2. ONDA O CORPUSCOLO?
Il modello corpuscolare considera la
luce come un insieme di particelle
fisiche dette FOTONI
Il modello ondulatorio considera la luce
come un’onda
Le particelle godono delle seguenti proprietà:
- Sono piccole da rendere impossibile le
interazioni reciproche
- Si muovono in piccoli fasci chiamati
raggi, seguendo traiettorie rettilinee;
- Obbediscono alle leggi della
meccanica e ai principi di
conservazione dell’energia e della
quantità di moto
- Gli urti tra i fotoni e uno specchio sono
urti perfettamente elastici
- La luce è un’onda trasversale con fronti d’onda sferici.
- A differenza delle onde meccaniche, la luce si propaga
anche nello spazio vuoto.
- La velocità della luce nel vuoto è
c = 300000 km/s =
m
s
3×108
In origine, però, poiché non si riusciva ad accettare l’idea che
non fosse necessario un mezzo materiale per la propagazione
della luce, fu reintrodotto da Huygens un particolare mezzo di
propagazione costituito da una sostanza impalpabile, l’etere.
La difficoltà a risolvere questa questione e l’indiscussa autorità
accademica di Newton decretarono inizialmente il successo
della teoria corpuscolare.
3. La teoria corpuscolare della luce
Formulata da Isaac Newton nel XVII secolo. La luce
veniva vista come composta da piccole particelle di
materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Oltre
che essere matematicamente molto semplice questa
teoria spiegava molto facilmente alcune caratteristiche
della propagazione della luce che erano ben note
all'epoca di Newton.
Innanzitutto la meccanica galileiana prevede,
correttamente, che le particelle (inclusi i corpuscoli di
luce) si propaghino in linea retta ed il fatto che questi
fossero previsti essere molto leggeri era coerente con
una velocità della luce alta ma non infinita.
I colori dell'arcobaleno venivano spiegati tramite
l'introduzione di un gran numero di corpuscoli di luce
diversi (uno per ogni colore) ed il bianco era pensato
come formato da tante di queste particelle. La
separazione dei colori ad opera, ad esempio, di un
prisma poneva qualche problema teorico in più perché
le particelle di luce dovrebbero avere proprietà
identiche nel vuoto ma diverse all'interno della materia.
4. La teoria ondulatoria della luce
La teoria ondulatoria di Huygens (1678) stabilisce un’analogia tra
la propagazione della luce e il moto di un’onda sulla superficie
dell’acqua o quello delle onde sonore nell’aria.
Nel suo trattato sulla luce, Huygens scrisse:
“ Se oltre ciò, il passaggio della luce richiede tempo, il che non
tarderemo a vedere, ne conseguirà che questo movimento
impresso alla materia interposta sarà progressivo e pertanto si
propagherà, come fa il suono, per superfici sferiche e per onde;
poiché le chiamo onde per la loro somiglianza con quelle che
vediamo formarsi nell’acqua allorché vi si getta un sasso e la
cui propagazione si effettua in circoli successivi, sebbene queste
ultime traggano origine da un’altra causa e si estendano
soltanto su di una superficie piana.”
Venne formulata da Christiaan Huygens nel 1678. La
luce veniva vista come un'onda che si propaga,
analogamente alle onde del mare o a quelle acustiche,
in un mezzo, chiamato etere.
L'etere si supponeva pervadere tutto l'universo ed
essere formato da microscopiche particelle elastiche. La
teoria ondulatoria della luce permetteva di spiegare,
anche se in maniera matematicamente complessa, un
gran numero di fenomeni, oltre alla riflessione ed alla
rifrazione.
5.
6. Nel 1801 Thomas Young dimostrò come i
fenomeni della diffrazione e dell'interferenza
fossero interamente spiegabili dalla teoria
ondulatoria e non lo fossero dalla teoria
corpuscolare.
7.
8. DUALISMO ONDA - CORPUSCOLO
1801 – Thomas Young
Esperimento della doppia
fenditura – fenomeni di
diffrazione e interferenza
– natura ondulatoria
La luce evidenzia in alcuni fenomeni un comportamento
corpuscolare e in altri un comportamento ondulatorio.
1905 – Albert Einstein
Effetto fotoelettrico –
NOBEL – un fascio di
luce che incide su un
metallo è in grado di
provocare l’emissione di
elettroni – la luce
costituita da fotoni –
natura corpuscolare
10. PERCHE’ VEDIAMO GLI OGGETTI?
Noi possiamo vedere gli oggetti perché essi emettono raggi luminosi che sono catturati
dal nostro occhio, che li convoglia al nervo ottico, il quale a sua volta trasmette al
cervello le sensazioni luminose sotto forma di impulsi elettrici. I nostri occhi possono
vedere un oggetto quando ricevono da esso una quantità di luce sufficiente a
distinguerne la forma e i colori.
11. LA VELOCITA’ DELLA LUCE
La velocità della luce nel vuoto è una costante, indicata con la lettera c, è:
m
s
m
c = 299.792.458 » 300.000.000 = 3×108
s
m
s
La velocità della luce è una velocità limite: nessun corpo o segnale può viaggiare a una
velocità superiore alla velocità della luce.
La velocità della luce è anche indipendente dal sistema di riferimento. La costanza
della velocità della luce è uno dei postulati della teoria della relatività di Einstein.
12. LA VELOCITA’ DELLA LUCE E L’INDICE DI RIFRAZIONE
La velocità della luce, massima nel vuoto, risulta invece
leggermente minore nell’aria e sensibilmente minore nei
corpi trasparenti.
J. Leon Foucault (1819 – 1868) verificò che la velocità della
luce v in un mezzo materiale è data dal rapporto tra la
velocità della luce nel vuoto c e un valore numerico n, detto
indice di rifrazione, caratteristico del particolare mezzo
materiale considerato.
c
n
v =
(1819 – 1868)
13. n è un numero puro, adimensionale
n > 1 per cui v < c
14. LA RIFLESSIONE DELLA LUCE
Consideriamo la luce come composta da sottili raggi che si propagano in linea retta. Un
insieme di raggi di luce costituisce un fascio di luce.
Se inviamo un raggio di luce su una superficie metallica piana e liscia, ovvero su uno
specchio, il raggio di luce viene riflesso e cambia direzione.
Leggi della riflessione:
1. Il raggio incidente, il raggio riflesso e
la normale alla superficie riflettente
giacciono sullo stesso piano.
2. L’angolo che il raggio incidente forma
con la normale nel punto di incidenza è
uguale all’angolo che il raggio riflesso
forma con essa.
15. CREAZIONE DELLE IMMAGINI
A seconda del tipo di superficie riflettente, l’immagine può risultare:
· diritta o capovolta;
· reale o virtuale;
· ingrandita, rimpicciolita o invariata rispetto alla sorgente.
L’immagine è reale se i raggi che colpiscono l’occhio di un osservatore passano per il
punto immagine P’.
L’immagine sarà virtuale se i raggi che colpiscono l’occhio di un osservatore NON
passano per il punto immagine P’, ma esso risulta invece essere il punto di intersezione
del prolungamento dei raggi riflessi.
16. SPECCHIO PIANO
Lo specchio piano fornisce un’immagine diritta e delle stesse
dimensioni della sorgente, ma virtuale.
L’immagine si crea su un piano perpendicolare alla superficie
dello specchio, in una posizione simmetrica al di là dello
specchio.
L’immagine è virtuale in
quanto i raggi luminosi che colpiscono l’occhio
dell’osservatore non partono dal punto immagine. Il
punto immagine è cioè il punto di intersezione del
prolungamento dei raggi riflessi. L’occhio
dell’osservatore percepisce un’immagine che appare
provenire da punti oltre lo specchio, nei quali però la
luce in realtà non arriva.
17. LA DIFFUSIONE DELLA LUCE
Quando la superficie riflettente non è perfettamente liscia, ma presenta delle asperità, si
verifica il fenomeno della diffusione della luce. Ciascun raggio riflesso rispetta le leggi
della riflessione, ma poiché le diverse porzioni di superficie hanno diverse inclinazioni, i
raggi riflessi hanno direzioni che variano disordinatamente.
18. L’atmosfera terrestre funge da diffusore di luce, illuminando zone della Terra che, in
assenza di questo fenomeno, rimarrebbero in ombra.
L’atmosfera terrestre è composta essenzialmente dai gas di azoto ed ossigeno in percentuali rispettivamente
del 78% e del 21%. Il restante 1% e’ composto da argon, acqua (nelle varie forme: gassosa (vapore), liquida
(goccioline) e solida (cristalli)) e - negli stati più bassi dell’atmosfera -da polveri, ceneri e sali. La luce emessa
dal Sole interagendo con i componenti della atmosfera può essere assorbita o diffusa. La diffusione della luce
sui vari elementi presenti nei differenti strati dell’atmosfera, dipende sia dalle dimensioni dell’oggetto colpito
che dalla lunghezza d’onda della luce medesima. Le particelle solide e le gocce d’acqua hanno dimensioni
maggiori della lunghezza d’onda della luce e quindi la riflettono in tutte le direzioni (indipendentemente dalla
lunghezza d’onda). La luce bianca del Sole, in questo caso, è diffusa senza essere scomposta. Le molecole dei
gas (azoto e ossigeno), hanno dimensioni confrontabili con quelle delle
lunghezze d’onda della luce. In questo caso la diffusione della luce è
fortemente dipendente della sua lunghezza d’onda. E’ sempre il
processo di diffusione che spiega anche perché, al tramonto, l’orizzonte
si colora di rosso. Al tramonto i raggi solari sono radenti gli strati
dell’atmosfera. La luce blu viene diffusa dai gas presenti negli strati più
alti. La luce radente attraversa un grande spessore di atmosfera e solo la
luce rossa penetra fino a raggiungere gli stati dove viene parzialmente
diffusa dalle particelle solide presenti a queste altezze colorando quindi il cielo e le nubi, nella direzione del
Sole, di arancio, rosso e talvolta viola. Anche il Sole appare rosso e non più giallo poiché appunto solo la luce
rossa riesce a penetrare e raggiungere il nostro occhio.
19. GLI SPECCHI CURVI
Gli specchi curvi possono essere parabolici o sferici. Sono caratterizzati da:
· asse ottico (asse di simmetria dello specchio)
· un punto dell’asse ottico detto fuoco
· un centro di curvatura
· un vertice
Proprietà:
· i raggi luminosi che provengono da una sorgente
posta nel fuoco sono riflessi parallelamente all’asse ottico
· i raggi paralleli all’asse ottico vengono riflessi nel fuoco o in raggi i cui
prolungamenti passano per il fuoco
20. IMMAGINI IN SPECCHI CONCAVI
1.La sorgente si trova oltre il centro di curvatura C: l’immagine è reale, capovolta e
rimpicciolita;
2.La sorgente si trova tra il centro C e il fuoco F: l’immagine è reale, capovolta e
ingrandita;
3.La sorgente si trova tra il vertice V e il fuoco F: l’immagine è virtuale, diritta e
ingrandita.
21. LA RIFRAZIONE DELLA LUCE
La luce è in grado di propagarsi attraverso alcuni mezzi
materiali trasparenti, acqua, vetro, plexiglas, etc…
Consideriamo un raggio di luce che attraversa due
diversi mezzi di propagazione con diverso indice di
rifrazione. In corrispondenza della superficie di
separazione, il raggio viene
in parte riflesso e in parte
rifratto, ossia trasmesso nel
secondo mezzo materiale.
Per questo motivo ci sembrerà di vedere una matita
spezzata se la poniamo all’interno dell’acqua.
22. Prima legge della rifrazione:
Il raggio incidente, quello riflesso e quello rifratto giacciono sullo stesso piano della
retta perpendicolare nel punto di incidenza alla superficie di separazione dei due
mezzi.
Seconda legge della rifrazione (LEGGE DI SNELL)
Il rapporto tra i segmenti PH e KM è costante per qualunque angolo di incidenza ed è
uguale al rapporto tra l’indice di rifrazione del secondo mezzo e quello del primo
mezzo:
v
1
2
PH = 2
= =
n
1
sin
sin
v
i
r
n
KM
23. L’indice di rifrazione misura di quanto devia il raggio rifratto rispetto alla direzione
di provenienza del raggio incidente.
· Nel passaggio da un mezzo meno rifrangente ad un mezzo
più rifrangente si ha che n1 < n2 ⇒sin r < sin i
pertanto il raggio rifratto si avvicina alla normale.
· Nel passaggio da un mezzo più rifrangente ad un mezzo
meno rifrangente si ha che n1 > n2 ⇒sin r > sin i
pertanto il raggio rifratto si allontana dalla normale.
24.
25. LA RIFLESSIONE TOTALE
Consideriamo un raggio luminoso che
parte da un mezzo otticamente più denso,
per cui più rifrangente. Per quanto detto
sopra, si ha che
n1 > n2 ⇒sin r > sin i
pertanto il
raggio rifratto si allontana dalla normale.
Aumentando l’angolo di incidenza, l’angolo di rifrazione si allontanerà sempre più dalla
normale, fino a giungere ad un angolo limite per il quale l’angolo di rifrazione sarà
uguale a 90°. Per angoli di incidenza maggiori dell’angolo limite, non si verificherà più
il fenomeno della rifrazione, ma si presenterà una riflessione totale del raggio di luce.
L’angolo limite si determina a partire dalla legge di Snell:
1
n
n
= 2 = ⇒ l = =
n
sin
sin
1
n
n
sin i
sin r
2
1
1
l
26. APPLICAZIONI DELLA RIFLESSIONE TOTALE
Prismi totalmente riflettenti
Usando un prisma la cui sezione è un triangolo rettangolo
isoscele, è possibile deviare la luce di 90° o di 180°. Se il
raggio incide perpendicolarmente alla superficie di
separazione tra vetro e aria, esso attraverserà la superficie
senza subire deviazioni, viene dunque riflesso dalla faccia
interna del prisma con un angolo di 45°. L’angolo limite del
vetro è circa 43°, pertanto l’angolo di 45° supera l’angolo limite e il raggio all’interno
del prisma viene totalmente riflesso.
27. Fibre ottiche (anni ’70)
Una fibra ottica è costituita da un lungo cilindro interno di materiale trasparente, detto
core, ricoperto esternamente da un rivestimento, il
cladding, costituito di materiale opaco. Il cladding ha
indice di rifrazione minore di quello del core,
pertanto se il raggio entra nel core con un angolo
superiore all’angolo limite, esso si propagherà
mediante una serie di riflessioni totali sulla superficie di separazione dei due mezzi.
Vantaggi: costi bassi, comunicazioni prive di interferenza, comunicazioni ad alta
velocità.
Applicazioni: medicina, astronomia, telecomunicazioni, arredamento.
28. MIRAGGIO INFERIORE
Si ha un miraggio inferiore se gli strati di
aria più prossimi al suolo sono molto più
caldi (e quindi meno densi) rispetto agli
strati superiori. In tal caso si ha che l'indice
di rifrazione dell'aria calda è minore di
quello dell'aria fredda e perciò se
consideriamo un raggio proveniente da
oggetti relativamente lontani (che quindi
formano un angolo con la normale superiore
all'angolo critico) questo raggio viene
riflesso totalmente verso l'osservatore che
può quindi osservare una immagine capovolta e posizionata al di sotto dell'oggetto
originale dando l'effetto che vi sia una pozzanghera che consente all'oggetto di
specchiarsi.
29. MIRAGGIO SUPERIORE E FATA MORGANA
Miraggi più spettacolari sono quelli
superiori, prodotti da una inversione di
temperatura all'altezza degli occhi
dell'osservatore. In questo caso l'immagine
appare riflessa superiormente. È possibile
vedere navi capovolte in lontananza. In
questo caso gli strati d'aria a contatto col
suolo devono essere molto più freddi di
quelli al di sopra degli occhi
dell'osservatore. Se ciò si verifica si ha una
riflessione totale dovuta alla rifrazione dei
raggi degli oggetti distanti che, passando da un mezzo di trasmissione freddo (maggiore
indice di rifrazione) a uno più caldo (minore indice di rifrazione), possono soddisfare la
condizione di riflessione totale. L'osservatore a questo punto può vedere riflessi in cielo
oggetti molto lontani o addirittura ancora al di là della linea dell'orizzonte.
Fenomeno spesso osservato nello stretto di Messina.