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Equilibrio chimico
Alcune reazioni chimiche sono incomplete perché la quantità di
prodotto che si ottiene è inferiore a quella teoricamente prevedibile.
Queste reazioni non arrivano a compimento perché raggiungono un
particolare stato, detto di equilibrio chimico.
Un sistema è in equilibrio quando non variano più le sue proprietà
macroscopiche osservabili;
L’equilibrio è dinamico quando, a livello microscopico, è il
risultato di due processi opposti che avanzano quale velocità.
Dal punto di vista macroscopico, la situazione appare stabile, ma a
livello microscopico solubilizzazione e precipitazione avvengono
con uguale velocità: le molecole che entrano in soluzione
corrispondono a quelle che si depositano sul fondo.
L’equilibrio dinamico può instaurarsi anche noi trasformazione
chimica in cui avremo a sinistra i reagenti e a destra i prodotti. Le
reazioni si verificano spesso insisto amiche con buona
approssimazione possiamo considerare chiusi:
a T e p costanti, un sistema chimico chiuso e in equilibrio se la
concentrazione o la pressione dei reagenti e dei prodotti è costante
nel tempo.
Lo stato di equilibrio si raggiunge sia partire da soli reagenti sia
partire dai soli prodotti.
La doppia natura della luce
Tutto quello che sappiamo sulla struttura elettronica dell’atomo, deriva dall’analisi della luce emessa o assorbita dalle sostanze.
Soltanto all’inizio del Novecento il lavoro dei fisici tedeschi Max Planck e Albert Einstein ha confermato la doppia natura
ondulatoria e corpuscolare della luce.
A metà del 1800 il fisico e matematico James Clerk Maxwell afferma che la
luce è un particolare tipo di onda elettromagnetica che nasce da una rapidissima
oscillazione di cariche elettriche.
Le grandezze che caratterizzano i fenomeni ondulatori sono:
-frequenza: indica il numero di oscillazioni complete compiute da un’onda in
un secondo e si misura in hertz;
-lunghezza d’onda: indica la distanza dopo la quale un’onda si riproduce
uguale a se stessa e si misura in metri;
-velocità di propagazione: dipende dal mezzo che viene attraversato e nel vuoto
v è uguale alla velocità della luce.
Velocità della luce
Lunghezza d’onda Frequenza
L’occhio umano è in grado di percepire solo una
piccolissima parte dell’intero spettro
elettromagnetico. La porzione visibile all’occhio
umano è detta spettro visibile e comprende i
valori dal violetto al rosso.
La luce che arriva dal Sole è percepita come luce
bianca policromatica, ovvero un insieme di tutti i
colori combinatori tra loro.
La serie continua di colori ottenuti facendo
passare la luce attraverso un prisma di vetro è
detta spettro continuo.
La prova più evidente della natura ondulatoria della luce è legata al fenomeno della diffrazione che si verifica quando
un fascio di luce giunge su una fenditura facendo in modo che il fascio non si propaghi più in linea retta, ma dopo di
esso si allarga formando zone chiare e scure alternate dette frange di interferenza.
Le frange chiare sono dovute all’interferenza positiva di più onde che si rinforzano aumentando la luminosità; le
frange scure sono invece dovute all’interferenza negativa dove la loro ampiezza si annulla producendo un
annullamento della luminosità.
La seconda natura della luce è visibile quando questa interagisce con la
materia. La natura corpuscolare della luce può essere visibile se si
proietta un fascio di luce ultravioletta su una lastra di zinco, così da
provocare l’espulsione di elettroni dalla superficie del metallo per effetto
fotoelettrico. Ciò avviene però solo se la frequenza della luce è superiore
ad un valore detto frequenza di soglia.
Possiamo immaginare ciascun raggio di luce come pacchetti di energia,
ciascuno dei quali prende il nome di fotone o quanto di energia. A ogni
fotone è associata un’energia pari a:
Dove h ha valore pari a
6,63*10^(-34) J*s ed è la costante di
Plank
r
.
C- 1. ✓
as
E- h .
r
Esh.
I
L’atomo di idrogeno secondo Bohr
Tutti i solidi e i liquidi, se portati all’ incandescenza,
emettono una luce bianca emessa che se fatta passare
attraverso una fenditura e poi attraverso un prisma di vetro,
rende visibile uno spettro continuo. Se invece si analizza la
luce emessa da un gas rarefatto ad alta temperatura, si avrà
uno spettro discontinuo chiamato spettro a righe.
Nel cercare di spiegare questo fenomeno, il fisico danese
Niels Bohr, nel 1913, comprende che like missione di luce
da parte degli atomi,deve dipendere dagli elettroni che
ruotano intorno al nucleo e che li energia non viene emessa
o assorbita con continuità, ma per piccole quantità definite.
Il modello di Rutherford, che descrive lato o come un piccolissimo nucleo centrale con gli elettroni che girano
intorno (modello nucleare), dimostra l’inesattezza del modello di Thomson ma non è in grado di spiegare la.
Stabilità dell’atomo e gli spettri a righe degli elementi. In base all’elettromagnetismo, un elettrone in rotazione
dovrebbe emettere radiazioni, perdere energia e cadere a spirale sul nucleo in brevissimo tempo, ma la fisica classica
non possiede gli strumenti per los tedio di ciò. Per questo motivo Bohr riprende il modello nucleare e lo perfeziona
applicando a livello atomico l’idea dei quanti. Il nuovo modello si basa sulle seguenti assunzioni:
- l’elettrone percorre soltanto determinate orbite circolari dette orbite stazionarie, senza emettere o assorbire energia;
- all’elettrone sono permesse solo alcune orbite cui corrispondono determinati valori di energia (orbite quantizzate);
- per passare da un orbita all’altra, di livello energetico più elevato, l’elettrone assorbe un quanto di energia fornita;
- quando un elettrone cade su un livello di energia inferiore emette un fotone di opportuna frequenza;
- l’energia del fotone emesso o assorbito corrisponde alla differenza di energia tra le due orbite.
Per determinare il contenuto energetico di un elettrone in un’orbita,
Bohr elabora un’equazione nella quale racchiude tutte le costanti
fisiche come massa dell’elettorato e costante di Plank, all’interno di
un’unica costante K. L’equazione comprende un numero intero n,
detto numero quantico principale, ed è:
K= 2,18 *10^(-18) J
I livelli di energia delle orbite dipendono dal numero quantico
principale n che può assumere solo valori interi. Il livello di energia più
basso è quello con numero quantico n uguale a 1 e tale livello è
chiamato stato fondamentale e ha energia pari a E1
I livello di energia superiore, E2, E3... sono chiamati stati
eccitati e l’elettrone può raggiungerli solo se riceve la
giusta quantità di energia necessaria per il salto quantico
mentre gli elettroni degli atomi eccitati tornano allo stato
fondamentale passando attraverso i livelli inferiori di
energia emettendo per ogni salto tra orbite un fotone.
Il modello di Bohr però, riesce a spiegare le
radiazioni emesse dall’atomo di idrogeno, ma non
riesce a giustificare lo spettro a righe degli altri
elementi.
me
¥
M2
L’elettrone
Nel modello di Bohr sono presenti sia elementi della teoria dei quanti, sia della fisica classica. Si tratta dunque di un
modello basato sul movimento di oggetti microscopici per poi passare ad un modello basato sulla probabilità di
trovare una particella nello spazio.
Il fisico francese Louis-Victor de Broglie fu il primo a rendersi conto che non solo i forni, ma anche gli elettroni
hanno un comportamento anomalo e nel 1924 ipotizza che il comportamento ambivalente della luce, corpuscolare e
ondulatorio, sia una proprietà caratteristica della materia e associa a ogni particella in movimento un’onda detta
onda di materia. Per capire quale possa essere la lunghezza d’onda di tale onda, egli mette in relazione l’equazione
dell’energia della luce data dalla sua natura corpuscolare e la relazione tra massa ed energia di Einstein:
L’utilizzo della relazione di Einstein permette di spiegare apparente
contraddizione relativa ai fotoni in quanto pur essendo privi di massa, essi
presentano una quantità di moto. Questo è dovuto alla natura dei fotoni, che in
quanto pacchetti di energia, devono essere considerati come una manifestazione
della massa e dunque può trasmettere energia ad un’altra particella come se tra
esse si verificasse un urto.
Se si ipotizza che anche a ciascun elettrone corrisponda un’onda ben definita, allora la sua lunghezza d’onda sarà:
m*v è la quantità di moto, una proprietà
tipica delle particelle
L’ipotesi di de Broglie fu verificata solo qualche anno dopo da due fisici statunitensi, Clinton J. Davisson é Lester
H. Germer, i quali notarono che un fascio di elettroni inviati contro un bersaglio metallico, formavano una figura di
diffrazione che corrispondeva esattamente a quella prevista associando agli elettroni la lunghezza d’onda ricavata
dalla relazione di de Broglie. Questo porta a immaginare anche gli elettroni non solo come particelle dotate di
massa, ma anche come onde.
Se si pensa al fenomeno della diffrazione e si prende in considerazione un solo elettrone, notiamo che non è possibile
spiegare il fenomeno delle frange. Per fare ciò occorre prendere in considerazione tanti elettroni e considerare le
frange chiare come la parte in cui arrivano più elettroni. Se si descrive il comportamento di un gran numero di
soggetti, è più utile fare ricorso ad un metodo statistico in quanto questo possono assumere un comportamento
imprevedibile. Difatti non possiamo prevedere l’esatto comportamento di un elettrone, ma possiamo solo conoscere
la probabilità che questo si comporti in un modo. La parte della chimica e della fisica ch e descrive il comportamento
di fotoni, elettroni e altre particelle basandosi su leggi statistiche, è detta meccanica quantistica.
Con la meccanica quantistica è quindi possibile determinare la probabilità che una particella si trovi in un punto e
che abbia una certa velocità, ma non potremo mai conoscere i due valori contemporaneamente. Ciò viene
affermato nel principio di indeterminazione formulato nel 1927 dal fisico tedesco Werner Heisenberg:
“La precisione con cui si può misurare la
posizione di una particella in un dato istante è
inversamente proporzionale alla precisione con
cui si può misurare contemporaneamente la sua
quantità di moto.”
La meccanica quantistica non consente quindi di conoscere simultaneamente tutte le proprietà di un sistema che ci
interessano. Nel caso dell’elettrone, potremmo pensare di individuare la sua posizione captando la luce da esso
diffusa, ma sappiamo che la luce adatta a rivelare un oggetto non può avere una lunghezza d’onda maggiore
dell’oggetto stesso altrimenti non verrebbe diffusa. La luce adatta al nostro caso deve allora avere una lunghezza
d’onda molto piccola e una frequenza molto grande, ma il fotone è capace di farci vedere l’elettrone, deve quindi
possedere grande energia e quando colpisce un elettrone causa un aumento significativo della sua velocità. In
questo modo abbiamo perso ogni possibilità di conoscere la velocità e la quantità di moto dell’elettrone.
Se non è possibile definire lo spostamento dell’elettrone, allora non ha senso parlare di orbita di un elettrone in
quanto la sua esistenza comporta la possibilità di determinare con sicurezza la posizione occupata dopo un certo
intervallo di tempo.
he
h=hma= #
a- I -
Dx .
m
.
Dv 3 Fit DX . Dv 34¥ .nu
Numeri quantici e orbitali
Allora elettrone si muove nel campo di un nucleo atomico, il suo moto non è libero perché l’attrazione del nucleo
lo vincola entro rispetto volume dell’atomo. L’onda adesso associata deve essere un’onda stazionaria. Un onda è
detta stazionaria quando la posizione dei suoi nodi e dei suoi ventri rimane in alterata durante tutta la vibrazione. In
questo caso la lunghezza d’onda non può assumere qualsiasi valore, ma deve variare in modo discontinuo.
Nel caso di un elettrone in moto entro un atomo è più complesso, l’onda che esso genera non oscilla in una sola
dimensione ma in tutte le tre dimensioni e quindi deve instaurarsi un insieme di onde stazionarie le cui lunghezze
d’onda possono assumere soltanto alcuni valori. La lunghezza d’onda associata all’elettrone e pertanto quantizzata
e ciò determina la quantizzazione dell’energia dell’elettrone. Nel 1926 Erwin Schrödinger, fisico e matematico
austriaco, formulo un’equazione nota come equazione d’onda che descrive le onde che si propagano con
l’elettrone in moto nell’atomo, attraverso una funzione matematica. L’equazione d’onda presenta come soluzioni
delle funzioni chiamate funzioni d’onda ovvero delle funzioni delle tre coordinate spaziali e del tempo. Il suo
valore, variabile da punto a punto, consente di determinare la probabilità di presenza della particella in ogni punto
dello spazio in un certo intervallo di tempo.
Il quadrato della funzione d’onda fornisce la probabilità che l’elettrone si trovi durante l’intervallo di tempo, in un
volume il cui centro a coordinate definite. Dove il quadrato della funzione grande, è grande la probabilità di trovare
l’elettrone.
Funzione d’onda contiene tre numeri interi, chiamati numeri quantici e che possono assumere valori diversi. Questi
numeri sono indicati con le lettere n, l e m. Un numero quantico è un numero che specifica il valore di una proprietà
dell’elettrone e contribuisce a definire lo stato quantico dell’elettrone stesso. Alla funzione d’onda elettronica che
contiene una particolare terna di numeri quantici si dà il nome di orbitale. L’orbitale è un’espressione matematica
che consente di determinare l’energia dell’elettrone e di calcolare la probabilità di trovare l’elettrone in un
qualunque punto dell’atomo. Esiste poi un quarto numero quantico che descrive una proprietà tipica dell’elettronica.
Questo viene chiamato spin m
Numero quantico principale n:
Il numero quantico principale n definisce l’energia
dell’elettrone e può assumere soltanto valori interi positivi.
All’aumentare del valore di N aumenta la distanza
dell’elettrone dal nucleo e sia un conseguente aumento
dell’energia. Lo Stato a più bassa energia sia quando N è
uguale a uno. Il numero di orbitali di un certo livello
energetico corrisponde a N al quadrato.
Numero quantico secondario l:
Il numero quantico secondario può assumere tutti valori
interi compresi tra zero e n-1. Il numero quantico l
determina le caratteristiche geometriche della funzione
di distribuzione della probabilità e definisce pertanto il
sotto livello energetico a cui appartiene quel certo
orbitale. I sotto livelli sono indicati con lettere:
Numero quantico magnetico m:
Il numero quantico magnetico Le termina la proprietà
dell’atomo quando è sottoposto a un campo magnetico
esterno. Questo può assumere tutti i valori compresi tra -l
e +l incluso lo zero e definisce il numero di orbitali di
ciascun sotto livello energetico. In assenza di campi
magnetici esterni, gli orbitali possiedono la medesima
energia. Se invece l’atomo è soggettato ad un campo
magnetico esterno, a diversi valori di m, corrispondono
valori di energia leggermente diversi.
Numero quantico di spin m :
Il quarto numero di quantico è il numero quantico
magnetico di spin detto anche spin dell’elettronica e può
assumere valori pari a +1/2 o -1/2 poiché a parità degli altri
numeri quantici, per ciascun elettrone sono possibili due
diversi stati energetici. Gli elettroni sono associati a un
piccolo campo magnetico e quando sono immersi in un
campo magnetico esterno creato da poli magnetici di forma
irregolare, possono disporsi in due soli modi:
parallelamente o antiparallelamente al campo stesso. Lo
spin è una proprietà intrinseca dell’elettrone che si
manifesta quando questo è sottoposto all’azione di un
campo magnetico esterno disomogeneo.
La scoperta dello spin, porta il fisico tedesco Wolfgang
Pauli a enunciare nel 1925 una legge nota come il principio
di esclusione di Pauli:
Due elettroni che hanno la stessa serie di numeri quantici
devono per forza avere un diverso numero quantico di spin.
“Un orbitale può descrivere lo stato quantico di soli due
elettroni; essi devono avere spin opposto cioè antiparallelo.”
.
S
r
.
S
.
.
La configurazione elettronica
La configurazione elettronica dii un atomo o di uno ione è l’insieme degli
orbitali necessari a descrivere tutti i suoi elementi e serve per
rappresentare la struttura elettronica di un atomo.
Per scrivere la configurazione elettronica di un atomo qualsiasi allo stato
fondamentale si segue un procedimento detto principio di Aufbau che si
articola in 4 punti:
- determinare il numero di elettroni dell’atomo: per l’atomo neutro
corrisponde a Z;
- distribuire gli elettroni negli orbitali in ordine di energia crescente
riportando all’esponente di ciascun orbitale il numero di elettroni che esso
descrive;
- se necessario riorganizzare la configurazione elettronica in base al valore
di n crescente;
- controllare che la somma di tutti gli esponenti corrisponda al numero di
elettroni.
La configurazione elettronica precedentemente
rappresentata non consente di specificare la particolarità
di due elettroni appartenenti allo stesso sotto livello in
quanto questi tendono ad avere spin parallelo.
Questa particolarità e nota come regola di Hund ed
afferma: nella configurazione elettronica più stabile di un
atomo, gli elettroni appartenenti a un medesimo sotto
livello tendono ad assumere lo stesso spin.
In questa configurazione un orbitale senza elettroni e
indicato da un quadratino senza frecce;
un orbitale con un solo elettrone, detto semipieno, da un
quadratino con una freccia;
un orbitale con due elettroni, detto pieno, da un quadratino
con due frecce di segno opposto.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Ae E 2=23 ] → 15 ;
25 ; 2ps;
35 ; 3 p
'
si Et -
-
he ] - >
15 ;
25 ; 2ps 35
; zp
'
P [7--25]-025 ;
25 ;
2ps ;
35 ;
3 P
'
Il sistema periodico
Il sistema periodico attuale è il risultato di un processo di evoluzione che ha visto partecipar diversi scienziati. Il
modello precedente a quello utilizzato attualmente, fu proposto dal chimico russo Mendeleev che nel 1871 propone una
prima versione della tavola periodica la quale aveva come criterio d’ordine la massa atomica e non il numero atomico
Z. Ma poiché all’aumentare di Z, aumenta anche la massa atomica, i due ordinamenti differiscono solo per poche
coppie di elementi come argon-potassio. Mendeleev si era servito della legge della periodicità secondo la quale le
proprietà fisiche e chimiche degli elementi sono una funzione periodica del loro numero atomico Z. Questa legge venne
però compresa solamente nei primi decenni del Novecento con lo studio della configurazione elettronica che affermi il
ripetersi periodicamente delle strutture elettroniche più esterne degli elementi, dopo aver completato un livello.
Il numero e la disposizione degli elettroni sul livello più esterno, simili per gli elementi dello stesso gruppo,
determinano la somiglianza delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi di un gruppo, ovvero degli elementi della
stessa colonna.
La periodicità è dovuta dunque alla struttura elettronica esterna degli elementi nella quale gli elettroni più esterni sono
detti elettroni di valenza.
Gli elementi Litio (Li), sodio (Na) e potassio (K) sono metalli che
hanno proprietà chimiche e fisiche simili:reagiscono violentemente
all’acqua, formano facilmente composti con ossigeno a temperatura
ambiente, hanno bassa densità e bassi punti di fusione. Tali elementi,
detti metalli alcalini, presentano una struttura elettronica caratteristica
in quanto ciascun elemento ha un solo elettrone sul sottolivello più
esterno s.
Gli elementi berillio (Be), magnesio (Mg) e calcio (Ca) sono metalli
che hanno proprietà chimiche e fisiche simili. Questi elementi sono
detti metalli alcalino-terrosi e presentano una struttura elettronica
simile in quanto ciascun elemento ha due elettroni nel guscio di
valenza, ovvero nel sottolivello più esterno s.
N.B. Numero di elettroni nel guscio di valenza corrisponde al
numero romani del gruppo
Informazioni riguardo la sua struttura:
1- il posto di ogni elemento dipende dal suo numero atomico Z (numero di protoni nel nucleo dell’atomo);
2- gli elementi presenti sono 118 e tutti quelli successivi all’uranio (92) sono artificiali;
3- le righe orizzontali formano 7 periodi il cui numero indica il livello principale di energia sul quale è possibile
trovare gli elettroni di valenza di tutti gli elementi del periodo. Nei periodi il numero di elettroni di valenza cresce da
sinistra verso destra e le proprietà cambiano sistematicamente lungo il periodo.
I primi 3 periodi sono detti brevi in quanto, a eccezione del primo, essi contengono elementi il cui numero di elettroni
esterni varia da 1 a 8 e appartengono tutti ai sottolivelli s e p.
I periodi dal 4 al 7 sono detti lunghi in quanto: il quarto e il quinto contengono 18 elementi mentre il sesto e il settimo
32. In questo caso gli elettroni vanno a completare i sottolivelli d ed f appartenenti a livelli energetici inferiori rispetto
quello di valenza.
4- gli elementi che chiudono i periodi sono i gas nobili, sei elementi caratterizzati da una bassissima reattività dovuta
principalmente alla loro configurazione elettronica stabile;
5- le colonne verticali formano i gruppi che hanno doppia misurazione. La più importante è quella in numeri romani da
1 a 8 che interessa solo i gruppi principali in cui gli elettroni si dispongono a riempire i sottolivelli s e p;
6- fra i gruppi II e III si trovano numerosissimi elementi di transizione. Tali elementi metallici, dieci per ogni riga
orizzontale, rispetto ai gas nobili che li precedono, hanno elettroni sia nel sottolivello s, sia in quello d appartenente al
livello energetico inferiore rispetto quello di valenza;
7- in fondo alla tavola periodica sono presenti due file di 14 elementi metallici, che costituiscono le due serie dei
lantanidi e degli attinidi. Questi metalli, rispetto ai gas nobili che li precedono, hanno gli elettroni sia nel sottolivello s
corrispondente al periodo in cui si trova l’elemento, sia nel sottolivello f del livello energetico inferiore di due unità.
La rappresentazione degli elettroni degli atomi è fornita dai simboli di Lewis. Per scrivere il simbolo di Lewis di un
elemento si riporta il suo simbolo chimico e intorno a esso si dispongono gli elettroni di valenza, un punto per
ciascuno dei quattro lati. Quando un atomo possiede più di quattro elettroni di valenza, i punti si dispongono in modo
da creare coppie di punti.le strutture di Lewis sono utilizzate solo per gli atomi che hanno nel livello esterno elettroni
dei sotto livelli s o p.
.
.
.
Le principali famiglie chimiche
Gli elementi che appartengono allo stesso gruppo della tavola periodica presentano proprietà simili e questo è
particolarmente vero per alcuni dei gruppi principali definiti famiglie.
Gli elementi del gruppo I, fatta eccezione per l’idrogeno, sono chiamati metalli alcalini. Sono elementi
particolarmente reattivi: devono essere conservati sotto petrolio perché appena esposti all’aria reagiscono con
l’ossigeno perdendo la lucentezza metallica e coprendosi con una patina di ossido. Se a contatto con l’acqua, liberano
gas idrogeno che può incendiarsi reagendo con l’ossigeno dell’aria. Questi perdono facilmente l’unico elettrone di
valenza diventando ioni positivi con carica 1+.
La famiglia dei metalli alcalino-terrosi comprende tutti gli elementi del gruppo II. Anche questi sono molto reattivi,
la loro reattività aumenta scendendo lungo il gruppo ed è per questo che si trovano in natura come composti. Hanno,
nel sotto livello s, due elettroni di valenza che tendono a perdere diventando ioni con carica 2+. Reagiscono a
contatto con l’acqua ma meno vivacemente dei metalli alcalini.
Al centro del sistema periodico vi sono i metalli di transizione del blocco d: essi si distinguono l’uno dall’altro per il
diverso numero di elettroni, ma hanno proprietà molto simili. La loro reattività con l’acqua e minore rispetto a quella
dei metalli dei gruppi precedenti. A questo blocco appartengono i metalli usati frequentemente nelle costruzioni,
come ferro rame, i metalli preziosi come oro, argento e platino, e i metalli di rilevante importanza nelle nuove
tecnologie come il titanio. Questi vengono utilizzati in leghe e non allo stato puro.
Anche gli elementi del blocco F sono metalli. I lantanidi, gli elementi compresi tra lantanio (Z=57) e lutezio (Z=71),
insieme all’ittrio (Z=39) e allo scandio (Z=21) sono detti terre rare. Hanno proprietà molto simili e per questo è stata
difficoltosa la loro estrazione dei minerali. Il loro utilizzo conosciuto negli strumenti ad alta tecnologia. Gli attinidi,
gli elementi compresi tra l’attinio (Z=90) e il Laurenzio (Z=103), hanno in comune la caratteristica di essere
radioattivi.
Gli elementi con Z>92, sono chiamati transuranici e sono stati prodotti artificialmente con un tempo di
dimezzamento molto breve.
Gli elementi del settimo gruppo sono chiamati alogeni. Allo stato elementare sono in forma di molecole diatomiche
mentre a temperatura ambiente i primi due alogeni sono gas, fluoro e cloro, il bromo e liquido e lo iodio è un solido
che sublima facilmente. Sono tutti elementi altamente reattivi e che acquistano facilmente un elettrone diventando
ioni negativi con carica 1-.
Gli elementi dell’ottavo gruppo sono chiamati gas nobili. Hanno una reattività quasi nulla: la scarsa tendenza a
reagire di questo gruppo di elementi è dovuta al fatto che il loro livello esterno è completo, due elettroni riempiono il
primo livello dell’elio mentre tutti gli altri elementi hanno otto elettroni.
b Cocco S
b. Cocco
p Is
b. Cocco d
b Cocco f
Proprietà atomiche e andamenti periodici
Diverse proprietà dell’atomo sono legate al comportamento degli elettroni più esterni che sento non la carica positiva del nucleo.
Se scorriamo lungo un periodo, possiamo notare come ogni volta che Z aumenta di un’unità, cresce di unità anche il numero di
elettroni che si vanno a disporre all’incirca la stessa distanza del nucleo, sul livello con n=3. Se invece scendiamo lungo un
gruppo è facile osservare che l’elettrone più esterno andrà occupare un sotto livello s appartenente a un livello con n sempre
crescente.
Queste osservazioni permettono di comprendere e prevedere come alcune proprietà degli elementi variano lungo i gruppi e lungo
i periodi. Tra le proprietà che variano in modo periodico bisogno il raggio atomico, l’energia di ionizzazione, l’affinità elettronica
e l’elettronegatività.
Raggio atomico
Gli atomi non hanno margini definiti ma con opportune tecniche, come la diffrazione dei raggi X, è possibile misurare i
raggi atomici. Il raggio atomico è la metà della distanza minima di avvicinamento fra i nuclei di due atomi dello stesso
elemento. Il raggio atomico varia periodicamente all’aumentare del numero periodico, esso aumenta di scendendo lungo
un gruppo e diminuisce procedendo da sinistra a destra lungo un periodo. I fattori che influenza no il raggio atomico sono
due:
1- il numero quantico principale n che lungo un periodo rimane invariato, ma aumenta scendendo lungo il gruppo;
2- Gli elettroni interni, distribuite nei livelli energetici inferiori, che schermano la carica positiva del nucleo.
Procedendo da sinistra a destra, lungo un periodo, aumenta il numero atomico e di conseguenza anche la carica nucleare.
Aumenta anche il numero di elettroni, ma questi appartengono allo stesso livello energetico. Ciò comporta l’incremento
delle attrazioni tra nucleo ed elettroni e quindi una diminuzione del raggio atomico.
Scendendo lungi un gruppo invece, gli elettroni più esterno occupano livelli più distinti dal nucleo e dunque risentono
sempre meno dell’attrazione nucleare produce to un aumento del raggio atomico.
Energia di ionizzazione
Quando forniamo energia dall’atomo, i suoi elettroni possono effettuare transizioni verso i livelli più esterno che
hanno energia superiore. Utilizzando quantità di energia sufficientemente grandi è possibile allontanare
definitivamente l’elettrone dall’atomo attraverso un processo definito ionizzazione che comporta la trasformazione
dell’atomo in ione positivo (catione).
L’energia di prima ionizzazione (Ei) di un atomo è l’energia necessaria per rimuovere un elettrone dall’atomo stesso
quando esso è allo stato gassoso:
Se si fornisce una quantità di energia sufficiente, è possibile allontanare anche un secondo, terzo... elettrone ottenendo
uno ione con carica positiva sempre più grande. L’energia di ionizzazione però aumenta ad ogni ionizzazione successiva
in quanto è più difficile allontanare un elettone da uno ione positivo piuttosto che da un atomo neutro. Nell’analizzare le
varie energie di ionizzazione si nota che all’interno di uno stesso livello l’energia di ionizzazione aumenta in modo
graduale, ma questa subisce un considerevole incremento se si passa da un livello più esterno ad uno più interno.
È possibile conoscere l’energia di ionizzazione di ogni elettrone di un elemento introducendo in un tubo di vetro sotto
vuoto l’elemento in considerazione allo stato gassoso e bombardando i suoi atomi con un fascio di elettroni che
possiedono un’elevata energia cinetica e che colpendo gli atomi ne causano l’espulsione di un elettrone esterno.
Se si considerano le energie di prima ionizzazione di tutti gli elementi e si riportano su un grafico i valori in funzione del
numero atomico, si nota che l’energia di prima ionizzazione ha un andamento periodico: essa aumenta lungo un periodo
perché l’elettrone esterno è attratto da un maggior numero di protoni nel nucleo e diminuisce scendendo lungo il gruppo
perché l’elettrone esterno si trova a distanze più grandi dal nucleo e risente dunque di minore forza attrattiva.
L’elevata reattività dei metalli alcalini dipende dalla bassa energia di ionizzazione richiesta mentre la bassa reattività dei
gas nobili è dovuta all’elevata energia di ionizzazione.
Affinità elettronica
Per ionizzare un atomo e trasformarlo in ione positivo (catione) bisogna fornire energia, ma se l’atomo acquista uno o
più elettroni questi si trasforma in ione negativo (anione) e può liberare una certa quantità di energia. L’energia
liberata è chiamata affinità elettronica e costituisce la tendenza di un atomo a formare ioni negativi. Dunque l’affinità
elettronica è l’energia che si libera quanto l’atomo isolato in fase gassosa cattura un elettrone:
L’affinità elettronica è determinabile sperimentalmente, analogamente all’energia di ionizzazione. Essa è massima per
gli elementi a destra nella tavola periodica e aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo.
Elettronegatività
L’elettronegatività di un elemento misura la tendenza di un atomo ad attrarre a sé gli elettroni coinvolti in un legame e
per,ette di prevedere se questi elettroni saranno equidistanti dai nuclei o se spostati verso uno dei due. Non è misurabile
sperimentalmente ed esistono diverse scale di elettronegatività . Essa aumenta lungo il periodo in quanto aumenta la
carica positiva del nucleo, diminuisce il raggio atomico e aumenta la forza attrattiva del nucleo e dunque la sua
elettronegatività mentre diminuisce lungo il gruppo in quanto aumenta il raggio atomico e diminuisce la forza attrattiva
del nucleo e dunque la sua elettronegatività. Essa non è una proprietà intrinseca, ma dipende dall’atomo con il quale un
elemento interagisce.
(g)
+
Energia C Ei ) -7A 'T gite
-
is kJ/moe
.
.
.
Augite
-
→ Aig, -1
Energia E=kJ/moe
Proprietà chimiche e andamenti periodici
Molte delle proprietà chimiche degli elementi dipendo dalla loro tendenza a perdere elettroni o acquistare elettroni.
Gli elementi della tavola periodica sono suddivisi in tre categorie in base alle loro proprietà chimiche o fisiche:
Metalli
Sono più di 80 e occupano la parte sinistra del sistema periodico. A temperatura ambiente sono solidi fatta eccezione per
il mercurio che è liquido. Sono di colore grigio, tranne oro e rame, e hanno una caratteristica lucentezza metallica, sono
buoni conduttori di calore ed elettricità e sono malleabili (fatta eccezione per antimonio, bismuto e manganese che sono
duri e friabili).
Il carattere metalli aumenta scendendo lungo un gruppo e diminuisce lungo un periodo. Le proprietà fisiche dei metalli
dipendono dal singolare legame chimico che unisce atomi metallici infatti i loro elettroni più esterni si muovono
liberamente da un atomo all’altro rendendoli buoni conduttori. Alcuni metalli come oro e platino non reagiscono
facilmente e si trovano in natura soli allo stato elementare, ma per la maggior parte sono così reattivi da essere presenti
solo sotto forma di composti. I metalli svolgono un ruolo importante nel nostro corpo come il ferro dell’emoglobina e lo
zinco dell’insulina.
Non metalli
Occupano la parte in alto a destra del sistema periodico e le loro proprietà fisiche sono opposte a quelle dei metalli, ad
esempio hanno una varietà di colori. A eccezione del carbonio, tutti i non metalli sono cattivi conduttori del calore e della
corrente elettrica, si comportano infatti da isolanti. Possono essere gassosi e solidi (carbonio e zolfò che non sono né
malleabili, né duttili, ma si frantumano). Il carbonio ha però un particolare comportamento: sotto forma di grafite è un
discreto conduttore della corrente elettrica mentre sotto forma di diamante è il miglior conduttore di calore.
Semimetalli
Sono gli elementi di frontiera situati lungo il confine che separa i metalli dai non metalli; sono solidi a temperatura
ambiente e hanno proprietà intermedie; non sono né conduttori, né isolanti, ma diventano ottimi semiconduttori quando
contengono impurezze di elementi vicini
I legami chimici
Un legame chimico è l’unione di più atomi per formare molecole. Questo si forma se gli atomi legati tra loro
hanno un’energia minore degli atomi separati infatti se l’energia potenziale di due atomi diminuisce, i due atomi si
uniscono formando un legame chimico (principio dell’energia potenziale minima); se invece l’energia potenziale
aumenta, il tentativo di unione fallisce e gli atomi non si legano tra di loro.
Nella formazione degli aggregati di atomi, a partire da atomi isolati, si libera energia che corrisponde alla stessa
energia che deve essere fornita al sistema per rompere i legami.
L’energia di legame è dunque la quantità di energia che è necessario fornire ad una mole di sostanza per rompere
i legami che tengono uniti tutti i suoi atomi.
Tanto più grande è l’energia di legame, tanto più stabile è l’aggregato e tanto più forte è il legame che unisce gli
atomi.
Da qui deriva che quando gli atomi formano legami, essi tendono a raggiungere la configurazione elettronica
esterna più stabile possibile cedendo o acquistando elettroni o mettendoli in comune fino a completare il livello
elettronico.
La regola dell’ottetto non è però ferrea perché esistono molecole che non raggiungono l’ottetto esterno o che
presentano più di otto elettroni nello strato di valenza.
La valenza rappresenta il numero di elettroni che un atomo guadagna, perde o mette in comune quando si lega
con altri atomi; corrisponde dunque al numero di legami che esso è in grado di fornire.
Quando gli atomi si avvicinano per formare un legame
chimico, partecipano solo gli elettroni più esterni
chiamati elettroni di valenza o di legame. Gli elementi
dell’ottavo gruppo, i gas nobili, hanno una
configurazione elettronica caratterizzata da otto elettroni
esterni fatta eccezione per l’elio che ne ha solo due. I gas
nobili, sono infatti costituiti da atomi isolati e hanno una
reattività molto bassa dovuta alla stabilità degli atomi
stessi. Ciò portò Lewis ad enunciare nel 1916 la regola
dell’ottetto: “un atomo è particolarmente stabile quando
ha otto elettroni nello strato di valenza”.
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Chimica

  • 1. Equilibrio chimico Alcune reazioni chimiche sono incomplete perché la quantità di prodotto che si ottiene è inferiore a quella teoricamente prevedibile. Queste reazioni non arrivano a compimento perché raggiungono un particolare stato, detto di equilibrio chimico. Un sistema è in equilibrio quando non variano più le sue proprietà macroscopiche osservabili; L’equilibrio è dinamico quando, a livello microscopico, è il risultato di due processi opposti che avanzano quale velocità. Dal punto di vista macroscopico, la situazione appare stabile, ma a livello microscopico solubilizzazione e precipitazione avvengono con uguale velocità: le molecole che entrano in soluzione corrispondono a quelle che si depositano sul fondo. L’equilibrio dinamico può instaurarsi anche noi trasformazione chimica in cui avremo a sinistra i reagenti e a destra i prodotti. Le reazioni si verificano spesso insisto amiche con buona approssimazione possiamo considerare chiusi: a T e p costanti, un sistema chimico chiuso e in equilibrio se la concentrazione o la pressione dei reagenti e dei prodotti è costante nel tempo. Lo stato di equilibrio si raggiunge sia partire da soli reagenti sia partire dai soli prodotti.
  • 2. La doppia natura della luce Tutto quello che sappiamo sulla struttura elettronica dell’atomo, deriva dall’analisi della luce emessa o assorbita dalle sostanze. Soltanto all’inizio del Novecento il lavoro dei fisici tedeschi Max Planck e Albert Einstein ha confermato la doppia natura ondulatoria e corpuscolare della luce. A metà del 1800 il fisico e matematico James Clerk Maxwell afferma che la luce è un particolare tipo di onda elettromagnetica che nasce da una rapidissima oscillazione di cariche elettriche. Le grandezze che caratterizzano i fenomeni ondulatori sono: -frequenza: indica il numero di oscillazioni complete compiute da un’onda in un secondo e si misura in hertz; -lunghezza d’onda: indica la distanza dopo la quale un’onda si riproduce uguale a se stessa e si misura in metri; -velocità di propagazione: dipende dal mezzo che viene attraversato e nel vuoto v è uguale alla velocità della luce. Velocità della luce Lunghezza d’onda Frequenza L’occhio umano è in grado di percepire solo una piccolissima parte dell’intero spettro elettromagnetico. La porzione visibile all’occhio umano è detta spettro visibile e comprende i valori dal violetto al rosso. La luce che arriva dal Sole è percepita come luce bianca policromatica, ovvero un insieme di tutti i colori combinatori tra loro. La serie continua di colori ottenuti facendo passare la luce attraverso un prisma di vetro è detta spettro continuo. La prova più evidente della natura ondulatoria della luce è legata al fenomeno della diffrazione che si verifica quando un fascio di luce giunge su una fenditura facendo in modo che il fascio non si propaghi più in linea retta, ma dopo di esso si allarga formando zone chiare e scure alternate dette frange di interferenza. Le frange chiare sono dovute all’interferenza positiva di più onde che si rinforzano aumentando la luminosità; le frange scure sono invece dovute all’interferenza negativa dove la loro ampiezza si annulla producendo un annullamento della luminosità. La seconda natura della luce è visibile quando questa interagisce con la materia. La natura corpuscolare della luce può essere visibile se si proietta un fascio di luce ultravioletta su una lastra di zinco, così da provocare l’espulsione di elettroni dalla superficie del metallo per effetto fotoelettrico. Ciò avviene però solo se la frequenza della luce è superiore ad un valore detto frequenza di soglia. Possiamo immaginare ciascun raggio di luce come pacchetti di energia, ciascuno dei quali prende il nome di fotone o quanto di energia. A ogni fotone è associata un’energia pari a: Dove h ha valore pari a 6,63*10^(-34) J*s ed è la costante di Plank r . C- 1. ✓ as E- h . r Esh. I
  • 3. L’atomo di idrogeno secondo Bohr Tutti i solidi e i liquidi, se portati all’ incandescenza, emettono una luce bianca emessa che se fatta passare attraverso una fenditura e poi attraverso un prisma di vetro, rende visibile uno spettro continuo. Se invece si analizza la luce emessa da un gas rarefatto ad alta temperatura, si avrà uno spettro discontinuo chiamato spettro a righe. Nel cercare di spiegare questo fenomeno, il fisico danese Niels Bohr, nel 1913, comprende che like missione di luce da parte degli atomi,deve dipendere dagli elettroni che ruotano intorno al nucleo e che li energia non viene emessa o assorbita con continuità, ma per piccole quantità definite. Il modello di Rutherford, che descrive lato o come un piccolissimo nucleo centrale con gli elettroni che girano intorno (modello nucleare), dimostra l’inesattezza del modello di Thomson ma non è in grado di spiegare la. Stabilità dell’atomo e gli spettri a righe degli elementi. In base all’elettromagnetismo, un elettrone in rotazione dovrebbe emettere radiazioni, perdere energia e cadere a spirale sul nucleo in brevissimo tempo, ma la fisica classica non possiede gli strumenti per los tedio di ciò. Per questo motivo Bohr riprende il modello nucleare e lo perfeziona applicando a livello atomico l’idea dei quanti. Il nuovo modello si basa sulle seguenti assunzioni: - l’elettrone percorre soltanto determinate orbite circolari dette orbite stazionarie, senza emettere o assorbire energia; - all’elettrone sono permesse solo alcune orbite cui corrispondono determinati valori di energia (orbite quantizzate); - per passare da un orbita all’altra, di livello energetico più elevato, l’elettrone assorbe un quanto di energia fornita; - quando un elettrone cade su un livello di energia inferiore emette un fotone di opportuna frequenza; - l’energia del fotone emesso o assorbito corrisponde alla differenza di energia tra le due orbite. Per determinare il contenuto energetico di un elettrone in un’orbita, Bohr elabora un’equazione nella quale racchiude tutte le costanti fisiche come massa dell’elettorato e costante di Plank, all’interno di un’unica costante K. L’equazione comprende un numero intero n, detto numero quantico principale, ed è: K= 2,18 *10^(-18) J I livelli di energia delle orbite dipendono dal numero quantico principale n che può assumere solo valori interi. Il livello di energia più basso è quello con numero quantico n uguale a 1 e tale livello è chiamato stato fondamentale e ha energia pari a E1 I livello di energia superiore, E2, E3... sono chiamati stati eccitati e l’elettrone può raggiungerli solo se riceve la giusta quantità di energia necessaria per il salto quantico mentre gli elettroni degli atomi eccitati tornano allo stato fondamentale passando attraverso i livelli inferiori di energia emettendo per ogni salto tra orbite un fotone. Il modello di Bohr però, riesce a spiegare le radiazioni emesse dall’atomo di idrogeno, ma non riesce a giustificare lo spettro a righe degli altri elementi. me ¥ M2
  • 4. L’elettrone Nel modello di Bohr sono presenti sia elementi della teoria dei quanti, sia della fisica classica. Si tratta dunque di un modello basato sul movimento di oggetti microscopici per poi passare ad un modello basato sulla probabilità di trovare una particella nello spazio. Il fisico francese Louis-Victor de Broglie fu il primo a rendersi conto che non solo i forni, ma anche gli elettroni hanno un comportamento anomalo e nel 1924 ipotizza che il comportamento ambivalente della luce, corpuscolare e ondulatorio, sia una proprietà caratteristica della materia e associa a ogni particella in movimento un’onda detta onda di materia. Per capire quale possa essere la lunghezza d’onda di tale onda, egli mette in relazione l’equazione dell’energia della luce data dalla sua natura corpuscolare e la relazione tra massa ed energia di Einstein: L’utilizzo della relazione di Einstein permette di spiegare apparente contraddizione relativa ai fotoni in quanto pur essendo privi di massa, essi presentano una quantità di moto. Questo è dovuto alla natura dei fotoni, che in quanto pacchetti di energia, devono essere considerati come una manifestazione della massa e dunque può trasmettere energia ad un’altra particella come se tra esse si verificasse un urto. Se si ipotizza che anche a ciascun elettrone corrisponda un’onda ben definita, allora la sua lunghezza d’onda sarà: m*v è la quantità di moto, una proprietà tipica delle particelle L’ipotesi di de Broglie fu verificata solo qualche anno dopo da due fisici statunitensi, Clinton J. Davisson é Lester H. Germer, i quali notarono che un fascio di elettroni inviati contro un bersaglio metallico, formavano una figura di diffrazione che corrispondeva esattamente a quella prevista associando agli elettroni la lunghezza d’onda ricavata dalla relazione di de Broglie. Questo porta a immaginare anche gli elettroni non solo come particelle dotate di massa, ma anche come onde. Se si pensa al fenomeno della diffrazione e si prende in considerazione un solo elettrone, notiamo che non è possibile spiegare il fenomeno delle frange. Per fare ciò occorre prendere in considerazione tanti elettroni e considerare le frange chiare come la parte in cui arrivano più elettroni. Se si descrive il comportamento di un gran numero di soggetti, è più utile fare ricorso ad un metodo statistico in quanto questo possono assumere un comportamento imprevedibile. Difatti non possiamo prevedere l’esatto comportamento di un elettrone, ma possiamo solo conoscere la probabilità che questo si comporti in un modo. La parte della chimica e della fisica ch e descrive il comportamento di fotoni, elettroni e altre particelle basandosi su leggi statistiche, è detta meccanica quantistica. Con la meccanica quantistica è quindi possibile determinare la probabilità che una particella si trovi in un punto e che abbia una certa velocità, ma non potremo mai conoscere i due valori contemporaneamente. Ciò viene affermato nel principio di indeterminazione formulato nel 1927 dal fisico tedesco Werner Heisenberg: “La precisione con cui si può misurare la posizione di una particella in un dato istante è inversamente proporzionale alla precisione con cui si può misurare contemporaneamente la sua quantità di moto.” La meccanica quantistica non consente quindi di conoscere simultaneamente tutte le proprietà di un sistema che ci interessano. Nel caso dell’elettrone, potremmo pensare di individuare la sua posizione captando la luce da esso diffusa, ma sappiamo che la luce adatta a rivelare un oggetto non può avere una lunghezza d’onda maggiore dell’oggetto stesso altrimenti non verrebbe diffusa. La luce adatta al nostro caso deve allora avere una lunghezza d’onda molto piccola e una frequenza molto grande, ma il fotone è capace di farci vedere l’elettrone, deve quindi possedere grande energia e quando colpisce un elettrone causa un aumento significativo della sua velocità. In questo modo abbiamo perso ogni possibilità di conoscere la velocità e la quantità di moto dell’elettrone. Se non è possibile definire lo spostamento dell’elettrone, allora non ha senso parlare di orbita di un elettrone in quanto la sua esistenza comporta la possibilità di determinare con sicurezza la posizione occupata dopo un certo intervallo di tempo. he h=hma= # a- I - Dx . m . Dv 3 Fit DX . Dv 34¥ .nu
  • 5. Numeri quantici e orbitali Allora elettrone si muove nel campo di un nucleo atomico, il suo moto non è libero perché l’attrazione del nucleo lo vincola entro rispetto volume dell’atomo. L’onda adesso associata deve essere un’onda stazionaria. Un onda è detta stazionaria quando la posizione dei suoi nodi e dei suoi ventri rimane in alterata durante tutta la vibrazione. In questo caso la lunghezza d’onda non può assumere qualsiasi valore, ma deve variare in modo discontinuo. Nel caso di un elettrone in moto entro un atomo è più complesso, l’onda che esso genera non oscilla in una sola dimensione ma in tutte le tre dimensioni e quindi deve instaurarsi un insieme di onde stazionarie le cui lunghezze d’onda possono assumere soltanto alcuni valori. La lunghezza d’onda associata all’elettrone e pertanto quantizzata e ciò determina la quantizzazione dell’energia dell’elettrone. Nel 1926 Erwin Schrödinger, fisico e matematico austriaco, formulo un’equazione nota come equazione d’onda che descrive le onde che si propagano con l’elettrone in moto nell’atomo, attraverso una funzione matematica. L’equazione d’onda presenta come soluzioni delle funzioni chiamate funzioni d’onda ovvero delle funzioni delle tre coordinate spaziali e del tempo. Il suo valore, variabile da punto a punto, consente di determinare la probabilità di presenza della particella in ogni punto dello spazio in un certo intervallo di tempo. Il quadrato della funzione d’onda fornisce la probabilità che l’elettrone si trovi durante l’intervallo di tempo, in un volume il cui centro a coordinate definite. Dove il quadrato della funzione grande, è grande la probabilità di trovare l’elettrone. Funzione d’onda contiene tre numeri interi, chiamati numeri quantici e che possono assumere valori diversi. Questi numeri sono indicati con le lettere n, l e m. Un numero quantico è un numero che specifica il valore di una proprietà dell’elettrone e contribuisce a definire lo stato quantico dell’elettrone stesso. Alla funzione d’onda elettronica che contiene una particolare terna di numeri quantici si dà il nome di orbitale. L’orbitale è un’espressione matematica che consente di determinare l’energia dell’elettrone e di calcolare la probabilità di trovare l’elettrone in un qualunque punto dell’atomo. Esiste poi un quarto numero quantico che descrive una proprietà tipica dell’elettronica. Questo viene chiamato spin m Numero quantico principale n: Il numero quantico principale n definisce l’energia dell’elettrone e può assumere soltanto valori interi positivi. All’aumentare del valore di N aumenta la distanza dell’elettrone dal nucleo e sia un conseguente aumento dell’energia. Lo Stato a più bassa energia sia quando N è uguale a uno. Il numero di orbitali di un certo livello energetico corrisponde a N al quadrato. Numero quantico secondario l: Il numero quantico secondario può assumere tutti valori interi compresi tra zero e n-1. Il numero quantico l determina le caratteristiche geometriche della funzione di distribuzione della probabilità e definisce pertanto il sotto livello energetico a cui appartiene quel certo orbitale. I sotto livelli sono indicati con lettere: Numero quantico magnetico m: Il numero quantico magnetico Le termina la proprietà dell’atomo quando è sottoposto a un campo magnetico esterno. Questo può assumere tutti i valori compresi tra -l e +l incluso lo zero e definisce il numero di orbitali di ciascun sotto livello energetico. In assenza di campi magnetici esterni, gli orbitali possiedono la medesima energia. Se invece l’atomo è soggettato ad un campo magnetico esterno, a diversi valori di m, corrispondono valori di energia leggermente diversi. Numero quantico di spin m : Il quarto numero di quantico è il numero quantico magnetico di spin detto anche spin dell’elettronica e può assumere valori pari a +1/2 o -1/2 poiché a parità degli altri numeri quantici, per ciascun elettrone sono possibili due diversi stati energetici. Gli elettroni sono associati a un piccolo campo magnetico e quando sono immersi in un campo magnetico esterno creato da poli magnetici di forma irregolare, possono disporsi in due soli modi: parallelamente o antiparallelamente al campo stesso. Lo spin è una proprietà intrinseca dell’elettrone che si manifesta quando questo è sottoposto all’azione di un campo magnetico esterno disomogeneo. La scoperta dello spin, porta il fisico tedesco Wolfgang Pauli a enunciare nel 1925 una legge nota come il principio di esclusione di Pauli: Due elettroni che hanno la stessa serie di numeri quantici devono per forza avere un diverso numero quantico di spin. “Un orbitale può descrivere lo stato quantico di soli due elettroni; essi devono avere spin opposto cioè antiparallelo.” . S r . S . .
  • 6. La configurazione elettronica La configurazione elettronica dii un atomo o di uno ione è l’insieme degli orbitali necessari a descrivere tutti i suoi elementi e serve per rappresentare la struttura elettronica di un atomo. Per scrivere la configurazione elettronica di un atomo qualsiasi allo stato fondamentale si segue un procedimento detto principio di Aufbau che si articola in 4 punti: - determinare il numero di elettroni dell’atomo: per l’atomo neutro corrisponde a Z; - distribuire gli elettroni negli orbitali in ordine di energia crescente riportando all’esponente di ciascun orbitale il numero di elettroni che esso descrive; - se necessario riorganizzare la configurazione elettronica in base al valore di n crescente; - controllare che la somma di tutti gli esponenti corrisponda al numero di elettroni. La configurazione elettronica precedentemente rappresentata non consente di specificare la particolarità di due elettroni appartenenti allo stesso sotto livello in quanto questi tendono ad avere spin parallelo. Questa particolarità e nota come regola di Hund ed afferma: nella configurazione elettronica più stabile di un atomo, gli elettroni appartenenti a un medesimo sotto livello tendono ad assumere lo stesso spin. In questa configurazione un orbitale senza elettroni e indicato da un quadratino senza frecce; un orbitale con un solo elettrone, detto semipieno, da un quadratino con una freccia; un orbitale con due elettroni, detto pieno, da un quadratino con due frecce di segno opposto. . . . . . . . . . Ae E 2=23 ] → 15 ; 25 ; 2ps; 35 ; 3 p ' si Et - - he ] - > 15 ; 25 ; 2ps 35 ; zp ' P [7--25]-025 ; 25 ; 2ps ; 35 ; 3 P '
  • 7. Il sistema periodico Il sistema periodico attuale è il risultato di un processo di evoluzione che ha visto partecipar diversi scienziati. Il modello precedente a quello utilizzato attualmente, fu proposto dal chimico russo Mendeleev che nel 1871 propone una prima versione della tavola periodica la quale aveva come criterio d’ordine la massa atomica e non il numero atomico Z. Ma poiché all’aumentare di Z, aumenta anche la massa atomica, i due ordinamenti differiscono solo per poche coppie di elementi come argon-potassio. Mendeleev si era servito della legge della periodicità secondo la quale le proprietà fisiche e chimiche degli elementi sono una funzione periodica del loro numero atomico Z. Questa legge venne però compresa solamente nei primi decenni del Novecento con lo studio della configurazione elettronica che affermi il ripetersi periodicamente delle strutture elettroniche più esterne degli elementi, dopo aver completato un livello. Il numero e la disposizione degli elettroni sul livello più esterno, simili per gli elementi dello stesso gruppo, determinano la somiglianza delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi di un gruppo, ovvero degli elementi della stessa colonna. La periodicità è dovuta dunque alla struttura elettronica esterna degli elementi nella quale gli elettroni più esterni sono detti elettroni di valenza. Gli elementi Litio (Li), sodio (Na) e potassio (K) sono metalli che hanno proprietà chimiche e fisiche simili:reagiscono violentemente all’acqua, formano facilmente composti con ossigeno a temperatura ambiente, hanno bassa densità e bassi punti di fusione. Tali elementi, detti metalli alcalini, presentano una struttura elettronica caratteristica in quanto ciascun elemento ha un solo elettrone sul sottolivello più esterno s. Gli elementi berillio (Be), magnesio (Mg) e calcio (Ca) sono metalli che hanno proprietà chimiche e fisiche simili. Questi elementi sono detti metalli alcalino-terrosi e presentano una struttura elettronica simile in quanto ciascun elemento ha due elettroni nel guscio di valenza, ovvero nel sottolivello più esterno s. N.B. Numero di elettroni nel guscio di valenza corrisponde al numero romani del gruppo Informazioni riguardo la sua struttura: 1- il posto di ogni elemento dipende dal suo numero atomico Z (numero di protoni nel nucleo dell’atomo); 2- gli elementi presenti sono 118 e tutti quelli successivi all’uranio (92) sono artificiali; 3- le righe orizzontali formano 7 periodi il cui numero indica il livello principale di energia sul quale è possibile trovare gli elettroni di valenza di tutti gli elementi del periodo. Nei periodi il numero di elettroni di valenza cresce da sinistra verso destra e le proprietà cambiano sistematicamente lungo il periodo. I primi 3 periodi sono detti brevi in quanto, a eccezione del primo, essi contengono elementi il cui numero di elettroni esterni varia da 1 a 8 e appartengono tutti ai sottolivelli s e p. I periodi dal 4 al 7 sono detti lunghi in quanto: il quarto e il quinto contengono 18 elementi mentre il sesto e il settimo 32. In questo caso gli elettroni vanno a completare i sottolivelli d ed f appartenenti a livelli energetici inferiori rispetto quello di valenza. 4- gli elementi che chiudono i periodi sono i gas nobili, sei elementi caratterizzati da una bassissima reattività dovuta principalmente alla loro configurazione elettronica stabile; 5- le colonne verticali formano i gruppi che hanno doppia misurazione. La più importante è quella in numeri romani da 1 a 8 che interessa solo i gruppi principali in cui gli elettroni si dispongono a riempire i sottolivelli s e p; 6- fra i gruppi II e III si trovano numerosissimi elementi di transizione. Tali elementi metallici, dieci per ogni riga orizzontale, rispetto ai gas nobili che li precedono, hanno elettroni sia nel sottolivello s, sia in quello d appartenente al livello energetico inferiore rispetto quello di valenza; 7- in fondo alla tavola periodica sono presenti due file di 14 elementi metallici, che costituiscono le due serie dei lantanidi e degli attinidi. Questi metalli, rispetto ai gas nobili che li precedono, hanno gli elettroni sia nel sottolivello s corrispondente al periodo in cui si trova l’elemento, sia nel sottolivello f del livello energetico inferiore di due unità. La rappresentazione degli elettroni degli atomi è fornita dai simboli di Lewis. Per scrivere il simbolo di Lewis di un elemento si riporta il suo simbolo chimico e intorno a esso si dispongono gli elettroni di valenza, un punto per ciascuno dei quattro lati. Quando un atomo possiede più di quattro elettroni di valenza, i punti si dispongono in modo da creare coppie di punti.le strutture di Lewis sono utilizzate solo per gli atomi che hanno nel livello esterno elettroni dei sotto livelli s o p. . . .
  • 8. Le principali famiglie chimiche Gli elementi che appartengono allo stesso gruppo della tavola periodica presentano proprietà simili e questo è particolarmente vero per alcuni dei gruppi principali definiti famiglie. Gli elementi del gruppo I, fatta eccezione per l’idrogeno, sono chiamati metalli alcalini. Sono elementi particolarmente reattivi: devono essere conservati sotto petrolio perché appena esposti all’aria reagiscono con l’ossigeno perdendo la lucentezza metallica e coprendosi con una patina di ossido. Se a contatto con l’acqua, liberano gas idrogeno che può incendiarsi reagendo con l’ossigeno dell’aria. Questi perdono facilmente l’unico elettrone di valenza diventando ioni positivi con carica 1+. La famiglia dei metalli alcalino-terrosi comprende tutti gli elementi del gruppo II. Anche questi sono molto reattivi, la loro reattività aumenta scendendo lungo il gruppo ed è per questo che si trovano in natura come composti. Hanno, nel sotto livello s, due elettroni di valenza che tendono a perdere diventando ioni con carica 2+. Reagiscono a contatto con l’acqua ma meno vivacemente dei metalli alcalini. Al centro del sistema periodico vi sono i metalli di transizione del blocco d: essi si distinguono l’uno dall’altro per il diverso numero di elettroni, ma hanno proprietà molto simili. La loro reattività con l’acqua e minore rispetto a quella dei metalli dei gruppi precedenti. A questo blocco appartengono i metalli usati frequentemente nelle costruzioni, come ferro rame, i metalli preziosi come oro, argento e platino, e i metalli di rilevante importanza nelle nuove tecnologie come il titanio. Questi vengono utilizzati in leghe e non allo stato puro. Anche gli elementi del blocco F sono metalli. I lantanidi, gli elementi compresi tra lantanio (Z=57) e lutezio (Z=71), insieme all’ittrio (Z=39) e allo scandio (Z=21) sono detti terre rare. Hanno proprietà molto simili e per questo è stata difficoltosa la loro estrazione dei minerali. Il loro utilizzo conosciuto negli strumenti ad alta tecnologia. Gli attinidi, gli elementi compresi tra l’attinio (Z=90) e il Laurenzio (Z=103), hanno in comune la caratteristica di essere radioattivi. Gli elementi con Z>92, sono chiamati transuranici e sono stati prodotti artificialmente con un tempo di dimezzamento molto breve. Gli elementi del settimo gruppo sono chiamati alogeni. Allo stato elementare sono in forma di molecole diatomiche mentre a temperatura ambiente i primi due alogeni sono gas, fluoro e cloro, il bromo e liquido e lo iodio è un solido che sublima facilmente. Sono tutti elementi altamente reattivi e che acquistano facilmente un elettrone diventando ioni negativi con carica 1-. Gli elementi dell’ottavo gruppo sono chiamati gas nobili. Hanno una reattività quasi nulla: la scarsa tendenza a reagire di questo gruppo di elementi è dovuta al fatto che il loro livello esterno è completo, due elettroni riempiono il primo livello dell’elio mentre tutti gli altri elementi hanno otto elettroni. b Cocco S b. Cocco p Is b. Cocco d b Cocco f
  • 9. Proprietà atomiche e andamenti periodici Diverse proprietà dell’atomo sono legate al comportamento degli elettroni più esterni che sento non la carica positiva del nucleo. Se scorriamo lungo un periodo, possiamo notare come ogni volta che Z aumenta di un’unità, cresce di unità anche il numero di elettroni che si vanno a disporre all’incirca la stessa distanza del nucleo, sul livello con n=3. Se invece scendiamo lungo un gruppo è facile osservare che l’elettrone più esterno andrà occupare un sotto livello s appartenente a un livello con n sempre crescente. Queste osservazioni permettono di comprendere e prevedere come alcune proprietà degli elementi variano lungo i gruppi e lungo i periodi. Tra le proprietà che variano in modo periodico bisogno il raggio atomico, l’energia di ionizzazione, l’affinità elettronica e l’elettronegatività. Raggio atomico Gli atomi non hanno margini definiti ma con opportune tecniche, come la diffrazione dei raggi X, è possibile misurare i raggi atomici. Il raggio atomico è la metà della distanza minima di avvicinamento fra i nuclei di due atomi dello stesso elemento. Il raggio atomico varia periodicamente all’aumentare del numero periodico, esso aumenta di scendendo lungo un gruppo e diminuisce procedendo da sinistra a destra lungo un periodo. I fattori che influenza no il raggio atomico sono due: 1- il numero quantico principale n che lungo un periodo rimane invariato, ma aumenta scendendo lungo il gruppo; 2- Gli elettroni interni, distribuite nei livelli energetici inferiori, che schermano la carica positiva del nucleo. Procedendo da sinistra a destra, lungo un periodo, aumenta il numero atomico e di conseguenza anche la carica nucleare. Aumenta anche il numero di elettroni, ma questi appartengono allo stesso livello energetico. Ciò comporta l’incremento delle attrazioni tra nucleo ed elettroni e quindi una diminuzione del raggio atomico. Scendendo lungi un gruppo invece, gli elettroni più esterno occupano livelli più distinti dal nucleo e dunque risentono sempre meno dell’attrazione nucleare produce to un aumento del raggio atomico. Energia di ionizzazione Quando forniamo energia dall’atomo, i suoi elettroni possono effettuare transizioni verso i livelli più esterno che hanno energia superiore. Utilizzando quantità di energia sufficientemente grandi è possibile allontanare definitivamente l’elettrone dall’atomo attraverso un processo definito ionizzazione che comporta la trasformazione dell’atomo in ione positivo (catione). L’energia di prima ionizzazione (Ei) di un atomo è l’energia necessaria per rimuovere un elettrone dall’atomo stesso quando esso è allo stato gassoso: Se si fornisce una quantità di energia sufficiente, è possibile allontanare anche un secondo, terzo... elettrone ottenendo uno ione con carica positiva sempre più grande. L’energia di ionizzazione però aumenta ad ogni ionizzazione successiva in quanto è più difficile allontanare un elettone da uno ione positivo piuttosto che da un atomo neutro. Nell’analizzare le varie energie di ionizzazione si nota che all’interno di uno stesso livello l’energia di ionizzazione aumenta in modo graduale, ma questa subisce un considerevole incremento se si passa da un livello più esterno ad uno più interno. È possibile conoscere l’energia di ionizzazione di ogni elettrone di un elemento introducendo in un tubo di vetro sotto vuoto l’elemento in considerazione allo stato gassoso e bombardando i suoi atomi con un fascio di elettroni che possiedono un’elevata energia cinetica e che colpendo gli atomi ne causano l’espulsione di un elettrone esterno. Se si considerano le energie di prima ionizzazione di tutti gli elementi e si riportano su un grafico i valori in funzione del numero atomico, si nota che l’energia di prima ionizzazione ha un andamento periodico: essa aumenta lungo un periodo perché l’elettrone esterno è attratto da un maggior numero di protoni nel nucleo e diminuisce scendendo lungo il gruppo perché l’elettrone esterno si trova a distanze più grandi dal nucleo e risente dunque di minore forza attrattiva. L’elevata reattività dei metalli alcalini dipende dalla bassa energia di ionizzazione richiesta mentre la bassa reattività dei gas nobili è dovuta all’elevata energia di ionizzazione. Affinità elettronica Per ionizzare un atomo e trasformarlo in ione positivo (catione) bisogna fornire energia, ma se l’atomo acquista uno o più elettroni questi si trasforma in ione negativo (anione) e può liberare una certa quantità di energia. L’energia liberata è chiamata affinità elettronica e costituisce la tendenza di un atomo a formare ioni negativi. Dunque l’affinità elettronica è l’energia che si libera quanto l’atomo isolato in fase gassosa cattura un elettrone: L’affinità elettronica è determinabile sperimentalmente, analogamente all’energia di ionizzazione. Essa è massima per gli elementi a destra nella tavola periodica e aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo. Elettronegatività L’elettronegatività di un elemento misura la tendenza di un atomo ad attrarre a sé gli elettroni coinvolti in un legame e per,ette di prevedere se questi elettroni saranno equidistanti dai nuclei o se spostati verso uno dei due. Non è misurabile sperimentalmente ed esistono diverse scale di elettronegatività . Essa aumenta lungo il periodo in quanto aumenta la carica positiva del nucleo, diminuisce il raggio atomico e aumenta la forza attrattiva del nucleo e dunque la sua elettronegatività mentre diminuisce lungo il gruppo in quanto aumenta il raggio atomico e diminuisce la forza attrattiva del nucleo e dunque la sua elettronegatività. Essa non è una proprietà intrinseca, ma dipende dall’atomo con il quale un elemento interagisce. (g) + Energia C Ei ) -7A 'T gite - is kJ/moe . . . Augite - → Aig, -1 Energia E=kJ/moe
  • 10. Proprietà chimiche e andamenti periodici Molte delle proprietà chimiche degli elementi dipendo dalla loro tendenza a perdere elettroni o acquistare elettroni. Gli elementi della tavola periodica sono suddivisi in tre categorie in base alle loro proprietà chimiche o fisiche: Metalli Sono più di 80 e occupano la parte sinistra del sistema periodico. A temperatura ambiente sono solidi fatta eccezione per il mercurio che è liquido. Sono di colore grigio, tranne oro e rame, e hanno una caratteristica lucentezza metallica, sono buoni conduttori di calore ed elettricità e sono malleabili (fatta eccezione per antimonio, bismuto e manganese che sono duri e friabili). Il carattere metalli aumenta scendendo lungo un gruppo e diminuisce lungo un periodo. Le proprietà fisiche dei metalli dipendono dal singolare legame chimico che unisce atomi metallici infatti i loro elettroni più esterni si muovono liberamente da un atomo all’altro rendendoli buoni conduttori. Alcuni metalli come oro e platino non reagiscono facilmente e si trovano in natura soli allo stato elementare, ma per la maggior parte sono così reattivi da essere presenti solo sotto forma di composti. I metalli svolgono un ruolo importante nel nostro corpo come il ferro dell’emoglobina e lo zinco dell’insulina. Non metalli Occupano la parte in alto a destra del sistema periodico e le loro proprietà fisiche sono opposte a quelle dei metalli, ad esempio hanno una varietà di colori. A eccezione del carbonio, tutti i non metalli sono cattivi conduttori del calore e della corrente elettrica, si comportano infatti da isolanti. Possono essere gassosi e solidi (carbonio e zolfò che non sono né malleabili, né duttili, ma si frantumano). Il carbonio ha però un particolare comportamento: sotto forma di grafite è un discreto conduttore della corrente elettrica mentre sotto forma di diamante è il miglior conduttore di calore. Semimetalli Sono gli elementi di frontiera situati lungo il confine che separa i metalli dai non metalli; sono solidi a temperatura ambiente e hanno proprietà intermedie; non sono né conduttori, né isolanti, ma diventano ottimi semiconduttori quando contengono impurezze di elementi vicini
  • 11. I legami chimici Un legame chimico è l’unione di più atomi per formare molecole. Questo si forma se gli atomi legati tra loro hanno un’energia minore degli atomi separati infatti se l’energia potenziale di due atomi diminuisce, i due atomi si uniscono formando un legame chimico (principio dell’energia potenziale minima); se invece l’energia potenziale aumenta, il tentativo di unione fallisce e gli atomi non si legano tra di loro. Nella formazione degli aggregati di atomi, a partire da atomi isolati, si libera energia che corrisponde alla stessa energia che deve essere fornita al sistema per rompere i legami. L’energia di legame è dunque la quantità di energia che è necessario fornire ad una mole di sostanza per rompere i legami che tengono uniti tutti i suoi atomi. Tanto più grande è l’energia di legame, tanto più stabile è l’aggregato e tanto più forte è il legame che unisce gli atomi. Da qui deriva che quando gli atomi formano legami, essi tendono a raggiungere la configurazione elettronica esterna più stabile possibile cedendo o acquistando elettroni o mettendoli in comune fino a completare il livello elettronico. La regola dell’ottetto non è però ferrea perché esistono molecole che non raggiungono l’ottetto esterno o che presentano più di otto elettroni nello strato di valenza. La valenza rappresenta il numero di elettroni che un atomo guadagna, perde o mette in comune quando si lega con altri atomi; corrisponde dunque al numero di legami che esso è in grado di fornire. Quando gli atomi si avvicinano per formare un legame chimico, partecipano solo gli elettroni più esterni chiamati elettroni di valenza o di legame. Gli elementi dell’ottavo gruppo, i gas nobili, hanno una configurazione elettronica caratterizzata da otto elettroni esterni fatta eccezione per l’elio che ne ha solo due. I gas nobili, sono infatti costituiti da atomi isolati e hanno una reattività molto bassa dovuta alla stabilità degli atomi stessi. Ciò portò Lewis ad enunciare nel 1916 la regola dell’ottetto: “un atomo è particolarmente stabile quando ha otto elettroni nello strato di valenza”. . . . . .