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News 13/SA/2017
Lunedì, 27 Marzo 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.12 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 62 (11 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificati dalla Spagna per contenuto
troppo alto di solfiti in gamberetti surgelati (Penaeus spp) provenienti dal Venezuela
e per aflatossine in noccioline sgusciate provenienti dalla Cina; notificati
dall’Olanda per Salmonella in carne di pollo salata surgelata proveniente dalla
Tailandia; notificati dal Regno Unito per aflatossine in arachidi provenienti dall’India
e per aflatossine in arachidi provenienti dall’ Argentina; notificato dalla Germania
per aflatossine in pistacchi con guscio provenienti dall’Iran; dalla Danimarca per
aflatossine in peperoncino rosso schiacciato proveniente dall’India; dall’Italia per
aflatossine in arachidi provenienti dall’ Egitto; dalla Bulgaria per imazalil in limoni
provenienti dalla Turchia; dalla Polonia per aflatossine in arachidi in guscio
provenienti dalla Cina.
Allerta notificati dall’Italia: per mercurio in fette di verdesca senza pelle congelate
(Prionace glauca) provenienti dal Portogallo; per Salmonella enterica ser. Infantis in
pollame congelato MSM proveniente dalla Polonia; per mercurio in filetti refrigerati
di pesce spada sottovuoto (Xiphias gladius) provenienti dalla Spagna; per mercurio
in fette di pesce spada congelato (Prionace glauca) provenienti dalla Spagna; per
mercurio in fette congelate di squalo mako (Isurus oxyrinchus) provenienti dalla
Spagna;
Allerta notificati dall’Irlanda per aflatossine in mix di spezie provenienti dal Pakistan;
dalla Slovacchia per cadmio in carote provenienti dalla Polonia; dalla Germania
per Escherichia coli produttrice di shigatossine in formaggio Roquefort proveniente
dalla Francia, per colore non autorizzato Rodamina B in rape in salamoia provenienti
dal Libano, via Olanda e per Salmonella in foglie di moringa selvaggia in polvere
provenienti dall’India; dal Belgio per Salmonella enterica ser. Livingstone in articoli
da masticare provenienti dalla Germania; dalla Danimarca per frammenti di
metallo in torte provenienti dalla Danimarca; dalla Francia per istamina in sardine
congelate (Sardina pilchardus) provenienti dal Regno Unito; dall’Olanda per
frammenti di vetro in barattolo di vetro contenenti funghi in olio al peperoncino
proveniente dalla Cina; dal Belgio per Salmonella enterica ser. Typhimurium
monophasic in filetti di petto di tacchino refrigerati provenienti dall’Italia; dalla
Repubblica Ceca per fumonisine in crusca di mais organico e granturco schiacciato
provenienti dall’Italia.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dalla Lituania per infestazione
parassitaria da Anisakis (da 10 a 18 larve morte negli organi interni e per via
intraperitoneale e 12 larve morte nei muscoli) di scorfano congelato (Sebastes
marinus) proveniente dalla Norvegia; dalla Repubblica Ceca per Salmonella in
maiale macinato refrigerato e mix di manzo proveniente dalla Polonia; dalla
Spagna per Salmonella in proteine animali trasformate provenienti dalla Spagna;
dalla Svizzera per sostanza non autorizzata carbofurano in melanzana proveniente
dalla Repubblica Dominicana; dall’Irlanda per Salmonella enterica ser. Typhimurium
in carne di tacchino refrigerata proveniente dall’Irlanda; dall’Olanda per
ocratossina A in peperoncino isot proveniente dalla Turchia; dall’Italia per mercurio
in tranci di pesce spada scongelati (Xiphias Gladius) provenienti dalla Spagna, per E
210 – acido benzoico non autorizzato in senape conservata proveniente dalla
Tailandia e per Salmonella enterica ser. Infantis in quarto posteriore di pollo
congelato proveniente dall’ Ungheria, via Slovenia; dal Belgio per arsenico in lievito
secco proveniente dal Brasile.
Fonte: rasff.eu
Scandalo della carne importata dal Brasile: cento rinviati a giudizio, 38 arresti, 21
aziende coinvolte e blocco delle esportazioni.
Lo scandalo della carne infetta, avariata e addizionata con sostanze sospette
scoppiato in Brasile (primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami)
probabilmente è il più grande scandalo alimentare verificatosi a livello globale. Il
panico non è ancora scattato ancora, perché probabilmente non ci sono state
vittime accertate né infezioni diffuse. La preoccupazione delle autorità sanitarie è
grande, perché è emerso un quadro di corruzione e di pratiche illegali evidenziate
da una mega-inchiesta durata tre anni.
Ecco i fatti. Tutto nasce da tangenti di miliardi di dollari pagate dai giganti brasiliani
delle costruzioni a politici di primaria importanza, per l’assegnazione di appalti con
le aziende controllate dallo stato (soprattutto con Petrobas, il colosso statale del
petrolio). Le indagini hanno fatto emergere i nomi di molti personaggi (tra i quali
alcuni ministri dell’attuale governo di Michel Temer) e si è via via allargata al settore
delle carni cruda e/o confezionata. Risultato finale di oltre 190 ispezioni fatte da
mille agenti: oltre cento rinviati a giudizio, 38 arresti, in gran parte ispettori sanitari,
accusati di aver incassato mazzette per permettere la vendita di carni scadute, il
cambio di etichetta, l’aggiunta di sostanze proibite, 21 aziende coinvolte (vedi lista),
e soprattutto il blocco delle esportazioni.
Il Brasile è il primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami
Negli ultimi giorni il Giappone, il Canada, il Messico, la Svizzera e Hong Kong hanno
annunciato il fermo totale o parziale dell’acquisto di carni dal Brasile. La scelta arriva
subito dopo la decisione dall’Unione Europea, dal Cile, dalla Corea del Sud, che ha
appena revocato la decisione, e soprattutto dalla Cina, per la quale il Brasile era il
primo fornitore di carni, con il 31% del mercato (al momento l’Australia, secondo
fornitore, sta cercando di venire incontro all’aumento di domanda, ma non riesce a
soddisfare del tutto le richieste). Nello specifico, secondo quanto riferito da Reuters e
da altre fonti, le irregolarità riscontrate dagli ispettori brasiliani sono di diverso tipo.
Additivi: secondo quanto riportato nei verbali, diverse piccole aziende non hanno
esitato a utilizzare sostanze vietate per mascherare odore e aspetto della carne
avariata. Tra gli agenti usati c’è stato l’acido sorbico, che secondo il ministero
dell’agricoltura viene impiegato regolarmente e, nelle quantità indicate dalle
tabelle ministeriali, non costituisce un pericolo. Anche l’Unione Europea ne consente
l’uso (E200), riportando le dosi massime, e l’Efsa nel 2015 ne ha indicato le dosi
massime giornaliere come sale di potassio.
Lo scandalo della carne dal Brasile ha riguardato anche frodi nell’etichettatura
Etichettatura: vi sono prove del cambio di etichetta a prodotti arrivati oltre la data di
scadenza, pratica abituale, sempre secondo quanto emerso in alcune
intercettazioni.
Batteri: alcuni prodotti di una delle più grandi aziende coinvolte, la BRF,
contenevano salmonelle del ceppo Saint Paul, tollerato dalla legislazione europea. Il
caso riguarda specificamente l’Italia, perché in un’intercettazione telefonica viene
chiesto di tenere le confezioni nei container – presumibilmente di un porto, ma
quanto emerso non specifica dove, ndr -, evitando di esportarle in Europa.
Imballaggi: sempre attraverso le intercettazioni era emersa una migrazione di
sostanze dal cartone alle carni di pollo di BRF, ma l’azienda ha negato sostenendo
che si è trattato di un malinteso e che ciò di cui si parlava erano gli imballaggi più
esterni di cartone, perché nessun tipo di cartone viene a contatto diretto con le
carni.
Il problema però non sembra essere una novità per le autorità sanitarie di Bruxelles,
che da anni ricevono numerose segnalazioni da parte dei paesi europei per la
carne brasiliana non conforme. D’altro canto basta leggere i dati del sistema di
allerta Rasff per rendersi conto: dal 1 gennaio 2012 al 1 marzo 2017, ci sono state 314
notifiche sulla carne proveniente dal Brasile. Nello stesso periodo i prodotti a base di
carne segnalati importati dall’Argentina sono stati 14, quelli dal Cile 1, nessun rilievo
per quelli provenienti da Usa, India, Australia, Uruguay, Canada, Messico, Russia.
I ministeri e le aziende brasiliane coinvolte stanno cercando disperatamente di
fermare il disastro, ma la sensazione è che potrebbe essere troppo tardi, data la
gravità e l’estensione di quanto riscontrato dalla polizia. Paesi come la Cina hanno
imposto un bando che non ha scadenza, hanno ritirato i prodotti brasiliani dal
mercato. Iniziative come queste potrebbero mettere in ginocchio una delle
pochissime voci in positivo di un’economia in pesante crisi, e il coinvolgimento di
mezzo governo di certo non aiuta. Quest’ultimo ha preso le difese dei produttori,
affermando che si tratta di mele marce in un sistema sano, e arrivando a
minacciare ritorsioni commerciali a paesi come il Cile, dal quale importa molte
merci.
Dopo l’ennesimo scandalo della carne, ancora una volta ciò che emerge è la
grave debolezza delle reti globali di approvvigionamento alimentare: carne
avariata o adulterata venduta ai quattro angoli del pianeta, cioè a paesi che
hanno sistemi di sicurezza alimentare molto diversi e non dialoganti tra loro. Nessuno
si era accorto di nulla, pur comprando abbondantemente carne brasiliana. Fino a
quando qualcuno non ha telefonato a un deposito in Italia, e ha detto: quella
carne non deve andare in giro.
Secondo un articolo firmato da Anna Flávia Rochas del 24 marzo 2017 e
pubblicato sul sito Meatingplace, JBS, una delle grandi aziende coinvolte nello
scandalo della carne, ha deciso di sospendere l’attività per tre giorni in 33 dei 36
macelli bovini situati in Brasile, a causa della mancanza di richieste da parte dei Pesi
che hanno interrotto le importazioni. Per i prossimi giorni l’azienda ha in programma
una riduzione del 35% della produzione. Secondo dati pubblicati da BTG Pactual le
vendite di carne del Brasile verso: Cina, Hong Kong, Egitto e Cile rappresentano oltre
il 53% delle esportazioni del settore. (Articolo di Agnese Codignola)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Glifosato, email interne a Monsanto mostrano manipolazioni scientifiche. Un
tribunale della California rende pubblici documenti imbarazzanti per il produttore
del Roundup.
Dopo la classificazione come “probabilmente cancerogeno” del glifosato, alcuni agricoltori americani hanno fatto causa
a Monsanto.
Nell’ambito di un’azione giudiziaria intentata contro la Monsanto da centinaia di
agricoltori colpiti da un tumore maligno del sistema linfatico noto come linfoma non-
Hodgkin, un tribunale federale della California ha declassificato più di 250 pagine di
corrispondenza interna a Monsanto, che dimostrano come la società fosse
seriamente preoccupata sin dal 1999 dal fatto che l’erbicida glifosato, il principio
attivo del suo prodotto di punta, il Roundup, fosse potenzialmente mutageno.
La causa degli agricoltori contro Monsanto si basa sulla valutazione dell’Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della
sanità, che nel marzo 2015 ha giudicato il glifosato “probabilmente cancerogeno”.
Gli agricoltori attribuiscono la causa della loro malattia al contatto prolungato con il
Roundup prodotto da Monsanto, che aggiunge tensioattivi al glifosato, rendendolo
ancor più tossico di quanto lo sia il principio attivo da solo, e accusano la
multinazionale di aver cercato di nascondere queste informazioni.
Dalle email interne di Monsanto si scopre l’abitudine dell’azienda di scrivere documenti rassicuranti da far firmare a
scienziati esterni.
Come riferisce l’organizzazione no-profit U.S. Right to Know, dalle email interne a
Monsanto emerge la pratica di scrivere documenti rassicuranti sui rischi dell’erbicida
all’interno dell’azienda, cercando poi qualche scienziato esterno disposto ad
apporre la propria firma, dietro pagamento di un compenso. Dalle mail emerge
anche che un alto funzionario della divisione pesticidi dell’Environmental Protection
Agency (EPA) ha collaborato con Monsanto per difendere la sicurezza del glifosato
in fase di valutazione scientifica.
La pubblicazione di queste email interne a Monsanto è avvenuta il giorno dopo che
l’Agenzia europea per sostanze chimiche (ECHA), al contrario dello Iarc, ha
giudicato il glifosato non cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione
e neppure genotossico. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Sede dello stabilimento obbligatoria in etichetta, lo schema di decreto legislativo
approvato dal Governo il 17 marzo 2017.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, il 17 marzo 2017, lo schema di decreto
legislativo recante disciplina dell’indicazione obbligatoria in etichetta della sede e
indirizzo di produzione o confezionamento. Breve analisi a seguire.
Il decreto legislativo richiama in premesse sia il regolamento (UE) n. 1169/2011, sia I
regolamenti (CE) 852, 853/04. (1) Oltre alla delega appositamente conferita dal
Parlamento al Governo, per l’adeguamento delle norme nazionali rispetto al ‘Food
Information Regulation’.
‘I prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività
devono riportare sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta l’indicazione
della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento‘
(articolo 3, comma 1).
Nei casi di ‘alimenti preimballati destinati alle collettività per essere preparati,
trasformati, frazionati o tagliati nonché i prodotti preimballati commercializzati in
una fase precedente alla vendita al consumatore finale‘, la predetta informazione
può venire riferita nei documenti commerciali che accompagnano o precedono la
consegna delle merci (articolo 3, comma 2).
La sede dello ‘stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (…) è
identificata dalla località e dall’indirizzo dello stabilimento‘ (articolo 4, comma 1).
L’indirizzo può essere omesso nei seguenti casi:
- ‘qualora l’indicazione della località consenta l’agevole e immediata
identificazione dello stabilimento‘ (comma 2),
- la sede dello stabilimento coincida con quella dell’operatore responsabile,
- i prodotti preimballati riportino il marchio di identificazione o il bollo sanitario
prescritti dal Pacchetto Igiene,
- il marchio contenga l’indicazione della sede dello stabilimento (comma 3).
Nel caso in cui l’operatore disponga di più stabilimenti, ‘è consentito indicare tutti gli
stabilimenti purché quello effettivo sia evidenziato mediante punzonatura o altro
segno‘ (comma 4).
La sanzione amministrativa pecuniaria da applicarsi, ‘salvo che il fatto costituisca
reato‘, varia da 3.000 a 24.000 euro (articolo 5). Da 1.000 a 8.000 euro qualora non
siano rispettati i requisiti di leggibilità (e altezza minima dei caratteri) stabiliti per le
informazioni obbligatorie in etichetta. (2)
L’autorità incaricata di controlli e sanzioni é l’ICQRF (Dipartimento dell’Ispettorato
centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari)
presso il Mi.P.A.A.F (articolo 6). (3)
Sono escluse dal campo di applicazione le derrate ‘provenienti da un altro Stato
membro dell’Unione europea o dalla Turchia né ai prodotti provenienti da uno Stato
membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente
dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE)‘ (articolo 7).
Il periodo transitorio é stabilito nei 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto,
prevista nei 15 giorni dalla data di sua pubblicazione. ‘Gli alimenti immessi sul
mercato o etichettati in difformità dal presente decreto‘ entro il predetto termine
potranno venire ‘commercializzati fino all’esaurimento delle scorte dei predetti
alimenti‘ (articolo 8).
La pubblicazione del decreto è in ogni caso soggetta al rilascio di parere preventivo
delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato. Nonché al via libera della
Commissione europea, a seguito di rituale notifica ai sensi del regolamento UE
1169/11. Tempi non brevi, non inferiori ai 90 giorni previsti per il silenzio-assenso di
Bruxelles. Con esito incerto, a fronte delle critiche già espresse dalle industrie
multinazionali aventi sede in Italia, per il tramite di Federalimentare.
Per il testo dello schema di decreto, si veda
http://www.greatitalianfoodtrade.it/sede-dello-stabilimento-ok-governo/
Dario Dongo
Note
(1) Pacchetto Igiene, regolamenti c.d. Igiene 1 e 2
(2) Reg. UE 1169/11, articolo 13
(3) Un’anomalia rispetto alla competenza primaria delle autorità sanitarie sui controlli pubblici relativi
alle etichette (cfr. reg. CE 882/04)
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Mix di frutta secca e solfiti, questione allergeni. Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Gentilissimo avvocato Dongo,
due componenti della mia famiglia soffrono di allergie alimentari e ho sempre
seguito i Suoi scritti sull’argomento. Le chiedo un parere sull’etichetta di questo mix
di uva secca con nocciole, noci e mandorle.
Come si deve intendere la possibile presenza di “tracce di altra frutta a guscio,
arachidi e solfiti”?
Molte grazie,
Giovanna
Cara Giovanna,
la gestione del rischio di contaminazione accidentale è particolarmente
problematica nelle imprese che lavorano frutta secca. Anche quando si tratti di
grandi gruppi industriali i quali, per escludere tale rischio, dovrebbero segregare gli
interi cicli di lavorazione a partire dalla fase di magazzinaggio.
La ‘cross contamination‘ può di fatto venire esclusa dalle sole imprese agricole
dedite alla coltivazione, raccolta e confezionamento di singoli frutti. Come la
mandorla, la noce e la nocciola nei distretti vocati alle rispettive coltivazioni. (1)
Il problema della frutta secca con guscio è peraltro ancor più ampio, poiché a
tutt’oggi molti produttori di vari alimenti – nel settore dolciario soprattutto –
continuano a citare la possibile presenza di non meglio precisati ingredienti che
appartengono a tale categoria.
A ben vedere tra l’altro, come abbiamo più volte segnalato, non è ammesso
designare i singoli frutti con il solo nome della categoria. Tali ingredienti devono
infatti venire indicati con le loro denominazioni specifiche. (2)
L’etichetta in esame – al pari di tante altre, purtroppo – risulta perciò non conforme,
nella parte in cui viene citata la possibile presenza di ‘tracce’ (3) di ‘altra frutta
secca a guscio’. La cui natura dovrebbe invece venire specificata.
Il regolamento (UE) 1169/11 prescrive inderogabilmente l’indicazione specifica degli
ingredienti allergenici, e la loro evidenza grafica. Quand’anche essi siano presenti in
tracce, o in forma modificata. E tra essi figurano:
‘mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci (Juglans
regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya
illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi
(Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia), e i
loro prodotti, tranne per la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati
alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.’ (4)
Vi è poi un ulteriore errore, in relazione alla dicitura ‘può contenere tracce di (…)
solfiti’. I solfiti sono infatti l’unica categoria di ingredienti allergenici la cui notizia è
soggetta al superamento di una soglia ben precisa, da misurarsi sul prodotto finito:
‘anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in
termini di SO2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al
consumo o ricostituiti conformemente alle istruzioni dei fabbricanti. (5)
In ogni caso, i soggetti allergici ad alcun tipo di frutta secca a guscio, arachidi e
solfiti devono astenersi dal consumo del prodotto in questione. Tenuto bene a
mente che anche le sole tracce di tali sostanze possono stimolare reazioni
allergiche.
Cordialmente
Dario Dongo
Note
(1) A condizione, sia ben inteso, che tali operatori non trattino altra frutta con guscio, e che
applichino correttamente le procedure di autocontrollo atte a escludere tale rischio.
(2) A differenza di altri quali ad esempio i formaggi, le spezie, le erbe aromatiche, che possono venire
designati col solo nome della categoria, alle condizioni previste nel reg. UE 1169/11, Allegato VII,
Parte B
(3) Non esiste invero alcuna definizione legale di ‘tracce’ di ingredienti allergenici
(4) Reg. UE 1169/11, Allegato II, punto 8
(5) V. sopra, punto 12. Delle due l’una: se il tenore complessivo di solfiti nel l’alimento supera i 10
mg/kg, essi devono venire citati ed evidenziati, altrimenti no.
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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News SA 13 2017

  • 1. News 13/SA/2017 Lunedì, 27 Marzo 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.12 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 62 (11 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificati dalla Spagna per contenuto troppo alto di solfiti in gamberetti surgelati (Penaeus spp) provenienti dal Venezuela e per aflatossine in noccioline sgusciate provenienti dalla Cina; notificati dall’Olanda per Salmonella in carne di pollo salata surgelata proveniente dalla Tailandia; notificati dal Regno Unito per aflatossine in arachidi provenienti dall’India e per aflatossine in arachidi provenienti dall’ Argentina; notificato dalla Germania per aflatossine in pistacchi con guscio provenienti dall’Iran; dalla Danimarca per aflatossine in peperoncino rosso schiacciato proveniente dall’India; dall’Italia per aflatossine in arachidi provenienti dall’ Egitto; dalla Bulgaria per imazalil in limoni provenienti dalla Turchia; dalla Polonia per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina. Allerta notificati dall’Italia: per mercurio in fette di verdesca senza pelle congelate (Prionace glauca) provenienti dal Portogallo; per Salmonella enterica ser. Infantis in pollame congelato MSM proveniente dalla Polonia; per mercurio in filetti refrigerati di pesce spada sottovuoto (Xiphias gladius) provenienti dalla Spagna; per mercurio in fette di pesce spada congelato (Prionace glauca) provenienti dalla Spagna; per mercurio in fette congelate di squalo mako (Isurus oxyrinchus) provenienti dalla Spagna; Allerta notificati dall’Irlanda per aflatossine in mix di spezie provenienti dal Pakistan; dalla Slovacchia per cadmio in carote provenienti dalla Polonia; dalla Germania per Escherichia coli produttrice di shigatossine in formaggio Roquefort proveniente dalla Francia, per colore non autorizzato Rodamina B in rape in salamoia provenienti dal Libano, via Olanda e per Salmonella in foglie di moringa selvaggia in polvere provenienti dall’India; dal Belgio per Salmonella enterica ser. Livingstone in articoli
  • 2. da masticare provenienti dalla Germania; dalla Danimarca per frammenti di metallo in torte provenienti dalla Danimarca; dalla Francia per istamina in sardine congelate (Sardina pilchardus) provenienti dal Regno Unito; dall’Olanda per frammenti di vetro in barattolo di vetro contenenti funghi in olio al peperoncino proveniente dalla Cina; dal Belgio per Salmonella enterica ser. Typhimurium monophasic in filetti di petto di tacchino refrigerati provenienti dall’Italia; dalla Repubblica Ceca per fumonisine in crusca di mais organico e granturco schiacciato provenienti dall’Italia. Nella lista delle informative troviamo notificate: dalla Lituania per infestazione parassitaria da Anisakis (da 10 a 18 larve morte negli organi interni e per via intraperitoneale e 12 larve morte nei muscoli) di scorfano congelato (Sebastes marinus) proveniente dalla Norvegia; dalla Repubblica Ceca per Salmonella in maiale macinato refrigerato e mix di manzo proveniente dalla Polonia; dalla Spagna per Salmonella in proteine animali trasformate provenienti dalla Spagna; dalla Svizzera per sostanza non autorizzata carbofurano in melanzana proveniente dalla Repubblica Dominicana; dall’Irlanda per Salmonella enterica ser. Typhimurium in carne di tacchino refrigerata proveniente dall’Irlanda; dall’Olanda per ocratossina A in peperoncino isot proveniente dalla Turchia; dall’Italia per mercurio in tranci di pesce spada scongelati (Xiphias Gladius) provenienti dalla Spagna, per E 210 – acido benzoico non autorizzato in senape conservata proveniente dalla Tailandia e per Salmonella enterica ser. Infantis in quarto posteriore di pollo congelato proveniente dall’ Ungheria, via Slovenia; dal Belgio per arsenico in lievito secco proveniente dal Brasile. Fonte: rasff.eu Scandalo della carne importata dal Brasile: cento rinviati a giudizio, 38 arresti, 21 aziende coinvolte e blocco delle esportazioni. Lo scandalo della carne infetta, avariata e addizionata con sostanze sospette scoppiato in Brasile (primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami) probabilmente è il più grande scandalo alimentare verificatosi a livello globale. Il panico non è ancora scattato ancora, perché probabilmente non ci sono state vittime accertate né infezioni diffuse. La preoccupazione delle autorità sanitarie è grande, perché è emerso un quadro di corruzione e di pratiche illegali evidenziate da una mega-inchiesta durata tre anni.
  • 3. Ecco i fatti. Tutto nasce da tangenti di miliardi di dollari pagate dai giganti brasiliani delle costruzioni a politici di primaria importanza, per l’assegnazione di appalti con le aziende controllate dallo stato (soprattutto con Petrobas, il colosso statale del petrolio). Le indagini hanno fatto emergere i nomi di molti personaggi (tra i quali alcuni ministri dell’attuale governo di Michel Temer) e si è via via allargata al settore delle carni cruda e/o confezionata. Risultato finale di oltre 190 ispezioni fatte da mille agenti: oltre cento rinviati a giudizio, 38 arresti, in gran parte ispettori sanitari, accusati di aver incassato mazzette per permettere la vendita di carni scadute, il cambio di etichetta, l’aggiunta di sostanze proibite, 21 aziende coinvolte (vedi lista), e soprattutto il blocco delle esportazioni. Il Brasile è il primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami Negli ultimi giorni il Giappone, il Canada, il Messico, la Svizzera e Hong Kong hanno annunciato il fermo totale o parziale dell’acquisto di carni dal Brasile. La scelta arriva subito dopo la decisione dall’Unione Europea, dal Cile, dalla Corea del Sud, che ha appena revocato la decisione, e soprattutto dalla Cina, per la quale il Brasile era il primo fornitore di carni, con il 31% del mercato (al momento l’Australia, secondo fornitore, sta cercando di venire incontro all’aumento di domanda, ma non riesce a soddisfare del tutto le richieste). Nello specifico, secondo quanto riferito da Reuters e da altre fonti, le irregolarità riscontrate dagli ispettori brasiliani sono di diverso tipo. Additivi: secondo quanto riportato nei verbali, diverse piccole aziende non hanno esitato a utilizzare sostanze vietate per mascherare odore e aspetto della carne avariata. Tra gli agenti usati c’è stato l’acido sorbico, che secondo il ministero dell’agricoltura viene impiegato regolarmente e, nelle quantità indicate dalle tabelle ministeriali, non costituisce un pericolo. Anche l’Unione Europea ne consente
  • 4. l’uso (E200), riportando le dosi massime, e l’Efsa nel 2015 ne ha indicato le dosi massime giornaliere come sale di potassio. Lo scandalo della carne dal Brasile ha riguardato anche frodi nell’etichettatura Etichettatura: vi sono prove del cambio di etichetta a prodotti arrivati oltre la data di scadenza, pratica abituale, sempre secondo quanto emerso in alcune intercettazioni. Batteri: alcuni prodotti di una delle più grandi aziende coinvolte, la BRF, contenevano salmonelle del ceppo Saint Paul, tollerato dalla legislazione europea. Il caso riguarda specificamente l’Italia, perché in un’intercettazione telefonica viene chiesto di tenere le confezioni nei container – presumibilmente di un porto, ma quanto emerso non specifica dove, ndr -, evitando di esportarle in Europa. Imballaggi: sempre attraverso le intercettazioni era emersa una migrazione di sostanze dal cartone alle carni di pollo di BRF, ma l’azienda ha negato sostenendo che si è trattato di un malinteso e che ciò di cui si parlava erano gli imballaggi più esterni di cartone, perché nessun tipo di cartone viene a contatto diretto con le carni. Il problema però non sembra essere una novità per le autorità sanitarie di Bruxelles, che da anni ricevono numerose segnalazioni da parte dei paesi europei per la carne brasiliana non conforme. D’altro canto basta leggere i dati del sistema di allerta Rasff per rendersi conto: dal 1 gennaio 2012 al 1 marzo 2017, ci sono state 314 notifiche sulla carne proveniente dal Brasile. Nello stesso periodo i prodotti a base di carne segnalati importati dall’Argentina sono stati 14, quelli dal Cile 1, nessun rilievo per quelli provenienti da Usa, India, Australia, Uruguay, Canada, Messico, Russia. I ministeri e le aziende brasiliane coinvolte stanno cercando disperatamente di
  • 5. fermare il disastro, ma la sensazione è che potrebbe essere troppo tardi, data la gravità e l’estensione di quanto riscontrato dalla polizia. Paesi come la Cina hanno imposto un bando che non ha scadenza, hanno ritirato i prodotti brasiliani dal mercato. Iniziative come queste potrebbero mettere in ginocchio una delle pochissime voci in positivo di un’economia in pesante crisi, e il coinvolgimento di mezzo governo di certo non aiuta. Quest’ultimo ha preso le difese dei produttori, affermando che si tratta di mele marce in un sistema sano, e arrivando a minacciare ritorsioni commerciali a paesi come il Cile, dal quale importa molte merci. Dopo l’ennesimo scandalo della carne, ancora una volta ciò che emerge è la grave debolezza delle reti globali di approvvigionamento alimentare: carne avariata o adulterata venduta ai quattro angoli del pianeta, cioè a paesi che hanno sistemi di sicurezza alimentare molto diversi e non dialoganti tra loro. Nessuno si era accorto di nulla, pur comprando abbondantemente carne brasiliana. Fino a quando qualcuno non ha telefonato a un deposito in Italia, e ha detto: quella carne non deve andare in giro. Secondo un articolo firmato da Anna Flávia Rochas del 24 marzo 2017 e pubblicato sul sito Meatingplace, JBS, una delle grandi aziende coinvolte nello scandalo della carne, ha deciso di sospendere l’attività per tre giorni in 33 dei 36 macelli bovini situati in Brasile, a causa della mancanza di richieste da parte dei Pesi che hanno interrotto le importazioni. Per i prossimi giorni l’azienda ha in programma una riduzione del 35% della produzione. Secondo dati pubblicati da BTG Pactual le vendite di carne del Brasile verso: Cina, Hong Kong, Egitto e Cile rappresentano oltre il 53% delle esportazioni del settore. (Articolo di Agnese Codignola) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Glifosato, email interne a Monsanto mostrano manipolazioni scientifiche. Un tribunale della California rende pubblici documenti imbarazzanti per il produttore del Roundup. Dopo la classificazione come “probabilmente cancerogeno” del glifosato, alcuni agricoltori americani hanno fatto causa a Monsanto.
  • 6. Nell’ambito di un’azione giudiziaria intentata contro la Monsanto da centinaia di agricoltori colpiti da un tumore maligno del sistema linfatico noto come linfoma non- Hodgkin, un tribunale federale della California ha declassificato più di 250 pagine di corrispondenza interna a Monsanto, che dimostrano come la società fosse seriamente preoccupata sin dal 1999 dal fatto che l’erbicida glifosato, il principio attivo del suo prodotto di punta, il Roundup, fosse potenzialmente mutageno. La causa degli agricoltori contro Monsanto si basa sulla valutazione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità, che nel marzo 2015 ha giudicato il glifosato “probabilmente cancerogeno”. Gli agricoltori attribuiscono la causa della loro malattia al contatto prolungato con il Roundup prodotto da Monsanto, che aggiunge tensioattivi al glifosato, rendendolo ancor più tossico di quanto lo sia il principio attivo da solo, e accusano la multinazionale di aver cercato di nascondere queste informazioni. Dalle email interne di Monsanto si scopre l’abitudine dell’azienda di scrivere documenti rassicuranti da far firmare a scienziati esterni. Come riferisce l’organizzazione no-profit U.S. Right to Know, dalle email interne a Monsanto emerge la pratica di scrivere documenti rassicuranti sui rischi dell’erbicida all’interno dell’azienda, cercando poi qualche scienziato esterno disposto ad apporre la propria firma, dietro pagamento di un compenso. Dalle mail emerge anche che un alto funzionario della divisione pesticidi dell’Environmental Protection Agency (EPA) ha collaborato con Monsanto per difendere la sicurezza del glifosato in fase di valutazione scientifica. La pubblicazione di queste email interne a Monsanto è avvenuta il giorno dopo che l’Agenzia europea per sostanze chimiche (ECHA), al contrario dello Iarc, ha
  • 7. giudicato il glifosato non cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione e neppure genotossico. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it Sede dello stabilimento obbligatoria in etichetta, lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo il 17 marzo 2017. Il Consiglio dei Ministri ha approvato, il 17 marzo 2017, lo schema di decreto legislativo recante disciplina dell’indicazione obbligatoria in etichetta della sede e indirizzo di produzione o confezionamento. Breve analisi a seguire. Il decreto legislativo richiama in premesse sia il regolamento (UE) n. 1169/2011, sia I regolamenti (CE) 852, 853/04. (1) Oltre alla delega appositamente conferita dal Parlamento al Governo, per l’adeguamento delle norme nazionali rispetto al ‘Food Information Regulation’. ‘I prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività devono riportare sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento‘ (articolo 3, comma 1). Nei casi di ‘alimenti preimballati destinati alle collettività per essere preparati, trasformati, frazionati o tagliati nonché i prodotti preimballati commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore finale‘, la predetta informazione può venire riferita nei documenti commerciali che accompagnano o precedono la consegna delle merci (articolo 3, comma 2). La sede dello ‘stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (…) è identificata dalla località e dall’indirizzo dello stabilimento‘ (articolo 4, comma 1). L’indirizzo può essere omesso nei seguenti casi: - ‘qualora l’indicazione della località consenta l’agevole e immediata identificazione dello stabilimento‘ (comma 2), - la sede dello stabilimento coincida con quella dell’operatore responsabile, - i prodotti preimballati riportino il marchio di identificazione o il bollo sanitario prescritti dal Pacchetto Igiene, - il marchio contenga l’indicazione della sede dello stabilimento (comma 3). Nel caso in cui l’operatore disponga di più stabilimenti, ‘è consentito indicare tutti gli stabilimenti purché quello effettivo sia evidenziato mediante punzonatura o altro segno‘ (comma 4). La sanzione amministrativa pecuniaria da applicarsi, ‘salvo che il fatto costituisca
  • 8. reato‘, varia da 3.000 a 24.000 euro (articolo 5). Da 1.000 a 8.000 euro qualora non siano rispettati i requisiti di leggibilità (e altezza minima dei caratteri) stabiliti per le informazioni obbligatorie in etichetta. (2) L’autorità incaricata di controlli e sanzioni é l’ICQRF (Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari) presso il Mi.P.A.A.F (articolo 6). (3) Sono escluse dal campo di applicazione le derrate ‘provenienti da un altro Stato membro dell’Unione europea o dalla Turchia né ai prodotti provenienti da uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE)‘ (articolo 7). Il periodo transitorio é stabilito nei 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto, prevista nei 15 giorni dalla data di sua pubblicazione. ‘Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati in difformità dal presente decreto‘ entro il predetto termine potranno venire ‘commercializzati fino all’esaurimento delle scorte dei predetti alimenti‘ (articolo 8). La pubblicazione del decreto è in ogni caso soggetta al rilascio di parere preventivo delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato. Nonché al via libera della Commissione europea, a seguito di rituale notifica ai sensi del regolamento UE 1169/11. Tempi non brevi, non inferiori ai 90 giorni previsti per il silenzio-assenso di Bruxelles. Con esito incerto, a fronte delle critiche già espresse dalle industrie multinazionali aventi sede in Italia, per il tramite di Federalimentare. Per il testo dello schema di decreto, si veda http://www.greatitalianfoodtrade.it/sede-dello-stabilimento-ok-governo/ Dario Dongo Note (1) Pacchetto Igiene, regolamenti c.d. Igiene 1 e 2 (2) Reg. UE 1169/11, articolo 13 (3) Un’anomalia rispetto alla competenza primaria delle autorità sanitarie sui controlli pubblici relativi alle etichette (cfr. reg. CE 882/04) Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com Mix di frutta secca e solfiti, questione allergeni. Risponde l’avvocato Dario Dongo. Gentilissimo avvocato Dongo, due componenti della mia famiglia soffrono di allergie alimentari e ho sempre seguito i Suoi scritti sull’argomento. Le chiedo un parere sull’etichetta di questo mix di uva secca con nocciole, noci e mandorle.
  • 9. Come si deve intendere la possibile presenza di “tracce di altra frutta a guscio, arachidi e solfiti”? Molte grazie, Giovanna Cara Giovanna, la gestione del rischio di contaminazione accidentale è particolarmente problematica nelle imprese che lavorano frutta secca. Anche quando si tratti di grandi gruppi industriali i quali, per escludere tale rischio, dovrebbero segregare gli interi cicli di lavorazione a partire dalla fase di magazzinaggio. La ‘cross contamination‘ può di fatto venire esclusa dalle sole imprese agricole dedite alla coltivazione, raccolta e confezionamento di singoli frutti. Come la mandorla, la noce e la nocciola nei distretti vocati alle rispettive coltivazioni. (1) Il problema della frutta secca con guscio è peraltro ancor più ampio, poiché a tutt’oggi molti produttori di vari alimenti – nel settore dolciario soprattutto – continuano a citare la possibile presenza di non meglio precisati ingredienti che appartengono a tale categoria. A ben vedere tra l’altro, come abbiamo più volte segnalato, non è ammesso designare i singoli frutti con il solo nome della categoria. Tali ingredienti devono infatti venire indicati con le loro denominazioni specifiche. (2) L’etichetta in esame – al pari di tante altre, purtroppo – risulta perciò non conforme, nella parte in cui viene citata la possibile presenza di ‘tracce’ (3) di ‘altra frutta secca a guscio’. La cui natura dovrebbe invece venire specificata. Il regolamento (UE) 1169/11 prescrive inderogabilmente l’indicazione specifica degli ingredienti allergenici, e la loro evidenza grafica. Quand’anche essi siano presenti in tracce, o in forma modificata. E tra essi figurano: ‘mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi (Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia), e i loro prodotti, tranne per la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.’ (4) Vi è poi un ulteriore errore, in relazione alla dicitura ‘può contenere tracce di (…) solfiti’. I solfiti sono infatti l’unica categoria di ingredienti allergenici la cui notizia è
  • 10. soggetta al superamento di una soglia ben precisa, da misurarsi sul prodotto finito: ‘anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al consumo o ricostituiti conformemente alle istruzioni dei fabbricanti. (5) In ogni caso, i soggetti allergici ad alcun tipo di frutta secca a guscio, arachidi e solfiti devono astenersi dal consumo del prodotto in questione. Tenuto bene a mente che anche le sole tracce di tali sostanze possono stimolare reazioni allergiche. Cordialmente Dario Dongo Note (1) A condizione, sia ben inteso, che tali operatori non trattino altra frutta con guscio, e che applichino correttamente le procedure di autocontrollo atte a escludere tale rischio. (2) A differenza di altri quali ad esempio i formaggi, le spezie, le erbe aromatiche, che possono venire designati col solo nome della categoria, alle condizioni previste nel reg. UE 1169/11, Allegato VII, Parte B (3) Non esiste invero alcuna definizione legale di ‘tracce’ di ingredienti allergenici (4) Reg. UE 1169/11, Allegato II, punto 8 (5) V. sopra, punto 12. Delle due l’una: se il tenore complessivo di solfiti nel l’alimento supera i 10 mg/kg, essi devono venire citati ed evidenziati, altrimenti no. Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com