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La	
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  concetti	
  
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  analoghi	
  al	
  sorriso	
  di	
  un	
  gatto	
  
che	
  non	
  c'è.
(Albert	
  Einstein)
L'astronomia ha sempre giocato un ruolo fondamentale per il progresso della
scienza, un ruolo primario sia nella scoperta di nuovi fenomeni naturali, sia
nello sviluppo di nuove tecnologie. In astronomia si sta aprendo una nuova
era grazie all'applicazione di rivoluzionari concetti nella teoria del campo
elettromagnetico, le vorticità ottiche, nell’applicazione delle conoscenze e
tecnologie della meccanica quantistica e nell’impiego di nanotecnologie, per
analizzare nuove informazioni codificate nella luce proveniente dai corpi
celesti.
Il nostro gruppo è stato fra i primi ad applicare con successo in astronomia ed
astrofisica il concetto di vorticità ottica del campo elettromagnetico.
I risultati delle nostre ricerche sono state presentate al Simposio Celsius di
Uppsala del 2010, per la Celsius-Linnaeus lecture, dedicata quest’anno alla
ricerca in fisica quantistica [1].
Questa notevole proprietà della luce è da poco impiegata sia nella fisica di
base, applicativa e teorica, che per applicazioni pratiche di laboratorio.
Il	
  momento	
  angolare	
  orbitale
Il campo elettromagnetico è formalmente descritto dalle equazioni di Maxwell.
Esistono delle particolari soluzioni in cui la luce può imprimere un moto
rotazionale a delle particelle materiali, come se fossero trascinate in un
vortice. In modo più rigoroso, le vorticità ottiche sono delle singolarità del
campo elettromagnetico lungo le quali non è possibile definire la fase delle
onde elettromagnetiche e quindi, essendo indeterminata la fluttuazione del
campo, questi deve per forza annullarsi [2].
Ne viene così disegnata una regione di oscurità in corrispondenza della
singolarità di fase, circondata da zone in cui è presente della luce avente fase
ben determinata, come l’occhio buio di un ciclone in un vortice di luce, come
mostrato in Fig. 1. In un vortice ottico, la fase della luce si avvolge un numero
intero di volte nello spazio di una sola lunghezza d’onda.
Un aspetto importante delle vorticità ottiche è il momento angolare orbitale
che, essendo definito in termini di vettore assiale, raggruppa tre dei 23 gradi
di libertà finora conosciuti cha presenta il campo elettromagnetico nel vuoto.
Questi gradi di libertà sono suddivisi in gradi di libertà interni, o proprietà
intrinseche del campo, e quelli non-intrinseci, ottenuti da simmetrie spazio-
temporali mediante il teorema di Noether applicato ai gruppi di Poincaré e di
Lorentz [3]. Ragionare in termini di simmetrie oltre ad essere elegante
permette di evidenziare delle proprietà fondamentali del campo. Le equazioni
di Maxwell hanno, infatti, delle notevoli proprietà matematiche che
riconducono direttamente ad una struttura analoga a quella di una teoria
quantistica di prima quantizzazione; infatti, dalle equazioni del campo
elettromagnetico, si può implementare direttamente una equazione d’onda
per il fotone, il quanto di luce. Questa notevole proprietà venne già
evidenziata da Majorana e Wigner nel loro tentativo di formulare una teoria
quantistica della radiazione, un formalismo che parla il linguaggio della
meccanica ed elettrodinamica quantistica [4].
L’importanza di questo concetto nel nostro contesto è fondamentale. Quando
si arriva al regime di fotone singolo, si applicano le leggi della meccanica
quantistica e pertanto la definizione classica di momento angolare perde il
suo significato fisico immediato, essendo descritto mediante due quantità fra
di loro complementari, quali coordinate ed impulso, che non sono
simultaneamente misurabili a causa del principio di indeterminazione di
Heisenberg. Questo pertanto ci obbliga a vedere i soliti concetti sotto un’altra
prospettiva.
In generale, la legge di conservazione del momento angolare è intesa come
una conseguenza dell’isotropia dello spazio quando è applicata ad un sistema
fisico isolato. Nel caso del campo elettromagnetico esiste anche un altro
aspetto del momento angolare da tenere in considerazione, vale a dire la
presenza del momento angolare intrinseco, o spin, del fotone, che non ha un
analogo corrispondente in meccanica classica. Per proprietà intrinseche
s’intendono quelle proprietà caratteristiche della particella che rimangono
valide per ogni osservatore; oltre allo spin, il fotone ha carica elettrica e
massa a riposo nulle.
Il momento angolare totale è allora espresso come la somma di due termini,
lo spin, e quello non intrinseco, o momento angolare orbitale (OAM).
E’ da notarsi che questa proprietà del campo non è semplicemente una mera
proprietà di un fronte d’onda o di un fascio di luce, la si può osservare e
manipolare anche a livello di fotone singolo [5,6]. L’errore concettuale più
comune è di ritenere impossibile che un fotone possa trasportare solo
proprietà intrinseche. Il fotone trasporta anche energia e momento, che
proprietà intrinseche non sono.
L’OAM trasportato da un fotone è direttamente proporzionale alla costante di
Planck per il numero l di avvolgimenti che presenta la fase in una lunghezza
d’onda. La vorticità ottica è pertanto una quantità discreta che può idealmente
assumere un valore infinito. Il numero l si chiama anche carica topologica del
vortice ottico. Quindi è possibile impacchettare all’interno di un solo fotone
una quantità enorme di informazioni [6] ed idealmente codificare centinaia di
canali sovrapposti e distinti nella stessa frequenza, potenziando qualsiasi tipo
di comunicazione.
Partendo dai lavori di Majorana del 1932, “Teoria relativistica di particelle con
momento intrinseco arbitrario” e da quello del 1937, “Teoria simmetrica
dell’elettrone e del positrone” [7,8] e nelle note non pubblicate sulla
quantizzazione del campo elettromagnetico, si può ricavare una prova
incontrovertibile sulla natura estrinseca dell’OAM della luce mediante il
formalismo della funzione d’onda per il fotone. Nel caso dello spin, intrinseco
è il valore unitario di spin dato dal rango della rappresentazione spinoriale,
ovvero il grado bosonico fondamentale della funzione d’onda nella
rappresentazione spazio/impulso [9]. Se il momento angolare orbitale fosse
intrinseco, la funzione d’onda dovrebbe avere rango infinito, il che
condurrebbe ad un assurdo [4]. Inoltre, essendo il fotone una particella
ultrarelativistica, spin e OAM non possono essere conservati e manipolati
separatamente poiché non esiste un sistema di riferimento inerziale ad esso
associabile, relativamente al quale un osservatore possa fare una misura di
solo spin con il fotone “in quiete”.
Pertanto si conserva solo il momento angolare totale dato dalla somma di
spin e OAM. È questa peculiarietà che rende possibile, in certi mezzi ottici
non omogenei ed anisotropi, che avvenga una trasformazione di spin in
momento angolare orbitale, e viceversa, pur conservando il momento
angolare totale.
Figura	
   1:	
   Da	
   sinistra	
   a	
   destra.	
   Due	
   fasci	
   gaussiani	
   sovrapposti	
   con	
   diversa	
   lunghezza	
  
d'onda	
  ed	
  i	
  corrispondenti	
  vortici	
  ottici	
  con	
  carica	
  topologica	
  l=1	
  e	
  l=2	
  .
La	
  nostra	
  ricerca:
Superrisoluzione
Il nostro primo contributo di un certo rilievo in questo ambito è quello di
aumentare di oltre un’ordine di grandezza il potere risolutivo di un qualsiasi
strumento ottico limitato dagli effetti della diffrazione. Il potere risolutivo è dato
dal criterio di risoluzione di Rayleigh, che stabilisce un limite alla quantità di
dettagli, e quindi di informazione, che si può ottenere da uno strumento ottico
[10].
Abbiamo scoperto che si ottiene questo miglioramento impartendo alla luce
delle sorgenti che stiamo osservando una ben definita vorticità ottica, in modo
da utilizzare le proprietà topologiche dei vortici ottici stessi [11].
Le implicazioni di questa scoperta hanno un’importanza fondamentale in tutte
le branche della ricerca che si avvalgono di strumenti ottici quali microscopi e
telescopi.
Esistono già delle tecniche affermate, come la microscopia STED a
fluorescenza, che permettono un superamento del limite di diffrazione, ma
con risultato assai inferiore rispetto al nostro metodo [12,13].
Facciamo un esempio. Se andiamo ad applicare questa nostra tecnica al
telescopio, si riesce ad andare oltre dieci volte il limite di Rayleigh. Un
telescopio di 2.4 metri di apertura come il telescopio spaziale Hubble avrebbe
quindi la possibilità di risolvere due stelle fra di loro vicine come se fosse un
telescopio con un’apertura di almeno 24 metri.
Un classico problema per un astronomo è infatti quello di stabilire con
certezza se una sorgente è costituita da una stella singola o doppia. Se non ci
sono disturbi eccessivi da parte dell’atmosfera, l’immagine di una stella
puntiforme è data da un’immagine di diffrazione, quella riportata nel riquadro
più in basso a sinistra della Fig.2, dove si vede, in negativo, una figura ad
anelli concentrici (anelli di Airy) disposti attorno ad un massimo d’intensità.
Il criterio di Rayleigh afferma che l’immagine di diffrazione di due sorgenti
puntiformi egualmente luminose sono da considerarsi risolte solo quando il
massimo d’intensità di una delle sorgenti si sovrappone al minimo dell’altra.
La definizione storica del criterio di separabilità fa riferimento ad un profilo a
doppio picco, ottenuto sezionando le due figure di diffrazione lungo i massimi
d’intensità, che presenta un minimo centrale del 5% più basso dei massimi
d’intensità. Questo si riferisce ad un rapporto segnale / rumore (S/N) di 60 [5].
Rifacendoci a questa definizione, abbiamo formulato un criterio simile a quello
di Rayleigh per I vortici ottici.
Come riportato in Fig. 2, abbiamo simulato in laboratorio e numericamente
differenti gradi di separazione di due sorgenti puntiformi all’infinito viste al
telescopio. Da sinistra a destra, la riga in basso mostra le immagini di
diffrazione di due sorgenti sovrapposte e non risolte, in fase di separazione
progressiva fino a giungere ad una separazione angolare di 0.8 volte quanto
stabilito dal criterio di Rayleigh.
La seconda riga mostra le stesse situazioni ottenute però utilizzando i vortici
ottici. Si nota subito la presenza di due sorgenti distinte ancora quando le
immagini di diffrazione sembrano sovrapposte. La riga più in alto è il risultato
ottenuto con il modello matematico che conforta l’esattezza dell’approccio
sperimentale adottato.
Per definire con maggior precisione questa separazione ed il vantaggio che
possiamo ottenere a parità di rapporto segnale/rumore, facciamo una sezione
della figura lungo l’asse principale e studiamo il problema in due dimensioni
come per il criterio di Rayleigh, come riportato nella figura 3.
Figura	
  3:	
  Separabilità	
  secondo	
  Rayleigh	
  con	
  dischi	
  di	
  Airy	
  e	
  con	
  vortici	
  ottici
Il pannello a sinistra mostra due sorgenti separate in accordo con il criterio di
Rayleigh. Il minimo di una coincide con il massimo dell’altra. Nel caso dei
vortici ottici, quando un vortice è disassato rispetto all’asse ottico presenta
un’asimmetria che dipende, mediante una relazione ben precisa, dalla
distanza del centro del vortice dall’asse ottico. Nella sezione bidimensionale si
vede chiaramente che un picco, ottenuto sezionando il vortice asimmetrico
lungo l’asse dello spostamento passante per il centro di simmetria, si abbassa
rispetto all’altro. Se andiamo a calcolare a che distanza angolare corrisponde
il 5% di differenza mimando il criterio di Rayleigh, troviamo che per luce
Figura	
  2	
  :	
  	
  superrisoluzione	
  mediante	
  vortici	
  ottici
bianca non coerente si arriva a migliorare la risoluzione del telescopio fino a
10 volte, mentre con luce laser coerente, che produce vortici ottici con carica
topologica pura, uno riesce ad arrivare ad un miglioramento di 50 volte.
Figura	
   4:	
   rapporti	
  di	
  intensità	
   dei	
   picchi	
  principali	
  prodotti	
  da	
   sorgenti	
   separate.	
   I	
  dati	
  
sperimentali	
  mostrano	
  un	
  ottimo	
  accordo	
  con	
  quanto	
  atteso	
  dalla	
  teoria.	
  L’inserto	
  in	
  alto	
  a	
  
destra	
  mostra	
  come	
  si	
  potrebbero	
  separare	
  dei	
  vortici	
  ottici	
  con	
  diversa	
  carica	
  topologica	
  
facendo	
  coincidere	
   la	
   zona	
   oscura	
   di	
   uno	
   con	
   un	
   massimo	
   dell’altro.	
   Si	
   vede	
   che	
   c’è	
   un	
  
vantaggio	
  che	
  permette	
  di	
  superare	
  di	
  quasi	
  2	
  volte	
  il	
  criterio	
  di	
  separabilità	
  solo	
  con	
  l=1,	
  
poi	
  il	
  vortice	
  ingrandisce	
  all’aumentare	
  del	
  valore	
  di	
  vorticità.
La figura 4 rappresenta il nostro criterio di separabilità: vi è riportato il
rapporto dei massimi d’intensità, relativamente alla separazione delle due
sorgenti test, ponendo il classico limite di diffrazione pari ad 1. La curva
continua è quanto è atteso dalla teoria, e descrive molto bene la distribuzione
dei dati sperimentali ottenuti con una sorgente monocromatica quale il laser.
In quest’ultimo caso si arriva a migliorare di ben 50 volte la risoluzione dello
strumento ottico. In luce bianca, invece, i vortici ottici sono costituiti da
sovrapposizioni di differenti vortici monocromatici e pertanto si perde in
contrasto, quindi il guadagno che si può ottenere con il criterio del 5% come
fatto da Rayleigh con le classiche immagini di diffrazione, è di ben 10 volte.
Uno studio teorico è stato fatto anche in diffrazione di Fraunhofer [14].
In natura nulla è gratis. Quello che si guadagna in risoluzione si deve
compensare con un maggiore tempo di esposizione, anche se di ben inferiore
alle dieci volte richieste. Stiamo facendo proprio in questo periodo una ricerca
per vedere se si può ulteriormente migliorare questo criterio di risoluzione
sfruttando la geometria dei vortici ottici.
Con un semplice ragionamento, utilizzando in modo diverso la stessa tecnica,
si può aumentare di altrettanto la precisione del puntamento in cielo dello
strumento.
Le applicazioni di questa tecnica riguardano non solo l’astronomia bensì
anche microscopia e discipline correlate, quale biologia e medicina.
Prove	
  al	
  telescopio
Il nostro gruppo è stato il primo a generare dei vortici ottici usando la luce
delle stelle utilizzando il telescopio di 122 cm di Asiago [15]. Questo primo
passo serviva a testare le difficoltà prettamente sperimentali per ottenere dei
vortici ottici con il massimo contrasto (Figg 5 e 6). Lo scopo finale è quello di
costruire un coronografo che utilizza il momento angolare orbitale della luce
per vedere pianeti extrasolari. La teoria suggerisce che in condizioni ottimali si
possono vedere direttamente pianeti di tipo terrestre, “spegnendo” la luce
della stella ospite più di un miliardo di volte [16]. È come cercare di vedere la
marca di un’auto quando questa è al buio ed ha i fari abbaglianti accesi.
Abbiamo impartito OAM alla luce delle stelle utilizzando delle maschere di
fase realizzate con nanotecnologie all’interno del nostro gruppo mostrate in
Fig. 7 [17,18].
Figura	
  5:	
  Setup	
  al	
  telescopio	
  di	
  Asiago	
  per	
  vortici	
  ottici
Figura	
  7:	
  Maschere	
  di	
  fase	
  a	
  8,	
  64	
  e	
  512	
  livelli
Figura	
  6:	
  Vortici	
  ottici	
  generati	
  dalla	
  stella	
  doppia	
  Rasalgethi
Applicazioni	
  astrofisiche
Heitler nel 1936 [19], in seguito ad una discussione con Majorana, diede del
momento angolare orbitale una formulazione classica associata con la
sorgente utilizzando una espansione multipolare del campo, ma questo
approccio implicava l’esistenza di una componente longitudinale del campo
elettrico in un’onda elettromagnetica piana, indissolubilmente legata ad un
fotone dotato di massa. Quindi in questo tipo di formulazione il momento
angolare orbitale diventava solamente un termine multipolare associato ad
onde sferiche che andava a zero all’infinito. Solo in seguito si è visto che il
momento angolare orbitale generato anche da una semplice radiazione di
dipolo può essere trasportato all’infinito, come descritto in [3].
In questo modo, è possibile rilevare l’eventuale presenza di momento
angolare orbitale nella radiazione emessa da un corpo celeste e
caratterizzare anche la materia che ha attraversato la radiazione, come il
plasma interstellare [20] o lo spazio circostante ad un buco nero ruotante.
Maggiori dettagli di queste applicazioni si trovano in [21].
Il	
  gruppo:
Il nostro gruppo si è formato in seguito ad una collaborazione multidisciplinare
fra astronomia, fisica della materia, fisica teorica e nanotecnologie. È
composto da Fabrizio Tamburini, Cesare Barbieri, Antonio Bianchini, Filippo
Romanato dell’Università di Padova in collaborazione con Bo Thidé
dell’Università di Uppsala (Svezia). Fra i nostri collaboratori ci sono studenti di
dottorato Elettra Mari ed Anna Sponselli e Gabriele Anzolin ora all’ICFO a
Barcellona. Collaboriamo inoltre attivamente con i maggiori esperti
internazionali in questo campo.
Bibliografia:
[1] Karlsson, E., Fysikaktuellt, 2, 22-23, 2010, http://www.fysikersamfundet.se/
Fysikaktuellt.html
[2] Molina-Terriza, G., Torres, J.P. and Torner, L., Nature Physics, 3, 305 – 310 (2007).
[3] Bo Thide´, Electromagnetic Field Theory, 2nd ed. Dover Publications, Mineola, NY, USA,
ISBN 978-0-486-4773-2 (in press, 2010).
[4] Tamburini, F. and Vicino, D., Phys. Rev. A, 78, 052116 (2008).
[5] Leach, J., Padgett, M. J., Barnett, S. M., Franke-Arnold, S. and Courtial, S., Phys. Rev.
Lett., 88, 257901(4) (2002).
[6] Mair, A., Vaziri, A., Weihs, G. and Zeilinger, A., Nature, 412, 313–316 (2001).
[7] Majorana, E., 9, 335–344 (1932).
[8] Majorana, E., 14, 171-184 (1937).
[9] V. B. Berestetskii, E. M. Lifshitz, and V. B. Pitaevskii, “Relativistic Quantum Theory”,
Course of theoretical physics, edited by Landau, L. D. (series); Lifshitz, E. M. (series),
Pergamon Press, Oxford, UK, (1971).
[10] Hecht, E., “Optics”, Fourth ed., Addison-Wesley, San Francisco (2002).
[11] Tamburini, F., Anzolin, G., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. Lett., 97, 163903(4)
(2006).
[12] Hell, S. W. and J. Wichmann, Opt. Lett. 19(11): 780-782 (1994).
[13] Klar, T. A., Jakobs, S., Dyba, M., Egner, A. and Hell, S. W., PNAS USA 97(15):
8206-8210 (2000).
[14] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. A, 79, 033845 (2009).
[15] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A., Umbriaco, G. and Barbieri, C., Astron.
Astrophys., 488, 1159–1165 (2008).
[16] G. A. Swartzlander, Jr., Opt. Lett., 26, 497–499 (2001).
[17] Mari, E., Anzolin, G., Tamburini, F. et al., Opt. Exp. 18, 2339(5) (2010).
[18] Prasciolu, M., Tamburini, F., Anzolin, G. et al., Microelectronic Engineering, 86,
1103-1106 (2009).
[19] Heitler, W., “The Quantum Theory of Radiation”, 3rd ed., Clarendon Press, Oxford, UK
(1954).
[20] Tamburini, F., Sponselli, A., Thidé, B., Mendonça, J. T., EPL, 90, 45001 (2010).
[21] Thidé, B., Elias II, N. M., Tamburini, F., Mohammadi S. M., and Mendonça, J. T.,
“Applications of Electromagnetic OAM in Astrophysics and Space Physics Studies” in
“Applications of Light With Orbital Angular Momentum, Harnessing and Observing Nature
Through the Shape of Light”. Edited by Juan P. Perez and Lluis Torner, Wiley-VCH,Verlag
GMBH & Co. KgaA (in press 2010).

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Vorticita ottiche in astronomia

  • 1. Vor$cità  o*che  in  Astronomia Approfondimento La  $isica  contemporanea  è  basata  su  concetti   qualche  volta  analoghi  al  sorriso  di  un  gatto   che  non  c'è. (Albert  Einstein) L'astronomia ha sempre giocato un ruolo fondamentale per il progresso della scienza, un ruolo primario sia nella scoperta di nuovi fenomeni naturali, sia nello sviluppo di nuove tecnologie. In astronomia si sta aprendo una nuova era grazie all'applicazione di rivoluzionari concetti nella teoria del campo elettromagnetico, le vorticità ottiche, nell’applicazione delle conoscenze e tecnologie della meccanica quantistica e nell’impiego di nanotecnologie, per analizzare nuove informazioni codificate nella luce proveniente dai corpi celesti. Il nostro gruppo è stato fra i primi ad applicare con successo in astronomia ed astrofisica il concetto di vorticità ottica del campo elettromagnetico. I risultati delle nostre ricerche sono state presentate al Simposio Celsius di Uppsala del 2010, per la Celsius-Linnaeus lecture, dedicata quest’anno alla ricerca in fisica quantistica [1]. Questa notevole proprietà della luce è da poco impiegata sia nella fisica di base, applicativa e teorica, che per applicazioni pratiche di laboratorio. Il  momento  angolare  orbitale Il campo elettromagnetico è formalmente descritto dalle equazioni di Maxwell. Esistono delle particolari soluzioni in cui la luce può imprimere un moto rotazionale a delle particelle materiali, come se fossero trascinate in un vortice. In modo più rigoroso, le vorticità ottiche sono delle singolarità del campo elettromagnetico lungo le quali non è possibile definire la fase delle onde elettromagnetiche e quindi, essendo indeterminata la fluttuazione del campo, questi deve per forza annullarsi [2]. Ne viene così disegnata una regione di oscurità in corrispondenza della singolarità di fase, circondata da zone in cui è presente della luce avente fase ben determinata, come l’occhio buio di un ciclone in un vortice di luce, come mostrato in Fig. 1. In un vortice ottico, la fase della luce si avvolge un numero intero di volte nello spazio di una sola lunghezza d’onda. Un aspetto importante delle vorticità ottiche è il momento angolare orbitale che, essendo definito in termini di vettore assiale, raggruppa tre dei 23 gradi di libertà finora conosciuti cha presenta il campo elettromagnetico nel vuoto. Questi gradi di libertà sono suddivisi in gradi di libertà interni, o proprietà intrinseche del campo, e quelli non-intrinseci, ottenuti da simmetrie spazio- temporali mediante il teorema di Noether applicato ai gruppi di Poincaré e di
  • 2. Lorentz [3]. Ragionare in termini di simmetrie oltre ad essere elegante permette di evidenziare delle proprietà fondamentali del campo. Le equazioni di Maxwell hanno, infatti, delle notevoli proprietà matematiche che riconducono direttamente ad una struttura analoga a quella di una teoria quantistica di prima quantizzazione; infatti, dalle equazioni del campo elettromagnetico, si può implementare direttamente una equazione d’onda per il fotone, il quanto di luce. Questa notevole proprietà venne già evidenziata da Majorana e Wigner nel loro tentativo di formulare una teoria quantistica della radiazione, un formalismo che parla il linguaggio della meccanica ed elettrodinamica quantistica [4]. L’importanza di questo concetto nel nostro contesto è fondamentale. Quando si arriva al regime di fotone singolo, si applicano le leggi della meccanica quantistica e pertanto la definizione classica di momento angolare perde il suo significato fisico immediato, essendo descritto mediante due quantità fra di loro complementari, quali coordinate ed impulso, che non sono simultaneamente misurabili a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg. Questo pertanto ci obbliga a vedere i soliti concetti sotto un’altra prospettiva. In generale, la legge di conservazione del momento angolare è intesa come una conseguenza dell’isotropia dello spazio quando è applicata ad un sistema fisico isolato. Nel caso del campo elettromagnetico esiste anche un altro aspetto del momento angolare da tenere in considerazione, vale a dire la presenza del momento angolare intrinseco, o spin, del fotone, che non ha un analogo corrispondente in meccanica classica. Per proprietà intrinseche s’intendono quelle proprietà caratteristiche della particella che rimangono valide per ogni osservatore; oltre allo spin, il fotone ha carica elettrica e massa a riposo nulle. Il momento angolare totale è allora espresso come la somma di due termini, lo spin, e quello non intrinseco, o momento angolare orbitale (OAM). E’ da notarsi che questa proprietà del campo non è semplicemente una mera proprietà di un fronte d’onda o di un fascio di luce, la si può osservare e manipolare anche a livello di fotone singolo [5,6]. L’errore concettuale più comune è di ritenere impossibile che un fotone possa trasportare solo proprietà intrinseche. Il fotone trasporta anche energia e momento, che proprietà intrinseche non sono. L’OAM trasportato da un fotone è direttamente proporzionale alla costante di Planck per il numero l di avvolgimenti che presenta la fase in una lunghezza d’onda. La vorticità ottica è pertanto una quantità discreta che può idealmente assumere un valore infinito. Il numero l si chiama anche carica topologica del vortice ottico. Quindi è possibile impacchettare all’interno di un solo fotone una quantità enorme di informazioni [6] ed idealmente codificare centinaia di canali sovrapposti e distinti nella stessa frequenza, potenziando qualsiasi tipo di comunicazione. Partendo dai lavori di Majorana del 1932, “Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario” e da quello del 1937, “Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone” [7,8] e nelle note non pubblicate sulla quantizzazione del campo elettromagnetico, si può ricavare una prova
  • 3. incontrovertibile sulla natura estrinseca dell’OAM della luce mediante il formalismo della funzione d’onda per il fotone. Nel caso dello spin, intrinseco è il valore unitario di spin dato dal rango della rappresentazione spinoriale, ovvero il grado bosonico fondamentale della funzione d’onda nella rappresentazione spazio/impulso [9]. Se il momento angolare orbitale fosse intrinseco, la funzione d’onda dovrebbe avere rango infinito, il che condurrebbe ad un assurdo [4]. Inoltre, essendo il fotone una particella ultrarelativistica, spin e OAM non possono essere conservati e manipolati separatamente poiché non esiste un sistema di riferimento inerziale ad esso associabile, relativamente al quale un osservatore possa fare una misura di solo spin con il fotone “in quiete”. Pertanto si conserva solo il momento angolare totale dato dalla somma di spin e OAM. È questa peculiarietà che rende possibile, in certi mezzi ottici non omogenei ed anisotropi, che avvenga una trasformazione di spin in momento angolare orbitale, e viceversa, pur conservando il momento angolare totale. Figura   1:   Da   sinistra   a   destra.   Due   fasci   gaussiani   sovrapposti   con   diversa   lunghezza   d'onda  ed  i  corrispondenti  vortici  ottici  con  carica  topologica  l=1  e  l=2  . La  nostra  ricerca: Superrisoluzione Il nostro primo contributo di un certo rilievo in questo ambito è quello di aumentare di oltre un’ordine di grandezza il potere risolutivo di un qualsiasi strumento ottico limitato dagli effetti della diffrazione. Il potere risolutivo è dato dal criterio di risoluzione di Rayleigh, che stabilisce un limite alla quantità di dettagli, e quindi di informazione, che si può ottenere da uno strumento ottico [10]. Abbiamo scoperto che si ottiene questo miglioramento impartendo alla luce delle sorgenti che stiamo osservando una ben definita vorticità ottica, in modo da utilizzare le proprietà topologiche dei vortici ottici stessi [11]. Le implicazioni di questa scoperta hanno un’importanza fondamentale in tutte
  • 4. le branche della ricerca che si avvalgono di strumenti ottici quali microscopi e telescopi. Esistono già delle tecniche affermate, come la microscopia STED a fluorescenza, che permettono un superamento del limite di diffrazione, ma con risultato assai inferiore rispetto al nostro metodo [12,13]. Facciamo un esempio. Se andiamo ad applicare questa nostra tecnica al telescopio, si riesce ad andare oltre dieci volte il limite di Rayleigh. Un telescopio di 2.4 metri di apertura come il telescopio spaziale Hubble avrebbe quindi la possibilità di risolvere due stelle fra di loro vicine come se fosse un telescopio con un’apertura di almeno 24 metri. Un classico problema per un astronomo è infatti quello di stabilire con certezza se una sorgente è costituita da una stella singola o doppia. Se non ci sono disturbi eccessivi da parte dell’atmosfera, l’immagine di una stella puntiforme è data da un’immagine di diffrazione, quella riportata nel riquadro più in basso a sinistra della Fig.2, dove si vede, in negativo, una figura ad anelli concentrici (anelli di Airy) disposti attorno ad un massimo d’intensità. Il criterio di Rayleigh afferma che l’immagine di diffrazione di due sorgenti puntiformi egualmente luminose sono da considerarsi risolte solo quando il massimo d’intensità di una delle sorgenti si sovrappone al minimo dell’altra. La definizione storica del criterio di separabilità fa riferimento ad un profilo a doppio picco, ottenuto sezionando le due figure di diffrazione lungo i massimi d’intensità, che presenta un minimo centrale del 5% più basso dei massimi d’intensità. Questo si riferisce ad un rapporto segnale / rumore (S/N) di 60 [5]. Rifacendoci a questa definizione, abbiamo formulato un criterio simile a quello di Rayleigh per I vortici ottici. Come riportato in Fig. 2, abbiamo simulato in laboratorio e numericamente differenti gradi di separazione di due sorgenti puntiformi all’infinito viste al telescopio. Da sinistra a destra, la riga in basso mostra le immagini di diffrazione di due sorgenti sovrapposte e non risolte, in fase di separazione progressiva fino a giungere ad una separazione angolare di 0.8 volte quanto stabilito dal criterio di Rayleigh. La seconda riga mostra le stesse situazioni ottenute però utilizzando i vortici ottici. Si nota subito la presenza di due sorgenti distinte ancora quando le immagini di diffrazione sembrano sovrapposte. La riga più in alto è il risultato ottenuto con il modello matematico che conforta l’esattezza dell’approccio sperimentale adottato.
  • 5. Per definire con maggior precisione questa separazione ed il vantaggio che possiamo ottenere a parità di rapporto segnale/rumore, facciamo una sezione della figura lungo l’asse principale e studiamo il problema in due dimensioni come per il criterio di Rayleigh, come riportato nella figura 3. Figura  3:  Separabilità  secondo  Rayleigh  con  dischi  di  Airy  e  con  vortici  ottici Il pannello a sinistra mostra due sorgenti separate in accordo con il criterio di Rayleigh. Il minimo di una coincide con il massimo dell’altra. Nel caso dei vortici ottici, quando un vortice è disassato rispetto all’asse ottico presenta un’asimmetria che dipende, mediante una relazione ben precisa, dalla distanza del centro del vortice dall’asse ottico. Nella sezione bidimensionale si vede chiaramente che un picco, ottenuto sezionando il vortice asimmetrico lungo l’asse dello spostamento passante per il centro di simmetria, si abbassa rispetto all’altro. Se andiamo a calcolare a che distanza angolare corrisponde il 5% di differenza mimando il criterio di Rayleigh, troviamo che per luce Figura  2  :    superrisoluzione  mediante  vortici  ottici
  • 6. bianca non coerente si arriva a migliorare la risoluzione del telescopio fino a 10 volte, mentre con luce laser coerente, che produce vortici ottici con carica topologica pura, uno riesce ad arrivare ad un miglioramento di 50 volte. Figura   4:   rapporti  di  intensità   dei   picchi  principali  prodotti  da   sorgenti   separate.   I  dati   sperimentali  mostrano  un  ottimo  accordo  con  quanto  atteso  dalla  teoria.  L’inserto  in  alto  a   destra  mostra  come  si  potrebbero  separare  dei  vortici  ottici  con  diversa  carica  topologica   facendo  coincidere   la   zona   oscura   di   uno   con   un   massimo   dell’altro.   Si   vede   che   c’è   un   vantaggio  che  permette  di  superare  di  quasi  2  volte  il  criterio  di  separabilità  solo  con  l=1,   poi  il  vortice  ingrandisce  all’aumentare  del  valore  di  vorticità. La figura 4 rappresenta il nostro criterio di separabilità: vi è riportato il rapporto dei massimi d’intensità, relativamente alla separazione delle due sorgenti test, ponendo il classico limite di diffrazione pari ad 1. La curva continua è quanto è atteso dalla teoria, e descrive molto bene la distribuzione dei dati sperimentali ottenuti con una sorgente monocromatica quale il laser. In quest’ultimo caso si arriva a migliorare di ben 50 volte la risoluzione dello strumento ottico. In luce bianca, invece, i vortici ottici sono costituiti da sovrapposizioni di differenti vortici monocromatici e pertanto si perde in contrasto, quindi il guadagno che si può ottenere con il criterio del 5% come fatto da Rayleigh con le classiche immagini di diffrazione, è di ben 10 volte. Uno studio teorico è stato fatto anche in diffrazione di Fraunhofer [14]. In natura nulla è gratis. Quello che si guadagna in risoluzione si deve compensare con un maggiore tempo di esposizione, anche se di ben inferiore alle dieci volte richieste. Stiamo facendo proprio in questo periodo una ricerca per vedere se si può ulteriormente migliorare questo criterio di risoluzione sfruttando la geometria dei vortici ottici. Con un semplice ragionamento, utilizzando in modo diverso la stessa tecnica, si può aumentare di altrettanto la precisione del puntamento in cielo dello strumento. Le applicazioni di questa tecnica riguardano non solo l’astronomia bensì anche microscopia e discipline correlate, quale biologia e medicina.
  • 7. Prove  al  telescopio Il nostro gruppo è stato il primo a generare dei vortici ottici usando la luce delle stelle utilizzando il telescopio di 122 cm di Asiago [15]. Questo primo passo serviva a testare le difficoltà prettamente sperimentali per ottenere dei vortici ottici con il massimo contrasto (Figg 5 e 6). Lo scopo finale è quello di costruire un coronografo che utilizza il momento angolare orbitale della luce per vedere pianeti extrasolari. La teoria suggerisce che in condizioni ottimali si possono vedere direttamente pianeti di tipo terrestre, “spegnendo” la luce della stella ospite più di un miliardo di volte [16]. È come cercare di vedere la marca di un’auto quando questa è al buio ed ha i fari abbaglianti accesi. Abbiamo impartito OAM alla luce delle stelle utilizzando delle maschere di fase realizzate con nanotecnologie all’interno del nostro gruppo mostrate in Fig. 7 [17,18]. Figura  5:  Setup  al  telescopio  di  Asiago  per  vortici  ottici
  • 8. Figura  7:  Maschere  di  fase  a  8,  64  e  512  livelli Figura  6:  Vortici  ottici  generati  dalla  stella  doppia  Rasalgethi
  • 9. Applicazioni  astrofisiche Heitler nel 1936 [19], in seguito ad una discussione con Majorana, diede del momento angolare orbitale una formulazione classica associata con la sorgente utilizzando una espansione multipolare del campo, ma questo approccio implicava l’esistenza di una componente longitudinale del campo elettrico in un’onda elettromagnetica piana, indissolubilmente legata ad un fotone dotato di massa. Quindi in questo tipo di formulazione il momento angolare orbitale diventava solamente un termine multipolare associato ad onde sferiche che andava a zero all’infinito. Solo in seguito si è visto che il momento angolare orbitale generato anche da una semplice radiazione di dipolo può essere trasportato all’infinito, come descritto in [3]. In questo modo, è possibile rilevare l’eventuale presenza di momento angolare orbitale nella radiazione emessa da un corpo celeste e caratterizzare anche la materia che ha attraversato la radiazione, come il plasma interstellare [20] o lo spazio circostante ad un buco nero ruotante. Maggiori dettagli di queste applicazioni si trovano in [21]. Il  gruppo: Il nostro gruppo si è formato in seguito ad una collaborazione multidisciplinare fra astronomia, fisica della materia, fisica teorica e nanotecnologie. È composto da Fabrizio Tamburini, Cesare Barbieri, Antonio Bianchini, Filippo Romanato dell’Università di Padova in collaborazione con Bo Thidé dell’Università di Uppsala (Svezia). Fra i nostri collaboratori ci sono studenti di dottorato Elettra Mari ed Anna Sponselli e Gabriele Anzolin ora all’ICFO a Barcellona. Collaboriamo inoltre attivamente con i maggiori esperti internazionali in questo campo.
  • 10. Bibliografia: [1] Karlsson, E., Fysikaktuellt, 2, 22-23, 2010, http://www.fysikersamfundet.se/ Fysikaktuellt.html [2] Molina-Terriza, G., Torres, J.P. and Torner, L., Nature Physics, 3, 305 – 310 (2007). [3] Bo Thide´, Electromagnetic Field Theory, 2nd ed. Dover Publications, Mineola, NY, USA, ISBN 978-0-486-4773-2 (in press, 2010). [4] Tamburini, F. and Vicino, D., Phys. Rev. A, 78, 052116 (2008). [5] Leach, J., Padgett, M. J., Barnett, S. M., Franke-Arnold, S. and Courtial, S., Phys. Rev. Lett., 88, 257901(4) (2002). [6] Mair, A., Vaziri, A., Weihs, G. and Zeilinger, A., Nature, 412, 313–316 (2001). [7] Majorana, E., 9, 335–344 (1932). [8] Majorana, E., 14, 171-184 (1937). [9] V. B. Berestetskii, E. M. Lifshitz, and V. B. Pitaevskii, “Relativistic Quantum Theory”, Course of theoretical physics, edited by Landau, L. D. (series); Lifshitz, E. M. (series), Pergamon Press, Oxford, UK, (1971). [10] Hecht, E., “Optics”, Fourth ed., Addison-Wesley, San Francisco (2002). [11] Tamburini, F., Anzolin, G., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. Lett., 97, 163903(4) (2006). [12] Hell, S. W. and J. Wichmann, Opt. Lett. 19(11): 780-782 (1994). [13] Klar, T. A., Jakobs, S., Dyba, M., Egner, A. and Hell, S. W., PNAS USA 97(15): 8206-8210 (2000). [14] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. A, 79, 033845 (2009). [15] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A., Umbriaco, G. and Barbieri, C., Astron. Astrophys., 488, 1159–1165 (2008). [16] G. A. Swartzlander, Jr., Opt. Lett., 26, 497–499 (2001). [17] Mari, E., Anzolin, G., Tamburini, F. et al., Opt. Exp. 18, 2339(5) (2010). [18] Prasciolu, M., Tamburini, F., Anzolin, G. et al., Microelectronic Engineering, 86, 1103-1106 (2009). [19] Heitler, W., “The Quantum Theory of Radiation”, 3rd ed., Clarendon Press, Oxford, UK (1954). [20] Tamburini, F., Sponselli, A., Thidé, B., Mendonça, J. T., EPL, 90, 45001 (2010). [21] Thidé, B., Elias II, N. M., Tamburini, F., Mohammadi S. M., and Mendonça, J. T., “Applications of Electromagnetic OAM in Astrophysics and Space Physics Studies” in “Applications of Light With Orbital Angular Momentum, Harnessing and Observing Nature Through the Shape of Light”. Edited by Juan P. Perez and Lluis Torner, Wiley-VCH,Verlag GMBH & Co. KgaA (in press 2010).