1. Vor$cità
o*che
in
Astronomia
Approfondimento
La
$isica
contemporanea
è
basata
su
concetti
qualche
volta
analoghi
al
sorriso
di
un
gatto
che
non
c'è.
(Albert
Einstein)
L'astronomia ha sempre giocato un ruolo fondamentale per il progresso della
scienza, un ruolo primario sia nella scoperta di nuovi fenomeni naturali, sia
nello sviluppo di nuove tecnologie. In astronomia si sta aprendo una nuova
era grazie all'applicazione di rivoluzionari concetti nella teoria del campo
elettromagnetico, le vorticità ottiche, nell’applicazione delle conoscenze e
tecnologie della meccanica quantistica e nell’impiego di nanotecnologie, per
analizzare nuove informazioni codificate nella luce proveniente dai corpi
celesti.
Il nostro gruppo è stato fra i primi ad applicare con successo in astronomia ed
astrofisica il concetto di vorticità ottica del campo elettromagnetico.
I risultati delle nostre ricerche sono state presentate al Simposio Celsius di
Uppsala del 2010, per la Celsius-Linnaeus lecture, dedicata quest’anno alla
ricerca in fisica quantistica [1].
Questa notevole proprietà della luce è da poco impiegata sia nella fisica di
base, applicativa e teorica, che per applicazioni pratiche di laboratorio.
Il
momento
angolare
orbitale
Il campo elettromagnetico è formalmente descritto dalle equazioni di Maxwell.
Esistono delle particolari soluzioni in cui la luce può imprimere un moto
rotazionale a delle particelle materiali, come se fossero trascinate in un
vortice. In modo più rigoroso, le vorticità ottiche sono delle singolarità del
campo elettromagnetico lungo le quali non è possibile definire la fase delle
onde elettromagnetiche e quindi, essendo indeterminata la fluttuazione del
campo, questi deve per forza annullarsi [2].
Ne viene così disegnata una regione di oscurità in corrispondenza della
singolarità di fase, circondata da zone in cui è presente della luce avente fase
ben determinata, come l’occhio buio di un ciclone in un vortice di luce, come
mostrato in Fig. 1. In un vortice ottico, la fase della luce si avvolge un numero
intero di volte nello spazio di una sola lunghezza d’onda.
Un aspetto importante delle vorticità ottiche è il momento angolare orbitale
che, essendo definito in termini di vettore assiale, raggruppa tre dei 23 gradi
di libertà finora conosciuti cha presenta il campo elettromagnetico nel vuoto.
Questi gradi di libertà sono suddivisi in gradi di libertà interni, o proprietà
intrinseche del campo, e quelli non-intrinseci, ottenuti da simmetrie spazio-
temporali mediante il teorema di Noether applicato ai gruppi di Poincaré e di
2. Lorentz [3]. Ragionare in termini di simmetrie oltre ad essere elegante
permette di evidenziare delle proprietà fondamentali del campo. Le equazioni
di Maxwell hanno, infatti, delle notevoli proprietà matematiche che
riconducono direttamente ad una struttura analoga a quella di una teoria
quantistica di prima quantizzazione; infatti, dalle equazioni del campo
elettromagnetico, si può implementare direttamente una equazione d’onda
per il fotone, il quanto di luce. Questa notevole proprietà venne già
evidenziata da Majorana e Wigner nel loro tentativo di formulare una teoria
quantistica della radiazione, un formalismo che parla il linguaggio della
meccanica ed elettrodinamica quantistica [4].
L’importanza di questo concetto nel nostro contesto è fondamentale. Quando
si arriva al regime di fotone singolo, si applicano le leggi della meccanica
quantistica e pertanto la definizione classica di momento angolare perde il
suo significato fisico immediato, essendo descritto mediante due quantità fra
di loro complementari, quali coordinate ed impulso, che non sono
simultaneamente misurabili a causa del principio di indeterminazione di
Heisenberg. Questo pertanto ci obbliga a vedere i soliti concetti sotto un’altra
prospettiva.
In generale, la legge di conservazione del momento angolare è intesa come
una conseguenza dell’isotropia dello spazio quando è applicata ad un sistema
fisico isolato. Nel caso del campo elettromagnetico esiste anche un altro
aspetto del momento angolare da tenere in considerazione, vale a dire la
presenza del momento angolare intrinseco, o spin, del fotone, che non ha un
analogo corrispondente in meccanica classica. Per proprietà intrinseche
s’intendono quelle proprietà caratteristiche della particella che rimangono
valide per ogni osservatore; oltre allo spin, il fotone ha carica elettrica e
massa a riposo nulle.
Il momento angolare totale è allora espresso come la somma di due termini,
lo spin, e quello non intrinseco, o momento angolare orbitale (OAM).
E’ da notarsi che questa proprietà del campo non è semplicemente una mera
proprietà di un fronte d’onda o di un fascio di luce, la si può osservare e
manipolare anche a livello di fotone singolo [5,6]. L’errore concettuale più
comune è di ritenere impossibile che un fotone possa trasportare solo
proprietà intrinseche. Il fotone trasporta anche energia e momento, che
proprietà intrinseche non sono.
L’OAM trasportato da un fotone è direttamente proporzionale alla costante di
Planck per il numero l di avvolgimenti che presenta la fase in una lunghezza
d’onda. La vorticità ottica è pertanto una quantità discreta che può idealmente
assumere un valore infinito. Il numero l si chiama anche carica topologica del
vortice ottico. Quindi è possibile impacchettare all’interno di un solo fotone
una quantità enorme di informazioni [6] ed idealmente codificare centinaia di
canali sovrapposti e distinti nella stessa frequenza, potenziando qualsiasi tipo
di comunicazione.
Partendo dai lavori di Majorana del 1932, “Teoria relativistica di particelle con
momento intrinseco arbitrario” e da quello del 1937, “Teoria simmetrica
dell’elettrone e del positrone” [7,8] e nelle note non pubblicate sulla
quantizzazione del campo elettromagnetico, si può ricavare una prova
3. incontrovertibile sulla natura estrinseca dell’OAM della luce mediante il
formalismo della funzione d’onda per il fotone. Nel caso dello spin, intrinseco
è il valore unitario di spin dato dal rango della rappresentazione spinoriale,
ovvero il grado bosonico fondamentale della funzione d’onda nella
rappresentazione spazio/impulso [9]. Se il momento angolare orbitale fosse
intrinseco, la funzione d’onda dovrebbe avere rango infinito, il che
condurrebbe ad un assurdo [4]. Inoltre, essendo il fotone una particella
ultrarelativistica, spin e OAM non possono essere conservati e manipolati
separatamente poiché non esiste un sistema di riferimento inerziale ad esso
associabile, relativamente al quale un osservatore possa fare una misura di
solo spin con il fotone “in quiete”.
Pertanto si conserva solo il momento angolare totale dato dalla somma di
spin e OAM. È questa peculiarietà che rende possibile, in certi mezzi ottici
non omogenei ed anisotropi, che avvenga una trasformazione di spin in
momento angolare orbitale, e viceversa, pur conservando il momento
angolare totale.
Figura
1:
Da
sinistra
a
destra.
Due
fasci
gaussiani
sovrapposti
con
diversa
lunghezza
d'onda
ed
i
corrispondenti
vortici
ottici
con
carica
topologica
l=1
e
l=2
.
La
nostra
ricerca:
Superrisoluzione
Il nostro primo contributo di un certo rilievo in questo ambito è quello di
aumentare di oltre un’ordine di grandezza il potere risolutivo di un qualsiasi
strumento ottico limitato dagli effetti della diffrazione. Il potere risolutivo è dato
dal criterio di risoluzione di Rayleigh, che stabilisce un limite alla quantità di
dettagli, e quindi di informazione, che si può ottenere da uno strumento ottico
[10].
Abbiamo scoperto che si ottiene questo miglioramento impartendo alla luce
delle sorgenti che stiamo osservando una ben definita vorticità ottica, in modo
da utilizzare le proprietà topologiche dei vortici ottici stessi [11].
Le implicazioni di questa scoperta hanno un’importanza fondamentale in tutte
4. le branche della ricerca che si avvalgono di strumenti ottici quali microscopi e
telescopi.
Esistono già delle tecniche affermate, come la microscopia STED a
fluorescenza, che permettono un superamento del limite di diffrazione, ma
con risultato assai inferiore rispetto al nostro metodo [12,13].
Facciamo un esempio. Se andiamo ad applicare questa nostra tecnica al
telescopio, si riesce ad andare oltre dieci volte il limite di Rayleigh. Un
telescopio di 2.4 metri di apertura come il telescopio spaziale Hubble avrebbe
quindi la possibilità di risolvere due stelle fra di loro vicine come se fosse un
telescopio con un’apertura di almeno 24 metri.
Un classico problema per un astronomo è infatti quello di stabilire con
certezza se una sorgente è costituita da una stella singola o doppia. Se non ci
sono disturbi eccessivi da parte dell’atmosfera, l’immagine di una stella
puntiforme è data da un’immagine di diffrazione, quella riportata nel riquadro
più in basso a sinistra della Fig.2, dove si vede, in negativo, una figura ad
anelli concentrici (anelli di Airy) disposti attorno ad un massimo d’intensità.
Il criterio di Rayleigh afferma che l’immagine di diffrazione di due sorgenti
puntiformi egualmente luminose sono da considerarsi risolte solo quando il
massimo d’intensità di una delle sorgenti si sovrappone al minimo dell’altra.
La definizione storica del criterio di separabilità fa riferimento ad un profilo a
doppio picco, ottenuto sezionando le due figure di diffrazione lungo i massimi
d’intensità, che presenta un minimo centrale del 5% più basso dei massimi
d’intensità. Questo si riferisce ad un rapporto segnale / rumore (S/N) di 60 [5].
Rifacendoci a questa definizione, abbiamo formulato un criterio simile a quello
di Rayleigh per I vortici ottici.
Come riportato in Fig. 2, abbiamo simulato in laboratorio e numericamente
differenti gradi di separazione di due sorgenti puntiformi all’infinito viste al
telescopio. Da sinistra a destra, la riga in basso mostra le immagini di
diffrazione di due sorgenti sovrapposte e non risolte, in fase di separazione
progressiva fino a giungere ad una separazione angolare di 0.8 volte quanto
stabilito dal criterio di Rayleigh.
La seconda riga mostra le stesse situazioni ottenute però utilizzando i vortici
ottici. Si nota subito la presenza di due sorgenti distinte ancora quando le
immagini di diffrazione sembrano sovrapposte. La riga più in alto è il risultato
ottenuto con il modello matematico che conforta l’esattezza dell’approccio
sperimentale adottato.
5. Per definire con maggior precisione questa separazione ed il vantaggio che
possiamo ottenere a parità di rapporto segnale/rumore, facciamo una sezione
della figura lungo l’asse principale e studiamo il problema in due dimensioni
come per il criterio di Rayleigh, come riportato nella figura 3.
Figura
3:
Separabilità
secondo
Rayleigh
con
dischi
di
Airy
e
con
vortici
ottici
Il pannello a sinistra mostra due sorgenti separate in accordo con il criterio di
Rayleigh. Il minimo di una coincide con il massimo dell’altra. Nel caso dei
vortici ottici, quando un vortice è disassato rispetto all’asse ottico presenta
un’asimmetria che dipende, mediante una relazione ben precisa, dalla
distanza del centro del vortice dall’asse ottico. Nella sezione bidimensionale si
vede chiaramente che un picco, ottenuto sezionando il vortice asimmetrico
lungo l’asse dello spostamento passante per il centro di simmetria, si abbassa
rispetto all’altro. Se andiamo a calcolare a che distanza angolare corrisponde
il 5% di differenza mimando il criterio di Rayleigh, troviamo che per luce
Figura
2
:
superrisoluzione
mediante
vortici
ottici
6. bianca non coerente si arriva a migliorare la risoluzione del telescopio fino a
10 volte, mentre con luce laser coerente, che produce vortici ottici con carica
topologica pura, uno riesce ad arrivare ad un miglioramento di 50 volte.
Figura
4:
rapporti
di
intensità
dei
picchi
principali
prodotti
da
sorgenti
separate.
I
dati
sperimentali
mostrano
un
ottimo
accordo
con
quanto
atteso
dalla
teoria.
L’inserto
in
alto
a
destra
mostra
come
si
potrebbero
separare
dei
vortici
ottici
con
diversa
carica
topologica
facendo
coincidere
la
zona
oscura
di
uno
con
un
massimo
dell’altro.
Si
vede
che
c’è
un
vantaggio
che
permette
di
superare
di
quasi
2
volte
il
criterio
di
separabilità
solo
con
l=1,
poi
il
vortice
ingrandisce
all’aumentare
del
valore
di
vorticità.
La figura 4 rappresenta il nostro criterio di separabilità: vi è riportato il
rapporto dei massimi d’intensità, relativamente alla separazione delle due
sorgenti test, ponendo il classico limite di diffrazione pari ad 1. La curva
continua è quanto è atteso dalla teoria, e descrive molto bene la distribuzione
dei dati sperimentali ottenuti con una sorgente monocromatica quale il laser.
In quest’ultimo caso si arriva a migliorare di ben 50 volte la risoluzione dello
strumento ottico. In luce bianca, invece, i vortici ottici sono costituiti da
sovrapposizioni di differenti vortici monocromatici e pertanto si perde in
contrasto, quindi il guadagno che si può ottenere con il criterio del 5% come
fatto da Rayleigh con le classiche immagini di diffrazione, è di ben 10 volte.
Uno studio teorico è stato fatto anche in diffrazione di Fraunhofer [14].
In natura nulla è gratis. Quello che si guadagna in risoluzione si deve
compensare con un maggiore tempo di esposizione, anche se di ben inferiore
alle dieci volte richieste. Stiamo facendo proprio in questo periodo una ricerca
per vedere se si può ulteriormente migliorare questo criterio di risoluzione
sfruttando la geometria dei vortici ottici.
Con un semplice ragionamento, utilizzando in modo diverso la stessa tecnica,
si può aumentare di altrettanto la precisione del puntamento in cielo dello
strumento.
Le applicazioni di questa tecnica riguardano non solo l’astronomia bensì
anche microscopia e discipline correlate, quale biologia e medicina.
7. Prove
al
telescopio
Il nostro gruppo è stato il primo a generare dei vortici ottici usando la luce
delle stelle utilizzando il telescopio di 122 cm di Asiago [15]. Questo primo
passo serviva a testare le difficoltà prettamente sperimentali per ottenere dei
vortici ottici con il massimo contrasto (Figg 5 e 6). Lo scopo finale è quello di
costruire un coronografo che utilizza il momento angolare orbitale della luce
per vedere pianeti extrasolari. La teoria suggerisce che in condizioni ottimali si
possono vedere direttamente pianeti di tipo terrestre, “spegnendo” la luce
della stella ospite più di un miliardo di volte [16]. È come cercare di vedere la
marca di un’auto quando questa è al buio ed ha i fari abbaglianti accesi.
Abbiamo impartito OAM alla luce delle stelle utilizzando delle maschere di
fase realizzate con nanotecnologie all’interno del nostro gruppo mostrate in
Fig. 7 [17,18].
Figura
5:
Setup
al
telescopio
di
Asiago
per
vortici
ottici
8. Figura
7:
Maschere
di
fase
a
8,
64
e
512
livelli
Figura
6:
Vortici
ottici
generati
dalla
stella
doppia
Rasalgethi
9. Applicazioni
astrofisiche
Heitler nel 1936 [19], in seguito ad una discussione con Majorana, diede del
momento angolare orbitale una formulazione classica associata con la
sorgente utilizzando una espansione multipolare del campo, ma questo
approccio implicava l’esistenza di una componente longitudinale del campo
elettrico in un’onda elettromagnetica piana, indissolubilmente legata ad un
fotone dotato di massa. Quindi in questo tipo di formulazione il momento
angolare orbitale diventava solamente un termine multipolare associato ad
onde sferiche che andava a zero all’infinito. Solo in seguito si è visto che il
momento angolare orbitale generato anche da una semplice radiazione di
dipolo può essere trasportato all’infinito, come descritto in [3].
In questo modo, è possibile rilevare l’eventuale presenza di momento
angolare orbitale nella radiazione emessa da un corpo celeste e
caratterizzare anche la materia che ha attraversato la radiazione, come il
plasma interstellare [20] o lo spazio circostante ad un buco nero ruotante.
Maggiori dettagli di queste applicazioni si trovano in [21].
Il
gruppo:
Il nostro gruppo si è formato in seguito ad una collaborazione multidisciplinare
fra astronomia, fisica della materia, fisica teorica e nanotecnologie. È
composto da Fabrizio Tamburini, Cesare Barbieri, Antonio Bianchini, Filippo
Romanato dell’Università di Padova in collaborazione con Bo Thidé
dell’Università di Uppsala (Svezia). Fra i nostri collaboratori ci sono studenti di
dottorato Elettra Mari ed Anna Sponselli e Gabriele Anzolin ora all’ICFO a
Barcellona. Collaboriamo inoltre attivamente con i maggiori esperti
internazionali in questo campo.
10. Bibliografia:
[1] Karlsson, E., Fysikaktuellt, 2, 22-23, 2010, http://www.fysikersamfundet.se/
Fysikaktuellt.html
[2] Molina-Terriza, G., Torres, J.P. and Torner, L., Nature Physics, 3, 305 – 310 (2007).
[3] Bo Thide´, Electromagnetic Field Theory, 2nd ed. Dover Publications, Mineola, NY, USA,
ISBN 978-0-486-4773-2 (in press, 2010).
[4] Tamburini, F. and Vicino, D., Phys. Rev. A, 78, 052116 (2008).
[5] Leach, J., Padgett, M. J., Barnett, S. M., Franke-Arnold, S. and Courtial, S., Phys. Rev.
Lett., 88, 257901(4) (2002).
[6] Mair, A., Vaziri, A., Weihs, G. and Zeilinger, A., Nature, 412, 313–316 (2001).
[7] Majorana, E., 9, 335–344 (1932).
[8] Majorana, E., 14, 171-184 (1937).
[9] V. B. Berestetskii, E. M. Lifshitz, and V. B. Pitaevskii, “Relativistic Quantum Theory”,
Course of theoretical physics, edited by Landau, L. D. (series); Lifshitz, E. M. (series),
Pergamon Press, Oxford, UK, (1971).
[10] Hecht, E., “Optics”, Fourth ed., Addison-Wesley, San Francisco (2002).
[11] Tamburini, F., Anzolin, G., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. Lett., 97, 163903(4)
(2006).
[12] Hell, S. W. and J. Wichmann, Opt. Lett. 19(11): 780-782 (1994).
[13] Klar, T. A., Jakobs, S., Dyba, M., Egner, A. and Hell, S. W., PNAS USA 97(15):
8206-8210 (2000).
[14] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A. and Barbieri, C., Phys. Rev. A, 79, 033845 (2009).
[15] Anzolin, G., Tamburini, F., Bianchini, A., Umbriaco, G. and Barbieri, C., Astron.
Astrophys., 488, 1159–1165 (2008).
[16] G. A. Swartzlander, Jr., Opt. Lett., 26, 497–499 (2001).
[17] Mari, E., Anzolin, G., Tamburini, F. et al., Opt. Exp. 18, 2339(5) (2010).
[18] Prasciolu, M., Tamburini, F., Anzolin, G. et al., Microelectronic Engineering, 86,
1103-1106 (2009).
[19] Heitler, W., “The Quantum Theory of Radiation”, 3rd ed., Clarendon Press, Oxford, UK
(1954).
[20] Tamburini, F., Sponselli, A., Thidé, B., Mendonça, J. T., EPL, 90, 45001 (2010).
[21] Thidé, B., Elias II, N. M., Tamburini, F., Mohammadi S. M., and Mendonça, J. T.,
“Applications of Electromagnetic OAM in Astrophysics and Space Physics Studies” in
“Applications of Light With Orbital Angular Momentum, Harnessing and Observing Nature
Through the Shape of Light”. Edited by Juan P. Perez and Lluis Torner, Wiley-VCH,Verlag
GMBH & Co. KgaA (in press 2010).