mette nella condizione di farci e fargli delle domande per poter poi esprimerci di più, cambiare decisione, ecc.) Spesso però la stanchezza fisica improvvisa o prolungata immotivata e l'agire meccanicamente esprimono invece una paura non ancora cosciente e sono reazioni inconsce che ci invitano ad arrestarci e cioè ad abbandonare una persona o un'attività che rappresenta un grande pericolo non riconosciuto, e ciò è vero e va ricordato sebbene non di rado sia proprio questa passività indotta a farci cadere in trappola (chi ha avuto a che fare con dei criminali comprende certamente bene cosa intendo affermare). Spiacevoli sensazioni fisiche, disagio improvviso, mancanza di spontaneità e generale perdita o riduzione d'iniziativa sono di frequente simili reazioni di difesa inconsapevoli, a volte controproducenti quanto sensate secondo la logica dell'inconscio e quindi da ascoltare soprattutto nei rapporti di coppia e se siamo alle prese con le prime esperienze sessuali e relazioni, anche perché chi non lo fa va incontro a incidenti, ad alcune somatizzazioni fisiche e spesso infezioni. Le vere e proprie malattie psicosomatiche molto durature e dolorose hanno ovviamente una certa attinenza con questo tipo di reazioni, anche se hanno rapporti tanto complessi con le malattie organiche funzionali che non è possibile operare comode semplificazioni, anche perché, quando ad ammalarsi sono gli altri, è fin troppo facile dimenticare che le vie dell'inconscio non sono le nostre, che esse non sono quelle dell'io. Quando cadiamo e troppo a lungo rimaniamo vittime di mobbing, bullismo, maltrattamento familiare o del partner o di un'altra situazione angosciante senza ritorno, può capitare facilmente che a un dato momento reagiamo automaticamente con un distanziamento emotivo che riduce il dolore ma non ci permette di accogliere l'affetto e il sostegno quando ancora presenti o possibili e a volte non riusciamo nemmeno a elaborare altri tipi di aiuti e soluzioni, per quanto apparentemente raggiungibili o magari perfino ovvi. Di fronte all'autorità in noi scattano misure protettive di solito non del tutto inconsce, ma poco meditate, per cui reagiamo tacendo oppure sorridendo tra tante parole che non dicono quasi niente e/o mostrando apertamente aggressività. Se siamo stati ingiusti, violenti, ecc. a scattare possono essere invece i cosiddetti meccanismi di disimpegno morale, almeno in mancanza di empatia naturale, coscienza o abitudini di autosservazione o riflessione: obbedendo soprattutto alla tendenza naturale in tutti a evitare a se stessi ogni dolore, si attribuirà la colpa alla vittima, la si disumanizzerà e spregerà, magari la si aggredirà nuovamente e ciò anche – e forse ancor più – se l'ingiustizia della propria iniziale aggressione è palese, come quando si è voluto colpire con la violenza un'altrui fragilità considerata di per sé intollerabile (i diversi appaiono deboli) oppure approfittarsi della debolezza di un altro per procurarsi qualche forma di piacere o puntellare la propria debole identità su quella di un gruppo aggressivo. I testi di riferimento sono stati per me il testo liceale degli ultimi anni Intrecci. Psicologia e Pedagogia ai manuali Test psicologici di Sanavio-Sica, Sinossi di psichiatria Kaplan e Sadock’s, Manuale di psichiatria di Sarteschi -Maggini, Interviste e colloqui nelle organizzazioni di Castiello d’Antonio, Tecniche dell’intervista e del questionario di Zammuner, Modelli di colloquio in psicologia clinica di Del Corno-Lang e Il colloquio nell’assistenza sociale di Allegri, dei quali ho riassunto e tradotto nel linguaggio comune i concetti più importanti, da loro espressi con troppo numerosi, inutili e respingenti tecnicismi . DISTORSIONI PERCETTIVE, ERRORI DI GIUDIZIO E ATTRIBUZIONE ERRATA DI CAUSE E RELAZIONI Tutti avvertiamo la pressione a conformarci alla maggioranza, anche quando non rischiamo gravi ritorsioni. L'esigenza di evitare dissensi a volte sfocia in decisioni disastrose soprattutto se subiamo stress e pressione a che il nostro gruppo dia un parere unanime e decida in fretta. Gli errori più comuni che commettiamo nel giudicare, trovare soluzioni o prendere decisioni sono tuttavia di altro genere. Spesso infatti per arrivare alle conclusioni non sottoponiamo i discorsi e la qualità delle argomentazioni ad attenta analisi, ma vi arriviamo attraverso delle scorciatoie presenti nella nostra mente. Pensiamo ad esempio "lo dice un esperto, sarà vero". Le informazioni che ci giungono dall'ambiente caso per caso stimolano questa e altre "euristiche", queste economie di pensiero (ad esempio una fonte autorevole stimola l'euristica dell'esperto). Esse ci espongono sempre ad errori, ma vi tendiamo per semplificare i problemi. Soprattutto tendiamo a giudicare dalle cose che ci vengono alla mente facilmente o in base all'idea che abbiamo di una categoria di persone o di eventi o per via del ricordo di un evento simile recente o di qualche fonte e lo facciamo anche quando si tratta di riferimenti arbitrari. Per di più, una volta che ci siamo formati una convinzione, tendiamo a conservarla anche a dispetto di prove contrarie! Si possono contare decine di altre tendenze della nostra mente potenzialmente fuorvianti e 3
  • 4. tali "biases" influiscono anche sui giudizi professionali per ansia o fretta e perché abbiamo una razionalità limitata e bisogno di coerenza, ma soprattutto perché tendiamo, nell'attribuire cause e altre relazioni, ad accomodarci le cose in conformità con i nostri interessi (per chi è onesto e interessato all'altro il processo è inconscio e viene frenato con un po' di allenamento). A volte però ci facciamo semplicemente influenzare dal parere dei più, ci convinciamo e cioè cadiamo nell'euristica del consenso ("se tutti la pensano così, è vero"), anche se probabilmente anche in tal caso siamo inconsciamente spinti da interesse per la pressione al conformismo alla maggioranza (questo accade infatti soprattutto se siamo tenuti a far sapere agli altri la nostra opinione). Inoltre, quando c'è una discussione tra più di due persone tendiamo a spostarci verso posizioni estreme per le conferme ricevute o per stanchezza e ci allontaniamo da iniziali posizioni moderate. Soprattutto comunque quando in ogni comunicazione non facciamo in modo e non controlliamo che il nostro interlocutore sia in sintonia con noi (nel senso che abbia chiaro di cosa parliamo, abbia in mente le stesse cose che abbiamo in mente noi), egli arriva inevitabilmente a conclusioni sbagliate: per tutti noi lo sforzo di comunicare è vano a volte, anche se ciò capita più di frequente a chi ha un disturbo mentale. E in generale non possiamo correggere malintesi e comunicazioni inefficaci quando, come a volte avviene, attribuiamo male le cause di essi (di solito prima crediamo che la causa sia l'incompetenza di alcuni interlocutori, poi una intenzione generale della controparte, poi differenze culturali) o quando la causa è nascosta da un'ideologia distorcente non messa in discussione (ad esempio la mentalità per cui le donne sono in posizione un po' subalterna rispetto agli uomini può spingerle a tacere se un uomo le interrompe o contrasta deciso e l'avere poca consapevolezza di questi pregiudizi diffusi può fare sì che gli uomini non tengano abbastanza conto che anche le loro intenzioni migliori sono fraintendibili e non ne spieghino nulla). Ovviamente infine siamo facilmente indotti ad errori di giudizio anche dalle consapevoli menzogne altrui, che smascherare è molto più arduo di quanto tendiamo a credere per ignoranza e pregiudizi diffusi: crediamo spesso che esistano specifici indizi di menzogna, mentre essi possono sempre significare anche tutt'altro, abbiamo talvolta teorie assurde sulla personalità dei bugiardi e soprattutto abbiamo udito dire troppo spesso che il corpo non mente e che ne è prova il fatto che gli animali sono sinceri, quando invece con gesti ed espressioni molte persone mentono bene, anche se in modo imperfetto a causa della difficoltà del compito, e tra gli animali gli inganni sono molto diffusi e favoriti dall'evoluzione, perciò al massimo possiamo puntare sul cogliere i segnali fugaci e rari di menzogna nel movimento dei piedi e di altre parti del corpo, più ancora che nel viso, sempre presenti quando il potenziale bugiardo è sotto stress a causa delle conseguenze gravi di quanto dice e/o in preda a una delle emozioni primarie (felicità, rabbia, paura, disgusto, tristezza, sorpresa e forse fiducia e trepidazione) tenendo presente che le donne vi riescono meglio in genere, se solo l'interlocutore non è una persona cara. Proprio nei rapporti di coppia e familiari è facile che ci blocchiamo anche di fronte a un altro noto ostacolo, quello consistente nello scontro di punti di vista che ci appaiono inconciliabili su una questione importante quando continuiamo a desiderare e ad avere molto bisogno di condividere valori e visione del mondo: di solito purtroppo in queste situazioni crediamo di non avere scelta tra la rinuncia a uno dei due nostri bisogni fondamentali (integrità e stabilità personale o benessere nella coppia) e non vediamo la piccola ma reale terza possibilità. I testi di riferimento con cui mi sono informata sulle distorsioni della percezione e del giudizio sono stati Psicologia della comunicazione (Di Giovanni), Interviste e colloqui nelle organizzazioni di A. Castiello D'Antonio (un libro che non consiglio per gli altri argomenti affrontati), Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca) e Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock). Anche in questo caso ho riassunto e tradotto nel linguaggio comune i concetti più importanti, da loro espressi con troppi tecnicismi . Modelli di colloquio in psicologia clinica (Del Corno), un testo davvero odioso, è utile per leggere qualcosa di più sulle euristiche e per il lungo, chiaro e dettagliato elenco di cause di bias tipici del clinico che contiene (non è infatti solo la maggioranza degli psicologi e degli psichiatri a ritenere di poter avere certezze sugli altri e su di sé e per giunta in fretta), ma trovate tali biases riassunti nel paragrafo apposito più sopra in questo documento. Un elenco preciso degli errori di percezione e giudizio più frequenti può essere considerato forse il seguente: - tra i biases euristiche di rappresentatività e quindi di dipendenza da certe idee su una categoria di persone o eventi (anche per fallacia della congiunzione e illusione del giocatore sulle ipotesi di serie/connessioni di eventi), disponibilità (verso ciò che viene a mente facilmente) e ancoraggio (a esperienze recenti, qualche fonte), correlazione illusoria tra eventi od oggetti (cui concorrono le prime due delle precedenti), tendenza alla conferma, accentuazione (il forzare la realtà complessa dentro poche categorie), autoconvalida (anche per raccolta selettiva di informazioni, reinterpretazione dei fatti o costrutti di autoconvalida quali sono la relega in un campo inattivo, la recinzione, l'introduzione di un fattore perturbante e l'effetto Pigmalione/di profezia autoavverantesi), hindsight (o retrospezione, una proiezione sul futuro di eventi passati), illusione del controllo, tendenza alla positività (effetto Pollyanna), errori di attribuzione delle cause a proprio favore (anche per errore fondamentale di attribuzione e per gli effetti attore-osservatore, self-serving – es. attribuzione difensiva, egocentric bias, effetto del falso consenso generale - e group-serving). - euristiche causate da informazioni di sfondo (rispetto alla qualità delle argomentazioni), es. euristica dell'esperto, della lunghezza, del prezzo, della parvenza scientifica; - euristiche nella risoluzione dei problemi (es. euristica mezzi-fini con individuazione di sotto-mete (somma ponderata, strategie basate su requisiti minimi e su strategie percettive suddividendo aspetti e oggetti per il confronto). - errori di ragionamento condizionale (molti non riconoscono come fallaci le sbagliate affermazione del conseguente e negazione del'antecedente) provocanti errori di comprensione; difetti di elaborazione (non di comprensione) provocati da elementi distraenti e disturbanti o da emozioni (soprattutto in casi di conflitto con credenze o grande concretezza del 4
  • 5. problema); ragionamento controfattuale, che si basa sul poco rigoroso uso del condizionale passato; errori di ragionamento induttivo (audacia e tendenza alla conferma). -tra gli ostacoli al problem solving finità funzionale, meccanicità, tendenza conservatrice o al contrario a ignorare probabilità a priori, influenza delle euristiche principali su strategie percettive e su giudizi di probabilità. - da parte delle emozioni (pur indispensabili per decidere) effetto framing (riguardante il modo in cui si decide di vedere un problema o di inquadrarlo) ed effetto tipico di spingere a decidere in base alla situazione (anche quando senza coerenza con la visione di sè) o in base all'influenza della decisione sulle relazioni importanti della vita (anche quando non sia di per sè la decisione migliore) e in generale condizionamento emotivo dei giudizi di valore, di probabilità e di acuratezza anche fino a provocare rinvio, passaggio di mano o rifiuto. - da parte dei media convenzionalità, struttura sociale alterata, presente dilatato, negatività, mainstreaming, agenda- setting, ignoranza pluralistica, knowledge gap, abbassamento della tolleranza dell’incertezza, effetto terza persona, effetti imitativi, effetti sull’immaginazione come il day dreaming e l’inibizione della immaginazione creativa, - malintesi comuni (doppio, beninteso, beninteso beninteso a seconda della consapevolezza degli interlocutori) causati da difetto o eccesso o errore d’inferenza e di distanza culturale; - miscommunication a vari livelli (con disfunzioni senza miscommunication e miscommunication coperta da ideologia o non standard, a seconda del grado di consapevolezza, della gravità e delle cause percepite) e di vari tipi (difetti di trasmissione di informazioni, disturbi dell’interazione o malfunzionamento delle attività sociali istituzionalizzate, difetti di dialogo, problemi di costruzione sociale della cornice/framing, del rapporto/ruolo o del sé per rifiuto e per la più grave disconferma); - vicoli ciechi dell’interdipendenza cognitiva (quando difetta lo script di riverberazione, per il quale si riflette a voce sul punto di vista opposto mettendo la relazione al primo posto), polarizzazione, influenza normativa dei gruppi (con acquiescenza) e groupthink (in un gruppo grave deragliamento della capacità decisionale). - errori di percezione e giudizio frequenti nei colloqui non informali: effetti di alone, contesto, errore logico e sistematico, pregiudizio di Rice contagioso, coazione a giudicare, ancoraggio all'esperienza, paura del silenzio, eccesso di controllo, correlazioni illusorie non verificate, reazioni di simpatia-antipatia, stereotipi, confronti con la propria etica, effetto di necessità e umore in base alla "teoria del campo" di Lewin) - concetti connessi alle tre euristiche principali: rappresentatività (è anche il nome di una delle tre un'euristiche), availability (da confrontare con l'euristica della disponibilità), premature closure e confirmation (da confrontare con l'euristica dell'ancoraggio) e base rate e neglect (da considerare insieme al suo opposto, che porta alla sovradiagnosi). Frasi e domande che favoriscono le incomprensioni o non favoriscono comunque un buon dialogo sono le seguenti: - domande che costituiscono “interventi ostruttivi”: domande chiuse, domande composte, domande perché, domande o affermazioni che esprimono un giudizio o minimizzano le preoccupazioni del paziente, consigli prematuri, intepretazione prematura, transizione, comunicazione non verbale negativa o caricaturale di quella positiva e volta a fingere empatia; - frasi e domande da evitare: affermazioni contenenti giudizi, stereotipate-superficiali, banalizzanti e squalificanti, atte a cambiare tema; domande multiple, troppo articolate o troppo astratte, chiuse quando non è indispensabile una risposta brevissima, viziate ovvero capaci di far intuire la risposta che ci si aspetta, suggestive cioè stimolanti una convinzione prima assente, insistenti su temi imbarazzanti o non interessanti. - riguardo ai tipici errori nell’attribuzione di causa potete leggere online o in La dimensione psicologica degli ultimi anni del liceo delle scienze umane delle pagine sulla fallacia causale dette Post hoc ergo propter hoc (dopo ciò dunque a causa di ciò), fallacia della causa comune (avvengono insieme perciò la causa è la stessa) e fallacia dell’inversione (si scambia l’effetto per la causa). - quando farete ricerche in un campo qualunque, troverete elencati probabilmente i biases cognitivi elencati in questo paragrafo con lo stesso nome o con nome un po’ diverso e forse qualche altro bias qui non citato: per fare un esempio, su alcune pagine online riguardanti il lavoro degli analisti dell’economia potrete leggere di un bias denominato Cherry picking. - in Metodologia della ricerca in psicologia (Howitt-Cramer) oppure online raccogliete informazioni sulle più frequenti cause di "bias" (tendenza a fare errori di interpretazione a causa di pregiudizi, esperienze precedenti, interesse, ecc.) dello psicologo, dello sperimentatore, di chi ha elaborato i test e gli altri strumenti, di chi scrive e pubblica gli articoli (es. file drawer effect e p-hacking dei pezzi pubblicati sulle riviste) e del soggetto del caso di studio (a causa dei limiti di memoria, soggettività, paura, ecc.) e informazioni su tutto ciò che minaccia la validità interna ed esterna delle ricerche psicologiche e sociali secondo gli stessi che le incoraggiano e le divulgano (reattività, effetto Hawthorne, effetti storia e di storia locale, effetto prove, effetto selezione, perdita dei soggetti e selezione-strumentazione, effetto strumentazione, effetto maturazione, effetto aspettativa, effetto di diffusione, effetto di novità ed effetto di regressione differenziale verso la media o regressione statistica), tenendo presente che gli stessi effetti con l’aggiunta di quelli detti di casualità o non-attitude e di interazione di fattori e quello di contaminazione – in realtà quest’ultimo credo presente nell’elenco precedente sotto altro nome – sono elencati anche nei testi per gli educatori, gli insegnanti e i sociologi, che i criteri stessi di validità interna ed esterna sono criticati e ignorati da alcuni autori di libri universitari (es. Corbetta), che la scala più usata (almeno per i test sugli atteggiamenti delle ricerche sociali) – quella di Likert – è ritenuta insoddisfacente sotto vari aspetti e che ogni sondaggio è ritenuto di scarsa validità da molti tra cui la giornalista Barbara Spinelli (rimando per questi ultimi rilievi ancora a Corbetta). 5