2. Che cosa sono i verbi?
I verbi esprimono le azioni, uno stato
di cose, una trasformazione
Il verbo è il centro dell’informazione
che si vuole comunicare
I verbi sono le parole per eccellenza:
in latino VERBUM significa ‘parola’
3. Italiano e inglese
Ogni lingua ha un proprio sistema di
rappresentarsi tutte queste infinite “azioni”
possibili, un sistema che è in parte uguale a
quello delle altre lingue, in parte proprio e
particolare.
In italiano esiste il verbo augurare, per cui si
dice Ti auguro buon Natale, Ti auguro un
piacevole soggiorno. In inglese, per
esprimere la stessa idea, si usa il verbo to
wish, cioè il verbo che, nella maggior parte
dei casi, corrisponde all’italiano desiderare: si
dice quindi I wish you a merry Christmas, I
wish you a pleasant stay. In italiano si dice Io
suono la chitarra, tu suoni il piano, mentre in
inglese si usa il verbo corrispondente
all’italiano giocare: si dice quindi I play the
4. Le forme verbali si
compongono di tre elementi
la radice. È il nucleo lessicale del verbo: cant- per
cantare, corr- per correre, dorm- per dormire, ecc.
il tema. A volte la radice del verbo si differenzia in
più temi, usati in settori diversi della coniugazione:
la radice corr- di correre si differenzia nel tema
corr- usato per i presenti, gli imperfetti e i futuri e
nel tema cors- usato per il passato remoto e il
participio passato: corsi, corso.
la desinenza: la parte finale della forma, che ne
specifica il modo, il tempo e la persona.
5. Verbi “durativi” e “non-
durativi”
I verbi durativi (come camminare,
volare, oziare, studiare) esprimono
azioni che durano nel tempo.
I verbi non-durativi (come nascere,
incontrare, spaventarsi) esprimono
azioni istantanee.
La rondine volò per ore
Carla è nata per ore*
6. La persona
La persona è la categoria grammaticale che
identifica quale ruolo un “attore” gioca nella
comunicazione: la I persona (io, noi) è il ruolo di
chi emette il messaggio, la II (tu, noi) è il ruolo di
colui al quale è destinato il messaggio, la III (lui,
lei, ciò, loro, essi) è il ruolo di colui o ciò di cui si
parla.
La I e la II persona sono sempre umane, o
trattate come umane (possono essere anche
animali o oggetti parlanti), mentre la III (non
essendo veramente una “persona” che partecipa
all’atto di comunicazione) può benissimo essere
inanimata. Infatti anche le azioni impersonali,
come piove vengono espresse alla III persona
(che è in realtà una “non-persona”).
7. Il numero
Tutti i modi finiti dei verbi dicono,
attraverso la desinenza, se il soggetto
che fa l’azione è singolare o plurale e
anche un modo indefinito come il
participio – sia presente che passato -
ha il numero: sing. amante / plur.
amanti, sing. amato, -a / plur. amati, -
e.
8. Il tempo
Tutte le azioni espresse da un verbo vengono
collocate nel tempo in riferimento al momento
dell'enunciazione: un’azione è presente se
avviene nel momento in cui viene enunciata,
è passata se è avvenuta prima di essere
enunciata, è futura se avverrà dopo essere
stata enunciata.
I tempi verbali esprimono la posizione
temporale relativa di un’azione rispetto ad
altre azioni espresse nel messaggio:
segnalare se un’azione si è svolta o si
svolgerà prima o dopo o
contemporaneamente a un’altra azione.
9. L’aspetto
Un verbo ha aspetto perfettivo quando
l’azione viene vista come compiuta (la
sua conclusione viene focalizzata)
Gigi ha giocato a tennis per due giorni
Ha aspetto imperfettivo quando
l’azione viene presentata nel suo
svolgersi (la sua conclusione non
viene focalizzata).
Gigi giocava a tennis con Paola
10. Flettere o coniugare i verbi
La flessione o coniugazione ovvero il
paradigma dei verbi è l’insieme di tutte
le variazioni di forma che i verbi
sviluppano quando vengono appunto
flessi ovvero coniugati nei vari modi,
tempi, persone.
11. I verbi ausiliari
Essere e avere, oltre a essere due
verbi usatissimi con significato
proprio, sono i verbi ausiliari che
servono a formare tutti i tempi
composti della diatesi attiva e tutte le
forme della diatesi passiva.
12. Le tre coniugazioni
La prima coniugazione, dei verbi che
all’infinito finiscono in –are e in tutta la
coniugazione sono caratterizzati dalla vocale
tematica a
La seconda coniugazione, dei verbi che
all’infinito finiscono in –ere (desinenza
accentata come in temére o non accentata
come in crédere) e in tutta la coniugazione
sono caratterizzati dalla vocale tematica e;
La terza coniugazione, dei verbi che
all’infinito finiscono in –ire e in tutta la
coniugazione sono caratterizzati dalla vocale
tematica i.
13. La prima coniugazione
è la più numerosa: l’80% dei verbi usati in
italiano appartiene alla prima coniugazione.
è anche la più regolare di tutte: su tante
migliaia di verbi che ha, pochissimi sono
irregolari.
è anche di gran lunga la più produttiva: la
grande maggioranza dei verbi nuovi che la
lingua produce oggi sono verbi in –are:
cementificare, demitizzare, fascicolare,
marginalizzare, monetizzare;
Comprende tutti i verbi presi dall’inglese,
legati ai computer e alle tecnologie in genere:
cliccare, faxare, upgradare, zoomare, ecc.
14. La seconda coniugazione
La seconda coniugazione ha un po’
meno del 10% dei verbi usati in
italiano ed è la più irregolare di tutte:
su un totale di circa 800 verbi che ha
(cifra che si raggiunge andandone a
contare anche molti strani e rari), una
buona metà sono irregolari.
15. La terza coniugazione
La terza coniugazione ha un po’ più
del 10% dei verbi usati in italiano ed è
parecchio regolare: conta circa 1.000
verbi, di cui gli irregolari sono poche
decine.
È divisa in due grandi gruppi: uno è
quello di base, l’altro ha il tema
ampliato con l’infisso -isc- che si
applica all’indicativo e congiuntivo
presente e all’imperativo (partire –
parto / finire – finisco).
16. La coniugazione passiva e
quella riflessiva
La diatesi passiva si realizza con
l’ausiliare essere (o con gli ausiliari
venire o andare) e il participio passato
concordato in genere e numero col
soggetto.
La diatesi riflessiva si realizza con
pronomi riflessivi: proclitici con le forme
verbali dei modi finiti (mi diverto, che tu ti
sia divertito, ecc.), enclitici con le forme
verbali dei modi indefiniti e con
l’imperativo: divertirsi, divertendosi,
17. Verbi difettivi
Alcuni verbi – detti difettivi - non hanno
tutte le forme del paradigma, anzi ne
hanno pochissime. Si tratta di verbi
latineggianti antiquati.
Es: Prùdere: Si usa al presente e
imperfetto: Mi prudeva la schiena.
Es: Secèrnere: ‘emettere una sostanza
organica’, termine della biologia. Si usa
al presente (una cellula secerne un
enzima) e al participio passato secrèto
(un ormone secreto dalla tiroide)
18. Verbi sovrabbondanti
Altri verbi hanno, o meglio avevano
fino a qualche tempo fa, due
coniugazioni: p.es. starnutare e
starnutire.
Ma oggi è rimasto in uso solo
starnutire. I soli doppioni ancora in uso
sono adémpiere / adempìre e
còmpiere / compìre.
19. Verbi irregolari
Un esempio per tutti: ANDARE
Indicativo presente: vado, vai, va,
andiamo, andate, vanno. Futuro:
andrò, andrai, andrà, andremo,
andrete, andranno. Congiuntivo
presente: vada, vada, vada, andiamo,
andiate, vadano. Condizionale: andrei,
andresti, andrebbe, andremmo,
andreste, andrebbero. Imperativo: va’ /
vai, vada, andate, vadano.
20. Modo indicativo
L’indicativo è il modo fondamentale.
Si può considerare il modo della realtà,
perché presenta le azioni come fatti, in
modo obiettivo e diretto, senza introdurre
punti di vista soggettivi o sfumature di
dubbio.
Il nome stesso di indicativo (modus
indicativus, da indicare ‘mostrare’,
‘rendere noto’) esprime questa idea di
obiettività, realismo.
L’indicativo è il modo fondamentale
anche nel senso che è il modo usato
nelle frasi più semplici, nelle frasi
indipendenti.
21. Il presente
1.Il presente, come dice il nome, indica un’azione che
ha luogo nel momento in cui la frase viene enunciata
Del Piero crossa...Vieri colpisce di testa ... Goal!
2.In altri casi, il verbo al presente indica un’azione o
uno stato di cose che vale in ogni tempo
Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia
3.Il presente storico presenta un evento storico come
se chi parla ne stesse facendo la cronaca in diretta
E’ una giornata del 49 a.C.: Giulio Cesare riflette sul da
farsi.
4.Il presente per il futuro è di uso molto frequente nella
lingua di tutti i giorni
Torno subito
22. L’imperfetto I
L’azione, cioè, viene presentata nel suo
svolgersi e la sua conclusione non è
focalizzata
Enrico andava a scuola
L’imperfetto “guarda dentro” all’azione mentre
si svolge, disinteressandosi al fatto che si
concluderà o no.
All’uscita dello stadio c’era un ingorgo di
macchine, non si riusciva a passare
L’imperfetto iterativo si usa per dire che una
certa azione si è ripetuta regolarmente tante
volte in un certo periodo di tempo
L’estate scorsa si giocava a tennis tutti i giorni
23. L’imperfetto II
L’imperfetto attenuativo si usa per
manifestare la nostra volontà in modo
più cortese di quanto non suonerebbe
usando il presente
- Desidera signora? – Volevo del
prosciutto
L’imperfetto ipotetico si usa per
esprimere una ipotesi che non si è
verificata:
Se me lo dicevi prima arrivavo in tempo
24. Passato prossimo e remoto
Il passato remoto e il passato prossimo, al contrario
dell’imperfetto, mettono a fuoco il risultato finale dell’azione,
senza “guardare dentro” al processo attraverso il quale
l’azione si sviluppa.
Dunque sono entrambi tempi perfettivi.Il nome dei due tempi
fa pensare che il passato remoto si usi per avvenimenti che si
sono compiuti molto tempo fa, il passato prossimo per
avvenimenti che si sono compiuti poco tempo fa. In effetti,
spesso è così, ma non sempre.
La vera differenza sta nel modo in cui sentiamo quel certo
avvenimento in rapporto al nostro presente. Se sentiamo che
quell’avvenimento ha ancora degli effetti nel presente,
tenderemo a usare il passato prossimo.
Se invece quell’avvenimento lo sentiamo come
completamente esaurito nel passato, senza più nessuna
conseguenza sullo stato delle cose presente, tenderemo a
usare il passato remoto.
25. Confronta con l’inglese
Nel sistema verbale inglese c’è un tempo che
corrisponde al nostro passato remoto, e si chiama
simple past tense, cioè ‘passato semplice’
C’è un tempo che corrisponde al nostro passato
prossimo, e si chiama present perfect tense, cioè
‘perfetto presente’.
La distinzione fra i due è la stessa che in linea di
principio regola l’uso dei due tempi in italiano: cioè il
simple past si usa per avvenimenti passati che non
hanno più effetti nel presente, il present perfect si usa
per avvenimenti passati che hanno ancora effetti nel
presente. Ma con una importante differenza: in inglese
questa regola vale rigidamente, mentre in italiano il
passato prossimo si usa in realtà anche in molti casi in
cui l’effetto sul presente è molto vago o addirittura non
sussiste più.
Così, mentre in italiano è normalissimo dire L’ho visto
ieri, in inglese bisogna obbligatoriamente dire I saw him
yesterday.
26. Trapassato prossimo e remoto
I trapassati, come dice il nome, sono tempi
“più che passati”: si usano cioè per esprimere
un fatto avvenuto nel passato prima di un
altro fatto pure avvenuto nel passato.
Arrivò alle tre dopo che l’aveva aspettato per
tre ore
Il trapassato remoto è un tempo di registro
letterario alto: non si usa praticamente mai
nella lingua parlata e raramente anche in
quella scritta.
Una volta che lo ebbe visto, capì che non si
poteva fidare di lui
27. Il futuro
Il futuro semplice, comunemente detto futuro
e basta, si usa per collocare un avvenimento
nel tempo successivo al momento in cui la
frase viene enunciata
Venerdì prossimo sarà il mio compleanno
Il futuro attenuativo rende meno brusca una
certa affermazione nei confronti
dell’interlocutore
Ammetterai che non ti sei comportato da vero
amico
Il futuro suppositivo esprime supposizioni non
certe o valutazioni approssimative
Avrai fame dopo questa lunga pedalata!
28. Futuro anteriore
Il futuro anteriore si usa per un
avvenimento che si compirà nel futuro
prima di un altro avvenimento che a
sua volta si compirà nel futuro. Questo
tempo esprime dunque un “passato-
nel-futuro”
Quanto ti sarai accorto che avevo
ragione ti mangerai le mani
Anche il futuro anteriore può essere
usato nel senso suppositivo
Dove sarà andato a cacciarsi?