1. Disturbi della sfera cognitiva: demenza senile, morbo di
Alzheimer e schizofrenia
Catina Feresin
Dipartimento di Scienze dell'Educazione
Università di Pola
Croazia
Demenza senile e morbo di Alzheimer
Il termine demenza senile è un termine molto ampio che si riferisce a
disturbi delle funzioni cerebrali correlabili con l'età. Tale patologia può avere
svariate cause: traumi cerebrali, ictus, alcolismo e il morbo di Alzheimer.
Un numero molto alto di persone oltre i 65 anni di età (dal 10 al 15% della
popolazione) soffre di demenza senile. Il morbo di Alzheimer è stato
tradizionalmente definito come una grave demenza senile che si sviluppa
prima dei 65 anni. Tuttavia, i sintomi della demenza senile sono simili sia
nelle persone che si trovano al di sotto dei 65 anni sia in quelle che si
trovano al di sopra; pertanto, la demenza senile che si sviluppa dopo i 65
anni è considerata oggi come una forma di morbo di Alzheimer e viene
definita come "demenza senile di tipo Alzheimer".
I sintomi del morbo di Alzheimer includono dei deficit a carico delle
funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio, e le capacità percettive.
Il primo sintomo è la perdita della memoria degli eventi recenti e, in
particolare, della capacità di trasferire le informazioni recenti alla memoria a
lungo termine. Il morbo è caratterizzato da un decorso progressivo più o
meno veloce: i pazienti perdono gradualmente i loro ricordi permanenti e,
alla fine, muoiono a causa della degenerazione dei neuroni.
E' noto già da molto tempo che il morbo si associa ad una particolare
lesione cerebrale: la morte dei neuroni e la formazione di placche senili che
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2. sono costituite da agglomerati di processi cellulari anormali, da matasse
neurofibrillari e da dendriti degenerati. Queste lesioni sono particolarmente
evidenti nell'ippocampo e in alcune aree della corteccia cerebrale
particolarmente coinvolte nei processi cognitivi e mnestici.
Una ipotesi di spiegazione di questa patologia sta nella degenerazione di
un certo tipo di neuroni chiamati neuroni colinergici in quanto usano il
neurotrasmettitore acetilcolina (ACh).
Si può pensare che i farmaci, la cui azione porti all'aumento dei livelli
cerebrali di ACh, dovrebbero migliorare la memoria negli animali da
esperimento e nell'uomo. Si deve però sottolineare come molti di questi
farmaci inducano effetti collaterali piuttosto seri. Quando alcuni di questi
farmaci sono stati utilizzati nel trattamento di pazienti affetti dal morbo, si
sono ottenuti discreti successi soltanto quando le persone erano affette da
forme lievi di demenza senile.
Purtroppo, non conosciamo ancora i reali meccanismi patogenetici del
morbo di Alzheimer. Almeno in alcuni casi, sembra esistere una
predisposizione genetica: in certe famiglie sembra che la malattia si manifesti
periodicamente. Probabilmente il trattamento di prevenzione più
all'avanguardia potrà avvalersi di alcune applicazioni dell'ingegneria
genetica.
La schizofrenia
Per generale consenso secondo il Manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali (DSM V), si pone la diagnosi di schizofrenia per gli
individui con uno o più dei seguenti sintomi elencati che si ripetono per un
periodo di almeno sei mesi:
DELIRI: convinzioni irragionevoli e acritiche di essere controllato o di
persecuzione ("Mia madre tenta di avvelenarmi"); deliri di grandezza ("Il
papa vorrebbe incontrarmi");
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3. ALLUCINAZIONI: di solito voci che dicono al paziente cosa fare, fanno
commenti negativi sul suo comportamento, o parlano tra loro;
PENSIERO INCOERENTE: modo di pensare illogico;
APPIATTIMENTO DELL'AFFETTIVITA': incapacità di reagire in
modo emotivamente adeguato ad eventi positivi o negativi;
COMPORTAMENTI BIZZARRI: come catatonia (assenza di movimenti
per lunghi periodi di tempo), rilevante deterioramento dell'igiene personale,
parlare in rima.
Le persone sofferenti di schizofrenia perdono quindi il contatto con la realtà
circostante: questi malati hanno convinzioni false e soffrono spesso di
allucinazioni. Non è raro ed è invece molto triste, infatti, vedere queste
persone vagare in città, mentre tengono conversazioni animate e a voce alta
con l'aria che li circonda.
La schizofrenia colpisce circa l'1% della popolazione mondiale,
indipendentemente da razza e cultura. Questa malattia ha un fondamento
genetico e, quindi, si manifesta all'interno dei nuclei familiari. Una persona
con un gemello omozigote schizofrenico ha il 50% di probabilità di
diventarlo a sua volta; una persona con un fratello o una sorella schizofrenici
ha una probabilità su otto di di ammalarsi. Se nessuno dei parenti stretti è
schizofrenico, la probabilità di sviluppare tale patologia è di circa l'1%.
Queste cifre indicano che in questa malattia esiste un chiaro fattore genetico
e, inoltre, che tale patologia non è dovuta ad un motivo genetico
semplice, come quello rappresentato dalla presenza di un singolo gene
recessivo. Se così fosse, si avrebbe invariabilmente lo sviluppo della malattia
in entrambi i gemelli di una coppia omozigote.
Sarebbe di grande soddisfazione poter affermare che la ricerca di base,
condotta nell'ambito delle neuroscienze, ha portato a una chiara
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4. comprensione dell'origine della schizofrenia, dando la possibilità di
sviluppare dei trattamenti specifici per tale malattia. La via percorsa, invece,
non è stata questa. Il primo farmaco di grande beneficio nel trattamento
della schizofrenia è stato scoperto più o meno accidentalmente negli anni
'50. Questo farmaco, chiamato clorpromazina, era stato originariamente
prodotto da un'industria farmaceutica francese come antistaminico, ma
giudicato inefficace e troppo sedativo. Nel 1949, un chirurgo francese
scrisse all'industria richiedendo nuovi antistaminici da provare sui suoi
pazienti, e, tra i farmaci inviatigli, era compresa la clorpromazina. Dopo
aver osservato che essa presentava un effetto calmante se somministrata
preoperatoriamente, il chirurgo raccomandò entusiasticamente ai suoi
colleghi psichiatri di usarla per calmare i pazienti schizofrenici. Nel 1954
questo farmaco fu approvato negli USA per il trattamento della patologia
schizofrenica e da questa data iniziò a diminuire di molto il numero dei
ricoveri in ospedali psichiatrici. La clorpromazina non cura, tuttavia, la
schizofrenia, ma è spesso efficace nel trattamento dei sintomi più gravi,
quando i pazienti possono anche diventare pericolosi per i familiari e gli
amici che li circondano.
Nel corso degli anni sono stati scoperti altri farmaci utili nel trattamento
sintomatico della schizofrenia, come la reserpina (poi abbandonato) e
l'aloperidolo. Altri farmaci fanno parte dei neurolettici di nuova generazione
come la quetiapina fumarato, il risperidone, l'olanzapina. Si è scoperto
che questi farmaci interferiscono con le sinapsi dopaminergiche (dal
neurotrasmettitore dopamina). Così nacque la teoria dopaminergica della
schizofrenia, secondo la quale la schizofrenia è causata da un eccesso di
attività delle sinapsi dopaminergiche e che, di converso, i farmaci
antischizofrenici agiscano diminuendo l'attività dopaminergica.
Un problema che riguarda i farmaci menzionati è che essi risultano efficaci
nella cura dei sintomi della schizofrenia solo in circa il 40% dei pazienti. Più
recentemente è stata sintetizzata una sostanza denominata clozapina che
sembra essere efficace in una percentuale più alta di pazienti schizofrenici.
La clozapina non agisce solo sulla attività delle sinapsi dopaminergiche ma
4
5. anche sulle sinapsi serotoninergiche. Ovviamente questo risultato rende
più problematica l'interpretazione di spiegazione della malattia avanzata
dalla teoria dopaminergica.
Pur essendo un ottimo farmaco oggi presente sul mercato per tamponare i
sintomi della malattia e forse per curarla, la clozapina presenta talvolta un
grave problema collaterale, infatti, nell'1-2% dei casi provoca delle
alterazioni del sistema immunitario.
Non esiste ancora un farmaco definitivo per la cura della schizofrenia: si
spera di trovare altri farmaci e soprattutto di agire sul nucleo della malattia
tramite i futuri sviluppi dell'ingegneria genetica per alleviare le sofferenze di
milioni di persone in tutto il mondo.
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6. anche sulle sinapsi serotoninergiche. Ovviamente questo risultato rende
più problematica l'interpretazione di spiegazione della malattia avanzata
dalla teoria dopaminergica.
Pur essendo un ottimo farmaco oggi presente sul mercato per tamponare i
sintomi della malattia e forse per curarla, la clozapina presenta talvolta un
grave problema collaterale, infatti, nell'1-2% dei casi provoca delle
alterazioni del sistema immunitario.
Non esiste ancora un farmaco definitivo per la cura della schizofrenia: si
spera di trovare altri farmaci e soprattutto di agire sul nucleo della malattia
tramite i futuri sviluppi dell'ingegneria genetica per alleviare le sofferenze di
milioni di persone in tutto il mondo.
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