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LA PITTURA ROMANICA
Pancia Asia e Pelusi Sara
La pittura
L'arte romanica è stata la fase dell'arte medievale
europea che derivava dal romano antico, che si è
sviluppata a partire dalla fine del X secolo fino
all'affermazione dell'arte gotica, in Francia e in altri paesi
europei.
La pittura romanica nel corso dei secoli è stata
condizionata molto dai modelli del passato tardo-antichi
e bizantini. A differenza dei bizantini però essa
presentava uno stile più sciolto, espressivo e libero,
grazie ai contatti con l'arte dell'Europa centrale.
Così come la scultura, anche la pittura si diffondeva e
sviluppava in stretto legame con l'architettura, infatti le
pareti interne ed esterne delle chiese, le vele delle volte a
crociera, i catini delle absidi erano gli spazi più utilizzati
per la tecnica degli affreschi.
La miniatura
La manifestazione pittorica di età romanica più diffusa in Europa veniva
chiamata "miniatura". Quest'elemento artistico veniva praticato dai monaci
negli scriptòria, gli unici luoghi riscaldati per favorire la preparazione
senza grumi dei colori.
Il termine deriva da minio, un ossido di piombo di colore rosso,
fondamentale per la preparazione degli inchiostri, il foglio su cui si
scriveva veniva chiamato pergamena.
Il calligrafo si occupava della scrittura mentre il miniatore delle
decorazioni miniate, che non dovevano necessariamente collegarsi ai temi
dei manoscritti.
La prima fase della miniatura consisteva nel tracciare il disegno per poi
ripassarlo con la penna d'oca intinta nell'inchiostro nero o seppia.
Successivamente se si voleva un effetto di lucentezza si potevano
aggiungere l'oro e l'argento in foglia prima di porre gli altri colori.
La tecnica del guazzo
La tecnica più usata nell'ambito della miniatura era quella
del guazzo:
• i pigmenti colorati venivano diluiti in soluzioni acquose a
cui si aggiungevano albume, miele e gomma arabica;
• i pennelli avevano la punta finissima ;
• i temi erano attinenti ai testi e al contenuto dei manoscritti
decorati;
• i colori più utilizzati erano il rosso carminio, ocra, giallo,
blu, indaco, verde, nero;
• i risultati erano molto luminosi e lucidi;
La tempera su
tavola
La tempera su tavola era una tecnica dell'arte romanica, svolta
su strutture di legno e suddivisa in fasi:
1. incamottatura, si stendeva una tela di lino per attenuare le
variazioni di volume del legno utilizzato;
2. preparazione, consisteva nel porre diversi strati di colla e
gesso sulla superficie delle tavole per renderle lisce;
3. imprimitura, l'ultimo strato preparatorio;
4. disegno preparatorio, si incidevano i contorni delle figure
con uno stilo metallico o con un carboncino di legno di
salice;
5. pittura a tempera, si dipingeva con l'utilizzo di pigmenti a
base naturale che venivano sciolti in acqua con l'aggiunta
di colla vegetale o tuorlo d'uovo;
6. protezione dell'opera, si ricopriva la tavola con un sottile
strato di vernice fissativa trasparente.
Il fondo oro
Nelle tavole medievali non era ancora
tradizione rappresentare paesaggi naturalistici o
sfondi, perciò le figure erano contornare da un
fondo realizzato da lamine d'oro.
Quest'ultimo veniva realizzato dopo l'imprimitura,
preparata con una sostanza argillosa rossastra
impastata con la colla di animale.
La superficie veniva poi levigata, lucidata a
specchio e decorata con punzoni, utensili metallici
a punta sagomata.
Gli affreschi
Gli affreschi sono opere, attribuibili a maestri
cassinesi di scuola bizantina, che si allontanano
dalla tradizione greca.
Essi rappresentano soprattutto i temi più
drammatici della religione.
La Basilica di San Michele Arcangelo
a Sant'Angelo in Formis, presso Capua presenta
alcuni degli affreschi più importanti.
Le croci dipinte
Quella dei dipinti su tavola è una tipologia
che fino all'XI secolo venne utilizzata
raramente, mentre in epoca romanica
ricevette un nuovo e forte impulso. Tra
questi tipi di dipinto particolare
importanza assumono soprattutto in area
toscana e umbra, le cosiddette croci
dipinte. Esse rappresentano Cristo in croce
ma, a differenza delle raffigurazioni
bizantine e paleocristiane, l'evento è
isolato dal contesto della Crocifissione.
Tipologie delle croci
dipinte
Due sono le tipologia delle croci dipinte romaniche.
• La prima e più antica, risalente agli inizi del XII
secolo, è quella del cosiddetto Christus triùmphans
e rappresenta Gesù con il corpo e la testa eretti, gli
occhi spalancati e i piedi leggermente divaricati. In
lui non si avverte alcuna partecipazione umana al
dolore.
• La seconda tipologia e quella Christus pàtiens. Il
Cristo viene rappresentato morto, con il capo
reclinato e gli occhi chiusi. In questo modo si
vvuole privilegiare l'aspetto dell'umanità di Gesù
che offre e partecipa, come tutti gli uomini, al
dolore, che la sua natura divina, quindi
immune dalla sofferenza.
Gli allargamenti
Il supporto delle croci dipinte viene realizzato unendo diverse
tavole in legno. Questo presenta alcuni allargamenti che
consentono l'introduzione di motivi decorativi accessori e di
figure o rappresentazioni inerenti alla Passione e all'Ascensione
di Cristo. Tali allargamenti assumono diversi nomi in funzione
delle loro caratteristiche:
• Il tabellone è la parte verticale della croce, sulla quale poggia
il corpo di Cristo;
• Gli scomparti, sono i due allargamenti laterali del tabellone;
• I terminali sono i due allargamenti laterali dei bracci
orizzontali della croce;
• Il piedicroce è l'allargamento posto all'estremo inferiore.
Esso può essere chiamato anche suppedàneo o calvario, in
quanto può ospitare alcuni riferimenti figurativi al luogo del
supplizio di Gesù;
• La cimasa è l'allargamento posto all'estremo superiore.
Christus
triumphans
La più antica tra le croci dipinte che ci siano
pervenute proviene dalla Lunigiàna ed è oggi
conservata nella Cattedrale di Sarzana, in
provincia di La Spezia. Realizzata e firmata nel
1138 da Maestro Guglielmo. Essa rappresenta un
importante esempio della tipologia del Christus
triumphans. Gli occhi di Gesù sono spalancati, la
testa è sollevata e il volto non fa trasparire alcuna
emozione. Anche gli arti appaiono rilassati, il che
conferisce alla figura un senso di astratta irrealtà.
Il corpo crocifisso, sembra sottrarsi anche alla
legge di gravità, e questa caratteristica ne
riconferma con sicurezza l'ispirazione bizantina.
Per la prima volta Cristo compare nudo, con un
semplice panno che gli cinge i fianchi. Si tratta di
una novità significativa, in quanto fino ad allora
era sempre stato rappresentato con addosso il
colòbio, la lunga tunica senza maniche usata
tradizionalmente dai primi monaci cristiani.
Christus patiens
Uno dei primi di Christus patiens di area toscana
risale alla fine del XII. L'opera, attribuita a un
anonimo Maestro bizantino, è oggi conservato al
Museo Nazionale di San Matteo, a Pisa. Essa
presenta la caratteristica di non essere dipinta
direttamente sulla valvola di legno, ma su una
pergamena incollata a sua volta sulla tavola,
secondo una metodologia di lavoro allora
abbastanza utilizzata. La testa del Cristo reclinata
sulla spalla destra e il corpo lievemente inarcato
esprimono simbolicamente il cedimento di un
corpo abbandonato nella morte. Nella cimasa è
rappresentato un Cristo in trono fra angeli e
cherubini, mentre gli scomparti laterali presentano
sei scene della Passione.
Il mosaico
Dove l'influsso bizantino non cessa mai di manifestarsi è, nell'arte del mosaico.
Essa trova la propria espressione più alta nei grandi cicli veneziani della Basilica
di San Marco. Se l'adesione al decorativismo di scuola bizantina è perfettamente
comprensibile per Venezia che è stata da sempre legata all'Oriente e alla sua
cultura, la scelta bizantina dei re normanni ha motivazioni di altro tipi. Nella
raffinata e sontuosa maestosità del mosaico. Infatti, essi ricercavano quegli ideali
di ordine e di equilibrio che erano alla base della loro stessa concezione del potere.
La decorazione della zona presbiteriale della Cattedrale di Cefalù, in provincia
Palermo, costituisce, a tale riguardo, uno dei più antichi e meglio conservati
esempi di arte musiva in terra siciliana.
...
Le pareti concave dell'abside fanno parte, insieme
al catino, del nucleo più antico e prezioso. Esse
sono divise orizzontalmente in tre registri
sovrapposti a fondo dorato, decorati con grandiose
figure di Apostoli ed Evangelisti. Il catino, presenta
la maestosa figura a mezzo busto del Cristo
Pantocratore. Egli indossa una veste dorata, con
sulle spalle un ampio mantello azzurro. Di stretta
osservanza bizantina è anche la mano benedicente,
con tre dita sollevate a indicare la trinità e pollice e
anulare uniti a simbolizzare la duplice natura
umana e divina di Cristo. La mano sinistra, infine,
come di consuetudine nelle rappresentazioni
musive dei Pantocratori, sempre circonfusi di
luminose tessere d'oro , regge un libro aperto nelle
cui pagine viene riportato in greco e latino.

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  • 1. LA PITTURA ROMANICA Pancia Asia e Pelusi Sara
  • 2. La pittura L'arte romanica è stata la fase dell'arte medievale europea che derivava dal romano antico, che si è sviluppata a partire dalla fine del X secolo fino all'affermazione dell'arte gotica, in Francia e in altri paesi europei. La pittura romanica nel corso dei secoli è stata condizionata molto dai modelli del passato tardo-antichi e bizantini. A differenza dei bizantini però essa presentava uno stile più sciolto, espressivo e libero, grazie ai contatti con l'arte dell'Europa centrale. Così come la scultura, anche la pittura si diffondeva e sviluppava in stretto legame con l'architettura, infatti le pareti interne ed esterne delle chiese, le vele delle volte a crociera, i catini delle absidi erano gli spazi più utilizzati per la tecnica degli affreschi.
  • 3. La miniatura La manifestazione pittorica di età romanica più diffusa in Europa veniva chiamata "miniatura". Quest'elemento artistico veniva praticato dai monaci negli scriptòria, gli unici luoghi riscaldati per favorire la preparazione senza grumi dei colori. Il termine deriva da minio, un ossido di piombo di colore rosso, fondamentale per la preparazione degli inchiostri, il foglio su cui si scriveva veniva chiamato pergamena. Il calligrafo si occupava della scrittura mentre il miniatore delle decorazioni miniate, che non dovevano necessariamente collegarsi ai temi dei manoscritti. La prima fase della miniatura consisteva nel tracciare il disegno per poi ripassarlo con la penna d'oca intinta nell'inchiostro nero o seppia. Successivamente se si voleva un effetto di lucentezza si potevano aggiungere l'oro e l'argento in foglia prima di porre gli altri colori.
  • 4. La tecnica del guazzo La tecnica più usata nell'ambito della miniatura era quella del guazzo: • i pigmenti colorati venivano diluiti in soluzioni acquose a cui si aggiungevano albume, miele e gomma arabica; • i pennelli avevano la punta finissima ; • i temi erano attinenti ai testi e al contenuto dei manoscritti decorati; • i colori più utilizzati erano il rosso carminio, ocra, giallo, blu, indaco, verde, nero; • i risultati erano molto luminosi e lucidi;
  • 5. La tempera su tavola La tempera su tavola era una tecnica dell'arte romanica, svolta su strutture di legno e suddivisa in fasi: 1. incamottatura, si stendeva una tela di lino per attenuare le variazioni di volume del legno utilizzato; 2. preparazione, consisteva nel porre diversi strati di colla e gesso sulla superficie delle tavole per renderle lisce; 3. imprimitura, l'ultimo strato preparatorio; 4. disegno preparatorio, si incidevano i contorni delle figure con uno stilo metallico o con un carboncino di legno di salice; 5. pittura a tempera, si dipingeva con l'utilizzo di pigmenti a base naturale che venivano sciolti in acqua con l'aggiunta di colla vegetale o tuorlo d'uovo; 6. protezione dell'opera, si ricopriva la tavola con un sottile strato di vernice fissativa trasparente.
  • 6. Il fondo oro Nelle tavole medievali non era ancora tradizione rappresentare paesaggi naturalistici o sfondi, perciò le figure erano contornare da un fondo realizzato da lamine d'oro. Quest'ultimo veniva realizzato dopo l'imprimitura, preparata con una sostanza argillosa rossastra impastata con la colla di animale. La superficie veniva poi levigata, lucidata a specchio e decorata con punzoni, utensili metallici a punta sagomata.
  • 7. Gli affreschi Gli affreschi sono opere, attribuibili a maestri cassinesi di scuola bizantina, che si allontanano dalla tradizione greca. Essi rappresentano soprattutto i temi più drammatici della religione. La Basilica di San Michele Arcangelo a Sant'Angelo in Formis, presso Capua presenta alcuni degli affreschi più importanti.
  • 8. Le croci dipinte Quella dei dipinti su tavola è una tipologia che fino all'XI secolo venne utilizzata raramente, mentre in epoca romanica ricevette un nuovo e forte impulso. Tra questi tipi di dipinto particolare importanza assumono soprattutto in area toscana e umbra, le cosiddette croci dipinte. Esse rappresentano Cristo in croce ma, a differenza delle raffigurazioni bizantine e paleocristiane, l'evento è isolato dal contesto della Crocifissione.
  • 9. Tipologie delle croci dipinte Due sono le tipologia delle croci dipinte romaniche. • La prima e più antica, risalente agli inizi del XII secolo, è quella del cosiddetto Christus triùmphans e rappresenta Gesù con il corpo e la testa eretti, gli occhi spalancati e i piedi leggermente divaricati. In lui non si avverte alcuna partecipazione umana al dolore. • La seconda tipologia e quella Christus pàtiens. Il Cristo viene rappresentato morto, con il capo reclinato e gli occhi chiusi. In questo modo si vvuole privilegiare l'aspetto dell'umanità di Gesù che offre e partecipa, come tutti gli uomini, al dolore, che la sua natura divina, quindi immune dalla sofferenza.
  • 10. Gli allargamenti Il supporto delle croci dipinte viene realizzato unendo diverse tavole in legno. Questo presenta alcuni allargamenti che consentono l'introduzione di motivi decorativi accessori e di figure o rappresentazioni inerenti alla Passione e all'Ascensione di Cristo. Tali allargamenti assumono diversi nomi in funzione delle loro caratteristiche: • Il tabellone è la parte verticale della croce, sulla quale poggia il corpo di Cristo; • Gli scomparti, sono i due allargamenti laterali del tabellone; • I terminali sono i due allargamenti laterali dei bracci orizzontali della croce; • Il piedicroce è l'allargamento posto all'estremo inferiore. Esso può essere chiamato anche suppedàneo o calvario, in quanto può ospitare alcuni riferimenti figurativi al luogo del supplizio di Gesù; • La cimasa è l'allargamento posto all'estremo superiore.
  • 11. Christus triumphans La più antica tra le croci dipinte che ci siano pervenute proviene dalla Lunigiàna ed è oggi conservata nella Cattedrale di Sarzana, in provincia di La Spezia. Realizzata e firmata nel 1138 da Maestro Guglielmo. Essa rappresenta un importante esempio della tipologia del Christus triumphans. Gli occhi di Gesù sono spalancati, la testa è sollevata e il volto non fa trasparire alcuna emozione. Anche gli arti appaiono rilassati, il che conferisce alla figura un senso di astratta irrealtà. Il corpo crocifisso, sembra sottrarsi anche alla legge di gravità, e questa caratteristica ne riconferma con sicurezza l'ispirazione bizantina. Per la prima volta Cristo compare nudo, con un semplice panno che gli cinge i fianchi. Si tratta di una novità significativa, in quanto fino ad allora era sempre stato rappresentato con addosso il colòbio, la lunga tunica senza maniche usata tradizionalmente dai primi monaci cristiani.
  • 12. Christus patiens Uno dei primi di Christus patiens di area toscana risale alla fine del XII. L'opera, attribuita a un anonimo Maestro bizantino, è oggi conservato al Museo Nazionale di San Matteo, a Pisa. Essa presenta la caratteristica di non essere dipinta direttamente sulla valvola di legno, ma su una pergamena incollata a sua volta sulla tavola, secondo una metodologia di lavoro allora abbastanza utilizzata. La testa del Cristo reclinata sulla spalla destra e il corpo lievemente inarcato esprimono simbolicamente il cedimento di un corpo abbandonato nella morte. Nella cimasa è rappresentato un Cristo in trono fra angeli e cherubini, mentre gli scomparti laterali presentano sei scene della Passione.
  • 13. Il mosaico Dove l'influsso bizantino non cessa mai di manifestarsi è, nell'arte del mosaico. Essa trova la propria espressione più alta nei grandi cicli veneziani della Basilica di San Marco. Se l'adesione al decorativismo di scuola bizantina è perfettamente comprensibile per Venezia che è stata da sempre legata all'Oriente e alla sua cultura, la scelta bizantina dei re normanni ha motivazioni di altro tipi. Nella raffinata e sontuosa maestosità del mosaico. Infatti, essi ricercavano quegli ideali di ordine e di equilibrio che erano alla base della loro stessa concezione del potere. La decorazione della zona presbiteriale della Cattedrale di Cefalù, in provincia Palermo, costituisce, a tale riguardo, uno dei più antichi e meglio conservati esempi di arte musiva in terra siciliana.
  • 14. ... Le pareti concave dell'abside fanno parte, insieme al catino, del nucleo più antico e prezioso. Esse sono divise orizzontalmente in tre registri sovrapposti a fondo dorato, decorati con grandiose figure di Apostoli ed Evangelisti. Il catino, presenta la maestosa figura a mezzo busto del Cristo Pantocratore. Egli indossa una veste dorata, con sulle spalle un ampio mantello azzurro. Di stretta osservanza bizantina è anche la mano benedicente, con tre dita sollevate a indicare la trinità e pollice e anulare uniti a simbolizzare la duplice natura umana e divina di Cristo. La mano sinistra, infine, come di consuetudine nelle rappresentazioni musive dei Pantocratori, sempre circonfusi di luminose tessere d'oro , regge un libro aperto nelle cui pagine viene riportato in greco e latino.