1. News 14/A/2017
Lunedì, 3 aprile 2017
Acque, Ddl “legge europea 2017” corregge recepimento norme Ue
Allineare il diritto nazionale a quello Ue in materia di tutela delle acque è lo scopo
del disegno di legge europea 2017 licenziato in via preliminare dal Governo il 31
marzo 2017.
In particolare il provvedimento è finalizzato a chiudere la procedura EU Pilot
7304/15/ENVI relativa al non corretto recepimento delle norme Ue sulle specifiche
tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque (ex direttiva
2009/90/Ce recepita dal D.lgs. 219/2010). Altra modifica al quadro normativo acque
nazionale è quella sulla corretta attuazione della direttiva 91/271/Cee sulle acque
reflue urbane, già oggetto di due condanne della Corte di Giustizia Ue (vedi
sentenze 19 luglio 2012, causa C-565/10 e 10 aprile 2014, causa C-85/13).
In particolare il Ddl di legge europea 2017 modifica la tabella recante i limiti di
emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili, con
l’effetto di estendere i controlli sulla qualità degli scarichi alla totalità degli impianti
di depurazione al servizio degli agglomerati superiori a 10mila abitanti equivalenti.
Ricordiamo che il Dl 243/2016 “Mezzogiorno” convertito dalla legge 18/2017 ha
previsto la nomina di un Commissario unico chiamato a risolvere i problemi relativi
all’assenza in molte parti del territorio italiano di rete fognaria e impianti di
depurazione conformi alle norme Ue. (Articolo di Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it
Bonifica amianto edifici pubblici, domande fondi statali entro 30 aprile.
Prorogato al 30 aprile 2017 il termine per partecipare al Bando MinAmbiente per i
finanziamenti di interventi di bonifica tramite rimozione e smaltimento amianto da
edifici pubblici.
La proroga è stata stabilita dal decreto direttoriale 21 marzo 2017, n.110/STA. Il
bando 2016 è stato approvato con decreto direttoriale 10 gennaio 2017 e detta le
modalità e i criteri di valutazione per l’accesso ai finanziamenti dei costi per la
2. progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica mediante rimozione
e smaltimento dell’amianto e dei manufatti in cemento-amianto su edifici e strutture
pubbliche. Le domande si presentano tramite l’applicativo sul sito
https://www.amiantopa.minambiente.ancitel.it/.
Il Fondo per la rimozione dell’amianto è stato istituito dall’articolo 56 della legge
221/2015 (legge “Green Economy”, già “Collegato ambientale”) con una dotazione
finanziaria di 5,536 milioni di euro per l’anno 2016 e di 6,018 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2017 e 2018. Con successivo decreto MinAmbiente 21 settembre
2016, in attuazione di tale articolo sono state regolate le modalità generali di
funzionamento del fondo ed individuati i criteri di priorità per l’assegnazione dei
finanziamenti. (Articolo di Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it
Reach, pre-registrazione entro 31 maggio 2017.
In materia di Reach, le sostanze soggette a regime transitorio (produzione o
importazione tra 1 e 100/t anno) per beneficiare della scadenza di registrazione del
31/5/2018, devono effettuare una pre-registrazione entro il 31 maggio 2017.
Sul sito del Ministero dello Sviluppo economico si ricorda che le aziende che
producono o importano per la prima volta sostanze non cancerogene, mutagene o
tossiche per la riproduzione, in quantitativi tra 1 e 100/t anno possono pre-registrare
le proprie sostanze entro sei mesi dalla prima fabbricazione/importazione e
comunque non oltre il 31 maggio 2017.
In questo modo, le suddette aziende possono beneficiare dell’ultima scadenza di
registrazione del 31 maggio 2018, così come previsto dal regolamento Ce
n.1907/2006. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
Urbanistica. Incidente di esecuzione contro demolizione.
Trib. Palermo Sez. III ord. 253 del 7 dicembre 2016
Est. Petruzzella
E’ palesemente illegittima la concessione in sanatoria, rilasciata dal Comune
facendo riferimento all’art. 36 DPR 380/2016, che non si limiti (come dovrebbe in
3. base all’unica funzione che detto tipo di atto può rivestire) a prendere atto che le
opere al momento in cui furono costruite e al momento della domanda fossero
effettivamente conformi alla legge (e che l’unica violazione fosse di natura formale,
consistente cioè nella mancata richiesta preventiva della concessione all’ufficio
comunale competente ), ma che al contrario autorizza, e per di più attraverso l’uso
di espressioni linguistiche non lineari ma a ben vedere chiarissime quanto al risultato,
una serie di pesanti modifiche delle opere abusive già realizzate, fatte di demolizioni
e riempimenti ( di portici e terrazza, trasformati in locali chiusi, nell’innalzamento
dell’altezza per potere trasformare in locale tecnico locali costruiti come abitabili
etc.).
Fonte: lexambiente.it
Ambiente in genere. Censure sulla procedura di VAS.
TAR Lombardia (BS) Sez. I n.247 del 20 febbraio 2017
Chi lamenta l’illegittimità della procedura di VAS è tenuto a dimostrare che dagli
esiti di tale procedura sia derivata l’assunzione di scelte pianificatorie lesive del
proprio interesse. L’interesse a impugnare lo strumento pianificatorio non può
esaurirsi nella generica aspettativa a una migliore pianificazione dei suoli di propria
spettanza, richiedendosi, invece che le “determinazioni lesive” fondanti l’interesse a
ricorrere siano effettivamente “condizionate”, ossia causalmente riconducibili in
modo decisivo, alle preliminari conclusioni raggiunte in sede di V.A.S., con la
conseguenza che l’istante ha l’onere di precisare come e perché tali conclusioni
nella specie abbiano svolto un tale ruolo decisivo sulle opzioni relative ai suoli in sua
proprietà.
Fonte: lexambiente.it
Ambiente in genere. Deterioramento e compromissione nel delitto di inquinamento
ambientale.
Cass. Sez. III n. 10515 del 3 marzo 2017 (Cc 27 ott 2016)
Presidente: Carcano Estensore: Aceto Imputato: Sorvillo
Il fatto che, ai fini del reato di "inquinamento ambientale" non è richiesta la
tendenziale irreversibilità del danno comporta che fin quando tale irreversibilità non
si verifica anche le condotte poste in essere successivamente all'iniziale
deterioramento o compromissione non costituiscono "post factum" non punibile (nel
4. senso che «le plurime immissioni di sostanze inquinanti nei corsi d'acqua, successive
alla prima, non costituiscono un post factum penalmente irrilevante, ne' singole ed
autonome azioni costituenti altrettanti reati di danneggiamento, bensì singoli atti di
un'unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione). E'
dunque possibile deteriorare e compromettere quel che lo è già, fino a quando la
compromissione o il deterioramento diventano irreversibili o comportano una delle
conseguenze tipiche previste dal successivo art. 452-quater, cod. pen.; non esistono
zone franche intermedie tra i due reati.
Fonte: lexambiente.it
La valutazione d’impatto ambientale (Via) “ex post” è possibile, ma solo a certe
condizioni.
Solo in casi eccezionali e a certe condizioni è possibile effettuare la Valutazione
d’impatto ambientale (Via) dopo la realizzazione dell’opera. Lo afferma l’avvocato
generale Juliane Kokott che ha presentato le proprie conclusioni in riferimento alla
questione sollevata dal Tribunale amministrativo (Tar) delle Marche.
Il Tar chiede alla Corte Ue, infatti, se sia possibile eseguire una Via dopo che
l’impianto è stato realizzato sulla base di un’autorizzazione poi annullata. La vicenda
ha inizio nel 2012, quando la provincia di Macerata ha autorizzato la costruzione di
alcuni impianti a biogas nei Comuni di Corridonia e di Loro Piceno senza effettuare
alcuna analisi ambientale. E lo ha fatto sulla base della legge regionale Marche
(20/2011), secondo cui per i progetti di realizzazione di impianti di produzione di
energia elettrica con potenziale termico inferiore a 3 MW non era necessaria la Via.
Evidenziando come la norma regionale applicata fosse contraria alla direttiva Via, i
Comuni interessati hanno presentato ricorsi davanti al Tar. Il Tar ha annullato le
autorizzazioni e successivamente la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’incostituzionalità della norma regionale.
Nel 2013, però, i proprietari degli impianti a biogas hanno chiesto alla Provincia di
Macerata una Via “ex post”. La Provincia di Macerata, dopo avere effettuato i
necessari controlli, ha accolto le richieste e autorizzato gli impianti già costruiti.
A questo punto i Comuni di Corridonia e di Loro Piceno hanno presentato un nuovo
ricorso al Tar sostenendo l’impossibilità, sulla base del diritto dell’Unione, di effettuare
la Via successivamente alla realizzazione dell’impianto. Il Tar, a sua volta ha chiesto
alla Corte Ue se fosse possibile eseguire una Via “ex post”.
La Via ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le
condizioni per uno sviluppo sostenibile Gli effetti di un progetto sull’ambiente
5. vengono valutati per cercare di proteggere la salute umana, per contribuire con un
migliore ambiente alla qualità della vita, per provvedere al mantenimento della
varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema. In
altre parole la Via cerca di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre perturbazioni
dell’ambiente in modo tale da evitare di combatterne successivamente gli effetti.
Per tutto questo gli effetti del progetto devono essere valutati prima
dell’autorizzazione dell’opera e ancora prima della sua realizzazione.
Una Via eseguita a impianto realizzato non è in grado di sanare in modo
equivalente la mancata effettuazione di tale valutazione nella fase iniziale, visto che
di solito modificare un impianto esistente è più costoso che prevedere fin dall’inizio
misure adeguate nell’ambito di un progetto. Inoltre se dalla valutazione successiva
alla realizzazione emerge in che modo si sarebbe potuto configurare meglio
l’impianto per minimizzare gli effetti negativi per l’ambiente, la direttiva Via non
prevede alcun obbligo del committente di attuare le corrispondenti modifiche.
Però, secondo l’Avvocato generale, è possibile sanare il vizio connaturato a una Via
“ex post”. Questo è possibile solo a condizione che in quel momento tutte le
alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale stadio
procedurale consenta ancora al pubblico interessato di esercitare un’influenza
effettiva sull’esito del processo decisionale.
In caso contrario, occorrerà che, in forza del principio di leale collaborazione, le
autorità degli Stati membri eliminino le conseguenze illecite della violazione del
diritto Ue. In proposito, l’Avvocato generale sottolinea come, dove si rendano
necessari il ritiro o la sospensione dell’autorizzazione, sia opportuno anzitutto
sospendere il funzionamento dell’impianto.
Inoltre, secondo l’Avvocato generale, si può pure ipotizzare un diritto al risarcimento
dei danni nei confronti degli organismi nazionali responsabili nella misura in cui il
legittimo affidamento del committente si sia fondato su normative nazionali
contrarie al diritto dell’Unione. (Articolo di Eleonora Santucci)
Fonte: greenreport.it
Ogm, è possibile vietare la coltivazione del mais Monsanto? A che punto è il
processo Ue.
La coltivazione di mais transgenico della Monsanto (MON810) può essere vietata
dagli Stati membri ma solo a determinate condizioni. Secondo l’avvocato generale
Bobek gli Stati possono adottare misure d’emergenza per gli alimenti e i mangimi
6. geneticamente modificati solo se sono in grado di dimostrare, l’urgenza e l’esistenza
di un rischio manifesto e grave per la salute e per l’ambiente.
È questo quello che l’avvocato suggerisce di rispondere alla Corte di Giustizia
europea alla domanda sollevata dal Tribunale di Udine.Infatti, nel corso di un
procedimento penale nei confronti di coloro che hanno piantato mais transgenico
di tipologia MON810, coltivazione vietato nel bel paese, il Tribunale di Udine ha
sollevato la questione alla Corte Ue. Ha chiesto, cioè, se il divieto italiano di
coltivazione del MON 810 nel proprio territorio sia compatibile con il diritto
dell’Unione. E quindi se sia possibile adottare misure di emergenza sulla base del
principio di precauzione.
Nel 1998 la Commissione europea ha autorizzato l’immissione in commercio di mais
geneticamente modificato MON 810. Nel 2013 il Governo italiano ha chiesto alla
Commissione di adottare misure di emergenza per vietare tale coltivazione alla luce
di alcuni nuovi studi scientifici realizzati da due istituti di ricerca italiani. Ma sulla base
di un parere scientifico emesso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare
(Efsa), la Commissione ha concluso che non vi fossero nuove prove scientifiche a
supporto delle misure di emergenza richieste capaci di invalidare le precedenti
conclusioni dell’Efsa sulla sicurezza del mais MON 810. Nonostante ciò, nel 2013 il
Governo italiano ha adottato un decreto interministeriale vietandone la
coltivazione.
Secondo il diritto Ue a livello europeo l’autorizzazione degli organismi
geneticamente modificati (Ogm) è concessa caso per caso, previa presentazione
di una domanda. Agli Stati membri, invece, spetta di procedere alla valutazione
iniziale dei rischi connessi alla coltivazione degli Ogm.
Il regolamento del 2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati
autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza “[…] quando sia
manifesto che prodotti autorizzati [geneticamente modificati] […] possono
comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per
l’ambiente” (articolo 34).
Secondo l’avvocato tale disposto costituisce un’espressione concreta del principio
di precauzione nello specifico contesto degli alimenti e dei mangimi geneticamente
modificati in una situazione di urgenza. Proprio perché autorizza gli Stati membri ad
adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che
non sono stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una
situazione di incertezza sul piano scientifico.
Tuttavia, l’avvocato generale Bobek ritiene che tale principio non modifichi le altre
condizioni previste dal legislatore Ue. Ossia non modifichi il principio di legalità: tale
7. principio assume rilievo ancora maggiore quando gli Stati membri infliggono sanzioni
penali ed esige che le autorità pubbliche agiscano esclusivamente entro i limiti di
quanto disposto per legge. Non modifichi il fatto che un regolamento deve essere
interpretato e applicato in maniera uniforme in tutti gli Stati membri. Non modifichi
la diversità dei contesti in cui operano il principio di precauzione generale e
l’articolo 34. Quest’ultimo a differenza del principio di precauzione, si riferisce
specificamente ai prodotti geneticamente modificati che sono già stati oggetto di
una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.
Secondo l’avvocato, inoltre sull’esito delle conclusioni non può incidere il
cambiamento della disciplina in materie. Nel 2015, infatti una direttiva ha cambiato
il contesto normativo applicabile agli Ogm nell’Unione e nel 2016 la Commissione,
sulla base di tale direttiva, ha vietato il mais MON 810 in 19 Stati membri, compresa
l’Italia. Ma i provvedimenti sono entrati in vigore dopo il decreto italiano e
riguardano ambiti diversi.
Comunque, non resta che aspettare il responso della Corte Ue. (Articolo di Eleonora
Santucci)
Fonte: greenreport.it