Breve storia della leadership. Teorie principali.
A brief history of leadership . Main theories.
a cura del dott. Bozzi Domenico.
by dr . Domenico Bozzi
doctor of Social and psychological disciplines .
La leadership può essere definita come il processo volto a influenzare le attività di un individuo o di un gruppo che si impegna per il conseguimento di uno o più obiettivi specifici.
Il termine “processo” sottolinea come la leadership non sia una posizione statica che trae la sua legittimità da funzioni ben precise e sganciate dalla relazione con gli altri, ma sia un comportamento dinamico che trae la sua linfa dall’interazione con gli altri.
Leadership & Leader, Cos'è la leadershipMirko Cuneo
Per leadership aziendale si intende quel processo sociale che porta una persona, all’interno di un’azienda, ad essere in grado di influenzare i comportamenti degli altri senza l’ausilio di metodi coercitivi o minacce.
La leadership può essere definita come il processo volto a influenzare le attività di un individuo o di un gruppo che si impegna per il conseguimento di uno o più obiettivi specifici.
Il termine “processo” sottolinea come la leadership non sia una posizione statica che trae la sua legittimità da funzioni ben precise e sganciate dalla relazione con gli altri, ma sia un comportamento dinamico che trae la sua linfa dall’interazione con gli altri.
Leadership & Leader, Cos'è la leadershipMirko Cuneo
Per leadership aziendale si intende quel processo sociale che porta una persona, all’interno di un’azienda, ad essere in grado di influenzare i comportamenti degli altri senza l’ausilio di metodi coercitivi o minacce.
“ Creare consapevolezza e responsabilità è l’essenza di un buon Coaching.” (John Whitmore)
L’obiettivo di questa guida è farti entrare nel mondo del Coaching per conoscere le potenzialità della metodologia di crescita personale più potente al mondo.
In questo documento trovi:
* cosa è il Coaching, origini, storia e fondamenta teoriche;
* informazioni riguardo a come lavora un Coach;
* chiarimenti riguardo al processo di Coaching;
* dettagli sulle tipologie di Coaching esistenti;
* FAQ e terminologia del Coaching.
Contenuti
Definizione del Coaching Professionale
Origini e Teorie Scientifiche
La Relazione di Coaching
Percorso e Strumenti del Coaching
Disciplina del Coaching
Per maggiori informazioni
www.lorenzonicoletti.com
Team working soft skills_coach pasquale adamoPasquale Adamo
Il TEAM WORKING e la capacità di lavorare in gruppo, è una di quelle competenze trasversali (soft skills) più richieste nel mondo del lavoro. Saper lavorare con gli altri in modo costruttivo ed efficace, è un'abilità che può fare la differenza sul lavoro. Una risorsa che possiede capacità di TEAM WORKING è sicuramente una risorsa con un valore aggiunto.
Talk tenuto all'Agile Venture di Prato il 29 Settembre 2018.
Per quanto sconcertante e sconfortante da accettare, le nostre decisioni sono continuamente guidate da automatismi mentali ("bias") che, essenziali nella vita di tutti i giorni per prendere decisioni in fretta e senza fatica, risultano fuorvianti lì dove sia necessaria una riflessione più attenta e approfondita.
I "bias cognitivi" ci tendono continuamente trappole che pregiudicano l'efficacia delle nostre decisioni o delle dinamiche di comunicazione tra noi e gli altri.
Partendo da diversi ambiti lavorativi ed arrivando a diversi esempi riguardanti i team Scrum la mia intenzione è quella di esplorare insieme ai partecipanti i modi in cui i principali bias si manifestano e come creare le condizioni (quali pratiche si possono dimostrare efficaci) per limitarne gli effetti indesiderati.
Laboratorio realizzato con il contributo dell'Iniziativa Laboratori dal Basso, azione della Regione Puglia cofinanziata dalla UE attraverso il PO FSE 2007-2013
Finanziato da ARTI Puglia, il corso gratuito “Lavorare in gruppo? Un’impresa! Un'impresa!: Conflitti, comunicazione e cooperazione per l'impresa sostenible” mira a fornire le competenze per migliorare l’efficienza del lavoro di gruppo e garantire la sostenibilità di un progetto imprenditoriale nel lungo periodo.
A promuoverlo l'Associazione VulcanicaMente , già attiva a livello locale ed europeo.
Il secondo di 5 moduli "Litigare bene tra colleghi: gestire i conflitti nei gruppi di lavoro" ha visto la partecipazione del trainer Graziano Tullio, esperto in team building e comunicazione efficace, e Paolo Ragusa, vice direttore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti di Piacenza
www.vulcanicamente.it
Una riflessione sulla gestione del conflitto, nata durante un corso di gestione e tecniche di vendita. Attuale, vista la conflittualità oggi in atto. Aggiornata a Gennaio 2017
Team working - Costruire i rapporti per lavorare bene assiemeMirko Cuneo
Lavoro di squadra significa che un gruppo di persone lavora in modo coordinato alla realizzazione di un progetto. Il team è il responsabile del risultato finale.
Realizziamo percorsi di team building con la metodologia del Coaching Creativo.
I nostri interventi si basano sull’integrazione tra attività ad alto potenziale creativo, durante le quali viene vissuta l’esperienza metaforica del team e momenti di lavoro che puntano a massimizzare l’efficacia realizzando obiettivi concreti.
Lavoro di gruppo e gruppi di lavoro: strategie di efficacia e gestione dei co...GAL Sole Grano Terra
Le slide di Carlo Duò sul lavoro di gruppo e i gruppi di lavoro (strategie di efficacia e gestione dei conflitti), presentate il 27/11/2014 a Villaputzu e il 28/11/2014 a San Basilio in occasione del seminario interattivo organizzato dal GAL SGT - Sole Grano Terra.
Strategie di gestione delle dinamiche relazioni. Come affrontare i conflititClaudia Matini
Estratto di un corso online sulla gestione delle dinamiche relazionali, con particolare riferimento alla natura, motivi e strategie di gestione dei conflitti.
1. Cosa e' il problem solving? Come funziona e come NON funziona.
2. Panoramica delle strategie (PSS, FARE, PDCA, DMAIC) e degli strumenti piu' comuni (Diagrammi di flusso, Analisi di Pareto, Diagramma causa-effetto, Brainstorming, 5w2h).
3. Un esempio concreto, guida al problem solving per developers.
Scopo della PNL è darvi le metodologie perché si attui in voi un processo di crescita delle vostre possibilità, per porvi in maniera nuova e più efficace nelle sfide di ogni giorno.
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La maggior parte delle persone ritiene che chi occupa un ruolo di comando generale ottenga facilmente rispetto, ma la maggior parte delle persone sbaglia. In che modo è possibile sviluppare la propria leadership e contribuire al (ben)essere del proprio Team?
Self Leadership e Gestione della Complessità - Un progetto di Open Sky Formaz...Fabiana D'Onofrio
Un progetto di sviluppo rivolto a manager e professionisti, HR manager, HR business partners, HR professional che già operano all’interno di organizzazioni o che abbiano interesse a inserirsi in ruoli di responsabilità in ambito organizzativo.
Per informazioni e approfondimenti:
f.donofrio@openskyformazione.it - 335-8487597
info@periagoge.it - 335-8469815
Safety Leadership Event - Leader del Miglioramento ViraleSebastiano Trapani
È proprio questa sarà la grande novità! Se riusciremo ad instillare una idea giusta e condivisibile, costruendo una conversazione attorno alla sicurezza, se centreremo il cuore dei lavoratori, lasciando un segno indelebile, saranno loro stessi a diffondere l’eco del messaggio. E allora sì, che i nostri alberi della sicurezza cresceranno e daranno ossigeno a un mondo che oggi appare grigio e soffocante. Allora sì, che muteremo da tecnici della prevenzione a leader del miglioramento virale.
Una domanda per ascoltare e dare voce alla gente comune... Pubblicare un contributo da diffondere ad Aprile17 in occasione della Giornata Mondiale della Sicurezza, durante la Safety Heores Week
L’UOMO SENZA QUALITA’: MOBBING TRA DISFUNZIONI COMUNICATIVE, MALAFEDE E PETTE...Drughe .it
Banfi di Reggio Emilia Rivista Sperimentale di Freniatria
Dipartimento di Salute Mentale della AUSL di Reggio Emilia
Società Italiana per la Psicopatologia Reggio Emilia
Sabato 2 dicembre 2000
Isomorfismo del potere - Al Complexity Literacy Meeting le slides del libro p...Complexity Institute
Il potere è un argomento centrale per chi si occupa – come noi – di organizzazione e management. Un tema oggetto di numerosi e diversi contributi della comunità scientifica e professionale.
Breve storia della Leadership. Teorie principali. A brief history of leadership . Main theories.
1. La complessità come RISORSA e
non come PROBLEMA
La complessità del concetto e la pluralità di
definizioni del termine leadership non
devono essere considerati soltanto un
problema, ma prima di tutto, una RISORSA
a disposizione per farsi un’idea di base di
tale processo.
A cura del dott. Bozzi Domenico
2. Leadership: a proposito delle origini del termine
Dall’inglese: to lead = dirigere, guidare
A sua volta to lead deriva dall’antico Sassone ledian o
Germanico “leiten”, che ancora oggi in tedesco significa
condurre.
In italiano condurre deriva dal Latino:
cum = “assieme, con” e ducere “guidare, condurre”da
cui deriva la parola dux
Quindi, la parola leadership letteralmente significa
conduzione, guida, direzione, da cui il significato di
leader come conducente, condottiero, direttore.
3. Si fa risalire la nascita del concetto di
leadership al sociologo tedesco Max Weber
che, agli inizi del XX secolo, il quale si
appassionò all’aspetto carismatico di alcuni
leader definendo il concetto di carisma come
«l’attribuzione a una persona, da parte di una
collettività, di qualità ritenute eccezionali per
realizzare una missione collettiva di grande
importanza»
4. I leader erano in passato considerati modelli di vita e
un noto studioso, Howard Gardner (1995) a tal
proposito dice: «persone che tramite la parola e/o
l'esempio personale, hanno significativamente
influenzato i comportamenti, i pensieri e/o i
sentimenti di un numero rilevante di altri esseri
umani».
Per secoli i leader antichi quali i
sacerdoti, i re, i profeti, sono stati
tramandati sia per tenere memoria di
essi, sia per essere proposti come
modelli di riferimento per il popolo e per
il progresso sociale e la civilizzazione.
5. Platone, nella Repubblica affermò il
principio della leadership, sostenendo che
vi è chi, «essendo nato e formato per ciò,
deve comandare, governare e guidare gli
altri con un criterio di utile comunitario,
collettivo, verso il quale è responsabile
direttamente» .
Aristotele, nella Politica, non apprezzava
l'assenza di virtù tra coloro che mostravano
interesse per il ruolo di leader.
6. Machiavelli è considerato il primo importante autore
della leadership (Il principe, 1513), considerando il
leader « come colui che si sarebbe assunto il grande
impegno di fare l'Italia ». Machiavelli sottolinea il
rischio e le difficoltà di esercitare il ruolo di guida.
Per Machiavelli il leader deve raggiungere l'obiettivo
di esercitare il potere e mantenere l'autorità per ben
governare e se non è in grado di raggiungere tali
obiettivi, dimostrandosi quindi debole e non
all'altezza del compito, la conseguenza sarà il caos
morale, con «inganni truffe e tradimenti» (Christie e
Glis, 1970).
7. Cohn nel 1957 con I fanatici
dell’apocalisse asserisce che
nei movimenti totalitari del XX
secolo sono presenti elementi
tipici del millenarismo, un
fenomeno che risale al
Medioevo ed in particolare alle
dottrine del monaco
Gioacchino da Fiore, e che il
modo di pensare di leader
come Hitler, Rosenberg, Marx e
degli altri era escatologico.
8. Nel XX secolo, Italia, Germania e
Russia soggette a dittature
totalitarie caratterizzate dalla
concentrazione nel capo di un
potere praticamente assoluto.
. La psicologia ha contribuito molto allo
studio della leadership, analizzando il
rapporto fra leader e folla e fra leader e
massa, soprattutto da parte del francese G.
Le Bon (1841-1931) le cui opere, in
particolare la celebre Psychologie des
foules, vennero studiate dai dittatori
totalitari del XX secolo, i quali basarono il
proprio potere sulla capacità di controllare
e manipolare le masse.
9. «le persone che fanno parte di una folla provano un
senso immediato di intimità che deriva dalla
proiezione del loro ideale dell’Io sul leader e dalla
identificazione con esso».
Freud, introduce il concetto di investimento libidico nei
confronti di figure amate e temute e che costituiscono un
surrogato del grande padre.
Freud
Psicologia delle masse e analisi dell’io del 1921
La visione freudiana ha ispirato anche l'approccio
alla storia di vita e il metodo della biografia con la
psicoanalisi
10.
11. Per Turner, (1982 ) «Un gruppo è un
insieme di due o più individui che
interagiscono e dipendono gli uni
dagli altri per il raggiungimento di un
obiettivo comune; il gruppo esiste
quando questi individui definiscono
se stessi come membri e quando la
sua esistenza è riconosciuta da
almeno un altro individuo».
Il concetto di
gruppo
12. Cooley (1864-1929) sociologo statunitense,
distingue:
Gruppi Primari (o piccoli gruppi) e Gruppi
Secondari. I primari, quali la famiglia o il
gruppo dei compagni di gioco, i gruppi
secondari, molto più estesi dei primi, sono
invece caratterizzati da relazioni indirette e
formali, prevalentemente di tipo contrattuale.
Gruppo d’Appartenenza e Gruppo di
Riferimento. Il primo è il gruppo a cui
l’individuo appartiene e alle cui regole conforma
il proprio comportamento.
13. Gruppo Interno e Gruppo Esterno.
Il primo è quello in cui una persona è inserita e si
identifica, il secondo è un gruppo a cui l’individuo
non appartiene e verso il quale può nutrire
sentimenti di avversione o di timore.
Gruppo naturale e Gruppo Sperimentale.
Il primo è costituito dalla famiglia o dai compagni
di gioco, il secondo è un gruppo che si costituisce
in vista di uno scopo.
Gruppo Formale e Gruppo Informale.
Il primo è regolato da una precisa strutturazione
delle relazioni interne e delle finalità da
perseguire, il secondo si forma essenzialmente in
base a motivi occasionali.
14. Il potere può essere definito come l'abilità a influenzare la
condotta degli altri e a resistere alle influenze indesiderate
messe in atto nei propri confronti (McMurray, 1975).
Avallone ritiene che tra i motivi che attivano e sostengono il
comportamento, una particolare rilevanza assume il bisogno
di potere.
Avallone scrive che:
«Bisogno di potere significa desiderio di lasciare la propria
traccia nella realtà, di incidere, di contare, fino ad assumere
la forma dell'esigenza di controllare gli altri, di manipolarli,
di renderli soggetti a sé. Le persone caratterizzate da un
elevato bisogno di potere sono, generalmente, aggressive,
amano la competizione, sono orientate all'azione e pronte a
inserirsi nei gruppi che costituiscono un luogo privilegiato
per esprimere e soddisfare i bisogni di potere».
15. • La differenza tra leadership e management
oggi appare meno netta rispetto al passato.
• In una organizzazione a volte può essere più
importante amministrare e in altri momenti
maggiore rilievo viene dato al compito di
motivare le persone e di sostenerle nei loro
compiti e guidarle al raggiungimento degli
obiettivi oppure ci sono situazioni in cui
occorre una gestione ora rivolta al compito e
ora che tende a sottolineare i risultati attesi.
Differenza tra Leadership e Management
16. •Ormai la distinzione tra il leader ed il
manager si è sempre più ridotta e queste due
figure tendono ad avere gli stessi compiti nelle
aziende, per avere successo, serve integrare
le capacità del leader con quelle del manager.
•Management significa portare a termine,
compiere, avere la responsabilità di qualcosa
mentre leadership vuol dire, invece,
influenzare, orientare, dirigere il corso,
l’azione, l’opinione. Per Bennis, W., Nanus, B.
(1985) Manager «è chi fa le cose nel modo
giusto, leader è chi fa le cose giuste».
17. LA LEADERSHIP: alcune definizioni
Stodgill (1974), eminente figura di primo
piano della ricerca del significato di
leadership, afferma, che: ”ci sono quasi
tante definizioni della leadership quante
sono le persone che hanno tentato di
definirne il concetto”.
Per Yukl, (1994): ”come tutti i costrutti
nelle scienze sociali, la definizione di
leadership è arbitraria e molto soggettiva.
Alcune definizioni sono più utili di altre, ma
non c’è una definizione corretta”.
18. Leadership: una pluralità di definizioni
Hogan (1994) parla della leadership come una
modalità di «persuadere delle persone a mettere da
parte, per un periodo, i loro obiettivi individuali, con lo
scopo di raggiungere un fine comune, importante per
la responsabilità e il benessere del gruppo». Il
concetto di leadership non è più inteso come dominio
e il leader non obbliga le persone ad obbedirlo
semplicemente perché detiene il potere ma il suo
obiettivo è diverso, è quello di costruire un gruppo che
si prefigge un obiettivo e lo sostiene in questo
percorso.
La leadership è l'attività volta a influenzare le persone che
si impegnano volontariamente su obiettivi di gruppo (A.
Etzioni, 1961).
19. -Il processo volto a influenzare le attività di un individuo
o di un gruppo che si impegna per il conseguimento di
obiettivi in una determinata situazione (P. Hersey e K.
Blanchard, 1984).
-La complessità dei processi psicologici che
caratterizzano l'esercizio delle funzioni di potere e di
influenzamento nei gruppi (G. Trentini, 1980).
-La leadership può essere riferita, in senso largo, alla
relazione che corre tra un individuo e un gruppo
costituito intorno ad un interesse comune e che in
induce a comportarsi secondo modalità dirette o
comunque determinate dall'individuo medesimo (K.
Schmidt, 1933).
-Il termine leader si riferisce alla persona che è stata
eletta o incaricata o che è emersa dal gruppo per
dirigere e coordinare gli sforzi dei membri del gruppo
stesso in direzione di un dato scopo (Fiedler, 1987).
20. TEORIA DEI TRATTI O TEORIA DEL
GRANDE UOMO
I primi studi (Stodgill, 1948; Weber, 1946) si
concentrarono sulla ricerca di tratti e caratteristiche
personali di cui l’individuo era dotato e che si
riteneva ne facessero un leader: è la teoria del
grande uomo sorta negli anni ’50 che ipotizza la
necessità, per poter essere un leader, di avere
qualità non solo come intelligenza, fiducia in sé,
forza di volontà, ma anche bellezza, una certa
statura, forza fisica, voce con determinate
caratteristiche, salute, ovvero di essere una persona
speciale.
21. Galton (1869)
Una prima formulazione della teoria dei
tratti nello studio della leadership risale a
Galton (1869), in Hereditary Genius.
Galton sostiene che alcuni tratti innati,
come ad esempio gli attributi individuali, la
personalità, i bisogni, i motivi, i valori e le
skills (come le abilità a fare certe cose in
maniera efficace) possono predire il
raggiungimento e l’efficacia nelle posizioni
di leadership.
22. Alcune Critiche alla teoria dei tratti
Jennings (1961, p.65): «Cinquanta anni di studi non
sono riusciti a produrre un tratto di personalità o un
set di qualità che possano essere usate per
discriminare i leader dai non leader».
Anche Jukl (1981) riconosce che alcuni tratti
aumentano la probabilità che un leader sarà
efficiente, ma non garantiscono l'efficienza e la
relativa importanza dei differenti tratti dipende dalla
natura della situazione.
Nello studio dei tratti è l'aver trascurato l'ambiente
come in grado di determinare quali tratti possono
essere più necessari.
Mancanza di un accordo globale sulla misurazione dei
tratti e sullo strumento da usare.
23. Questo approccio esamina cosa fanno i leader senza
sapere chi sono in termini di caratteristiche
individuali, sempre, però, alla ricerca di uno stile di
leadership ottimale ed efficace in tutte le situazioni.
La ricerca in questo ambito iniziò negli anni ’40 con
il contributo di ricercatori guidati da Ralph Stodgill
presso l'Ohio State University con uno strumento di
indagine conosciuto con il nome di Leader Behavior
Description Questionnaire (LBDQ) costituito da
descrizioni sul comportamento di un leader.
Lo studio
del comportamento dei leader
24. Ancora oggi si usa il LBDQ in versione finale e
contiene una quindicina di voci relative alla
struttura di iniziazione e altrettante relative alla
considerazione. In pratica chi viene intervistato
deve giudicare la frequenza con cui i leader
adottano un comportamento piuttosto che un altro
rispondendo a vari item.
Gli aspetti negativi di questo approccio sono la sua
estrema semplicità e mancanza di generalizzabilità
oltre all’eccessiva fiducia che le risposte potessero
portare ad uno stile efficiente. Anche in questo
approccio non vengono considerate le variabili
ambientali.
25. C’è una somiglianza tra i due fattori scoperti dal
gruppo di ricercatori dell’Ohio e le tipologie di
leader che invece Bales notò emergere nelle
discussioni di gruppo di laboratorio, il leader
orientato al compito e il leader orientato alle
relazioni (Bales, Schils, 1953).
In ogni caso Bales pensa che i due ruoli si
pongono solitamente in conflitto e che sono quasi
sempre ricoperti da due persone diverse, il
gruppo dell’Ohio pensa invece che i due ruoli
sono due dimensioni indipendenti del
comportamento del leader ossia non sono
necessariamente né correlate né in conflitto.
26. Lo stile di leadership, quindi, può, essere
definito dalla combinazione dei relativi
punteggi su queste due dimensioni e a
venirne fuori sono quattro stili di leadership:
•alta considerazione e bassa struttura
d'iniziazione;
•bassa struttura di iniziazione e alta
considerazione;
•alta struttura di iniziazione e alta
considerazione;
•alta struttura di iniziazione e bassa
considerazione.
27. Questo approccio però ignora le variabili
ambientali.
la parte debole è nella sua relativa
semplicità con sole due dimensioni
coinvolte, nella scarsa generalizzabilità e
nella fiducia eccessiva che le risposte al
questionario LBDQ sicuramente potessero
misurare la leadership efficiente,
inoltre è contestato pure l'assunto che
considerazione e struttura d'iniziazione
siano indipendenti.
28. L'interesse per la relazione e quello per la produzione
La griglia manageriale di Blake e Mouton (1964)
esamina l'interesse per la relazione (orientamento al
dipendente, come la fiducia, il rispetto, l'obbedienza) e
l'interesse per la produzione (orientamento al compito,
risultati, prestazioni, profitti) come due fattori
indipendenti ma essenziali fattori per l'efficienza
manageriale. La leadership si esercita su due variabili,
ossia lo stile di comando dei dirigenti:
interesse per la produzione (risultati, prestazioni,
profitti)
interesse per le persone (fiducia, rispetto,
obbedienza).
Lo stile di leadership efficace e duraturo è quello che
media
29. La griglia manageriale identifica cinque diversi stili
di leadership
Esaurito
Circolo ricreativo
Compito
Metà strada
Squadra
La griglia manageriale, quindi, tende a essere un
modello attitudinale che misura i valori o i
sentimenti di un leader, mentre lo schema
dell'Ohio State include dei concetti
comportamentali, oltre a indicatori attitudinali.
31. Il modello di Fiedler (1967)
Fiedler evidenzia il limite delle teorie sugli stili di
leadership che puntavano alla ricerca dello stile
migliore senza considerare il contesto in cui la
leadership si esplica ed è stato il primo a porre in
evidenza l’importanza del fattore situazionale;
Fiedler parte dal presupposto che nessun tratto o
comportamento del leader risulta efficace in ogni
contesto, propone un piano teorico che, partendo
dall’analisi della “situazione”, pone in correlazione
la performance del gruppo con lo stile adottato
dal leader.
32. Una persona, per Fiedler, reagisce all'ambiente
che lo circonda secondo il modo in cui lo
percepisce. Somministrando un questionario si
chiede ai leader di descrivere la persona con cui,
nel loro percorso formativo, sono riusciti a
lavorare meno bene. Con tale misura si può
determinare quanto il percepiente ritiene che due
persone siano simili o differenti tra di loro. Per
Fiedler questa misura ha una grande importanza
nei rapporti interpersonali di un gruppo e
specialmente nei rapporti del leader con i membri
del gruppo
33. Così una persona che considera molto importante
la riuscita sul lavoro, percepirà le persone che lo
aiutano nel lavoro totalmente differenti dalle
persone che gli sono d'impedimento.
In una prima fase Fiedler (1967) assume che
punteggi alti indicano un orientamento alla
relazione mentre punteggi bassi un orientamento
al compito ma l'esito delle ricerche nel verificare
questa ipotesi è stato però alterno. A questo
punto Fiedler e collaboratori hanno ipotizzato che
il giusto tipo di comportamento dipende anche da
quanto la situazione è favorevole al leader.
34. Hanno concepito quindi la leadership come un processo
d'influenza il cui grado di favorevolezza della situazione è
dato dalla combinazione di tre fattori:
1) la posizione di potere del leader: i leader possono
avere a disposizione molte forme di ricompense o
punizioni, esercitando un’autorità considerevole. Se la loro
posizione è debole essi possono non avere il potere
necessario;
2) la struttura del compito; Un gruppo, cui è stato
affidato un compito molto semplice, è molto più semplice
da dirigere di un gruppo il cui lavoro sia complesso e
dall’esito molto incerto.
3) i rapporti interpersonali tra i leader e i
componenti del gruppo: Un leader che lavora in un
clima di fiducia, lealtà e stima da parte del gruppo, troverà
il suo compito molto più piacevole.
35. Creato da House e Mitchell 1974 questo modello della
contingenza si basa sugli aspetti motivazionali individuali
nei gruppi. I leader col loro comportamento influenzano la
percezione dei subordinati rispetto al «sentiero verso
l’obiettivo» (path goal) aiutandoli a identificare un certo
percorso per raggiungere gli obiettivi del gruppo.
La teoria del Percorso-Obiettivo sostiene che
nell'esecuzione dei compiti per raggiungere i risultati
previsti, i risultati rappresentano l'obiettivo mentre i
compiti sono il percorso, pertanto se i compiti sono
eseguiti nella giusta maniera si hanno i risultati e dunque
le ricompense. In questa situazione il compito del leader è
quello di assicurare che il percorso verso l'obiettivo risulti
chiaro ai collaboratori e che non vi siano ostacoli verso il
raggiungimento dell'obiettivo.
Modello del sentiero verso l'obiettivo
36. Dunque esiste una relazione tra il comportamento del
leader, i fattori situazionali e i risultati. I fattori situazionali
che interagiscono con il comportamento del leader sono le
caratteristiche dei collaboratori e i fattori ambientali.
Quale stile di leadership? Il ruolo del leader nella teoria del
percorso-obiettivo varia a seconda della situazione. Il
leader dovrebbe ridurre l'incertezza chiarendo le
aspettative circa i risultati desiderati o il modo per ottenerli
(l'incertezza del compito). Secondariamente il leader
dovrebbe rimuovere gli ostacoli alla performance. Infine il
leader dovrebbe cercare di accrescere la valenza percepita
dai collaboratori nei confronti del compito stesso, del
raggiungimento dell'obiettivo o di entrambi.
Questi studi, in sintesi, suggeriscono che un modo utile per
descrivere la leadership è di distinguere tra leader orientati
ai compiti e leader orientati alle persone
37. Il modello di Vroom e Yetton
E’ un modello che fornisce ai leader una struttura
per decidere in base al reale grado di
partecipazione del gruppo. A differenza di altri
modelli situazionali, Vroom e Yetton creano un
modello normativo nel senso che prescrive ai
leader comportamenti «giusti» relativamente al
livello di partecipazione del gruppo.
Questo modello riguarda gli stili del leader nei
processi decisionali e individua quali stili siano
necessari al leader nelle diverse situazioni. Gli
stili decisionali sono cinque e variano su un
continuum che va dall’autocratico al
partecipativo.
38. I leader hanno cinque stili decisionali da poter
utilizzare i quali variano lungo un continuum:
Autocratico (AI) il leader prende le decisioni da
solo senza consultare i membri.
Autocratico con richiesta d’informazioni ai
collaboratori (AII) il leader decide da solo e i
subordinati sono in parte implicati.
Consultivo individuale (CI) il leader consulta
individualmente i collaboratori e prende da solo la
decisione.
Consultivo di gruppo (CII) il leader consulta il
gruppo e prende da solo la decisione.
Partecipativo (G) il leader condivide il problema col
gruppo per arrivare ad una soluzione consensuale.
39. Vroom e Yetton pensano che non ci sia un unico
livello di leadership che va bene in tutte le
situazioni e dunque vogliono trovare lo stile di
leadership da suggerire al leader da adottare in
rapporto alla situazione in cui si trova ad
operare.
Le critiche al modello sono che i dati utilizzati
per validare la teoria sono scaturiti
dall'autodescrizione da parte dei leader del loro
stile decisionale. Inoltre i metodi sperimentali in
cui si chiede di descrivere una situazione di
successo o di insuccesso sono soggetti al
fenomeno della desiderabilità sociale.
40. Leadership situazionale
•Vroom ha scritto nel 1976:
«Io non riesco a vedere nessuna forma di
leadership come ottimale per tutte le
situazioni. Il contributo delle azioni di un
leader per l’efficienza della sua
organizzazione non può essere
determinato senza considerare la natura
della situazione in cui il comportamento
viene espletato».
41. Hersey P., Blanchard K.
Il modello di P. Hersey e K. Blanchard
denominato «leadership situazionale» è anche
noto come life-cycle theory (teoria del ciclo di
vita) dove i due autori nordamericani sostengono
che non esista uno stile di leadership ideale, che
possa cioè essere valido in assoluto ed in tutti i
casi. Per loro i veri leader sono coloro che dopo
aver effettuato una efficace diagnosi riescono ad
adattare il proprio stile alle situazioni i cui
agiscono e l’efficacia scaturisce proprio dal grado
di coerenza del comportamento del leader con il
tipo di situazione in cui, in quel momento, si
trova a dover esercitare il suo ruolo.
42. «Non esiste – affermano Hersey e
Blanchard nel loro libro «leadership
situazionale»– un unico modo, migliore di
tutti gli altri, per influenzare le persone.
Lo stile di leadership che una persona
dovrebbe utilizzare con gli individui o con i
gruppi dipende dal livello di maturità delle
persone che il leader sta tentando di
influenzare».
La novità della loro teoria sta proprio nel
prevedere un diverso stile gestionale in
funzione del contesto e del diverso livello
di maturità presente nei collaboratori.
43. La loro teoria delinea quattro
modalità diverse di gestione della
leadership
(delegare, partecipare, vendere,
prescrivere)
e quattro diversi livelli di Maturità,
indicati con la lettera M, posseduti dai
collaboratori del leader.
44. Gli stili di leadership sono:
Stile direttivo (S1) chiamato telling
(alto orientamento al compito, basso alle relazioni),
- Stile persuasivo (S2) chiamato selling
(alto orientamento al compito, alto alle relazioni),
Stile partecipativo (S3) denominato
partecipating (
basso orientamento al compito, alto alle relazioni)
Stile delegante (S4) chiamato delegating
(basso orientamento al compito, basso alle
relazioni)
45. Per Hersey e Blanchard uno degli aspetti più critici che il leader deve
prendere in considerazione è la maturità dei propri collaboratori. Per
questo motivo essi hanno suddiviso la maturità delle persone in quattro
possibili livelli, così come hanno fatto con gli stili di leadership:
livello: maturità bassa - M1
livello: maturità medio-bassa – M2
livello: maturità medio-alta – M3
livello: maturità alta. – M4
46. Si parla di quattro stili di leadership, in
quanto secondo gli Autori, ai quattro livelli
prima riportati corrispondono, altrettanti stili
di leadership efficaci, pertanto è possibile
abbinare la maturità e lo stile:
Dipendenti con maturità bassa, avremo uno
stile di leadership direttivo;
dipendenti con maturità medio-bassa,
avremo uno stile di leadership persuasivo;
dipendenti con maturità medio-alta, avremo
uno stile di leadership partecipativo;
Dipendenti con maturità alta, avremo uno
stile di leadership delegante.
47. Il leader come causa plausibile di un evento
Per Calder e Pfeffer (1977) la teoria dell’attribuzione causale
possa essere un modello appropriato per capire come viene
percepita la leadership in un gruppo. Per essi la leadership
esiste solo come percezione derivata dalle inferenze fatte sul
comportamento e/o sui suoi effetti poiché è un processo che
dipende dalle attribuzioni fatte dai componenti del gruppo
più che dalle azioni del leader (Calder, 1977) e che la
leadership è una qualità personale che può essere giudicata
soltanto dagli osservatori o sulla base di particolari
comportamenti assunti dal leader o sulla base delle
conseguenze associate a tali comportamenti. Solo il
comportamento e i risultati che ne derivano vengono
accettati, quindi, come potenziali rivelatori della leadership e
riescono a distinguere un soggetto da un altro, quando sono
visti originati da qualità personali del soggetto.
48. La teoria delle risorse cognitive
Fiedler e collaboratori (Fiedler, Potter, Zais, Knowlton, 1979) hanno
studiato gli effetti dello stress sulla performance. Loro sostengono che
lo stress interpersonale influenzi ed entri in gioco nel rapporto diretto
tra l’intelligenza e la conoscenza tecnica e le decisioni del leader e le
sue azioni pratiche. Essi hanno trovato che l’interpersonal stress
(causato da problemi interpersonali che possono verificarsi coi
collaboratori o col diretto superiore) distrae il leader dal lavoro vero e
proprio in quanto fa confluire tutti i suoi pensieri e tutte le sue energie
nel tentativo di cercare una via d’uscita alla situazione stressante. In
tale circostanza di forte stress interpersonale il leader sarà meno in
grado di usare le sue abilità intellettuali nel lavoro, così farà
maggiormente ricorso alla propria esperienza e risolverà i problemi
lavorativi in base di altri problemi che ha precedentemente risolto,
pertanto secondo i ricercatori, in una situazione di basso stress
interpersonale, i leader usano la loro intelligenza più dell’esperienza,
invece in situazione con alto stress interpersonale i leader ricorreranno
maggiormente all’esperienza accumulata senza cercare nuove soluzioni
ai problemi che si presentano loro.
49. Leadership carismatica
Negli studi sulla leadership carismatica l’attenzione è rivolta ai collaboratori del
leader, sulla loro risposta emozionale ad esso. Tali teorie descrivono il leader
in termini di colui che articola una visione e una missione e che cerca di
creare e mantenere un’immagine positiva nelle menti sia dei collaboratori che
dei superiori. A differenza delle precedenti teorie, esse sostengono che il
leader riesce a cambiare i valori, gli obiettivi, i bisogni e le disposizioni dei
collaboratori facendo diventare loro la sua visione, non limitandosi ad allineare
gli obiettivi degli individui con gli obiettivi organizzativi. I leader carismatici
cambiano i corsi dell’azione e degli eventi mentre i leader transazionali
migliorano le situazioni esistenti. I leader, ora, vengono studiati per l’effetto
che hanno sulle emozioni e sull’autostima dei collaboratori, piuttosto che per
le loro variabili cognitive e le loro abilità. House (1977, p. 190) suggerisce che
la leadership carismatica dovrebbe essere definita secondo i suoi effetti: « […]
i leader carismatici sono quelli che hanno effetti carismatici sui seguaci in un
grado altamente insolito». Gli effetti che
Secondo Boarl e Bryson possiamo avere due tipi di leader carismatici, i
visionari e quelli prodotti dalla crisi, entrambi cercano di creare e costruire un
nuovo e differente mondo che sia valido per lui e per i suoi collaboratori
50. La leadership trasformazionale e quella
transazionale
L’approccio dei tratti, quelli
comportamentali e quelli delle
contingenze si concentrano
principalmente sul leader, su cosa fa o
è, mentre le teorie del processo di
leadership spiegano i processi
attraverso i quali si sviluppa la relazione
tra i leader e i collaboratori o potenziali
follower.
51. La leadership trasformazionale è legata al concetto di
empowerment, dove il leader è «colui che è capace di
incoraggiare i propri collaboratori a fare più di quello che in
origine essi si aspettavano di fare» (Bass, 1985, p. 20); egli
è agente di cambiamento e ricopre il ruolo di guida e di
motivatore.
Nell’approccio transazionale essere leader non è più vista
né una questione individuale né una questione situazionale-
contingente legata al compito che il gruppo deve affrontare
né è l’interazione di entrambe, ma dipende dagli scambi tra
leader e seguaci nel corso dell’interazione a partire dal
primissimo istante in cui essa ha inizio. Si comincia a
considerare l’importanza della percezione sociale nella
nascita di un leader.
La leadership trasformazionale e quella
transazionale