1. Il corpo nero: l’origine dei quanti
Fenomenologia e teoria.
Durante gli ultimi anni del XIX secolo, la fisica classica non era in grado di spiegare un particolare
fenomeno fisico: il corpo nero, con la spiegazione di questo fenomeno ha inizio la fisica quantistica.
Il corpo nero, per definizione, è un corpo capace di assorbire tutte le radiazioni
elettromagnetiche che lo investono. Un corpo con questa caratteristica in natura non
esiste, ma, si può considerare come tale una cavità di forma sferica dotata di un
piccolo foro, tale foro permette l’ingresso di una radiazione elettromagnetica che, a
contatto con le pareti della sfera, verrà in parte assorbita e in parte riflessa
continuamente.
Questa sfera, inoltre, deve essere fredda, in quanto a temperature diverse dello zero
assoluto (zero Kelvin) ogni corpo emette radiazioni elettromagnetiche. La
temperatura del corpo caratterizza l’intensità della radiazione e la sua lunghezza d’onda. Ogni corpo
è caratterizzato da due coefficienti detti coefficiente di emissione e coefficiente di assorbimento.
Ad una data temperatura, indicando con I0 l’intensità della radiazione emessa da un corpo nero, e con
I l’intensità della radiazione emessa da un corpo non nero; il rapporto tra le due grandezze prende il
nome di coefficiente di emissione:
ⅇ =
𝐼
𝐼0
Dato che ogni corpo emette radiazioni di intensità minore rispetto a quella emessa da un corpo nero
alla stessa temperatura, il valore di e sarà compreso tra 0 e 1
Il coefficiente di assorbimento è definito come il rapporto tra l’intensità della radiazione assorbita I e
l’intensità della radiazione incidente I0 sul corpo quando questo è freddo:
𝑎 =
𝐼
𝐼0
Dato che la radiazione assorbita è sempre minore rispetto a quella incidente, dato che parte della
radiazione viene riflessa, anche il valore di a sarà compreso tra 0 e 1
Per uno stesso corpo questi due coefficienti assumono lo stesso valore, in particolare per un corpo
nero, questi valori sono uguali al valore massimo 1.
Se consideriamo una sfera cava provvista di un foro di piccole dimensioni
e la portiamo ad una temperatura T costante, essa emetterà radiazioni
elettromagnetiche, raffreddandosi, e le riassorbirà, riscaldandosi,
mantenendo l’equilibrio termodinamico. Misurando l’intensità della
radiazione emessa e la lunghezza d’onda corrispondente, si ottiene un
grafico “a campana” in funzione della temperatura a cui viene portato il
corpo. Dall’osservazione di questi risultati sperimentali, vengono ricavate
2 leggi: la legge di Stefan-Boltzmann e la legge di Wien.
La prima risalente al 1879, afferma che l’intensità complessiva su tutte le lunghezze d’onda emessa
da un corpo nero è data dal prodotto tra la quarta potenza della
temperatura per un valore costante:
𝐼 = 𝜎𝑇4
Dove la costante 𝜎 prende il nome di Costante di Stefan-Boltzmann ed
ha valore uguale a 5,67 ⋅ 10−8
⋅
𝑤
𝑚2 𝐾4
La seconda risalente al 1893, afferma che la lunghezza d’onda in
corrispondenza del massimo dell’intensità della radiazione e la
temperatura a cui viene portato il corpo nero, sono inversamente
proporzionali, il loro prodotto dunque è costante:
𝜆 𝑚𝑎𝑥 ⋅ 𝑇 = 2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾
2. Questi risultati sperimentali sono in contraddizione con la teoria formulata da Rayleigh e Jeans che
prevedeva, invece, un approccio classico per tale fenomeno. In particolare, la curva di Rayleigh-Jeans
è espressa come:
𝑦 = 8𝜋
𝑘 𝐵 𝑇
𝜆4
Dove 𝑘 𝐵 rappresenta la costante di Boltzmann ed ha valore uguale 1,38 ⋅ 10−23 𝐽
𝑘
. Il grafico di questa
curva, considerata in un intervallo che va da 0 a +∞, presenta un comportamento asintotico per
lunghezze d’onda che tendono a 0 (asindoto verticale) e
per lunghezze d’onda che tendono a +∞ (asindoto
orizzontale). La curva risultante è in forte disaccordo
con i dati sperimentali. Il problema sorge dalla
temperatura media che viene associata ad ogni
oscillatore presente all’interno del corpo nero, ad
esempio una cavità. Secondo la fisica classica infatti,
l’energia media associata ad ogni onda presente
all’interno della cavità è dell’ordine di 𝑘 𝐵 ⋅ 𝑇 e data la
quantità infinita di onde che si generano all’interno del
corpo nero, porterebbe a pensare che vi sia all’interno
un energia infinita che comporta anche un intensità di
radiazione infinita qualora la cavità avesse un foro. A
prova di ciò, l’area compresa sotto la curva di Rayleigh-
Jeans risulta essere infinita se si calcola utilizzando l’integrale impropio. Questa contraddizione
prende il nome di “Catastrofe Ultravioletta”.
Sarà poi Planck a risolvere questo problema nel 1900 con la sua ipotesi dei quanti. Egli ipotizza che
lo scambio di energia tra un’onda elettromagnetica e la parete di una cavità non avvenga, come
prevede l’ipotesi classica, in modo continuo, bensì per grandezze quantizzate:
𝐸̅ = 𝑘 ⋅ 𝛥𝐸
Dove 𝑘 assume valori interi (0,1,2,…) e 𝛥𝐸 è una quantità fondamentale chiamata quanto.
I dati sperimentali prevedono che per lunghezze d’onda grandi l’energia media deve essere
nell’ordine di 𝑘 𝐵 ⋅ 𝑇 come verificato da Rayleigh e Jeans, mentre deve essere molto minore di 𝑘 𝐵 ⋅ 𝑇
per piccole lunghezze d’onda. Il valore del quanto dunque doveva dipendere dalla lunghezza d’onda.
Date queste osservazioni, Planck ipotizza che il valore del quanto sia direttamente proporzionale al
valore della frequenza moltiplicato per una costante h detta costante di Planck il cui valore è di circa
6,626 ⋅ 10−34
𝐽 ⋅ 𝑠:
𝛥𝐸 = ℎ ⋅ 𝑓
applicando queste osservazioni, Planck trovo che l’energia media di un onda di frequenza f è data da:
𝐸̅(𝑓) =
ℎ ⋅ 𝑓
ⅇ
ℎ𝑓
𝑘 𝐵⋅𝑇 − 1
Ottenendo risultati in linea con quanto trovato sperimentalmente.
Per frequenze tendenti a zero si hanno alte lunghezze d’onda in linea con l’ipotesi classica:
𝑙𝑖𝑚
𝑓→0
ℎ ⋅ 𝑓
ⅇ
ℎ𝑓
𝑘 𝐵⋅𝑇 − 1
= 𝑓. 𝑖. [
0
0
] =
𝑓′(𝑥)
𝑔′(𝑥)
=
ℎ
ⅇ
ℎ⋅𝑓
𝑘 𝐵⋅𝑇 ⋅
ℎ
𝑘 𝐵 ⋅ 𝑇
= 𝑘 𝐵 ⋅ 𝑇
Per frequenze tendenti a più infinito si hanno basse lunghezze d’onda in linea con i dati sperimentali:
𝑙𝑖𝑚
𝑓→+∞
ℎ ⋅ 𝑓
ⅇ
ℎ⋅𝑓
𝑘𝐵⋅𝑇 − 1
= 𝑓. 𝑖. [
∞
∞
] 𝑝ⅇ𝑟 𝑙𝑎 𝑔ⅇ𝑟𝑎𝑟𝑐ℎ𝑖𝑎 𝑑ⅇ𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑖 = 0
3. Planck risolse la catastrofe ultravioletta dimostrando che l’andamento dell’intensità in funzione della
lunghezza d’onda è dato da:
𝐼(𝜆) =
2𝜋ℎ𝑐2
𝜆5
⋅
1
ⅇ
ℎ𝑐
𝜆𝑘 𝐵 𝑇 − 1
In funzione della frequenza:
𝐼(𝑓)
2𝜋ℎ𝑓3
𝑐2
⋅
1
ⅇ
ℎ𝑓
𝑘 𝐵 𝑇 − 1
Osservata qualitativamente infatti, assume la stessa forma a campana che assumono le misure
sperimentali.
Applicazioni.
Il modello di corpo nero inteso come corpo in equilibrio termodinamico risulta utile nella misurazione
delle temperatura superficiale delle stelle.
Le stelle infatti possono essere considerate come dei
corpi neri applicando determinate approssimazioni.
Una stella non è un corpo nero ideale in quanto
manca un equilibrio termodinamico, ma, se la
dividiamo in una serie di gusci, ognuno di essi con
una temperatura costante, possiamo dire che ogni
guscio si trova in equilibrio termico, in quanto
assorbono energia dallo strato a loro più interno
quanta ne emettono allo strato a loro più esterno. Lo
strato più esterno della stella, la fotosfera, emette
radiazioni direttamente nello spazio. L’energia che rilascia è la stessa che viene prodotta nel centro
dalle reazioni nucleari. Data la natura di corpo nero delle stelle, è possibile utilizzare la legge di Wien
per ricavare la temperatura dello strato superficiale di una stella conoscendone la lunghezza d’onda
massima. Ad esempio, considerando il Sole, esso ha un massimo di emissione intorno ai 500nm, avrà
la temperatura superficiale di circa:
𝜆 ⋅ 𝑇 = 2,89 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾 → 𝑇 =
2,89 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾
5 ⋅ 10−7 𝑚
= 0,578 ⋅ 104
𝐾 = 5780𝐾
Questo risultato non si distacca molto dal reale valore della temperatura solare di 5778 K
4. Esercizi.
1) Una stella, approssimata con un corpo nero, ha il massimo di emissione per λmax = 600 nm.
Se la potenza totale emessa è P = 5.1030
𝑊 determinare la temperatura della superficie della
stella e il raggio della stella.
Svolgimento:
Dalla legge di Wein, sappiamo che il prodotto tra la temperatura di un corpo nero e la sua lunghezza
d’onda massima è costante, ed è uguale a 2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾.
𝜆 𝑚𝑎𝑥 ⋅ 𝑇 = 2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾 → 𝑇 =
2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾
6 ⋅ 10−7 𝑚
= 4830 𝐾
L’intensità della radiazione è data dal rapporto tra la potenza emessa dal corpo e la superficie del
corpo stesso 𝐼 =
𝑃
𝐴
, possiamo ricavare il valore dell’intensità utilizzando la legge di Stefan-Boltzmann
𝐼 = 𝜎𝑇4
= 5,67 ⋅ 10−8
𝑊
𝑚2 𝐾4
⋅ (4830𝐾)4
= 3,09 ⋅ 107
𝑊𝑚−2
→ 𝐴 =
5 ⋅ 1030
𝑊
3,09 ⋅ 107 𝑊𝑚−2
= 1,6 ⋅ 1023
𝑚2
= 4𝜋𝑟2
→ 𝑟 = √
1, 6.1023 𝑚2
4𝜋
= 1,1 ⋅ 1011
𝑚
2) Determinare la lunghezza d’onda principale e la frequenza dell'onda elettromagnetica emessa
da un corpo umano che si trova alla temperatura di 37°C.
Svolgimento:
Analogamente alle stelle, il corpo umano può essere considerato, con buona approssimazione, un
corpo nero, in quanto anche esso mantiene in equilibrio la sua temperatura emettendo radiazioni. Per
la legge di Wien sappiamo che il prodotto tra la lunghezza d’onda massima e la temperatura del corpo
è costante:
𝜆 𝑚𝑎𝑥 ⋅ 𝑇 = 2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾
Dove T covertito in gradi Kelvin è uguale a:
𝑇 = 37 + 273 = 310 𝐾
Quindi la lunghezza d’onda massima sarà:
𝜆 𝑚𝑎𝑥 =
2,898 ⋅ 10−3
𝑚 ⋅ 𝐾
310 𝐾
= 9,3 ⋅ 10−6
𝑚
La frequenza quindi sarà:
𝑓 =
𝑐
𝜆
=
3 ⋅ 108
𝑚 ⋅ 𝑠
9,3 ⋅ 10−6 𝑚
= 3,2 ⋅ 1013
𝐻𝑧
Che corrisponde a una frequenza del campo dell’infrarosso, il corpo umano,
infatti, emette continuamente radiazioni infrarosse, che possono essere osservate
utilizzando telecamere ad infrarossi.
5. Strumenti matematici.
La legge di Stefan-Blotzmann afferma che l’intensità complessiva su tutte le lunghezze d’onda
emesse da un corpo nero, dipende direttamente dalla temperatura del corpo, in particolare, è possibile
dimostrare che:
∫
2𝜋ℎ𝑓3
𝑐2
⋅
1
ⅇ
ℎ𝑓
𝑘 𝐵 𝑇 − 1
𝑑𝑓
+∞
0
= 𝜎𝑇4
Definendo la variabile 𝑡 =
ℎ𝑓
𝑘 𝐵 𝑇
, si ha che 𝑓 =
𝑘 𝐵 𝑇
ℎ
𝑡 e 𝑑𝑓 =
𝑘 𝐵 𝑇
ℎ
:
∫
2𝜋ℎ𝑓3
𝑐2
⋅
1
ⅇ
ℎ𝑓
𝑘 𝐵 𝑇 − 1
𝑑𝑓
+∞
0
→
2𝜋ℎ
𝑐2
∫
(
𝑘 𝐵 𝑇
ℎ
𝑡)
3
ⅇ 𝑡 − 1
(
𝑘 𝐵 𝑇
ℎ
𝑑𝑡) =
+∞
0
2𝜋𝑘 𝐵
4
𝑇4
𝑐2ℎ3
∫
𝑡3
ⅇ 𝑡 − 1
𝑑𝑡
+∞
0
Per risolvere l’integrale sono necessarie delle osservazioni: per t=0 la funzione non esiste mentre non
è chiaro il valore che deve assumere tmax per poter mimare il comportamento tmax→ +∞. Per il primo
punto è possibile assegnare alla funzione un valore nullo nell’origine per t→ 0+
. Per il secondo punto
è necessario effettuare un cambio di variabile in modo da ridurre il dominio di integrazione da
t∈(0;+∞) a s∈(0;1). Tale sostituzione è:
𝑠 =
𝑡
𝑡 + 1
→ 𝑡 =
𝑠
1 − 𝑠
, 𝑑𝑡 =
𝑑𝑠
(1 − 𝑠)2
→ ∫
(
𝑠
1 − 𝑠
)
ⅇ
𝑠
1−𝑠 − 1
3
𝑑𝑠
(1 − 𝑠)2
1
0
= ∫
𝑠3
(1 − 𝑠)5 (ⅇ
𝑠
1−𝑠 − 1)
𝑑𝑠
1
0
Il valore dell’integrale calcolato utilizzando il metodo dei trapezi suddividendo l’intervallo [0;1] in
1600 parti, risultata essere 6,49393940226683 che è corretto fino alla quindicesima cifra significativa
rispetto al valore esatto
𝜋4
15
2𝜋𝑘 𝐵
4
𝑇4
𝑐2ℎ3 ⋅
𝜋4
15
=
2𝜋5 𝑘 𝐵
4
15𝑐2ℎ3 𝑇4
, il valore costante
2𝜋5 𝑘 𝐵
4
15𝑐2ℎ3 è proprio la costante di Stefan-Boltzmann
σ=5,67 ⋅ 10−8
⋅
𝑤
𝑚2 𝐾4
Dal punto di vista matematico, il metodo dei trapezi permette di calcolare
il valore numerico di un integrale di cui è impossibile individuare la
primitiva elementare. Consiste nel suddividere la regione della funzione
da calcolare in n parti uguali individuando con l’asse x n trapezi di altezza
𝛥𝑥 =
𝑏−𝑎
𝑛
e basi uguali al valore che la funzione assume nei vari punti
(x0, x1,x2…xn). L’area del singolo trapezio sarà uguale a
1
2
𝛥𝑥[𝑓(𝑥𝑖−1) + 𝑓(𝑥𝑖)] dove 𝑥𝑖 = 𝑎 + 𝑖𝛥𝑥.
La somma di tutti i trapezi sarà:
∫ 𝑓(𝑥) 𝑑𝑥
𝑏
𝑎
≈
1
2
𝛥𝑥 ⋅ [𝑓(𝑥0) + 2𝑓(𝑥1) + 2𝑓(𝑥2) + ⋯ + 2𝑓(𝑥 𝑛−1) + 𝑓(𝑥 𝑛)]
Sitografia e bibliografia
andreaminini.org; amslaurea.unibo.it; wikipedia.org; chimica-online.it; danielegasparri.com
unifi.iy; Sasso L., LA matematica a colori edizione blu 5, Novara, De Agostini Scuola SpA, 2016;
Caforio A., Ferilli A., FISICA! Pensare l’Universo edizione LAB 5, Milano, Mondadori Education
S.p.A. 2015