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News 26/SA/2016
Lunedì, 27 giugno 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.26 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 61 (11 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei lotti respinti alla frontiera comprende i seguenti casi: notificate dalla
Germania aflatossine in arachidi in conchiglia dalla Cina e salmonella brandenburg
in piatto di pesce dalla Nuova Zelanda; presenza di aflatossine in arachidi dalla
Turchia notificata dalla Svezia; salmonella in semi di sesamo dal Venezuela e
aflatossine in pistacchi sgusciati dalla Turchia notificate dall’Italia; aflatossine in
noccioline, arachidi e altri semi dalla Turchia notificata dalla Svezia; migrazione di
nickel da frullatore in acciaio dalla Cina ed elevato contenuto di solfiti in uva passa
dal Cile notificate dall’Italia.
Allerta notificata dall’Italia per: istamina in filetti di sgombro in olio di oliva
proveniente dal Portogallo; listeria monocytoneges in manzo stufato monferrino
refrigerato proveniente dall’Italia; mercurio in squalo mako congelato dalla Spagna,
listeria monocytoneges in filetto di salmone affumicato affettato refrigerato dalla
Lituania, via Belgio.
Nella lista delle informative notificata dall’Italia troviamo: listeria monocytoneges in
tagli congelati di salmone affumicato dall’Olanda; migrazione di cromo da oliera in
acciaio inox da Hong Kong.
Fonte: rasff.eu
Cibo spazzatura: le aziende lo promuovono attraverso Facebook. Una ricerca
dell’Irish Heart Foundation.
Le tecniche di marketing digitale utilizzate dai grandi marchi alimentari per attrarre
bambini e adolescenti sono sempre più sofisticate e si sono spostate su Facebook. I
genitori non ne sono a conoscenza e non sanno a quali metodi di convincimento
sono esposti i loro figli quando sono collegati ai loro siti preferiti. Una ricerca
condotta dall’Irish Heart Foundation, inviata al governo irlandese e già esaminata
dall’Organizzazione mondiale della sanità, descrive queste tattiche dei grandi
marchi per promuovere cibi ad alto contenuto di grassi, sale e zuccheri. In genere la
grafica è molto accattivante, le immagini sono forti e in questo panorama si
propongono concorsi, giornate speciali, collegamenti a eventi di intrattenimento,
festival e sport, richiami a campioni sportivi e ad altre star popolari tra bambini e
adolescenti.
Dalla ricerca emerge che, almeno in Irlanda, solo il 10% dei grandi marchi alimentari
ha siti dedicati ai bambini. La situazione cambia radicalmente su Facebook, dove i
marchi sono presenti con pagine dove si promuovono cibi e bevande qa ragazzini
di età compresa fra 13 e 14 anni, sollecitati a taggare gli amici, mettere “like”,
commenti e foto, fornendo molti collegamenti e hashtag. Un sondaggio online
condotto tra genitori di giovani adolescenti, inizialmente indifferenti all’idea del
marketing online diretto ai bambini e ai preadolescenti, ha rilevato un
cambiamento di posizione, dopo che sono stati mostrati loro alcuni esempi. Il
risultato è che tre quarti dei genitori si sono dichiarati molto contrari al marketing
digitale di cibi poco salutari, definendo le tecniche utilizzate come immorali e
scorrette.
Il rapporto dell’ Irish Heart Foundation, intitolato “Chi nutre i bambini online?”, chiede
che le norme pubblicitarie a tutela dei minori adottate per radio e televisione siano
estese a tutti i media e venga vietato l’utilizzo di celebrità per la promozione di
prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Bertolli, Carapelli e Sasso: l’olio non è extra vergine. Multa di 300 mila euro
dell’Antitrust per la vicenda dell’autunno 2015.
L’Antitrust ha condannato la società spagnola Deoleo a pagare una multa di 300
mila euro, per avere venduto bottiglie di olio extra vergine Bertolli gentile, Sasso
classico e Carapelli il frantolio che in realtà contenevano olio vergine di oliva. Si
tratta della seconda condanna scaturita da una vicenda scoppiata nel maggio
2015, quando la rivista mensile Test il Salvagente nel corso di un test evidenzia
anomalie su diverse marche di olio extra vergine Il laboratorio rileva difetti
organolettici (riscaldo, rancido, muffa e umidità) in diverse bottiglie che declassano
il contenuto da olio extra vergine a olio vergine. A questo punto la palla passa alla
procura di Torino, dove Raffaele Guariniello nel mese di novembre fa prelevare dai
Nas alcuni campioni di olio e li invia al laboratorio dell’Agenzia delle dogane per le
analisi. Il responso conferma la presenza di irregolarità e di difetti organolettici per
Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantoio. La notizia viene ripresa dai
giornali e alcune associazioni di consumatori (Konsumer in questo caso) inviano un
esposto all’Antitrust, chiedendo un intervento nei confronti delle aziende per
pubblicità ingannevole.
La decisione dell’Antitrust è datata 8 giugno 2016 e non lascia spazio ad ambiguità:
il contenuto dei tre campioni di olio “non corrisponde alla categoria olio extra
vergine di oliva dichiarata in etichetta trattandosi, invece, di olio vergine di oliva”.
La sentenza ribadisce la validità della prova organolettica, da affiancare ai test
analitici per stabilire se un olio può essere classificato come extra vergine.
Dalla sentenza emerge che Deoleo dichiara di avere messo a punto un nuovo
servizio di controllo (Comitato di qualità) per verificare al meglio la provenienza e la
qualità della materia prima. Questo comitato ogni mese si riunisce “con lo specifico
obiettivo di individuare ed implementare sia le azioni dirette al raggiungimento e
mantenimento dei livelli di qualità stabiliti dalla società sia le eventuali e necessarie
azioni correttive“. Deoleo dichiara di avere affidato a esperti esterni la messa a
punto di un nuovo codice etico e una nuova procedura per la scelta dei fornitori di
materia prima e migliorie per quanto attiene la rintracciabilità, oltre a un sistema di
blocco e sblocco delle partite che sulla base dei controlli interni non rispettano i
criteri qualitativi.
Concetti simili erano stati espressi dalla società tre mesi fa in un annuncio pubblicato
a tutta pagina su Repubblica e Corriere della sera (vedi foto). Nel messaggio
Deoleo prometteva per il futuro nuovi criteri di qualità e trasparenza. L’iniziativa è
stata interpretata da molti come un modo per chiedere scusa agli italiani, in
relazione alla vicenda portata avanti dalla procura di Torino che accusava l’olio
extra vergine Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantolio di non essere tale e
che adesso è stata oggetti di provvedimento da parte dell’Antitrust. (Articolo di
Roberto La Pira)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Vongole, dal 2017 si potranno commercializzare anche quelle più piccole. La
decisione europea promossa dall’Italia.
Dal 2017 si potranno pescare e vendere anche le vongole più piccole. La decisione
è riportata in una modifica del regolamento europeo che la Commissione è
intenzionata a portare avanti sollecitata dalle pressioni italiane. Le autorità di
Bruxelles vorrebbero ridurre di 3 mm il valore attuale di 2,5 cm (*) considerato il
minimo per la lunghezza delle vongole. Si tratta di una piccola differenza molto
importante per i pescatori italiani che da qualche anno registrano una riduzione
della dimensione media.
In assenza di controindicazioni, la commissione scientifica tecnica ed economica
per la pesca potrebbe dare il via libera già dal primo luglio al nuovo regolamento.
Dal primo gennaio 2017 il provvedimento dovrebbe diventare operativo in via
sperimentale fino al 2019.
La taglia minima delle vongole, secondo lo studio commissionato dal nostro
Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, può essere tranquillamente
abbassata senza ripercussioni sulla popolazione dei molluschi che, secondo le
recenti acquisizioni scientifiche, raggiungono la maturità riproduttiva prima. Vale la
pena ricordare che il limite era stato deciso dall’Italia nel 1968. (Articolo di Giulia
Crepaldi)
(*) Il limite di 2,5 cm è stabilito dal Reg (CE) 1967/2006
Fonte: ilfattoalimentare.it
Olio d’oliva, da luglio sanzioni per chi non rispetta la nuova normativa. Rimangono
reato gli illeciti in etichetta.
Dal 1° luglio entra in vigore la nuova normativa che stabilisce le sanzioni per le
violazioni al regolamento europeo n. 29/2012 sulla commercializzazione di tutti i tipi
di olio di oliva (dall’extra vergine al vergine dal semplice olio di oliva alla sansa). Il
nuovo decreto legislativo 103/2016 sostituisce quello precedente 225/2005 e
presenta diversi aspetti innovativi.
La buona notizia è che non depenalizza gli illeciti sull’etichettatura paventata nei
mesi scorsi, quando il testo era in discussione nelle commissioni parlamentari. Il
decreto ribadisce il primato del reato penale rispetto all’amministrativo. «Le
irregolarità sull’etichetta – spiega Alberto Grimelli direttore di Teatro Naturale – sono
una spia di possibili illeciti più importanti. Una semplice multa di fatto bloccherebbe
la possibilità di un’indagine più approfondita e si arriverebbe al paradosso che ai
produttori furbi converrebbe pagare qualche euro e continuare a truffare”. In altre
parole quando le autorità competenti scoprono o ipotizzano reati per chi non
rispetta la normativa sulla commercializzazione, scatta ancora la denuncia penale.
Tra le eventualità che possono portare a un provvedimento penale, il nuovo
decreto prevede l’assenza o addirittura la contraffazione dell’indicazione
geografica di origine. La denuncia può scattare anche per l’utilizzo di segni o
illustrazioni tali da suggerire al consumatore un’idea erronea sul paese di origine
dell’olio (il cosiddetto country sounding). Da luglio possiamo dire addio agli oli di
dubbia provenienza che recano in etichetta illustrazioni tipiche del nostro paese.
Anche la mancata indicazione della categoria merceologica o l’indicazione
scorretta può costituire reato. Al riguardo vale la pena ricordare la storia dei falsi oli
extra vergini scoppiato nel giugno del 2015 nell’inchiesta realizzata dal mensile Test
il Salvagente. In quel caso, il procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha portato in
tribunale sette marchi molto noti: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina,
Prima Donna e Antica Badia accusati di vendere olio vergine al posto dell’extra
vergine. Proprio in questi giorni a seguito della vicenda l’Antitrust ha sanzionato Lidl
con una multa di 550 mila euro per pratica commerciale scorretta riguardante l’olio
Primadonna venduto nei supermercati della catena. Multate da Antitrust anche
Deoleo per 300 mila euro e Coricelli per 100 mila euro.
In altri casi il decreto prevede solo sanzioni amministrative, come per la mancata
iscrizione al registro SIAN (sistema informativo agricolo nazionale) dove sono registrati
tutti gli operatori della filiera per garantire la tracciabilità del prodotto. La mancata
registrazione comporta inizialmente una multa e il rischio di chiusura dell’attività per
sei mesi in caso di recidiva.
Le sanzioni per chi viola queste norme possono arrivare fino 18.000 euro. Si tratta di
una cifra abbastanza modeste se si pensa che i produttori importanti fatturano
decine di milioni di euro. Nel caso in cui le infrazioni riguardino volumi di olio inferiori
ai 700 kg o litri le sanzioni possono essere dimezzate, oppure aumentate per volumi
superiori ai 30.000 kg o litri. «Le sanzioni potevano essere modulate meglio – osserva
Grimelli – tenendo conto della gradualità dei volumi di olio». In fondo, se stiamo
parlando di un illecito che riguarda enormi volumi di prodotto anche raddoppiando
la sanzione massima non si incide molto sulle tasche del produttore disonesto.
Un’altra novità è il passaggio dell’autorità competente dalle Regioni al gruppo
repressione frodi dell’ICQRF del Mipaaf, che centralizzerà i controlli evitando le
disparità di trattamento evidenziate dalle aziende con più sedi sul territorio. Sia
l’accertamento delle violazioni che l’erogazione delle sanzioni sono adesso di
competenza dell’ICQRF: ad occuparsene dovranno essere due uffici separati e tra
loro autonomi, come stabilito dalla normativa. (Articolo di Giulia Crepaldi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Lidl condannata per falso extra vergine di oliva deve pagare 550 mila euro. In arrivo
altre condanne eccellenti?
L’Antitrust ha condannato la catena di supermercati Lidl a pagare una multa di 550
mila euro, per avere venduto olio extra vergine con il marchio Primadonna che,
secondo l’autorità, conteneva olio vergine di oliva. Si tratta di una sentenza che
farà molto discutere sia perché l’importo della multa è elevato, sia perché secondo
gli addetti ai lavori nei prossimi giorni ci potrebbero arrivare nei confronti di grandi
marchi che nel maggio 2015 sono statti coinvolti in analoghe vicende.
Tutto è iniziato con l’esito delle analisi di laboratorio condotte nel mese di maggio
2015 dalla rivista mensile Test Salvagente su 20 marche di olio extra vergine di oliva
venduto sugli scaffali dei supermercati. Test Salvagente aveva evidenziato difetti di:
riscaldo, rancido, muffa e umidità in diverse bottiglie che secondo la rivista non
potevano essere vendute come extra vergine come dichiarato in etichetta.
Qualche mese dopo (novembre 2015), Raffaele Guariniello della procura di Torino
(ora in pensione) fa prelevare dai Nas alcuni campioni di olio e li invia al laboratorio
dell’Agenzia delle dogane. Il responso conferma la presenza di irregolarità e di
difetti organolettici per i marchi: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina,
Prima Donna e Antica Badia. A questo punto alcune associazioni di consumatori
inviano un esposto all’Antitrust chiedendo un intervento di censura nei confronti
delle aziende per pubblicità ingannevole.
Oggi si è avuta notizia dalla rivista Test Salvagente e dal sito Teatro naturale della
prima condanna per l’olio Primadonna ( marchio dalla catena di supermercati Lidl),
in seguito ad un esposto firmato da Konsumer. Nella sentenza si dice che l’olio
Primadonna “non corrisponde alla categoria olio extra vergine di oliva dichiarata in
etichetta trattandosi, invece, di olio vergine di oliva”. La sentenza ribadisce la
validità della prova organolettica, da affiancare ai test analitici per stabilire se un
olio può essere classificato come extra vergine. Questo aspetto è importante,
perché alcuni addetti ai lavori riescono ad aggiungere in modo fraudolento olio di
categoria inferiore all’extra vergine senza sforare i parametri chimici previsti dalla
legge. In queste condizioni solo la prova organolettica permette di evidenziare la
frode.
Il settore è in fermento e attende con una certo timore le sentenze per gli altri
marchi coinvolti nello scandalo che secondo alcune voci potrebbero arrivare nei
prossimi giorni. Se l’Antitrust confermerà la linea seguita in questo primo giudizio, c’è
da aspettarsi altre multe salate. Vi terremo aggiornati. (Articolo di Roberto La Pira)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Alluminio in cucina: è sicuro?
L’alluminio è un alleato fedele del nostro cibo. Con questo elemento minerale sono
costruiti molti oggetti utilizzati in cucina per cuocere (padelle, pentole, tegami,
stoviglie, ecc.) e/o per conservare gli alimenti (vaschette o fogli flessibili). Grazie al
suo elevato grado di conducibilità termica gli utensili con cui è costruito sono adatti
per preparare in modo sicuro e di ottima qualità organolettica i nostri alimenti. Basti
pensare alla pasta che è il piatto principe della cucina italiana. La pentola in
alluminio è l’ideale per la cottura in acqua bollente e una padella con lo stesso
materiale consente uno “spadellamento” e quindi il migliore amalgama con il sugo.
Esistono anche molti oggetti a cui sono abbinati altri materiale come il teflon o
l’acciaio che consentono di ulteriormente migliorare le qualità dell’alluminio.
Per conservare il cibo bisogna “isolarlo” dall’ambiente esterno per evitare
contaminazioni chimiche e, soprattutto, microbiologiche e proprio i fogli e le
vaschette di alluminio hanno questa capacità, sia a temperatura ambiente, sia alle
basse temperature della refrigerazione o del congelamento.
Nonostante gli innegabili pregi, esistono ancora molte persone che hanno dei
pregiudizi nei confronti degli utensili in alluminio a causa degli effetti tossici che
possono essere provocati da assunzioni a livelli elevati.
Va subito chiarito che l’elemento è molto diffuso in natura ed è presente
praticamente in tutti gli alimenti anche se a concentrazioni molto basse. Visti
comunque i suoi potenziali effetti tossici, l’EFSA (Autorità Europea per la sicurezza
alimentare) è stata incaricata di valutarne la pericolosità. A seguito dell’esame della
documentazione scientifica disponibile, l’EFSA ha concluso che una dose di 1 mg/kg
di peso corporeo alla settimana è sicuro. (In pratica una persona di 60 kg può
assumere 60 milligrammi la settimana di Alluminio).
Gli utensili della cucina ed i materiali “protettivi” del cibo in alluminio, nelle normali
condizioni di uso, non “rilasciano” l’elemento e quindi sono sicuri. Le condizioni di
sicurezza di uso sono state comunque definite dal nostro Ministero della Salute che
ha emanato un Decreto (DM 76/2007) con il quale ha fissato le regole che debbono
essere seguite per la produzione di materiali a base di alluminio che vanno a
contatto con gli alimenti. Senza entrare nei dettagli indicati nel DM, sono state
indicate nei dettagli le caratteristiche che debbono possedere i vari prodotti che
vengono utilizzati quotidianamente da tutti noi. Esistono dei sistemi di controllo che
verificano costantemente il rispetto delle regole da parte delle industrie produttrici.
Quando l’alluminio viene a contatto con soluzioni acide, oppure fortemente saline e
a temperatura ambiente, può però verificarsi una “microerosione” con la
conseguente possibile “migrazione“e “microcontaminazione” nel cibo con cui
vengono a contatto. Queste reazioni sono molto rallentate o addirittura bloccate,
alle temperature di raffreddamento e di congelamento.
Si tratta di situazioni che raramente si verificano, ma che debbono essere
conosciute dai consumatori per evitare anche il benché minimo pericolo. Il
suggerimento è quindi quello di ridurre al massimo i tempi di contatto eventuali con
soluzioni acide (succo di limone, aceto puro) o saline (salamoie ad esempio); è
comunque sufficiente mettere in frigorifero o in freezer il tutto per eliminare anche
questo potenziale pericolo.
In conclusione si può affermare che l’uso dell’alluminio in cucina è sicuro e che i
pericoli, anche se molto modesti, sono limitati al contatto con soluzioni acide e
saline. Semplici misure precauzionali annullano questi pericoli. (Dal blog di Agostino
Macrì)
Fonte: sicurezzalimentare.it

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News SA 26 2016

  • 1. News 26/SA/2016 Lunedì, 27 giugno 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.26 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 61 (11 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei lotti respinti alla frontiera comprende i seguenti casi: notificate dalla Germania aflatossine in arachidi in conchiglia dalla Cina e salmonella brandenburg in piatto di pesce dalla Nuova Zelanda; presenza di aflatossine in arachidi dalla Turchia notificata dalla Svezia; salmonella in semi di sesamo dal Venezuela e aflatossine in pistacchi sgusciati dalla Turchia notificate dall’Italia; aflatossine in noccioline, arachidi e altri semi dalla Turchia notificata dalla Svezia; migrazione di nickel da frullatore in acciaio dalla Cina ed elevato contenuto di solfiti in uva passa dal Cile notificate dall’Italia. Allerta notificata dall’Italia per: istamina in filetti di sgombro in olio di oliva proveniente dal Portogallo; listeria monocytoneges in manzo stufato monferrino refrigerato proveniente dall’Italia; mercurio in squalo mako congelato dalla Spagna, listeria monocytoneges in filetto di salmone affumicato affettato refrigerato dalla Lituania, via Belgio. Nella lista delle informative notificata dall’Italia troviamo: listeria monocytoneges in tagli congelati di salmone affumicato dall’Olanda; migrazione di cromo da oliera in acciaio inox da Hong Kong. Fonte: rasff.eu Cibo spazzatura: le aziende lo promuovono attraverso Facebook. Una ricerca dell’Irish Heart Foundation. Le tecniche di marketing digitale utilizzate dai grandi marchi alimentari per attrarre bambini e adolescenti sono sempre più sofisticate e si sono spostate su Facebook. I genitori non ne sono a conoscenza e non sanno a quali metodi di convincimento
  • 2. sono esposti i loro figli quando sono collegati ai loro siti preferiti. Una ricerca condotta dall’Irish Heart Foundation, inviata al governo irlandese e già esaminata dall’Organizzazione mondiale della sanità, descrive queste tattiche dei grandi marchi per promuovere cibi ad alto contenuto di grassi, sale e zuccheri. In genere la grafica è molto accattivante, le immagini sono forti e in questo panorama si propongono concorsi, giornate speciali, collegamenti a eventi di intrattenimento, festival e sport, richiami a campioni sportivi e ad altre star popolari tra bambini e adolescenti. Dalla ricerca emerge che, almeno in Irlanda, solo il 10% dei grandi marchi alimentari ha siti dedicati ai bambini. La situazione cambia radicalmente su Facebook, dove i marchi sono presenti con pagine dove si promuovono cibi e bevande qa ragazzini di età compresa fra 13 e 14 anni, sollecitati a taggare gli amici, mettere “like”, commenti e foto, fornendo molti collegamenti e hashtag. Un sondaggio online condotto tra genitori di giovani adolescenti, inizialmente indifferenti all’idea del marketing online diretto ai bambini e ai preadolescenti, ha rilevato un cambiamento di posizione, dopo che sono stati mostrati loro alcuni esempi. Il risultato è che tre quarti dei genitori si sono dichiarati molto contrari al marketing digitale di cibi poco salutari, definendo le tecniche utilizzate come immorali e scorrette. Il rapporto dell’ Irish Heart Foundation, intitolato “Chi nutre i bambini online?”, chiede che le norme pubblicitarie a tutela dei minori adottate per radio e televisione siano estese a tutti i media e venga vietato l’utilizzo di celebrità per la promozione di prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it Bertolli, Carapelli e Sasso: l’olio non è extra vergine. Multa di 300 mila euro dell’Antitrust per la vicenda dell’autunno 2015. L’Antitrust ha condannato la società spagnola Deoleo a pagare una multa di 300 mila euro, per avere venduto bottiglie di olio extra vergine Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantolio che in realtà contenevano olio vergine di oliva. Si tratta della seconda condanna scaturita da una vicenda scoppiata nel maggio 2015, quando la rivista mensile Test il Salvagente nel corso di un test evidenzia anomalie su diverse marche di olio extra vergine Il laboratorio rileva difetti organolettici (riscaldo, rancido, muffa e umidità) in diverse bottiglie che declassano il contenuto da olio extra vergine a olio vergine. A questo punto la palla passa alla
  • 3. procura di Torino, dove Raffaele Guariniello nel mese di novembre fa prelevare dai Nas alcuni campioni di olio e li invia al laboratorio dell’Agenzia delle dogane per le analisi. Il responso conferma la presenza di irregolarità e di difetti organolettici per Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantoio. La notizia viene ripresa dai giornali e alcune associazioni di consumatori (Konsumer in questo caso) inviano un esposto all’Antitrust, chiedendo un intervento nei confronti delle aziende per pubblicità ingannevole. La decisione dell’Antitrust è datata 8 giugno 2016 e non lascia spazio ad ambiguità: il contenuto dei tre campioni di olio “non corrisponde alla categoria olio extra vergine di oliva dichiarata in etichetta trattandosi, invece, di olio vergine di oliva”. La sentenza ribadisce la validità della prova organolettica, da affiancare ai test analitici per stabilire se un olio può essere classificato come extra vergine. Dalla sentenza emerge che Deoleo dichiara di avere messo a punto un nuovo servizio di controllo (Comitato di qualità) per verificare al meglio la provenienza e la qualità della materia prima. Questo comitato ogni mese si riunisce “con lo specifico obiettivo di individuare ed implementare sia le azioni dirette al raggiungimento e mantenimento dei livelli di qualità stabiliti dalla società sia le eventuali e necessarie azioni correttive“. Deoleo dichiara di avere affidato a esperti esterni la messa a punto di un nuovo codice etico e una nuova procedura per la scelta dei fornitori di materia prima e migliorie per quanto attiene la rintracciabilità, oltre a un sistema di blocco e sblocco delle partite che sulla base dei controlli interni non rispettano i criteri qualitativi. Concetti simili erano stati espressi dalla società tre mesi fa in un annuncio pubblicato a tutta pagina su Repubblica e Corriere della sera (vedi foto). Nel messaggio Deoleo prometteva per il futuro nuovi criteri di qualità e trasparenza. L’iniziativa è stata interpretata da molti come un modo per chiedere scusa agli italiani, in relazione alla vicenda portata avanti dalla procura di Torino che accusava l’olio extra vergine Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantolio di non essere tale e che adesso è stata oggetti di provvedimento da parte dell’Antitrust. (Articolo di Roberto La Pira) Fonte: ilfattoalimentare.it
  • 4. Vongole, dal 2017 si potranno commercializzare anche quelle più piccole. La decisione europea promossa dall’Italia. Dal 2017 si potranno pescare e vendere anche le vongole più piccole. La decisione è riportata in una modifica del regolamento europeo che la Commissione è intenzionata a portare avanti sollecitata dalle pressioni italiane. Le autorità di Bruxelles vorrebbero ridurre di 3 mm il valore attuale di 2,5 cm (*) considerato il minimo per la lunghezza delle vongole. Si tratta di una piccola differenza molto importante per i pescatori italiani che da qualche anno registrano una riduzione della dimensione media. In assenza di controindicazioni, la commissione scientifica tecnica ed economica per la pesca potrebbe dare il via libera già dal primo luglio al nuovo regolamento. Dal primo gennaio 2017 il provvedimento dovrebbe diventare operativo in via sperimentale fino al 2019. La taglia minima delle vongole, secondo lo studio commissionato dal nostro Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, può essere tranquillamente abbassata senza ripercussioni sulla popolazione dei molluschi che, secondo le recenti acquisizioni scientifiche, raggiungono la maturità riproduttiva prima. Vale la pena ricordare che il limite era stato deciso dall’Italia nel 1968. (Articolo di Giulia Crepaldi) (*) Il limite di 2,5 cm è stabilito dal Reg (CE) 1967/2006 Fonte: ilfattoalimentare.it Olio d’oliva, da luglio sanzioni per chi non rispetta la nuova normativa. Rimangono reato gli illeciti in etichetta. Dal 1° luglio entra in vigore la nuova normativa che stabilisce le sanzioni per le violazioni al regolamento europeo n. 29/2012 sulla commercializzazione di tutti i tipi di olio di oliva (dall’extra vergine al vergine dal semplice olio di oliva alla sansa). Il nuovo decreto legislativo 103/2016 sostituisce quello precedente 225/2005 e presenta diversi aspetti innovativi. La buona notizia è che non depenalizza gli illeciti sull’etichettatura paventata nei mesi scorsi, quando il testo era in discussione nelle commissioni parlamentari. Il decreto ribadisce il primato del reato penale rispetto all’amministrativo. «Le irregolarità sull’etichetta – spiega Alberto Grimelli direttore di Teatro Naturale – sono una spia di possibili illeciti più importanti. Una semplice multa di fatto bloccherebbe la possibilità di un’indagine più approfondita e si arriverebbe al paradosso che ai
  • 5. produttori furbi converrebbe pagare qualche euro e continuare a truffare”. In altre parole quando le autorità competenti scoprono o ipotizzano reati per chi non rispetta la normativa sulla commercializzazione, scatta ancora la denuncia penale. Tra le eventualità che possono portare a un provvedimento penale, il nuovo decreto prevede l’assenza o addirittura la contraffazione dell’indicazione geografica di origine. La denuncia può scattare anche per l’utilizzo di segni o illustrazioni tali da suggerire al consumatore un’idea erronea sul paese di origine dell’olio (il cosiddetto country sounding). Da luglio possiamo dire addio agli oli di dubbia provenienza che recano in etichetta illustrazioni tipiche del nostro paese. Anche la mancata indicazione della categoria merceologica o l’indicazione scorretta può costituire reato. Al riguardo vale la pena ricordare la storia dei falsi oli extra vergini scoppiato nel giugno del 2015 nell’inchiesta realizzata dal mensile Test il Salvagente. In quel caso, il procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha portato in tribunale sette marchi molto noti: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia accusati di vendere olio vergine al posto dell’extra vergine. Proprio in questi giorni a seguito della vicenda l’Antitrust ha sanzionato Lidl con una multa di 550 mila euro per pratica commerciale scorretta riguardante l’olio Primadonna venduto nei supermercati della catena. Multate da Antitrust anche Deoleo per 300 mila euro e Coricelli per 100 mila euro. In altri casi il decreto prevede solo sanzioni amministrative, come per la mancata iscrizione al registro SIAN (sistema informativo agricolo nazionale) dove sono registrati tutti gli operatori della filiera per garantire la tracciabilità del prodotto. La mancata registrazione comporta inizialmente una multa e il rischio di chiusura dell’attività per sei mesi in caso di recidiva. Le sanzioni per chi viola queste norme possono arrivare fino 18.000 euro. Si tratta di una cifra abbastanza modeste se si pensa che i produttori importanti fatturano decine di milioni di euro. Nel caso in cui le infrazioni riguardino volumi di olio inferiori ai 700 kg o litri le sanzioni possono essere dimezzate, oppure aumentate per volumi superiori ai 30.000 kg o litri. «Le sanzioni potevano essere modulate meglio – osserva Grimelli – tenendo conto della gradualità dei volumi di olio». In fondo, se stiamo parlando di un illecito che riguarda enormi volumi di prodotto anche raddoppiando la sanzione massima non si incide molto sulle tasche del produttore disonesto. Un’altra novità è il passaggio dell’autorità competente dalle Regioni al gruppo
  • 6. repressione frodi dell’ICQRF del Mipaaf, che centralizzerà i controlli evitando le disparità di trattamento evidenziate dalle aziende con più sedi sul territorio. Sia l’accertamento delle violazioni che l’erogazione delle sanzioni sono adesso di competenza dell’ICQRF: ad occuparsene dovranno essere due uffici separati e tra loro autonomi, come stabilito dalla normativa. (Articolo di Giulia Crepaldi) Fonte: ilfattoalimentare.it Lidl condannata per falso extra vergine di oliva deve pagare 550 mila euro. In arrivo altre condanne eccellenti? L’Antitrust ha condannato la catena di supermercati Lidl a pagare una multa di 550 mila euro, per avere venduto olio extra vergine con il marchio Primadonna che, secondo l’autorità, conteneva olio vergine di oliva. Si tratta di una sentenza che farà molto discutere sia perché l’importo della multa è elevato, sia perché secondo gli addetti ai lavori nei prossimi giorni ci potrebbero arrivare nei confronti di grandi marchi che nel maggio 2015 sono statti coinvolti in analoghe vicende. Tutto è iniziato con l’esito delle analisi di laboratorio condotte nel mese di maggio 2015 dalla rivista mensile Test Salvagente su 20 marche di olio extra vergine di oliva venduto sugli scaffali dei supermercati. Test Salvagente aveva evidenziato difetti di: riscaldo, rancido, muffa e umidità in diverse bottiglie che secondo la rivista non potevano essere vendute come extra vergine come dichiarato in etichetta. Qualche mese dopo (novembre 2015), Raffaele Guariniello della procura di Torino (ora in pensione) fa prelevare dai Nas alcuni campioni di olio e li invia al laboratorio dell’Agenzia delle dogane. Il responso conferma la presenza di irregolarità e di difetti organolettici per i marchi: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia. A questo punto alcune associazioni di consumatori inviano un esposto all’Antitrust chiedendo un intervento di censura nei confronti delle aziende per pubblicità ingannevole. Oggi si è avuta notizia dalla rivista Test Salvagente e dal sito Teatro naturale della prima condanna per l’olio Primadonna ( marchio dalla catena di supermercati Lidl), in seguito ad un esposto firmato da Konsumer. Nella sentenza si dice che l’olio Primadonna “non corrisponde alla categoria olio extra vergine di oliva dichiarata in etichetta trattandosi, invece, di olio vergine di oliva”. La sentenza ribadisce la validità della prova organolettica, da affiancare ai test analitici per stabilire se un olio può essere classificato come extra vergine. Questo aspetto è importante,
  • 7. perché alcuni addetti ai lavori riescono ad aggiungere in modo fraudolento olio di categoria inferiore all’extra vergine senza sforare i parametri chimici previsti dalla legge. In queste condizioni solo la prova organolettica permette di evidenziare la frode. Il settore è in fermento e attende con una certo timore le sentenze per gli altri marchi coinvolti nello scandalo che secondo alcune voci potrebbero arrivare nei prossimi giorni. Se l’Antitrust confermerà la linea seguita in questo primo giudizio, c’è da aspettarsi altre multe salate. Vi terremo aggiornati. (Articolo di Roberto La Pira) Fonte: ilfattoalimentare.it Alluminio in cucina: è sicuro? L’alluminio è un alleato fedele del nostro cibo. Con questo elemento minerale sono costruiti molti oggetti utilizzati in cucina per cuocere (padelle, pentole, tegami, stoviglie, ecc.) e/o per conservare gli alimenti (vaschette o fogli flessibili). Grazie al suo elevato grado di conducibilità termica gli utensili con cui è costruito sono adatti per preparare in modo sicuro e di ottima qualità organolettica i nostri alimenti. Basti pensare alla pasta che è il piatto principe della cucina italiana. La pentola in alluminio è l’ideale per la cottura in acqua bollente e una padella con lo stesso materiale consente uno “spadellamento” e quindi il migliore amalgama con il sugo. Esistono anche molti oggetti a cui sono abbinati altri materiale come il teflon o l’acciaio che consentono di ulteriormente migliorare le qualità dell’alluminio. Per conservare il cibo bisogna “isolarlo” dall’ambiente esterno per evitare contaminazioni chimiche e, soprattutto, microbiologiche e proprio i fogli e le vaschette di alluminio hanno questa capacità, sia a temperatura ambiente, sia alle basse temperature della refrigerazione o del congelamento. Nonostante gli innegabili pregi, esistono ancora molte persone che hanno dei pregiudizi nei confronti degli utensili in alluminio a causa degli effetti tossici che possono essere provocati da assunzioni a livelli elevati. Va subito chiarito che l’elemento è molto diffuso in natura ed è presente praticamente in tutti gli alimenti anche se a concentrazioni molto basse. Visti comunque i suoi potenziali effetti tossici, l’EFSA (Autorità Europea per la sicurezza alimentare) è stata incaricata di valutarne la pericolosità. A seguito dell’esame della documentazione scientifica disponibile, l’EFSA ha concluso che una dose di 1 mg/kg di peso corporeo alla settimana è sicuro. (In pratica una persona di 60 kg può
  • 8. assumere 60 milligrammi la settimana di Alluminio). Gli utensili della cucina ed i materiali “protettivi” del cibo in alluminio, nelle normali condizioni di uso, non “rilasciano” l’elemento e quindi sono sicuri. Le condizioni di sicurezza di uso sono state comunque definite dal nostro Ministero della Salute che ha emanato un Decreto (DM 76/2007) con il quale ha fissato le regole che debbono essere seguite per la produzione di materiali a base di alluminio che vanno a contatto con gli alimenti. Senza entrare nei dettagli indicati nel DM, sono state indicate nei dettagli le caratteristiche che debbono possedere i vari prodotti che vengono utilizzati quotidianamente da tutti noi. Esistono dei sistemi di controllo che verificano costantemente il rispetto delle regole da parte delle industrie produttrici. Quando l’alluminio viene a contatto con soluzioni acide, oppure fortemente saline e a temperatura ambiente, può però verificarsi una “microerosione” con la conseguente possibile “migrazione“e “microcontaminazione” nel cibo con cui vengono a contatto. Queste reazioni sono molto rallentate o addirittura bloccate, alle temperature di raffreddamento e di congelamento. Si tratta di situazioni che raramente si verificano, ma che debbono essere conosciute dai consumatori per evitare anche il benché minimo pericolo. Il suggerimento è quindi quello di ridurre al massimo i tempi di contatto eventuali con soluzioni acide (succo di limone, aceto puro) o saline (salamoie ad esempio); è comunque sufficiente mettere in frigorifero o in freezer il tutto per eliminare anche questo potenziale pericolo. In conclusione si può affermare che l’uso dell’alluminio in cucina è sicuro e che i pericoli, anche se molto modesti, sono limitati al contatto con soluzioni acide e saline. Semplici misure precauzionali annullano questi pericoli. (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte: sicurezzalimentare.it