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LUIGI
PIRANDELLO
A cura di Elena Cazzaniga
ORIGINI
Luigi Pirandello (Girgenti odierna
Agrigento 1867-Roma 1936), figlio di un
ex garibaldino proprietario di una miniera
di zolfo, venne alla luce nella campagna di
Caos dove sua madre si rifugiò per
sfuggire a un'epidemia di colera.
CITAZIONE AUTOBIOGRAFICA:
””Io son figlio del Caos; e non
allegoricamente, ma in giusta realtà,
perché son nato in una nostra campagna,
che trovasi presso ad un intricato bosco
denominato, in forma dialettale, Càvusu
dagli abitanti di Girgenti, corruzione
dialettale del genuino e antico vocabolo
greco "Kaos“”.
STUDI
Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel
1886, per recarsi in seguito a Roma, dove
continuò i suoi studi di filologia romanza.
Li terminò a Bonn, importante
centro culturale di quei tempi, dove ebbe
l'opportunità di conoscere grandi maestri
come Franz Bücheler, Hermann Usener e
Richard Förster.
Si laureò nel 1891 con una tesi
sulla parlata agrigentina "Foni ed
evoluzione fonetica del dialetto di
Girgenti" (Laute und Lautentwicklung der
Mundart von Girgenti), in cui descrisse il
dialetto della sua città e quelli dell'intera
provincia, che suddivise in diverse aree
linguistiche.
.
ANNI ROMANI
Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma,
dove poté mantenersi grazie agli assegni
mensili inviati dal padre. Qui conobbe
Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi
strada nel mondo letterario e che gli aprì
le porte dei salotti intellettuali dove ebbe
modo di conoscere giornalisti, scrittori,
artisti e critici.
Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò
Maria Antonietta Portulano, figlia di un
ricco socio del padre. Questo matrimonio
concordato soddisfaceva anche gli
interessi economici della famiglia di
Pirandello.
Nonostante ciò tra i due coniugi nacque
veramente l'amore e la passione. Grazie
alla dote della moglie, la coppia godeva di
una situazione molto agiata, che permise
ai due di trasferirsi a Roma
LE DIFFICOLTA’ ECONOMICHE
Nel 1904 il padre subì un dissesto
finanziario in seguito al fallimento della
miniera colpita da una frana. La moglie,
sconvolta dell'avvenimento, manifestò i
primi sintomi di una grave malattia
mentale.
Le sventure non interruppero l'attività
letteraria di Pirandello che alla poesia e
alla narrativa aggiunse l'attività di
commediografo.
Spinto dalle ristrettezze economiche e,
avendo come unico impiego fisso la
cattedra di stilistica all'Istituto superiore di
magistero femminile, lo scrittore dovette
anche dare lezioni private di italiano e di
tedesco. Dal 1909 iniziò anche una
collaborazione con il Corriere della Sera.
ADESIONE AL FASCISMO
Nel 1924 Pirandello inviò un telegramma a
Mussolini:
« Eccellenza, sento che questo è per me il momento
più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita
sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di
entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come
massimo onore tenermi il posto del più umile e
obbediente gregario. Con devozione intera ».
Il telegramma arrivava in un momento di grande
difficoltà per il presidente del Consiglio dopo il
ritrovamento del corpo dell'on. Giacomo
Matteotti. Per la sua adesione al fascismo, Pirandello
fu duramente attaccato in pubblico da alcuni
intellettuali e politici italiani. Egli, pur non ritrovandosi
caratterialmente con Mussolini e molti gerarchi, aderì
al fascismo per mostrare una profonda sfiducia nei
regimi socialdemocratici, che si andavano
trasformando in democrazie liberali.
Un'altra motivazione per spiegare tale scelta è che il
fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e
risorgimentali di cui Pirandello era convinto
sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre.
DALLA GRANDE GUERRA
AL NOBEL
La guerra fu un'esperienza dura per
Pirandello; il figlio Stefano venne
imprigionato dagli austriaci, e, una volta
rilasciato, ritornò in Italia gravemente
malato e con i postumi di una ferita.
Durante la guerra, inoltre, le condizioni
psichiche della moglie si aggravarono al
punto da rendere inevitabile il ricovero in
ospedale dove rimase sino alla morte.
Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in
un lavoro frenetico, dedicandosi
soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la
"Compagnia del teatro d'arte".
Nel 1929 gli venne conferito il titolo di
Accademico d'Italia. Nel giro di un
decennio arrivò ad essere il drammaturgo
di maggior fama nel mondo, come
testimonia il premio Nobel per la
letteratura ricevuto nel 1934.
GLI ULTIMI ANNI
Grande appassionato di cinematografia, mentre
assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto
dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di
polmonite. Aveva già subito due attacchi di
cuore, e il suo corpo, ormai segnato dal tempo
e
dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre.
Pirandello morì lasciando incompiuto un nuovo
lavoro teatrale, I giganti della montagna.
Il regime fascista avrebbe voluto esequie di
Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà
espresse nel testamento: "Carro d'infima
classe,
quello dei poveri. Nudo. E nessuno
m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il
cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi“.
Per sua volontà il corpo fu cremato, per evitare
postume consacrazioni cimiteriali e
monumentali. Le sue ceneri furono portate nella
sua tenuta di contrada "Caos" e solo dopo
alcuni anni furono incassate in una
scultura monolitica.
IL TEATRO
ESORDI
Nei primi anni scrive molte novelle e
scrive su varie riviste e vari giornali
tra cui il Corriere della Sera, il più
Illustre giornale italiano.
Raggiunge una certa fama come
narratore.
Nel 1915 comincia a scrivere invece
per il teatro: molto spesso prende le
novelle che ha già raccontato e già
scritto e le mette in scena. Più di
metà delle opere di Pirandello sono
novelle rielaborate per la
rappresentazione teatrale
IL TEATRO DELLO SPECCHIO
Pirandello divenne famoso proprio grazie
al teatro che chiamò teatro dello specchio,
perché in esso venne raffigurata la vita
vera, nuda, amara, senza la maschera
dell'ipocrisia e delle convenienze sociali,
in modo che lo spettatore si guardasse
come in uno specchio così come
realmente era, e diventasse migliore. Alla base
quindi del suo teatro c’è la forte esigenza
morale
di strappare gli uomini dalle menzogne,perché il
mondo si rinnovi secondo giustizia,verità e
Libertà.
L’adattamento di Così è se vi pare, ebbe
un successo immenso.
Di colpo diventò il numero uno del teatro
italiano e venne subito tradotto all’estero,
diventandoil re del teatro europeo. Venne
rappresentato a Parigi, poi a New York.
Continuerà a scrivere per il teatro fino al
1935-1936.
FASI DEL TEATRO DI
PIRANDELLO
 Prima fase - Il teatro siciliano
 Seconda fase - Il teatro
umoristico/grottesco
 Terza fase - Il teatro nel teatro (metateatro)
 Il teatro dei miti
IL TEATRO SICILIANO
Nella fase del Teatro Siciliano, Pirandello
è alle prime armi e ha ancora molto da
imparare.
Esso presenta varie caratteristiche di
rilievo; i testi sono scritti in lingua siciliana
perché considerata dall'autore più
viva dell'italiano e capace di
esprimere maggiore aderenza alla realtà.
Le opere di questo periodo sono:
 Lumìe di Sicilia
 Il dovere del medico
 Se non è così
 Cecè
 Pensaci, Giacomino
 Liolà
IL TEATRO UMORISTICO-
GROTTESCO
Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si
avvicina al decadentismo si ha l'inizio della seconda
fase
con il teatro umoristico con numerosi paradossi, infatti
Pirandello presenta personaggi che spezzano le
certezze del mondo borghese introducendo la versione
relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la
dimensione autentica della vita al di là della maschera.
Le opere di questo periodo sono:
 Così è (se vi pare)
 Liolà
 Il berretto a sonagli
 La giara,
 Il piacere dell'onestà,
 La patente,
 Ma non è una cosa seria
 Il giuoco delle parti
 L'innesto
 L'uomo, la bestia e la virtù,
 Tutto per bene
 Come prima, meglio di prima
 La signora Morli, una e due
IL TEATRO NEL TEATRO
(METATEATRO)
Con il teatro nel teatro Pirandello vuole rompere le barriere
tra palcoscenico e teatro, tra attori e spettatori. Per farlo
cerca di rompere il velo di finzione che l' opera si propone
di creare: ogni opera infatti cerca di imitare la realtà e
lascia lo spettatore a guardare da una finestra che si
affaccia su un mondo finto nonostante si cerchi di
spacciarlo per vero.
La soluzione sta nel palesare tale finzione. Gli attori non
rappresentano più dei personaggi che vogliono esser reali,
pur non essendolo, ma rappresentano dei personaggi che
risultano essere reali in quanto rendono evidente che la
loro è una finzione.
Per Pirandello il teatro deve parlare agli occhi non solo
alle orecchie, a tal scopo ripristina una tecnica teatrale di
Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può essere
una casa divisa in cui si vedono varie scene
contemporaneamente. Nel teatro si vede il mondo
trasformarsi sul palcoscenico: Pirandello abolisce infatti il
concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente
che sta tra attori e pubblico. In questa fase, Pirandello
tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma
rispecchia la propria vita in quella degli attori sulla scena.
ESEMPIO DI METATEATRO: SEI
PERSONAGGI IN CERCA DI
AUTORE
L' opera teatrale "Sei personaggi in cerca di
autore" è la prima opera in cui si inserisce
questo modo di fare teatro.
Dopo aver raccontato la loro vicenda, i sei
personaggi convincono il capocomico a
rappresentarla, rifiutando l'assegnazione delle
parti ai vari attori: essi vogliono rappresentare di
persona il loro dramma.
Nell'opera vi è il tentativo di svelare il
meccanismo e la magia della creazione artistica
e il passaggio dalla persona al personaggio.
Viene elimanato lo spazio artistico e la
disintegrazione dello spazio teatrale e gli attori
non sono più vincolati al palcoscenico.
Vi è la scomposizione delle strutture
drammatiche.
LA MIA OPERA
PREFERITA DI
PIRANDELLO
IL TRENO HA FISCHIATO
IL TRENO HA FISCHIATO
Il treno ha fischiato è
una novella di Luigi
Pirandello pubblicata sul
Corriere della sera il 22
febbraio 1914, poi nel
volume La trappola nel 1915
e successivamente inserita
nella raccolta Novelle per un
anno.
TRAMA
La novella narra un avvenimento apparentemente
assurdo ed incomprensibile: l’ eccesso di
Follia di un cauto e laborioso impiegato, Bellucca,
chiuso in una monotonia di giorni sempre uguali, curvo
sotto il peso di sacrifici ed umiliazioni e zimbello del
capo ufficio e di colleghi insensibili; che aveva ormai
dimenticato che la vita era fatta anche d’emozioni, gioie,
sensazioni, fantasia e desideri.
Improvvisamente, però, nella sua vita in cui nulla
sembrava potesse cambiare, avviene una cosa che
cambia tutto: una notte, pur essendo stremato per la
stanchezza, non riesce a addormentarsi e, ad un certo
punto, sente nel silenzio il fischio di un treno che corre
nel buio e che distrugge la cappa sotto la quale il
poveretto si trascinava da anni e che gli fa riaprire gli
occhi sul mondo.
L’improvvisa felicità, però, trasforma Bellucca, agli occhi
degli altri, in un pazzo.
TEMPO DELLA STORIA
La vicenda si svolge nell’arco di tre
giorni. La storia ha inizio in una notte
in cui si verifica l'evento motore:
Belluca sente il treno fischiare. Il
giorno seguente il protagonista si
reca, come al solito, al lavoro, ma
questa volta non è disposto a subire
le angherie del capoufficio. Ha inizio
così una presunta pazzia.
Quella stessa sera Belluca è
internato all'ospizio dove riceverà il
giorno dopo le visite dei conoscenti e
del vicino di casa, che è la voce narrante.
I PERSONAGGI
Belluca è il personaggio principale della vicenda:è un
uomo inetto alle gioie della vita, che si dedica
unicamente all'adempimento dei propri doveri, schiavo
degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il
lavoro, la famiglia, lo spazio esterno inteso come
"mondo" al di fuori di lui. Egli è incapace di agire
secondo i desideri personali, ma si limita a mettere in
atto, quanto gli altri (il capoufficio) pretendono da lui, o
riescono ad imporgli (le donne della famiglia). Belluca è
passivo e apatico, pur essendo sempre e
instancabilmente in attività. A questa vita "impossibile"
segue la reazione all'evento del fischio del treno: un
episodio insignificante, ma che gli fa desiderare,quel
mondo che lo aveva sfiorato "un tempo" e che la vita lo
aveva costretto a dimenticare. Il personaggio che ha il
ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che
visita dopo il ricovero all'ospizio; la sua partecipazione
alla vita del protagonista si limita a questo, appare come
testimone esterno ai fatti; ma non estraneo: attraverso
le
sue parole il lettore capisce e interpreta la vicenda.
Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi
secondari, utili non tanto alla storia quanto alla
conoscenza dell'ambiente.
METAFORA DEL “SOMARO”
Belluca è definito "vecchio somaro, con tanto
di paraocchi", è una "bestia bendata" che
"girava la stanga del molino".
Questo paragone evidenzia l'opacità della vita
del protagonista e la sua incapacità a risolvere
la sua situazione. L'immagine dell'eterno
girare del somaro intorno al perno del mulino,
sottolinea la condizione di una perenne
oppressione, di una vita ripetitiva in cui il
movimento del corpo corrisponde all‘ inerzia
dell'animo. Non sarà il protagonista, sempre
"mansueto e sottomesso", a vincere la sua
oppressione.
I paraocchi non se li toglierà da solo: "pareva
che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto
caduti". Belluca non agisce in proprio, ma
re-agisce all'evento che porterà a una svolta la
sua esistenza.
LA SUSPENSE
La novella "Il treno ha fischiato"
suscita un particolare interesse sia
per l'originalità del contenuto sia per
la strategia narrativa che procede
attraverso numerose analessi.
Con questa tecnica che informa
per gradi il lettore sugli eventi,
l'autore, inconsapevolmente ha
creato un racconto di suspense,
perché si è servito di elementi in
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Luigi Pirandello

  • 1. LUIGI PIRANDELLO A cura di Elena Cazzaniga
  • 2. ORIGINI Luigi Pirandello (Girgenti odierna Agrigento 1867-Roma 1936), figlio di un ex garibaldino proprietario di una miniera di zolfo, venne alla luce nella campagna di Caos dove sua madre si rifugiò per sfuggire a un'epidemia di colera. CITAZIONE AUTOBIOGRAFICA: ””Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos“”.
  • 3. STUDI Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel 1886, per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia romanza. Li terminò a Bonn, importante centro culturale di quei tempi, dove ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri come Franz Bücheler, Hermann Usener e Richard Förster. Si laureò nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina "Foni ed evoluzione fonetica del dialetto di Girgenti" (Laute und Lautentwicklung der Mundart von Girgenti), in cui descrisse il dialetto della sua città e quelli dell'intera provincia, che suddivise in diverse aree linguistiche. .
  • 4. ANNI ROMANI Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili inviati dal padre. Qui conobbe Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo letterario e che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere giornalisti, scrittori, artisti e critici. Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre. Questo matrimonio concordato soddisfaceva anche gli interessi economici della famiglia di Pirandello. Nonostante ciò tra i due coniugi nacque veramente l'amore e la passione. Grazie alla dote della moglie, la coppia godeva di una situazione molto agiata, che permise ai due di trasferirsi a Roma
  • 5. LE DIFFICOLTA’ ECONOMICHE Nel 1904 il padre subì un dissesto finanziario in seguito al fallimento della miniera colpita da una frana. La moglie, sconvolta dell'avvenimento, manifestò i primi sintomi di una grave malattia mentale. Le sventure non interruppero l'attività letteraria di Pirandello che alla poesia e alla narrativa aggiunse l'attività di commediografo. Spinto dalle ristrettezze economiche e, avendo come unico impiego fisso la cattedra di stilistica all'Istituto superiore di magistero femminile, lo scrittore dovette anche dare lezioni private di italiano e di tedesco. Dal 1909 iniziò anche una collaborazione con il Corriere della Sera.
  • 6. ADESIONE AL FASCISMO Nel 1924 Pirandello inviò un telegramma a Mussolini: « Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera ». Il telegramma arrivava in un momento di grande difficoltà per il presidente del Consiglio dopo il ritrovamento del corpo dell'on. Giacomo Matteotti. Per la sua adesione al fascismo, Pirandello fu duramente attaccato in pubblico da alcuni intellettuali e politici italiani. Egli, pur non ritrovandosi caratterialmente con Mussolini e molti gerarchi, aderì al fascismo per mostrare una profonda sfiducia nei regimi socialdemocratici, che si andavano trasformando in democrazie liberali. Un'altra motivazione per spiegare tale scelta è che il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre.
  • 7. DALLA GRANDE GUERRA AL NOBEL La guerra fu un'esperienza dura per Pirandello; il figlio Stefano venne imprigionato dagli austriaci, e, una volta rilasciato, ritornò in Italia gravemente malato e con i postumi di una ferita. Durante la guerra, inoltre, le condizioni psichiche della moglie si aggravarono al punto da rendere inevitabile il ricovero in ospedale dove rimase sino alla morte. Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in un lavoro frenetico, dedicandosi soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la "Compagnia del teatro d'arte". Nel 1929 gli venne conferito il titolo di Accademico d'Italia. Nel giro di un decennio arrivò ad essere il drammaturgo di maggior fama nel mondo, come testimonia il premio Nobel per la letteratura ricevuto nel 1934.
  • 8. GLI ULTIMI ANNI Grande appassionato di cinematografia, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di polmonite. Aveva già subito due attacchi di cuore, e il suo corpo, ormai segnato dal tempo e dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre. Pirandello morì lasciando incompiuto un nuovo lavoro teatrale, I giganti della montagna. Il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento: "Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi“. Per sua volontà il corpo fu cremato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono portate nella sua tenuta di contrada "Caos" e solo dopo alcuni anni furono incassate in una scultura monolitica.
  • 10. ESORDI Nei primi anni scrive molte novelle e scrive su varie riviste e vari giornali tra cui il Corriere della Sera, il più Illustre giornale italiano. Raggiunge una certa fama come narratore. Nel 1915 comincia a scrivere invece per il teatro: molto spesso prende le novelle che ha già raccontato e già scritto e le mette in scena. Più di metà delle opere di Pirandello sono novelle rielaborate per la rappresentazione teatrale
  • 11. IL TEATRO DELLO SPECCHIO Pirandello divenne famoso proprio grazie al teatro che chiamò teatro dello specchio, perché in esso venne raffigurata la vita vera, nuda, amara, senza la maschera dell'ipocrisia e delle convenienze sociali, in modo che lo spettatore si guardasse come in uno specchio così come realmente era, e diventasse migliore. Alla base quindi del suo teatro c’è la forte esigenza morale di strappare gli uomini dalle menzogne,perché il mondo si rinnovi secondo giustizia,verità e Libertà. L’adattamento di Così è se vi pare, ebbe un successo immenso. Di colpo diventò il numero uno del teatro italiano e venne subito tradotto all’estero, diventandoil re del teatro europeo. Venne rappresentato a Parigi, poi a New York. Continuerà a scrivere per il teatro fino al 1935-1936.
  • 12. FASI DEL TEATRO DI PIRANDELLO  Prima fase - Il teatro siciliano  Seconda fase - Il teatro umoristico/grottesco  Terza fase - Il teatro nel teatro (metateatro)  Il teatro dei miti
  • 13. IL TEATRO SICILIANO Nella fase del Teatro Siciliano, Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare. Esso presenta varie caratteristiche di rilievo; i testi sono scritti in lingua siciliana perché considerata dall'autore più viva dell'italiano e capace di esprimere maggiore aderenza alla realtà. Le opere di questo periodo sono:  Lumìe di Sicilia  Il dovere del medico  Se non è così  Cecè  Pensaci, Giacomino  Liolà
  • 14. IL TEATRO UMORISTICO- GROTTESCO Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si avvicina al decadentismo si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico con numerosi paradossi, infatti Pirandello presenta personaggi che spezzano le certezze del mondo borghese introducendo la versione relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la dimensione autentica della vita al di là della maschera. Le opere di questo periodo sono:  Così è (se vi pare)  Liolà  Il berretto a sonagli  La giara,  Il piacere dell'onestà,  La patente,  Ma non è una cosa seria  Il giuoco delle parti  L'innesto  L'uomo, la bestia e la virtù,  Tutto per bene  Come prima, meglio di prima  La signora Morli, una e due
  • 15. IL TEATRO NEL TEATRO (METATEATRO) Con il teatro nel teatro Pirandello vuole rompere le barriere tra palcoscenico e teatro, tra attori e spettatori. Per farlo cerca di rompere il velo di finzione che l' opera si propone di creare: ogni opera infatti cerca di imitare la realtà e lascia lo spettatore a guardare da una finestra che si affaccia su un mondo finto nonostante si cerchi di spacciarlo per vero. La soluzione sta nel palesare tale finzione. Gli attori non rappresentano più dei personaggi che vogliono esser reali, pur non essendolo, ma rappresentano dei personaggi che risultano essere reali in quanto rendono evidente che la loro è una finzione. Per Pirandello il teatro deve parlare agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo ripristina una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può essere una casa divisa in cui si vedono varie scene contemporaneamente. Nel teatro si vede il mondo trasformarsi sul palcoscenico: Pirandello abolisce infatti il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico. In questa fase, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma rispecchia la propria vita in quella degli attori sulla scena.
  • 16. ESEMPIO DI METATEATRO: SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE L' opera teatrale "Sei personaggi in cerca di autore" è la prima opera in cui si inserisce questo modo di fare teatro. Dopo aver raccontato la loro vicenda, i sei personaggi convincono il capocomico a rappresentarla, rifiutando l'assegnazione delle parti ai vari attori: essi vogliono rappresentare di persona il loro dramma. Nell'opera vi è il tentativo di svelare il meccanismo e la magia della creazione artistica e il passaggio dalla persona al personaggio. Viene elimanato lo spazio artistico e la disintegrazione dello spazio teatrale e gli attori non sono più vincolati al palcoscenico. Vi è la scomposizione delle strutture drammatiche.
  • 17. LA MIA OPERA PREFERITA DI PIRANDELLO IL TRENO HA FISCHIATO
  • 18. IL TRENO HA FISCHIATO Il treno ha fischiato è una novella di Luigi Pirandello pubblicata sul Corriere della sera il 22 febbraio 1914, poi nel volume La trappola nel 1915 e successivamente inserita nella raccolta Novelle per un anno.
  • 19. TRAMA La novella narra un avvenimento apparentemente assurdo ed incomprensibile: l’ eccesso di Follia di un cauto e laborioso impiegato, Bellucca, chiuso in una monotonia di giorni sempre uguali, curvo sotto il peso di sacrifici ed umiliazioni e zimbello del capo ufficio e di colleghi insensibili; che aveva ormai dimenticato che la vita era fatta anche d’emozioni, gioie, sensazioni, fantasia e desideri. Improvvisamente, però, nella sua vita in cui nulla sembrava potesse cambiare, avviene una cosa che cambia tutto: una notte, pur essendo stremato per la stanchezza, non riesce a addormentarsi e, ad un certo punto, sente nel silenzio il fischio di un treno che corre nel buio e che distrugge la cappa sotto la quale il poveretto si trascinava da anni e che gli fa riaprire gli occhi sul mondo. L’improvvisa felicità, però, trasforma Bellucca, agli occhi degli altri, in un pazzo.
  • 20. TEMPO DELLA STORIA La vicenda si svolge nell’arco di tre giorni. La storia ha inizio in una notte in cui si verifica l'evento motore: Belluca sente il treno fischiare. Il giorno seguente il protagonista si reca, come al solito, al lavoro, ma questa volta non è disposto a subire le angherie del capoufficio. Ha inizio così una presunta pazzia. Quella stessa sera Belluca è internato all'ospizio dove riceverà il giorno dopo le visite dei conoscenti e del vicino di casa, che è la voce narrante.
  • 21. I PERSONAGGI Belluca è il personaggio principale della vicenda:è un uomo inetto alle gioie della vita, che si dedica unicamente all'adempimento dei propri doveri, schiavo degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il lavoro, la famiglia, lo spazio esterno inteso come "mondo" al di fuori di lui. Egli è incapace di agire secondo i desideri personali, ma si limita a mettere in atto, quanto gli altri (il capoufficio) pretendono da lui, o riescono ad imporgli (le donne della famiglia). Belluca è passivo e apatico, pur essendo sempre e instancabilmente in attività. A questa vita "impossibile" segue la reazione all'evento del fischio del treno: un episodio insignificante, ma che gli fa desiderare,quel mondo che lo aveva sfiorato "un tempo" e che la vita lo aveva costretto a dimenticare. Il personaggio che ha il ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che visita dopo il ricovero all'ospizio; la sua partecipazione alla vita del protagonista si limita a questo, appare come testimone esterno ai fatti; ma non estraneo: attraverso le sue parole il lettore capisce e interpreta la vicenda. Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi secondari, utili non tanto alla storia quanto alla conoscenza dell'ambiente.
  • 22. METAFORA DEL “SOMARO” Belluca è definito "vecchio somaro, con tanto di paraocchi", è una "bestia bendata" che "girava la stanga del molino". Questo paragone evidenzia l'opacità della vita del protagonista e la sua incapacità a risolvere la sua situazione. L'immagine dell'eterno girare del somaro intorno al perno del mulino, sottolinea la condizione di una perenne oppressione, di una vita ripetitiva in cui il movimento del corpo corrisponde all‘ inerzia dell'animo. Non sarà il protagonista, sempre "mansueto e sottomesso", a vincere la sua oppressione. I paraocchi non se li toglierà da solo: "pareva che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto caduti". Belluca non agisce in proprio, ma re-agisce all'evento che porterà a una svolta la sua esistenza.
  • 23. LA SUSPENSE La novella "Il treno ha fischiato" suscita un particolare interesse sia per l'originalità del contenuto sia per la strategia narrativa che procede attraverso numerose analessi. Con questa tecnica che informa per gradi il lettore sugli eventi, l'autore, inconsapevolmente ha creato un racconto di suspense, perché si è servito di elementi in grado di suscitare curiosità,attesa, tensione e sospensione emotiva.