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S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 7
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.7-13
MENOTTI CALVANI
Medico,
specializzato
in neurologia,
farmacologia
clinica oltre che in
tossicologia
medica, si è
laureato in scienza
della nutrizione
umana.
Ha pubblicato
oltre 200 articoli
scientifici su riviste
internazionali
prevalentemente
sui temi del
metabolismo, sui
mitocondri e sulle
patologie
degenerative.
Una delle funzioni principali dell’acqua è quella di
partecipare in modo importante alla eliminazione
del calore prodotto durante l’attività fisica.
Malgrado il grande dispendio energetico dei mara-
toneti e la conseguente alta produzione di calore,
sin dai giochi olimpici del 1896 non era previsto
alcun rifornimento di liquidi prima del 32° kilo-
metro, distanza alla quale veniva preso anche il
tempo intermedio, forse come prova della perma-
nenza in gara dei corridori! Questa tradizione fu
perpetuata fino agli anni ’70 del secolo scorso,
rinforzata dalla convinzione che i liquidi fossero di
nocumento alla prestazione. I protagonisti di quel
periodo affermavano in modo perentorio:
James Sullivan, medaglia d’oro nei 1500 metri ai
Giochi Olimpici di Atene e di Londra: “non prendere
l’abitudine di bere e mangiare durante una marato-
na; alcuni maratoneti, anche importanti, lo fanno, ma
non è di alcuna utilità...”
Joe Forshaw, medaglia d’argento nella marato-
na olimpica del 1908: “Io non credo nel mangiare
durante una gara, poiché è scarsamente utile in
quanto nessun beneficio può arrivare dal cibo in di-
gestione e la gara sarà finita prima che il cibo venga
assorbito.”
Jim Peters, nel 1954, con il tempo di 2:18:40, fu
il primo a scendere nella maratona sotto il limite
di 2:20: “(durante la maratona) non vi è alcuna ne-
cessità di assumere cibi solidi e ogni sforzo dovreb-
be essere fatto per evitare liquidi, dal momento
che, presa la decisione di bere, … inevitabilmente
si percepirà qualche problema.”
Jackie Meckler, vincitore per 5 volte della Long
Comrades Marathon di 89 Km con tempi inferiori
alle 6 ore, affermava convinto:
“Correre l’intera maratona senza alcuna introdu-
zione di liquidi era considerato il vero scopo della
maggior parte dei corridori nonché un test del loro
stato di forma”.
Per alcuni bere durante la maratona era conside-
rato un vero e proprio marchio di debolezza.
Fig. 1 Nell’ordine: James Sullivan, campione dei 1500 metri, l’unico con una espressione non sof-
ferente; Dorando Petri, Giochi Olimpici di Londra 1908, stremato vince, ma viene squalificato per
essere stato aiutato; Joe Forshow; Jim Peters, Francisco Lazaro, Jackie Mekler.
L’ACQUA
(seconda parte)
QUANDO LA CLASSE
È ACQUA
Menotti Calvani
La macchina
che c’è in me
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 15
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.15-18
LA TERAPIA SCLEROSANTE
Il fenomeno della neovascolarizzazione, già ampia-
mente documentato nell’ambito delle tendinopatie
del tendine Achilleo (Öhberg e coll., 2001; Öhberg
e Alfredson, 2002; 2003), dell’estensore radiale
breve del carpo (Uchio e coll., 2002), del flesso-
re ulnare del carpo (Knobloch e coll., 2007), del
tibiale posteriore (Fowble e coll., 2006) e sovra-
spinato (Perry e coll., 2005), è stato dimostra-
to anche nella tendinopatia rotulea, nella quale la
neovascolarizzazione prende origine a livello del
corpo adiposo di Hoffa ed entra all’interno del TR
con un angolo compreso tra i 60 ed i 90° (Gisslen
e Alfredson, 2005; Alfredson e Öhberg, 2005).
In un primo studio (Cohort study con livello di evi-
denza 3), Hoksrud e coll. (2008) considerarono
63 pazienti (52 uomini e 11 donne, per un totale
di 79 tendini) affetti da tendinopatia rotulea. L’e-
same Ecocolor Doppler, a cui tutti i soggetti fu-
rono sottoposti, rivelò un processo di neovasco-
larizzazione in atto in 48 dei 79 tendini esaminati
(pari al 60%). Su di un totale di 33 pazienti (pari a
43 tendini) che furono sottoposti a terapia scle-
rosante con polidocanolo, 29 soggetti (pari a 37
tendini rappresentativi dell’86% dei tendini esa-
minati) furono controllati ad un follow-up medio
di 37 settimane dall’ultimo trattamento infiltrati-
vo (range 19-53 settimane). Di questi ultimi, 17
(pari al 18.9%) non mostrarono, a trattamento
avvenuto, nessun cambiamento nella neovascola-
rizzazione, 21 (pari al 56.8%) mostravano invece
una vascolarizzazione maggiormente accentuata.
Inoltre, non vi fu nessun cambiamento statistica-
mente significativo nel VISA-P score tra i pazienti
che mostravano una neovascolarizzazione minore,
maggiore od inalterata. Sulla base di questi ri-
sultati, gli Autori conclusero che, in circa 2/3 dei
Gian Nicola Bisciotti
GIAN NICOLA
BISCIOTTI
Physiologist
Lead c/o Qatar
Orthopaedic and
Sport Medicine
Hospital, FIFA
Center, Doha (Q).
Senior Coordinator
Kinemove
Rehabilitation
Centers,
Pontremoli,
La Spezia (I),
Responsabile
recupero
infortunati FC
Internazionale
(Mi).
E TENDINOPATIE DEL
ROTULEO: ANATOMIA,
FISIOLOGIA E TRATTAMENTO
L TERZA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 19
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.19-21
Sofia A. Matsagkou
oping e doping genetico:
un approccio etico
D
SOFIA A.
MATSAGKOU
Laureata in Etica
Biomedica e
Bioetica (MSc
in Bio-Medical
Ethics and
Bioethics). La
sua ricerca si
incentra in modo
particolare
sull’approccio
etico e biologico
al doping e al
doping genetico
(tesi del master),
ma non tralascia
altri campi della
scienza, come
la medicina
sportiva,
l’ergofisiologia
e la fisiologia
muscolare.
Di recente,
ha svolto uno
stage per la
Commissione
Nazionale
Ellenica di
Bioetica, per la
quale continua
a scrivere articoli
per la newsletter
mensile e per il
sito web.
Ha conseguito
la laurea di
primo ciclo in
Educazione Fisica
e Sport con il
massimo dei voti,
oltre a numerosi
riconoscimenti e
premiazioni sia in
competizioni a
livello nazionale
di ciclismo su
strada in Grecia,
che nel ruolo
di bagnino di
salvataggio.
Inoltre, ha
lavorato come
allenatrice in
diverse scuole
private e club
sportivi.
INTRODUZIONE
L’obiettivo di ciascun atleta è quello di oltrepassa-
re continuamente i propri limiti fisici e di superare
se stesso e i propri avversari. La nostra cultura è
intrisa di nozioni e precetti che tendono a influen-
zare gli atleti, esortandoli a raggiungere obiettivi
sempre più impegnativi e a superare le aspetta-
tive. In che modo e in che momento sarebbe op-
portuno sollevare la questione etica in questo con-
testo? Per quale motivo questo criterio dovrebbe
influenzare le nostre decisioni o in che modo que-
ste ultime possono considerarsi il risultato di una
valutazione etica? Perché il doping farmaceutico e
il doping genetico dovrebbero essere per noi mo-
tivo di preoccupazione da un punto di vista etico?
IL CONCETTO DI ETICA
Sin dai primissimi Giochi Olimpici, il motivo princi-
pale che giustificava le punizioni è stato, essen-
zialmente, l’incentivo a commettere una frode, non
l’individuazione di sostanze proibite, come avviene
oggi. I Giochi Olimpici dell’antichità erano discipli-
nati dalle nozioni di fair play, di sportività, di tregua
olimpica, di spirito di squadra, di giustizia e degli
ideali sportivi. In realtà, le punizioni comminate
in quel periodo erano molto diverse da quelle che
sono in vigore ai giorni nostri. Tuttavia, le autori-
tà competenti hanno sempre agito con l’intento
di promuovere gli ideali e i principi sportivi che ri-
spondevano ai valori morali della civiltà a loro con-
temporanea.
LA NECESSITÀ DELL’ETICA NELLO SPORT
Le preoccupazioni che di seguito saranno esposte
sorgono da questioni relative all’interferenza di tali
pratiche con la salute degli atleti e con le limita-
zioni alla loro autonomia e libertà, alla mancanza
di equità, nonché al fatto che il doping va contro
lo scopo stesso della pratica sportiva, degli ideali
atletici e dei princìpi olimpici.
Riguardo la questione che il doping interferisce con
la salute e la sicurezza degli atleti, si deve notare
che esso non rappresenta l’unico modo per provo-
care danni alla salute degli atleti; tuttavia, è l’uni-
co ad essere proibito. Cionondimeno, è un’opinione
ampiamente condivisa che i rischi, a cui gli atleti
vanno incontro nel perseguimento di riconoscimen-
ti [nazionali ed internazionali, NdC] e vittorie, pos-
sono essere considerati ammissibili fino al punto da
essere tollerati. Pertanto, possono essere ideati
tre modelli di criteri di valutazione per affrontare al
meglio la nostra valutazione: il modello utilitaristi-
co (che comprende due tipi di consequenzialismo,
ovvero il tipo “egoistico” e il tipo altruistico; il caso
del doping farmaceutico rientra nel primo tipo, in
quanto non genera alcun vantaggio per il più ampio
numero possibile di persone), il modello dei criteri
“a beneficio degli altri” e il modello edonistico (tut-
tavia, all’interno di questo modello, il doping farma-
ceutico non potrebbe probabilmente, secondo Mill,
essere annoverato tra i piaceri qualitativamente
più elevati, poiché non soddisfa né l’intelletto né
i sentimenti morali). In conclusione, l’uso del do-
ping non è ammissibile da un punto di vista etico;
è anche illegale a causa dei rischi che procura alla
salute di un atleta, poiché nessuno dei tre criteri
inerenti a questi particolari timori etici viene sod-
disfatto.
L’autonomia che un atleta esercita nel fare uso del
doping può essere esaminata definendo i confini
etici che riguardano la limitazione della libertà. Ciò
conduce a considerare il principio del “non nuoce-
re”, il principio della molestia o del turbamento e il
principio del moralismo legale, così come il principio
dei beni comuni, il principio di necessità e il principio
di correttezza. Il principio del “non nuocere” viene
violato perché l’agire dell’atleta e, per estensione,
lo stesso atleta, danneggia gli spettatori, gli orga-
nizzatori e gli atleti che gareggiano con lui o con lei.
Viene violato anche il principio della molestia o del
turbamento, poiché l’atleta che fa uso del doping
incide, mediante il suo agire, sia sugli avversari che
sugli spettatori. Inoltre provoca dei danni economi-
ci a se stesso, allorché affronta le spese del suo
comportamento illegale; sul piano morale, oltraggia
se stesso violando le regole sportive, così come le
norme giuridiche in generale, sia quelle del proprio
Paese che quelle stabilite dall’Agenzia Mondiale
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 23
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.23-26
I
S&C
Thomas Norlander
endenze mostrate dai risultati,
relativi agli uomini e alle donne, nei
Campionati del mondo e nei Giochi
Olimpici tra il 2004 e il 2014
THOMAS
NORLANDER
Membro della
Commissione
tecnica e
scientifica dell’EWF
(European
Weightlifting
Federation -
Federazione
Europea di
Pesistica)
T
Il sollevamento pesi è uno sport le cui radici
risalgono ai Giochi Olimpici di Atene del 1896.
Da allora, l’Europa è uno dei continenti più
importanti ai Giochi Olimpici e la pesistica ha
da allora la sua base proprio in Europa. Agli
inizi del 20° secolo, Austria, Germania e In-
ghilterra (Paesi dell’Europa occidentale) era-
no i Paesi leader in questa disciplina. Alla fine
degli anni Trenta del Novecento, l’Egitto si è
dimostrato uno dei Paesi di maggior succes-
so nel settore del sollevamento pesi. Dopo la
Seconda guerra mondiale e fino alla fine degli
anni Cinquanta, quando sono stati soppianta-
ti dall’ex Unione Sovietica, sono stati invece
gli Stati Uniti a dominare il settore.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, il
Sollevamento Olimpico si è spostato verso
l’Europa orientale, con l’Unione Sovietica, la
Bulgaria, la Polonia, la Romania, l’Albania, la
Grecia e la Turchia che si sono divisi le me-
daglie nei campionati principali. In seguito
alla divisione dell’Unione Sovietica nel 1991,
si sono formate 15 nuove Nazioni. Oltre alla
Russia, Paesi quali l’Ucraina, l’Armenia, l’A-
zerbaigian, la Bielorussia, la Georgia e il Ka-
zakhstan hanno allevato (ed allenato) alcuni
dei maggiori pesisti a livello mondiale.
Alla fine del 20° secolo, sono venuti alla ri-
balta Paesi appartenenti ad altri continenti,
come Cuba, l’Iran, la Nigeria e la Cina.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 27
Una salita anticipata sulle punte dei piedi con le
ginocchia flesse, le spalle dietro alla proiezione
verticale della barra con un’eccessiva inclinazio-
ne all’indietro del tronco sono tutti errori tecnici
evidenti che dovrebbero precludere un risultato
soddisfacente.
Nella pesistica, il risultato del sollevamento è de-
terminato dal riuscire o meno ad alzare il bilan-
ciere rispettando i parametri indicati dalle regole
tecniche nel corso di esercizi che si svolgono du-
rante una gara. Vale a dire, il pesista ha raggiunto
un risultato positivo superando la gravità; il che,
come nota I. P. Zhekov, scienziato sovietico dello
sport, non dipende dalla forma che assume la tra-
iettoria del bilanciere.
Grazie soprattutto al lavoro di molti scienziati
della pesistica e di numerosissimi allenatori pro-
fessionisti, il sollevamento pesi ha un protocollo
moderno che indica come sollevare il bilanciere nel
modo più efficiente per ottenere il risultato desi-
derato.
Il moderno protocollo della tecnica del sollevamen-
to pesi tipicamente produce una traiettoria curva
della barra, nota come tirata a “S”. Il protocollo
moderno stabilisce, inoltre, l’ottimale disposizio-
ne dei piedi, delle tibie, delle cosce e del tronco
per sollevare il bilanciere nel modo più efficace.
Una traiettoria curva della barra nelle fasi di
strappo e slancio della tirata (prodotta con la di-
sposizione ottimale dei piedi, delle tibie, delle co-
sce e del tronco e antitetica alle leggi della fisica)
diventa la distanza più corta tra due punti, che,
come si può vedere, non è una linea retta.
“Questa traiettoria curva è collegata al fatto di ese-
guire questo esercizio con il minimo dispendio ener-
getico”. I. P. Zhekov, 1976
Tuttavia, messa da parte la traiettoria della bar-
ra, i movimenti del corpo del pesista in generale
e i singoli collegamenti cosiddetti cinematici delle
braccia, del tronco, delle cosce, delle tibie e dei
piedi determinano il successo o il fallimento di un
sollevamento.
Alcuni concetti della tecnica moderna
del sollevamento pesi
LA TIRATA RUSSA
Il lavoro di numerosi scienziati della pesistica
in epoca sovietica ha prodotto molti parametri
quantitativi dinamici e cinematici che definiscono
la tecnica più efficiente per il sollevamento pesi.
L’argomento di questo saggio si concentra solo su
uno dei molti elementi: la posizione e l’escursione
articolare delle articolazioni delle spalle, in quanto
questi elementi sono connessi ad una esecuzione
efficace dello strappo e dello slancio.
L’importanza del movimento delle articolazioni del-
la spalla per la moderna tecnica del sollevamento
pesi è evidente:
“La forza sviluppata dai muscoli del pesista è comu-
nicata al bilanciere attraverso le articolazioni della
spalla. La velocità verticale del cingolo scapolare
viene trasferita al bilanciere attraverso le brac-
cia...” I. P. Zhekov, 1976.
Di conseguenza, la disposizione delle spalle sopra,
davanti o sotto la barra durante la fase di tirata
del sollevamento è un indicatore importante del
modo in cui la forza è comunicata al bilanciere:
“Secondo le leggi della meccanica, il lavoro eseguito in opposizione
alla forza di gravità non dipende dal tipo di traiettoria, in quanto viene
misurato dall’altezza fino a cui il peso è stato sollevato” (I. P. Zhekov, 1976)
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.27-32
uò esistere “una cosa come”
la tirata asiatica?
Andrew Charniga, Jr.
P
Andrew “Bud”
Charniga
Scienziato del
sollevamento pesi
e allenatore.
Laurea in Scienze
Motorie alla
Eastern Michigan
University (USA) e
Master in
Kinesioterapia alla
Università di
Toledo (SPA).
Fondatore, nel
1980, di Sportivny
Press. Ha editato
15 libri tradotti
dal russo e molte
decine di articoli
sull’allenamento
nel sollevamento
pesi, sulla
biomeccanica, sul
recupero, ecc.
re-correre i tempi
Dalla teoria delle idee all’esercizio dei movimenti.
SECONDA PARTE
P
Secondo le osservazioni di Janda, un meccanismo di abduzione carente o difettoso può
causare sindromi patello-femorale o della banda Ileo-tibiale, dovute entrambe all’iperatti-
vità del TFL (tensore della fascia lata); ragione quest’ultima, dell’eccessivo trazionamento
laterale della rotula durante l’estensione del ginocchio. Un “impoverimento” della funzione
del medio gluteo e del quadrato dei lombi determina inoltre una postura Trendelenberg, uno
squilibrio della pelvi, una mancanza di stabilità lombo-pelvica, durante i tempi di appoggio
monopodalico.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.33-37
33
S&C
Alberto Andorlini
ALBERTO
ANDORLINI
Dopo una lunga
esperienza come
Insegnante di
Educazione Fisica,
è oggi Preparatore
Atletico e
Riabilitatore. La
sua attività si
lega da sempre
all’interesse per
l’evoluzione del
Movimento e per
lo sviluppo della
Performance.
Ha lavorato per
A.C. Fiorentina,
A.C. Siena, Al
Arabi Sports
Club, Chelsea
f.C. e Nazionale
femminile Calcio in
qualità di Terapista
e Preparatore
Atletico.
Attualmente è
Riabilitatore presso
l’U.S.Palermo.
Collabora con
il Training Lab di
Firenze e svolge
attività didattica
nel corso di
Laurea in Scienza
e Tecnica dello
Sport e delle
Attività Motorie
Preventive e
Adattative
dell’Università di
Firenze.
Alberto Andorlini
continua a collaborare
con S&C, con una
nuova originale serie di
articoli sul movimento e
sull’allenamento
TERZA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 39
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.39-44
Bodyweight training
GIOVANNI
ALTOMARI
Laurea in
Ingegneria
Informatica.
ALESSANDRO
MAINENTE
Laurea in
Bioinformatica,
Tecnico
della Federazione
Italiana Ginnastica
Artistica, sezione
GAM e TE.
Giovanni Altomari, Alessandro Mainente
Ho insegnato educazione Fisica per oltre 30 anni ed ho continuato a occuparmene
anche in tempi successivi.
Conosco quindi - ma non è questa la cosa che conta – l’importanza e il ruolo degli eser-
cizi a corpo libero, non solo nel settore dell’Educazione Fisica o del training sportivo.
So che essi hanno sempre costituito una parte rilevante del tutto. Il lavoro di forza
a corpo libero sta tornando (finalmente) ad avere un ruolo centrale nei programmi
di potenziamento muscolare. Capita però, quando nasce qualche cosa di nuovo o un
argomento ritorna di moda, che la popolarità della proposta (o riproposta) tragga
vantaggio se essa è presentata come una novità. Infatti, il nome, da assegnare o da
riutilizzare, molto contribuisce al successo della proposta stessa.
Tuttavia è sempre opportuno tenere presente che occorre avere attenzione al lin-
guaggio: anche il concetto (o la definizione) di esercizio a corpo libero dovrebbe avere
un ancoraggio storico e terminologico, evitando di utilizzare sinonimi o termini di significato affine o non
sempre del tutto pertinenti.
Gli autori di questa “particolare” Review sui metodi di allenamento a corpo libero, entrambi appassionati
cultori della materia, hanno pensato anche a questi aspetti ma, soprattutto, hanno mirato a obiettivi
più importanti: quelli metodologico e didattico.
L’uso degli esercizi a corpo libero, come ben sanno gli operatori del settore, ha caratteristiche low cost
e si presta più di altri mezzi di allenamento (pesi liberi o macchine) allo sviluppo della creatività didattica
e, in un certo senso, obbliga l’insegnante o l’allenatore a tener conto di due variabili importanti nei pro-
grammi di potenziamento muscolare: la progressività e la variabilità del carico.
Buona lettura.
Giampietro Alberti
Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie
Università degli Studi di Milano
PRIMA PARTE
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016
S&C
47
Lo swing a due mani è l’esercizio cardine del kettlebell training:
a partire da quest’ultimo, infatti, si potrà procedere all’appren-
dimento di molti altri esercizi balistici (clean, high pull, snatch).
Inoltre, esso è anche l’esercizio maggiormente utilizzato, dal
punto di vista dell’esecuzione tecnica e, di conseguenza, delle
critiche (esecuzione scadente = problemi), a causa della sua pre-
sunta nocività per la schiena dell’esecutore.
Se ben eseguito, invece, esso può rappresentare addirittura una
soluzione ai problemi di schiena di cui soffrono, come si sa, mol-
te persone.
In questo caso, viene proposto un cosiddetto swing anca-domi-
nante, in cui la maggior parte del lavoro viene eseguita proprio
dal caricamento delle anche.
Il motivo della proposta risiede anche nella sua grande appli-
cazione sia nell’ambito del kettlebell training, sia in quello della
preparazione fisica di altri sport (che richiedono produzione di
forza proprio a livello delle anche), sia anche, più semplicemente,
per le esigenze della persona che vuole sentirsi e stare meglio,
quindi essere più efficiente.
È quindi di fondamentale importanza, per questo specifico eser-
cizio, come per altri, l’acquisizione della corretta tecnica.
Ad un primo impatto, sembrerebbe trattarsi di un esercizio sem-
plice, che prevede un’oscillazione continuativa del kettlebell, che
parte da in mezzo alle gambe fino all’altezza del petto.
In effetti è così, ma la sequenza dei gesti va eseguita coinvolgen-
do come muscoli motori principali glutei, ischio-crurali e psoas,
e non i muscoli lombari.
Emanuele Conti
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.47-55
15.13
EMANUELE
CONTI
3° livello FIPE
Responsabile
Tecnico Nazionale
Kettlebell FIPE
CPT NSCA
Il kettlebell
SwingLiberamente tratto dal manuale
tecnico federale di Emanuele Conti:
“Il Kettlebell: la pesistica del
popolo, la forza per tutti”
Inquadra il
QR-code per
vedere i video
degli esercizi
proposti in
questo articolo.
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.57-59
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 57
S&C
Anna Swisher
acciamo il punto sul
sollevamentopesigiovanile
F
57
ANNE SWISHER
Segue un corso
di dottorato di
ricerca in Sport
Physiology and
Performance
(Fisiologia e
prestazione
sportive) presso
la East Tennessee
State University
ed insegna nei
corsi di laurea
triennale e
svolge ricerche
sulla pesistica,
sul monitoraggio
degli atleti e
sull’istruzione
degli allenatori
sotto la
supervisione del
Dr. Mike Stone,
allenatore della
pesistica e
studioso esperto
dello sport. È
una ex pesista,
una consulente
di scienze
sportive e una
co-creatrice
del corso
“Sollevamento
Olimpico e
Progettazione
del Programma
per gli Allenatori
della Forza” della
Eleiko.
I bambini partecipano numerosissimi a sport
giovanili strenui come il football americano,
la ginnastica e l’hockey su ghiaccio, eppure il
sollevamento pesi giovanile resta oggetto di
dibattito ed è spesso considerato uno sport
tabù per i più piccoli. Tra il grande pubblico,
nonché tra alcuni allenatori, esiste ancora la
percezione che la pesistica sia una disciplina
sia rischiosa che superflua durante la pre-a-
dolescenza, nonostante la notevole quantità
di ricerche che confutano queste affermazio-
ni.1-5
Benché l’allenamento con sovraccarichi per
i giovani (cioè fino all’età di 11 anni per le
bambine e i 12 anni per i bambini) sia sta-
to pressoché escluso dai documenti acca-
demici, l’amara verità è che questi riscon-
tri raramente arrivano alle persone che ne
hanno maggiormente bisogno. È tempo che
i genitori, gli allenatori del settore giovanile
e gli insegnanti di educazione fisica diventi-
no consapevoli che coinvolgere i giovanissimi
nell’allenamento della forza è sicuro, efficace
ed essenziale per lo sviluppo atletico. Per es-
sere in grado di attuare lo sviluppo dell’atleta
a lungo termine (Long-Term Athlete Develop-
ment, LTAD), il sollevamento pesi deve supe-
rare il suo problema di immagine.
Marie Brodin, la cui figlia di 12 anni, Hanna,
è, in Svezia, una pesista sin dall’età di 9 anni,
osserva che mentre la maggior parte della
sua famiglia e dei suoi amici sono favorevoli
all’attività di Hanna, continuano a chiedere
se tale sport sia adatto a una bambina. “Le
persone continuano a chiedere a me e a mio
marito se sia corretto fare eseguire il solle-
vamento pesi ad un’età così giovanile, se non
sia pericoloso e se questa attività non inter-
rompa la crescita dei piccoli o non danneggi
le ginocchia e la schiena”.
Maria sorride quando le chiedono se non ab-
bia mai avuto preoccupazioni per la sicurezza
di Hanna. “Non mi è mai sorto il pensiero [che
fosse un’attività pericolosa]. Hanna ha prati-
cato taekwondo per tre anni prima di iniziare
il sollevamento pesi, pertanto io ho provato
sollievo quando ella ha avuto a che fare solo
con un bilanciere e non con un altro avver-
sario”.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 61
Nel numero 13 di S&C sono stati descritti il razionale e i metodi di questo studio, finalizzato a: a) rea-
lizzare, sulla base delle evidenze scientifiche, due sequenze di esercizi, tradizionale (T) e funzionale (F),
da proporre alle future mamme e b) ad individuare quale delle due inducesse risposte affettive migliori.
Ulteriore obiettivo c) era capire se fosse possibile correlare la sequenza preferita all’età, all’abitudine
o meno a svolgere attività fisica prima della gravidanza. Questa seconda parte descrive gli esercizi che
compongono le due sequenze ed espone, discutendoli, i risultati.
SEQUENZA TRADIZIONALE
SECONDA PARTE
LUCA MARIN
Dottore Magistrale
in Scienze
Riabilitative
delle Professioni
Sanitarie,
Dottore in
Fisioterapia;
Direttore tecnico
del LAMA,
Università di Pavia;
Professore a
contratto presso
il Corso di Laurea
in Scienze Motorie
dell’Università di
Pavia, Docente e
Tecnico FIPE.
Luca Marin, Giuseppina Bernardelli, Irene Bui, Matteo Vandoni, Chiara Mandò, Sara Ottobrini
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLICA
TO
PRIM
A
VO
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
GRAVI-DANZ AOvvero il moto che fa
bene nell’attesa
GIUSEPPINA
BERNARDELLI
Ricercatore
confermato
Dipartimento di
Fisiopatologia
medico-chirurgica
e dei trapianti
Università degli
Studi di Milano.
IRENE BUI
Laurea triennale in
Scienze Motorie,
conseguita presso
l’Università degli
Studi di Pavia.
ESERCIZIO A
Figura n°1 - Posizione iniziale
e intermedia
Figura n°2 - Esecuzione Figura n°3 - Esecuzione
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.61-65
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 67
S&C
La pratica di un’attività fisica costante è uno
degli elementi che concorrono maggiormente a
mantenerci in uno stato di buona salute. I luoghi
privilegiati in cui una larga parte della popolazione
sportiva sceglie, per preferenze personali o mo-
tivi legati agli orari di lavoro, di praticare attività
fisica sono sempre più spesso palestre, piscine e
centri fitness. È quindi evidente come le condi-
zioni di questi ambienti, dal punto di vista dell’i-
giene e della sicurezza, siano aspetti di grande
importanza, purtroppo molto spesso trascurati e
sottovalutati, fino a diventare potenziale fonte di
malessere o malattia.
Primo elemento da considerare sono le condizioni
ambientali: in ambienti confinati, spesso affollati,
la qualità dell’aria dipende dalla presenza di un im-
pianto di condizionamento efficace e adeguato, e
da un sistema di ventilazione e ricambio dell’aria,
entrambi necessari per evitare il ristagno di umi-
dità, di odori e permettere la corretta dispersio-
ne del calore. Un buon ricambio dell’aria consente
inoltre di ridurre la concentrazione di elementi pa-
togeni (virus, batteri, funghi come fonte di infezio-
ne a trasmissione per via aerea), ma anche di pol-
lini e altri materiali potenzialmente allergizzanti.
Per quanto riguarda le caratteristiche ambientali
richieste nelle palestre, facciamo riferimento alla
delibera del Consiglio Nazionale del CONI n. 1379
del 25 giugno 2008, in particolar modo alla tabel-
la C che fornisce le indicazioni minime.
La temperatura dell’aria deve essere compresa
tra i 16 e i 20°C (la temperatura idonea per un
ambiente di lavoro intensivo è di 18°C), con un
umidità relativa del 50%: per ottenere queste
condizioni, oltre all’impianto di riscaldamento,
dobbiamo pensare ad un adeguato ricambio d’aria
in modo che l’umidità non superi questo valore.
In ambienti con livelli di umidità superiori al 50-
60%, si rischia la formazione di muffe nei punti
più freddi e dietro ai mobili e la proliferazione di
microrganismi patogeni sulle pareti, nei tappeti,
sulle cornici delle finestre; tra questi, in parti-
colare batteri e acari, piccoli parassiti che si nu-
trono di scaglie umane e animali, in grado di rila-
sciare allergeni responsabili di fastidiose reazioni
allergiche.
Tutto questo insieme di elementi può quindi deter-
minare non solo odori sgradevoli, ma una situa-
zione ambientale insalubre, caratterizzata dalla
comparsa di irritazioni bronchiali, allergie da muf-
fa, asma e infezioni delle vie aeree.
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.67-69
Irene Claudia Toma
alestre in salute e sicurezzaP
IRENE CLAUDIA
TOMA
Medico Chirurgo,
Specialista in
Medicina del
Lavoro, Socio
Aggregato
della
Federazione
Medico
Sportiva Italiana
Program Design
for Strength
Coaches course.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 71
oma
S&C
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.71-73
Il corpo umano, per poter funziona-
re, si deve nutrire adeguatamente
di risorse energetiche derivanti dal
cibo; eppure, ciò non basta per far
sì che esso possa funzionare bene.
Il corpo e la mente si devono nutrire
anche di affetti, di un caldo contatto
con un altro essere umano in grado
di offrire protezione e sicurezza.
Alcuni ricercatori, come J. Bowl-
by (Attachment and loss, 1969) e
Renè Spitz (Il primo anno di vita del
bambino, 1973), hanno condotto
ricerche per comprendere l’esito
della cattiva o mancata risposta alle
richieste dei bambini; hanno rilevato
che, nei casi gravi come l’abbandono
del bambino da parte della madre, il
bambino riduce l’attività esplorativa
fino all’arresto catatonico, riduce o
cessa l’alimentazione e le richieste
di cibo. Ciò si ripercuoteva, secon-
do le osservazioni condotte da que-
gli Autori, sul sistema immunitario,
che diveniva maggiormente fragile,
facilitando l’insorgenza di malattie,
e sul tono dell’umore (depressione
anaclitica), portando in alcuni casi
addirittura alla morte il bambino.
Gli studi di Bowlby (Costruzione e
rottura dei legami affettivi, 1982) e
dei suoi collaboratori hanno eviden-
ziato come il legame iniziale che ogni
bambino instaura con la propria ma-
dre dipenda da un bisogno innato di
entrare in contatto con gli apparte-
nenti alla propria specie; il compor-
Francesco Riccardo
LI ASPETTI PSICOLOGICI
DELL’OBESITÀ
G
FRANCESCO
RICCARDO
è laureato
in Psicologia
dinamica
e clinica
dell’infanzia,
adolescenza
e famiglia;
è Psicologo
delle squadre
nazionali
di pesistica
e docente
presso i corsi
di formazione
per Personal
Trainer della
FIPE. È Personal
Trainer 1° livello
FIPE, Maestro di
Karate e cintura
nera 5° Dan
FIJLKAM.
Specializzato in
psicoterapia,
tecnico di IV
livello, psicologo
delle squadre
nazionali di
badminton,
presidente
dell’Associazione
Psicologi Tecnici
Sportivi.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 77
PREMESSA
È ancora attuale un articolo sulla spalliera? Quali capacità e abilità stimola
questo attrezzo? Iniziare un articolo con due domande non è abituale ma, a
nostro avviso, necessario. Questo attrezzo, ormai considerato vecchio e da
alcuni addirittura superato, è per fortuna ancora presente in alcune palestre,
non solo scolastiche. Il problema, spesso, è che non si usa per svariati motivi,
fra i quali spicca la carenza di fantasia, di creatività e di sistematicità applica-
tiva. Alcune spalliere necessiterebbero di un minimo di manutenzione e, più in
generale, di una discreta dose di pulizia.
GiocosaMente
IN QUESTO NUMERO:
LA SPALLIERA IN
ETÀ EVOLUTIVA:
IDEE ED INTERPRETAZIONI
APPLICATIVE PER
LA SCUOLA E PER
L’AVVIAMENTO ALLO SPORT
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.77-82
foto:VBiffani
Cesare Simonacci, Guido Sistopaoli, Mario Bellucci
MARIO BELLUCCI
Ha conseguito
il diploma ISEF,
la laurea in
Scienze motorie
e la laurea
specialistica in
Attività motoria
preventiva e
adattata presso
l’Università degli
Studi di Roma
‘Foro Italico’ e il
titolo di Dottore
di ricerca in
Educazione fisica
presso l’Università
di Budapest.
È membro del
CONAPEFS e
della CAPDI e
insegna presso il
Liceo scientifico
‘Farnesina’ di
Roma. Collabora
con l’Università
‘Foro Italico’ di
Roma presso
la cattedra di
Attività motorie
per l’età evolutiva
e per gli anziani.
nell’organico di
diritto della scuola
dell’infanzia e
primaria.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 85
OCIOTESSERATI?
QUALIDIFFERENZESOTTO
ILPROFILOCIVILISTICO,
FISCALEESPORTIVOTRA
LEDUEFATTISPECIE?
S
Guido Martinelli
Girando nel mondo delle palestre, mi sono reso
conto che i sodalizi sportivi che li gestiscono
usano, spesso e volentieri in maniera impropria,
termini quali: “tesserato, associato o socio,
iscritto” dando ai medesimi significati equivalen-
ti. In realtà, ognuno di questi ha una sua tipicità
e un suo contenuto, anche e soprattutto al fine
di poter godere delle agevolazioni fiscali previste
per lo sport dilettantistico. Proviamo insieme a
capirci qualcosa di più.
Non vi è dubbio che il significato di termini quali
“socio” (usato correttamente in riferimento alle
società di capitali o cooperative sportive dilet-
tantistiche senza scopo di lucro) o di “associa-
to” (per le associazioni sportive dilettantistiche)
abbia una matrice di tipo privatistico.
Posseggono tale status e si possono defini-
re come tali i soggetti che, a norma di Statu-
to dell’ente, hanno acquisito i diritti derivanti
dall’appartenenza all’ente medesimo, primi tra i
quali l’elettorato attivo e passivo e diritti di par-
tecipare alle assemblee e di approvare i bilanci.
Sono coloro che, pertanto, hanno percorso il
cammino che si conclude mediante il perfezio-
namento di un accordo negoziale attraverso la
formazione del consenso. Ossia, la proposta di
essere parte del contratto plurilaterale con co-
munione di scopo, categoria a cui appartengono
gli Statuti in esame, e conseguente accettazio-
ne secondo le modalità ivi previste.
Il vincolo associativo, pertanto, come tale, rima-
ne estraneo all’ordinamento sportivo e mantiene
una connotazione esclusivamente di carattere
privatistico.
Nulla osta che vi siano soci o associati di so-
cietà o associazioni sportive dilettantistiche che
non siano tesserati alla Federazione sportiva o
ente di promozione sportiva di appartenenza del
sodalizio o, viceversa, come meglio vedremo in
seguito, che ci siano tesserati per un club che
non siano soci o associati del medesimo.
Analogamente, non incide nell’argomentare la
GUIDO MARTINELLI
avvocato,
consulente della
FiPE, professore
aggregato di
legislazione
sportiva presso
l’Università degli
studi di Ferrara,
docente nazionale
della Scuola
Centrale dello
sport del CONI,
è autore di diverse
pubblicazioni in
materia di diritto
sportivo.
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.85-88
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 89
Una carriera lunghissima sui
“piedi lunghi” (sci), in ogni
dove. Un primo bilancio.
Bilancio ottimo. Nella mia car-
riera ho interagito con persone
eccezionali, sono stato ricevuto
da Capi di Stato, ho visto luoghi
e conosciuto mondi, ho impa-
rato e mi sono divertito, a 55
anni mi rendo conto di non aver
mai veramente “lavorato”, per-
ché ho potuto fare quello che mi
appassiona. Tutto questo solo
per aver piantato qualche palo
e insegnato a qualcuno a scen-
dere con gli sci, ciò è possibile
perché lo sport regala “emozio-
ni” e chi vive in questo mondo
è rispettato ben al di sopra dei
propri meriti. Ho vissuto una
vita intensissima, fatta di vitto-
rie e sconfitte, esaltazione e de-
pressione che ti costringono a
confrontarsi con te stesso co-
stantemente e di conseguenza
a conoscerti meglio. Un ringra-
ziamento però va ai miei familia-
ri che hanno sopportato le mie
lunghissime assenze.
Si apre un nuovo capitolo, con
un bagaglio di esperienze dav-
vero invidiabile e forse unico
tra gli allenatori che hanno
ancora molto da dire. Quale fu-
turo?
Dopo un anno di stop, un po’
forzato, mi sento rigenerato e
pronto a ripartire. L’aver osser-
vato un po’ da lontano il mondo
S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.89-91
domande e10 risposte10“Non è solo un problema di saper sciare:
allenare lo sci è compito ben arduo e
pochi lo sanno fare veramente”
CLAUDIO
RAVETTO
Già Direttore
Tecnico delle
squadre nazionali
maschile e
femminile di sci
alpino
Ha partecipato,
in 12 anni di WC,
a 3 Olimpiadi con
3 podi di cui un
oro; a 6 Mondiali
con 12 podi, cui
un oro; a 2 WC
generali di slalom.
Ha ottenuto 111
podi in WC di cui
35 vittorie.
L’esordio da allenatore di una squadra C di sci alpino gli fece scegliere, ad inizio carrie-
ra, un unico obiettivo tecnico da perseguire: lo sciatore doveva assimilare la posizione
dell’“orso bianco”. Per gli addetti ai lavori poteva sembrare una vera provocazione,
dal momento che tutti i colleghi allenatori avevano un discreto pacchetto di proposte
per gli atleti. La cosa per Claudio Ravetto funzionò davvero ed i suoi giovani sciatori
risultarono aver assimilato il concetto così bene dall’essere diventati riconoscibili a
colpo d’occhio sui campi di allenamento ove tanti atleti si preparavano alla stagione invernale. In
gara fu un successo, molti atleti intrapresero una lunga e fortunata carriera ed il tecnico Ravet-
to, all’esordio come responsabile in Nazionale, segnò la strada. In seguito, molti copiarono ed
intanto si stava formando uno tra i più brillanti e lungimiranti, oltre che vincenti, allenatori di sci
alpino: Claudio Ravetto. La chiacchierata che segue traccia, a distanza di anni, un profilo piuttosto
articolato di un personaggio, a volte ostico perché ostinato nel perseguire l’obiettivo, mai banale,
sempre disponibile con gli atleti e acuto con i colleghi nell’analisi tecnica del gesto specifico. Il suo,
di Claudio, è un ruolo in continua evoluzione e c’è da credere che proseguirà in vista di traguardi
prestigiosi nel campo dello sport, non solo per quanto riguarda lo sci, soprattutto mantenendo
vivo l’interesse per la formazione dei giovani, con la capacità di intravedere soluzioni sempre
“avanti” rispetto alla quotidianità di chi è maestro nel galleggiare.
Gioachino Kratter
Claudio Ravetto
Intervistare per provare a capire come cambiare
Dalla voce, cogliere dalla voce dei veri esperti, veri grandi. Coglie-
re dai pochi veramente esperti che abbiamo, sfruttare l’attimo,
lasciarsi prendere dall’ascolto. Come si cambia? Come si può?
Chi ci dice parole che servono davvero?
Mettiamoci alla prova e cerchiamoli.
Ed ecco trovato l’esperto!
È infatti la volta di: Claudio Ravetto,
allenatore delle squadre nazionali di sci alpino
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Pagine da strength & conditioning 15

  • 1. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 7 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.7-13 MENOTTI CALVANI Medico, specializzato in neurologia, farmacologia clinica oltre che in tossicologia medica, si è laureato in scienza della nutrizione umana. Ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali prevalentemente sui temi del metabolismo, sui mitocondri e sulle patologie degenerative. Una delle funzioni principali dell’acqua è quella di partecipare in modo importante alla eliminazione del calore prodotto durante l’attività fisica. Malgrado il grande dispendio energetico dei mara- toneti e la conseguente alta produzione di calore, sin dai giochi olimpici del 1896 non era previsto alcun rifornimento di liquidi prima del 32° kilo- metro, distanza alla quale veniva preso anche il tempo intermedio, forse come prova della perma- nenza in gara dei corridori! Questa tradizione fu perpetuata fino agli anni ’70 del secolo scorso, rinforzata dalla convinzione che i liquidi fossero di nocumento alla prestazione. I protagonisti di quel periodo affermavano in modo perentorio: James Sullivan, medaglia d’oro nei 1500 metri ai Giochi Olimpici di Atene e di Londra: “non prendere l’abitudine di bere e mangiare durante una marato- na; alcuni maratoneti, anche importanti, lo fanno, ma non è di alcuna utilità...” Joe Forshaw, medaglia d’argento nella marato- na olimpica del 1908: “Io non credo nel mangiare durante una gara, poiché è scarsamente utile in quanto nessun beneficio può arrivare dal cibo in di- gestione e la gara sarà finita prima che il cibo venga assorbito.” Jim Peters, nel 1954, con il tempo di 2:18:40, fu il primo a scendere nella maratona sotto il limite di 2:20: “(durante la maratona) non vi è alcuna ne- cessità di assumere cibi solidi e ogni sforzo dovreb- be essere fatto per evitare liquidi, dal momento che, presa la decisione di bere, … inevitabilmente si percepirà qualche problema.” Jackie Meckler, vincitore per 5 volte della Long Comrades Marathon di 89 Km con tempi inferiori alle 6 ore, affermava convinto: “Correre l’intera maratona senza alcuna introdu- zione di liquidi era considerato il vero scopo della maggior parte dei corridori nonché un test del loro stato di forma”. Per alcuni bere durante la maratona era conside- rato un vero e proprio marchio di debolezza. Fig. 1 Nell’ordine: James Sullivan, campione dei 1500 metri, l’unico con una espressione non sof- ferente; Dorando Petri, Giochi Olimpici di Londra 1908, stremato vince, ma viene squalificato per essere stato aiutato; Joe Forshow; Jim Peters, Francisco Lazaro, Jackie Mekler. L’ACQUA (seconda parte) QUANDO LA CLASSE È ACQUA Menotti Calvani La macchina che c’è in me
  • 2. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 15 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.15-18 LA TERAPIA SCLEROSANTE Il fenomeno della neovascolarizzazione, già ampia- mente documentato nell’ambito delle tendinopatie del tendine Achilleo (Öhberg e coll., 2001; Öhberg e Alfredson, 2002; 2003), dell’estensore radiale breve del carpo (Uchio e coll., 2002), del flesso- re ulnare del carpo (Knobloch e coll., 2007), del tibiale posteriore (Fowble e coll., 2006) e sovra- spinato (Perry e coll., 2005), è stato dimostra- to anche nella tendinopatia rotulea, nella quale la neovascolarizzazione prende origine a livello del corpo adiposo di Hoffa ed entra all’interno del TR con un angolo compreso tra i 60 ed i 90° (Gisslen e Alfredson, 2005; Alfredson e Öhberg, 2005). In un primo studio (Cohort study con livello di evi- denza 3), Hoksrud e coll. (2008) considerarono 63 pazienti (52 uomini e 11 donne, per un totale di 79 tendini) affetti da tendinopatia rotulea. L’e- same Ecocolor Doppler, a cui tutti i soggetti fu- rono sottoposti, rivelò un processo di neovasco- larizzazione in atto in 48 dei 79 tendini esaminati (pari al 60%). Su di un totale di 33 pazienti (pari a 43 tendini) che furono sottoposti a terapia scle- rosante con polidocanolo, 29 soggetti (pari a 37 tendini rappresentativi dell’86% dei tendini esa- minati) furono controllati ad un follow-up medio di 37 settimane dall’ultimo trattamento infiltrati- vo (range 19-53 settimane). Di questi ultimi, 17 (pari al 18.9%) non mostrarono, a trattamento avvenuto, nessun cambiamento nella neovascola- rizzazione, 21 (pari al 56.8%) mostravano invece una vascolarizzazione maggiormente accentuata. Inoltre, non vi fu nessun cambiamento statistica- mente significativo nel VISA-P score tra i pazienti che mostravano una neovascolarizzazione minore, maggiore od inalterata. Sulla base di questi ri- sultati, gli Autori conclusero che, in circa 2/3 dei Gian Nicola Bisciotti GIAN NICOLA BISCIOTTI Physiologist Lead c/o Qatar Orthopaedic and Sport Medicine Hospital, FIFA Center, Doha (Q). Senior Coordinator Kinemove Rehabilitation Centers, Pontremoli, La Spezia (I), Responsabile recupero infortunati FC Internazionale (Mi). E TENDINOPATIE DEL ROTULEO: ANATOMIA, FISIOLOGIA E TRATTAMENTO L TERZA PARTE
  • 3. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 19 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.19-21 Sofia A. Matsagkou oping e doping genetico: un approccio etico D SOFIA A. MATSAGKOU Laureata in Etica Biomedica e Bioetica (MSc in Bio-Medical Ethics and Bioethics). La sua ricerca si incentra in modo particolare sull’approccio etico e biologico al doping e al doping genetico (tesi del master), ma non tralascia altri campi della scienza, come la medicina sportiva, l’ergofisiologia e la fisiologia muscolare. Di recente, ha svolto uno stage per la Commissione Nazionale Ellenica di Bioetica, per la quale continua a scrivere articoli per la newsletter mensile e per il sito web. Ha conseguito la laurea di primo ciclo in Educazione Fisica e Sport con il massimo dei voti, oltre a numerosi riconoscimenti e premiazioni sia in competizioni a livello nazionale di ciclismo su strada in Grecia, che nel ruolo di bagnino di salvataggio. Inoltre, ha lavorato come allenatrice in diverse scuole private e club sportivi. INTRODUZIONE L’obiettivo di ciascun atleta è quello di oltrepassa- re continuamente i propri limiti fisici e di superare se stesso e i propri avversari. La nostra cultura è intrisa di nozioni e precetti che tendono a influen- zare gli atleti, esortandoli a raggiungere obiettivi sempre più impegnativi e a superare le aspetta- tive. In che modo e in che momento sarebbe op- portuno sollevare la questione etica in questo con- testo? Per quale motivo questo criterio dovrebbe influenzare le nostre decisioni o in che modo que- ste ultime possono considerarsi il risultato di una valutazione etica? Perché il doping farmaceutico e il doping genetico dovrebbero essere per noi mo- tivo di preoccupazione da un punto di vista etico? IL CONCETTO DI ETICA Sin dai primissimi Giochi Olimpici, il motivo princi- pale che giustificava le punizioni è stato, essen- zialmente, l’incentivo a commettere una frode, non l’individuazione di sostanze proibite, come avviene oggi. I Giochi Olimpici dell’antichità erano discipli- nati dalle nozioni di fair play, di sportività, di tregua olimpica, di spirito di squadra, di giustizia e degli ideali sportivi. In realtà, le punizioni comminate in quel periodo erano molto diverse da quelle che sono in vigore ai giorni nostri. Tuttavia, le autori- tà competenti hanno sempre agito con l’intento di promuovere gli ideali e i principi sportivi che ri- spondevano ai valori morali della civiltà a loro con- temporanea. LA NECESSITÀ DELL’ETICA NELLO SPORT Le preoccupazioni che di seguito saranno esposte sorgono da questioni relative all’interferenza di tali pratiche con la salute degli atleti e con le limita- zioni alla loro autonomia e libertà, alla mancanza di equità, nonché al fatto che il doping va contro lo scopo stesso della pratica sportiva, degli ideali atletici e dei princìpi olimpici. Riguardo la questione che il doping interferisce con la salute e la sicurezza degli atleti, si deve notare che esso non rappresenta l’unico modo per provo- care danni alla salute degli atleti; tuttavia, è l’uni- co ad essere proibito. Cionondimeno, è un’opinione ampiamente condivisa che i rischi, a cui gli atleti vanno incontro nel perseguimento di riconoscimen- ti [nazionali ed internazionali, NdC] e vittorie, pos- sono essere considerati ammissibili fino al punto da essere tollerati. Pertanto, possono essere ideati tre modelli di criteri di valutazione per affrontare al meglio la nostra valutazione: il modello utilitaristi- co (che comprende due tipi di consequenzialismo, ovvero il tipo “egoistico” e il tipo altruistico; il caso del doping farmaceutico rientra nel primo tipo, in quanto non genera alcun vantaggio per il più ampio numero possibile di persone), il modello dei criteri “a beneficio degli altri” e il modello edonistico (tut- tavia, all’interno di questo modello, il doping farma- ceutico non potrebbe probabilmente, secondo Mill, essere annoverato tra i piaceri qualitativamente più elevati, poiché non soddisfa né l’intelletto né i sentimenti morali). In conclusione, l’uso del do- ping non è ammissibile da un punto di vista etico; è anche illegale a causa dei rischi che procura alla salute di un atleta, poiché nessuno dei tre criteri inerenti a questi particolari timori etici viene sod- disfatto. L’autonomia che un atleta esercita nel fare uso del doping può essere esaminata definendo i confini etici che riguardano la limitazione della libertà. Ciò conduce a considerare il principio del “non nuoce- re”, il principio della molestia o del turbamento e il principio del moralismo legale, così come il principio dei beni comuni, il principio di necessità e il principio di correttezza. Il principio del “non nuocere” viene violato perché l’agire dell’atleta e, per estensione, lo stesso atleta, danneggia gli spettatori, gli orga- nizzatori e gli atleti che gareggiano con lui o con lei. Viene violato anche il principio della molestia o del turbamento, poiché l’atleta che fa uso del doping incide, mediante il suo agire, sia sugli avversari che sugli spettatori. Inoltre provoca dei danni economi- ci a se stesso, allorché affronta le spese del suo comportamento illegale; sul piano morale, oltraggia se stesso violando le regole sportive, così come le norme giuridiche in generale, sia quelle del proprio Paese che quelle stabilite dall’Agenzia Mondiale
  • 4. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 23 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.23-26 I S&C Thomas Norlander endenze mostrate dai risultati, relativi agli uomini e alle donne, nei Campionati del mondo e nei Giochi Olimpici tra il 2004 e il 2014 THOMAS NORLANDER Membro della Commissione tecnica e scientifica dell’EWF (European Weightlifting Federation - Federazione Europea di Pesistica) T Il sollevamento pesi è uno sport le cui radici risalgono ai Giochi Olimpici di Atene del 1896. Da allora, l’Europa è uno dei continenti più importanti ai Giochi Olimpici e la pesistica ha da allora la sua base proprio in Europa. Agli inizi del 20° secolo, Austria, Germania e In- ghilterra (Paesi dell’Europa occidentale) era- no i Paesi leader in questa disciplina. Alla fine degli anni Trenta del Novecento, l’Egitto si è dimostrato uno dei Paesi di maggior succes- so nel settore del sollevamento pesi. Dopo la Seconda guerra mondiale e fino alla fine degli anni Cinquanta, quando sono stati soppianta- ti dall’ex Unione Sovietica, sono stati invece gli Stati Uniti a dominare il settore. Negli anni Sessanta del secolo scorso, il Sollevamento Olimpico si è spostato verso l’Europa orientale, con l’Unione Sovietica, la Bulgaria, la Polonia, la Romania, l’Albania, la Grecia e la Turchia che si sono divisi le me- daglie nei campionati principali. In seguito alla divisione dell’Unione Sovietica nel 1991, si sono formate 15 nuove Nazioni. Oltre alla Russia, Paesi quali l’Ucraina, l’Armenia, l’A- zerbaigian, la Bielorussia, la Georgia e il Ka- zakhstan hanno allevato (ed allenato) alcuni dei maggiori pesisti a livello mondiale. Alla fine del 20° secolo, sono venuti alla ri- balta Paesi appartenenti ad altri continenti, come Cuba, l’Iran, la Nigeria e la Cina.
  • 5. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 27 Una salita anticipata sulle punte dei piedi con le ginocchia flesse, le spalle dietro alla proiezione verticale della barra con un’eccessiva inclinazio- ne all’indietro del tronco sono tutti errori tecnici evidenti che dovrebbero precludere un risultato soddisfacente. Nella pesistica, il risultato del sollevamento è de- terminato dal riuscire o meno ad alzare il bilan- ciere rispettando i parametri indicati dalle regole tecniche nel corso di esercizi che si svolgono du- rante una gara. Vale a dire, il pesista ha raggiunto un risultato positivo superando la gravità; il che, come nota I. P. Zhekov, scienziato sovietico dello sport, non dipende dalla forma che assume la tra- iettoria del bilanciere. Grazie soprattutto al lavoro di molti scienziati della pesistica e di numerosissimi allenatori pro- fessionisti, il sollevamento pesi ha un protocollo moderno che indica come sollevare il bilanciere nel modo più efficiente per ottenere il risultato desi- derato. Il moderno protocollo della tecnica del sollevamen- to pesi tipicamente produce una traiettoria curva della barra, nota come tirata a “S”. Il protocollo moderno stabilisce, inoltre, l’ottimale disposizio- ne dei piedi, delle tibie, delle cosce e del tronco per sollevare il bilanciere nel modo più efficace. Una traiettoria curva della barra nelle fasi di strappo e slancio della tirata (prodotta con la di- sposizione ottimale dei piedi, delle tibie, delle co- sce e del tronco e antitetica alle leggi della fisica) diventa la distanza più corta tra due punti, che, come si può vedere, non è una linea retta. “Questa traiettoria curva è collegata al fatto di ese- guire questo esercizio con il minimo dispendio ener- getico”. I. P. Zhekov, 1976 Tuttavia, messa da parte la traiettoria della bar- ra, i movimenti del corpo del pesista in generale e i singoli collegamenti cosiddetti cinematici delle braccia, del tronco, delle cosce, delle tibie e dei piedi determinano il successo o il fallimento di un sollevamento. Alcuni concetti della tecnica moderna del sollevamento pesi LA TIRATA RUSSA Il lavoro di numerosi scienziati della pesistica in epoca sovietica ha prodotto molti parametri quantitativi dinamici e cinematici che definiscono la tecnica più efficiente per il sollevamento pesi. L’argomento di questo saggio si concentra solo su uno dei molti elementi: la posizione e l’escursione articolare delle articolazioni delle spalle, in quanto questi elementi sono connessi ad una esecuzione efficace dello strappo e dello slancio. L’importanza del movimento delle articolazioni del- la spalla per la moderna tecnica del sollevamento pesi è evidente: “La forza sviluppata dai muscoli del pesista è comu- nicata al bilanciere attraverso le articolazioni della spalla. La velocità verticale del cingolo scapolare viene trasferita al bilanciere attraverso le brac- cia...” I. P. Zhekov, 1976. Di conseguenza, la disposizione delle spalle sopra, davanti o sotto la barra durante la fase di tirata del sollevamento è un indicatore importante del modo in cui la forza è comunicata al bilanciere: “Secondo le leggi della meccanica, il lavoro eseguito in opposizione alla forza di gravità non dipende dal tipo di traiettoria, in quanto viene misurato dall’altezza fino a cui il peso è stato sollevato” (I. P. Zhekov, 1976) S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.27-32 uò esistere “una cosa come” la tirata asiatica? Andrew Charniga, Jr. P Andrew “Bud” Charniga Scienziato del sollevamento pesi e allenatore. Laurea in Scienze Motorie alla Eastern Michigan University (USA) e Master in Kinesioterapia alla Università di Toledo (SPA). Fondatore, nel 1980, di Sportivny Press. Ha editato 15 libri tradotti dal russo e molte decine di articoli sull’allenamento nel sollevamento pesi, sulla biomeccanica, sul recupero, ecc.
  • 6. re-correre i tempi Dalla teoria delle idee all’esercizio dei movimenti. SECONDA PARTE P Secondo le osservazioni di Janda, un meccanismo di abduzione carente o difettoso può causare sindromi patello-femorale o della banda Ileo-tibiale, dovute entrambe all’iperatti- vità del TFL (tensore della fascia lata); ragione quest’ultima, dell’eccessivo trazionamento laterale della rotula durante l’estensione del ginocchio. Un “impoverimento” della funzione del medio gluteo e del quadrato dei lombi determina inoltre una postura Trendelenberg, uno squilibrio della pelvi, una mancanza di stabilità lombo-pelvica, durante i tempi di appoggio monopodalico. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.33-37 33 S&C Alberto Andorlini ALBERTO ANDORLINI Dopo una lunga esperienza come Insegnante di Educazione Fisica, è oggi Preparatore Atletico e Riabilitatore. La sua attività si lega da sempre all’interesse per l’evoluzione del Movimento e per lo sviluppo della Performance. Ha lavorato per A.C. Fiorentina, A.C. Siena, Al Arabi Sports Club, Chelsea f.C. e Nazionale femminile Calcio in qualità di Terapista e Preparatore Atletico. Attualmente è Riabilitatore presso l’U.S.Palermo. Collabora con il Training Lab di Firenze e svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze. Alberto Andorlini continua a collaborare con S&C, con una nuova originale serie di articoli sul movimento e sull’allenamento TERZA PARTE
  • 7. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 39 S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.39-44 Bodyweight training GIOVANNI ALTOMARI Laurea in Ingegneria Informatica. ALESSANDRO MAINENTE Laurea in Bioinformatica, Tecnico della Federazione Italiana Ginnastica Artistica, sezione GAM e TE. Giovanni Altomari, Alessandro Mainente Ho insegnato educazione Fisica per oltre 30 anni ed ho continuato a occuparmene anche in tempi successivi. Conosco quindi - ma non è questa la cosa che conta – l’importanza e il ruolo degli eser- cizi a corpo libero, non solo nel settore dell’Educazione Fisica o del training sportivo. So che essi hanno sempre costituito una parte rilevante del tutto. Il lavoro di forza a corpo libero sta tornando (finalmente) ad avere un ruolo centrale nei programmi di potenziamento muscolare. Capita però, quando nasce qualche cosa di nuovo o un argomento ritorna di moda, che la popolarità della proposta (o riproposta) tragga vantaggio se essa è presentata come una novità. Infatti, il nome, da assegnare o da riutilizzare, molto contribuisce al successo della proposta stessa. Tuttavia è sempre opportuno tenere presente che occorre avere attenzione al lin- guaggio: anche il concetto (o la definizione) di esercizio a corpo libero dovrebbe avere un ancoraggio storico e terminologico, evitando di utilizzare sinonimi o termini di significato affine o non sempre del tutto pertinenti. Gli autori di questa “particolare” Review sui metodi di allenamento a corpo libero, entrambi appassionati cultori della materia, hanno pensato anche a questi aspetti ma, soprattutto, hanno mirato a obiettivi più importanti: quelli metodologico e didattico. L’uso degli esercizi a corpo libero, come ben sanno gli operatori del settore, ha caratteristiche low cost e si presta più di altri mezzi di allenamento (pesi liberi o macchine) allo sviluppo della creatività didattica e, in un certo senso, obbliga l’insegnante o l’allenatore a tener conto di due variabili importanti nei pro- grammi di potenziamento muscolare: la progressività e la variabilità del carico. Buona lettura. Giampietro Alberti Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie Università degli Studi di Milano PRIMA PARTE
  • 8. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 S&C 47 Lo swing a due mani è l’esercizio cardine del kettlebell training: a partire da quest’ultimo, infatti, si potrà procedere all’appren- dimento di molti altri esercizi balistici (clean, high pull, snatch). Inoltre, esso è anche l’esercizio maggiormente utilizzato, dal punto di vista dell’esecuzione tecnica e, di conseguenza, delle critiche (esecuzione scadente = problemi), a causa della sua pre- sunta nocività per la schiena dell’esecutore. Se ben eseguito, invece, esso può rappresentare addirittura una soluzione ai problemi di schiena di cui soffrono, come si sa, mol- te persone. In questo caso, viene proposto un cosiddetto swing anca-domi- nante, in cui la maggior parte del lavoro viene eseguita proprio dal caricamento delle anche. Il motivo della proposta risiede anche nella sua grande appli- cazione sia nell’ambito del kettlebell training, sia in quello della preparazione fisica di altri sport (che richiedono produzione di forza proprio a livello delle anche), sia anche, più semplicemente, per le esigenze della persona che vuole sentirsi e stare meglio, quindi essere più efficiente. È quindi di fondamentale importanza, per questo specifico eser- cizio, come per altri, l’acquisizione della corretta tecnica. Ad un primo impatto, sembrerebbe trattarsi di un esercizio sem- plice, che prevede un’oscillazione continuativa del kettlebell, che parte da in mezzo alle gambe fino all’altezza del petto. In effetti è così, ma la sequenza dei gesti va eseguita coinvolgen- do come muscoli motori principali glutei, ischio-crurali e psoas, e non i muscoli lombari. Emanuele Conti S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.47-55 15.13 EMANUELE CONTI 3° livello FIPE Responsabile Tecnico Nazionale Kettlebell FIPE CPT NSCA Il kettlebell SwingLiberamente tratto dal manuale tecnico federale di Emanuele Conti: “Il Kettlebell: la pesistica del popolo, la forza per tutti” Inquadra il QR-code per vedere i video degli esercizi proposti in questo articolo.
  • 9. S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.57-59 S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 57 S&C Anna Swisher acciamo il punto sul sollevamentopesigiovanile F 57 ANNE SWISHER Segue un corso di dottorato di ricerca in Sport Physiology and Performance (Fisiologia e prestazione sportive) presso la East Tennessee State University ed insegna nei corsi di laurea triennale e svolge ricerche sulla pesistica, sul monitoraggio degli atleti e sull’istruzione degli allenatori sotto la supervisione del Dr. Mike Stone, allenatore della pesistica e studioso esperto dello sport. È una ex pesista, una consulente di scienze sportive e una co-creatrice del corso “Sollevamento Olimpico e Progettazione del Programma per gli Allenatori della Forza” della Eleiko. I bambini partecipano numerosissimi a sport giovanili strenui come il football americano, la ginnastica e l’hockey su ghiaccio, eppure il sollevamento pesi giovanile resta oggetto di dibattito ed è spesso considerato uno sport tabù per i più piccoli. Tra il grande pubblico, nonché tra alcuni allenatori, esiste ancora la percezione che la pesistica sia una disciplina sia rischiosa che superflua durante la pre-a- dolescenza, nonostante la notevole quantità di ricerche che confutano queste affermazio- ni.1-5 Benché l’allenamento con sovraccarichi per i giovani (cioè fino all’età di 11 anni per le bambine e i 12 anni per i bambini) sia sta- to pressoché escluso dai documenti acca- demici, l’amara verità è che questi riscon- tri raramente arrivano alle persone che ne hanno maggiormente bisogno. È tempo che i genitori, gli allenatori del settore giovanile e gli insegnanti di educazione fisica diventi- no consapevoli che coinvolgere i giovanissimi nell’allenamento della forza è sicuro, efficace ed essenziale per lo sviluppo atletico. Per es- sere in grado di attuare lo sviluppo dell’atleta a lungo termine (Long-Term Athlete Develop- ment, LTAD), il sollevamento pesi deve supe- rare il suo problema di immagine. Marie Brodin, la cui figlia di 12 anni, Hanna, è, in Svezia, una pesista sin dall’età di 9 anni, osserva che mentre la maggior parte della sua famiglia e dei suoi amici sono favorevoli all’attività di Hanna, continuano a chiedere se tale sport sia adatto a una bambina. “Le persone continuano a chiedere a me e a mio marito se sia corretto fare eseguire il solle- vamento pesi ad un’età così giovanile, se non sia pericoloso e se questa attività non inter- rompa la crescita dei piccoli o non danneggi le ginocchia e la schiena”. Maria sorride quando le chiedono se non ab- bia mai avuto preoccupazioni per la sicurezza di Hanna. “Non mi è mai sorto il pensiero [che fosse un’attività pericolosa]. Hanna ha prati- cato taekwondo per tre anni prima di iniziare il sollevamento pesi, pertanto io ho provato sollievo quando ella ha avuto a che fare solo con un bilanciere e non con un altro avver- sario”.
  • 10. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 61 Nel numero 13 di S&C sono stati descritti il razionale e i metodi di questo studio, finalizzato a: a) rea- lizzare, sulla base delle evidenze scientifiche, due sequenze di esercizi, tradizionale (T) e funzionale (F), da proporre alle future mamme e b) ad individuare quale delle due inducesse risposte affettive migliori. Ulteriore obiettivo c) era capire se fosse possibile correlare la sequenza preferita all’età, all’abitudine o meno a svolgere attività fisica prima della gravidanza. Questa seconda parte descrive gli esercizi che compongono le due sequenze ed espone, discutendoli, i risultati. SEQUENZA TRADIZIONALE SECONDA PARTE LUCA MARIN Dottore Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Dottore in Fisioterapia; Direttore tecnico del LAMA, Università di Pavia; Professore a contratto presso il Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università di Pavia, Docente e Tecnico FIPE. Luca Marin, Giuseppina Bernardelli, Irene Bui, Matteo Vandoni, Chiara Mandò, Sara Ottobrini PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLICA TO PRIM A VO LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C GRAVI-DANZ AOvvero il moto che fa bene nell’attesa GIUSEPPINA BERNARDELLI Ricercatore confermato Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti Università degli Studi di Milano. IRENE BUI Laurea triennale in Scienze Motorie, conseguita presso l’Università degli Studi di Pavia. ESERCIZIO A Figura n°1 - Posizione iniziale e intermedia Figura n°2 - Esecuzione Figura n°3 - Esecuzione S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.61-65
  • 11. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 67 S&C La pratica di un’attività fisica costante è uno degli elementi che concorrono maggiormente a mantenerci in uno stato di buona salute. I luoghi privilegiati in cui una larga parte della popolazione sportiva sceglie, per preferenze personali o mo- tivi legati agli orari di lavoro, di praticare attività fisica sono sempre più spesso palestre, piscine e centri fitness. È quindi evidente come le condi- zioni di questi ambienti, dal punto di vista dell’i- giene e della sicurezza, siano aspetti di grande importanza, purtroppo molto spesso trascurati e sottovalutati, fino a diventare potenziale fonte di malessere o malattia. Primo elemento da considerare sono le condizioni ambientali: in ambienti confinati, spesso affollati, la qualità dell’aria dipende dalla presenza di un im- pianto di condizionamento efficace e adeguato, e da un sistema di ventilazione e ricambio dell’aria, entrambi necessari per evitare il ristagno di umi- dità, di odori e permettere la corretta dispersio- ne del calore. Un buon ricambio dell’aria consente inoltre di ridurre la concentrazione di elementi pa- togeni (virus, batteri, funghi come fonte di infezio- ne a trasmissione per via aerea), ma anche di pol- lini e altri materiali potenzialmente allergizzanti. Per quanto riguarda le caratteristiche ambientali richieste nelle palestre, facciamo riferimento alla delibera del Consiglio Nazionale del CONI n. 1379 del 25 giugno 2008, in particolar modo alla tabel- la C che fornisce le indicazioni minime. La temperatura dell’aria deve essere compresa tra i 16 e i 20°C (la temperatura idonea per un ambiente di lavoro intensivo è di 18°C), con un umidità relativa del 50%: per ottenere queste condizioni, oltre all’impianto di riscaldamento, dobbiamo pensare ad un adeguato ricambio d’aria in modo che l’umidità non superi questo valore. In ambienti con livelli di umidità superiori al 50- 60%, si rischia la formazione di muffe nei punti più freddi e dietro ai mobili e la proliferazione di microrganismi patogeni sulle pareti, nei tappeti, sulle cornici delle finestre; tra questi, in parti- colare batteri e acari, piccoli parassiti che si nu- trono di scaglie umane e animali, in grado di rila- sciare allergeni responsabili di fastidiose reazioni allergiche. Tutto questo insieme di elementi può quindi deter- minare non solo odori sgradevoli, ma una situa- zione ambientale insalubre, caratterizzata dalla comparsa di irritazioni bronchiali, allergie da muf- fa, asma e infezioni delle vie aeree. S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.67-69 Irene Claudia Toma alestre in salute e sicurezzaP IRENE CLAUDIA TOMA Medico Chirurgo, Specialista in Medicina del Lavoro, Socio Aggregato della Federazione Medico Sportiva Italiana Program Design for Strength Coaches course.
  • 12. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 71 oma S&C S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.71-73 Il corpo umano, per poter funziona- re, si deve nutrire adeguatamente di risorse energetiche derivanti dal cibo; eppure, ciò non basta per far sì che esso possa funzionare bene. Il corpo e la mente si devono nutrire anche di affetti, di un caldo contatto con un altro essere umano in grado di offrire protezione e sicurezza. Alcuni ricercatori, come J. Bowl- by (Attachment and loss, 1969) e Renè Spitz (Il primo anno di vita del bambino, 1973), hanno condotto ricerche per comprendere l’esito della cattiva o mancata risposta alle richieste dei bambini; hanno rilevato che, nei casi gravi come l’abbandono del bambino da parte della madre, il bambino riduce l’attività esplorativa fino all’arresto catatonico, riduce o cessa l’alimentazione e le richieste di cibo. Ciò si ripercuoteva, secon- do le osservazioni condotte da que- gli Autori, sul sistema immunitario, che diveniva maggiormente fragile, facilitando l’insorgenza di malattie, e sul tono dell’umore (depressione anaclitica), portando in alcuni casi addirittura alla morte il bambino. Gli studi di Bowlby (Costruzione e rottura dei legami affettivi, 1982) e dei suoi collaboratori hanno eviden- ziato come il legame iniziale che ogni bambino instaura con la propria ma- dre dipenda da un bisogno innato di entrare in contatto con gli apparte- nenti alla propria specie; il compor- Francesco Riccardo LI ASPETTI PSICOLOGICI DELL’OBESITÀ G FRANCESCO RICCARDO è laureato in Psicologia dinamica e clinica dell’infanzia, adolescenza e famiglia; è Psicologo delle squadre nazionali di pesistica e docente presso i corsi di formazione per Personal Trainer della FIPE. È Personal Trainer 1° livello FIPE, Maestro di Karate e cintura nera 5° Dan FIJLKAM. Specializzato in psicoterapia, tecnico di IV livello, psicologo delle squadre nazionali di badminton, presidente dell’Associazione Psicologi Tecnici Sportivi.
  • 13. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 77 PREMESSA È ancora attuale un articolo sulla spalliera? Quali capacità e abilità stimola questo attrezzo? Iniziare un articolo con due domande non è abituale ma, a nostro avviso, necessario. Questo attrezzo, ormai considerato vecchio e da alcuni addirittura superato, è per fortuna ancora presente in alcune palestre, non solo scolastiche. Il problema, spesso, è che non si usa per svariati motivi, fra i quali spicca la carenza di fantasia, di creatività e di sistematicità applica- tiva. Alcune spalliere necessiterebbero di un minimo di manutenzione e, più in generale, di una discreta dose di pulizia. GiocosaMente IN QUESTO NUMERO: LA SPALLIERA IN ETÀ EVOLUTIVA: IDEE ED INTERPRETAZIONI APPLICATIVE PER LA SCUOLA E PER L’AVVIAMENTO ALLO SPORT S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.77-82 foto:VBiffani Cesare Simonacci, Guido Sistopaoli, Mario Bellucci MARIO BELLUCCI Ha conseguito il diploma ISEF, la laurea in Scienze motorie e la laurea specialistica in Attività motoria preventiva e adattata presso l’Università degli Studi di Roma ‘Foro Italico’ e il titolo di Dottore di ricerca in Educazione fisica presso l’Università di Budapest. È membro del CONAPEFS e della CAPDI e insegna presso il Liceo scientifico ‘Farnesina’ di Roma. Collabora con l’Università ‘Foro Italico’ di Roma presso la cattedra di Attività motorie per l’età evolutiva e per gli anziani. nell’organico di diritto della scuola dell’infanzia e primaria.
  • 14. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 85 OCIOTESSERATI? QUALIDIFFERENZESOTTO ILPROFILOCIVILISTICO, FISCALEESPORTIVOTRA LEDUEFATTISPECIE? S Guido Martinelli Girando nel mondo delle palestre, mi sono reso conto che i sodalizi sportivi che li gestiscono usano, spesso e volentieri in maniera impropria, termini quali: “tesserato, associato o socio, iscritto” dando ai medesimi significati equivalen- ti. In realtà, ognuno di questi ha una sua tipicità e un suo contenuto, anche e soprattutto al fine di poter godere delle agevolazioni fiscali previste per lo sport dilettantistico. Proviamo insieme a capirci qualcosa di più. Non vi è dubbio che il significato di termini quali “socio” (usato correttamente in riferimento alle società di capitali o cooperative sportive dilet- tantistiche senza scopo di lucro) o di “associa- to” (per le associazioni sportive dilettantistiche) abbia una matrice di tipo privatistico. Posseggono tale status e si possono defini- re come tali i soggetti che, a norma di Statu- to dell’ente, hanno acquisito i diritti derivanti dall’appartenenza all’ente medesimo, primi tra i quali l’elettorato attivo e passivo e diritti di par- tecipare alle assemblee e di approvare i bilanci. Sono coloro che, pertanto, hanno percorso il cammino che si conclude mediante il perfezio- namento di un accordo negoziale attraverso la formazione del consenso. Ossia, la proposta di essere parte del contratto plurilaterale con co- munione di scopo, categoria a cui appartengono gli Statuti in esame, e conseguente accettazio- ne secondo le modalità ivi previste. Il vincolo associativo, pertanto, come tale, rima- ne estraneo all’ordinamento sportivo e mantiene una connotazione esclusivamente di carattere privatistico. Nulla osta che vi siano soci o associati di so- cietà o associazioni sportive dilettantistiche che non siano tesserati alla Federazione sportiva o ente di promozione sportiva di appartenenza del sodalizio o, viceversa, come meglio vedremo in seguito, che ci siano tesserati per un club che non siano soci o associati del medesimo. Analogamente, non incide nell’argomentare la GUIDO MARTINELLI avvocato, consulente della FiPE, professore aggregato di legislazione sportiva presso l’Università degli studi di Ferrara, docente nazionale della Scuola Centrale dello sport del CONI, è autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto sportivo. S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.85-88
  • 15. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 15 / Gennaio-Marzo 2016 89 Una carriera lunghissima sui “piedi lunghi” (sci), in ogni dove. Un primo bilancio. Bilancio ottimo. Nella mia car- riera ho interagito con persone eccezionali, sono stato ricevuto da Capi di Stato, ho visto luoghi e conosciuto mondi, ho impa- rato e mi sono divertito, a 55 anni mi rendo conto di non aver mai veramente “lavorato”, per- ché ho potuto fare quello che mi appassiona. Tutto questo solo per aver piantato qualche palo e insegnato a qualcuno a scen- dere con gli sci, ciò è possibile perché lo sport regala “emozio- ni” e chi vive in questo mondo è rispettato ben al di sopra dei propri meriti. Ho vissuto una vita intensissima, fatta di vitto- rie e sconfitte, esaltazione e de- pressione che ti costringono a confrontarsi con te stesso co- stantemente e di conseguenza a conoscerti meglio. Un ringra- ziamento però va ai miei familia- ri che hanno sopportato le mie lunghissime assenze. Si apre un nuovo capitolo, con un bagaglio di esperienze dav- vero invidiabile e forse unico tra gli allenatori che hanno ancora molto da dire. Quale fu- turo? Dopo un anno di stop, un po’ forzato, mi sento rigenerato e pronto a ripartire. L’aver osser- vato un po’ da lontano il mondo S&C(Ita)n.15,Gennaio-Marzo2016,pp.89-91 domande e10 risposte10“Non è solo un problema di saper sciare: allenare lo sci è compito ben arduo e pochi lo sanno fare veramente” CLAUDIO RAVETTO Già Direttore Tecnico delle squadre nazionali maschile e femminile di sci alpino Ha partecipato, in 12 anni di WC, a 3 Olimpiadi con 3 podi di cui un oro; a 6 Mondiali con 12 podi, cui un oro; a 2 WC generali di slalom. Ha ottenuto 111 podi in WC di cui 35 vittorie. L’esordio da allenatore di una squadra C di sci alpino gli fece scegliere, ad inizio carrie- ra, un unico obiettivo tecnico da perseguire: lo sciatore doveva assimilare la posizione dell’“orso bianco”. Per gli addetti ai lavori poteva sembrare una vera provocazione, dal momento che tutti i colleghi allenatori avevano un discreto pacchetto di proposte per gli atleti. La cosa per Claudio Ravetto funzionò davvero ed i suoi giovani sciatori risultarono aver assimilato il concetto così bene dall’essere diventati riconoscibili a colpo d’occhio sui campi di allenamento ove tanti atleti si preparavano alla stagione invernale. In gara fu un successo, molti atleti intrapresero una lunga e fortunata carriera ed il tecnico Ravet- to, all’esordio come responsabile in Nazionale, segnò la strada. In seguito, molti copiarono ed intanto si stava formando uno tra i più brillanti e lungimiranti, oltre che vincenti, allenatori di sci alpino: Claudio Ravetto. La chiacchierata che segue traccia, a distanza di anni, un profilo piuttosto articolato di un personaggio, a volte ostico perché ostinato nel perseguire l’obiettivo, mai banale, sempre disponibile con gli atleti e acuto con i colleghi nell’analisi tecnica del gesto specifico. Il suo, di Claudio, è un ruolo in continua evoluzione e c’è da credere che proseguirà in vista di traguardi prestigiosi nel campo dello sport, non solo per quanto riguarda lo sci, soprattutto mantenendo vivo l’interesse per la formazione dei giovani, con la capacità di intravedere soluzioni sempre “avanti” rispetto alla quotidianità di chi è maestro nel galleggiare. Gioachino Kratter Claudio Ravetto Intervistare per provare a capire come cambiare Dalla voce, cogliere dalla voce dei veri esperti, veri grandi. Coglie- re dai pochi veramente esperti che abbiamo, sfruttare l’attimo, lasciarsi prendere dall’ascolto. Come si cambia? Come si può? Chi ci dice parole che servono davvero? Mettiamoci alla prova e cerchiamoli. Ed ecco trovato l’esperto! È infatti la volta di: Claudio Ravetto, allenatore delle squadre nazionali di sci alpino
  • 16. Visitailnostrosito Cosa troverai sul nostro sito: CATALOGO ON-LINE - Collegandoti al sito puoi visionare nel dettaglio e acquistare gli articoli (libri, video, dvd, riviste), grazie ad un sistema di ricerca semplice ed intuitivo. APPROFONDIMENTI - Il sito è inoltre sempre aggiornato con sezioni specifiche di approfondimento su tutti gli argomenti più interessanti legati allo sport, come eventi, convegni e corsi di aggiornamento. NEWSLETTER - Iscrivendoti e dando la preferenza alla disciplina sportiva che più ti interessa potrai ricevere tutte le news al tuo indirizzo e-mail. www.calzetti-mariucci.it