2. Cos’è la risonanza?
Si ha risonanza quando una forza esterna agisce su un sistema fisico con
una frequenza capace di amplificare il moto del sistema stesso.
Un esempio di risonanza può essere ottenuto spingendo una persona
sull’altalena. In questo modo si ottiene un moto sempre più ampio,
quindi imprimere all’altalena delle spinte anche piccole, ma sempre
sincronizzate con il suo moto: quando l’altalena è tornata indietro al
e comincia a tornare in avanti, una piccola spinta ne aumenta l’ampiezza di
oscillazione. Spinta dopo spinta, l’oscillazione diventa sempre più ampia e
veloce: è un esempio di un fenomeno generale, che avviene in meccanica,
acustica ed elettromagnetismo e si chiama risonanza.
3. RISONANZA ACUSTICA
Chitarre, violini e molti altri strumenti musicali possiedono una cassa di risonanza, o
cassa armonica, che permette di amplificare il suono emesso dalle corde che vibrano: la
cassa è progettata in modo tale da vibrare, insieme all’aria contenuta, alle stesse
frequenze generate dalle corde.
Se si afferra il diapason con una mano e lo si percuote si ottiene un suono debole,
talvolta difficile da udire; invece, infilando lo stesso diapason nella cassa armonica si
ottiene un suono intenso, a dimostrazione del fatto che sta avvenendo il fenomeno
della risonanza. Si ha risonanza quando una forza esterna agisce su un sistema fisico
con una frequenza capace di amplificare il moto del sistema stesso. L’esempio
dell’altalena mostra che il fenomeno della risonanza permette il trasferimento di
energia da un sistema fisico (la persona che spinge) a un altro (l’altalena). Anche in
questo caso esiste un modello semplice, che mostra lo stesso fenomeno realizzato
mediante onde acustiche: esaminiamo due sistemi identici, formati da diapason che
emettono la stessa nota e montati su casse armoniche uguali.
4. IL FENOMENO DEI DIAPASON
Le due casse sono posizionate una di fronte all’altra in modo che le parti laterali aperte siano
affacciate.
Colpendo con il martelletto uno dei diapason, questo si mette a vibrare ed emette il suo suono
tipico. Si nota che anche l’altro diapason si mette a vibrare, anche se non è stato colpito. Sono le
onde di pressione che, partendo dal primo diapason, mettono in movimento il secondo e ne
amplificano l’oscillazione, proprio come avviene nell’altalena.Se il secondo diapason oscilla con una
frequenza diversa dal primo, questo trasferimento di energia da un corpo in oscillazione a un altro
non avviene (oppure è decisamente ridotto), proprio perché non si realizza la condizione di
risonanza: le onde di pressione che provengono dal primo diapason non colpiscono il secondo nel
momento giusto.
5. LE APPLICAZIONI DELLA RISONANZA:
LA RISONANZA MAGNETICA
Il principio di funzionamento della risonanza magnetica è estremamente complesso e
pienamente comprensibile soltanto a chi conosce le teorie fisiche alla base della meccanica
quantistica.
Semplificando al massimo il concetto possiamo paragonare i nuclei atomici a tanti piccoli
magneti. Un po' come succede per l'ago di una bussola, in presenza di un campo magnetico
esterno queste minuscole particelle tendono a disporsi lungo una direzione preferenziale. Se a
questo punto vengono emesse delle onde radio i nuclei subiscono delle temporanee variazioni di
posizione. Durante questa fase transitoria gli atomi emettono dei segnali captabili da un
rilevatore elettronico, che li trasmette ad un potente computer dove verranno analizzati ed
elaborati.
Per questo motivo la risonanza magnetica utilizza un potente magnete ed un generatore di onde
radio di frequenza pari a 42 megahertz, che corrisponde al numero di giri che i protoni
dell'atomo di idrogeno compiono su se stessi in un secondo. Tale elemento è stato scelto sia per
le sue proprietà fisiche, sia per la sua abbondanza all'interno dell'organismo umano. Dato che
non tutti i nuclei atomici impiegano lo stesso tempo a ritornare nella posizione iniziale,
analizzando questo periodo è possibile ricreare una mappa tridimensionale delle strutture
anatomiche interne, evidenziandone anche lo stato di idratazione.
6. IL LASER E LA SUA STORIA: DAL MASER…
:
La lunga strada che ha portato i Fisici alla messa a punto di un laser inizia con la comprensione della natura della luce:
nel 1900 Max Planck , facendo alcuni esperimenti sulla distribuzione spettrale dell'energia emessa da un corpo riscaldato,
scoprì che l'energia di un’onda elettromagnetica veniva emessa e assorbita in multipli interi di una quantità legata alla
frequenza della radiazione. Chiamò allora l'unità fondamentale “quanta” (o, nel caso di radiazione luminosa, fotone).
Quindi all’inizio del XX secolo era ormai chiaro che la luce è una forma di radiazione elettromagnetica, la quale gode di
una natura duale: l'energia viene trasportata sotto forma di “quanta”, denominati fotoni, che sono guidati da un campo di
onde. Prima di arrivare alla nascita delle sorgenti laser bisogna però attendere che la fisica sviluppi una maggiore
comprensione della materia. Basandosi sulla teoria quantistica e sulla teoria ondulatoria formulata nel 1913 da Niels Boh;
Albert Einstein arrivò a prevedere dal punto di vista teorico un fenomeno particolare di interazione tra radiazione
elettromagnetica e materia: l'emissione stimolata di un fotone. Dato che l'intuizione di Einstein non fu supportata da una
sperimentazione e, soprattutto, non fu finalizzata ad una applicazione pratica, venne considerata come una curiosità e
accantonata. Tale studio venne però ripreso negli anni '50 sia da Charles Townes (1915) negli Stati Uniti che da Alexander
Prokhorov e Nicolai Basov in Unione Sovietica, i quali realizzarono contemporaneamente (all’insaputa l’uno degli altri) un
sistema di generazione e amplificazione di onde elettromagnetiche che sfruttava il fenomeno dell'emissione stimolata per
“moltiplicare” i fotoni. Questo tipo di amplificatore non venne denominato laser ma maser, in quanto la lunghezza d'onda
della radiazione emessa era nella regione delle microonde (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation,
amplificazione di microonde tramite l’emissione stimolata di radiazione).
7. …AL LASER
I tempi però erano maturi: nel 1958 Charles Townes e Arthur Schawlow presso i Bell Laboratories,
New York, svilupparono e pubblicarono la teoria necessaria per arrivare alla generazione di un
fascio laser, ossia di un fascio con lunghezza d'onda prossima allo spettro del visibile, brevettarono
il tutto il 22 marzo 1960 . Il primo ad utilizzare l’acronimo laser fu Maiman (Light Emission by
Stimulated Emission of Radiation) in considerazione del fenomeno fisico previsto da Einstein su cui
si basava il funzionamento di tale dispositivo. Il 7 luglio 1960, Maiman presentò il suo lavoro a una
conferenza a Manhattan, New York, e affermò che “il laser è la soluzione in cerca di un problema”,
sottolineando quindi le potenzialità del suo dispositivo. Probabilmente solo pochi visionari come lui
compresero a fondo le molteplici applicazioni che il nuovo tipo di sorgente luminosa rendeva
possibili. Gli altri, la maggior parte, rimasero scettici. L’articolo scientifico di Maiman che descriveva
il laser a rubino venne pubblicato il 6 agosto 1960 sulla prestigiosa rivista Nature, dopo essere stato
precedentemente rifiutato dalla rivista Physical Review Letters per un clamoroso errore di
valutazione. Sono passati quasi cinquanta anni dalla sua nascita e il laser, grazie alle caratteristiche
uniche della luce generata, ha trovato applicazione in settori più disparati: dal metrologico al
medicale, dall’intrattenimento alle telecomunicazioni. Ma soprattutto, ha trovato applicazione nella
lavorazioni industriali.
9. COME FUNZIONA IL LASER?
Tutta la materia è composta da atomi. Ogni atomo possiede un nucleo attorno al quale ruotano
gli elettroni. Quando gli elettroni vengono opportunamente stimolati mediante luce o calore, possono
abbandonare la loro orbita e passare su un’altra orbita più lontano dal nucleo. Gli elettroni però
tendono a ritornare allo stato iniziale restituendo l’energia assorbita. Queste piccolissime quantità di
energia si chiamano fotoni e sotto forma di radiazioni luminose compongono il fascio di luce dei laser.
Esistono diversi tipi di laser che vengono classificati in base al materiale (materiale attivo) in cui
elettroni sono stimolati, per esempio il laser a gas, a semiconduttore, a liquido e a stato solido. Nel
caso del materiale a stato solido, in materiale attivo è costituito da una barretta di cristallo
di rubino avvolta da una lampada a forma di spirale che invia impulsi luminosi intermittenti. Questi
lampi di luce bianca sollecitano gli elettroni della sbarra di rubino, tanto da far rimbalzare su orbite
lontane dai nuclei. Ricadendo nelle loro orbite, gli elettroni emettono fotoni sotto forma di onde
luminose. Ciò genera un lampo di luce laser che fuoriesce da un’estremità della barra di rubino. Questo
processo spiega il perché del nome laser, che deriva dalle iniziali delle parole inglesi “Light
Amplification by Stimulated Emission of Radation” cioè “Amplificazione di luce mediante emissione
stimolata di radiazioni”. La luce laser differisce dalla luce normale perché è molto più potente e
“concentrata” e può percorrere molte migliaia di kilometri senza disperdersi.
10. DOVE VIENE UTILIZZATO?
Nell’industria: il laser viene usato per riscaldare, fondere o vaporizzare una
sostanza con grande precisione, per forare diamanti, per tagliare
componenti e per tutte le lavorazioni che richiedono estrema precisione;
In medicina: viene usato per forare le ossa, cauterizzare vasi sanguigni, ma è
particolarmente utile negli interventi di microchirurgia, soprattutto in
oculistica dove grazie al laser, è possibile “ricucire” la retina sul fondo
dell’occhio;
In astronomia: Il laser si usa inoltre per rilevare misure anche molto grandi
come ad esempio la distanza fra la Terra e la Luna;
Nel campo militare: Il laser è impiegato nei sistemi di guida per missili, aerei
e satelliti.
11. QUAL È IL LEGAME TRA RISONANZA E LASER?
Un primo fenomeno di risonanza compare nel processo stesso di
emissione. Il fotone stimolante deve essere in risonanza con i due livelli
da cui si vuole estrarre un altro fotone perché il processo abbia luogo;
in altre parole il fotone incidente deve avere energia pari alla differenza
di energia tra il livello iniziale e finale tra cui si sposta l’elettrone.
Esiste poi una risonanza classica nella costruzione del dispositivo.
Il laser è infatti esso stesso una cavità risonante.