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News 25/SA/2016
Lunedì, 20 giugno 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.25 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 54 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei lotti respinti alla frontiera comprende i seguenti casi: acetamiprid in
semi di finocchio dall’ India respinto dall’Italia; sostanza non autorizzata propargite in
tè verde dall’ India; aflatossine in pistacchi e fichi secchi dalla Turchia; salmonella in
fegato di pollame congelato dall’Argentina.
Allerta notificata dall’Italia per focolaio di origine alimentare sospetto di essere
causato da fette di marlin congelato dal Portogallo; nocciole non dichiarate in
farina di mandorle sgusciate e tostate dall’Italia, aflatossine in formaggio gorgonzola
dolce dall’Italia, Listeria monocytogenes in insalata fredda con uova di carpa e
cipolle dalla Romania, frammenti di metallo in ceci biologici e fiocchi azuki dalla
Francia.
Nella lista delle informative troviamo: Tossine di Amnesic Shellfish Poisoning (ASP) in
cannolicchi dal Regno Unito; salmonella in guscio di uova crude dalla Germania;
salmonella in preparazione di carne di tacchino tritata dalla Polonia; istamina in
polpa di tonno leggera in olio vegetale con peperoncino dal Vietnam; presenza di
DNA ruminante in proteine animali trasformate dal Belgio; fenpropatrin e sostanze
non autorizzate ethion e propargite in uva passa dall’Iran; alto numero di Escherichia
coli in vongole (Callista chione) dall’ Italia, sostanza non autorizzata propargite in tè
verde dall’India.
Fonte: rasff.eu
Salmonella nella carne suina: secondo il Ministero della Salute l’autocontrollo delle
aziende è poco affidabile.
Il Ministero della salute ha reso noti i risultati sul controllo ufficiale (1) della
contaminazione da Salmonella nelle carni di maiale, da trasmettere alla
Commissione Europea. Confrontando i dati ufficiali con quelli ottenuti in fase di
autocontrollo dalle aziende sono emerse tali discrepanze da ipotizzare un
sostanziale fallimento delle verifiche condotte all’interno delle industri di lavorazione
delle carni di maiale. Le criticità maggiori riguardano una decina di regioni.
I controlli ufficiali hanno rilevato la presenza di contaminazioni in 300 campioni di
carcasse suine esaminate su 5.641, cioè il 5,3% del totale. I risultati ottenuti in fase di
autocontrollo hanno dato 232 campioni positivi su 14.368, pari al 1,6% del totale. In
altre parole 2/3 dei campioni positivi alla Salmonella non vengono individuati in fase
di autocontrollo. Si tratta di un dato allarmante, se si considerano le potenziali
ricadute sulla salute pubblica.
Secondo gli esperti, l’attività di autocontrollo è inefficace e sostanzialmente
inattendibile, per questo il ministero raccomanda alle regioni di vigilare
attentamente sulle procedure adottate nei laboratori di analisi all’interno delle
aziende alimentari e sulle metodologie di campionamento. La vigilanza deve essere
migliorata soprattutto nelle regioni in cui la percentuale di positività risulta molto
bassa o quasi vicina allo zero come in: Puglia, Basilicata, Liguria, Molise, Valle
d’Aosta. Nel miglioramento dei sistemi di controllo vanno coinvolti anche gli
operatori del settore alimentare. Solo così si potrà intervenire organicamente per
individuare e risolvere eventuali criticità nel sistema di campionamento e di analisi.
La Salmonella è una delle principali cause di infezioni alimentari, che nella maggior
parte dei casi si manifesta con sintomi gastro-intestinali senza la necessità di
ospedalizzazione. In alcuni casi può dare luogo a infezioni sistemiche, molto
pericolose per i soggetti più fragili. La Salmonella (che vive nel tratto intestinale di
molti animali, uomo compreso, anche in maniera asintomatica) può entrare in
contatto con le carni durante la macellazione, e per questo maiali e avicoli sono
considerati i principali serbatoi infettivi . La frutta e gli ortaggi invece possono essere
contaminati, da acque inquinate da liquami (Fonte IZSVe). (Articolo di Giulia
Crepaldi)
(1) Previsto da Reg (CE) n. 84/2004 e Dir. 2003/99/CE
Fonte: ilfattoalimentare.it
Negli USA Kellogg’s ritira alcuni prodotti contaminati da residui di arachidi.
L’allergene potrebbe dare problemi di salute.
Negli Stati Uniti l’azienda Kellogg’s ha richiamato volontariamente 23 prodotti
perché potrebbero contenere residui di arachidi non dichiarati in etichetta.
Mother’s, Keebler, Kellogg’s Special K brownies, Murray and Famous Amos sono
alcuni dei nomi di cereali, snack e biscotti ritirati che potrebbero scatenare allergie
se vengono assunti da consumatori ipersensibili o allergici alle arachidi.
Il ritiro è stato deciso quando il fornitore della Kellogg’s – l’azienda Grain Craft – ha
scoperto che la farina di grano poteva contenere residui di arachidi. Sebbene
Secondo la FDA la quantità di residui ritrovata nella farina sia molto bassa, l’azienda
ha ricevuto diverse segnalazioni da persone che hanno riscontrato problemi di
salute e ha deciso il ritiro.
Fonte: ilfattoalimentare.it
L’olio di palma costituisce un potenziale pericolo per bambini e adolescenti. Parere
della Regione Marche basato su documento Efsa.
Vi proponiamo il parere della sezione Veterinaria e sicurezza alimentare della
Regione Marche sull’olio di palma redatto sulla base del documento Efsa. Il parere
evidenzia in modo chiaro il rischio per la salute per i bambini e i ragazzi “La stima
della media e le esposizioni elevate al monocloropropandiolo – contaminante
presente nell’olio di palma (NdR) – per le fasce di età più bassa, adolescenti
compresi (fino a 18 anni di età), superano la Dose giornaliera tollerabile e
costituiscono un potenziale rischio per la salute”.
Recentemente il gruppo di lavoro CONTAM dell’Autorità Europea per la Sicurezza
Alimentare (EFSA) ha pubblicato uno studio sui rischi per la salute pubblica derivanti
dalle sostanze: glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-
MCPD) e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi ( allegato
1 prima parte ) ( allegato 1 seconda parte ).
Queste sostanze si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando
gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (intorno ai 200 °C).
Il gruppo di studio ha valutato le caratteristiche dei contaminanti che si formano
durante la lavorazione dell’olio di palma, ma anche di altri oli vegetali, delle
margarine e di alcuni prodotti alimentari trasformati. Questi contaminanti possono
essere potenziale causa di problemi di salute per il consumatore medio di tali
alimenti nella fascia di età giovanile e per i forti consumatori di tutte le fasce d’età.
I più elevati livelli di GE, come pure di 3-MCPD e 2-MCPD sono stati rinvenuti in oli di
palma e grassi di palma, seguiti da altri oli e grassi. Per i consumatori di tre anni di
età, e oltre, margarine, dolci e torte sono tra le principali fonti di esposizione a tutte
queste sostanze.
Studiando uno dei composti precursori dei GE, il glicidolo, sono state riscontrate
“evidenze sufficienti” che sia “genotossico e cancerogeno”: per tale sostanza non è
stato possibile stabilire un livello di sicurezza. Nel valutare le sostanze genotossiche e
cancerogene che sono presenti accidentalmente nella catena alimentare, l’EFSA
calcola un cosiddetto “margine di esposizione” per i consumatori. In generale,
maggiore è il margine di esposizione, più basso è il livello di preoccupazione per i
consumatori. “L’esposizione ai GE dei bambini che consumino esclusivamente
alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è
fino a dieci volte quella che sarebbero considerata di lieve preoccupazione per la
salute pubblica”. L’analisi ha messo in luce che i livelli di GE negli oli e grassi di palma
si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie alle misure volontarie adottate dai
produttori. Ciò ha contribuito a un calo importante dell’esposizione dei consumatori
a dette sostanze.
Per il 3-MCPD e i suoi esteri degli acidi grassi è stata fissata una dose giornaliera
tollerabile (Dgt) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno
(µg/kg di peso corporeo/giorno), sulla base delle evidenze che collegano questa
sostanza a un danno d’organo nei test sugli animali. Le informazioni tossicologiche
sono invece troppo limitate per stabilire un livello di sicurezza per 2-MCPD. La stima
della media e le esposizioni elevate al monocloropropandiolo (sia 3-MCPD che 2-
MCPD) per le fasce di età più bassa, adolescenti compresi (fino a 18 anni di età),
superano la Dgt e costituiscono un potenziale rischio per la salute. L’olio di palma
contribuisce in maniera rilevante all’esposizione a 3-MCPD e 2-MCPD nella maggior
parte dei soggetti. A differenze del glicidolo, i livelli di 3-MCPD e dei suoi esteri degli
acidi grassi negli oli vegetali sono rimasti in gran parte invariati nel corso degli ultimi
cinque anni.
Lo studio può fornire informazioni utili per gestire i potenziali rischi per i consumatori,
legati all’esposizione a tali sostanze negli alimenti. Il gruppo scientifico ha inoltre
espresso una serie di raccomandazioni affinché si conducano ulteriori ricerche per
migliorare le conoscenze sulla tossicità di queste sostanze, in particolare del 2-MCPD,
e sull’esposizione dei consumatori ad essi tramite l’alimentazione.
(Articolo di Valentina Rebella - medico specializzata in Igiene e medicina preventiva
presso Asur Marche)
Fonte: ilfattoalimentare.it
TTIP, dagli USA zero standard su benessere animale.
Il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) non solo avrà
conseguenze pericolose per la sicurezza alimentare e ambientale, ma anche un
impatto sul benessere animale ancora non pienamente compreso a livello di
opinione pubblica. Il TTIP infatti contiene accordi non vincolanti sul benessere
animale: significa che mentre in Italia (ed in Europa) il benessere animale è un
requisito di legge, che impone alle imprese costi di stabulazione, nutrimento e cura
complessiva, negli USA non lo è. Con una concorrenza sleale dei prodotti americani.
Il benessere animale inoltre è la cartina al tornasole del processo produttivo, segnala
aspetti non immediatamente apprezzabili anche di qualità produttiva e di sicurezza
alimentare, che possono divenire visibili solo nel corso dei prossimi decenni.
Pensiamo ad esempio al tema degli antibiotici, usati oltre Atlantico come promotori
della crescita (al contrario dell’Europa, laddove sono proibiti dalla Direttiva….). E
che ogni anno rendono più resistenti i batteri di tutto il Mondo – non vi sono barriere,
data l’impossibilità di contenerne la diffusione. Sebbene l’Europa e gli USA, che già
collaborano entro una task force transatlantica per la lotta alla resistenza
antibiotica, abbiano aggiunto al TTIP un intero capitolo per lottare contro il
fenomeno globale della resistenza dei batteri, sempre più difficili da debellare-
all’atto pratico e al netto delle dichiarazioni, non vi è nulla. Si parla infatti- nel
capitolo in questione- di “diffondere buone prassi, linee guida, standard volontari”,
così come si dichiara la “volontà di cooperare”. Peccato che in nessuna parte del
documento si chieda mai agli USA di adottare i più stringenti standard europei di
proibizione degli antibiotici come promotori della crescita. La proposta della
Commissione europea riconosce che gli animali sono “creature senzienti” e quindi in
grado di soffrire, provare dolore e paura. Ma date i costi che elevare gli standard di
benessere animale richiederà, è difficile credere che gli USA vorranno adottarli.
Ricordiamo che in Europa a partire dalla Direttiva 81/602/EEC, si è proibito l’uso di
ormoni come promotori della crescita dagli anni ’80, e che gli stessi antibiotici sono
proibiti qualora usati allo stesso scopo di promotori della crescita.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Domanda del Parlamento UE: “Cosa intende fare sull’olio di palma la
Commissione?”
A seguito dello stallo ancora in corso, con i rappresentanti dei governi che non sono
riusciti a decidere nessuna misura di gestione sull’olio di palma lo scorso maggio
entro il Comitato permanente per la Sicurezza Alimentare ed il Benessere animale
(SCOFCAH) – il Parlamento europeo si è acceso. Producendo (a partire da ben 70
deputati) una interrogazione con risposta orale circa le intenzioni della
Commissione, quale gestore del rischio- dopo il verdetto di Efsa- che certifica il
potenziale cancerogeno e genotossico di alcuni sottoprodotti di cottura dell’olio
tropicale. “Può la Commissione informare su come intenda gestire il rischio
potenziale per i consumatori che deriva dall’esposizione di questa sostanza?” e
ancora “Intende la Commissione adottare misure regolatorie per limitare la presenza
dei composti dannoisi presenti nel cibo?”. Allo stato attuale, la Commissione ha
dichiarato che intende proporre misure, anche se sul tenore delle stesse vige riserbo.
Entro la fine di giugno vi dovrebbero in ogni caso essere ulteriori notizie, in ragione
del nuovo incontro SCOFCAH.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Piante curate con antibiotici, in pochi lo sanno!
Le piante, come gli animali, sono soggette a malattie provocate da virus, batteri,
funghi e parassiti. Quando a essere colpite sono le piante che producono alimenti è
necessario intervenire con cure adeguate per evitare di perdere i raccolti. Noi tutti
siamo a conoscenza dell’uso di fitofarmaci quali gli insetticidi e i fungicidi e ci
preoccupiamo della possibile presenza di residui nella frutta e nella verdura, pochi
sanno però che alcune malattie batteriche vegetali si curano con gli antibiotici. Le
piante sensibili alle malattie batteriche sono i meli, i peri, i peschi, i kiwi, il riso e, come
si è recentemente visto anche in Italia, gli olivi con la xylella.
Per fronteggiare le malattie batteriche, alcuni Paesi hanno autorizzato l’”irrorazione”
degli antibiotici direttamente sulle piante a scopo preventivo prima dello sviluppo
dei frutti; in questo modo si previene il pericolo della presenza di residui.
Anche se sembra poco credibile, in alcuni casi si fanno iniezioni di ossitetraciclina
direttamente nel fusto delle piante.
L’impiego tuttavia non è legale in tutti i Paesi: si hanno informazioni certe della
legalizzazione negli USA, in Israele, nella Nuova Zelanda, nel Canada, nel Messico e
nel Giappone (per il riso); in casi di emergenza anche in Europa la Germania,
l’Austria e la Svizzera possono consentire l’uso degli antibiotici nei frutteti.
Secondo quanto riportato da Stokwell e Duffy nel 2012, non si sa bene quale sia la
situazione in altri Paesi grandi produttori come la Cina, ma probabilmente l’impiego
è piuttosto elevato.
Nell’Unione Europea invece, l’impiego degli antibiotici in campo vegetale non è
consentito anche se l’impiego degli antibiotici nei frutteti è un aiuto molto
importante per gli agricoltori: basti pensare che in Italia nel 1990 è stato necessario
tagliare 500.000 alberi di pere infetti che potevano essere salvati con una cura di
antibiotici.
I motivi che hanno portato a non autorizzare gli antibiotici sono legati al pericolo
che un trattamento di questo tipo possa portare alla comparsa di microrganismi
farmacoresistenti. In questo caso il problema non riguarda soltanto le piante, per le
quali non ci sarebbero mezzi terapeutici efficaci, ma (e soprattutto) per gli animali e
per l’uomo. Il carattere della “farmacoresistenza” potrebbe essere “trasferito” ad
altri microrganismi potenzialmente patogeni anche per l’uomo.
Il divieto d’impiego degli antibiotici nei vegetali sembra quindi essere pienamente
giustificato; infatti a fronte di un indubbio beneficio per le produzioni vegetali, si
presenta un rischio importante per la salute pubblica.
Resta comunque il fatto che i nostri frutticoltori si trovano in una situazione
svantaggiata nei confronti di quelli di altri Paesi; in caso di malattie batteriche delle
piante i nostri subiscono gravi danni e i costi di produzione sono molto più elevati.
Insomma produrre in sicurezza in questi casi non paga e la nostra frutticoltura di
eccellenza corre il rischio di essere sopraffatta dalla concorrenza di chi può
adoperare in modo disinvolto gli antibiotici. (Dal blog di Agostino Macrì)
Fonte: sicurezzalimentare.it

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News SA 25 2016

  • 1. News 25/SA/2016 Lunedì, 20 giugno 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.25 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 54 (9 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei lotti respinti alla frontiera comprende i seguenti casi: acetamiprid in semi di finocchio dall’ India respinto dall’Italia; sostanza non autorizzata propargite in tè verde dall’ India; aflatossine in pistacchi e fichi secchi dalla Turchia; salmonella in fegato di pollame congelato dall’Argentina. Allerta notificata dall’Italia per focolaio di origine alimentare sospetto di essere causato da fette di marlin congelato dal Portogallo; nocciole non dichiarate in farina di mandorle sgusciate e tostate dall’Italia, aflatossine in formaggio gorgonzola dolce dall’Italia, Listeria monocytogenes in insalata fredda con uova di carpa e cipolle dalla Romania, frammenti di metallo in ceci biologici e fiocchi azuki dalla Francia. Nella lista delle informative troviamo: Tossine di Amnesic Shellfish Poisoning (ASP) in cannolicchi dal Regno Unito; salmonella in guscio di uova crude dalla Germania; salmonella in preparazione di carne di tacchino tritata dalla Polonia; istamina in polpa di tonno leggera in olio vegetale con peperoncino dal Vietnam; presenza di DNA ruminante in proteine animali trasformate dal Belgio; fenpropatrin e sostanze non autorizzate ethion e propargite in uva passa dall’Iran; alto numero di Escherichia coli in vongole (Callista chione) dall’ Italia, sostanza non autorizzata propargite in tè verde dall’India. Fonte: rasff.eu Salmonella nella carne suina: secondo il Ministero della Salute l’autocontrollo delle aziende è poco affidabile. Il Ministero della salute ha reso noti i risultati sul controllo ufficiale (1) della
  • 2. contaminazione da Salmonella nelle carni di maiale, da trasmettere alla Commissione Europea. Confrontando i dati ufficiali con quelli ottenuti in fase di autocontrollo dalle aziende sono emerse tali discrepanze da ipotizzare un sostanziale fallimento delle verifiche condotte all’interno delle industri di lavorazione delle carni di maiale. Le criticità maggiori riguardano una decina di regioni. I controlli ufficiali hanno rilevato la presenza di contaminazioni in 300 campioni di carcasse suine esaminate su 5.641, cioè il 5,3% del totale. I risultati ottenuti in fase di autocontrollo hanno dato 232 campioni positivi su 14.368, pari al 1,6% del totale. In altre parole 2/3 dei campioni positivi alla Salmonella non vengono individuati in fase di autocontrollo. Si tratta di un dato allarmante, se si considerano le potenziali ricadute sulla salute pubblica. Secondo gli esperti, l’attività di autocontrollo è inefficace e sostanzialmente inattendibile, per questo il ministero raccomanda alle regioni di vigilare attentamente sulle procedure adottate nei laboratori di analisi all’interno delle aziende alimentari e sulle metodologie di campionamento. La vigilanza deve essere migliorata soprattutto nelle regioni in cui la percentuale di positività risulta molto bassa o quasi vicina allo zero come in: Puglia, Basilicata, Liguria, Molise, Valle d’Aosta. Nel miglioramento dei sistemi di controllo vanno coinvolti anche gli operatori del settore alimentare. Solo così si potrà intervenire organicamente per individuare e risolvere eventuali criticità nel sistema di campionamento e di analisi. La Salmonella è una delle principali cause di infezioni alimentari, che nella maggior parte dei casi si manifesta con sintomi gastro-intestinali senza la necessità di ospedalizzazione. In alcuni casi può dare luogo a infezioni sistemiche, molto pericolose per i soggetti più fragili. La Salmonella (che vive nel tratto intestinale di molti animali, uomo compreso, anche in maniera asintomatica) può entrare in contatto con le carni durante la macellazione, e per questo maiali e avicoli sono considerati i principali serbatoi infettivi . La frutta e gli ortaggi invece possono essere contaminati, da acque inquinate da liquami (Fonte IZSVe). (Articolo di Giulia Crepaldi) (1) Previsto da Reg (CE) n. 84/2004 e Dir. 2003/99/CE
  • 3. Fonte: ilfattoalimentare.it Negli USA Kellogg’s ritira alcuni prodotti contaminati da residui di arachidi. L’allergene potrebbe dare problemi di salute. Negli Stati Uniti l’azienda Kellogg’s ha richiamato volontariamente 23 prodotti perché potrebbero contenere residui di arachidi non dichiarati in etichetta. Mother’s, Keebler, Kellogg’s Special K brownies, Murray and Famous Amos sono alcuni dei nomi di cereali, snack e biscotti ritirati che potrebbero scatenare allergie se vengono assunti da consumatori ipersensibili o allergici alle arachidi.
  • 4. Il ritiro è stato deciso quando il fornitore della Kellogg’s – l’azienda Grain Craft – ha scoperto che la farina di grano poteva contenere residui di arachidi. Sebbene Secondo la FDA la quantità di residui ritrovata nella farina sia molto bassa, l’azienda ha ricevuto diverse segnalazioni da persone che hanno riscontrato problemi di salute e ha deciso il ritiro. Fonte: ilfattoalimentare.it L’olio di palma costituisce un potenziale pericolo per bambini e adolescenti. Parere della Regione Marche basato su documento Efsa. Vi proponiamo il parere della sezione Veterinaria e sicurezza alimentare della Regione Marche sull’olio di palma redatto sulla base del documento Efsa. Il parere evidenzia in modo chiaro il rischio per la salute per i bambini e i ragazzi “La stima della media e le esposizioni elevate al monocloropropandiolo – contaminante presente nell’olio di palma (NdR) – per le fasce di età più bassa, adolescenti compresi (fino a 18 anni di età), superano la Dose giornaliera tollerabile e costituiscono un potenziale rischio per la salute”. Recentemente il gruppo di lavoro CONTAM dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato uno studio sui rischi per la salute pubblica derivanti dalle sostanze: glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3- MCPD) e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi ( allegato 1 prima parte ) ( allegato 1 seconda parte ). Queste sostanze si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (intorno ai 200 °C). Il gruppo di studio ha valutato le caratteristiche dei contaminanti che si formano durante la lavorazione dell’olio di palma, ma anche di altri oli vegetali, delle margarine e di alcuni prodotti alimentari trasformati. Questi contaminanti possono essere potenziale causa di problemi di salute per il consumatore medio di tali alimenti nella fascia di età giovanile e per i forti consumatori di tutte le fasce d’età. I più elevati livelli di GE, come pure di 3-MCPD e 2-MCPD sono stati rinvenuti in oli di palma e grassi di palma, seguiti da altri oli e grassi. Per i consumatori di tre anni di età, e oltre, margarine, dolci e torte sono tra le principali fonti di esposizione a tutte queste sostanze. Studiando uno dei composti precursori dei GE, il glicidolo, sono state riscontrate “evidenze sufficienti” che sia “genotossico e cancerogeno”: per tale sostanza non è stato possibile stabilire un livello di sicurezza. Nel valutare le sostanze genotossiche e
  • 5. cancerogene che sono presenti accidentalmente nella catena alimentare, l’EFSA calcola un cosiddetto “margine di esposizione” per i consumatori. In generale, maggiore è il margine di esposizione, più basso è il livello di preoccupazione per i consumatori. “L’esposizione ai GE dei bambini che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte quella che sarebbero considerata di lieve preoccupazione per la salute pubblica”. L’analisi ha messo in luce che i livelli di GE negli oli e grassi di palma si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie alle misure volontarie adottate dai produttori. Ciò ha contribuito a un calo importante dell’esposizione dei consumatori a dette sostanze. Per il 3-MCPD e i suoi esteri degli acidi grassi è stata fissata una dose giornaliera tollerabile (Dgt) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno (µg/kg di peso corporeo/giorno), sulla base delle evidenze che collegano questa sostanza a un danno d’organo nei test sugli animali. Le informazioni tossicologiche sono invece troppo limitate per stabilire un livello di sicurezza per 2-MCPD. La stima della media e le esposizioni elevate al monocloropropandiolo (sia 3-MCPD che 2- MCPD) per le fasce di età più bassa, adolescenti compresi (fino a 18 anni di età), superano la Dgt e costituiscono un potenziale rischio per la salute. L’olio di palma contribuisce in maniera rilevante all’esposizione a 3-MCPD e 2-MCPD nella maggior parte dei soggetti. A differenze del glicidolo, i livelli di 3-MCPD e dei suoi esteri degli acidi grassi negli oli vegetali sono rimasti in gran parte invariati nel corso degli ultimi cinque anni. Lo studio può fornire informazioni utili per gestire i potenziali rischi per i consumatori, legati all’esposizione a tali sostanze negli alimenti. Il gruppo scientifico ha inoltre espresso una serie di raccomandazioni affinché si conducano ulteriori ricerche per migliorare le conoscenze sulla tossicità di queste sostanze, in particolare del 2-MCPD, e sull’esposizione dei consumatori ad essi tramite l’alimentazione. (Articolo di Valentina Rebella - medico specializzata in Igiene e medicina preventiva presso Asur Marche) Fonte: ilfattoalimentare.it TTIP, dagli USA zero standard su benessere animale. Il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) non solo avrà conseguenze pericolose per la sicurezza alimentare e ambientale, ma anche un impatto sul benessere animale ancora non pienamente compreso a livello di
  • 6. opinione pubblica. Il TTIP infatti contiene accordi non vincolanti sul benessere animale: significa che mentre in Italia (ed in Europa) il benessere animale è un requisito di legge, che impone alle imprese costi di stabulazione, nutrimento e cura complessiva, negli USA non lo è. Con una concorrenza sleale dei prodotti americani. Il benessere animale inoltre è la cartina al tornasole del processo produttivo, segnala aspetti non immediatamente apprezzabili anche di qualità produttiva e di sicurezza alimentare, che possono divenire visibili solo nel corso dei prossimi decenni. Pensiamo ad esempio al tema degli antibiotici, usati oltre Atlantico come promotori della crescita (al contrario dell’Europa, laddove sono proibiti dalla Direttiva….). E che ogni anno rendono più resistenti i batteri di tutto il Mondo – non vi sono barriere, data l’impossibilità di contenerne la diffusione. Sebbene l’Europa e gli USA, che già collaborano entro una task force transatlantica per la lotta alla resistenza antibiotica, abbiano aggiunto al TTIP un intero capitolo per lottare contro il fenomeno globale della resistenza dei batteri, sempre più difficili da debellare- all’atto pratico e al netto delle dichiarazioni, non vi è nulla. Si parla infatti- nel capitolo in questione- di “diffondere buone prassi, linee guida, standard volontari”, così come si dichiara la “volontà di cooperare”. Peccato che in nessuna parte del documento si chieda mai agli USA di adottare i più stringenti standard europei di proibizione degli antibiotici come promotori della crescita. La proposta della Commissione europea riconosce che gli animali sono “creature senzienti” e quindi in grado di soffrire, provare dolore e paura. Ma date i costi che elevare gli standard di benessere animale richiederà, è difficile credere che gli USA vorranno adottarli. Ricordiamo che in Europa a partire dalla Direttiva 81/602/EEC, si è proibito l’uso di ormoni come promotori della crescita dagli anni ’80, e che gli stessi antibiotici sono proibiti qualora usati allo stesso scopo di promotori della crescita. Fonte: sicurezzaalimentare.it Domanda del Parlamento UE: “Cosa intende fare sull’olio di palma la Commissione?” A seguito dello stallo ancora in corso, con i rappresentanti dei governi che non sono riusciti a decidere nessuna misura di gestione sull’olio di palma lo scorso maggio entro il Comitato permanente per la Sicurezza Alimentare ed il Benessere animale (SCOFCAH) – il Parlamento europeo si è acceso. Producendo (a partire da ben 70 deputati) una interrogazione con risposta orale circa le intenzioni della Commissione, quale gestore del rischio- dopo il verdetto di Efsa- che certifica il
  • 7. potenziale cancerogeno e genotossico di alcuni sottoprodotti di cottura dell’olio tropicale. “Può la Commissione informare su come intenda gestire il rischio potenziale per i consumatori che deriva dall’esposizione di questa sostanza?” e ancora “Intende la Commissione adottare misure regolatorie per limitare la presenza dei composti dannoisi presenti nel cibo?”. Allo stato attuale, la Commissione ha dichiarato che intende proporre misure, anche se sul tenore delle stesse vige riserbo. Entro la fine di giugno vi dovrebbero in ogni caso essere ulteriori notizie, in ragione del nuovo incontro SCOFCAH. Fonte: sicurezzaalimentare.it Piante curate con antibiotici, in pochi lo sanno! Le piante, come gli animali, sono soggette a malattie provocate da virus, batteri, funghi e parassiti. Quando a essere colpite sono le piante che producono alimenti è necessario intervenire con cure adeguate per evitare di perdere i raccolti. Noi tutti siamo a conoscenza dell’uso di fitofarmaci quali gli insetticidi e i fungicidi e ci preoccupiamo della possibile presenza di residui nella frutta e nella verdura, pochi sanno però che alcune malattie batteriche vegetali si curano con gli antibiotici. Le piante sensibili alle malattie batteriche sono i meli, i peri, i peschi, i kiwi, il riso e, come si è recentemente visto anche in Italia, gli olivi con la xylella. Per fronteggiare le malattie batteriche, alcuni Paesi hanno autorizzato l’”irrorazione” degli antibiotici direttamente sulle piante a scopo preventivo prima dello sviluppo dei frutti; in questo modo si previene il pericolo della presenza di residui. Anche se sembra poco credibile, in alcuni casi si fanno iniezioni di ossitetraciclina direttamente nel fusto delle piante. L’impiego tuttavia non è legale in tutti i Paesi: si hanno informazioni certe della legalizzazione negli USA, in Israele, nella Nuova Zelanda, nel Canada, nel Messico e nel Giappone (per il riso); in casi di emergenza anche in Europa la Germania, l’Austria e la Svizzera possono consentire l’uso degli antibiotici nei frutteti. Secondo quanto riportato da Stokwell e Duffy nel 2012, non si sa bene quale sia la situazione in altri Paesi grandi produttori come la Cina, ma probabilmente l’impiego è piuttosto elevato. Nell’Unione Europea invece, l’impiego degli antibiotici in campo vegetale non è consentito anche se l’impiego degli antibiotici nei frutteti è un aiuto molto importante per gli agricoltori: basti pensare che in Italia nel 1990 è stato necessario
  • 8. tagliare 500.000 alberi di pere infetti che potevano essere salvati con una cura di antibiotici. I motivi che hanno portato a non autorizzare gli antibiotici sono legati al pericolo che un trattamento di questo tipo possa portare alla comparsa di microrganismi farmacoresistenti. In questo caso il problema non riguarda soltanto le piante, per le quali non ci sarebbero mezzi terapeutici efficaci, ma (e soprattutto) per gli animali e per l’uomo. Il carattere della “farmacoresistenza” potrebbe essere “trasferito” ad altri microrganismi potenzialmente patogeni anche per l’uomo. Il divieto d’impiego degli antibiotici nei vegetali sembra quindi essere pienamente giustificato; infatti a fronte di un indubbio beneficio per le produzioni vegetali, si presenta un rischio importante per la salute pubblica. Resta comunque il fatto che i nostri frutticoltori si trovano in una situazione svantaggiata nei confronti di quelli di altri Paesi; in caso di malattie batteriche delle piante i nostri subiscono gravi danni e i costi di produzione sono molto più elevati. Insomma produrre in sicurezza in questi casi non paga e la nostra frutticoltura di eccellenza corre il rischio di essere sopraffatta dalla concorrenza di chi può adoperare in modo disinvolto gli antibiotici. (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte: sicurezzalimentare.it