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LA STORIA DEL LASER E LA SUA APPLICAZIONE NEL CAPO FISICO/MEDICO
Il laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation), è uno strumento di fondamentale
importanza non solo nell’ambito fisico, ma anche in quello tecnologico
Le sue molteplici applicazioni vanno dall’ottica alle lavorazioni industriali, dalle misure di precisione fino
alle operazioni chirurgiche, etc.
A differenza delle altre sorgenti di luce tradizionali, come ad esempio le normali lampade a incandescenza, il
laser è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente (proprietà di un’onda elettromagnetica
di mantenere una certa relazione di fase con se stessa durante la sua propagazione), monocromatica
(proprietà di emissione di un unico “colore”), concentrata in un raggio rettilineo estremamente preciso e di
breve durata temporale (decine di femtosecondi).
L’intensità luminosa delle sorgenti laser (ovvero la possibilità di concentrare una grande potenza in un'area
molto piccola) è molto maggiore di quella delle sorgenti tradizionali.
Per poter capire al meglio la funzione del laser dobbiamo analizzare la sua storia.
Il principio di funzionamento del laser si basa sul fenomeno dell’emissione stimolata: esso è un fenomeno
quantistico per il quale la radiazione elettromagnetica, oltre che eccitare un sistema, può anche stimolarne la
diseccitazione.
Dal punto di vista sperimentale, la prima prova di emissione stimolata la si deve a Rudolf Ladenburg che
dimostrò il fatto che l’indice di rifrazione del gas Neon diminuisce quando il gas viene eccitato da una
scarica elettrica: egli chiamò questo fenomeno dispersione negativa (che successivamente diventerà
emissione stimolata).
L’esperimento consisteva in un interferometro, composto da un braccio contenente un tubo riempito di Neon
a bassa pressione e un altro braccio contenente un tubo vuoto.
Attraverso l’uso di una lampada a scarica,veniva emesso un fascio di luce bianca diviso in due da un beam
splitter (un dispositivo ottico che divide un raggio di luce (beam) in due parti) ed immesso poi nei due tubi.
Una volta che questi fascivenivano ricomposti, si andava ad analizzare la figura di interferenza.
Da qui si trovò che, sia il livello di transizione più alto che quello più basso, erano occupati, perciò l’indice
di rifrazione decresceva come predetto dalla teoria.
Ladenburg spiegò che il segno meno (da cui il nome dispersione negativa) era dovuto alla forte correlazione
presente tra il fenomeno della dispersione ordinaria e quella anomala; inoltre, inserì una nota dove si diceva
che per poter osservare direttamente la dispersione negativa era necessario indurre un’inversione di
popolazione (processo nel quale le molecole vengono preparate in modo tale da trovarsi in uno stesso stato
eccitato anziché in quello fondamentale.)
Valentin Fabrikant descrive la possibilità di usare le impurezze molecolari per creare un’inversione di
popolazione in un gas sottoposto a scarica elettrica.
La prima prova diretta di emissione stimolata la si deve a Edward Purcell e Robert Pound i quali, attraverso
una serie di esperimenti con cristalli di fluoruro di litio (LiF) e usando la tecnica della radiazione magnetica
nucleare, scoprirono che lo stato di spin del sistema poteva essere posto in uno stato di temperatura negativa:
ciò significa che i livelli ad alta energia sono maggiormente riempiti rispetto a quelli più bassi.
Il sistema, in questa configurazione, è caratterizzato dal fatto che quando gli si applica una radiazione
dall’esterno esso emette fotoni; questa è l’emissione stimolata vista dai due fisici;
In particolare essi misurarono una lunghezza d’onda per la radiazione emessa di 19.9 m corrispondente ad
una frequenza di 50 kHz (appartenente alla regione delle radio onde).
Nel 1916 Einstein pubblica un articolo dal titolo “On the quantum theory of radiation” il quale viene ormai
considerato come il fondamento teorico del laser.
In esso Einstein indaga in maniera approfondita i meccanismi di emissione e assorbimento di fotoni da parte
della materia.
Inoltre, nella dimostrazione della legge di Planck, introduce l’ipotesi dell’emissione stimolata.
In particolare, se consideriamo le transizioni possibili tra due livelli atomici m ed n (con Em > En) abbiamo
che la transizione 𝑛→𝑚 può avvenire solamente se un elettrone assorbe un fotone di energia pari alla
differenza tra i due livelli: questo fenomeno è il cosiddetto assorbimento stimolato; la transizione contraria,
ovvero 𝑚→𝑛,avviene attraverso l’emissione spontanea di un fotone.
A questo punto Einstein ipotizza una terza possibilità, ovvero quella che un elettrone in m venga forzato a
passare in n da un fotone di passaggio della giusta frequenza (secondo la semplice relazione scoperta da
Planck Em − En = hν) e nel farlo emetta un altro fotone perfettamente in fase col primo.
La probabilità che il fotone causi un’emissione stimolata (se l’elettrone è in m), è pari a quella che il fotone
venga assorbito quando l’elettrone è in n: Einstein dimostrò questo assunto basandosi solamente sulla
termodinamica.
𝑑𝑊= 𝐴𝑚𝑛𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑚→𝑛
𝑑𝑊= 𝐵𝑛𝑚𝜌𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑛→𝑚
𝑑𝑊= 𝐵𝑚𝑛𝜌𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑚→𝑛 𝑖𝑛𝑑𝑜𝑡𝑡𝑎
(𝑒𝑚𝑖𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑙𝑎𝑡𝑎)
il coefficiente 𝐴𝑚𝑛 riprende il fenomeno della dispersione ordinaria e il coefficiente 𝐵𝑚𝑛 quella anomala di
Ladenburg;
Questa teoria sui coefficienti di emissione ed assorbimento ha permesso ai fisici di costruire una teoria
quantistica della rifrazione e della dispersione che permise di arrivare a risultati verificabili
sperimentalmente.
Per trattare dellaser bisogna prima introdurre il Maser
I lavori di ricerca sullo sviluppo del Maser ebbero luogo solamente in USA e nell’ex Unione Sovietica per
motivi bellici.
In particolare fu in questo periodo che venne sviluppata e migliorata la tecnica radar.
Studiare il radar equivaleva a fare ricerche nel campo delle microonde (lunghezze d’onda centimetriche).
Questi studi svilupparono la spettroscopia molecolare con sorgenti a microonde con la quale si riuscì a capire
il ruolo dell’emissione stimolata da cui poi partì successivamente l’elaborazione del Maser.
Joseph Weber pensò ad un modo per poter amplificare la radiazione emessa dagli oscillatori.
Consideriamo un sistema a due livelli di energia E1 ed E2 (con E2 > E1) popolati rispettivamente da n1 e n2
atomi. Investiamo il gas con della radiazione: la potenza assorbita sarà proporzionale a n1 mentre gli atomi
del livello superiore emetteranno, per emissione stimolata, una potenza di emissione proporzionale a n2.
La potenza netta non sarà altro che Passorbita – Pemessa = n1 – n2. Essa sarà positiva perché all’equilibrio
termico n1 > n2 quindi in questa configurazione avrò assorbimento.
A questo punto Weber pensò che passando in una condizione per cui n2 > n1 avremmo avuto
un’amplificazione della radiazione emessa,anche se non riuscì a verificarlo sperimentalmente.
Townes iniziò la sua carriera ailaboratori della Bell Telephone su un progetto basato nell’aumentare la
frequenza di operazione dei radar a 24000 MHz con l’intento di migliorarne la precisione dei
bombardamenti. Egli, però, scoprì che a tale frequenza un radar non poteva funzionare, poiché,
nell’atmosfera, il vapore acqueo assorbe la radiazione proprio a quella frequenza.
Così decise di cambiare punto di vista.
L’idea di base era quella di considerare un sistema a due livelli di energia e fare in modo di selezionare le
particelle per mandare da una parte solo quelle che si trovano nello stato ad energia più alta inducendo, così,
l’emissione stimolata.
Il progetto consisteva nell’usare un campo elettrico per separare le molecole nei due livelli e metterle a fuoco
dentro una cavità risonante tarata alla giusta frequenza. Per generare il campo, egli utilizzò le cosiddette lenti
elettriche.
I lavori proseguirono senza particolari successiper due anni fino all’aprile del 1953 quando Gordon, durante
un seminario del gruppo di spettroscopia, annunciò il funzionamento del dispositivo
Il Maser ad ammoniaca di Townes aveva due pregi importanti: un rumore bassissimo e la forte coerenza dei
fotoni emessi. Tuttavia, aveva anche il difetto che la frequenza di emissione della radiazione non poteva
essere modificata e ciò lo rendeva utilizzabile solo nel campo della spettroscopia.
Nicolaas Bloembergen, un fisico danese esperto nella fisica dei materiali paramagnetici, ebbe l’idea di usare
l’effetto Zeeman (fenomeno che consiste nella separazione delle linee spettrali a causa dell’applicazione di
un campo magnetico esterno che. interagendo con i momenti angolare e di spin degli elettroni, fa sì che
ciascuna riga si scinda in più righe molto vicine) per scegliere i livelli tra i quali far avvenire la transizione,
così da regolarne la frequenza di emissione.
Per fare ciò era necessario usare tre livelli, non solo due come nel maser di Townes.
L’idea di Bloembergen era la seguente: “considero tre livelli di energia E1 < E2 < E3 non equamente spaziati
in modo che il livello 2 sia molto vicino al livello 3 ,investo l’atomo con della radiazione di frequenza pari
alla differenza di energia tra il livello 3 e il livello 1 ,il cosiddetto campo di pompa, che induce la transizione
tra questi livelli: poiché il livello 1 è più popolato del livello 3, il sistema assorbe energia e quest’ultimo
livello viene popolato a spese del primo; il livello 2 non viene influenzato cosicché alla fine del processo ho
che n3 > n2 : ciò fa sì che si abbia un’inversione di popolazione tra questi due livelli e quindi posso avere
emissione stimolata alla frequenza f32 che corrispondente alla differenza di energia tra i livelli 3-2. Per poter
fare ciò, però, ho bisogno di grandi differenze di energia tra i livelli, per questo motivo il sistema deve
trovarsi a temperature molto basse.”
Nel 1961 venne creato il primo Maser atomico, il cosiddetto Maser a Idrogeno, grazie agli sforzi di Daniel
Kleppner e Mark Goldenberg del MIT di Boston.
La peculiarità di questo tipo di Maser è quella di avere una frequenza di emissione molto precisa a 1420
MHz e questo lo rende un dispositivo ideale per poter essere utilizzato come orologio atomico.
Un orologio atomico è un tipo di orologio in cui il tempo è dato dalla frequenza di risonanza di un atomo.
Un orologio atomico è costituito, oltre che dalla cavità a microonde, anche da un oscillatore/trasmettitore
radio sintonizzabile e da un sistema che regola la frequenza dell'oscillatore esattamente alla frequenza a cui
si ha la risonanza.
Il trasmettitore riempie la cavità con onde stazionarie; quando la frequenza coincide con la frequenza di
risonanza del gas, gli elettroni degli atomi assorbono le onde radio e saltano al livello energetico superiore.
Tornando al livello originario esse riemettono, sotto forma di luce, l'energia precedentemente assorbita.
Se la frequenza di pompaggio si discosta dal valore di risonanza, l'intensità della luce prodotta diminuisce.
Una fotocellula rileva quindi la variazione e un circuito corregge la frequenza nella direzione di riportare
l'intensità luminosa al valore massimo.
Tutti i Maser costruiti in seguito a quello di Townes lavoravano nel range delle onde centimetriche: si
cominciò quindi a cercare diestenderlo alle regioni submillimetriche (infrarosso e ottico).
Per ottenere un’emissione di radiazione nel visibile era necessaria una cavità risonante delle dimensioni del
micron quindi impossibile da costruire in laboratorio: si pensò quindi di sostituirla con un interferometro
Fabry-Pérot,un apparato formato da due specchi piani semitrasparenti posizionati parallelamente tra loro.
Questo meccanismo permette alla radiazione di viaggiare continuamente avanti e indietro tra gli specchie,
sfruttando l’interferenza, dà la possibilità di scegliere i modi di oscillazione e quindi le frequenze (dal
momento che solo la radiazione che viaggia parallela agli specchi viene riflessa).
Il primo a interessarsia questa possibilità fu Robert Dicke, un professore di Princeton diventato famoso nel
1953 per aver sviluppato il concetto di superradianza ovvero il meccanismo di amplificazione a cui si è
ispirato Townes per il suo Maser.
Il 26 agosto 1958 Townes e Schawlow inviarono un articolo alla prestigiosa rivista Physical.
In questo articolo venivano esposti gli aspetti teorici da prendere in considerazione per la costruzione di un
dispositivo maser operante nella regione dello spettro visibile da essi ribattezzato Maser Ottico.
In particolare venivano discussi tre aspetti fondamentali:
1)La scelta della cavità e dei modi di oscillazione.
Se si fosse usata una cavità metallica come quella del maser ad ammoniaca, si avrebbe avuto un solo modo
di oscillazione per la radiazione all’interno e quindi una sola e determinata frequenza di emissione; se invece
si usava una cavità “aperta” come quella che sfruttava il sistema Fabry-Pérot si potevano avere più modi di
oscillazione, in particolare tutti quelli lungo l’asse degli specchi e da qui si poteva selezionare la frequenza di
emissione anche nel range visibile.
2)Il guadagno del dispositivo
Considerando un materiale con solo due livelli di energia possibili, la condizione per avere oscillazione
prevede l’uguaglianza tra potenza prodotta per emissione stimolata e potenza assorbita dagli specchi: questa
relazione determina la “soglia per l’oscillazione”.
Una potenza generata appena superiore a questa soglia innesca il processo di emissione stimolata.
Essi, mostrarono anche come la radiazione emessa fosse estremamente monocromatica con una larghezza di
riga dell’ordine di un milionesimo della larghezza di riga a cui la sostanza avrebbe emesso spontaneamente.
3) La scelta del materiale attivo
Townes e Schawlow pensarono di usare gas con atomi semplici invece di materiali solidi per la maggior
semplicità nella costruzione dell’apparato.
Da questo momento in poi si istituirono le basi per il laser moderno.
Come abbiamo detto prima un laser, può essere descritto come un dispositivo in grado di produrre intensi
fascidi radiazione, di frequenza ottica, coerenti e fortemente monocromatici.
Tra le principali caratteristiche che ne hanno determinato il successo troviamo:
1. La coerenza,ovvero la capacità di dar luogo a fenomeni di interferenza;
2. La collimazione e la direzionalità del fascio;
3. L’elevata potenza di emissione su una banda strettissima di frequenze.
I primi laser funzionavano emettendo fasciformati da una serie di brevi impulsi (i cosiddetti spike) della
durata di pochi microsecondi.
Il 1960 può essere considerato l’annata più proficua per la fisica del laser in quanto al primo laser di Maiman
ne seguirono molti altri e molto diversi tra loro: laser a stato solido che usavano vari tipi di materiali attivi e i
laser a gas che a tutt’oggi rimangono tra i più utilizzati nell’ambito della ricerca scientifica di base.
Theodore cominciò ad interessarsiai Maser mentre lavorava alla Huges dove gli venne affidato il compito di
costruire un Maser operante nella banda della radiazione X. Egli si appassionò talmente tanto a questo lavoro
che decise di cercare di ampliarlo alla banda ottica.
Come materiale attivo pensò di usare il rubino, costituito da ossido di alluminio e cromo, poiché gli ioni di
quest’ultimo elemento hanno una serie di livelli di energia che cadono nel visibile e in particolare nel rosso
(è da qui che deriva il suo caratteristico colore).
Per pompare gli atomi dal livello fondamentale doveva essere
usato un fascio di luce verde
Egli usò una lampada flash impulsata allo xenon avvolta a
elica attorno ad un cilindro di rubino rosso del diametro di 1
cm e della lunghezza di 2 cm, e pose il tutto all’interno di un
secondo cilindro argentato per permettere alla bacchetta di
assorbire il più possibile la luce emessa dalla lampada.
La cavità risonante, invece, la ottenne lucidando le basi della
bacchetta e rendendole una parallela all’altra; il flash era
attivato mediante condensatori dal voltaggio di circa 1000
Volt.
Nell’esperimento di Maiman l’energia scaricata dalla lampada
era di poco inferiore al Joule e permise di vedere sullo
schermo una macchia rossa del diametro di 1 cm e con una
potenza di emissione di 10 kW.
Quando l’eccitazione data dalla lampada a flash è sufficientemente intensa, la popolazione dello stato 2E
aumenta rispetto a quella dello stato fondamentale; in questa situazione, alcuni dei fotoni di fluorescenza
inizialmente emessi spontaneamente, venendo riflessi più volte dalle pareti riflettenti, stimolano gli atomi
dello stato eccitato causando così un’amplificazione della radiazione.
A causa delle proprietà selettive della cavità risonante, solo quella che viaggia avanti e indietro lungo l’asse
della bacchetta viene amplificata.
La conseguente emissione stimolata innesca l’azione laser che avviene solitamente sulla linea R1.
La tecnologia laser si è molto evoluta dall’entrata in funzione del primo laser.
Presso l’INFN sono in funzione laser di due tipi: laser atomici e laser ad elettroni liberi.
Laser atomici: l’intensità della luce viene amplificata durante il ripetuto passaggio in un opportuno cristallo
(mezzo attivo).
Il “colore” della luce emessa in questo tipo di laser è legato alle caratteristiche fisiche del cristallo e non può
essere modificato senza cambiare cristallo. Il laser Flame appartiene a questa categoria.
Laser ad Elettroni Liberi o Fel (Free Electron Laser):sono i più recentie sono costituiti da un lungo magnete
denominato “ondulatore” in cui viene iniettato un fascio di elettroni prodotto da un acceleratore di particelle.
L’ondulatore è caratterizzato da un campo magnetico sinusoidale prodotto da una serie di piccoli magneti
con polarità alternata. I Fel raggiungono lunghezze d’onda impossibili con altri tipi di laser. Il laser Sparc
appartiene a questa categoria.
Lo sviluppo di nuove configurazioni di Fel, ad esempio più compatti o con ondulatori di nuova concezione, è
un obiettivo scientifico di rilevanza internazionale. Inoltre la possibilità di far collidere i fasci di elettroni di
Sparc con i fasci di radiazione di Flame offre la possibilità di produrre raggi X mediante il meccanismo della
diffusione all’indietro della radiazione da parte del fascio di elettroni.
Tale meccanismo denominato “Thomson back scattering” produce radiazione di lunghezza d’onda molto più
corta di quella incidente pur perdendo alcune delle caratteristiche del fascio laser, quali la coerenza. Anche
questo tipo di sorgente di radiazione ha importanti applicazioni in particolare nella diagnostica medica
(mammografia).
La tecnica del laser a elettroni liberi viene utilizzata, in campo scientifico, per la mappatura delle proteine.
Quanto meglio gli scienziati riescono a mappare la struttura delle proteine e il loro comportamento nelle
cellule, tanto più si possono approssimare alla scoperta della cura per gravi malattie quali cancro e malaria.
Un team di scienziati europei ha osservato la proteina di membrana in un tipo di batterio che vive lontano
dalla luce del sole.
Lo studio delle proteine di membrana è importante poiché esse trasportano sostanze attraverso la membrana
cellulare, occupandosi così della comunicazione con l'ambiente che circonda la cellula e con le altre cellule.
Durante gli esperimenti loro sono riusciti a creare un modello dell'aspetto di questa proteina.
Successivamente essi faranno dei filmati da cui poter osservare le varie funzioni della proteina, ad esempio
come essa si sposta durante la fotosintesi.
In pratica hanno sviluppato un nuovo metodo per creare cristalli proteici incredibilmente piccoli. Inoltre
hanno dimostrato che è possibile utilizzare cristalli molto piccoli per determinare la struttura di una proteina
di membrana.
Il professor Neutze ha deciso di provare a visualizzare piccoli campioni di proteine usando laser a elettroni
liberi che emettono un'intensa radiazione a raggi X in impulsi estremamente brevi: più brevi del tempo
impiegato dalla luce per percorrere una distanza pari allo spessore di un capello.
Fondamentale è stata la scoperta che per mappare la proteina sono necessarie molte meno immagini di
quanto si credeva in precedenza. Usando un laser a elettroni liberi è possibile produrre circa 60 immagini al
secondo, e questo significa che il team aveva a disposizione oltre 365.000 immagini. Tuttavia, per creare un
modello tridimensionale della proteina erano sufficienti solo 265 immagini.
La diagnostica laser, argomento citato sopra, è utilizzata per l’individuazione di vari tipi di tumore con
percentuali di successo sempre crescenti.
Per capire come i laser siano utilizzati per diagnosticare patologie tumorali, bisogna prima approfondire il
fenomeno che viene sfruttato a tal fine: la luminescenza dei tessuti biologici.
Per luminescenza dei tessuti biologici si intende un processo mediante il quale si ha la luminescenza dei
tessuti per un processo di assorbimento e remissione della luce incidente.
Esistono svariati tipi di luminescenza (radioluminescenza, termoluminescenza, bioluminescenza) a seconda
del tipo di energia assorbita dal mezzo materiale.
Il meccanismo utilizzato dalla fisica sanitaria è l’assorbimento di radiazione coerente da parte dei tessuti e la
riemissione in fluorescenza.
Lo spettro della fluorescenza dei tessuti dipende dalla lunghezza d’onda della luce incidente e dalla risposta
all’eccitazione di svariate molecole e proteine presenti nelle zone illuminate.
La fluorescenza dei tessuti ha una bassa efficienza quantica, perciò per ottenere dei segnali utili da
analizzare, si utilizzano dei fotomoltiplicatori.
L’efficienza quantica della fluorescenza e della fosforescenza è in funzione della temperatura.
Le tecniche diagnostiche utilizzate sono due: l’analisi dello spettro della fluorescenza e l’acquisizione
dell’immagine della fluorescenza.
Irradiando un campione di mucosa sana e uno di mucosa malata con una radiazione compresa tra 300 e 480
nm si ottengono risposte in fluorescenza differenti: il tessuto malato emette il 30 per cento di radiazione in
più rispetto a quello sano nella regione spettrale compresa tra 480 e 600 nm e ha una forma spettrale
differente nella zona intorno ai 635 nm. Tali rilevanti differenze permettono dunque una diagnosi precisa
della patologia. Con questa tecnica si riescono a diagnosticare i tumori della laringe, dell’esofago e della
vescica.
Il limite di questa tecnica sta nel fatto che i dati sulla fluorescenza sono “puntuali” e non permettono di
vedere la zona tumorale nella sua estensione (specie nei tumori estesi).
Un’altra tecnica di acquisizione dei dati sulla fluorescenza è la “diagnostica endoscopica” che permette di
ottenere immagini di ampie aree tumorali. Un esempio si ha nella diagnosi dei tumori tracheobronchiali: il
tessuto viene irradiato con luce coerente e se ne osserva l’emissione in fluorescenza globale; il tessuto malato
ha uno spessore della mucosa si circa 120 mm mentre quello sano è di circa 40 mm. La sottomucosa (che è il
tessuto che emette fortemente in fluorescenza) risulterà dunque più “vistosa” nelle zone sane: si otterrà
un’immagine in negativo del tumore.
Esiste la possibilità di filmare il segnale con due telecamere filtrate nel rosso e nel verde che,tramite un
software dedicato, ricostruiscono l’immagine del sito tumorale in falsi colori. Questa tecnica è utilizzata per
la diagnosi del tumore ai polmoni: tramite un broncoscopio si eseguono scansioni del sito da osservare prima
con luce bianca (broncoscopia tradizionale) e poi con la rilevazione della fluorescenza indotta da una
sorgente laser; il risultato combinato delle due tecniche produce una rilevazione del tumore nel 96% dei casi.
Da un punto di vista statistico il trattamento laser ha dato risultati positivi nel 93% dei casinella cura dei
carcinomi esofagei, il 97% in quelli del colon, il 94% in quelli tracheali e il 76% nei tumori bronchiali.
In questi tipi di tumore si è quindi riusciti ad effettuare la ricanalizzazione degli organi cavi con una grande
percentuale di successo.
Anche nel trattamento delle lesioni benigne e delle neoplasie superficiali l’utilizzo del laser (in questo caso
con la fotocoagulazione) ha raggiunto degli ottimi risultati: sono stati eradicati l’84% degli adenomi del
grosso intestino, il 90% dei carcinomi dello stomaco e il 70% di quelli del polmone.
Per quanto riguarda la diagnostica in fluorescenza si ha una sensibilità della broncoscopia del 96% (contro il
65% della broncoscopia a luce bianca) ma con una minore specificità (77% contro 91%).
Bibliografia
http://tesi.cab.unipd.it/63639/1/Tesi_L_Simonatto_Serena.pdf
https://home.infn.it/it/approfondimenti/esperimenti/1383-laser
https://www.amedeolucente.it/public/Laser-in-medicina.pdf
https://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=7530

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La storia del laser e la sua applicazione nel capo fisico

  • 1. LA STORIA DEL LASER E LA SUA APPLICAZIONE NEL CAPO FISICO/MEDICO Il laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation), è uno strumento di fondamentale importanza non solo nell’ambito fisico, ma anche in quello tecnologico Le sue molteplici applicazioni vanno dall’ottica alle lavorazioni industriali, dalle misure di precisione fino alle operazioni chirurgiche, etc. A differenza delle altre sorgenti di luce tradizionali, come ad esempio le normali lampade a incandescenza, il laser è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente (proprietà di un’onda elettromagnetica di mantenere una certa relazione di fase con se stessa durante la sua propagazione), monocromatica (proprietà di emissione di un unico “colore”), concentrata in un raggio rettilineo estremamente preciso e di breve durata temporale (decine di femtosecondi). L’intensità luminosa delle sorgenti laser (ovvero la possibilità di concentrare una grande potenza in un'area molto piccola) è molto maggiore di quella delle sorgenti tradizionali. Per poter capire al meglio la funzione del laser dobbiamo analizzare la sua storia. Il principio di funzionamento del laser si basa sul fenomeno dell’emissione stimolata: esso è un fenomeno quantistico per il quale la radiazione elettromagnetica, oltre che eccitare un sistema, può anche stimolarne la diseccitazione. Dal punto di vista sperimentale, la prima prova di emissione stimolata la si deve a Rudolf Ladenburg che dimostrò il fatto che l’indice di rifrazione del gas Neon diminuisce quando il gas viene eccitato da una scarica elettrica: egli chiamò questo fenomeno dispersione negativa (che successivamente diventerà emissione stimolata). L’esperimento consisteva in un interferometro, composto da un braccio contenente un tubo riempito di Neon a bassa pressione e un altro braccio contenente un tubo vuoto. Attraverso l’uso di una lampada a scarica,veniva emesso un fascio di luce bianca diviso in due da un beam splitter (un dispositivo ottico che divide un raggio di luce (beam) in due parti) ed immesso poi nei due tubi. Una volta che questi fascivenivano ricomposti, si andava ad analizzare la figura di interferenza. Da qui si trovò che, sia il livello di transizione più alto che quello più basso, erano occupati, perciò l’indice di rifrazione decresceva come predetto dalla teoria. Ladenburg spiegò che il segno meno (da cui il nome dispersione negativa) era dovuto alla forte correlazione presente tra il fenomeno della dispersione ordinaria e quella anomala; inoltre, inserì una nota dove si diceva che per poter osservare direttamente la dispersione negativa era necessario indurre un’inversione di popolazione (processo nel quale le molecole vengono preparate in modo tale da trovarsi in uno stesso stato eccitato anziché in quello fondamentale.) Valentin Fabrikant descrive la possibilità di usare le impurezze molecolari per creare un’inversione di popolazione in un gas sottoposto a scarica elettrica. La prima prova diretta di emissione stimolata la si deve a Edward Purcell e Robert Pound i quali, attraverso una serie di esperimenti con cristalli di fluoruro di litio (LiF) e usando la tecnica della radiazione magnetica nucleare, scoprirono che lo stato di spin del sistema poteva essere posto in uno stato di temperatura negativa: ciò significa che i livelli ad alta energia sono maggiormente riempiti rispetto a quelli più bassi. Il sistema, in questa configurazione, è caratterizzato dal fatto che quando gli si applica una radiazione dall’esterno esso emette fotoni; questa è l’emissione stimolata vista dai due fisici; In particolare essi misurarono una lunghezza d’onda per la radiazione emessa di 19.9 m corrispondente ad una frequenza di 50 kHz (appartenente alla regione delle radio onde). Nel 1916 Einstein pubblica un articolo dal titolo “On the quantum theory of radiation” il quale viene ormai considerato come il fondamento teorico del laser.
  • 2. In esso Einstein indaga in maniera approfondita i meccanismi di emissione e assorbimento di fotoni da parte della materia. Inoltre, nella dimostrazione della legge di Planck, introduce l’ipotesi dell’emissione stimolata. In particolare, se consideriamo le transizioni possibili tra due livelli atomici m ed n (con Em > En) abbiamo che la transizione 𝑛→𝑚 può avvenire solamente se un elettrone assorbe un fotone di energia pari alla differenza tra i due livelli: questo fenomeno è il cosiddetto assorbimento stimolato; la transizione contraria, ovvero 𝑚→𝑛,avviene attraverso l’emissione spontanea di un fotone. A questo punto Einstein ipotizza una terza possibilità, ovvero quella che un elettrone in m venga forzato a passare in n da un fotone di passaggio della giusta frequenza (secondo la semplice relazione scoperta da Planck Em − En = hν) e nel farlo emetta un altro fotone perfettamente in fase col primo. La probabilità che il fotone causi un’emissione stimolata (se l’elettrone è in m), è pari a quella che il fotone venga assorbito quando l’elettrone è in n: Einstein dimostrò questo assunto basandosi solamente sulla termodinamica. 𝑑𝑊= 𝐴𝑚𝑛𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑚→𝑛 𝑑𝑊= 𝐵𝑛𝑚𝜌𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑛→𝑚 𝑑𝑊= 𝐵𝑚𝑛𝜌𝑑𝑡 Probabilità della transizione 𝑚→𝑛 𝑖𝑛𝑑𝑜𝑡𝑡𝑎 (𝑒𝑚𝑖𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑙𝑎𝑡𝑎) il coefficiente 𝐴𝑚𝑛 riprende il fenomeno della dispersione ordinaria e il coefficiente 𝐵𝑚𝑛 quella anomala di Ladenburg; Questa teoria sui coefficienti di emissione ed assorbimento ha permesso ai fisici di costruire una teoria quantistica della rifrazione e della dispersione che permise di arrivare a risultati verificabili sperimentalmente. Per trattare dellaser bisogna prima introdurre il Maser I lavori di ricerca sullo sviluppo del Maser ebbero luogo solamente in USA e nell’ex Unione Sovietica per motivi bellici. In particolare fu in questo periodo che venne sviluppata e migliorata la tecnica radar. Studiare il radar equivaleva a fare ricerche nel campo delle microonde (lunghezze d’onda centimetriche). Questi studi svilupparono la spettroscopia molecolare con sorgenti a microonde con la quale si riuscì a capire il ruolo dell’emissione stimolata da cui poi partì successivamente l’elaborazione del Maser. Joseph Weber pensò ad un modo per poter amplificare la radiazione emessa dagli oscillatori. Consideriamo un sistema a due livelli di energia E1 ed E2 (con E2 > E1) popolati rispettivamente da n1 e n2 atomi. Investiamo il gas con della radiazione: la potenza assorbita sarà proporzionale a n1 mentre gli atomi del livello superiore emetteranno, per emissione stimolata, una potenza di emissione proporzionale a n2. La potenza netta non sarà altro che Passorbita – Pemessa = n1 – n2. Essa sarà positiva perché all’equilibrio termico n1 > n2 quindi in questa configurazione avrò assorbimento.
  • 3. A questo punto Weber pensò che passando in una condizione per cui n2 > n1 avremmo avuto un’amplificazione della radiazione emessa,anche se non riuscì a verificarlo sperimentalmente. Townes iniziò la sua carriera ailaboratori della Bell Telephone su un progetto basato nell’aumentare la frequenza di operazione dei radar a 24000 MHz con l’intento di migliorarne la precisione dei bombardamenti. Egli, però, scoprì che a tale frequenza un radar non poteva funzionare, poiché, nell’atmosfera, il vapore acqueo assorbe la radiazione proprio a quella frequenza. Così decise di cambiare punto di vista. L’idea di base era quella di considerare un sistema a due livelli di energia e fare in modo di selezionare le particelle per mandare da una parte solo quelle che si trovano nello stato ad energia più alta inducendo, così, l’emissione stimolata. Il progetto consisteva nell’usare un campo elettrico per separare le molecole nei due livelli e metterle a fuoco dentro una cavità risonante tarata alla giusta frequenza. Per generare il campo, egli utilizzò le cosiddette lenti elettriche. I lavori proseguirono senza particolari successiper due anni fino all’aprile del 1953 quando Gordon, durante un seminario del gruppo di spettroscopia, annunciò il funzionamento del dispositivo Il Maser ad ammoniaca di Townes aveva due pregi importanti: un rumore bassissimo e la forte coerenza dei fotoni emessi. Tuttavia, aveva anche il difetto che la frequenza di emissione della radiazione non poteva essere modificata e ciò lo rendeva utilizzabile solo nel campo della spettroscopia. Nicolaas Bloembergen, un fisico danese esperto nella fisica dei materiali paramagnetici, ebbe l’idea di usare l’effetto Zeeman (fenomeno che consiste nella separazione delle linee spettrali a causa dell’applicazione di un campo magnetico esterno che. interagendo con i momenti angolare e di spin degli elettroni, fa sì che ciascuna riga si scinda in più righe molto vicine) per scegliere i livelli tra i quali far avvenire la transizione, così da regolarne la frequenza di emissione. Per fare ciò era necessario usare tre livelli, non solo due come nel maser di Townes. L’idea di Bloembergen era la seguente: “considero tre livelli di energia E1 < E2 < E3 non equamente spaziati in modo che il livello 2 sia molto vicino al livello 3 ,investo l’atomo con della radiazione di frequenza pari alla differenza di energia tra il livello 3 e il livello 1 ,il cosiddetto campo di pompa, che induce la transizione tra questi livelli: poiché il livello 1 è più popolato del livello 3, il sistema assorbe energia e quest’ultimo livello viene popolato a spese del primo; il livello 2 non viene influenzato cosicché alla fine del processo ho che n3 > n2 : ciò fa sì che si abbia un’inversione di popolazione tra questi due livelli e quindi posso avere emissione stimolata alla frequenza f32 che corrispondente alla differenza di energia tra i livelli 3-2. Per poter fare ciò, però, ho bisogno di grandi differenze di energia tra i livelli, per questo motivo il sistema deve trovarsi a temperature molto basse.”
  • 4. Nel 1961 venne creato il primo Maser atomico, il cosiddetto Maser a Idrogeno, grazie agli sforzi di Daniel Kleppner e Mark Goldenberg del MIT di Boston. La peculiarità di questo tipo di Maser è quella di avere una frequenza di emissione molto precisa a 1420 MHz e questo lo rende un dispositivo ideale per poter essere utilizzato come orologio atomico. Un orologio atomico è un tipo di orologio in cui il tempo è dato dalla frequenza di risonanza di un atomo. Un orologio atomico è costituito, oltre che dalla cavità a microonde, anche da un oscillatore/trasmettitore radio sintonizzabile e da un sistema che regola la frequenza dell'oscillatore esattamente alla frequenza a cui si ha la risonanza. Il trasmettitore riempie la cavità con onde stazionarie; quando la frequenza coincide con la frequenza di risonanza del gas, gli elettroni degli atomi assorbono le onde radio e saltano al livello energetico superiore. Tornando al livello originario esse riemettono, sotto forma di luce, l'energia precedentemente assorbita. Se la frequenza di pompaggio si discosta dal valore di risonanza, l'intensità della luce prodotta diminuisce. Una fotocellula rileva quindi la variazione e un circuito corregge la frequenza nella direzione di riportare l'intensità luminosa al valore massimo. Tutti i Maser costruiti in seguito a quello di Townes lavoravano nel range delle onde centimetriche: si cominciò quindi a cercare diestenderlo alle regioni submillimetriche (infrarosso e ottico). Per ottenere un’emissione di radiazione nel visibile era necessaria una cavità risonante delle dimensioni del micron quindi impossibile da costruire in laboratorio: si pensò quindi di sostituirla con un interferometro Fabry-Pérot,un apparato formato da due specchi piani semitrasparenti posizionati parallelamente tra loro. Questo meccanismo permette alla radiazione di viaggiare continuamente avanti e indietro tra gli specchie, sfruttando l’interferenza, dà la possibilità di scegliere i modi di oscillazione e quindi le frequenze (dal momento che solo la radiazione che viaggia parallela agli specchi viene riflessa). Il primo a interessarsia questa possibilità fu Robert Dicke, un professore di Princeton diventato famoso nel 1953 per aver sviluppato il concetto di superradianza ovvero il meccanismo di amplificazione a cui si è ispirato Townes per il suo Maser. Il 26 agosto 1958 Townes e Schawlow inviarono un articolo alla prestigiosa rivista Physical. In questo articolo venivano esposti gli aspetti teorici da prendere in considerazione per la costruzione di un dispositivo maser operante nella regione dello spettro visibile da essi ribattezzato Maser Ottico. In particolare venivano discussi tre aspetti fondamentali: 1)La scelta della cavità e dei modi di oscillazione. Se si fosse usata una cavità metallica come quella del maser ad ammoniaca, si avrebbe avuto un solo modo di oscillazione per la radiazione all’interno e quindi una sola e determinata frequenza di emissione; se invece si usava una cavità “aperta” come quella che sfruttava il sistema Fabry-Pérot si potevano avere più modi di oscillazione, in particolare tutti quelli lungo l’asse degli specchi e da qui si poteva selezionare la frequenza di emissione anche nel range visibile. 2)Il guadagno del dispositivo Considerando un materiale con solo due livelli di energia possibili, la condizione per avere oscillazione prevede l’uguaglianza tra potenza prodotta per emissione stimolata e potenza assorbita dagli specchi: questa relazione determina la “soglia per l’oscillazione”. Una potenza generata appena superiore a questa soglia innesca il processo di emissione stimolata. Essi, mostrarono anche come la radiazione emessa fosse estremamente monocromatica con una larghezza di riga dell’ordine di un milionesimo della larghezza di riga a cui la sostanza avrebbe emesso spontaneamente. 3) La scelta del materiale attivo Townes e Schawlow pensarono di usare gas con atomi semplici invece di materiali solidi per la maggior semplicità nella costruzione dell’apparato.
  • 5. Da questo momento in poi si istituirono le basi per il laser moderno. Come abbiamo detto prima un laser, può essere descritto come un dispositivo in grado di produrre intensi fascidi radiazione, di frequenza ottica, coerenti e fortemente monocromatici. Tra le principali caratteristiche che ne hanno determinato il successo troviamo: 1. La coerenza,ovvero la capacità di dar luogo a fenomeni di interferenza; 2. La collimazione e la direzionalità del fascio; 3. L’elevata potenza di emissione su una banda strettissima di frequenze. I primi laser funzionavano emettendo fasciformati da una serie di brevi impulsi (i cosiddetti spike) della durata di pochi microsecondi. Il 1960 può essere considerato l’annata più proficua per la fisica del laser in quanto al primo laser di Maiman ne seguirono molti altri e molto diversi tra loro: laser a stato solido che usavano vari tipi di materiali attivi e i laser a gas che a tutt’oggi rimangono tra i più utilizzati nell’ambito della ricerca scientifica di base. Theodore cominciò ad interessarsiai Maser mentre lavorava alla Huges dove gli venne affidato il compito di costruire un Maser operante nella banda della radiazione X. Egli si appassionò talmente tanto a questo lavoro che decise di cercare di ampliarlo alla banda ottica. Come materiale attivo pensò di usare il rubino, costituito da ossido di alluminio e cromo, poiché gli ioni di quest’ultimo elemento hanno una serie di livelli di energia che cadono nel visibile e in particolare nel rosso (è da qui che deriva il suo caratteristico colore). Per pompare gli atomi dal livello fondamentale doveva essere usato un fascio di luce verde Egli usò una lampada flash impulsata allo xenon avvolta a elica attorno ad un cilindro di rubino rosso del diametro di 1 cm e della lunghezza di 2 cm, e pose il tutto all’interno di un secondo cilindro argentato per permettere alla bacchetta di assorbire il più possibile la luce emessa dalla lampada. La cavità risonante, invece, la ottenne lucidando le basi della bacchetta e rendendole una parallela all’altra; il flash era attivato mediante condensatori dal voltaggio di circa 1000 Volt. Nell’esperimento di Maiman l’energia scaricata dalla lampada era di poco inferiore al Joule e permise di vedere sullo schermo una macchia rossa del diametro di 1 cm e con una potenza di emissione di 10 kW. Quando l’eccitazione data dalla lampada a flash è sufficientemente intensa, la popolazione dello stato 2E aumenta rispetto a quella dello stato fondamentale; in questa situazione, alcuni dei fotoni di fluorescenza inizialmente emessi spontaneamente, venendo riflessi più volte dalle pareti riflettenti, stimolano gli atomi dello stato eccitato causando così un’amplificazione della radiazione. A causa delle proprietà selettive della cavità risonante, solo quella che viaggia avanti e indietro lungo l’asse della bacchetta viene amplificata. La conseguente emissione stimolata innesca l’azione laser che avviene solitamente sulla linea R1. La tecnologia laser si è molto evoluta dall’entrata in funzione del primo laser. Presso l’INFN sono in funzione laser di due tipi: laser atomici e laser ad elettroni liberi. Laser atomici: l’intensità della luce viene amplificata durante il ripetuto passaggio in un opportuno cristallo (mezzo attivo). Il “colore” della luce emessa in questo tipo di laser è legato alle caratteristiche fisiche del cristallo e non può essere modificato senza cambiare cristallo. Il laser Flame appartiene a questa categoria.
  • 6. Laser ad Elettroni Liberi o Fel (Free Electron Laser):sono i più recentie sono costituiti da un lungo magnete denominato “ondulatore” in cui viene iniettato un fascio di elettroni prodotto da un acceleratore di particelle. L’ondulatore è caratterizzato da un campo magnetico sinusoidale prodotto da una serie di piccoli magneti con polarità alternata. I Fel raggiungono lunghezze d’onda impossibili con altri tipi di laser. Il laser Sparc appartiene a questa categoria. Lo sviluppo di nuove configurazioni di Fel, ad esempio più compatti o con ondulatori di nuova concezione, è un obiettivo scientifico di rilevanza internazionale. Inoltre la possibilità di far collidere i fasci di elettroni di Sparc con i fasci di radiazione di Flame offre la possibilità di produrre raggi X mediante il meccanismo della diffusione all’indietro della radiazione da parte del fascio di elettroni. Tale meccanismo denominato “Thomson back scattering” produce radiazione di lunghezza d’onda molto più corta di quella incidente pur perdendo alcune delle caratteristiche del fascio laser, quali la coerenza. Anche questo tipo di sorgente di radiazione ha importanti applicazioni in particolare nella diagnostica medica (mammografia). La tecnica del laser a elettroni liberi viene utilizzata, in campo scientifico, per la mappatura delle proteine. Quanto meglio gli scienziati riescono a mappare la struttura delle proteine e il loro comportamento nelle cellule, tanto più si possono approssimare alla scoperta della cura per gravi malattie quali cancro e malaria. Un team di scienziati europei ha osservato la proteina di membrana in un tipo di batterio che vive lontano dalla luce del sole. Lo studio delle proteine di membrana è importante poiché esse trasportano sostanze attraverso la membrana cellulare, occupandosi così della comunicazione con l'ambiente che circonda la cellula e con le altre cellule. Durante gli esperimenti loro sono riusciti a creare un modello dell'aspetto di questa proteina. Successivamente essi faranno dei filmati da cui poter osservare le varie funzioni della proteina, ad esempio come essa si sposta durante la fotosintesi. In pratica hanno sviluppato un nuovo metodo per creare cristalli proteici incredibilmente piccoli. Inoltre hanno dimostrato che è possibile utilizzare cristalli molto piccoli per determinare la struttura di una proteina di membrana. Il professor Neutze ha deciso di provare a visualizzare piccoli campioni di proteine usando laser a elettroni liberi che emettono un'intensa radiazione a raggi X in impulsi estremamente brevi: più brevi del tempo impiegato dalla luce per percorrere una distanza pari allo spessore di un capello. Fondamentale è stata la scoperta che per mappare la proteina sono necessarie molte meno immagini di quanto si credeva in precedenza. Usando un laser a elettroni liberi è possibile produrre circa 60 immagini al secondo, e questo significa che il team aveva a disposizione oltre 365.000 immagini. Tuttavia, per creare un modello tridimensionale della proteina erano sufficienti solo 265 immagini.
  • 7. La diagnostica laser, argomento citato sopra, è utilizzata per l’individuazione di vari tipi di tumore con percentuali di successo sempre crescenti. Per capire come i laser siano utilizzati per diagnosticare patologie tumorali, bisogna prima approfondire il fenomeno che viene sfruttato a tal fine: la luminescenza dei tessuti biologici. Per luminescenza dei tessuti biologici si intende un processo mediante il quale si ha la luminescenza dei tessuti per un processo di assorbimento e remissione della luce incidente. Esistono svariati tipi di luminescenza (radioluminescenza, termoluminescenza, bioluminescenza) a seconda del tipo di energia assorbita dal mezzo materiale. Il meccanismo utilizzato dalla fisica sanitaria è l’assorbimento di radiazione coerente da parte dei tessuti e la riemissione in fluorescenza. Lo spettro della fluorescenza dei tessuti dipende dalla lunghezza d’onda della luce incidente e dalla risposta all’eccitazione di svariate molecole e proteine presenti nelle zone illuminate. La fluorescenza dei tessuti ha una bassa efficienza quantica, perciò per ottenere dei segnali utili da analizzare, si utilizzano dei fotomoltiplicatori. L’efficienza quantica della fluorescenza e della fosforescenza è in funzione della temperatura. Le tecniche diagnostiche utilizzate sono due: l’analisi dello spettro della fluorescenza e l’acquisizione dell’immagine della fluorescenza. Irradiando un campione di mucosa sana e uno di mucosa malata con una radiazione compresa tra 300 e 480 nm si ottengono risposte in fluorescenza differenti: il tessuto malato emette il 30 per cento di radiazione in più rispetto a quello sano nella regione spettrale compresa tra 480 e 600 nm e ha una forma spettrale differente nella zona intorno ai 635 nm. Tali rilevanti differenze permettono dunque una diagnosi precisa della patologia. Con questa tecnica si riescono a diagnosticare i tumori della laringe, dell’esofago e della vescica. Il limite di questa tecnica sta nel fatto che i dati sulla fluorescenza sono “puntuali” e non permettono di vedere la zona tumorale nella sua estensione (specie nei tumori estesi). Un’altra tecnica di acquisizione dei dati sulla fluorescenza è la “diagnostica endoscopica” che permette di ottenere immagini di ampie aree tumorali. Un esempio si ha nella diagnosi dei tumori tracheobronchiali: il tessuto viene irradiato con luce coerente e se ne osserva l’emissione in fluorescenza globale; il tessuto malato ha uno spessore della mucosa si circa 120 mm mentre quello sano è di circa 40 mm. La sottomucosa (che è il
  • 8. tessuto che emette fortemente in fluorescenza) risulterà dunque più “vistosa” nelle zone sane: si otterrà un’immagine in negativo del tumore. Esiste la possibilità di filmare il segnale con due telecamere filtrate nel rosso e nel verde che,tramite un software dedicato, ricostruiscono l’immagine del sito tumorale in falsi colori. Questa tecnica è utilizzata per la diagnosi del tumore ai polmoni: tramite un broncoscopio si eseguono scansioni del sito da osservare prima con luce bianca (broncoscopia tradizionale) e poi con la rilevazione della fluorescenza indotta da una sorgente laser; il risultato combinato delle due tecniche produce una rilevazione del tumore nel 96% dei casi. Da un punto di vista statistico il trattamento laser ha dato risultati positivi nel 93% dei casinella cura dei carcinomi esofagei, il 97% in quelli del colon, il 94% in quelli tracheali e il 76% nei tumori bronchiali. In questi tipi di tumore si è quindi riusciti ad effettuare la ricanalizzazione degli organi cavi con una grande percentuale di successo. Anche nel trattamento delle lesioni benigne e delle neoplasie superficiali l’utilizzo del laser (in questo caso con la fotocoagulazione) ha raggiunto degli ottimi risultati: sono stati eradicati l’84% degli adenomi del grosso intestino, il 90% dei carcinomi dello stomaco e il 70% di quelli del polmone. Per quanto riguarda la diagnostica in fluorescenza si ha una sensibilità della broncoscopia del 96% (contro il 65% della broncoscopia a luce bianca) ma con una minore specificità (77% contro 91%). Bibliografia http://tesi.cab.unipd.it/63639/1/Tesi_L_Simonatto_Serena.pdf https://home.infn.it/it/approfondimenti/esperimenti/1383-laser https://www.amedeolucente.it/public/Laser-in-medicina.pdf https://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=7530