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La scuola stoica
Renato Curreli - Filosofia e Storia
Liceo Classico G. Siotto Pintor - Cagliari
Introduzione
La scuola stoica si sviluppò in
un periodo che si è soliti
chiamare ELLENISMO.
Questo termine, che ha
comunque origini antiche
(Ελληνισμός), è stato
proposto dallo storico
Johann Gustav Droysen (1808-1884) per indicare la civiltà greca dopo
la morte di Alessandro Magno (356-323 a.C.). Gli storici fanno
terminare l’età ellenistica con la conquista romana del Regno d’Egitto
dopo la battaglia di Azio (31 a.C.).
• L’ellenismo indica così il chiudersi dell’età classica e
il fiorire, a partire da essa, di una nuova civiltà.
Cambiamenti dell’ellenismo
1) Fine dell’indipendenza politica, economica e culturale delle πόλεις
a causa delle conquiste di Filippo II (battaglia di Cheronea, 338 a.C.)
e della creazione dell’Impero macedone da parte di suo figlio
Alessandro Magno (Ἀλέξανδρος Γ' ὁ Μακεδών, Aléxandros trίtos ho Makedόn)
2) L’Impero, con la sua vastità, crea le condizioni per una nuova
visione del mondo che nasce dall’incontro della cultura greca con
quelle orientali
3) Affermarsi di nuovi grandi centri culturali: Alessandria, Pergamo,
Rodi, Antiochia.
***
1. Zenone e la fondazione della scuola stoica
Zenone di Cizio (336/35-263 a.C.), allievo del cinico Cratete di Tebe, fu
l’iniziatore della scuola stoica.
La scuola fu fondata ad Atene nel 300 a.C. circa e prese il nome dalla
ποικίλη στοά, il «portico dipinto» dell’agorà di Atene, dove Zenone
teneva le sue lezioni.*
Da giovane, Zenone fu influenzato dalla lettura dei Memorabili di
Senofonte e dell’Apologia di Platone: in entrambi trovava la figura di
Socrate, che era poi alla base dell’insegnamento di quello che sarà il
suo maestro, il cinico Cratete.
Lo Stoicismo può, infatti, essere pensato come uno sviluppo della
scuola cinica.**
__________
* Una ricostruzione del portico può essere vista nella copertina e nell’ultima diapositiva di questa presentazione
** Cinico può derivare o da Κυνόσαργες (κύων, cane + ἀργός, veloce) il ginnasio sede della scuola cinica, o proprio da
κύων, perché si diceva che questi filosofi vivevano in modo simile ai cani.
• Entrambe le scuole, la cinica e la stoica, credono
che lo scopo della filosofia non sia la conoscenza
della verità, bensì quello di orientare la ricerca della
felicità attraverso la pratica della virtù.
• Virtù (lat. virtus, gr. ἀρετή, abilità, forza, eccellenza; stato felice) indica, a
partire da Socrate, la ricerca della forma di vita
migliore per conseguire la felicità.
2. Periodi e scolarchi della Scuola stoica
È possibile distinguere la storia dello stoicismo in tre periodi:
In questo contesto ci soffermeremo sull’antico stoicismo, che fu il
periodo di fondazione e quello più fruttuoso. Esso si sviluppa tra la fine
del IV e il III secolo a.C.
Dopo Zenone, gli altri scolarchi della Stoà furono Cleante di Asso (circa 330–
232 a.C.) e Crisippo di Soli (281/277–208/204 a.C. ).
Stoicismo antico Stoicismo medio Stoicismo nuovo
La figura e l’opera di Crisippo furono particolarmente
importanti perché egli individuò e definì le dottrine più caratteristiche
dello stoicismo antico. Ci è stato tramandato il detto «Senza Crisippo,
non sarebbe esistita la Stoà». Egli fu uno scrittore prolifico e un
grande logico e dialettico.
Zenone di Cizio Crisippo di Soli
Gli scritti di questi filosofi sono andati perduti. Possiamo
leggere solo frammenti dai quali risulta difficile distinguere
tra loro i vari autori.
Per questo motivo siamo costretti a parlare genericamente
di stoicismo o di dottrine stoiche riservandoci però, laddove
sia possibile, di riferirci a un autore specifico.
• Zenone riteneva che la scienza non avesse un valore in sé, ma fosse invece la
condizione e lo strumento per accedere alla ἀρετή.
• Ora, la ἀρετή è in realtà triplice:
• Quindi siccome la filosofia ha come suo fine il conseguimento della virtù e della
felicità, anch’essa si articolerà in tre parti corrispondenti:
Zenone e Crisippo iniziavano con la Logica, alla quale facevano seguire la Fisica e l’Etica
Naturale
Morale
Razionale
Virtù
Filosofia
Fisica
Etica
Logica
3. La logica
Zenone probabilmente fu il primo a usare i termini λογικός e λογική
(sottint. τέχνη, arte) per indicare lo studio del discorso e del
ragionamento.
La logica si divide in:
 Retorica, la scienza dei discorsi continui (orazioni)
 Dialettica, la scienza dei discorsi divisi in domane e risposte.
La dialettica, a sua volta, si articola in
• Grammatica (analizza le parole)
• Logica propriamente detta (studia concetti,
proposizioni, ragionamenti e sofismi)
La Dialettica è la scienza di ciò che è vero e di ciò che è falso
e di ciò che non è né vero né falso.
Ma, come si può distinguere il vero dal falso?
Per questo scopo sarà necessario individuare un criterio di verità.
sono i singoli termini presi isolatamente (albero, verde…), oppure
Né veri né falsi i ragionamenti indecidibili (paradossi, sofismi, dilemmi) e (forse) i
ragionamenti logicamente corretti, ma contenutisticamente falsi.
Vere o false sono le proposizioni: L’albero è verde potrà essere vera o falsa.
3.1. Il criterio della verità: la rappresentazione catalettica
Bisogna chiedersi preliminarmente da dove trae origine la conoscenza.
Secondo gli stoici la conoscenza deriva dai sensi.
L’anima (la mente) è come un γραμματεῖον* sul quale non c’è
alcun segno fino a che l’esperienza non vi lascia le sue impronte.
Queste impronte sono le sensazioni, che appaiono al soggetto
conoscente come rappresentazioni (φαντασία, immagine, figura, rappresentazione )
L’insieme delle rappresentazioni, ritenuto dalla memoria,
costituisce l’esperienza.
_________
* Tavoletta spalmata di cera sulla quale si scriveva. γραμματεῖον τῶν λόγων κενόν è in origine un’espressione aristotelica che in
latino sarà resa con tabula rasa in qua nihil est scriptum.
Quando un oggetto esterno, come un colore, un sapore,
un suono, etc., lascia un’impronta nell’apparato sensorio
del soggetto conoscente, si produce una rappresentazione
mentale.
Ricevere l’impressione/impronta di un dato sensibile non
dipende dal soggetto, che fino a qui è passivo.
Dalla libera attività del soggetto conoscente dipende invece
l’assenso concesso, o meno, a una rappresentazione.
Allora il criterio della verità è dato dall’evidenza con cui una
rappresentazione si impone al soggetto conoscente e lo
inclina all’assenso.
Esso consiste nella rappresentazione catalettica
(φαντασία καταληπτική; rappresentazione che afferra/comprende;
καταλαμβάνω, afferro, prendo, comprendo).
Mente
Rappresentazioni
Oggettiesterni
Vediamo la testimonianza di Cicerone:
Zenone questa stessa cosa la rappresentava con gesti. Mostrando all’interlocutore
in faccia la mano aperta con le dita tese, diceva: «la rappresentazione è così». Poi,
contraendo un poco le dita: «l’assenso è così». Stretta poi la mano a pugno, diceva
«questa è la comprensione»: e proprio da questo paragone fu indotto a dare a
questa un nome che prima non esisteva, κατάληψις [il prendere, presa, cattura].
Accostata poi la destra alla sinistra, e con questa afferrato fortemente e compresso
ad arte il pugno chiuso, diceva che quella era la scienza, e che era cosa tale che
nessuno, fuorché il sapiente, poteva rendersene padrone.
Cicerone, Accademici I, 47, 144.
3.2. Le anticipazioni o prolessi
Il conservarsi e l’accumularsi delle rappresentazioni nella memoria, porta
spontaneamente al crearsi di anticipazioni (πρόληψις).
L’anticipazione o prolessi è una conoscenza universale o nozione comune a tutti gli
uomini e, come tale, corrisponde al termine concetto.
Il concetto è un’entità puramente mentale ed esiste solo nella dimensione logica. Gli
stoici pensavano infatti che l’essere è solo individuale e corporeo. Se esistono
nozioni che sono universali, questo dipende solo dal fatto che esse si formano in
modo eguale in tutti gli uomini, attraverso l’esperienza e la riflessione.
In tal senso svolgono una linea di pensiero aristotelica, allontanandosi dalle teorie
platoniche.
Ma mentre per Aristotele il concetto rispecchia ed esprime la struttura fondamentale
delle varie realtà esistenti, l’ εἶδος, per gli stoici esso è semplicemente un segno, e
come tale sta per o significa un oggetto qualunque, potendo quindi indicare l’intera
classe cui quell’oggetto appartiene: la funzione del concetto di mela è quella di
essere un segno che rinvia a una mela qualunque.
Analizziamo il concetto come segno con maggiore dettaglio:
Tre sono gli elementi che si collegano: il significato, ciò che significa, e ciò che è.
Ciò che significa è la voce, per esempio «Dione». Il significato è la cosa indicata
dalla voce e che noi cogliamo pensando alla cosa corrispondente. Ciò che è, è il
soggetto esterno, per esempio lo stesso Dione.
Sesto Empirico, Contro i logici, II, 11
Dunque, secondo gli stoici è necessario distinguere tra
 la parola, «ciò che significa», ossia il significante (un insieme di elementi fonetici che
producono i l suono Dione)
 il significato, cioè il pensiero/rappresentazione mentale che la parola produce nella
mente
 l’oggetto reale , «ciò che è», la cosa concreta alla quale ci si sta riferendo: «Dione»
Il brano di Sesto Empirico prosegue con le seguenti osservazioni:
Di queste tre cose, due sono corporee, l’espressione vocale e l’oggetto; una, la realtà
significata, è invece incorporea, e prende appunto il nome di significato.
Ivi
• La parola (il suono che significa) e l’oggetto significato sono
considerati come corporei; il significato (la rappresentazione
mentale prodotta dalla parola) è invece incorporeo.
3.3. La proposizione e il ragionamento anapodittico
• La logica aristotelica si fonda principalmente sui termini e sul ragionamento
(συλλογισμός) dimostrativo o dialettico.
• La logica stoica – che rappresenta un grande avanzamento della disciplina –
insiste invece sulla proposizione e sul ragionamento anapodittico (ἀναπόδεικτος,
non dimostrativo).
• Mentre i termini isolati non sono di per sé veri o falsi, la proposizione ha invece
un significato individuabile e può essere vera o falsa. Tale era l’opinione dello
stesso Aristotele ma mentre questi, per costruire il ragionamento, scompose la
proposizione nei suoi termini costituenti, gli stoici seguirono un’altra via, quella di
considerare le proposizioni in quanto tali e le relazioni che possono stabilirsi tra
loro.
• Dalla logica stoica deriva una importante branca della logica contemporanea
detta, appunto, logica (o calcolo) proposizionale.
I
• Il ragionamento aristotelico consta di tre proposizioni: due fungono da premesse
(maggiore e minore, collegate tra loro dal termine medio) e la terza da
conclusione.
• Il ragionamento (sillogismo) anapodittico degli stoici connette direttamente due
proposizioni senza ricorrere a un termine medio o ad altri termini
(maggiore/minore): sappiamo già che la logica stoica è proposizionale e non
terministica.
Ragionamento = concatenazione di più enunciati
La proposizione, che può essere Vera o Falsa, è
formulata linguisticamente da un Enunciato (ἀξίωμα)
• Il ragionamento aristotelico si basa su proposizioni categoriche (p.e.
Tutti gli uomini sono bipedi), quello stoico su premesse ipotetiche
(p.e. Se oggi piove…).*
• Il ragionamento può essere corretto anche quando uno o entrambi
gli enunciati sono falsi:
Se piove in aperta campagna allora mi bagno.
Ma piove in aperta campagna, quindi mi bagno.
L’ inferenza è corretta (valida) perché segue e si fonda su una regola
logica (che i medievali chiameranno modus ponens), sebbene gli
enunciati possano essere falsi, come nell’eventualità ci sia il sole.
________________
* Ciò non equivale a dire che Aristotele non conoscesse le proposizioni ipotetiche e il ragionamento
ipotetico, ma semplicemente che la sua analisi non si è concentrata specificamente su questi aspetti.
• Secondo Crisippo ci sono cinque schemi di ragionamento anapodittico:
Se è giorno c’è luce. Ma è giorno, quindi c’è
luce
Se A allora B. Ma A, quindi B
Se è giorno c’è luce. Ma non c’è luce, quindi
non è giorno.
Se A allora B. Ma non B, quindi non A
Non può essere sia giorno che notte. Ma è
giorno, quindi non è notte.
Non è possibile che siano insieme A e
B. Ma è A, quindi non è B.
O è giorno o è notte. Ma è giorno, quindi
non è notte .
O è A o è B. Ma non è B, quindi è A.
O è giorno o è notte. Ma non è notte,
quindi è giorno
O è A o è B. Ma è A, quindi non è B.
• Come si vede, le proposizioni sono collegate con le particelle se,
allora, e, o, non. Esse – che in seguito saranno dette connettivi logici
– danno luogo a proposizioni composte unendo tra loro proposizioni
semplici: A e B è una proposizione composta dalle proposizioni
semplici A, B. Le proposizioni composte assumeranno un valore di
verità in rapporto al tipo di connettivo e a quello delle proposizioni
semplici da cui derivano.
• Esempio (con incursioni nella moderna logica proposizionale):
A e B (nel simbolismo moderno A ∧ B)
Il connettivo «e» implica che A e B è vera se e solo se sia A che B sono vere. Per cui:
1) se A è vera e B è vera, allora AeB sarà vera, come abbiamo appena detto;
2) se A è falsa e B è vera, allora AeB sarà falsa;
3) se A è vera e B è falsa, allora AeB sarà ancora falsa;
4) se A è falsa e B è falsa, allora AeB non può che essere falsa.
3.4. La dimostrazione
Il ragionamento anapodittico, come dice il termine stesso, non è
dimostrativo, ma esplicita i legami che possono instaurarsi tra
proposizioni che sono di per se stesse evidenti.
C’è però un tipo di ragionamento che vuole enucleare e chiarire
qualcosa che non appare con evidenza nelle premesse.
Questo ragionamento parte da un indizio (σημεῖον, segno precursore, sintomo,
indizio) dal quale ricavare una premessa evidente, per poi giungere a una
conclusione non evidente che al contempo esprime la causa
dell’evento.
Se questa donna ha latte nelle mammelle, ha partorito; ma questa donna ha latte
nelle mammelle, dunque ha partorito.
L’esempio, che appartiene alla tradizione stoica, vuole mostrare come
dal σημεῖον, il «latte nelle mammelle», si risale alla causa, l’aver
partorito.
3.5. Paradossi e dilemmi
La Stoà considerava tra i vari modi di ragionamento anche quelli
ritenuti insolubili, come paradossi, dilemmi e sofismi.
• Paradosso (παράδοξος, παρά-, contro + δόξα, opinione): tesi che appare sorprendente e
contraria all’opinione comune.
Mentitore. Uno dei paradossi più famosi è quello del Mentitore, che risale a
Epimenide di Creta (VI s. a.C.)
Epimenide di Creta sostiene che "I cretesi sono bugiardi "
Se Epimenide dice il vero allora, essendo cretese, mente e dice il falso;
se dice il falso non mente e allora, pur essendo un cretese, dice il vero.
Il paradosso fu rielaborato da Eubulide di Mileto (IV s. a.C.):
Io sto mentendo
Se sto mentendo, dico il vero;
se dico il vero, allora sto mentendo.
• Dilemma (δίλημμα, δι-, due + λῆμμα, premessa): argomentazione, nella quale è presente
un’alternativa tra due ipotesi (dette corni del dilemma) dalle quali, però, si giunge alla
medesima conseguenza.
Coccodrillo. Uno dei dilemmi più noti presi in considerazione dagli stoici, per quanto
risalga forse ai sofisti, è detto dilemma del coccodrillo.
Un coccodrillo rapisce un bambino, ma promette di renderlo alla madre se questa riuscirà a
indovinare la sua volontà o meno di farlo.
La risposta della madre è che il coccodrillo non restituirà il bambino.
Il coccodrillo si trova così davanti a un dilemma:
1. se non lo restituisce, la madre ha detto il vero, e quindi dovrebbe restituire il bambino;
2. se all’opposto lo restituisce, allora la madre ha detto il falso, e quindi non dovrebbe
restituirlo.
• Sofisma (σόϕισμα, da σοϕίζω, faccio ragionamenti cavillosi): ragionamento solo
apparentemente fondato su regole logiche, ma in realtà falso, ingannevole o non
concludente.
Velato. Un tipico sofisma è quello del Velato.
Conosci l’uomo che ha il volto coperto da un velo?
No.
Se si scopre il volto, lo conosci?
Sì.
Ma allora conosci e non conosci la stessa persona.
4. La fisica
La fisica della stoà offre l’immagine di un universo fondato e retto da
un ordine razionale e necessario che governa tutte le cose.
L’ordine razionale dell’universo è Dio.
Esso non va pensato come un’entità a parte, trascendente, ma come
l’elemento strutturante e portante intrinseco a tutto ciò che esiste.
Questo tipo di concezione può essere definita – con un vocabolo che è
entrato nell’uso a partire dal 1700 – panteismo (πᾶν "tutto" + ϑεός "Dio"):
tutto è Dio perché il principio divino e il cosmo costituiscono una unità
inseparabile.
4.1. I principi
Alla base della natura (ossia, tutto il cosmo) ci sono due principi:
1. il principio passivo, la materia, una entità priva di qualsiasi caratteristica;
2. il principio attivo, cioè Dio, che, in quanto ordine razionale, ha il potere di
imprimere le forme nella materia, dando luogo alla moltitudine degli enti.
Entrambi i principi sono c o r p o r e i – infatti per gli stoici solo il c o r p o esiste nel
senso autentico del termine, potendo agire o subire – e, quindi, materiali; la vera
differenza tra loro è che uno è passivo, l’altro attivo.
Tutto ciò implica che l’εἶδος, la forma, ossia, secondo Aristotele, il principio
caratterizzante di ogni cosa, non sia opposto alla materia, pur essendole correlativo,
ma materia esso stesso.
L’ εἶδος degli esseri viventi, l’anima (ψυχή), è dunque anch’essa corporea.
Gli stoici comunque ammettevano quattro specie di cose incorporee, che però
evidentemente hanno realtà non in sé, ma in relazione con i corpi materiali:
1) i significati (i concetti universali)
2) il vuoto infinito
3) il tempo infinito
4) il luogo
4.2. Dio
Dio/corpo è fuoco (πῦρ), inteso come soffio (πνεῦμα)
caldo e vivificante che anima ogni realtà esistente.
Dio, in quanto principio attivo che plasma e
determina la materia, è λόγος, ragione che ha in sé
le cause formali o ragioni seminali (λόγοι σπερματικοὶ)
che danno origine a tutte le cose.
Dio è la natura, e la natura è Dio, ma ciò non impedisce
agli stoici di trovare uno spazio agli dei del pantheon
della tradizione greca, che sono considerati come personificazioni dei diversi aspetti
della divinità.
4.3. I cicli cosmici
Il cosmo è sottoposto a un ciclo continuo di nascita-distruzione-nuova nascita.
Così come tutte le cose sono soggette a generazione e corruzione, altrettanto deve
accadere all’universo nel suo insieme. La storia ciclica del cosmo si ripeterà infinite
volte, ma sempre uguale a se stessa.
L’universo nasce si trasforma e si
Sviluppa nel corso di un lungo periodo
di tempo (Grande Anno), fino a
giungere a un suo compimento
quando i corpi celesti tornano nella
stessa posizione che occupavano
agli inizi del ciclo. A quel punto
avviene una ecpiròsi (ἐκπύρωσις,
uscito fuori dal fuoco; ἐκ, fuori, + πύρ,
fuoco), ossia una combustione o
conflagrazione che determina la fine
di tutto.
L’universo è ora pronto per rigenerarsi
mediante una palingenesi (παλιγγενεσία, nuova generazione; πάλιν, di nuovo +
γένεσις, generazione) o apocatastasi (ἀποκατάστασις, restaurazione, ritorno alla
posizione originaria; ἀπό, di nuovo, indietro + καθίστημι, io riporto) e ogni cosa
ritornerà ad essere quello che era.
La ciclicità del cosmo, così come tutti gli eventi, è determinata da quello che gli
uomini chiamano destino, la legge immutabile che governa tutto l’esistente.
Il destino, però, dal punto di vista di Dio è provvidenza, che conduce ogni cosa al suo
vero fine.
Destino, provvidenza e ragione non sono altro che modi diversi di vedere l’ordine
razionale che è il vero fondamento dell’universo.
Essendoci una legge necessaria che regge e governa ogni cosa, gli stoici ritengono
ammissibile la mantica (μαντική τέχνη, arte della divinazione), ma solamente il
filosofo è in grado di prevedere il corso degli eventi, perché solo lui conosce l’ordine
razionale del cosmo.
5. L’etica
Per gli stoici, ogni essere tende conservare e realizzare se stesso in armonia con
l’ordine razionale che pervade ogni cosa.
Questo processo di adattamento del singolo essere al Tutto (οἰκείωσις,
appropriamento, adattamento) è guidato da due forze:
 L’Istinto (ὁρμή), che porta ogni essere a conservarsi e a sopravvivere;
 La Ragione, che cerca un accordo tra uomo e natura.
5.1. Vivere secondo natura
La massima fondamentale dell’etica stoica, che pare risalga allo stesso Zenone, era
dunque «vivi secondo natura».
Per natura bisogna intendere l’ordine razionale che regge e governa ogni cosa
esistente . E siccome quest’ordine è razionale (ed è Dio stesso panteisticamente
inteso), vivere secondo natura equivale a «vivere secondo ragione».
5.2. Il dovere
Il saggio stoico perciò cerca di far sì che ogni sua azione sia conforme
all’ordine cosmico e che si armonizzi con esso.
Conformarsi alla natura, ossia a quell’ordine razionale presente in
tutto e che troviamo anche nella nostra ragione, rappresenta il dovere
cui ogni essere umano dovrebbe ottemperare.
È necessario che il dovere prevalga su ogni cosa, compresa la felicità. E
qualora non vi fossero le condizioni per adempiere il dovere, il vero
saggio dovrebbe abbandonare la vita, anche se questa è una vita
felice. Il modo per abbandonare la vita è, evidentemente, il suicidio,
che infatti i filosofi stoici non solo giustificarono, ma non di rado
praticarono.
5.3. L’apatia
Le emozioni non appartengono né all’istinto né alla ragione, quindi
non derivano dall’ordine cosmico, ma dalla stoltezza e dall’ignoranza
umana. Per gli stoici ci sono quattro tipi fondamentali di emozione:
1. desiderio dei beni futuri
2. letizia per i beni presenti
3. timore dei mali futuri
4. afflizione per i mali presenti
Alle prime tre emozioni, il saggio stoico contrappone la volontà, la
gioia, la precauzione.
L’afflizione per i mali presenti secondo il saggio stoico appartiene solo
allo stolto. Infatti non vi sono mali di cui ci si debba dolere, stante
l’ordine razionale del cosmo.
Derivano da beni presunti
Derivano da mali presunti
L’ emozione (πάθος ) è considerata come una malattia, che produce
negli stolti turbamento e afflizione. Il saggio, per liberarsi da essa e dai
suoi effetti, deve quindi praticare l’apatia (ἀπάθεια, assenza di emozione),
coltivando l’impassibilità, la calma e la tranquillità.
Ideato e realizzato da
Renato Curreli
Filosofia e Storia – Liceo Classico G. Siotto Pintor – Cagliari

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La scuola stoica

  • 1. La scuola stoica Renato Curreli - Filosofia e Storia Liceo Classico G. Siotto Pintor - Cagliari
  • 2. Introduzione La scuola stoica si sviluppò in un periodo che si è soliti chiamare ELLENISMO. Questo termine, che ha comunque origini antiche (Ελληνισμός), è stato proposto dallo storico Johann Gustav Droysen (1808-1884) per indicare la civiltà greca dopo la morte di Alessandro Magno (356-323 a.C.). Gli storici fanno terminare l’età ellenistica con la conquista romana del Regno d’Egitto dopo la battaglia di Azio (31 a.C.).
  • 3. • L’ellenismo indica così il chiudersi dell’età classica e il fiorire, a partire da essa, di una nuova civiltà. Cambiamenti dell’ellenismo 1) Fine dell’indipendenza politica, economica e culturale delle πόλεις a causa delle conquiste di Filippo II (battaglia di Cheronea, 338 a.C.) e della creazione dell’Impero macedone da parte di suo figlio Alessandro Magno (Ἀλέξανδρος Γ' ὁ Μακεδών, Aléxandros trίtos ho Makedόn) 2) L’Impero, con la sua vastità, crea le condizioni per una nuova visione del mondo che nasce dall’incontro della cultura greca con quelle orientali 3) Affermarsi di nuovi grandi centri culturali: Alessandria, Pergamo, Rodi, Antiochia. ***
  • 4. 1. Zenone e la fondazione della scuola stoica Zenone di Cizio (336/35-263 a.C.), allievo del cinico Cratete di Tebe, fu l’iniziatore della scuola stoica. La scuola fu fondata ad Atene nel 300 a.C. circa e prese il nome dalla ποικίλη στοά, il «portico dipinto» dell’agorà di Atene, dove Zenone teneva le sue lezioni.* Da giovane, Zenone fu influenzato dalla lettura dei Memorabili di Senofonte e dell’Apologia di Platone: in entrambi trovava la figura di Socrate, che era poi alla base dell’insegnamento di quello che sarà il suo maestro, il cinico Cratete. Lo Stoicismo può, infatti, essere pensato come uno sviluppo della scuola cinica.** __________ * Una ricostruzione del portico può essere vista nella copertina e nell’ultima diapositiva di questa presentazione ** Cinico può derivare o da Κυνόσαργες (κύων, cane + ἀργός, veloce) il ginnasio sede della scuola cinica, o proprio da κύων, perché si diceva che questi filosofi vivevano in modo simile ai cani.
  • 5. • Entrambe le scuole, la cinica e la stoica, credono che lo scopo della filosofia non sia la conoscenza della verità, bensì quello di orientare la ricerca della felicità attraverso la pratica della virtù. • Virtù (lat. virtus, gr. ἀρετή, abilità, forza, eccellenza; stato felice) indica, a partire da Socrate, la ricerca della forma di vita migliore per conseguire la felicità.
  • 6. 2. Periodi e scolarchi della Scuola stoica È possibile distinguere la storia dello stoicismo in tre periodi: In questo contesto ci soffermeremo sull’antico stoicismo, che fu il periodo di fondazione e quello più fruttuoso. Esso si sviluppa tra la fine del IV e il III secolo a.C. Dopo Zenone, gli altri scolarchi della Stoà furono Cleante di Asso (circa 330– 232 a.C.) e Crisippo di Soli (281/277–208/204 a.C. ). Stoicismo antico Stoicismo medio Stoicismo nuovo
  • 7. La figura e l’opera di Crisippo furono particolarmente importanti perché egli individuò e definì le dottrine più caratteristiche dello stoicismo antico. Ci è stato tramandato il detto «Senza Crisippo, non sarebbe esistita la Stoà». Egli fu uno scrittore prolifico e un grande logico e dialettico. Zenone di Cizio Crisippo di Soli
  • 8. Gli scritti di questi filosofi sono andati perduti. Possiamo leggere solo frammenti dai quali risulta difficile distinguere tra loro i vari autori. Per questo motivo siamo costretti a parlare genericamente di stoicismo o di dottrine stoiche riservandoci però, laddove sia possibile, di riferirci a un autore specifico.
  • 9. • Zenone riteneva che la scienza non avesse un valore in sé, ma fosse invece la condizione e lo strumento per accedere alla ἀρετή. • Ora, la ἀρετή è in realtà triplice: • Quindi siccome la filosofia ha come suo fine il conseguimento della virtù e della felicità, anch’essa si articolerà in tre parti corrispondenti: Zenone e Crisippo iniziavano con la Logica, alla quale facevano seguire la Fisica e l’Etica Naturale Morale Razionale Virtù Filosofia Fisica Etica Logica
  • 10. 3. La logica Zenone probabilmente fu il primo a usare i termini λογικός e λογική (sottint. τέχνη, arte) per indicare lo studio del discorso e del ragionamento. La logica si divide in:  Retorica, la scienza dei discorsi continui (orazioni)  Dialettica, la scienza dei discorsi divisi in domane e risposte. La dialettica, a sua volta, si articola in • Grammatica (analizza le parole) • Logica propriamente detta (studia concetti, proposizioni, ragionamenti e sofismi)
  • 11. La Dialettica è la scienza di ciò che è vero e di ciò che è falso e di ciò che non è né vero né falso. Ma, come si può distinguere il vero dal falso? Per questo scopo sarà necessario individuare un criterio di verità. sono i singoli termini presi isolatamente (albero, verde…), oppure Né veri né falsi i ragionamenti indecidibili (paradossi, sofismi, dilemmi) e (forse) i ragionamenti logicamente corretti, ma contenutisticamente falsi. Vere o false sono le proposizioni: L’albero è verde potrà essere vera o falsa.
  • 12. 3.1. Il criterio della verità: la rappresentazione catalettica Bisogna chiedersi preliminarmente da dove trae origine la conoscenza. Secondo gli stoici la conoscenza deriva dai sensi. L’anima (la mente) è come un γραμματεῖον* sul quale non c’è alcun segno fino a che l’esperienza non vi lascia le sue impronte. Queste impronte sono le sensazioni, che appaiono al soggetto conoscente come rappresentazioni (φαντασία, immagine, figura, rappresentazione ) L’insieme delle rappresentazioni, ritenuto dalla memoria, costituisce l’esperienza. _________ * Tavoletta spalmata di cera sulla quale si scriveva. γραμματεῖον τῶν λόγων κενόν è in origine un’espressione aristotelica che in latino sarà resa con tabula rasa in qua nihil est scriptum.
  • 13. Quando un oggetto esterno, come un colore, un sapore, un suono, etc., lascia un’impronta nell’apparato sensorio del soggetto conoscente, si produce una rappresentazione mentale. Ricevere l’impressione/impronta di un dato sensibile non dipende dal soggetto, che fino a qui è passivo. Dalla libera attività del soggetto conoscente dipende invece l’assenso concesso, o meno, a una rappresentazione. Allora il criterio della verità è dato dall’evidenza con cui una rappresentazione si impone al soggetto conoscente e lo inclina all’assenso. Esso consiste nella rappresentazione catalettica (φαντασία καταληπτική; rappresentazione che afferra/comprende; καταλαμβάνω, afferro, prendo, comprendo). Mente Rappresentazioni Oggettiesterni
  • 14. Vediamo la testimonianza di Cicerone: Zenone questa stessa cosa la rappresentava con gesti. Mostrando all’interlocutore in faccia la mano aperta con le dita tese, diceva: «la rappresentazione è così». Poi, contraendo un poco le dita: «l’assenso è così». Stretta poi la mano a pugno, diceva «questa è la comprensione»: e proprio da questo paragone fu indotto a dare a questa un nome che prima non esisteva, κατάληψις [il prendere, presa, cattura]. Accostata poi la destra alla sinistra, e con questa afferrato fortemente e compresso ad arte il pugno chiuso, diceva che quella era la scienza, e che era cosa tale che nessuno, fuorché il sapiente, poteva rendersene padrone. Cicerone, Accademici I, 47, 144.
  • 15. 3.2. Le anticipazioni o prolessi Il conservarsi e l’accumularsi delle rappresentazioni nella memoria, porta spontaneamente al crearsi di anticipazioni (πρόληψις). L’anticipazione o prolessi è una conoscenza universale o nozione comune a tutti gli uomini e, come tale, corrisponde al termine concetto. Il concetto è un’entità puramente mentale ed esiste solo nella dimensione logica. Gli stoici pensavano infatti che l’essere è solo individuale e corporeo. Se esistono nozioni che sono universali, questo dipende solo dal fatto che esse si formano in modo eguale in tutti gli uomini, attraverso l’esperienza e la riflessione. In tal senso svolgono una linea di pensiero aristotelica, allontanandosi dalle teorie platoniche. Ma mentre per Aristotele il concetto rispecchia ed esprime la struttura fondamentale delle varie realtà esistenti, l’ εἶδος, per gli stoici esso è semplicemente un segno, e come tale sta per o significa un oggetto qualunque, potendo quindi indicare l’intera classe cui quell’oggetto appartiene: la funzione del concetto di mela è quella di essere un segno che rinvia a una mela qualunque.
  • 16. Analizziamo il concetto come segno con maggiore dettaglio: Tre sono gli elementi che si collegano: il significato, ciò che significa, e ciò che è. Ciò che significa è la voce, per esempio «Dione». Il significato è la cosa indicata dalla voce e che noi cogliamo pensando alla cosa corrispondente. Ciò che è, è il soggetto esterno, per esempio lo stesso Dione. Sesto Empirico, Contro i logici, II, 11 Dunque, secondo gli stoici è necessario distinguere tra  la parola, «ciò che significa», ossia il significante (un insieme di elementi fonetici che producono i l suono Dione)  il significato, cioè il pensiero/rappresentazione mentale che la parola produce nella mente  l’oggetto reale , «ciò che è», la cosa concreta alla quale ci si sta riferendo: «Dione»
  • 17. Il brano di Sesto Empirico prosegue con le seguenti osservazioni: Di queste tre cose, due sono corporee, l’espressione vocale e l’oggetto; una, la realtà significata, è invece incorporea, e prende appunto il nome di significato. Ivi • La parola (il suono che significa) e l’oggetto significato sono considerati come corporei; il significato (la rappresentazione mentale prodotta dalla parola) è invece incorporeo.
  • 18. 3.3. La proposizione e il ragionamento anapodittico • La logica aristotelica si fonda principalmente sui termini e sul ragionamento (συλλογισμός) dimostrativo o dialettico. • La logica stoica – che rappresenta un grande avanzamento della disciplina – insiste invece sulla proposizione e sul ragionamento anapodittico (ἀναπόδεικτος, non dimostrativo). • Mentre i termini isolati non sono di per sé veri o falsi, la proposizione ha invece un significato individuabile e può essere vera o falsa. Tale era l’opinione dello stesso Aristotele ma mentre questi, per costruire il ragionamento, scompose la proposizione nei suoi termini costituenti, gli stoici seguirono un’altra via, quella di considerare le proposizioni in quanto tali e le relazioni che possono stabilirsi tra loro. • Dalla logica stoica deriva una importante branca della logica contemporanea detta, appunto, logica (o calcolo) proposizionale.
  • 19. I • Il ragionamento aristotelico consta di tre proposizioni: due fungono da premesse (maggiore e minore, collegate tra loro dal termine medio) e la terza da conclusione. • Il ragionamento (sillogismo) anapodittico degli stoici connette direttamente due proposizioni senza ricorrere a un termine medio o ad altri termini (maggiore/minore): sappiamo già che la logica stoica è proposizionale e non terministica. Ragionamento = concatenazione di più enunciati La proposizione, che può essere Vera o Falsa, è formulata linguisticamente da un Enunciato (ἀξίωμα)
  • 20. • Il ragionamento aristotelico si basa su proposizioni categoriche (p.e. Tutti gli uomini sono bipedi), quello stoico su premesse ipotetiche (p.e. Se oggi piove…).* • Il ragionamento può essere corretto anche quando uno o entrambi gli enunciati sono falsi: Se piove in aperta campagna allora mi bagno. Ma piove in aperta campagna, quindi mi bagno. L’ inferenza è corretta (valida) perché segue e si fonda su una regola logica (che i medievali chiameranno modus ponens), sebbene gli enunciati possano essere falsi, come nell’eventualità ci sia il sole. ________________ * Ciò non equivale a dire che Aristotele non conoscesse le proposizioni ipotetiche e il ragionamento ipotetico, ma semplicemente che la sua analisi non si è concentrata specificamente su questi aspetti.
  • 21. • Secondo Crisippo ci sono cinque schemi di ragionamento anapodittico: Se è giorno c’è luce. Ma è giorno, quindi c’è luce Se A allora B. Ma A, quindi B Se è giorno c’è luce. Ma non c’è luce, quindi non è giorno. Se A allora B. Ma non B, quindi non A Non può essere sia giorno che notte. Ma è giorno, quindi non è notte. Non è possibile che siano insieme A e B. Ma è A, quindi non è B. O è giorno o è notte. Ma è giorno, quindi non è notte . O è A o è B. Ma non è B, quindi è A. O è giorno o è notte. Ma non è notte, quindi è giorno O è A o è B. Ma è A, quindi non è B.
  • 22. • Come si vede, le proposizioni sono collegate con le particelle se, allora, e, o, non. Esse – che in seguito saranno dette connettivi logici – danno luogo a proposizioni composte unendo tra loro proposizioni semplici: A e B è una proposizione composta dalle proposizioni semplici A, B. Le proposizioni composte assumeranno un valore di verità in rapporto al tipo di connettivo e a quello delle proposizioni semplici da cui derivano. • Esempio (con incursioni nella moderna logica proposizionale): A e B (nel simbolismo moderno A ∧ B) Il connettivo «e» implica che A e B è vera se e solo se sia A che B sono vere. Per cui: 1) se A è vera e B è vera, allora AeB sarà vera, come abbiamo appena detto; 2) se A è falsa e B è vera, allora AeB sarà falsa; 3) se A è vera e B è falsa, allora AeB sarà ancora falsa; 4) se A è falsa e B è falsa, allora AeB non può che essere falsa.
  • 23. 3.4. La dimostrazione Il ragionamento anapodittico, come dice il termine stesso, non è dimostrativo, ma esplicita i legami che possono instaurarsi tra proposizioni che sono di per se stesse evidenti. C’è però un tipo di ragionamento che vuole enucleare e chiarire qualcosa che non appare con evidenza nelle premesse. Questo ragionamento parte da un indizio (σημεῖον, segno precursore, sintomo, indizio) dal quale ricavare una premessa evidente, per poi giungere a una conclusione non evidente che al contempo esprime la causa dell’evento. Se questa donna ha latte nelle mammelle, ha partorito; ma questa donna ha latte nelle mammelle, dunque ha partorito. L’esempio, che appartiene alla tradizione stoica, vuole mostrare come dal σημεῖον, il «latte nelle mammelle», si risale alla causa, l’aver partorito.
  • 24. 3.5. Paradossi e dilemmi La Stoà considerava tra i vari modi di ragionamento anche quelli ritenuti insolubili, come paradossi, dilemmi e sofismi. • Paradosso (παράδοξος, παρά-, contro + δόξα, opinione): tesi che appare sorprendente e contraria all’opinione comune. Mentitore. Uno dei paradossi più famosi è quello del Mentitore, che risale a Epimenide di Creta (VI s. a.C.) Epimenide di Creta sostiene che "I cretesi sono bugiardi " Se Epimenide dice il vero allora, essendo cretese, mente e dice il falso; se dice il falso non mente e allora, pur essendo un cretese, dice il vero.
  • 25. Il paradosso fu rielaborato da Eubulide di Mileto (IV s. a.C.): Io sto mentendo Se sto mentendo, dico il vero; se dico il vero, allora sto mentendo. • Dilemma (δίλημμα, δι-, due + λῆμμα, premessa): argomentazione, nella quale è presente un’alternativa tra due ipotesi (dette corni del dilemma) dalle quali, però, si giunge alla medesima conseguenza.
  • 26. Coccodrillo. Uno dei dilemmi più noti presi in considerazione dagli stoici, per quanto risalga forse ai sofisti, è detto dilemma del coccodrillo. Un coccodrillo rapisce un bambino, ma promette di renderlo alla madre se questa riuscirà a indovinare la sua volontà o meno di farlo. La risposta della madre è che il coccodrillo non restituirà il bambino. Il coccodrillo si trova così davanti a un dilemma: 1. se non lo restituisce, la madre ha detto il vero, e quindi dovrebbe restituire il bambino; 2. se all’opposto lo restituisce, allora la madre ha detto il falso, e quindi non dovrebbe restituirlo.
  • 27. • Sofisma (σόϕισμα, da σοϕίζω, faccio ragionamenti cavillosi): ragionamento solo apparentemente fondato su regole logiche, ma in realtà falso, ingannevole o non concludente. Velato. Un tipico sofisma è quello del Velato. Conosci l’uomo che ha il volto coperto da un velo? No. Se si scopre il volto, lo conosci? Sì. Ma allora conosci e non conosci la stessa persona.
  • 28. 4. La fisica La fisica della stoà offre l’immagine di un universo fondato e retto da un ordine razionale e necessario che governa tutte le cose. L’ordine razionale dell’universo è Dio. Esso non va pensato come un’entità a parte, trascendente, ma come l’elemento strutturante e portante intrinseco a tutto ciò che esiste. Questo tipo di concezione può essere definita – con un vocabolo che è entrato nell’uso a partire dal 1700 – panteismo (πᾶν "tutto" + ϑεός "Dio"): tutto è Dio perché il principio divino e il cosmo costituiscono una unità inseparabile.
  • 29. 4.1. I principi Alla base della natura (ossia, tutto il cosmo) ci sono due principi: 1. il principio passivo, la materia, una entità priva di qualsiasi caratteristica; 2. il principio attivo, cioè Dio, che, in quanto ordine razionale, ha il potere di imprimere le forme nella materia, dando luogo alla moltitudine degli enti. Entrambi i principi sono c o r p o r e i – infatti per gli stoici solo il c o r p o esiste nel senso autentico del termine, potendo agire o subire – e, quindi, materiali; la vera differenza tra loro è che uno è passivo, l’altro attivo. Tutto ciò implica che l’εἶδος, la forma, ossia, secondo Aristotele, il principio caratterizzante di ogni cosa, non sia opposto alla materia, pur essendole correlativo, ma materia esso stesso. L’ εἶδος degli esseri viventi, l’anima (ψυχή), è dunque anch’essa corporea. Gli stoici comunque ammettevano quattro specie di cose incorporee, che però evidentemente hanno realtà non in sé, ma in relazione con i corpi materiali: 1) i significati (i concetti universali) 2) il vuoto infinito 3) il tempo infinito 4) il luogo
  • 30. 4.2. Dio Dio/corpo è fuoco (πῦρ), inteso come soffio (πνεῦμα) caldo e vivificante che anima ogni realtà esistente. Dio, in quanto principio attivo che plasma e determina la materia, è λόγος, ragione che ha in sé le cause formali o ragioni seminali (λόγοι σπερματικοὶ) che danno origine a tutte le cose. Dio è la natura, e la natura è Dio, ma ciò non impedisce agli stoici di trovare uno spazio agli dei del pantheon della tradizione greca, che sono considerati come personificazioni dei diversi aspetti della divinità. 4.3. I cicli cosmici Il cosmo è sottoposto a un ciclo continuo di nascita-distruzione-nuova nascita. Così come tutte le cose sono soggette a generazione e corruzione, altrettanto deve accadere all’universo nel suo insieme. La storia ciclica del cosmo si ripeterà infinite volte, ma sempre uguale a se stessa.
  • 31. L’universo nasce si trasforma e si Sviluppa nel corso di un lungo periodo di tempo (Grande Anno), fino a giungere a un suo compimento quando i corpi celesti tornano nella stessa posizione che occupavano agli inizi del ciclo. A quel punto avviene una ecpiròsi (ἐκπύρωσις, uscito fuori dal fuoco; ἐκ, fuori, + πύρ, fuoco), ossia una combustione o conflagrazione che determina la fine di tutto. L’universo è ora pronto per rigenerarsi mediante una palingenesi (παλιγγενεσία, nuova generazione; πάλιν, di nuovo + γένεσις, generazione) o apocatastasi (ἀποκατάστασις, restaurazione, ritorno alla posizione originaria; ἀπό, di nuovo, indietro + καθίστημι, io riporto) e ogni cosa ritornerà ad essere quello che era. La ciclicità del cosmo, così come tutti gli eventi, è determinata da quello che gli uomini chiamano destino, la legge immutabile che governa tutto l’esistente.
  • 32. Il destino, però, dal punto di vista di Dio è provvidenza, che conduce ogni cosa al suo vero fine. Destino, provvidenza e ragione non sono altro che modi diversi di vedere l’ordine razionale che è il vero fondamento dell’universo. Essendoci una legge necessaria che regge e governa ogni cosa, gli stoici ritengono ammissibile la mantica (μαντική τέχνη, arte della divinazione), ma solamente il filosofo è in grado di prevedere il corso degli eventi, perché solo lui conosce l’ordine razionale del cosmo. 5. L’etica Per gli stoici, ogni essere tende conservare e realizzare se stesso in armonia con l’ordine razionale che pervade ogni cosa. Questo processo di adattamento del singolo essere al Tutto (οἰκείωσις, appropriamento, adattamento) è guidato da due forze:  L’Istinto (ὁρμή), che porta ogni essere a conservarsi e a sopravvivere;  La Ragione, che cerca un accordo tra uomo e natura.
  • 33. 5.1. Vivere secondo natura La massima fondamentale dell’etica stoica, che pare risalga allo stesso Zenone, era dunque «vivi secondo natura». Per natura bisogna intendere l’ordine razionale che regge e governa ogni cosa esistente . E siccome quest’ordine è razionale (ed è Dio stesso panteisticamente inteso), vivere secondo natura equivale a «vivere secondo ragione».
  • 34. 5.2. Il dovere Il saggio stoico perciò cerca di far sì che ogni sua azione sia conforme all’ordine cosmico e che si armonizzi con esso. Conformarsi alla natura, ossia a quell’ordine razionale presente in tutto e che troviamo anche nella nostra ragione, rappresenta il dovere cui ogni essere umano dovrebbe ottemperare. È necessario che il dovere prevalga su ogni cosa, compresa la felicità. E qualora non vi fossero le condizioni per adempiere il dovere, il vero saggio dovrebbe abbandonare la vita, anche se questa è una vita felice. Il modo per abbandonare la vita è, evidentemente, il suicidio, che infatti i filosofi stoici non solo giustificarono, ma non di rado praticarono.
  • 35. 5.3. L’apatia Le emozioni non appartengono né all’istinto né alla ragione, quindi non derivano dall’ordine cosmico, ma dalla stoltezza e dall’ignoranza umana. Per gli stoici ci sono quattro tipi fondamentali di emozione: 1. desiderio dei beni futuri 2. letizia per i beni presenti 3. timore dei mali futuri 4. afflizione per i mali presenti Alle prime tre emozioni, il saggio stoico contrappone la volontà, la gioia, la precauzione. L’afflizione per i mali presenti secondo il saggio stoico appartiene solo allo stolto. Infatti non vi sono mali di cui ci si debba dolere, stante l’ordine razionale del cosmo. Derivano da beni presunti Derivano da mali presunti
  • 36. L’ emozione (πάθος ) è considerata come una malattia, che produce negli stolti turbamento e afflizione. Il saggio, per liberarsi da essa e dai suoi effetti, deve quindi praticare l’apatia (ἀπάθεια, assenza di emozione), coltivando l’impassibilità, la calma e la tranquillità.
  • 37. Ideato e realizzato da Renato Curreli Filosofia e Storia – Liceo Classico G. Siotto Pintor – Cagliari