2. ORIGINI
Luigi Pirandello (Girgenti odierna
Agrigento 1867-Roma 1936), figlio di un
ex garibaldino proprietario di una miniera
di zolfo, venne alla luce nella campagna di
Caos dove sua madre si rifugiò per
sfuggire a un'epidemia di colera.
CITAZIONE AUTOBIOGRAFICA:
””Io son figlio del Caos; e non
allegoricamente, ma in giusta realtà,
perché son nato in una nostra campagna,
che trovasi presso ad un intricato bosco
denominato, in forma dialettale, Càvusu
dagli abitanti di Girgenti, corruzione
dialettale del genuino e antico vocabolo
greco "Kaos“”.
3. STUDI
Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel
1886, per recarsi in seguito a Roma, dove
continuò i suoi studi di filologia romanza.
Li terminò a Bonn, importante
centro culturale di quei tempi, dove ebbe
l'opportunità di conoscere grandi maestri
come Franz Bücheler, Hermann Usener e
Richard Förster.
Si laureò nel 1891 con una tesi
sulla parlata agrigentina "Foni ed
evoluzione fonetica del dialetto di
Girgenti" (Laute und Lautentwicklung der
Mundart von Girgenti), in cui descrisse il
dialetto della sua città e quelli dell'intera
provincia, che suddivise in diverse aree
linguistiche.
.
4. ANNI ROMANI
Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma,
dove poté mantenersi grazie agli assegni
mensili inviati dal padre. Qui conobbe
Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi
strada nel mondo letterario e che gli aprì
le porte dei salotti intellettuali dove ebbe
modo di conoscere giornalisti, scrittori,
artisti e critici.
Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò
Maria Antonietta Portulano, figlia di un
ricco socio del padre. Questo matrimonio
concordato soddisfaceva anche gli
interessi economici della famiglia di
Pirandello.
Nonostante ciò tra i due coniugi nacque
veramente l'amore e la passione. Grazie
alla dote della moglie, la coppia godeva di
una situazione molto agiata, che permise
ai due di trasferirsi a Roma
5. LE DIFFICOLTA’ ECONOMICHE
Nel 1904 il padre subì un dissesto
finanziario in seguito al fallimento della
miniera colpita da una frana. La moglie,
sconvolta dell'avvenimento, manifestò i
primi sintomi di una grave malattia
mentale.
Le sventure non interruppero l'attività
letteraria di Pirandello che alla poesia e
alla narrativa aggiunse l'attività di
commediografo.
Spinto dalle ristrettezze economiche e,
avendo come unico impiego fisso la
cattedra di stilistica all'Istituto superiore di
magistero femminile, lo scrittore dovette
anche dare lezioni private di italiano e di
tedesco. Dal 1909 iniziò anche una
collaborazione con il Corriere della Sera.
6. ADESIONE AL FASCISMO
Nel 1924 Pirandello inviò un telegramma a
Mussolini:
« Eccellenza, sento che questo è per me il momento
più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita
sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di
entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come
massimo onore tenermi il posto del più umile e
obbediente gregario. Con devozione intera ».
Il telegramma arrivava in un momento di grande
difficoltà per il presidente del Consiglio dopo il
ritrovamento del corpo dell'on. Giacomo
Matteotti. Per la sua adesione al fascismo, Pirandello
fu duramente attaccato in pubblico da alcuni
intellettuali e politici italiani. Egli, pur non ritrovandosi
caratterialmente con Mussolini e molti gerarchi, aderì
al fascismo per mostrare una profonda sfiducia nei
regimi socialdemocratici, che si andavano
trasformando in democrazie liberali.
Un'altra motivazione per spiegare tale scelta è che il
fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e
risorgimentali di cui Pirandello era convinto
sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre.
7. DALLA GRANDE GUERRA
AL NOBEL
La guerra fu un'esperienza dura per
Pirandello; il figlio Stefano venne
imprigionato dagli austriaci, e, una volta
rilasciato, ritornò in Italia gravemente
malato e con i postumi di una ferita.
Durante la guerra, inoltre, le condizioni
psichiche della moglie si aggravarono al
punto da rendere inevitabile il ricovero in
ospedale dove rimase sino alla morte.
Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in
un lavoro frenetico, dedicandosi
soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la
"Compagnia del teatro d'arte".
Nel 1929 gli venne conferito il titolo di
Accademico d'Italia. Nel giro di un
decennio arrivò ad essere il drammaturgo
di maggior fama nel mondo, come
testimonia il premio Nobel per la
letteratura ricevuto nel 1934.
8. GLI ULTIMI ANNI
Grande appassionato di cinematografia, mentre
assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto
dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di
polmonite. Aveva già subito due attacchi di
cuore, e il suo corpo, ormai segnato dal tempo
e
dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre.
Pirandello morì lasciando incompiuto un nuovo
lavoro teatrale, I giganti della montagna.
Il regime fascista avrebbe voluto esequie di
Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà
espresse nel testamento: "Carro d'infima
classe,
quello dei poveri. Nudo. E nessuno
m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il
cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi“.
Per sua volontà il corpo fu cremato, per evitare
postume consacrazioni cimiteriali e
monumentali. Le sue ceneri furono portate nella
sua tenuta di contrada "Caos" e solo dopo
alcuni anni furono incassate in una
scultura monolitica.
10. ESORDI
Nei primi anni scrive molte novelle e
scrive su varie riviste e vari giornali
tra cui il Corriere della Sera, il più
Illustre giornale italiano.
Raggiunge una certa fama come
narratore.
Nel 1915 comincia a scrivere invece
per il teatro: molto spesso prende le
novelle che ha già raccontato e già
scritto e le mette in scena. Più di
metà delle opere di Pirandello sono
novelle rielaborate per la
rappresentazione teatrale
11. IL TEATRO DELLO SPECCHIO
Pirandello divenne famoso proprio grazie
al teatro che chiamò teatro dello specchio,
perché in esso venne raffigurata la vita
vera, nuda, amara, senza la maschera
dell'ipocrisia e delle convenienze sociali,
in modo che lo spettatore si guardasse
come in uno specchio così come
realmente era, e diventasse migliore. Alla base
quindi del suo teatro c’è la forte esigenza
morale
di strappare gli uomini dalle menzogne,perché il
mondo si rinnovi secondo giustizia,verità e
Libertà.
L’adattamento di Così è se vi pare, ebbe
un successo immenso.
Di colpo diventò il numero uno del teatro
italiano e venne subito tradotto all’estero,
diventandoil re del teatro europeo. Venne
rappresentato a Parigi, poi a New York.
Continuerà a scrivere per il teatro fino al
1935-1936.
12. FASI DEL TEATRO DI
PIRANDELLO
Prima fase - Il teatro siciliano
Seconda fase - Il teatro
umoristico/grottesco
Terza fase - Il teatro nel teatro (metateatro)
Il teatro dei miti
13. IL TEATRO SICILIANO
Nella fase del Teatro Siciliano, Pirandello
è alle prime armi e ha ancora molto da
imparare.
Esso presenta varie caratteristiche di
rilievo; i testi sono scritti in lingua siciliana
perché considerata dall'autore più
viva dell'italiano e capace di
esprimere maggiore aderenza alla realtà.
Le opere di questo periodo sono:
Lumìe di Sicilia
Il dovere del medico
Se non è così
Cecè
Pensaci, Giacomino
Liolà
14. IL TEATRO UMORISTICO-
GROTTESCO
Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si
avvicina al decadentismo si ha l'inizio della seconda
fase
con il teatro umoristico con numerosi paradossi, infatti
Pirandello presenta personaggi che spezzano le
certezze del mondo borghese introducendo la versione
relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la
dimensione autentica della vita al di là della maschera.
Le opere di questo periodo sono:
Così è (se vi pare)
Liolà
Il berretto a sonagli
La giara,
Il piacere dell'onestà,
La patente,
Ma non è una cosa seria
Il giuoco delle parti
L'innesto
L'uomo, la bestia e la virtù,
Tutto per bene
Come prima, meglio di prima
La signora Morli, una e due
15. IL TEATRO NEL TEATRO
(METATEATRO)
Con il teatro nel teatro Pirandello vuole rompere le barriere
tra palcoscenico e teatro, tra attori e spettatori. Per farlo
cerca di rompere il velo di finzione che l' opera si propone
di creare: ogni opera infatti cerca di imitare la realtà e
lascia lo spettatore a guardare da una finestra che si
affaccia su un mondo finto nonostante si cerchi di
spacciarlo per vero.
La soluzione sta nel palesare tale finzione. Gli attori non
rappresentano più dei personaggi che vogliono esser reali,
pur non essendolo, ma rappresentano dei personaggi che
risultano essere reali in quanto rendono evidente che la
loro è una finzione.
Per Pirandello il teatro deve parlare agli occhi non solo
alle orecchie, a tal scopo ripristina una tecnica teatrale di
Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può essere
una casa divisa in cui si vedono varie scene
contemporaneamente. Nel teatro si vede il mondo
trasformarsi sul palcoscenico: Pirandello abolisce infatti il
concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente
che sta tra attori e pubblico. In questa fase, Pirandello
tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma
rispecchia la propria vita in quella degli attori sulla scena.
16. ESEMPIO DI METATEATRO: SEI
PERSONAGGI IN CERCA DI
AUTORE
L' opera teatrale "Sei personaggi in cerca di
autore" è la prima opera in cui si inserisce
questo modo di fare teatro.
Dopo aver raccontato la loro vicenda, i sei
personaggi convincono il capocomico a
rappresentarla, rifiutando l'assegnazione delle
parti ai vari attori: essi vogliono rappresentare di
persona il loro dramma.
Nell'opera vi è il tentativo di svelare il
meccanismo e la magia della creazione artistica
e il passaggio dalla persona al personaggio.
Viene elimanato lo spazio artistico e la
disintegrazione dello spazio teatrale e gli attori
non sono più vincolati al palcoscenico.
Vi è la scomposizione delle strutture
drammatiche.
18. IL TRENO HA FISCHIATO
Il treno ha fischiato è
una novella di Luigi
Pirandello pubblicata sul
Corriere della sera il 22
febbraio 1914, poi nel
volume La trappola nel 1915
e successivamente inserita
nella raccolta Novelle per un
anno.
19. TRAMA
La novella narra un avvenimento apparentemente
assurdo ed incomprensibile: l’ eccesso di
Follia di un cauto e laborioso impiegato, Bellucca,
chiuso in una monotonia di giorni sempre uguali, curvo
sotto il peso di sacrifici ed umiliazioni e zimbello del
capo ufficio e di colleghi insensibili; che aveva ormai
dimenticato che la vita era fatta anche d’emozioni, gioie,
sensazioni, fantasia e desideri.
Improvvisamente, però, nella sua vita in cui nulla
sembrava potesse cambiare, avviene una cosa che
cambia tutto: una notte, pur essendo stremato per la
stanchezza, non riesce a addormentarsi e, ad un certo
punto, sente nel silenzio il fischio di un treno che corre
nel buio e che distrugge la cappa sotto la quale il
poveretto si trascinava da anni e che gli fa riaprire gli
occhi sul mondo.
L’improvvisa felicità, però, trasforma Bellucca, agli occhi
degli altri, in un pazzo.
20. TEMPO DELLA STORIA
La vicenda si svolge nell’arco di tre
giorni. La storia ha inizio in una notte
in cui si verifica l'evento motore:
Belluca sente il treno fischiare. Il
giorno seguente il protagonista si
reca, come al solito, al lavoro, ma
questa volta non è disposto a subire
le angherie del capoufficio. Ha inizio
così una presunta pazzia.
Quella stessa sera Belluca è
internato all'ospizio dove riceverà il
giorno dopo le visite dei conoscenti e
del vicino di casa, che è la voce narrante.
21. I PERSONAGGI
Belluca è il personaggio principale della vicenda:è un
uomo inetto alle gioie della vita, che si dedica
unicamente all'adempimento dei propri doveri, schiavo
degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il
lavoro, la famiglia, lo spazio esterno inteso come
"mondo" al di fuori di lui. Egli è incapace di agire
secondo i desideri personali, ma si limita a mettere in
atto, quanto gli altri (il capoufficio) pretendono da lui, o
riescono ad imporgli (le donne della famiglia). Belluca è
passivo e apatico, pur essendo sempre e
instancabilmente in attività. A questa vita "impossibile"
segue la reazione all'evento del fischio del treno: un
episodio insignificante, ma che gli fa desiderare,quel
mondo che lo aveva sfiorato "un tempo" e che la vita lo
aveva costretto a dimenticare. Il personaggio che ha il
ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che
visita dopo il ricovero all'ospizio; la sua partecipazione
alla vita del protagonista si limita a questo, appare come
testimone esterno ai fatti; ma non estraneo: attraverso
le
sue parole il lettore capisce e interpreta la vicenda.
Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi
secondari, utili non tanto alla storia quanto alla
conoscenza dell'ambiente.
22. METAFORA DEL “SOMARO”
Belluca è definito "vecchio somaro, con tanto
di paraocchi", è una "bestia bendata" che
"girava la stanga del molino".
Questo paragone evidenzia l'opacità della vita
del protagonista e la sua incapacità a risolvere
la sua situazione. L'immagine dell'eterno
girare del somaro intorno al perno del mulino,
sottolinea la condizione di una perenne
oppressione, di una vita ripetitiva in cui il
movimento del corpo corrisponde all‘ inerzia
dell'animo. Non sarà il protagonista, sempre
"mansueto e sottomesso", a vincere la sua
oppressione.
I paraocchi non se li toglierà da solo: "pareva
che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto
caduti". Belluca non agisce in proprio, ma
re-agisce all'evento che porterà a una svolta la
sua esistenza.
23. LA SUSPENSE
La novella "Il treno ha fischiato"
suscita un particolare interesse sia
per l'originalità del contenuto sia per
la strategia narrativa che procede
attraverso numerose analessi.
Con questa tecnica che informa
per gradi il lettore sugli eventi,
l'autore, inconsapevolmente ha
creato un racconto di suspense,
perché si è servito di elementi in
grado di suscitare curiosità,attesa,
tensione e sospensione emotiva.