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GabrieleD’Annunzionacquea Pescara il 12 marzo 1863 da una famiglia
agiata. Già a sedici anni decisedi raccoglierele sue primepoesie in un libro
che fu pubblicatoa spese del padrecol titoloPrimovere. Il volume ebbe un
certosuccesso, ancheperchè D’Annunzio fece circolarela voce che il
giovanissimoautoreera mortoin seguitoa una caduta da cavallo. Questo
espedienteè significativodel carattere intraprendente eprivo di
inibizioni dello scrittore.
Trasferitosi a Roma nel 1881, venne subitoaccoltonell’ambientedella
società letterariaenei salotti mondani e iniziò a collaborareconmolti giornali
e riviste, che pubblicaronoalcuni suoi articolidi criticaletterariae
artistica. Il soggiornoromanofu caratterizzatoda una vitaraffinata e
dispendiosa, ma ancheda una fervida attivitàletteraria.
A causa delle difficoltàeconomiche, dovuteal suo stile di vita e alla
disinvoltura nel contrarredebiti, nel1891 si trasferì a Napoli, dove si legò
sentimentalmentea MariaGravina Cruyllas, sposata conil conteAnguissola,
dalla qualeebbe una figlia, Renata. A Napoli scrissel’Innocente e il trionfo
della morte oltre alla raccolta poeticaPoema paradisiaco.
Al 1897 risale l’incontrocon la celebre attriceteatraleEleonora Duse, con la
qualeintrecciòuna lunga relazione. Nello stesso anno trovò ancheil modo di
entrarein politica efarsi eleggere deputato nelle fila della destra, salvo poi
passarepoco dopo, con un gesto clamoroso, nello schieramentodella sinistra.
Duranteil suo periodofiorentinoiniziatonel 1898, D’Annunzio pubblicòvari
drammi inprosa e in versi con il propositodi rivolgersi a un pubblico di
massa, di cui intendeva plasmareed eccitareleemozioni. Nello stesso
periodosi dedicòanche ad una intensaproduzione poetica portandoa
terminei primi trelibri delle Laudi.
Dopo la pubblicazionenel 1910 di un altro romanzo. Forse che sì forse che no,
D’Annunzio si trasferì in Francia per sfuggireai numerosi creditori elì
rimasesino allo scoppiodella prima guerra mondiale. Nel 1914 si cimentò
anchenel cinema, collaborandoal film mutoCabiria. D’Annunziofu inoltre
un acceso interventista, nel1915 tornò in Italia e tenne numerosi e
infiammati discorsiallefolle, volti a convincerel’opinione pubblica della
necessità della guerra. D’Annunzioassunse così il ruolo di poeta“vate”,
profeta della patria ingradodi guidarela nazioneverso un
glorioso destino nazionalisticoe imperialistico.
Nel 1918 fu protagonistadi due celebri episodi: la “Beffa di Buccari“,
un’incursionecon motosilurantinel golfo del Carnaro, sulla costa Dalmata e il
“volo su Vienna“, duranteil qualeil poeta, per dimostrareilcoraggiodel
popolo italiano, fece caderesulla capitaleasburgicauna pioggiadi volantini
propagandistici.
Nel 1919, a guerra finita, progettòecondusse un’altra impresa, dandovoce al
malcontentopopolareper la “vittoriamutilata” conl’aiutodi alcuni suoi
legionari, l’occupazione dellacittàdi Fiume, che riuscì a tenere per oltre
un anno, fin quando, nel dicembredel 1920, il governo italianonon lo
costrinsea ritirarsi per non violare i trattatiinternazionali. L’impresa fiumana
con i suoi caratteri populisti e nazionalisti, lo avvicinòal nascente
PartitoFascista.
D’Annunzio trascorsegli ultimi anni della sua vita, in una sorta di esilio
volontario a Gardonesul Lago di Garda, dedicandosiall’allestimentodi una
vera e propria “casa-museo” chevolle poi lasciarein dono al popolo italiano
dandole il nome “Vittoriale degli Italiani“. Morì il1° Marzo 1938.
Le Opere
Dagli esordi all’estetismo decadente
Le primedue raccoltedi poesie di D’Annunzio risalgonoalla sua adolescenza.
 Primovere (1879), pubblicata quandoancora frequentava illiceo, gli valse
le critichedei professori per l’eccessiva libertàdei temi e del
linguaggio e per la sua fortesensualità. Icomponimenti risentono
della metrica “barbara” carducciana.
 Cantonovo (1882), parla della naturain cui il poeta si immergecheviene
personificataed è simbolodi energiavitale vibrntedi sensualitàed
erotismo; non mancanoanche toni intimistico-malinconici. La
fisicità cantatadalpoeta ha un registro alto e prezioso.
 Intermezzo di rime(1883), fu una raccolta di poesie
tipicamente decadenti incui ricorronoimmaginidi distruzionee
corruzionee scene erotiche.
 Le poesie di Isaotta Guttudauroed altre poesie(1886), poi divisein due
raccolte, L’Isottèo e La Chimera, pubblicatenel 1890 in un unicovolume
sono permeatedilanguore,erotismo e mondanità.
 Nel 1892 uscironole Elegie romane, più misuratee classiche, sul modello
carducciano.
Sul modello delle novelle veriste verghiane, D’Annunziosi cimentò
nei bozzetti di vita abruzzese della raccolta Terra vergine(1882), dove
tratteggiaunmondo di istinti vitali ed erotici forti e talvolta bestiali.
Il gusto decadente ed estetizzante della produzionepoetica trovòla sua
consacrazionenel romanzoIl piacere, imperniatosull’edonismodel
protagonista, Andrea Sperelli, avidodi piaceri, cultoredel bello, stancodi
tutto, ma decisoa fare della sua vita un’inimitabileopera d’arte.
La produzione ispirata alla letteratura russa
Dopo il successoottenutocon Il piacere, D’Annunzio, suggestionatodalla
moda del romanzorusso, impostasi inFrancia tra il 1889 e il 1890, si dedicò
alla sperimentazioneletteraria accostandosi altema della purezza, della
bontà d’animo, del commossoritorno allanatura, tratti caratteristicidei
personaggi di Lev Tolstoj, e all’indagine psicologica, attenta ai conflitti
interiori eagli stati mentali alteratietalora patologici di alcune figuredei
romanzi di Fedor Dostoevskij.
Duranteil periodorusso D’Annunzio scrisse:
 Giovanni Episcopo, nel qualeè evidente il richiamoal personaggio, caro
a Dostoevskij, “buono” e “mite” che, davanti all’umiliazionee all’offesa
trova la forza di reagire.
 L’innocente, nel qualeè evidente l’influsso dei narratori russi chesi
traducenellatematicadella“bontà”, nell’analisi della cortorta
psicologia del protagonistaedei conflitti cheintorbidanoilsuo animo.
 Il Poema paradisiacoèuna raccolta di 54 lirichein cui gli eccessi del
passato, i temi erotici etrasgressivi sembranolasciarpostoalla ricerca di
un mondo fattodi affetti familiari, di innocenza e di originaria
purezza; lo stile si caratterizza per l’adozione di forme colloquiali,
quasi prosastiche.
La produzione del superomismo
Nel 1892 la lettura dell’opera di Nietzsche, ilfilosofo che aveva elaborato la
teoriadel superuomo, segnòl’avvio di una nuova vitalità poetica in
D’Annunzio, che applicòtaleteoria alla figura del poeta, rendendolo un essere
superiore, svincolato daogni regola morale,cultore del bello,
propugnatoredi una visione politicaaggressivae imperialistae del
dominio di una classe privilegiata, violenta e raffinata, sulmondo
borghese.
Il mitodel superuomoè incarnatodai protagonistidi quattroromanzi di
questoperiodo:
 Il trionfodella morte(1894), che costituisce, dopoIl piaceree L’innocente,
la terza opera dei Romanzi della rosa, basati su atmosfere sensuali e di
languore (la rosa rappresenta, infatti, ilpiacere,la voluttà).
 Le Vergini delle rocce(1895) rappresenta l’esaltazionedell’ideologia
nazionalisticaeantidemocratica, fondatasulla concezione dello stato,
inteso comepatria di pochi eletti. D’Annunzio si fa qui portavoce
delle tendenze nazionalistichee imperialistichechesi andavano
affermandoe diffondendonella società italiana negli anni precedenti alla
prima guerra mondiale.
 E’ l’unica opera effettivamentescrittatra i “Romanzi del giglio”, ispirati
all’idea dipurezza.
 Il Fuoco (1900) rappresenta l’unicoromanzorealizzatotra quelli che
dovevano formareil ciclodei “Romanzi del melograno” (fruttosimbolo
di vitalitàe gioia), che avrebbedovutocomprendereancheLa vittoria
dell’Uomo e il Trionfodella vita. Il protagonista, èun superuomoche
vorrebbe risolvere lavitanell’arte chesente come suprema sintesi di
parola, suono, dramma. Sonoi temi della poeticawagneriana che si
fondono nell’incontrotra poesia e drammaturgia.
 Forse chesi forse che no (1910), rappresenta l’ultimo romanzo, che prende
corpoin un contestostoricoe culturalecaratterizzatoda una tecnologia
avanzata edall’esaltazionedellavelocità, della macchina, dell’aereo.
Tra il 1898 e il 1908D’Annunzio si dedicòalla composizionedi drammi
teatrali nei quali misein scena il culto del superuomo,passioni
sensuali e propagandapoliticaimperialistica. Egli mirava a creareun
nuovo teatrotragicoche, suprema sintesi diparola,musicae danza,
contribuissea diffondereil verbo superomisticoinun linguaggiocarico
di euforiae di toni declamatori.
D’Annunzio scrissediversi testi teatrali tra cui:
 La Gioconda (1898)
 La città Morta (1899)
 Francesca da Rimini (1901)
 La figlia di Iorio (1903), quest’ultimo, ilpiù importante, fu ambientatonel
mondo pastoraleabruzzese, è caratterizzatoda passioni primordiali e
violente rappresentateinunadimensionefuori dellastoria e del
tempo. L’atmosfera è quella di una vitaprimordiale incui il poeta si
immergeper rappresentarei costumi violenti e selvaggi, dominati dalla
superstizione, di quella terra.
 La fiaccola sottoil moggio(1905)
 La Nave (1908), esaltazione dell’imperialismo sulmaredi Venezia
agli albori della sua storia.
Le opere del periodo francese e l’ultimo D’Annunzio
Tra le opere in prosa del periodofrancese, ricordiamo:
 Contemplazionedella morte(1912), una sorta di diario in cui rievoca
episodi della sua amicizia conGiovanni Pascoli eAdolphe Bermond;
 Faville del maglio(1911-1914), che inaugurano unanuova stagione di
prosa, dopo quella superomistica, caratterizzatada riflessioni, recupero
memoriale del passato e da una ricerca stilistica basata sul
frammento;
 Leda senza cigno(1912).
Duranteil periododi convalescenza seguitoall’incidenteaereo in cui aveva
perso un occhio(1916), D’Annunzio composeil Notturno, pubblicatonel 1921,
che riprendelo stile frammentario e impressionistico delle opere
francesi.
Il pensiero e la poetica
Dall’influenza carducciana e verista al Decadentismo
Nelle raccoltedi novelle Terra vergine e Novelle della Pescara e nel dramma
La figlia di Iorio il modello invece è Verga, ma l’ambientazione regionale
e popolare spesso diventa un pretestoper ritrarreunambienteviolentoe
selvaggio, regno di istinti primordiali.
La forte componente estetizzante chedominava la sua personalità spinse
D’Annunzio ad avvicinarsi al Decadentismo europeo, chefaceva della
bellezza il bene supremo, nel tentativodi superarela banalità delle
convenzioni della morale borghese. Influenzato dalla cultura francese,
incarnò l’eroe decadente raffinato, amantedel bello, aristocraticamente
distaccatodalla mediocritàdella massa e, allo stesso tempo, in preda
all’esaltazionedi un’esistenza vissuta come eroica e grandiosa.
Nacqueilmitodel “vivere inimitabile“, cioèall’idea della vita intesa come
opera d’arte, in un’estenuata ricerca delpiacere.
Il mitodell’esteta dimostròbenpresto i suoi limiti: l’esteta vuole distinguersi
dalla meschinitàdella società borghesedi fine secolo, di cui critica ilvuoto
moralee la grettezza degli ideali, ma non ha i mezzi adeguati per farlo.
L’atteggiamentoaristocraticochelo contraddistingue, ildisprezzo per la
società perbenista ele sue regole lo induconoa unisolamento sterilee privo
di senso. Andrea Sperelli, protragonista delpiacere, si rifugia inun mondo
artificioso, consapevoledella sua indole di perdente. ED’Annunzio non
manca, attraversoun’impietosaanalisi psicologica, di smascherare
le contraddizioni elefragilità del suo alter ego letterario.
Ma il richiamoai modelli del Decadentismoeuropeoè ravvisabileanchenella
scelta di un linguaggio rarefatto,suggestivo,prezioso e musicale, come
quello di Verlaine, sempre teso al coinvolgimento dei sensi del lettore.
Tra esperienza letteraria e biografica
D’Annunzio si ispiròai romanzieri russi, dai quali mutuòrispettivamenteil
temadell’aspirazione allapurezza ealla rigenerazione morale, della
pietà nell’auspiciodi una possibile fratellanzauniversale ela
tendenza all’indagine psicologica di animedilaniatetaloraai limiti della
patologia. Nasceinquestoperiodoun desideriodiripiegamento interiore,
che sembra sortoda una delusione tipica della produzioneestetizzante
culminata nelPiacere.
Non a casoquesta fase è stata definita da D’Annunziostesso della “bontà”,
proprioa a voler sottolinearequel senso di autocompiacimento
languido e di rilassatezza chepervadei romanzi Giovanni Episcopoe
L’innocente, ma soprattuttol’opera poetica Poema paradisiaco.
D’Annunzio riteneva Nietzscheun poeta più che un filosofo e questo
presuppostocondizionòla lettura del suo pensiero: per Nietzscheil
superuomoera l’individuocapacedi esprimereuna nuovalibertàcreativa,
una volta constatatala “mortedi Dio”, ovvero il tramonto di tutti i
valori fino ad allora considerati fondamentali dalla società occidentale;
D’Annunzio sovrapposel’idea del superuomonietzschianoa quella del poeta
creatore, qualeuomo superiorecapacedi rappresentareunmondo migliore.
Nell’interpretazionedannunziana, ilsuperuomounisceall’eccezionalità
dell’esteta le doti positive dell’energia edel vitalismo, repressi dalla
meschinità della moraleperbenistica, chegli consentonodi affermareil
proprio dominio sullarealtà. Sposandosi con l’ideologia
nazionalistica, l’idealesuperomisticoriconosceva ildiritto, a personalità
d’eccezione, di affermarese stesse per cancellarela meschinità delmondo ed
esaltava una politicaaggressivae imperialistica.
Ma anche la figura del superuomo è fragile: vittima delle sue aspirazione
velleitarie, ostacolatodalla presenza del nemico- di solito una donna- è
condannatoalla sconfitta e la sua vicenda si concludespesso tragicamente.
L’ideale “dionisiaco”tratta di un momentodi esaltazione orgiastica
dei sensi in cui l’uomo tende a fondersi con la natura, oppostoa un altro
stato, chiamato“apollineo”, caratterizzatodi equilibrioe di compostezza.
Il Superuomosa giungereper D’Annunzio a un processo di
trasformazione dallo stato umano a quello vegetale e viceversa. In
questocontinuoscambiodi attributitra realtà umana enaturale, spesso la
natura viene personificata, diventa divinità, etalvolta, tende a confondersi e a
fondersi con l’uomo in un tutto, cometroviamonell’Alcyone. Da qui si ha la
definizionedi “panismo“, cioèderivantedalDio pan, essere semidivinodella
mitologia greca cheincarnavale forze primordiali della vita e della natura.
Per D’Annunziol’uomo in questa fusione con la natura può liberarsi dai
propri vincoli naturali ed elevarsi.
Il poeta si serve di una parola poetica profondamente evocativa, chediventa
strumentoper attingere all’essenzasegretadellecose.
In questa concezionedella poesia si individua l’influssodi Baudelairee dei
Simbolisti francesi, speciedi Rimbaud cheesalta la figura del poeta
“veggente” capacedi svelare le corrispondenzenascostedel reale.
Ne scaturisceunostilenuovo che ricorda Verlaine, per la sua poesia solo
apparentementesemplice, ma inrealtà sorretta da una musicalità che
suscita sensazioni indefiniteevaghe, a tratti languideetristi. D’Annunzio
lavora quindi sul tessuto fonico e ritmicodella poesia per esprimerenuovi
stati d’animo.
Oltre alle paroleil poeta si avvale della scelta di immagini caricatedi un
nuovo valore simbolico, cheesprimonosignificatinuovi, prettamente
decadentisti.
Gli anni della prima guerra mondialevideroD’Annunzio impegnato
nella propagandainterventista.
L’intento di convincerel’opinione pubblica circala necessità dell’intervento
bellico fece di D’Annunzioun poeta“vate”, in gradodi guidarele coscienze.
Questo atteggiamentomalsi coniugava conl’immaginearistocratica e
distaccatadell’esteta inclineal disprezzo per le massee
costituiràl’ambiguità di fondo della sua esperienza biograficae letteraria.
L’ultima fase della produzione dannunziana, detta “notturna” perchè
inaugurata dalla prosa del Notturno, è intimistae autobiografica: il poeta
registra sensazioni fuggevoli e intimee presta particolareattenzioneai propri
sentimenti e ricordi. Anchela parola si fa più allusiva e suggestiva,
accompagnandosialla forma del frammentoedella prosalirica e a
un linguaggio ricercato ed evocativo.
Nonostantela grandevarietà di formee di generi, l’opera dello scrittore,
destinata a un pubblicoselezionato, conserva una sua sostanziale unitàdi
intenti: si presenta comearte raffinata, volta a delineare personalità
d’eccezione,vite fuori dall’ordinariodietrolequali si cela lo stesso
poeta.
Il piacere è un romanzo di Gabriele D'Annunzio, scritto nel 1888 a Francavilla al Mare e
pubblicato l'anno seguente dai Fratelli Treves. I romanzi della Rosa, è il titolo di un ciclo
narrativo che comprende Il Piacere, L'innocente e Il trionfo della morte. Il piacere e il suo
protagonista Andrea Sperelli introducono nella cultura italiana di fine Ottocento la tendenza
decadente e l'estetismo.
In contrapposizione al naturalismo e al positivismo, che in quegli anni sembravano aver ormai
conquistato la letteratura italiana (basti pensare che nello stesso anno 1889 viene pubblicato
un capolavoro del Verismo come il Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga). D'Annunzio
inaugura un nuovo tipo di prosa psicologica e introspettiva, destinata ad avere un grande
successo e che gli consentirà di indagare gli errori e le contrarietà della vita dell'«ultimo
discendente d'una razza intellettuale.
Trama
Libro I
È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, giovane aristocratico, aspetta con ansia l'ex amante
Elena Muti nella sua casa romana a Palazzo Zuccari. Durante l'attesa torna con la memoria
alla scena del loro addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo 1885, su una carrozza in
via Nomentana. Quando Elena arriva, nell'incontro fra i due si alternano ricordo, ardore e di
nuovo allontanamento e dolore. Viene quindi ripercorsa la storia della casata degli Sperelli, gli
insegnamenti dati ad Andrea dal padre, l'arrivo del giovane a Roma. La rievocazione prosegue
con il primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a casa della marchesa di Ateleta,
cugina del protagonista. Subito egli inizia un serrato corteggiamento. Il giorno seguente, i due
si incontrano una seconda volta a un'asta di oggetti antichi in via Sistina; quindi, venuto a
sapere che Elena è malata, Andrea chiede e ottiene di essere ricevuto da lei, in un'atmosfera
erotico-mistica. Comincia così la narrazione dell'idillio che nei mesi successivi unisce i due
sullo sfondo della Roma elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti d'arte di Palazzo Zuccari,
dove il corpo di Elena alimenta le fantasie del giovane esteta. Una sera, tornando a cavallo
dall'Aventino, Elena però annuncia la sua imminente partenza, e il loro inevitabile distacco.
Dopo l'abbandono, Andrea si immerge in un gioco di continue seduzioni, conquistando una
dopo l'altra sette nobildonne; si incapriccia infine di Ippolita Albònico. In una giornata di corse
di cavalli, Andrea la corteggia assiduamente suscitando la gelosia dell'amante di lei, Giannetto
Rutolo, da cui viene provocato a duello. Nonostante la sua maggiore abilità nella scherma,
Andrea subisce una grave ferita.
Libro II
Ospitato dalla cugina Francesca di Ateleta nella villa di Schifanoja, sul mare, Andrea esce da
una lunga agonia e inizia la convalescenza, in un'unione mistica con la natura e l'arte. Il 15
settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja, Maria Ferres con il marito, ministro
plenipotenziario del Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina. Dieci giorni dopo, il 25
settembre, Andrea è sedotto dalla donna «spirituale ed eletta»; la loro amicizia diventa sempre
più intensa, finché il giovane dichiara il suo amore a Maria, che però non risponde, facendosi
schermo della presenza della figlia. Maria Ferres tiene un diario di quei giorni, dove sono
annotati i suoi sentimenti, le sue riflessioni, i turbamenti d'amore per Andrea, da cui non vuole
lasciarsi vincere. Dal 26 settembre in poi, attraverso il diario, vengono narrate le successive
fasi del corteggiamento, sempre più serrato, finché il 4 ottobre,
durante una cavalcata nella pineta di Vicomile, la donna cede. Tornato il marito, avviene la
separazione tra i due innamorati.
Libro III
Rientrato a Roma, Andrea si rituffa nella vita precedente la convalescenza, tra donne del
demi-monde e amici indifferenti e superficiali. Irrequieto e pieno di amarezza, egli reincontra
Elena Muti. L'attrazione per l'antica amante, nella sua nuova veste di provocatrice, e la
fascinazione per Maria, nella sua ingenua purezza e fragilità, si intrecciano nel suo spirito.
Tenta così di incontrare Elena nella casa di cui ha ripreso possesso, a Palazzo Barberini, ma
la presenza del marito lo fa fuggire. Poco dopo, a casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e
la sera dopo i due si incontrano nuovamente a un concerto alla sala dei Filarmonici, dove
arriva anche Elena. Questa, una volta partita Maria, invita Andrea ad accompagnarla in
carrozza e nel tragitto incrociano una folla di manifestanti che protestano per i fatti di Dogali;
prima di lasciare l'ex amante, Elena lo bacia intensamente. Sperelli dunque riflette su se
stesso e si giudica «camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente». Ma ormai è deciso a
dare caccia senza tregua a Maria, che lo ama. La donna, dal canto suo, cede sempre più
all'amore: a Villa Medici, durante una delle passeggiate con cui il giovane le mostra le bellezze
della città, Andrea e Maria si baciano.
Libro IV
Respinto con durezza da Elena, Sperelli viene a sapere dagli amici della rovina del marito di
Maria, sorpreso a barare al gioco. La donna si mostra forte di fronte al dolore di dover partire e
separarsi dall'amato, decidendo di rimanergli totalmente fedele. Andrea, al contrario, riesce a
nascondere con sempre maggior difficoltà il suo "doppio gioco". Dopo aver visto Elena uscire
di casa per andare dal nuovo amante, Andrea torna nel rifugio di Palazzo Zuccari, dove,
durante l'ultima notte d'amore con Maria, pronuncia inconsciamente il nome di Elena. Maria,
con orrore, lo lascia. Il 20 giugno all'asta dei mobili appartenuti ai Ferres, Sperelli vive con
ribrezzo e nausea il senso del «dissolvimento del suo cuore». Fugge alla vista di Elena e degli
amici, e verso sera rientra nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote e percorse dai
facchini; la vicenda si conclude, per Andrea, amaramente, dietro agli scaricatori che
trasportano l'armadio da lui comprato all'asta, salendo la scale «di gradino in gradino, fin
dentro la casa».[6]
PERSONAGGI
ANDREA SPERELLI
Nel protagonista di questo romanzo confluiscono due opposte volontà: l’intenzione dell’autore
di ritrarsi nel suo personaggio e quella del narratore di criticarlo, condannarlo e superarlo
come tipo umano.
La volontà autobiografica risulta evidente poiché nel personaggio di Sperelli d’Annunzio
incarna sia il frutto delle sue esperienze reali sia i suoi sogni e le sue aspirazioni: Sperelli è ciò
che d’Annunzio è e ciò che vorrebbe essere. Così è giovane, elegante, raffinato e piacente
come lui, ma è anche come lui non è, nobile, ricco e alto di statura; come lui è un intellettuale,
ma Sperelli oltre che poeta è anche incisore; è come lui un seduttore ora timido come
“Cherubino” ora cinico come “Don Giovanni”, ma diversamente da lui è libero da vincoli
coniugali e da obblighi familiari; come lui ha facile accesso nei ritrovi mondani e
nei salotti della nobiltà, ma diversamente da lui vi entra come protagonista e non come
cronista.
Tuttavia nel romanzo il narratore non manca mai di sottolineare la debolezza morale di
Sperelli oltre che il suo cinismo e la sua perversione. È evidente come questo personaggio sia
solito scindersi in ciò che è e in ciò che deve apparire, in ciò che è e in ciò che vorrebbe
essere, in ciò che sente e in ciò che esprime all’esterno. La sua intera vita è fondata sulla
doppiezza, sulla falsità, sulla menzogna e sull’inganno.
ELENA MUTI e MARIA FERRES
Costituiscono le due figure in cui è scisso il protagonista femminile, rappresentano infatti l’una
l’opposto dell’altra. Emblematicamente si contrappongono fin dal nome: l’una richiama la
donna che secondo il mito trascinò in rovina un intero popolo, l’altra la donna pura della
tradizione cattolica. La prima incarna l’ideale dell’amore erotico e sensuale la seconda quello
dell’amore spirituale: Elena, nella sua vicenda d’amore si avvale dei versi di Goethe (poeta
sensuale), Maria invece ha il suo poeta in Shelley (poeta più malinconico). Elena non ha figli;
Maria è madre. Elena ha una cultura superficiale; Maria è colta e ha un’intelligenza sensibile
alle cose dell’arte e della musica. L’unica cosa che le accomuna è la voce, che costituisce nel
testo il primo indizio di una futura sovrapposizione.
Nel corso della vicenda, Elena consapevolmente e Maria passivamente, le due donne
subiscono prima un processo di radicalizzazione dei ruoli (Elena sempre più malvagia, Maria
sempre più dolce e tenera), poi un processo d’identificazione che le porta dapprima alla
sovrapposizione sentimentale ed erotica dell’una all’altra e, infine, addirittura allo scambio
dell’una con l’altra: è il mostruoso connubio finale di cui Andrea è artefice e vittima e che pone
fine drammaticamente a tutto il romanzo.
TEMPO E SPAZIO
La vicenda si svolge tra il 1884 e il 1887 a Roma e per un breve lasso di tempo nella
campagna di Rovigliano, a villa Schifanoja.
NARRATORE E PUNTO DI VISTA
Nel Piacere, d’Annunzio delega il compito di raccontare gran parte della vicenda a un
narratore in terza persona singolare, inoltre, nel capitolo quarto del libro secondo, il narratore a
sua volta lascia che parte della vicenda venga appresa mediante il diario di un personaggio.
Per distinguersi dal narratore, d’Annunzio fa si che il narratore lo citi ben due volte: una volta
come un “poeta contemporaneo” che Sperelli predilige, e una seconda volta come autore di un
“emistichio sentenziale” caro allo stesso personaggio.
Questo narratore-autore è un narratore onnisciente: interviene a integrare il punto di vista dei
personaggi, a spiegare e a puntualizzare; si lascia andare ad anticipazioni e a premonizioni;
non esita a farsi avanti in prima persona per attestare la veridicità di qualcosa. Tuttavia
l’onniscienza del narratore non gli impedisce a volte di utilizzare il punto di vista interno di
svariati personaggi.
Il narratore è solito intrecciare i piani temporali, tagliando e saldando a suo piacere momenti
diversi, anche attraverso ellissi che provvede poi a integrare mediante il ricorso a più o meno
diffusi flashback.
L’oggettività di partenza viene quasi sempre sopravanzata e cancellata dagli interventi
personali e soggettivi del narratore, che anche nel corso delle descrizioni si inserisce
continuamente con le sue valutazioni personali introdotte da formule come “quasi direi”.
STILE
Il mondo raffinato ed elegante di Andrea Sperelli trova a livello espressivo una precisa
corrispondenza nella lingua con cui viene descritto: una lingua preziosa e ricercata che si
adatta tanto alle descrizioni d’ambiente cui il narratore si abbandona quanto al suo gusto per
l’analisi degli stati d’animo dei personaggi. Infatti, le forme arcaiche e letterarie (conscienza), il
continuo uso delle tronche di tradizione illustre (l’epansion) e, nell’edizione originale, la forma
antiquata di articoli e preposizioni articolate (li) contribuiscono ad impreziosire le pagine del
libro e a creare l’atmosfera alta e nobile che caratterizza il romanzo.
La prosa utilizzata è ricca ed elegante ma allo stesso tempo allusiva, suggestiva e musicale: la
lingua del romanzo perde spesso la sua funzione comunicativa per acquistarne una
espressiva.
Il romanzo è appiattito su un solo registro linguistico: quello ricercato e un po’ troppo
eloquente classico del d’Annunzio di quegli anni.
Lo scrittore ricorre spesso allo strumento della comparazione e della metafora che molte volte
rende complicato o sfuocato ciò che dovrebbe invece chiarire e smorza i già scarsi nuclei di
tensione narrativa.
Per quanto riguarda la sintassi, è da sottolineare l’uso quasi esclusivo della struttura
paratattica, la più adatta ad accentuare la tendenza alla comparazione, all’anafora e
all’elencazione.
L’utilizzo del flashback permette di evitare le situazioni e i passaggi più scontati e prevedibili,
vitalizzando una narrazione generalmente statica e coinvolgendo il lettore in un gioco di
collaborazione e di ricostruzione degli eventi.
INTERPRETARE
Nel 1889, quando il naturalismo e il positivismo sembrano oramai conquistare pienamente la
cultura italiana e Verga pubblica in volume il Mastro don Gesualdo, D'Annunzio dà alle stampe
il romanzo attraverso cui entra nella nostra letteratura il personaggio dell'eroe decadente. Così
come quasi un secolo prima l'eroe dalle passioni sconvolgenti e assolute Jacopo Ortis aveva
diffuso la cultura e la sensibilità romantica in Italia, ora il protagonista del Piacere, Andrea
Sperelli, si fa propulsore e mediatore della tendenza più recente e raffinata della cultura
decadente europea, l'estetismo. Come sottolineò Croce, con D'Annunzio «risuonò nella
letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente».
Servendosi dei più svariati materiali, soprattutto francesi D'Annunzio si propone di uscire dai
limiti del naturalismo, non più imitando, ma continuando la natura. Quindi, inaugurando con Il
Piacere un tipo di prosa introspettiva - psicologica che conoscerà in seguito notevoli favori,
tenta di scandagliare le complicazioni e le deviazioni della vita mondana e amorosa del
protagonista «ultimo discendente d'una razza intellettuale», educato dal padre a costruire la
propria esistenza come «un'opera d'arte».
Il culto dell'arte, la risoluzione della vita stessa nell'arte, la ricerca del bello e di tutto ciò che è
prezioso nel più assoluto distacco da ogni convenzione morale, il disprezzo per la volgarità del
mondo borghese, accomunano l'Andrea Sperelli di D'Annunzio al Dorian Gray di Oscar Wilde
e al Des Esseintes di Huymans, e ne fanno la versione Italiana dell'esteta decadente.
Non solo, ma l' «anima camaleontica, mutabile, fluida, virtuale» di Andrea Sperelli rivela quella
mancanza di autenticità, di forza morale e di volontà che si ritroverà in tanti personaggi
decadenti, crepuscolari, inetti e indifferenti che affollano la letteratura del secolo scorso.
Duplice e ambigua appare dunque questa figura in cui convivono sia il grandioso che il
meschino; e in modo altrettanto duplice, D'Annunzio si immedesima e si distacca da essa.
L'estetismo dannunziano inoltre, abbagliando ed incantando il lettore, trionfa nell'elencazione e nella
descrizione delle opere d'arte, degli oggetti raffinati e preziosi di cui ama circondarsi la frivola e
mondana Roma degli anni Ottanta, nuova capitale, centro del nuovo giornalismo e della nuova
editoria. Non la Roma classica «dei Cesari, … degli Archi, delle Terme, dei Fori» - che al tempo de Il
Piacere aveva il suo vate in Carducci- ma la Roma tardo-rinascimentale e barocca «delle Ville,delle
Fontane, delle Chiese» era il grande amore di Andrea Sperelli.Ma da tutta quella magnificenza spira un
senso di decadenza e di disfacimento per cui Roma sembra adagiarsi «tutta quanta d'oro come una
città dell'Estremo Oriente,sotto un cielo quasi latteo, diafano» in «una primavera de' morti, grave e
soave». Roma, capitale dell'estetismo,sembra una nuova Bisanzio, capitale del declino imperiale.
Aspetti dell’estetismo decadente di Andrea Sperelli
Il disprezzo dei
valoridemocratici
Il conte Andrea Sperellimanifesta un orgoglioso distaccodalla
meschinità del mondo borghese,che tende a mercificare l’arte,
coltivata invece nella sua unicità dall’aristocrazia (l’antica nobiltà
italica),cui egli appartiene. Il rifiuto del sistemademocratico
(metaforicamente definito grigio diluvio democratico)nasce
dunque da motivazioni estetiche:la democrazia distrugge
la sensibilità artistica (cose belle e rare).
L’educazione
raffinata
Andrea ha ricevuto dal padre un’educazione raffinata, basata
sul privilegio della conoscenzadiretta (viaggi ed esperienze
positive e negative) e sull’anticonformismo nei confronti della
morale borghese.Ma la bellezza e l’arte sono diventate per lui
oggetto di culto estremo:la bellezza è adorata come una divinità
(culto passionatodella bellezza)e il piacere è diventato una
ricerca insaziabile (avidità del piacere),il che è indice di egoismo
e di mancanza di equilibrio. Anche il disprezzo della morale comune,
che in sé denoterebbe capacità critica, è in lui esasperato
e perciò non costruttivo.
La vita come
opera d’arte
Le massime del padre di Andrea esprimono i principi di base
dell’estetismo:fare della vita un’opera d’arte e ricercare ogni
forma di piacere con freddezza e sistematicità, godendone pienamente
e in modo autentico (Questo padre… avevauna scienza
profonda della vita voluttuaria… il padre ammoniva:«Bisogna
conservare ad ognicosto intiera la libertà»).Ma l’educazione
paterna, che presuppone uno spirito forte, diventa immorale e
dannosa per chi, come Andrea, è facile preda degli istinti: questi
ha sviluppato solo una sensibilità eccezionale (forza sensitiva)
che lo rende incline alla bellezza e al godimento dei sensi
(prodigo di sé), a scapito della forza morale. Dunque l’arte e la
bellezza danno al conte Sperelli solo un appagamento dei sensi,
che egli non riesce a dominare con l’intelletto e la volontà.
La Roma barocca
Andrea vive a Roma, la città dell’arte. La Roma che gli piace è
quella tardo-rinascimentale e barocca, con le sue piazze e fontane
maestose,adatta alla sua personalità artificiosa.

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Gabriele d'Annunzio

  • 1. GabrieleD’Annunzionacquea Pescara il 12 marzo 1863 da una famiglia agiata. Già a sedici anni decisedi raccoglierele sue primepoesie in un libro che fu pubblicatoa spese del padrecol titoloPrimovere. Il volume ebbe un certosuccesso, ancheperchè D’Annunzio fece circolarela voce che il giovanissimoautoreera mortoin seguitoa una caduta da cavallo. Questo espedienteè significativodel carattere intraprendente eprivo di inibizioni dello scrittore. Trasferitosi a Roma nel 1881, venne subitoaccoltonell’ambientedella società letterariaenei salotti mondani e iniziò a collaborareconmolti giornali e riviste, che pubblicaronoalcuni suoi articolidi criticaletterariae artistica. Il soggiornoromanofu caratterizzatoda una vitaraffinata e dispendiosa, ma ancheda una fervida attivitàletteraria. A causa delle difficoltàeconomiche, dovuteal suo stile di vita e alla disinvoltura nel contrarredebiti, nel1891 si trasferì a Napoli, dove si legò sentimentalmentea MariaGravina Cruyllas, sposata conil conteAnguissola, dalla qualeebbe una figlia, Renata. A Napoli scrissel’Innocente e il trionfo della morte oltre alla raccolta poeticaPoema paradisiaco. Al 1897 risale l’incontrocon la celebre attriceteatraleEleonora Duse, con la qualeintrecciòuna lunga relazione. Nello stesso anno trovò ancheil modo di entrarein politica efarsi eleggere deputato nelle fila della destra, salvo poi passarepoco dopo, con un gesto clamoroso, nello schieramentodella sinistra. Duranteil suo periodofiorentinoiniziatonel 1898, D’Annunzio pubblicòvari drammi inprosa e in versi con il propositodi rivolgersi a un pubblico di massa, di cui intendeva plasmareed eccitareleemozioni. Nello stesso periodosi dedicòanche ad una intensaproduzione poetica portandoa terminei primi trelibri delle Laudi. Dopo la pubblicazionenel 1910 di un altro romanzo. Forse che sì forse che no, D’Annunzio si trasferì in Francia per sfuggireai numerosi creditori elì rimasesino allo scoppiodella prima guerra mondiale. Nel 1914 si cimentò anchenel cinema, collaborandoal film mutoCabiria. D’Annunziofu inoltre un acceso interventista, nel1915 tornò in Italia e tenne numerosi e infiammati discorsiallefolle, volti a convincerel’opinione pubblica della necessità della guerra. D’Annunzioassunse così il ruolo di poeta“vate”,
  • 2. profeta della patria ingradodi guidarela nazioneverso un glorioso destino nazionalisticoe imperialistico. Nel 1918 fu protagonistadi due celebri episodi: la “Beffa di Buccari“, un’incursionecon motosilurantinel golfo del Carnaro, sulla costa Dalmata e il “volo su Vienna“, duranteil qualeil poeta, per dimostrareilcoraggiodel popolo italiano, fece caderesulla capitaleasburgicauna pioggiadi volantini propagandistici. Nel 1919, a guerra finita, progettòecondusse un’altra impresa, dandovoce al malcontentopopolareper la “vittoriamutilata” conl’aiutodi alcuni suoi legionari, l’occupazione dellacittàdi Fiume, che riuscì a tenere per oltre un anno, fin quando, nel dicembredel 1920, il governo italianonon lo costrinsea ritirarsi per non violare i trattatiinternazionali. L’impresa fiumana con i suoi caratteri populisti e nazionalisti, lo avvicinòal nascente PartitoFascista. D’Annunzio trascorsegli ultimi anni della sua vita, in una sorta di esilio volontario a Gardonesul Lago di Garda, dedicandosiall’allestimentodi una vera e propria “casa-museo” chevolle poi lasciarein dono al popolo italiano dandole il nome “Vittoriale degli Italiani“. Morì il1° Marzo 1938. Le Opere Dagli esordi all’estetismo decadente Le primedue raccoltedi poesie di D’Annunzio risalgonoalla sua adolescenza.  Primovere (1879), pubblicata quandoancora frequentava illiceo, gli valse le critichedei professori per l’eccessiva libertàdei temi e del linguaggio e per la sua fortesensualità. Icomponimenti risentono della metrica “barbara” carducciana.  Cantonovo (1882), parla della naturain cui il poeta si immergecheviene personificataed è simbolodi energiavitale vibrntedi sensualitàed erotismo; non mancanoanche toni intimistico-malinconici. La fisicità cantatadalpoeta ha un registro alto e prezioso.  Intermezzo di rime(1883), fu una raccolta di poesie tipicamente decadenti incui ricorronoimmaginidi distruzionee corruzionee scene erotiche.
  • 3.  Le poesie di Isaotta Guttudauroed altre poesie(1886), poi divisein due raccolte, L’Isottèo e La Chimera, pubblicatenel 1890 in un unicovolume sono permeatedilanguore,erotismo e mondanità.  Nel 1892 uscironole Elegie romane, più misuratee classiche, sul modello carducciano. Sul modello delle novelle veriste verghiane, D’Annunziosi cimentò nei bozzetti di vita abruzzese della raccolta Terra vergine(1882), dove tratteggiaunmondo di istinti vitali ed erotici forti e talvolta bestiali. Il gusto decadente ed estetizzante della produzionepoetica trovòla sua consacrazionenel romanzoIl piacere, imperniatosull’edonismodel protagonista, Andrea Sperelli, avidodi piaceri, cultoredel bello, stancodi tutto, ma decisoa fare della sua vita un’inimitabileopera d’arte. La produzione ispirata alla letteratura russa Dopo il successoottenutocon Il piacere, D’Annunzio, suggestionatodalla moda del romanzorusso, impostasi inFrancia tra il 1889 e il 1890, si dedicò alla sperimentazioneletteraria accostandosi altema della purezza, della bontà d’animo, del commossoritorno allanatura, tratti caratteristicidei personaggi di Lev Tolstoj, e all’indagine psicologica, attenta ai conflitti interiori eagli stati mentali alteratietalora patologici di alcune figuredei romanzi di Fedor Dostoevskij. Duranteil periodorusso D’Annunzio scrisse:  Giovanni Episcopo, nel qualeè evidente il richiamoal personaggio, caro a Dostoevskij, “buono” e “mite” che, davanti all’umiliazionee all’offesa trova la forza di reagire.  L’innocente, nel qualeè evidente l’influsso dei narratori russi chesi traducenellatematicadella“bontà”, nell’analisi della cortorta psicologia del protagonistaedei conflitti cheintorbidanoilsuo animo.  Il Poema paradisiacoèuna raccolta di 54 lirichein cui gli eccessi del passato, i temi erotici etrasgressivi sembranolasciarpostoalla ricerca di un mondo fattodi affetti familiari, di innocenza e di originaria
  • 4. purezza; lo stile si caratterizza per l’adozione di forme colloquiali, quasi prosastiche. La produzione del superomismo Nel 1892 la lettura dell’opera di Nietzsche, ilfilosofo che aveva elaborato la teoriadel superuomo, segnòl’avvio di una nuova vitalità poetica in D’Annunzio, che applicòtaleteoria alla figura del poeta, rendendolo un essere superiore, svincolato daogni regola morale,cultore del bello, propugnatoredi una visione politicaaggressivae imperialistae del dominio di una classe privilegiata, violenta e raffinata, sulmondo borghese. Il mitodel superuomoè incarnatodai protagonistidi quattroromanzi di questoperiodo:  Il trionfodella morte(1894), che costituisce, dopoIl piaceree L’innocente, la terza opera dei Romanzi della rosa, basati su atmosfere sensuali e di languore (la rosa rappresenta, infatti, ilpiacere,la voluttà).  Le Vergini delle rocce(1895) rappresenta l’esaltazionedell’ideologia nazionalisticaeantidemocratica, fondatasulla concezione dello stato, inteso comepatria di pochi eletti. D’Annunzio si fa qui portavoce delle tendenze nazionalistichee imperialistichechesi andavano affermandoe diffondendonella società italiana negli anni precedenti alla prima guerra mondiale.  E’ l’unica opera effettivamentescrittatra i “Romanzi del giglio”, ispirati all’idea dipurezza.  Il Fuoco (1900) rappresenta l’unicoromanzorealizzatotra quelli che dovevano formareil ciclodei “Romanzi del melograno” (fruttosimbolo di vitalitàe gioia), che avrebbedovutocomprendereancheLa vittoria dell’Uomo e il Trionfodella vita. Il protagonista, èun superuomoche vorrebbe risolvere lavitanell’arte chesente come suprema sintesi di parola, suono, dramma. Sonoi temi della poeticawagneriana che si fondono nell’incontrotra poesia e drammaturgia.
  • 5.  Forse chesi forse che no (1910), rappresenta l’ultimo romanzo, che prende corpoin un contestostoricoe culturalecaratterizzatoda una tecnologia avanzata edall’esaltazionedellavelocità, della macchina, dell’aereo. Tra il 1898 e il 1908D’Annunzio si dedicòalla composizionedi drammi teatrali nei quali misein scena il culto del superuomo,passioni sensuali e propagandapoliticaimperialistica. Egli mirava a creareun nuovo teatrotragicoche, suprema sintesi diparola,musicae danza, contribuissea diffondereil verbo superomisticoinun linguaggiocarico di euforiae di toni declamatori. D’Annunzio scrissediversi testi teatrali tra cui:  La Gioconda (1898)  La città Morta (1899)  Francesca da Rimini (1901)  La figlia di Iorio (1903), quest’ultimo, ilpiù importante, fu ambientatonel mondo pastoraleabruzzese, è caratterizzatoda passioni primordiali e violente rappresentateinunadimensionefuori dellastoria e del tempo. L’atmosfera è quella di una vitaprimordiale incui il poeta si immergeper rappresentarei costumi violenti e selvaggi, dominati dalla superstizione, di quella terra.  La fiaccola sottoil moggio(1905)  La Nave (1908), esaltazione dell’imperialismo sulmaredi Venezia agli albori della sua storia. Le opere del periodo francese e l’ultimo D’Annunzio Tra le opere in prosa del periodofrancese, ricordiamo:  Contemplazionedella morte(1912), una sorta di diario in cui rievoca episodi della sua amicizia conGiovanni Pascoli eAdolphe Bermond;  Faville del maglio(1911-1914), che inaugurano unanuova stagione di prosa, dopo quella superomistica, caratterizzatada riflessioni, recupero memoriale del passato e da una ricerca stilistica basata sul frammento;
  • 6.  Leda senza cigno(1912). Duranteil periododi convalescenza seguitoall’incidenteaereo in cui aveva perso un occhio(1916), D’Annunzio composeil Notturno, pubblicatonel 1921, che riprendelo stile frammentario e impressionistico delle opere francesi. Il pensiero e la poetica Dall’influenza carducciana e verista al Decadentismo Nelle raccoltedi novelle Terra vergine e Novelle della Pescara e nel dramma La figlia di Iorio il modello invece è Verga, ma l’ambientazione regionale e popolare spesso diventa un pretestoper ritrarreunambienteviolentoe selvaggio, regno di istinti primordiali. La forte componente estetizzante chedominava la sua personalità spinse D’Annunzio ad avvicinarsi al Decadentismo europeo, chefaceva della bellezza il bene supremo, nel tentativodi superarela banalità delle convenzioni della morale borghese. Influenzato dalla cultura francese, incarnò l’eroe decadente raffinato, amantedel bello, aristocraticamente distaccatodalla mediocritàdella massa e, allo stesso tempo, in preda all’esaltazionedi un’esistenza vissuta come eroica e grandiosa. Nacqueilmitodel “vivere inimitabile“, cioèall’idea della vita intesa come opera d’arte, in un’estenuata ricerca delpiacere. Il mitodell’esteta dimostròbenpresto i suoi limiti: l’esteta vuole distinguersi dalla meschinitàdella società borghesedi fine secolo, di cui critica ilvuoto moralee la grettezza degli ideali, ma non ha i mezzi adeguati per farlo. L’atteggiamentoaristocraticochelo contraddistingue, ildisprezzo per la società perbenista ele sue regole lo induconoa unisolamento sterilee privo di senso. Andrea Sperelli, protragonista delpiacere, si rifugia inun mondo artificioso, consapevoledella sua indole di perdente. ED’Annunzio non manca, attraversoun’impietosaanalisi psicologica, di smascherare le contraddizioni elefragilità del suo alter ego letterario.
  • 7. Ma il richiamoai modelli del Decadentismoeuropeoè ravvisabileanchenella scelta di un linguaggio rarefatto,suggestivo,prezioso e musicale, come quello di Verlaine, sempre teso al coinvolgimento dei sensi del lettore. Tra esperienza letteraria e biografica D’Annunzio si ispiròai romanzieri russi, dai quali mutuòrispettivamenteil temadell’aspirazione allapurezza ealla rigenerazione morale, della pietà nell’auspiciodi una possibile fratellanzauniversale ela tendenza all’indagine psicologica di animedilaniatetaloraai limiti della patologia. Nasceinquestoperiodoun desideriodiripiegamento interiore, che sembra sortoda una delusione tipica della produzioneestetizzante culminata nelPiacere. Non a casoquesta fase è stata definita da D’Annunziostesso della “bontà”, proprioa a voler sottolinearequel senso di autocompiacimento languido e di rilassatezza chepervadei romanzi Giovanni Episcopoe L’innocente, ma soprattuttol’opera poetica Poema paradisiaco. D’Annunzio riteneva Nietzscheun poeta più che un filosofo e questo presuppostocondizionòla lettura del suo pensiero: per Nietzscheil superuomoera l’individuocapacedi esprimereuna nuovalibertàcreativa, una volta constatatala “mortedi Dio”, ovvero il tramonto di tutti i valori fino ad allora considerati fondamentali dalla società occidentale; D’Annunzio sovrapposel’idea del superuomonietzschianoa quella del poeta creatore, qualeuomo superiorecapacedi rappresentareunmondo migliore. Nell’interpretazionedannunziana, ilsuperuomounisceall’eccezionalità dell’esteta le doti positive dell’energia edel vitalismo, repressi dalla meschinità della moraleperbenistica, chegli consentonodi affermareil proprio dominio sullarealtà. Sposandosi con l’ideologia nazionalistica, l’idealesuperomisticoriconosceva ildiritto, a personalità d’eccezione, di affermarese stesse per cancellarela meschinità delmondo ed esaltava una politicaaggressivae imperialistica. Ma anche la figura del superuomo è fragile: vittima delle sue aspirazione velleitarie, ostacolatodalla presenza del nemico- di solito una donna- è condannatoalla sconfitta e la sua vicenda si concludespesso tragicamente.
  • 8. L’ideale “dionisiaco”tratta di un momentodi esaltazione orgiastica dei sensi in cui l’uomo tende a fondersi con la natura, oppostoa un altro stato, chiamato“apollineo”, caratterizzatodi equilibrioe di compostezza. Il Superuomosa giungereper D’Annunzio a un processo di trasformazione dallo stato umano a quello vegetale e viceversa. In questocontinuoscambiodi attributitra realtà umana enaturale, spesso la natura viene personificata, diventa divinità, etalvolta, tende a confondersi e a fondersi con l’uomo in un tutto, cometroviamonell’Alcyone. Da qui si ha la definizionedi “panismo“, cioèderivantedalDio pan, essere semidivinodella mitologia greca cheincarnavale forze primordiali della vita e della natura. Per D’Annunziol’uomo in questa fusione con la natura può liberarsi dai propri vincoli naturali ed elevarsi. Il poeta si serve di una parola poetica profondamente evocativa, chediventa strumentoper attingere all’essenzasegretadellecose. In questa concezionedella poesia si individua l’influssodi Baudelairee dei Simbolisti francesi, speciedi Rimbaud cheesalta la figura del poeta “veggente” capacedi svelare le corrispondenzenascostedel reale. Ne scaturisceunostilenuovo che ricorda Verlaine, per la sua poesia solo apparentementesemplice, ma inrealtà sorretta da una musicalità che suscita sensazioni indefiniteevaghe, a tratti languideetristi. D’Annunzio lavora quindi sul tessuto fonico e ritmicodella poesia per esprimerenuovi stati d’animo. Oltre alle paroleil poeta si avvale della scelta di immagini caricatedi un nuovo valore simbolico, cheesprimonosignificatinuovi, prettamente decadentisti. Gli anni della prima guerra mondialevideroD’Annunzio impegnato nella propagandainterventista. L’intento di convincerel’opinione pubblica circala necessità dell’intervento bellico fece di D’Annunzioun poeta“vate”, in gradodi guidarele coscienze. Questo atteggiamentomalsi coniugava conl’immaginearistocratica e
  • 9. distaccatadell’esteta inclineal disprezzo per le massee costituiràl’ambiguità di fondo della sua esperienza biograficae letteraria. L’ultima fase della produzione dannunziana, detta “notturna” perchè inaugurata dalla prosa del Notturno, è intimistae autobiografica: il poeta registra sensazioni fuggevoli e intimee presta particolareattenzioneai propri sentimenti e ricordi. Anchela parola si fa più allusiva e suggestiva, accompagnandosialla forma del frammentoedella prosalirica e a un linguaggio ricercato ed evocativo. Nonostantela grandevarietà di formee di generi, l’opera dello scrittore, destinata a un pubblicoselezionato, conserva una sua sostanziale unitàdi intenti: si presenta comearte raffinata, volta a delineare personalità d’eccezione,vite fuori dall’ordinariodietrolequali si cela lo stesso poeta. Il piacere è un romanzo di Gabriele D'Annunzio, scritto nel 1888 a Francavilla al Mare e pubblicato l'anno seguente dai Fratelli Treves. I romanzi della Rosa, è il titolo di un ciclo narrativo che comprende Il Piacere, L'innocente e Il trionfo della morte. Il piacere e il suo protagonista Andrea Sperelli introducono nella cultura italiana di fine Ottocento la tendenza decadente e l'estetismo. In contrapposizione al naturalismo e al positivismo, che in quegli anni sembravano aver ormai conquistato la letteratura italiana (basti pensare che nello stesso anno 1889 viene pubblicato un capolavoro del Verismo come il Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga). D'Annunzio inaugura un nuovo tipo di prosa psicologica e introspettiva, destinata ad avere un grande successo e che gli consentirà di indagare gli errori e le contrarietà della vita dell'«ultimo discendente d'una razza intellettuale. Trama Libro I È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, giovane aristocratico, aspetta con ansia l'ex amante Elena Muti nella sua casa romana a Palazzo Zuccari. Durante l'attesa torna con la memoria alla scena del loro addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo 1885, su una carrozza in via Nomentana. Quando Elena arriva, nell'incontro fra i due si alternano ricordo, ardore e di nuovo allontanamento e dolore. Viene quindi ripercorsa la storia della casata degli Sperelli, gli insegnamenti dati ad Andrea dal padre, l'arrivo del giovane a Roma. La rievocazione prosegue con il primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a casa della marchesa di Ateleta, cugina del protagonista. Subito egli inizia un serrato corteggiamento. Il giorno seguente, i due si incontrano una seconda volta a un'asta di oggetti antichi in via Sistina; quindi, venuto a sapere che Elena è malata, Andrea chiede e ottiene di essere ricevuto da lei, in un'atmosfera erotico-mistica. Comincia così la narrazione dell'idillio che nei mesi successivi unisce i due sullo sfondo della Roma elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti d'arte di Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena alimenta le fantasie del giovane esteta. Una sera, tornando a cavallo dall'Aventino, Elena però annuncia la sua imminente partenza, e il loro inevitabile distacco. Dopo l'abbandono, Andrea si immerge in un gioco di continue seduzioni, conquistando una
  • 10. dopo l'altra sette nobildonne; si incapriccia infine di Ippolita Albònico. In una giornata di corse di cavalli, Andrea la corteggia assiduamente suscitando la gelosia dell'amante di lei, Giannetto Rutolo, da cui viene provocato a duello. Nonostante la sua maggiore abilità nella scherma, Andrea subisce una grave ferita. Libro II Ospitato dalla cugina Francesca di Ateleta nella villa di Schifanoja, sul mare, Andrea esce da una lunga agonia e inizia la convalescenza, in un'unione mistica con la natura e l'arte. Il 15 settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja, Maria Ferres con il marito, ministro plenipotenziario del Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina. Dieci giorni dopo, il 25 settembre, Andrea è sedotto dalla donna «spirituale ed eletta»; la loro amicizia diventa sempre più intensa, finché il giovane dichiara il suo amore a Maria, che però non risponde, facendosi schermo della presenza della figlia. Maria Ferres tiene un diario di quei giorni, dove sono annotati i suoi sentimenti, le sue riflessioni, i turbamenti d'amore per Andrea, da cui non vuole lasciarsi vincere. Dal 26 settembre in poi, attraverso il diario, vengono narrate le successive fasi del corteggiamento, sempre più serrato, finché il 4 ottobre,
  • 11. durante una cavalcata nella pineta di Vicomile, la donna cede. Tornato il marito, avviene la separazione tra i due innamorati. Libro III Rientrato a Roma, Andrea si rituffa nella vita precedente la convalescenza, tra donne del demi-monde e amici indifferenti e superficiali. Irrequieto e pieno di amarezza, egli reincontra Elena Muti. L'attrazione per l'antica amante, nella sua nuova veste di provocatrice, e la fascinazione per Maria, nella sua ingenua purezza e fragilità, si intrecciano nel suo spirito. Tenta così di incontrare Elena nella casa di cui ha ripreso possesso, a Palazzo Barberini, ma la presenza del marito lo fa fuggire. Poco dopo, a casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e la sera dopo i due si incontrano nuovamente a un concerto alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche Elena. Questa, una volta partita Maria, invita Andrea ad accompagnarla in carrozza e nel tragitto incrociano una folla di manifestanti che protestano per i fatti di Dogali; prima di lasciare l'ex amante, Elena lo bacia intensamente. Sperelli dunque riflette su se stesso e si giudica «camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente». Ma ormai è deciso a dare caccia senza tregua a Maria, che lo ama. La donna, dal canto suo, cede sempre più all'amore: a Villa Medici, durante una delle passeggiate con cui il giovane le mostra le bellezze della città, Andrea e Maria si baciano. Libro IV Respinto con durezza da Elena, Sperelli viene a sapere dagli amici della rovina del marito di Maria, sorpreso a barare al gioco. La donna si mostra forte di fronte al dolore di dover partire e separarsi dall'amato, decidendo di rimanergli totalmente fedele. Andrea, al contrario, riesce a nascondere con sempre maggior difficoltà il suo "doppio gioco". Dopo aver visto Elena uscire di casa per andare dal nuovo amante, Andrea torna nel rifugio di Palazzo Zuccari, dove, durante l'ultima notte d'amore con Maria, pronuncia inconsciamente il nome di Elena. Maria, con orrore, lo lascia. Il 20 giugno all'asta dei mobili appartenuti ai Ferres, Sperelli vive con ribrezzo e nausea il senso del «dissolvimento del suo cuore». Fugge alla vista di Elena e degli amici, e verso sera rientra nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote e percorse dai facchini; la vicenda si conclude, per Andrea, amaramente, dietro agli scaricatori che trasportano l'armadio da lui comprato all'asta, salendo la scale «di gradino in gradino, fin dentro la casa».[6] PERSONAGGI ANDREA SPERELLI Nel protagonista di questo romanzo confluiscono due opposte volontà: l’intenzione dell’autore di ritrarsi nel suo personaggio e quella del narratore di criticarlo, condannarlo e superarlo come tipo umano. La volontà autobiografica risulta evidente poiché nel personaggio di Sperelli d’Annunzio incarna sia il frutto delle sue esperienze reali sia i suoi sogni e le sue aspirazioni: Sperelli è ciò che d’Annunzio è e ciò che vorrebbe essere. Così è giovane, elegante, raffinato e piacente come lui, ma è anche come lui non è, nobile, ricco e alto di statura; come lui è un intellettuale, ma Sperelli oltre che poeta è anche incisore; è come lui un seduttore ora timido come “Cherubino” ora cinico come “Don Giovanni”, ma diversamente da lui è libero da vincoli coniugali e da obblighi familiari; come lui ha facile accesso nei ritrovi mondani e
  • 12. nei salotti della nobiltà, ma diversamente da lui vi entra come protagonista e non come cronista. Tuttavia nel romanzo il narratore non manca mai di sottolineare la debolezza morale di Sperelli oltre che il suo cinismo e la sua perversione. È evidente come questo personaggio sia solito scindersi in ciò che è e in ciò che deve apparire, in ciò che è e in ciò che vorrebbe essere, in ciò che sente e in ciò che esprime all’esterno. La sua intera vita è fondata sulla doppiezza, sulla falsità, sulla menzogna e sull’inganno. ELENA MUTI e MARIA FERRES Costituiscono le due figure in cui è scisso il protagonista femminile, rappresentano infatti l’una l’opposto dell’altra. Emblematicamente si contrappongono fin dal nome: l’una richiama la donna che secondo il mito trascinò in rovina un intero popolo, l’altra la donna pura della tradizione cattolica. La prima incarna l’ideale dell’amore erotico e sensuale la seconda quello dell’amore spirituale: Elena, nella sua vicenda d’amore si avvale dei versi di Goethe (poeta sensuale), Maria invece ha il suo poeta in Shelley (poeta più malinconico). Elena non ha figli; Maria è madre. Elena ha una cultura superficiale; Maria è colta e ha un’intelligenza sensibile alle cose dell’arte e della musica. L’unica cosa che le accomuna è la voce, che costituisce nel testo il primo indizio di una futura sovrapposizione. Nel corso della vicenda, Elena consapevolmente e Maria passivamente, le due donne subiscono prima un processo di radicalizzazione dei ruoli (Elena sempre più malvagia, Maria sempre più dolce e tenera), poi un processo d’identificazione che le porta dapprima alla sovrapposizione sentimentale ed erotica dell’una all’altra e, infine, addirittura allo scambio dell’una con l’altra: è il mostruoso connubio finale di cui Andrea è artefice e vittima e che pone fine drammaticamente a tutto il romanzo. TEMPO E SPAZIO La vicenda si svolge tra il 1884 e il 1887 a Roma e per un breve lasso di tempo nella campagna di Rovigliano, a villa Schifanoja. NARRATORE E PUNTO DI VISTA Nel Piacere, d’Annunzio delega il compito di raccontare gran parte della vicenda a un narratore in terza persona singolare, inoltre, nel capitolo quarto del libro secondo, il narratore a sua volta lascia che parte della vicenda venga appresa mediante il diario di un personaggio. Per distinguersi dal narratore, d’Annunzio fa si che il narratore lo citi ben due volte: una volta come un “poeta contemporaneo” che Sperelli predilige, e una seconda volta come autore di un “emistichio sentenziale” caro allo stesso personaggio.
  • 13. Questo narratore-autore è un narratore onnisciente: interviene a integrare il punto di vista dei personaggi, a spiegare e a puntualizzare; si lascia andare ad anticipazioni e a premonizioni; non esita a farsi avanti in prima persona per attestare la veridicità di qualcosa. Tuttavia l’onniscienza del narratore non gli impedisce a volte di utilizzare il punto di vista interno di svariati personaggi. Il narratore è solito intrecciare i piani temporali, tagliando e saldando a suo piacere momenti diversi, anche attraverso ellissi che provvede poi a integrare mediante il ricorso a più o meno diffusi flashback. L’oggettività di partenza viene quasi sempre sopravanzata e cancellata dagli interventi personali e soggettivi del narratore, che anche nel corso delle descrizioni si inserisce continuamente con le sue valutazioni personali introdotte da formule come “quasi direi”. STILE Il mondo raffinato ed elegante di Andrea Sperelli trova a livello espressivo una precisa corrispondenza nella lingua con cui viene descritto: una lingua preziosa e ricercata che si adatta tanto alle descrizioni d’ambiente cui il narratore si abbandona quanto al suo gusto per l’analisi degli stati d’animo dei personaggi. Infatti, le forme arcaiche e letterarie (conscienza), il continuo uso delle tronche di tradizione illustre (l’epansion) e, nell’edizione originale, la forma antiquata di articoli e preposizioni articolate (li) contribuiscono ad impreziosire le pagine del libro e a creare l’atmosfera alta e nobile che caratterizza il romanzo. La prosa utilizzata è ricca ed elegante ma allo stesso tempo allusiva, suggestiva e musicale: la lingua del romanzo perde spesso la sua funzione comunicativa per acquistarne una espressiva. Il romanzo è appiattito su un solo registro linguistico: quello ricercato e un po’ troppo eloquente classico del d’Annunzio di quegli anni. Lo scrittore ricorre spesso allo strumento della comparazione e della metafora che molte volte rende complicato o sfuocato ciò che dovrebbe invece chiarire e smorza i già scarsi nuclei di tensione narrativa. Per quanto riguarda la sintassi, è da sottolineare l’uso quasi esclusivo della struttura paratattica, la più adatta ad accentuare la tendenza alla comparazione, all’anafora e all’elencazione. L’utilizzo del flashback permette di evitare le situazioni e i passaggi più scontati e prevedibili, vitalizzando una narrazione generalmente statica e coinvolgendo il lettore in un gioco di collaborazione e di ricostruzione degli eventi. INTERPRETARE
  • 14. Nel 1889, quando il naturalismo e il positivismo sembrano oramai conquistare pienamente la cultura italiana e Verga pubblica in volume il Mastro don Gesualdo, D'Annunzio dà alle stampe il romanzo attraverso cui entra nella nostra letteratura il personaggio dell'eroe decadente. Così come quasi un secolo prima l'eroe dalle passioni sconvolgenti e assolute Jacopo Ortis aveva diffuso la cultura e la sensibilità romantica in Italia, ora il protagonista del Piacere, Andrea Sperelli, si fa propulsore e mediatore della tendenza più recente e raffinata della cultura decadente europea, l'estetismo. Come sottolineò Croce, con D'Annunzio «risuonò nella letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente». Servendosi dei più svariati materiali, soprattutto francesi D'Annunzio si propone di uscire dai limiti del naturalismo, non più imitando, ma continuando la natura. Quindi, inaugurando con Il Piacere un tipo di prosa introspettiva - psicologica che conoscerà in seguito notevoli favori, tenta di scandagliare le complicazioni e le deviazioni della vita mondana e amorosa del protagonista «ultimo discendente d'una razza intellettuale», educato dal padre a costruire la propria esistenza come «un'opera d'arte». Il culto dell'arte, la risoluzione della vita stessa nell'arte, la ricerca del bello e di tutto ciò che è prezioso nel più assoluto distacco da ogni convenzione morale, il disprezzo per la volgarità del mondo borghese, accomunano l'Andrea Sperelli di D'Annunzio al Dorian Gray di Oscar Wilde e al Des Esseintes di Huymans, e ne fanno la versione Italiana dell'esteta decadente. Non solo, ma l' «anima camaleontica, mutabile, fluida, virtuale» di Andrea Sperelli rivela quella mancanza di autenticità, di forza morale e di volontà che si ritroverà in tanti personaggi decadenti, crepuscolari, inetti e indifferenti che affollano la letteratura del secolo scorso. Duplice e ambigua appare dunque questa figura in cui convivono sia il grandioso che il meschino; e in modo altrettanto duplice, D'Annunzio si immedesima e si distacca da essa. L'estetismo dannunziano inoltre, abbagliando ed incantando il lettore, trionfa nell'elencazione e nella descrizione delle opere d'arte, degli oggetti raffinati e preziosi di cui ama circondarsi la frivola e mondana Roma degli anni Ottanta, nuova capitale, centro del nuovo giornalismo e della nuova editoria. Non la Roma classica «dei Cesari, … degli Archi, delle Terme, dei Fori» - che al tempo de Il Piacere aveva il suo vate in Carducci- ma la Roma tardo-rinascimentale e barocca «delle Ville,delle Fontane, delle Chiese» era il grande amore di Andrea Sperelli.Ma da tutta quella magnificenza spira un senso di decadenza e di disfacimento per cui Roma sembra adagiarsi «tutta quanta d'oro come una città dell'Estremo Oriente,sotto un cielo quasi latteo, diafano» in «una primavera de' morti, grave e soave». Roma, capitale dell'estetismo,sembra una nuova Bisanzio, capitale del declino imperiale. Aspetti dell’estetismo decadente di Andrea Sperelli Il disprezzo dei valoridemocratici Il conte Andrea Sperellimanifesta un orgoglioso distaccodalla meschinità del mondo borghese,che tende a mercificare l’arte, coltivata invece nella sua unicità dall’aristocrazia (l’antica nobiltà italica),cui egli appartiene. Il rifiuto del sistemademocratico (metaforicamente definito grigio diluvio democratico)nasce dunque da motivazioni estetiche:la democrazia distrugge la sensibilità artistica (cose belle e rare). L’educazione raffinata Andrea ha ricevuto dal padre un’educazione raffinata, basata sul privilegio della conoscenzadiretta (viaggi ed esperienze
  • 15. positive e negative) e sull’anticonformismo nei confronti della morale borghese.Ma la bellezza e l’arte sono diventate per lui oggetto di culto estremo:la bellezza è adorata come una divinità (culto passionatodella bellezza)e il piacere è diventato una ricerca insaziabile (avidità del piacere),il che è indice di egoismo e di mancanza di equilibrio. Anche il disprezzo della morale comune, che in sé denoterebbe capacità critica, è in lui esasperato e perciò non costruttivo. La vita come opera d’arte Le massime del padre di Andrea esprimono i principi di base dell’estetismo:fare della vita un’opera d’arte e ricercare ogni forma di piacere con freddezza e sistematicità, godendone pienamente e in modo autentico (Questo padre… avevauna scienza profonda della vita voluttuaria… il padre ammoniva:«Bisogna conservare ad ognicosto intiera la libertà»).Ma l’educazione paterna, che presuppone uno spirito forte, diventa immorale e dannosa per chi, come Andrea, è facile preda degli istinti: questi ha sviluppato solo una sensibilità eccezionale (forza sensitiva) che lo rende incline alla bellezza e al godimento dei sensi (prodigo di sé), a scapito della forza morale. Dunque l’arte e la bellezza danno al conte Sperelli solo un appagamento dei sensi, che egli non riesce a dominare con l’intelletto e la volontà. La Roma barocca Andrea vive a Roma, la città dell’arte. La Roma che gli piace è quella tardo-rinascimentale e barocca, con le sue piazze e fontane maestose,adatta alla sua personalità artificiosa.