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S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 5
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.5-10
NOI TERRESTRI
Menotti Calvani
La macchina
che c’è in me
La leggenda racconta che nel 1666, l’annus mi-
rabilis, Isaac Newton mentre era nella sua tenu-
ta di Woolsthorpe, fu colpito da una mela caduta
dall’albero sotto il quale stava schiacciando un
pisolo: non imprecò (!) ma si chiese : «Perché
cade sempre verso il centro della Terra (e quindi
sulla sua testa), e non trasversalmente o verso
l’alto?» Ci doveva essere una forza che chiamò
“gravitas” dalla parola latina che significa ”peso”.
Newton dimostrò che due corpi, qualunque fosse
la loro dimensione e dovunque fossero posizionati
nello spazio, si attirano con una forza proporzio-
nale al prodotto della loro massa e inversamen-
te proporzionale al quadrato della loro distanza.
In poche parole la forza con cui si attraggono è
tanto più forte quanto più grossa è la loro massa
e tanto più debole quanto più sono distanti tra
di loro. La Terra e il Sole si attraggono, la Luna
e la Terra si attraggono, la piccolissima mela e
l’enorme Terra si attraggono… passando per la
testa di Newton.
La forza di gravità fa cade-
re le mele, ci spinge verso
il suolo, ci impedisce di al-
lontanarci dal nostro pia-
neta, condiziona i nostri
movimenti e rappresenta il
nostro avversario invisibile
in tutte le prestazioni spor-
tive. La vita sulla Terra è po-
tuta nascere e si è evoluta
costruendo strutture capa-
ci di resistere alla forza di
gravità.
Tutti gli organi di un essere
vivente si spiaccicherebbe-
ro al suolo se non avessero una struttura soli-
da a cui ancorarsi. Gli insetti si sono muniti di
un involucro rigido al cui interno sono appese a
“mo’ di armadio” le strutture vitali, un armadio
ben ordinato che permette ai vari organi di occu-
pare una posizione ben definita e funzionale. Molti
esseri viventi si sono avvalsi di una strategia anti-
gravitaria differente creando una struttura solida
e flessibile composta di molteplici pezzi, capace
di fare da contenitore per alcuni organi, da ful-
cro per numerose leve, da aggancio per muscoli
e tendini, da sostegno per la pelle, a cui spetta-
no compiti di rivestimento esterno, di regolazione
termica nonché di organo endocrino. Che la forza
di gravità abbia fatto da guida alla nascita di nuovi
esemplari viventi nel corso della evoluzione tro-
va conferma nella straordinaria somiglianza delle
strutture di sostegno (scheletro) in animali molto
differenti tra loro quali gli uccelli, i rettili, i ceta-
cei, i mammiferi, uomo compreso.
La forza di gravità ha condizionato l’evoluzione del-
la vita sulla Terra, imponendo limiti costruttivi ben
precisi agli animali, influenzandone le dimensioni.
L’importanza del rapporto tra scheletro e dimen-
sioni era stata sottolineata da Galileo quando os-
servando le zampe di una gazzella e di un bisonte,
entrambi mammiferi della famiglia dei bovidi, notò
che le zampe del bisonte erano notevolmente più
robuste di quelle della gazzella: le dimensioni dei
due animali dovevano avere delle conseguenze sul-
Figura n°1 - La mela sfrutta la forza di gravità per portare in terra i semi; la forza di gravità porta in terra
una sollevatrice di pesi egiziana; la De Martino “torna sulla terra” per godersi il bronzo.
Figura n°2 - A) Una formica con il
suo scheletro esterno. B) Schele-
tro di mani e piedi di rettili, scim-
mia e uomo in un libro del 1873.
MENOTTI CALVANI
Medico,
specializzato
in neurologia,
farmacologia
clinica oltre che in
tossicologia
medica, si è
laureato in scienza
della nutrizione
umana.
Ha pubblicato
oltre 200 articoli
scientifici su riviste
internazionali
prevalentemente
sui temi del
metabolismo, sui
mitocondri e sulle
patologie
degenerative.
Overtraining,
overreaching:
cominciamo
da un famoso
esperto!
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 11
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.11-16
Che cosa è e come si manifesta
EVASIO PASINI
Fondazione “S
Maugeri”, IRCCS,
Lumezzane
(BS). I principali
settori di ricerca
e di valutazione
e terapia
clinica sono
attualmente due:
la valutazione
personalizzata
del metabolismo
molecolare e
funzionale di
pazienti affetti
da patologie
croniche
quali diabete,
ipertensione
arteriosa,
scompenso
cardiaco, ictus,
insufficienza
respiratoria,
insufficienza
renale, ecc con
quantificazione
delle interazioni
inter-organo
(muscolo, adipe,
rene, polmone,
cervello,
sangue, ecc.) e
identificazione di
possibili interventi
terapeutici
individualizzati;
gli effetti
della terapia
farmacologica e
nutrizionale e della
attività motoria
preventiva e
riabilitativa
sulla capacità
lavorativa in
soggetti sani
e patologici e
sugli effetti della
prevenzione
primaria e
secondaria.
E. Pasini è autore
o coautore di oltre
200 lavori scientifici
pubblicati su
riviste nazionali ed
internazionali.
a sindrome da overtraining:
che cosa è? Come si manifesta?
Da che cosa è causata?
Come identificarla precocemente?
Come prevenirla o ridurre i sintomi?
L
Evasio Pasini
Lo scopo dell’allenamento negli atleti è quello di
aumentare le proprie prestazioni sportive.
Ma che cosa avviene nel nostro corpo durante
l’allenamento e perché allenandosi si migliorano le
prestazioni? Fu un medico austro-ungherese che
indentificò le basi fisiologiche dell’allenamento. Di
fatto, durante le varie sedute, l’organismo viene
stressato con attività che vanno ben al di sopra
delle attività normali. Durante questa fase di so-
vra-richiesta metabolica/funzionale, l’organismo
attinge a risorse straordinarie e riesce ad ese-
guire le diverse esercitazioni previste. Quando la
seduta di allenamento termina, termina anche lo
stimolo stressogeno e l’organismo attua una se-
rie di attività metaboliche finalizzate a ristabili-
re le condizioni del metabolismo basale, aggiun-
gendo tuttavia di volta in volta una piccola riserva
detta “supercompensazione”. Se ne deduce che
allenamenti continui nel tempo e ben organizzati
causano una sommatoria di “supercompensazio-
ni” che all’apice del periodo di training aumentano,
per forza di cose, la prestazione (1).
Da quanto detto, emergono tuttavia alcune con-
siderazioni logiche:
1) È importante stabilire allenamenti validi
da un punto di vista sia qualitativo che quantita-
tivo.
2) È di fondamentale importanza identifica-
re il periodo di intervallo (= riposo) tra una sedu-
ta di allenamento e l’altra, nel quale il metaboli-
smo dell’atleta recupera l’omeostasi metabolica.
È chiaro che sia il punto 1 sia il punto 2 sono
strettamente personali. Uno degli errori spesso
ricorrenti è quello di uniformare, per comodità o
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Gian Nicola Bisciotti
GIAN NICOLA
BISCIOTTI
Physiologist
Lead c/o Qatar
Orthopaedic and
Sport Medicine
Hospital, FiFA
Center, Doha (Q).
Senior Coordinator
Kinemove
Rehabilitation
Centers,
Pontremoli, Parma,
La Spezia (I).
l fenomeno dell’invecchiamento
ed il ruolo dei radicali liberi:
una teoria in discussione?
I
Perché invecchiamo?
S&C
PAROLE CHIAVE
radicali liberi,
invecchiamento,
antiossidanti.
Il fenomeno dell’invecchiamento nell’uomo viene
attualmente spiegato attraverso essenzialmente
tre categorie di teorie. La prima è la cosiddet-
ta “teoria evoluzionista”, che si basa sul concetto
del “soma disponibile”. Una seconda categoria è
costituita dalle “teorie integrative” che analizzano
il sistema di mantenimento dell’omeostasi gene-
rale che assicura il controllo del fenomeno dell’in-
vecchiamento stesso. La terza ed ultima cate-
goria è rappresentata dalle “teorie cellulari” che
si basano sia sulle influenze ambientali, sia sulle
qualità del genoma. Indipendentemente dalla loro
categoria di appartenenza, tutte queste teorie
sono più o meno inclini a presentare componen-
ti di tipo deterministico oppure stocastico. Una
spiegazione deterministica dell’invecchiamento è
legata all’ipotesi che un unico gene possa influen-
zare la durata della vita. Effettivamente, nel topo
l’inattivazione di un gene che codifica per la pro-
teina p66shc
, aumenta del 30% la vita massimale
dell’animale. Questa proteina sarebbe infatti in
grado di aumentare la produzione di radicali liberi
che sarebbero, a loro volta, responsabili dell’in-
duzione dell’apoptosi cellulare, ossia una sorta di
morte cellulare programmata (Migliaccio e coll.,
1999). D’altro canto, con l’avanzare degli anni,
nell’uomo come nell’animale, è possibile notare un
decadimento delle capacità di regolazione omeo-
statica nei confronti dello stress termico ed os-
sidativo, a livello sia proteico che enzimatico. È
quindi spesso possibile trovare un punto d’incon-
tro tra teorie deterministiche e teorie stocasti-
che. In questo caso, ad esempio, l’inattivazione di
un preciso ed unico gene (teoria deterministica)
bloccherebbe l’aumento di radicali liberi respon-
sabili di un’alterazione casuale dei costituenti
cellulari (teoria stocastica). Anche nell’ambito di
alcune patologie umane, può risultare evidente
un’interazione tra teorie stocastiche e determi-
nistiche dell’invecchiamento. Ne è un esempio la
sindrome di Werner. I soggetti colpiti da questa
patologia sviluppano, seppur in giovane età, in
modo drammaticamente rapido delle caratteri-
stiche fisiologiche tipiche dell’età avanzata come
un marcato invecchiamento fisionomico, canizie,
alopecia, formazione di cataratta, diabete di tipo
II, modificazioni sclerodermiche della cute, atro-
fia muscolare, osteoporosi, aterosclerosi ed in-
sorgenza di patologie tumorali maligne (Epstein e
coll., 1966). La morte, causata da neoplasia (che
resta la principale causa di morte), affezioni car-
diache o cerebrovascolari, sopravviene mediamen-
te attorno al quarantasettesimo anno di vita. La
sindrome di Werner1
è una malattia autosomica
1. Autosomico/a: riferito/a, relativo/ a, o che si verifica per mezzo di un autosoma; che non implica la partecipazione di
cromosomi sessuali. Un autosoma è un qualsiasi cromosoma che non partecipa alla determinazione del sesso (non-X e
non-Y); le cellule somatiche umane possiedono 22 coppie di autosomi e due cromosomi sessuali (eterocromosomi).
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 17
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.17-22
PAROLE CHIAVE
valutazione tecnica,
elettromiografia, sensori inerziali,
video-analisi, salto giro avanti,
salto giro dietro
Introduzione
Negli sport tecnico-combinatori, quale la ginna-
stica artistica, che hanno come obiettivo princi-
pale la ricerca della perfezione del gesto tecnico,
la tecnica riveste un ruolo fondamentale poiché
oggetto della valutazione della prestazione (Wei-
neck, 2001). Per tecnica sportiva s’intende la
componente principale della prestazione motoria
che permette di raggiungere i massimi risultati,
rappresentando dunque il modello ideale tipico e
l’obiettivo dell’allenamento (Lees, 2002). La valu-
tazione del gesto tecnico può essere effettuata
mediante un’analisi qualitativa (dal vivo o tramite
video-analisi) per individuarne le fasi cruciali e le
sequenze spazio-temporali (Knudson, Morrison
2002; Marinsek 2011), e un’analisi quantitativa
che utilizza variabili di tipo metrico (cinematiche
e dinamiche) (Bernasconi et al. 2000; Harski
2002; Marinsek 2011; Merni 1991). Nella gin-
nastica artistica, un ruolo fondamentale è rive-
stito dall’esatta esecuzione dell’acrobatica, che
prevede la conoscenza di alcuni elementi di base,
come i salti giro, dai quali dipende l’evoluzione
tecnica del ginnasta al suolo e agli attrezzi. Si
definisce salto giro la rotazione di 360° attor-
no all’asse trasversale che il ginnasta esegue in
avanti o indietro, in attitudine di volo (Laterza,
Ravaioli 2000). Considerando la mancanza di stu-
di scientifici che abbiano indagato in maniera in-
tegrata le caratteristiche neuro-meccaniche dei
salti giro avanti e dietro, lo scopo del presente
studio pilota è di definirne i parametri cinematici
e neuro-meccanici durante le fasi principali (cari-
camento, stacco, volo e arrivo) per verificare se,
ed eventualmente come, possano influenzare la
riuscita del salto.
Approccio sperimentale al problema
Per la rilevazione dell’attività neuromuscolare è
stato utilizzato un elettromiografo portatile (BTS
Bioengineering); per lo studio delle accelerazioni
lineari e dello spostamento del centro di massa
(CdM) attorno ai tre assi x,y e z, e delle velocità
angolari, è stato utilizzato un dispositivo inerziale
indossabile (Freesense); la frequenza di campiona-
mento del sensore è stata configurata a 200Hz. I
parametri cinematici (ampiezze degli angoli busto/
coscia, al ginocchio, di atteggiamento, altezza
del CdM, tempo di volo, lunghezza del salto) sono
stati determinati tramite dati video (JVC–Everio-
GZMS120) analizzati con il software Kinovea.
Prima dell’inizio della sperimentazione, è stato
condotto uno studio preliminare al fine di stabilire
un esatto protocollo di studio (routine di riscal-
damento, numero di salti, durata complessiva),
stabilire la disposizione delle strumentazioni (nu-
mero e posizionamento dei marker, esatto luogo
di collocazione delle attrezzature) e verificare l’e-
cologicità del test.
Dall’analisi dei dati preliminari è emerso che l’EMG
della parte destra e sinistra del corpo era asso-
lutamente comparabile in termini di ampiezza e
tempistica; è stato pertanto deciso di posizionare
gli elettrodi di superficie sul Vasto Laterale (VAL),
Bicipite Femorale (BFCL), Retto Femorale (RF) e
Gluteo Massimo (GLMA) dell’arto dominante (il
destro in tutti i ginnasti), e Retto dell’Addome
(RA) ed Estensore della Colonna (ERSL). Dall’ana-
lisi integrata dei dati rilevati tramite software di
video analisi Kinovea e sensore inerziale Freesen-
se, è stato possibile suddividere il salto in quattro
parti fondamentali: fase di caricamento (inizio va-
Metodi
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 23
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.23-26
S&C
MATTEO
BONFIGLIO
nalisi neuro-meccanica
nell’acrobatica di base
della ginnastica artistica
A
Matteo Bonfiglio, Roberta De Pero, Valentina Camomilla, Paola Sbriccoli
Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università degli Studi di Roma, Foro Italico
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
ROBERTA DE PERO
VALENTINA
CAMOMILLA
PAOLA SBRICCOLI
Indirizzo di riferimento per comunicazioni agli autori:
Prof. Paola Sbriccoli - Università degli Studi di Roma- Foro Italico
P.za L. De Bosis, 15 00194 Rome, Italy - Tel/Fax +39 0636733214
Email: paola.sbriccoli@uniroma4.it
27
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.27-34
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013
S&C
Pizzigalli Luisa, Gennaro Federico,
Nazzi Gino, Rainoldi Alberto
olfisti professionisti
e dilettanti:
quali differenze
nel putt?
G
LUISA PIZZIGALLI
Luisa Pizzigalli,
PhD (affiliazione:
Centro Ricerche
Scienze Motorie,
SUISM).
Dottore di ricerca
(PhD) in Sistemi
Complessi in
Medicina e
Scienze della
Vita, indirizzo in
Fisiopatologia
Medica, presso
l’Università degli
Studi di Torino.
Dottore Magistrale
in Scienze e
Tecniche delle
Attività Fisiche
Adattate;
Docente presso la
SUISM (Università
degli Studi di
Torino).
La varietà dei colpi effettuati durante una competizione golfistica si può suddividere in due tipologie
principali: il gioco lungo, effettuato tramite i legni ed i ferri, appositamente progettati per proiettare
la pallina su lunghe distanze, ed il gioco corto, eseguito tramite “bastoni” specifici: i wedge per avvi-
cinarsi all’area del putting green, ed il putter, una volta arrivati in questa zona, per imbucare la pallina
eseguendo la tecnica del putt.
In una competizione golfistica, il putt rappresenta una componente fondamentale dell’intera presta-
zione sportiva. La letteratura scientifica ha infatti evidenziato come questo gesto costituisca circa il
40% di tutti i colpi giocati in una gara (Gwyn & Patch, 1993), ed evidenzia come i maggiori guadagni,
derivanti dalle vittorie nei circuiti golfisitici professionistici, siano riconducibili a quanto migliore sia
l’abilità nel putt (Alexander & Kern, 2005). Questi dati trovano un’ulteriore conferma nelle statistiche
elaborate dall’associazione professionistica di golf più famosa nel mondo, la Professional Golfer Asso-
ciation (PGA), che, raccogliendo ed elaborando i risultati di gara (score) di Tiger Woods, uno tra i più
celebri e forti giocatori esistenti, ha documentato come questo campione abbia usato il putter per il
41.3% dei suoi colpi totali in un solo anno del circuito golfistico PGA Tour (www.pgatour.com, 20-11-
2009).
L’importanza di questa fase di gioco nella prestazione golfistica totale, permetterebbe d’ipotizzare che
la differenza di performance nel putt, tra giocatori professionisti e dilettanti, sia molto marcata in
favore dei primi. Tuttavia la letteratura interviene documentando come tale forbice non sempre sia così
evidente, illustrando invece quanto siano simili, se non identiche, le percentuali di un putt vincente in
queste due tipologie di giocatori soprattutto entro certe distanze dalla buca. Un primo confronto tra
golfisti professionisti e dilettanti è stato effettuato estrapolando gli score del putt di due competizioni
golfistiche, il Birkdale Tournament giocato da professionisti, ed il Berkshire Tournament nel quale hanno
gareggiato giocatori dilettanti (Alastair & Stobbs, 1968) (Tab.1).
Introduzione FEDERICO
GENNARO
(affiliazione:
SUISM)
Dottore in
Scienze Motorie e
Sportive. Corso di
Perfezionamento
in Chinesiologia
presso la SUISM
(Università degli
Studi Torino).
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Alberto Andorlini
ALBERTO
ANDORLINI
Dopo una lunga
esperienza come
Insegnante di
Educazione Fisica,
è oggi Preparatore
Atletico e
Riabilitatore. La
sua attività si
lega da sempre
all’interesse per
l’evoluzione del
Movimento e per
lo sviluppo della
Performance.
Ha lavorato per
A.C. Fiorentina,
A.C. Siena, Al
Arabi Sports
Club, Chelsea
F.C. e Nazionale
Femminile
Calcio in qualità
di Terapista e
Preparatore
Atletico.
Attualmente è
Riabilitatore presso
l’U.S.Palermo.
Collabora con
il Training Lab di
Firenze e svolge
attività didattica
nel corso di
Laurea in Scienza
e Tecnica dello
Sport e delle
Attività Motorie
Preventive e
Adattative
dell’Università di
Firenze.
ltre l’allenamento
1. Allenare la Funzione è
Allenare il Movimento
O
Introduzione
Il nostro viaggio sarà per il momento un viaggio
puramente teoretico, me ne rendo conto. Sarà
una lettura che potrà portare a sottili disquisi-
zioni terminologiche, a nuove attenzioni, ad af-
fascinanti scenari, ma anche - d’altra parte - a
empasse concettuali, plateau operativi, immobili-
tà interpretative. Vorrei fosse un viaggio in grado
di condurci a rapide visioni di paesaggi, piuttosto
che obbligarci a code noiose davanti all’entrata di
affollati musei; un viaggio non per turisti colti ma
per viandanti curiosi; ma soprattutto un viaggio
che, rimbalzando sulle idee, ci potesse guidare
fino al MOVIMENTO; non al movimento perfetto
- che non esiste - ma ad un movimento interpre-
tato, plasticamente adattabile alle situazioni, alle
concatenazioni, alle improvvisazioni.
“Allenare la Funzione è allenare il Movimento” è
il primo, di una serie di “interventi multi tema-
tici”. Primo passo, in punta di piedi, verso la de-
finizione di una nuova metodologia di intervento
rivolta all’Allenamento del Movimento. La nostra
dissertazione nasce con il presente articolo, che
è da considerare come una sorta di incubatore di
ipotesi concettualizzate ... o di ipotetici concet-
ti; proseguirà con una libera lettura dell’assioma
“La Forma segue la Funzione” (2° articolo); pas-
serà per un asse di riferimento - dal Corpo, al
Movimento, fino al Corpo in Movimento - che co-
stituirà, invece, la bussola con la quale orientare
considerazioni ed alimentare approfondimenti (3°
articolo); toccherà una Grammatica elementare
che vorrebbe fornire gli strumenti per decodifica-
re qualunque composizione motoria (4° articolo);
fino a giungere, alla definizione di un modello me-
todologico e operativo che abiliti la “performan-
ce” (5° articolo). Quella “performance” (ordinaria
e straordinaria) che non può essere limitata ad
un solo istante, ad una sola seduta, ad un solo
momento, ad una sola esecuzione ma che deve
essere estesa a tutti i movimenti e... a tutti gli
elementi, comuni ad ogni movimento.
Non sarà un’esposizione scientifica - prevengo le
obiezioni dei cultori dell’esattamente dimostrabile
- ma una proposta fatta di concatenazioni che dai
principi ci possano guidare al metodo, dalle teorie
alla prassi. La proposta è alimentata dalla volontà
di esplorare campi di indagine poco noti e dal de-
siderio di proporre pensieri e azioni, che siano, se
non evidenti, almeno “filosoficamente” attraenti e
razionalmente “sostenibili”.
Primo pensiero. Nel mondo dell’allenamento, nel
campo dello studio e della ricerca, nell’universo
delle interpretazioni e delle rivisitazioni, i temi
espressi, divulgati e dibattuti, tesi ad inquadrare
attualità ed attuabilità, nuove ipotesi ed evidenze
storiche, dubbi insolubili ed incrollabili certezze,
trovano posto in un puzzle - quello della realtà
- che può risultare molto più semplice di quan-
to avessimo mai potuto immaginare. Dall’analisi
selettiva, si può passare ad una sintesi allarga-
ta, dalla sintesi si può se non altro avvicinare la
“compressione” concettuale. Facendo del corpo
lo strumento, del movimento il mezzo, e del corpo
in movimento il fine, l’Allenamento NON è ALLE-
NAMENTO del muscolo, delle ossa, del cuore, dei
polmoni, ma ALLENAMENTO al MOVIMENTO; non
scopre elementi originali, ma piuttosto “riscopre”
strutture originarie. L’articolo che segue, non
enuncia certezze, ma sfiora argomenti e temi; e li
allinea, in ordine sparso e - ahimè - in equilibrio su
un asse traballante. Buona lettura.
Inizia a collaborare
con S&C
Alberto Andorlini,
per almeno 5 testi
originali, per tutto
il 2014, cominciando
da ora.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 35
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.35-38
PRIMA PARTE
S&C
È comunemente accettato dalla comunità scienti-
fica che l’allenamento della forza, compreso l’alle-
namento pliometrico, se ben pianificato e soprat-
tutto assistito, produce sensibili adattamenti in
bambini ed adolescenti simili a quanto riportato
per gli adulti (Faigenbaum AD et al 2009, Falk, B
and Mor, G 1996, Lillegar W et al 1997, Kotza-
manidis C 2006, Matavulj D et al 2001). I risulta-
ti di tali studi, inoltre, mostrano evidenze correla-
tive fra lo sviluppo della forza ottenuto ed alcune
performance atletiche come la corsa, il salto, etc
(Kraemer W and Fleck S 2005).
Nonostante alcuni studi abbiano riportato un in-
cremento della sezione trasversa (Fukunaga et al
1992) del muscolo anche in soggetti prepuberi, si
è concordi nell’assegnare principalmente a modifi-
cazioni di tipo nervoso l’incremento dei parametri
di forza osservati. È anche ben conosciuto che,
nel corso dell’età evolutiva, aumenta gradualmen-
te nell’organismo l’attività degli ormoni anaboliz-
zanti come GH, I-GF1 e testosterone e che tali
presenze contribuiscono, insieme all’allenamento
della forza, a realizzare anche modificazioni di ca-
rattere morfologico e non solo funzionale.
Ovviamente, nei più giovani e negli adolescenti, le
precauzioni dovrebbero essere maggiori, data la
relativa fragilità delle strutture passive dell’appa-
rato locomotore, come cartilagini ed ossa, lega-
menti articolari e tendini, ancora in via di accre-
scimento. Nella Tab. n.1 (Cfr. anche S&C. Per una
scienza del movimento dell’uomo, 2012, 2, pag.
57 e precedenti e seguenti, NdC) vengono ripor-
tate le linee guida proposte dalla NSCA (Youth
resistance training: updated position. Statement
paper from the National Strength and Conditio-
ning Association, Faigenbaum AD, Kraemer WJ,
Cameron JR, Blimkie, Jeffreys I, Lyle J Micheli, Ni-
tka M and Rowland TW, Journal of Strenght and
Conditioning Research, 2009), relativamente a
questi aspetti.
Christou M et al (2006), in uno studio effettuato
su 18 giovani calciatori di età 12-15 anni verificò
relazioni positive fra l’allenamento della forza e la
performance sportiva per bambini di questa età.
Divisi in due gruppi, i giovani venivano sottoposti
per cinque volte alla settimana e per 16 settima-
ne (8 + 8) a: 1° gruppo (SOC), allenamento speci-
fico tecnico-tattico più altri mezzi per le qualità fi-
siche normalmente utilizzati, evitando però mezzi
specifici per la forza muscolare; 2° gruppo (STR),
identiche sessioni di allenamento più esercizi per
la forza muscolare, ripetuti per due volte a set-
timana; il terzo gruppo (CON) era rappresentato
da bambini di pari età che non partecipavano ad
attività sportive organizzate. Tutti i gruppi furo-
no classificati per età maturative simili (Tanner
5 point scale, Malina RM, and Bouchard, 1991)
e nessuna differenza media relativamente all’età
anagrafica e di allenamento era presente all’inizio
dello studio. Gli esercizi di forza utilizzati dal grup-
po 2 erano leg press, leg extension, leg flexors,
calf rais, sit-ups, più altri per la parte superiore
del corpo. Il carico di allenamento prevedeva un
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 39
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.39-44
Stefano D’Ottavio e Antonio Urso
STEFANO
D’OTTAVIO
Presidente del
Corso di Laurea
Magistrale
in Scienze
e Tecniche
dello Sport
dell’Università
degli Studi Tor
Vergata di Roma
e Responsabile
Nazionale
dell’Area Tecnica
del Settore
Giovanile e
Scolastico della
FiGC. Direttore
del Master
Universitario di
1 livello “Teoria
e Metodologia
della Preparazione
Fisica del calcio”
nell’Università degli
Studi Tor Vergata
di Roma.
ANTONIO URSO
Presidente della
Federazione Italiana
Pesistica e della
European Weightli-
fting Federation.
Componente
dell’Esecutivo della
IWF International
Weightlifting Fede-
ration.
Laurea in Scienze
Motorie;
Laurea Magistrale
in Attività Motorie
Preventive e Adat-
tate; Master 1° livello
Scienze Motorie
Preventive Adattate
e Recupero Atletico;
Maestro di Pesistica.
Ha allenato la
nazionale maschile
e femminile di
pesistica.
è stato più volte
campione italiano.
allenamento
della potenza
muscolare
nel calcio
L’ SECONDA PARTE
Particolarità dell’allenamento
della potenza nei giovani
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 45
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.45-47
ity.
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Sci.
ot-
ro-
36-
ed
ng
ain-
Giampietro Alberti, Luca Cavaggioni, Athos Trecroci, Roberto Bianchi, Lucio Ongaro
Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano
GIAMPIETRO
ALBERTI
Professore
Associato di
Metodi e
Didattiche delle
Attività Sportive
Facoltà di
Scienze Motorie,
Dipartimento
di Scienze
Biomediche per la
Salute
Università degli
Studi di Milano
giampietro.
alberti@unimi.it
ack wall squat test:
postura e grado di
piegamento al ginocchio
nell’esercizio di squat
B
Introduzione
La valutazione della qualità del movimento è mate-
ria che conquista sempre più interesse da parte
di allenatori, terapisti della riabilitazione e ricer-
catori; si riferisce ad un ambito esteso di sogget-
ti e coinvolge - oltre gli atleti di differente livello
- anche giovani in età evolutiva e anziani, per mez-
zo dell’analisi di vari parametri – comuni a tutti
- comprendenti, per esempio, le caratteristiche
antropometriche e/o combinazioni di esse. È di-
mostrato, per esempio, come un discreto livello
di BMI sia correlato ad una maggiore funzionalità
del movimento13,32,36
. La valutazione del comples-
so muscolo-scheletrico non può quindi ignorare le
caratteristiche morfologiche di ciascun soggetto.
Un monitoraggio attento, soprattutto in ambito
sportivo, aiuta a ridurre problemi legati alla reite-
razione scorretta di un gesto atletico22,23,28
che
potrebbe causare, più o meno celermente, proble-
matiche tali da sfociare, nel tempo, in un evento
infortunistico.
Tuttavia, a causa della complessità delle situazio-
ni sportive con le quali ci si deve confrontare, la
valutazione della qualità del movimento non è suf-
ficiente a misurare tutto il complesso della per-
formance atletica29,31
.
Partendo da tale concetto, è indispensabile im-
prontare l’analisi qualitativa attraverso il ricorso
a movimenti in grado di esplorare le caratteristi-
che legate alla funzionalità muscolo-scheletrica,
tali per cui vi sia un collegamento diretto con la
prestazione sportiva.
Il movimento di Squat, ovvero l’atto di piegare e
distendere gli arti inferiori, oltre che essere un
gesto presente nella vita quotidiana25
, è consi-
derato un esercizio di fondamentale importanza
nella preparazione fisica di vari sport. Alcuni ricer-
catori hanno dimostrato che, in campo sportivo,
l’esercizio di squat è utile ed efficace per svilup-
pare forza e potenza muscolare10,16
; inoltre, la
fase di salita e discesa del movimento permette
di stimolare congiuntamente la muscolatura degli
arti inferiori e quella del tronco che è deputata
alla stabilizzazione del centro di massa. In regime
di sovraccarico, poi, deve verificarsi una corretta
sinergia fra tronco e arti inferiori, affinché si de-
termini uno sviluppo della forza, senza che esso
stesso diventi causa d’infortunio.
Il grado di sollecitazione a carico delle strutture
osteo-muscolari dipende poi dall’entità del piega-
mento a carico delle articolazioni di ginocchio e
anca: mezzo squat-half squat, squat profondo-de-
ep squat, squat completo-full squat. L’analisi del
movimento di squat (squat test), perciò, può es-
sere ritenuta necessaria e tecnicamente utile
al fine di verificare come un soggetto modifica la
sua postura complessiva, rispetto al progressivo
piegamento degli arti, ma più in generale rispet-
to all’orientamento dei propri segmenti corporei:
posizionamento del capo, allineamento delle spal-
le, inclinazione del busto, allineamento del rachide
dorsale e lombare e direzionalità speculare fra gi-
nocchia e piedi. In questo articolo, dunque, ci oc-
cuperemo di esaminare alcune tipologie di “squat
test” in forma bi-podalica, tralasciando così tutte
le differenti modalità di esecuzione in forma mo-
nopodalica, e proporremo una nuova versione di
squat test, semplice e agevole da realizzare, che
introdurrà, per la prima volta, la presenza della
PRIMA PARTE
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
LUCA
CAVAGGIONI
Laurea Magistrale
in Scienza Tecnica
e Didattica dello
Sport,
Dottorando in
Scienze dello
Sport, Università
degli Studi di
Milano
ATHOS TRECROCI
Laurea Magistrale
in Scienza Tecnica
e Didattica dello
Sport,
Dottorando in
Scienze dello
Sport, Università
degli Studi di
Milano
Marco Basilio
MARCO BASILIO
Componente
Staff Tecnico
Nazionale FIB
Settore Volo per la
preparazione
delle specialità
di tiro progressivo
e tiro veloce a
coppie. Già
componente
(2001-2011) dello
Staff Nazionale
Special Olympics.
l talento nello sport
delle bocce, modalità
dell’individuazione
e dello sviluppo.
Il ricambio generazionale
I
Per poter definire con sufficiente affidabilità che
un soggetto in età giovanile possa rappresentare
un potenziale talento nello sport bocce, occorre
tener ben presente la struttura della massima
prestazione che potrà essere conseguita in tempi
futuri. La prognosi ottenibile si basa sull’analisi
di aspetti multifattoriali che, comunque, forni-
scono una rappresentazione globale, suscettibi-
le d’interpretazioni parziali che andranno via via
delineandosi col progredire della specializzazione
degli interventi, sempre pianificati su base mul-
tilaterale.
Le procedure d’identificazione si basano, sostan-
zialmente, su tre diverse modalità di verifica:
• diagnosi della prestazione: consiste in un ac-
certamento del livello delle diverse Capaci-
tà-Abilità;
• diagnosi dello sviluppo: consiste in una valu-
tazione iniziale ed in rilevamenti successivi,
ottenendo una curva dello sviluppo individuale
delle capacità di prestazione;
• controllo dell’allenamento: mediante l’utilizzo
di parametri di valutazione come mezzo di ac-
certamento del processo di allenamento pro-
grammato.
Il confronto tra livelli di prestazione dei coetanei
delle altre Nazioni e i dati ottenuti dalle ricerche
avviate daranno un quadro più completo alla ricer-
ca delle specifiche caratteristiche che permet-
teranno di definire un giovane come “potenziale
talento” nello sport bocce.
Le caratteristiche della personalità, impegno-di-
sponibilità verso le attività di allenamento, vengo-
no misurate attraverso l’analisi di questionari; le
qualità tecnico–tattiche e comportamentali sono
misurate attraverso l’utilizzo dell’osservazione e
la compilazione di schede, griglie, check list e ta-
belle.
Il programma nazionale prevede l’inserimento dei
più giovani nel progetto federale “talento”, attra-
verso operazioni che hanno un orientamento de-
terminato in ambito pedagogico:
nella fase di preselezione i giovani sottoposti
ad osservazione per il gioco tradizionale (età
maschi: 12-13; età femmine 11-12) e per i
giochi alternativi progressivo-staffetta (età
maschi: 13-14; età femmine: 12-13) si alle-
neranno nelle Società di appartenenza, sotto
la guida del proprio Tecnico societario, che si
avvarrà della consulenza dei Responsabili di
area sia del gioco tradizionale, sia dei giochi
alternativi. A cadenza mensile gli atleti parte-
ciperanno a stages o ad allenamenti collegiali
che si terranno presso i Centri federali decen-
trati di preparazione.
In questa fase verranno inclusi 15-20 atleti tra
femmine e maschi per ogni area di riferimento.
Successivamente, dai 15 anni per le femmine e
16 anni per i maschi, le attività di preparazione si
svolgeranno prevalentemente nei Centri federali
regionali di preparazione.
In questa fase gli atleti formeranno gruppi di 10-
15 atleti tra femmine e maschi.
La FIB intende attivare, con la massima atten-
zione ed efficacia, un processo dinamico sistema-
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 51
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.51-54
S&C
PUBBLICATO
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PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Luca Marin, Matteo Vandoni, Filippo Lauri, Massimiliano Febbi
Il Ministero della Salute valuta che in Italia siano
ottantamila le persone colpite da lesione midolla-
re, con un incremento annuale di 20/25 nuovi casi
per milione di persone; l’80% delle persone mie-
lolese nel nostro Paese ha un’età compresa tra
i 10 e i 40 anni. I traumi della colonna vertebra-
le abbinati a lesione midollare hanno conseguen-
ze molto gravi, spesso mortali; dei pazienti che
sopravvivono il 25% diventa tetraplegico, mentre
il 75% viene colpito da paraplegia. Gli esiti del-
la paraplegia dipendono dal livello vertebrale della
lesione e variano da un deficit degli arti inferiori
sino alla paralisi di entrambi gli arti e del tronco;
tutti i pazienti manifestano, indipendentemente
dal livello lesionale, disfunzioni dei riflessi spinali
e problematiche vescicali, intestinali e sessuali.
La principale ricaduta di questa patologia è la mo-
difica dello stile e della qualità di vita, considerata
nella completezza della sfera bio-psico-comporta-
mentale; in questa situazione, appare ovvio con-
siderare anche i cambiamenti indotti sui/dai livelli
di attività fisica praticata. Un numero ormai con-
siderevole di studi evidenzia l’efficacia dell’attività
fisica come strumento di prevenzione, primaria e
secondaria; parimenti, altri studi indicano la tipo-
logia e la quantità di esercizio ideale per ogni pato-
logia. Per quanto riguarda la paraplegia, in lette-
ratura non è semplice reperire studi che indagano
le dosi e l’efficacia dell’esercizio, in termini di be-
nessere e di aumento della qualità della vita, nei
soggetti affetti da questa patologia. Nel numero
0 di S&C (Marin L, Il modello bio-psico-sociale nel-
la prescrizione dell’attività fisica adattata, S&C,
Anno 1, numero 0, autunno 2011, 66-68) appar-
ve un articolo che ripercorreva brevemente i fon-
damentali cambiamenti avvenuti in ambito medico
e successivamente sociale, nella classificazione
della disabilità (1). Il passaggio fondamentale dalla
valutazione della disabilità, basata sulla “perdi-
ta della funzione”, a quello della quantificazione
delle capacità residue, abilità dell’individuo, apre
la strada ad un nuovo approccio. L’integrazione
sociale passa necessariamente anche attraverso
l’autonomia personale e proprio su questo assun-
to si basa il lavoro presentato in questo articolo
che vorrebbe promuovere la pratica dell’attività
fisica finalizzata al recupero biopsicosociale indi-
viduale. In questa prima parte, verrà descritta la
scala di valutazione che può essere adottata per
valutare le capacità residue del soggetto al fine di
individualizzare la proposta di attività fisica.
Uno studio di Jacobs (1) indaga gli effetti dell’al-
lenamento di resistenza sulla capacità di lavoro,
sulla forza muscolare e sulla potenza anaerobica
della parte superiore del corpo in soggetti con pa-
raplegia cronica e arriva alla conclusione che tale
allenamento può incrementare significativamente
i suddetti parametri nei soggetti paraplegici.
Uno studio di Zoeller et al. (2), su un campione di
soggetti paraplegici, indica che una maggior forza
muscolare è associata ad una maggior potenza
aerobica e ad una maggior endurance. La maggior
forza muscolare potrebbe esercitare un’influen-
za positiva sulla performance durante l’esercizio,
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 55
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.55-61
LUCA MARIN
Dottore in
Fisioterapia.
Docente presso il
Corso di Laurea in
Scienze Motorie
dell’Università degli
Studi di Pavia.
Docente e
Tecnico
della Federazione
Italiana Pesistica.
bili si diventaA
L’attività fisica secondo il modello biopsicosociale
MATTEO VANDONI
Ricercatore
presso il
Dipartimento di
Sanità Pubblica,
Medicina
Sperimentale e
Forense (Università
di Pavia).
Esercizio fisico e mielolesione
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
PRIMA PARTE
ORAZIO RENATO
MELI
Laureato in
Scienze della
Riabilitazione e in
Fisioterapia, opera
presso la U.O.C.
Anziani e Cure
Domiciliari come
fisioterapista per la
A.S.P. di Catania.
È stato docente in
corsi universitari di
perfezionamento
post-base presso
l’Università
di Roma “Tor
vergata”.
È presidente
dell’associazione
a carattere
scientifico Ass.
ne Italiana di
rieducazione
Posturale Globale.
tretching globale attivo
e paraplegia
S
Diego Sgamma, Orazio Renato Meli
DIEGO SGAMMA
è fisioterapista
con Master in
Osteopatia presso
l’Università di
Lione (Francia).
Autore e co-
autore di diverse
pubblicazioni,
oltre a svolgere
la sua attività di
fisioterapista, è
docente per i corsi
di RPG presso una
università francese
(U.I.P.T.M.) e fa
parte del comitato
scientifico
dell’Associazione
Italiana
Rieducazione
Posturale Globale.
Lo Stretching Globale Attivo (SGA) (Souchard
1995) è un metodo di allungamento miofasciale
che deriva dalla Rieducazione Posturale Globa-
le (RPG), ideata dal Prof. Ph. E. Souchard fisiote-
rapista Francese (Souchard 2012).
Lo SGA nell’ambito della RPG occupa uno spazio
importante, che è quello sia di prevenire l’instau-
rarsi di un processo patogenetico, che di favorire
il mantenimento dei risultati ottenuti dall’approc-
cio terapeutico precedentemente proposto.
In termini molto semplici, l’utilizzo dello SGA serve
a migliorare l’armonia muscolo-scheletrica, impe-
dendo ai fruitori di diventare pazienti ed ai pazienti
che hanno finito il loro percorso terapeutico, di
tornare ad esserlo.
Tale metodo sviluppa il proprio approccio, parten-
do dalla considerazione che la patologia muscola-
re e osteo-articolare costituiscano un’alterazione
della fisiologia e quindi solo una loro conoscenza
approfondita possa permettere di individuarne le
alterazioni.
L’individuazione dei modi e dei processi fisiopa-
tologici, attraverso cui avvengono le alterazioni
dello stato fisiologico, ci permettono di indivi-
duare i meccanismi di
alterazione dell’apparato
muscolo-scheletrico ed i
conseguenti percorsi di
correzione.
La fisiopatologia con
maggiori ripercussioni
sul complesso musco-
lo-scheletrico è quella
retrattile dei muscoli to-
nici posturali, i cui effetti
a livello morfologico sono
particolarmente eviden-
ti e spesso invalidanti (Souchard 2012). Tenere
conto di ciò è assolutamente fondamentale, in
quanto ci porta a considerare un nuovo concet-
to di debolezza muscolare causato dall’eccesso di
rigidità che, quando cronicizza, sta alla base dei
dismorfismi.
I principali elementi implicati in questo meccani-
smo che poco a poco si auto-alimenta sono quelli
che stanno alla base del mantenimento della po-
stura: le fibre muscolari.
Dal punto di vista cinetico ne sono stati individua-
te due tipi
a) Toniche o posturali (muscoli statici)
o Fibre torbide più ricche di mitocondri
o Muscoli che hanno un’attività
pressoché continua
b) Fasiche o di movimento (muscoli dinamici)
o Fibre chiare
o Muscoli che si contraggono più
saltuariamente
Dal punto di vista metabolico, la suddivisione è
più dettagliata (Yang SY et al. 1997).
Caratteristiche delle fibre muscolari di Tipo I, IIa, e IIb
I IIa IIb
Velocità di
contrazione
Lente
(5 - 15 Hz)
Moderatamente
veloci (15 - 40 Hz)
Veloci
(50 - 100 Hz)
Forza di con-
trazione
Leggera Variabile Alta
Affaticabilità
Resistenti alla
fatica
Piuttosto resistenti
alla fatica
Rapidamente
affaticabili
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 63
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.63-69
S&C
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
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PRIM
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LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
DAVID O SWORD
College of Health
Professions
and Weight
Management
Center, Università
di Medicina del
South Carolina,
Charleston,
South Carolina.
esercizio fisico
come strategia
di gestione del
sovrappeso e
dell’obesità:
dove è adatto
l’esercizio con
resistenze da
vincere?
L’
David O Sword
PT, DPT, CSCS
Attualmente, negli Stati Uniti, il 69% degli adul-
ti sono in sovrappeso (indice di massa corporea
[BMI] ≥ 25 kg/m2
), mentre il 36% soddisfano i
criteri per l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2
) (13). Dopo
diversi decenni di rapido aumento, dati recenti
suggeriscono che potremmo essere in vista al-
meno di un appiattimento temporaneo dei tassi
di obesità (13). Anche se questo dato è incorag-
giante, gli sforzi per ridurre le attuali percentuali
del sovrappeso e dell’obesità devono rimanere una
priorità della salute pubblica. Un piano nazionale
incentrato sulla promozione della salute e la pre-
venzione delle malattie, Healthy People 2020 (cfr.
S&C, 5/2013, gennaio-aprile, pp.71-74, NdC), ha
stabilito diversi obiettivi relativi alla riduzione dei
soggetti sovrappeso ed obesi (21).
Secondo il documento Healthy People 2020, il
sovrappeso e l’obesità sono associati ad un au-
mentato rischio di malattie croniche e di morte
prematura (21). Patologie croniche associate con
la condizione di sovrappeso e obesi includono, ma
non solo, ipertensione, diabete di tipo 2, iperlipi-
demia, malattie cardiache, ictus, vari tipi di can-
cro, osteoartrite, problemi respiratori e coleci-
stite (2,12, 21). La precisa relazione tra eccesso
di peso corporeo e mortalità per qualsiasi causa
è alquanto controversa. Anche se alcuni studi
hanno evidenziato che il tasso di mortalità degli
adulti in ognuna delle cause aumenta di pari passo
con crescenti livelli di sovrappeso e obesità (1, 5),
Flegal et al. (14,15) non hanno segnalato alcun
eccesso di mortalità associato con la condizione
di sovrappeso (BMI 25-29,9 kg/m2
). Questi studi
sono in accordo con l’elevato rischio di mortalità
associato con l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2
). Inoltre,
tale alto rischio di mortalità è aggravato da cre-
scenti livelli di obesità.
Come ulteriore prova della gravità di questo pro-
blema, una cattiva alimentazione e la mancanza di
attività fisica (PA), spesso precursori dell’obesità,
sono stati citati come la seconda causa di mor-
te negli Stati Uniti, subito dopo l’uso di tabacco,
soprattutto il fumo di sigaretta e l’esposizione al
fumo passivo (28). L’impatto economico della con-
dizione di essere in sovrappeso e obesi negli Stati
Uniti è sconcertante, stimato - come è - in più di
215 miliardi di dollari ogni anno, con 147 miliardi
di dollari in spese mediche dirette (18).
Chiaramente, c’è un numero significativo di ame-
ricani che attualmente sono al di sopra del ran-
ge raccomandato di BMI 18,5-24,9 kg/m2
(13).
Anche se un numero considerevole di adulti sta
cercando di perdere peso, sono pochi coloro che
stanno facendo i cambiamenti di stile di vita ne-
cessari, richiesti per promuovere la perdita di
peso (3). Inoltre, tra le persone che hanno perso
almeno il 10% del loro peso corporeo, 8 su 10
sono incapaci di mantenere tale perdita di peso
per 1 anno (40). Le attuali raccomandazioni cli-
niche suggeriscono un obiettivo iniziale di perdita
PAROLE CHIAVE
obesità ; controllo
del peso; esercizio
aerobico; esercizio
di resistenza;
eccessivo
consumo di
ossigeno post-
esercizio
Incidenza e impatto dell’essere
sovrappeso ed obesi
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 71
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.71-74
ORIG: EXERCISE AS A MANAGEMENT STRATEGY FOR THE
OVERWEIGHT AND OBESE: WHERE DOES RESISTANCE
EXERCISE FIT IN?, SCJ, VOL.34, N°5, OCTOBER 2012, 47-55PUBB
LICATOPERLA
PRIMA VO
LTAINITALIA
1
13 11.29
Gestione del sovrappeso e dell’obesità
PRIMA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 77
S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.77-80
Daniele Sabatucci, Davide Viggiano
Dipartimento di Medicina e Scienze per la Salute, Univ. Molise - Campobasso Italy PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLI
C
ATO
PRIM
A
V
O
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
allenamento con il balance disc:
dinamica di apprendimento e
influenza delle condizioni
atletiche iniziali.
L’ DANIELE
SABATUCCI
è laureato in
Scienze Motorie
e Sportive ed in
Attività Motoria
Preventiva e
Adattata presso
l’Università degli
studi del Molise
con la quale
collabora in
studi sul controllo
del baricentro.
Allenatore e
Preparatore Fisico
FIP (Federazione
Italiana
Pallacanestro)
Personal Trainer,
Istruttore Kettlebell
e TRX (Suspension
Training). Ha
diretta esperienza
a livello nazionale
come giocatore
di pallacanestro
a livello
professionistico.
PAROLE CHIAVE
wobble board, balance
disc, equilibrio, distorsioni
Introduzione
DAVIDE VIGGIANO
è laureato in
Medicina e
Chirurgia e
dottore di ricerca
in Morfologia
Umana.
Attualmente è
ricercatore di
Fisiologia presso
l’Università degli
Studi del Molise
dove è titolare
dell’insegnamento
di fisiologia del
controllo motorio.
Si occupa di
analisi del sistema
della motivazione
in modelli animali,
traslando poi i
risultati in campo
sportivo e nel
controllo motorio
in atleti.
Uno dei più comuni infortuni muscolo-scheletrici è la distorsione della caviglia, particolar-
mente frequente negli atleti che praticano pallacanestro. La cura di questi infortuni ha
un grosso impatto sulla società a livello economico. Generalmente, per prevenirli vengono
usati piattaforme instabili come il balance disc (3), il wobble board o il balance board.
Questi strumenti durante il loro utilizzo provocano un’instabilità a livello della caviglia,
permettendo di migliorare le risposte automatiche a situazioni di improvvisa instabilità,
come nella pallacanestro. È possibile quindi avvantaggiarsi dell’aumento artificiale della
instabilità per allenare il sistema nervoso a reagire meglio in situazioni di instabilità natu-
rale. Si ritiene che questo tipo di apprendimento possa determinare anche una maggiore
sensibilità propriocettiva a livello della caviglia. Infatti, studi longitudinali hanno dimostra-
to che l’allenamento con balance board è in grado di ridurre e prevenire le distorsioni della
caviglia in atleti di sesso maschile e femminile (1).
Queste piattaforme altamente instabili sono utilizzate in programmi di allenamento di
circa 6-8 settimane e apparentemente migliorano gli indici di stabilità, anche se il mec-
canismo di apprendimento non è del tutto chiaro. Alcuni dati sostengono l’efficacia di
questo tipo di allenamento sul miglioramento dei programmi motori centrali (2). Ulteriori
osservazioni suggeriscono un miglioramento della discriminazione dei movimenti discreti
alla caviglia (4).
La maggioranza di tali studi analizza l’effetto su queste piattaforme instabili dopo un pe-
riodo di allenamento prolungato, in modo da raggiungere una performance costante (fase
di plateau o steady state). Sarebbe molto interessante capire se le loro conclusioni si
applicano anche prima di raggiungere la fase di plateau. Inoltre, non è noto se questo mi-
glioramento della capacità di equilibrio cambia in maschi rispetto alle femmine ed in base
alle condizioni atletiche dei soggetti (per esempio in atleti rispetto a soggetti non atleti).
Un particolare tipo di balance board è il balance disc o fit disc, costituito da un cuscino
gonfiabile con un lato liscio e un lato nodoso. Questo sistema è instabile come le altre
piattaforme, ma in questo caso, essendo costituito da una superficie particolarmente
morbida, si adatta meglio alla pianta del piede e con la parte rugosa fornisce anche una
maggiore stimolazione della superficie plantare del piede. I soggetti utilizzano questo
apparecchio a piedi nudi, al fine di ricevere una maggiore stimolazione. Allo stato attuale
non sono presenti studi che caratterizzano la dinamica di apprendimento e l’efficacia di
questo nuovo tipo di balance board.
Lo scopo di questo lavoro è quindi quello di analizzare l’equilibrio e l’abilità di soggetti atleti
di entrambi i sessi e soggetti di controllo dopo un periodo di formazione con il balance disc.
La durata dell’allenamento è stata limitata al fine di analizzare i soggetti prima di rag-
giungere la fase di plateau. A tal scopo, in questa breve relazione si indaga l’effetto di
allenamento con il balance disc sulla capacità di equilibrio in un singolo test, confrontando
gli effetti ottenuti in entrambi i sessi, in giocatori di pallacanestro e in controlli, prima di
raggiungere la fase di plateau di apprendimento.

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  • 1. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 5 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.5-10 NOI TERRESTRI Menotti Calvani La macchina che c’è in me La leggenda racconta che nel 1666, l’annus mi- rabilis, Isaac Newton mentre era nella sua tenu- ta di Woolsthorpe, fu colpito da una mela caduta dall’albero sotto il quale stava schiacciando un pisolo: non imprecò (!) ma si chiese : «Perché cade sempre verso il centro della Terra (e quindi sulla sua testa), e non trasversalmente o verso l’alto?» Ci doveva essere una forza che chiamò “gravitas” dalla parola latina che significa ”peso”. Newton dimostrò che due corpi, qualunque fosse la loro dimensione e dovunque fossero posizionati nello spazio, si attirano con una forza proporzio- nale al prodotto della loro massa e inversamen- te proporzionale al quadrato della loro distanza. In poche parole la forza con cui si attraggono è tanto più forte quanto più grossa è la loro massa e tanto più debole quanto più sono distanti tra di loro. La Terra e il Sole si attraggono, la Luna e la Terra si attraggono, la piccolissima mela e l’enorme Terra si attraggono… passando per la testa di Newton. La forza di gravità fa cade- re le mele, ci spinge verso il suolo, ci impedisce di al- lontanarci dal nostro pia- neta, condiziona i nostri movimenti e rappresenta il nostro avversario invisibile in tutte le prestazioni spor- tive. La vita sulla Terra è po- tuta nascere e si è evoluta costruendo strutture capa- ci di resistere alla forza di gravità. Tutti gli organi di un essere vivente si spiaccicherebbe- ro al suolo se non avessero una struttura soli- da a cui ancorarsi. Gli insetti si sono muniti di un involucro rigido al cui interno sono appese a “mo’ di armadio” le strutture vitali, un armadio ben ordinato che permette ai vari organi di occu- pare una posizione ben definita e funzionale. Molti esseri viventi si sono avvalsi di una strategia anti- gravitaria differente creando una struttura solida e flessibile composta di molteplici pezzi, capace di fare da contenitore per alcuni organi, da ful- cro per numerose leve, da aggancio per muscoli e tendini, da sostegno per la pelle, a cui spetta- no compiti di rivestimento esterno, di regolazione termica nonché di organo endocrino. Che la forza di gravità abbia fatto da guida alla nascita di nuovi esemplari viventi nel corso della evoluzione tro- va conferma nella straordinaria somiglianza delle strutture di sostegno (scheletro) in animali molto differenti tra loro quali gli uccelli, i rettili, i ceta- cei, i mammiferi, uomo compreso. La forza di gravità ha condizionato l’evoluzione del- la vita sulla Terra, imponendo limiti costruttivi ben precisi agli animali, influenzandone le dimensioni. L’importanza del rapporto tra scheletro e dimen- sioni era stata sottolineata da Galileo quando os- servando le zampe di una gazzella e di un bisonte, entrambi mammiferi della famiglia dei bovidi, notò che le zampe del bisonte erano notevolmente più robuste di quelle della gazzella: le dimensioni dei due animali dovevano avere delle conseguenze sul- Figura n°1 - La mela sfrutta la forza di gravità per portare in terra i semi; la forza di gravità porta in terra una sollevatrice di pesi egiziana; la De Martino “torna sulla terra” per godersi il bronzo. Figura n°2 - A) Una formica con il suo scheletro esterno. B) Schele- tro di mani e piedi di rettili, scim- mia e uomo in un libro del 1873. MENOTTI CALVANI Medico, specializzato in neurologia, farmacologia clinica oltre che in tossicologia medica, si è laureato in scienza della nutrizione umana. Ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali prevalentemente sui temi del metabolismo, sui mitocondri e sulle patologie degenerative.
  • 2. Overtraining, overreaching: cominciamo da un famoso esperto! S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 11 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.11-16 Che cosa è e come si manifesta EVASIO PASINI Fondazione “S Maugeri”, IRCCS, Lumezzane (BS). I principali settori di ricerca e di valutazione e terapia clinica sono attualmente due: la valutazione personalizzata del metabolismo molecolare e funzionale di pazienti affetti da patologie croniche quali diabete, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, ictus, insufficienza respiratoria, insufficienza renale, ecc con quantificazione delle interazioni inter-organo (muscolo, adipe, rene, polmone, cervello, sangue, ecc.) e identificazione di possibili interventi terapeutici individualizzati; gli effetti della terapia farmacologica e nutrizionale e della attività motoria preventiva e riabilitativa sulla capacità lavorativa in soggetti sani e patologici e sugli effetti della prevenzione primaria e secondaria. E. Pasini è autore o coautore di oltre 200 lavori scientifici pubblicati su riviste nazionali ed internazionali. a sindrome da overtraining: che cosa è? Come si manifesta? Da che cosa è causata? Come identificarla precocemente? Come prevenirla o ridurre i sintomi? L Evasio Pasini Lo scopo dell’allenamento negli atleti è quello di aumentare le proprie prestazioni sportive. Ma che cosa avviene nel nostro corpo durante l’allenamento e perché allenandosi si migliorano le prestazioni? Fu un medico austro-ungherese che indentificò le basi fisiologiche dell’allenamento. Di fatto, durante le varie sedute, l’organismo viene stressato con attività che vanno ben al di sopra delle attività normali. Durante questa fase di so- vra-richiesta metabolica/funzionale, l’organismo attinge a risorse straordinarie e riesce ad ese- guire le diverse esercitazioni previste. Quando la seduta di allenamento termina, termina anche lo stimolo stressogeno e l’organismo attua una se- rie di attività metaboliche finalizzate a ristabili- re le condizioni del metabolismo basale, aggiun- gendo tuttavia di volta in volta una piccola riserva detta “supercompensazione”. Se ne deduce che allenamenti continui nel tempo e ben organizzati causano una sommatoria di “supercompensazio- ni” che all’apice del periodo di training aumentano, per forza di cose, la prestazione (1). Da quanto detto, emergono tuttavia alcune con- siderazioni logiche: 1) È importante stabilire allenamenti validi da un punto di vista sia qualitativo che quantita- tivo. 2) È di fondamentale importanza identifica- re il periodo di intervallo (= riposo) tra una sedu- ta di allenamento e l’altra, nel quale il metaboli- smo dell’atleta recupera l’omeostasi metabolica. È chiaro che sia il punto 1 sia il punto 2 sono strettamente personali. Uno degli errori spesso ricorrenti è quello di uniformare, per comodità o PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 3. Gian Nicola Bisciotti GIAN NICOLA BISCIOTTI Physiologist Lead c/o Qatar Orthopaedic and Sport Medicine Hospital, FiFA Center, Doha (Q). Senior Coordinator Kinemove Rehabilitation Centers, Pontremoli, Parma, La Spezia (I). l fenomeno dell’invecchiamento ed il ruolo dei radicali liberi: una teoria in discussione? I Perché invecchiamo? S&C PAROLE CHIAVE radicali liberi, invecchiamento, antiossidanti. Il fenomeno dell’invecchiamento nell’uomo viene attualmente spiegato attraverso essenzialmente tre categorie di teorie. La prima è la cosiddet- ta “teoria evoluzionista”, che si basa sul concetto del “soma disponibile”. Una seconda categoria è costituita dalle “teorie integrative” che analizzano il sistema di mantenimento dell’omeostasi gene- rale che assicura il controllo del fenomeno dell’in- vecchiamento stesso. La terza ed ultima cate- goria è rappresentata dalle “teorie cellulari” che si basano sia sulle influenze ambientali, sia sulle qualità del genoma. Indipendentemente dalla loro categoria di appartenenza, tutte queste teorie sono più o meno inclini a presentare componen- ti di tipo deterministico oppure stocastico. Una spiegazione deterministica dell’invecchiamento è legata all’ipotesi che un unico gene possa influen- zare la durata della vita. Effettivamente, nel topo l’inattivazione di un gene che codifica per la pro- teina p66shc , aumenta del 30% la vita massimale dell’animale. Questa proteina sarebbe infatti in grado di aumentare la produzione di radicali liberi che sarebbero, a loro volta, responsabili dell’in- duzione dell’apoptosi cellulare, ossia una sorta di morte cellulare programmata (Migliaccio e coll., 1999). D’altro canto, con l’avanzare degli anni, nell’uomo come nell’animale, è possibile notare un decadimento delle capacità di regolazione omeo- statica nei confronti dello stress termico ed os- sidativo, a livello sia proteico che enzimatico. È quindi spesso possibile trovare un punto d’incon- tro tra teorie deterministiche e teorie stocasti- che. In questo caso, ad esempio, l’inattivazione di un preciso ed unico gene (teoria deterministica) bloccherebbe l’aumento di radicali liberi respon- sabili di un’alterazione casuale dei costituenti cellulari (teoria stocastica). Anche nell’ambito di alcune patologie umane, può risultare evidente un’interazione tra teorie stocastiche e determi- nistiche dell’invecchiamento. Ne è un esempio la sindrome di Werner. I soggetti colpiti da questa patologia sviluppano, seppur in giovane età, in modo drammaticamente rapido delle caratteri- stiche fisiologiche tipiche dell’età avanzata come un marcato invecchiamento fisionomico, canizie, alopecia, formazione di cataratta, diabete di tipo II, modificazioni sclerodermiche della cute, atro- fia muscolare, osteoporosi, aterosclerosi ed in- sorgenza di patologie tumorali maligne (Epstein e coll., 1966). La morte, causata da neoplasia (che resta la principale causa di morte), affezioni car- diache o cerebrovascolari, sopravviene mediamen- te attorno al quarantasettesimo anno di vita. La sindrome di Werner1 è una malattia autosomica 1. Autosomico/a: riferito/a, relativo/ a, o che si verifica per mezzo di un autosoma; che non implica la partecipazione di cromosomi sessuali. Un autosoma è un qualsiasi cromosoma che non partecipa alla determinazione del sesso (non-X e non-Y); le cellule somatiche umane possiedono 22 coppie di autosomi e due cromosomi sessuali (eterocromosomi). STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 17 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.17-22
  • 4. PAROLE CHIAVE valutazione tecnica, elettromiografia, sensori inerziali, video-analisi, salto giro avanti, salto giro dietro Introduzione Negli sport tecnico-combinatori, quale la ginna- stica artistica, che hanno come obiettivo princi- pale la ricerca della perfezione del gesto tecnico, la tecnica riveste un ruolo fondamentale poiché oggetto della valutazione della prestazione (Wei- neck, 2001). Per tecnica sportiva s’intende la componente principale della prestazione motoria che permette di raggiungere i massimi risultati, rappresentando dunque il modello ideale tipico e l’obiettivo dell’allenamento (Lees, 2002). La valu- tazione del gesto tecnico può essere effettuata mediante un’analisi qualitativa (dal vivo o tramite video-analisi) per individuarne le fasi cruciali e le sequenze spazio-temporali (Knudson, Morrison 2002; Marinsek 2011), e un’analisi quantitativa che utilizza variabili di tipo metrico (cinematiche e dinamiche) (Bernasconi et al. 2000; Harski 2002; Marinsek 2011; Merni 1991). Nella gin- nastica artistica, un ruolo fondamentale è rive- stito dall’esatta esecuzione dell’acrobatica, che prevede la conoscenza di alcuni elementi di base, come i salti giro, dai quali dipende l’evoluzione tecnica del ginnasta al suolo e agli attrezzi. Si definisce salto giro la rotazione di 360° attor- no all’asse trasversale che il ginnasta esegue in avanti o indietro, in attitudine di volo (Laterza, Ravaioli 2000). Considerando la mancanza di stu- di scientifici che abbiano indagato in maniera in- tegrata le caratteristiche neuro-meccaniche dei salti giro avanti e dietro, lo scopo del presente studio pilota è di definirne i parametri cinematici e neuro-meccanici durante le fasi principali (cari- camento, stacco, volo e arrivo) per verificare se, ed eventualmente come, possano influenzare la riuscita del salto. Approccio sperimentale al problema Per la rilevazione dell’attività neuromuscolare è stato utilizzato un elettromiografo portatile (BTS Bioengineering); per lo studio delle accelerazioni lineari e dello spostamento del centro di massa (CdM) attorno ai tre assi x,y e z, e delle velocità angolari, è stato utilizzato un dispositivo inerziale indossabile (Freesense); la frequenza di campiona- mento del sensore è stata configurata a 200Hz. I parametri cinematici (ampiezze degli angoli busto/ coscia, al ginocchio, di atteggiamento, altezza del CdM, tempo di volo, lunghezza del salto) sono stati determinati tramite dati video (JVC–Everio- GZMS120) analizzati con il software Kinovea. Prima dell’inizio della sperimentazione, è stato condotto uno studio preliminare al fine di stabilire un esatto protocollo di studio (routine di riscal- damento, numero di salti, durata complessiva), stabilire la disposizione delle strumentazioni (nu- mero e posizionamento dei marker, esatto luogo di collocazione delle attrezzature) e verificare l’e- cologicità del test. Dall’analisi dei dati preliminari è emerso che l’EMG della parte destra e sinistra del corpo era asso- lutamente comparabile in termini di ampiezza e tempistica; è stato pertanto deciso di posizionare gli elettrodi di superficie sul Vasto Laterale (VAL), Bicipite Femorale (BFCL), Retto Femorale (RF) e Gluteo Massimo (GLMA) dell’arto dominante (il destro in tutti i ginnasti), e Retto dell’Addome (RA) ed Estensore della Colonna (ERSL). Dall’ana- lisi integrata dei dati rilevati tramite software di video analisi Kinovea e sensore inerziale Freesen- se, è stato possibile suddividere il salto in quattro parti fondamentali: fase di caricamento (inizio va- Metodi STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 23 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.23-26 S&C MATTEO BONFIGLIO nalisi neuro-meccanica nell’acrobatica di base della ginnastica artistica A Matteo Bonfiglio, Roberta De Pero, Valentina Camomilla, Paola Sbriccoli Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università degli Studi di Roma, Foro Italico PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C ROBERTA DE PERO VALENTINA CAMOMILLA PAOLA SBRICCOLI Indirizzo di riferimento per comunicazioni agli autori: Prof. Paola Sbriccoli - Università degli Studi di Roma- Foro Italico P.za L. De Bosis, 15 00194 Rome, Italy - Tel/Fax +39 0636733214 Email: paola.sbriccoli@uniroma4.it
  • 5. 27 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.27-34 STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 S&C Pizzigalli Luisa, Gennaro Federico, Nazzi Gino, Rainoldi Alberto olfisti professionisti e dilettanti: quali differenze nel putt? G LUISA PIZZIGALLI Luisa Pizzigalli, PhD (affiliazione: Centro Ricerche Scienze Motorie, SUISM). Dottore di ricerca (PhD) in Sistemi Complessi in Medicina e Scienze della Vita, indirizzo in Fisiopatologia Medica, presso l’Università degli Studi di Torino. Dottore Magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Fisiche Adattate; Docente presso la SUISM (Università degli Studi di Torino). La varietà dei colpi effettuati durante una competizione golfistica si può suddividere in due tipologie principali: il gioco lungo, effettuato tramite i legni ed i ferri, appositamente progettati per proiettare la pallina su lunghe distanze, ed il gioco corto, eseguito tramite “bastoni” specifici: i wedge per avvi- cinarsi all’area del putting green, ed il putter, una volta arrivati in questa zona, per imbucare la pallina eseguendo la tecnica del putt. In una competizione golfistica, il putt rappresenta una componente fondamentale dell’intera presta- zione sportiva. La letteratura scientifica ha infatti evidenziato come questo gesto costituisca circa il 40% di tutti i colpi giocati in una gara (Gwyn & Patch, 1993), ed evidenzia come i maggiori guadagni, derivanti dalle vittorie nei circuiti golfisitici professionistici, siano riconducibili a quanto migliore sia l’abilità nel putt (Alexander & Kern, 2005). Questi dati trovano un’ulteriore conferma nelle statistiche elaborate dall’associazione professionistica di golf più famosa nel mondo, la Professional Golfer Asso- ciation (PGA), che, raccogliendo ed elaborando i risultati di gara (score) di Tiger Woods, uno tra i più celebri e forti giocatori esistenti, ha documentato come questo campione abbia usato il putter per il 41.3% dei suoi colpi totali in un solo anno del circuito golfistico PGA Tour (www.pgatour.com, 20-11- 2009). L’importanza di questa fase di gioco nella prestazione golfistica totale, permetterebbe d’ipotizzare che la differenza di performance nel putt, tra giocatori professionisti e dilettanti, sia molto marcata in favore dei primi. Tuttavia la letteratura interviene documentando come tale forbice non sempre sia così evidente, illustrando invece quanto siano simili, se non identiche, le percentuali di un putt vincente in queste due tipologie di giocatori soprattutto entro certe distanze dalla buca. Un primo confronto tra golfisti professionisti e dilettanti è stato effettuato estrapolando gli score del putt di due competizioni golfistiche, il Birkdale Tournament giocato da professionisti, ed il Berkshire Tournament nel quale hanno gareggiato giocatori dilettanti (Alastair & Stobbs, 1968) (Tab.1). Introduzione FEDERICO GENNARO (affiliazione: SUISM) Dottore in Scienze Motorie e Sportive. Corso di Perfezionamento in Chinesiologia presso la SUISM (Università degli Studi Torino). PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 6. Alberto Andorlini ALBERTO ANDORLINI Dopo una lunga esperienza come Insegnante di Educazione Fisica, è oggi Preparatore Atletico e Riabilitatore. La sua attività si lega da sempre all’interesse per l’evoluzione del Movimento e per lo sviluppo della Performance. Ha lavorato per A.C. Fiorentina, A.C. Siena, Al Arabi Sports Club, Chelsea F.C. e Nazionale Femminile Calcio in qualità di Terapista e Preparatore Atletico. Attualmente è Riabilitatore presso l’U.S.Palermo. Collabora con il Training Lab di Firenze e svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze. ltre l’allenamento 1. Allenare la Funzione è Allenare il Movimento O Introduzione Il nostro viaggio sarà per il momento un viaggio puramente teoretico, me ne rendo conto. Sarà una lettura che potrà portare a sottili disquisi- zioni terminologiche, a nuove attenzioni, ad af- fascinanti scenari, ma anche - d’altra parte - a empasse concettuali, plateau operativi, immobili- tà interpretative. Vorrei fosse un viaggio in grado di condurci a rapide visioni di paesaggi, piuttosto che obbligarci a code noiose davanti all’entrata di affollati musei; un viaggio non per turisti colti ma per viandanti curiosi; ma soprattutto un viaggio che, rimbalzando sulle idee, ci potesse guidare fino al MOVIMENTO; non al movimento perfetto - che non esiste - ma ad un movimento interpre- tato, plasticamente adattabile alle situazioni, alle concatenazioni, alle improvvisazioni. “Allenare la Funzione è allenare il Movimento” è il primo, di una serie di “interventi multi tema- tici”. Primo passo, in punta di piedi, verso la de- finizione di una nuova metodologia di intervento rivolta all’Allenamento del Movimento. La nostra dissertazione nasce con il presente articolo, che è da considerare come una sorta di incubatore di ipotesi concettualizzate ... o di ipotetici concet- ti; proseguirà con una libera lettura dell’assioma “La Forma segue la Funzione” (2° articolo); pas- serà per un asse di riferimento - dal Corpo, al Movimento, fino al Corpo in Movimento - che co- stituirà, invece, la bussola con la quale orientare considerazioni ed alimentare approfondimenti (3° articolo); toccherà una Grammatica elementare che vorrebbe fornire gli strumenti per decodifica- re qualunque composizione motoria (4° articolo); fino a giungere, alla definizione di un modello me- todologico e operativo che abiliti la “performan- ce” (5° articolo). Quella “performance” (ordinaria e straordinaria) che non può essere limitata ad un solo istante, ad una sola seduta, ad un solo momento, ad una sola esecuzione ma che deve essere estesa a tutti i movimenti e... a tutti gli elementi, comuni ad ogni movimento. Non sarà un’esposizione scientifica - prevengo le obiezioni dei cultori dell’esattamente dimostrabile - ma una proposta fatta di concatenazioni che dai principi ci possano guidare al metodo, dalle teorie alla prassi. La proposta è alimentata dalla volontà di esplorare campi di indagine poco noti e dal de- siderio di proporre pensieri e azioni, che siano, se non evidenti, almeno “filosoficamente” attraenti e razionalmente “sostenibili”. Primo pensiero. Nel mondo dell’allenamento, nel campo dello studio e della ricerca, nell’universo delle interpretazioni e delle rivisitazioni, i temi espressi, divulgati e dibattuti, tesi ad inquadrare attualità ed attuabilità, nuove ipotesi ed evidenze storiche, dubbi insolubili ed incrollabili certezze, trovano posto in un puzzle - quello della realtà - che può risultare molto più semplice di quan- to avessimo mai potuto immaginare. Dall’analisi selettiva, si può passare ad una sintesi allarga- ta, dalla sintesi si può se non altro avvicinare la “compressione” concettuale. Facendo del corpo lo strumento, del movimento il mezzo, e del corpo in movimento il fine, l’Allenamento NON è ALLE- NAMENTO del muscolo, delle ossa, del cuore, dei polmoni, ma ALLENAMENTO al MOVIMENTO; non scopre elementi originali, ma piuttosto “riscopre” strutture originarie. L’articolo che segue, non enuncia certezze, ma sfiora argomenti e temi; e li allinea, in ordine sparso e - ahimè - in equilibrio su un asse traballante. Buona lettura. Inizia a collaborare con S&C Alberto Andorlini, per almeno 5 testi originali, per tutto il 2014, cominciando da ora. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 35 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.35-38 PRIMA PARTE
  • 7. S&C È comunemente accettato dalla comunità scienti- fica che l’allenamento della forza, compreso l’alle- namento pliometrico, se ben pianificato e soprat- tutto assistito, produce sensibili adattamenti in bambini ed adolescenti simili a quanto riportato per gli adulti (Faigenbaum AD et al 2009, Falk, B and Mor, G 1996, Lillegar W et al 1997, Kotza- manidis C 2006, Matavulj D et al 2001). I risulta- ti di tali studi, inoltre, mostrano evidenze correla- tive fra lo sviluppo della forza ottenuto ed alcune performance atletiche come la corsa, il salto, etc (Kraemer W and Fleck S 2005). Nonostante alcuni studi abbiano riportato un in- cremento della sezione trasversa (Fukunaga et al 1992) del muscolo anche in soggetti prepuberi, si è concordi nell’assegnare principalmente a modifi- cazioni di tipo nervoso l’incremento dei parametri di forza osservati. È anche ben conosciuto che, nel corso dell’età evolutiva, aumenta gradualmen- te nell’organismo l’attività degli ormoni anaboliz- zanti come GH, I-GF1 e testosterone e che tali presenze contribuiscono, insieme all’allenamento della forza, a realizzare anche modificazioni di ca- rattere morfologico e non solo funzionale. Ovviamente, nei più giovani e negli adolescenti, le precauzioni dovrebbero essere maggiori, data la relativa fragilità delle strutture passive dell’appa- rato locomotore, come cartilagini ed ossa, lega- menti articolari e tendini, ancora in via di accre- scimento. Nella Tab. n.1 (Cfr. anche S&C. Per una scienza del movimento dell’uomo, 2012, 2, pag. 57 e precedenti e seguenti, NdC) vengono ripor- tate le linee guida proposte dalla NSCA (Youth resistance training: updated position. Statement paper from the National Strength and Conditio- ning Association, Faigenbaum AD, Kraemer WJ, Cameron JR, Blimkie, Jeffreys I, Lyle J Micheli, Ni- tka M and Rowland TW, Journal of Strenght and Conditioning Research, 2009), relativamente a questi aspetti. Christou M et al (2006), in uno studio effettuato su 18 giovani calciatori di età 12-15 anni verificò relazioni positive fra l’allenamento della forza e la performance sportiva per bambini di questa età. Divisi in due gruppi, i giovani venivano sottoposti per cinque volte alla settimana e per 16 settima- ne (8 + 8) a: 1° gruppo (SOC), allenamento speci- fico tecnico-tattico più altri mezzi per le qualità fi- siche normalmente utilizzati, evitando però mezzi specifici per la forza muscolare; 2° gruppo (STR), identiche sessioni di allenamento più esercizi per la forza muscolare, ripetuti per due volte a set- timana; il terzo gruppo (CON) era rappresentato da bambini di pari età che non partecipavano ad attività sportive organizzate. Tutti i gruppi furo- no classificati per età maturative simili (Tanner 5 point scale, Malina RM, and Bouchard, 1991) e nessuna differenza media relativamente all’età anagrafica e di allenamento era presente all’inizio dello studio. Gli esercizi di forza utilizzati dal grup- po 2 erano leg press, leg extension, leg flexors, calf rais, sit-ups, più altri per la parte superiore del corpo. Il carico di allenamento prevedeva un STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 39 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.39-44 Stefano D’Ottavio e Antonio Urso STEFANO D’OTTAVIO Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport dell’Università degli Studi Tor Vergata di Roma e Responsabile Nazionale dell’Area Tecnica del Settore Giovanile e Scolastico della FiGC. Direttore del Master Universitario di 1 livello “Teoria e Metodologia della Preparazione Fisica del calcio” nell’Università degli Studi Tor Vergata di Roma. ANTONIO URSO Presidente della Federazione Italiana Pesistica e della European Weightli- fting Federation. Componente dell’Esecutivo della IWF International Weightlifting Fede- ration. Laurea in Scienze Motorie; Laurea Magistrale in Attività Motorie Preventive e Adat- tate; Master 1° livello Scienze Motorie Preventive Adattate e Recupero Atletico; Maestro di Pesistica. Ha allenato la nazionale maschile e femminile di pesistica. è stato più volte campione italiano. allenamento della potenza muscolare nel calcio L’ SECONDA PARTE Particolarità dell’allenamento della potenza nei giovani PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 8. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 45 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.45-47 ity. of er, ha- m- ng 17, of th, . J. en gth ng ur. TD, ce iol. lo- nin 99. ow- 32, nd es. pe- nd mi- ng of in ies 28, nd nt- er- 8. ase es. ore es. ad on- . J. w- es. will nd. ses hil- of 47, en: orts ng- ng Sci. ot- ro- 36- ed ng ain- Giampietro Alberti, Luca Cavaggioni, Athos Trecroci, Roberto Bianchi, Lucio Ongaro Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano GIAMPIETRO ALBERTI Professore Associato di Metodi e Didattiche delle Attività Sportive Facoltà di Scienze Motorie, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute Università degli Studi di Milano giampietro. alberti@unimi.it ack wall squat test: postura e grado di piegamento al ginocchio nell’esercizio di squat B Introduzione La valutazione della qualità del movimento è mate- ria che conquista sempre più interesse da parte di allenatori, terapisti della riabilitazione e ricer- catori; si riferisce ad un ambito esteso di sogget- ti e coinvolge - oltre gli atleti di differente livello - anche giovani in età evolutiva e anziani, per mez- zo dell’analisi di vari parametri – comuni a tutti - comprendenti, per esempio, le caratteristiche antropometriche e/o combinazioni di esse. È di- mostrato, per esempio, come un discreto livello di BMI sia correlato ad una maggiore funzionalità del movimento13,32,36 . La valutazione del comples- so muscolo-scheletrico non può quindi ignorare le caratteristiche morfologiche di ciascun soggetto. Un monitoraggio attento, soprattutto in ambito sportivo, aiuta a ridurre problemi legati alla reite- razione scorretta di un gesto atletico22,23,28 che potrebbe causare, più o meno celermente, proble- matiche tali da sfociare, nel tempo, in un evento infortunistico. Tuttavia, a causa della complessità delle situazio- ni sportive con le quali ci si deve confrontare, la valutazione della qualità del movimento non è suf- ficiente a misurare tutto il complesso della per- formance atletica29,31 . Partendo da tale concetto, è indispensabile im- prontare l’analisi qualitativa attraverso il ricorso a movimenti in grado di esplorare le caratteristi- che legate alla funzionalità muscolo-scheletrica, tali per cui vi sia un collegamento diretto con la prestazione sportiva. Il movimento di Squat, ovvero l’atto di piegare e distendere gli arti inferiori, oltre che essere un gesto presente nella vita quotidiana25 , è consi- derato un esercizio di fondamentale importanza nella preparazione fisica di vari sport. Alcuni ricer- catori hanno dimostrato che, in campo sportivo, l’esercizio di squat è utile ed efficace per svilup- pare forza e potenza muscolare10,16 ; inoltre, la fase di salita e discesa del movimento permette di stimolare congiuntamente la muscolatura degli arti inferiori e quella del tronco che è deputata alla stabilizzazione del centro di massa. In regime di sovraccarico, poi, deve verificarsi una corretta sinergia fra tronco e arti inferiori, affinché si de- termini uno sviluppo della forza, senza che esso stesso diventi causa d’infortunio. Il grado di sollecitazione a carico delle strutture osteo-muscolari dipende poi dall’entità del piega- mento a carico delle articolazioni di ginocchio e anca: mezzo squat-half squat, squat profondo-de- ep squat, squat completo-full squat. L’analisi del movimento di squat (squat test), perciò, può es- sere ritenuta necessaria e tecnicamente utile al fine di verificare come un soggetto modifica la sua postura complessiva, rispetto al progressivo piegamento degli arti, ma più in generale rispet- to all’orientamento dei propri segmenti corporei: posizionamento del capo, allineamento delle spal- le, inclinazione del busto, allineamento del rachide dorsale e lombare e direzionalità speculare fra gi- nocchia e piedi. In questo articolo, dunque, ci oc- cuperemo di esaminare alcune tipologie di “squat test” in forma bi-podalica, tralasciando così tutte le differenti modalità di esecuzione in forma mo- nopodalica, e proporremo una nuova versione di squat test, semplice e agevole da realizzare, che introdurrà, per la prima volta, la presenza della PRIMA PARTE PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C LUCA CAVAGGIONI Laurea Magistrale in Scienza Tecnica e Didattica dello Sport, Dottorando in Scienze dello Sport, Università degli Studi di Milano ATHOS TRECROCI Laurea Magistrale in Scienza Tecnica e Didattica dello Sport, Dottorando in Scienze dello Sport, Università degli Studi di Milano
  • 9. Marco Basilio MARCO BASILIO Componente Staff Tecnico Nazionale FIB Settore Volo per la preparazione delle specialità di tiro progressivo e tiro veloce a coppie. Già componente (2001-2011) dello Staff Nazionale Special Olympics. l talento nello sport delle bocce, modalità dell’individuazione e dello sviluppo. Il ricambio generazionale I Per poter definire con sufficiente affidabilità che un soggetto in età giovanile possa rappresentare un potenziale talento nello sport bocce, occorre tener ben presente la struttura della massima prestazione che potrà essere conseguita in tempi futuri. La prognosi ottenibile si basa sull’analisi di aspetti multifattoriali che, comunque, forni- scono una rappresentazione globale, suscettibi- le d’interpretazioni parziali che andranno via via delineandosi col progredire della specializzazione degli interventi, sempre pianificati su base mul- tilaterale. Le procedure d’identificazione si basano, sostan- zialmente, su tre diverse modalità di verifica: • diagnosi della prestazione: consiste in un ac- certamento del livello delle diverse Capaci- tà-Abilità; • diagnosi dello sviluppo: consiste in una valu- tazione iniziale ed in rilevamenti successivi, ottenendo una curva dello sviluppo individuale delle capacità di prestazione; • controllo dell’allenamento: mediante l’utilizzo di parametri di valutazione come mezzo di ac- certamento del processo di allenamento pro- grammato. Il confronto tra livelli di prestazione dei coetanei delle altre Nazioni e i dati ottenuti dalle ricerche avviate daranno un quadro più completo alla ricer- ca delle specifiche caratteristiche che permet- teranno di definire un giovane come “potenziale talento” nello sport bocce. Le caratteristiche della personalità, impegno-di- sponibilità verso le attività di allenamento, vengo- no misurate attraverso l’analisi di questionari; le qualità tecnico–tattiche e comportamentali sono misurate attraverso l’utilizzo dell’osservazione e la compilazione di schede, griglie, check list e ta- belle. Il programma nazionale prevede l’inserimento dei più giovani nel progetto federale “talento”, attra- verso operazioni che hanno un orientamento de- terminato in ambito pedagogico: nella fase di preselezione i giovani sottoposti ad osservazione per il gioco tradizionale (età maschi: 12-13; età femmine 11-12) e per i giochi alternativi progressivo-staffetta (età maschi: 13-14; età femmine: 12-13) si alle- neranno nelle Società di appartenenza, sotto la guida del proprio Tecnico societario, che si avvarrà della consulenza dei Responsabili di area sia del gioco tradizionale, sia dei giochi alternativi. A cadenza mensile gli atleti parte- ciperanno a stages o ad allenamenti collegiali che si terranno presso i Centri federali decen- trati di preparazione. In questa fase verranno inclusi 15-20 atleti tra femmine e maschi per ogni area di riferimento. Successivamente, dai 15 anni per le femmine e 16 anni per i maschi, le attività di preparazione si svolgeranno prevalentemente nei Centri federali regionali di preparazione. In questa fase gli atleti formeranno gruppi di 10- 15 atleti tra femmine e maschi. La FIB intende attivare, con la massima atten- zione ed efficacia, un processo dinamico sistema- STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 51 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.51-54 S&C PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 10. Luca Marin, Matteo Vandoni, Filippo Lauri, Massimiliano Febbi Il Ministero della Salute valuta che in Italia siano ottantamila le persone colpite da lesione midolla- re, con un incremento annuale di 20/25 nuovi casi per milione di persone; l’80% delle persone mie- lolese nel nostro Paese ha un’età compresa tra i 10 e i 40 anni. I traumi della colonna vertebra- le abbinati a lesione midollare hanno conseguen- ze molto gravi, spesso mortali; dei pazienti che sopravvivono il 25% diventa tetraplegico, mentre il 75% viene colpito da paraplegia. Gli esiti del- la paraplegia dipendono dal livello vertebrale della lesione e variano da un deficit degli arti inferiori sino alla paralisi di entrambi gli arti e del tronco; tutti i pazienti manifestano, indipendentemente dal livello lesionale, disfunzioni dei riflessi spinali e problematiche vescicali, intestinali e sessuali. La principale ricaduta di questa patologia è la mo- difica dello stile e della qualità di vita, considerata nella completezza della sfera bio-psico-comporta- mentale; in questa situazione, appare ovvio con- siderare anche i cambiamenti indotti sui/dai livelli di attività fisica praticata. Un numero ormai con- siderevole di studi evidenzia l’efficacia dell’attività fisica come strumento di prevenzione, primaria e secondaria; parimenti, altri studi indicano la tipo- logia e la quantità di esercizio ideale per ogni pato- logia. Per quanto riguarda la paraplegia, in lette- ratura non è semplice reperire studi che indagano le dosi e l’efficacia dell’esercizio, in termini di be- nessere e di aumento della qualità della vita, nei soggetti affetti da questa patologia. Nel numero 0 di S&C (Marin L, Il modello bio-psico-sociale nel- la prescrizione dell’attività fisica adattata, S&C, Anno 1, numero 0, autunno 2011, 66-68) appar- ve un articolo che ripercorreva brevemente i fon- damentali cambiamenti avvenuti in ambito medico e successivamente sociale, nella classificazione della disabilità (1). Il passaggio fondamentale dalla valutazione della disabilità, basata sulla “perdi- ta della funzione”, a quello della quantificazione delle capacità residue, abilità dell’individuo, apre la strada ad un nuovo approccio. L’integrazione sociale passa necessariamente anche attraverso l’autonomia personale e proprio su questo assun- to si basa il lavoro presentato in questo articolo che vorrebbe promuovere la pratica dell’attività fisica finalizzata al recupero biopsicosociale indi- viduale. In questa prima parte, verrà descritta la scala di valutazione che può essere adottata per valutare le capacità residue del soggetto al fine di individualizzare la proposta di attività fisica. Uno studio di Jacobs (1) indaga gli effetti dell’al- lenamento di resistenza sulla capacità di lavoro, sulla forza muscolare e sulla potenza anaerobica della parte superiore del corpo in soggetti con pa- raplegia cronica e arriva alla conclusione che tale allenamento può incrementare significativamente i suddetti parametri nei soggetti paraplegici. Uno studio di Zoeller et al. (2), su un campione di soggetti paraplegici, indica che una maggior forza muscolare è associata ad una maggior potenza aerobica e ad una maggior endurance. La maggior forza muscolare potrebbe esercitare un’influen- za positiva sulla performance durante l’esercizio, S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 55 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.55-61 LUCA MARIN Dottore in Fisioterapia. Docente presso il Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Pavia. Docente e Tecnico della Federazione Italiana Pesistica. bili si diventaA L’attività fisica secondo il modello biopsicosociale MATTEO VANDONI Ricercatore presso il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense (Università di Pavia). Esercizio fisico e mielolesione PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C PRIMA PARTE
  • 11. ORAZIO RENATO MELI Laureato in Scienze della Riabilitazione e in Fisioterapia, opera presso la U.O.C. Anziani e Cure Domiciliari come fisioterapista per la A.S.P. di Catania. È stato docente in corsi universitari di perfezionamento post-base presso l’Università di Roma “Tor vergata”. È presidente dell’associazione a carattere scientifico Ass. ne Italiana di rieducazione Posturale Globale. tretching globale attivo e paraplegia S Diego Sgamma, Orazio Renato Meli DIEGO SGAMMA è fisioterapista con Master in Osteopatia presso l’Università di Lione (Francia). Autore e co- autore di diverse pubblicazioni, oltre a svolgere la sua attività di fisioterapista, è docente per i corsi di RPG presso una università francese (U.I.P.T.M.) e fa parte del comitato scientifico dell’Associazione Italiana Rieducazione Posturale Globale. Lo Stretching Globale Attivo (SGA) (Souchard 1995) è un metodo di allungamento miofasciale che deriva dalla Rieducazione Posturale Globa- le (RPG), ideata dal Prof. Ph. E. Souchard fisiote- rapista Francese (Souchard 2012). Lo SGA nell’ambito della RPG occupa uno spazio importante, che è quello sia di prevenire l’instau- rarsi di un processo patogenetico, che di favorire il mantenimento dei risultati ottenuti dall’approc- cio terapeutico precedentemente proposto. In termini molto semplici, l’utilizzo dello SGA serve a migliorare l’armonia muscolo-scheletrica, impe- dendo ai fruitori di diventare pazienti ed ai pazienti che hanno finito il loro percorso terapeutico, di tornare ad esserlo. Tale metodo sviluppa il proprio approccio, parten- do dalla considerazione che la patologia muscola- re e osteo-articolare costituiscano un’alterazione della fisiologia e quindi solo una loro conoscenza approfondita possa permettere di individuarne le alterazioni. L’individuazione dei modi e dei processi fisiopa- tologici, attraverso cui avvengono le alterazioni dello stato fisiologico, ci permettono di indivi- duare i meccanismi di alterazione dell’apparato muscolo-scheletrico ed i conseguenti percorsi di correzione. La fisiopatologia con maggiori ripercussioni sul complesso musco- lo-scheletrico è quella retrattile dei muscoli to- nici posturali, i cui effetti a livello morfologico sono particolarmente eviden- ti e spesso invalidanti (Souchard 2012). Tenere conto di ciò è assolutamente fondamentale, in quanto ci porta a considerare un nuovo concet- to di debolezza muscolare causato dall’eccesso di rigidità che, quando cronicizza, sta alla base dei dismorfismi. I principali elementi implicati in questo meccani- smo che poco a poco si auto-alimenta sono quelli che stanno alla base del mantenimento della po- stura: le fibre muscolari. Dal punto di vista cinetico ne sono stati individua- te due tipi a) Toniche o posturali (muscoli statici) o Fibre torbide più ricche di mitocondri o Muscoli che hanno un’attività pressoché continua b) Fasiche o di movimento (muscoli dinamici) o Fibre chiare o Muscoli che si contraggono più saltuariamente Dal punto di vista metabolico, la suddivisione è più dettagliata (Yang SY et al. 1997). Caratteristiche delle fibre muscolari di Tipo I, IIa, e IIb I IIa IIb Velocità di contrazione Lente (5 - 15 Hz) Moderatamente veloci (15 - 40 Hz) Veloci (50 - 100 Hz) Forza di con- trazione Leggera Variabile Alta Affaticabilità Resistenti alla fatica Piuttosto resistenti alla fatica Rapidamente affaticabili STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 63 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.63-69 S&C PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 12. DAVID O SWORD College of Health Professions and Weight Management Center, Università di Medicina del South Carolina, Charleston, South Carolina. esercizio fisico come strategia di gestione del sovrappeso e dell’obesità: dove è adatto l’esercizio con resistenze da vincere? L’ David O Sword PT, DPT, CSCS Attualmente, negli Stati Uniti, il 69% degli adul- ti sono in sovrappeso (indice di massa corporea [BMI] ≥ 25 kg/m2 ), mentre il 36% soddisfano i criteri per l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2 ) (13). Dopo diversi decenni di rapido aumento, dati recenti suggeriscono che potremmo essere in vista al- meno di un appiattimento temporaneo dei tassi di obesità (13). Anche se questo dato è incorag- giante, gli sforzi per ridurre le attuali percentuali del sovrappeso e dell’obesità devono rimanere una priorità della salute pubblica. Un piano nazionale incentrato sulla promozione della salute e la pre- venzione delle malattie, Healthy People 2020 (cfr. S&C, 5/2013, gennaio-aprile, pp.71-74, NdC), ha stabilito diversi obiettivi relativi alla riduzione dei soggetti sovrappeso ed obesi (21). Secondo il documento Healthy People 2020, il sovrappeso e l’obesità sono associati ad un au- mentato rischio di malattie croniche e di morte prematura (21). Patologie croniche associate con la condizione di sovrappeso e obesi includono, ma non solo, ipertensione, diabete di tipo 2, iperlipi- demia, malattie cardiache, ictus, vari tipi di can- cro, osteoartrite, problemi respiratori e coleci- stite (2,12, 21). La precisa relazione tra eccesso di peso corporeo e mortalità per qualsiasi causa è alquanto controversa. Anche se alcuni studi hanno evidenziato che il tasso di mortalità degli adulti in ognuna delle cause aumenta di pari passo con crescenti livelli di sovrappeso e obesità (1, 5), Flegal et al. (14,15) non hanno segnalato alcun eccesso di mortalità associato con la condizione di sovrappeso (BMI 25-29,9 kg/m2 ). Questi studi sono in accordo con l’elevato rischio di mortalità associato con l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2 ). Inoltre, tale alto rischio di mortalità è aggravato da cre- scenti livelli di obesità. Come ulteriore prova della gravità di questo pro- blema, una cattiva alimentazione e la mancanza di attività fisica (PA), spesso precursori dell’obesità, sono stati citati come la seconda causa di mor- te negli Stati Uniti, subito dopo l’uso di tabacco, soprattutto il fumo di sigaretta e l’esposizione al fumo passivo (28). L’impatto economico della con- dizione di essere in sovrappeso e obesi negli Stati Uniti è sconcertante, stimato - come è - in più di 215 miliardi di dollari ogni anno, con 147 miliardi di dollari in spese mediche dirette (18). Chiaramente, c’è un numero significativo di ame- ricani che attualmente sono al di sopra del ran- ge raccomandato di BMI 18,5-24,9 kg/m2 (13). Anche se un numero considerevole di adulti sta cercando di perdere peso, sono pochi coloro che stanno facendo i cambiamenti di stile di vita ne- cessari, richiesti per promuovere la perdita di peso (3). Inoltre, tra le persone che hanno perso almeno il 10% del loro peso corporeo, 8 su 10 sono incapaci di mantenere tale perdita di peso per 1 anno (40). Le attuali raccomandazioni cli- niche suggeriscono un obiettivo iniziale di perdita PAROLE CHIAVE obesità ; controllo del peso; esercizio aerobico; esercizio di resistenza; eccessivo consumo di ossigeno post- esercizio Incidenza e impatto dell’essere sovrappeso ed obesi S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 71 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.71-74 ORIG: EXERCISE AS A MANAGEMENT STRATEGY FOR THE OVERWEIGHT AND OBESE: WHERE DOES RESISTANCE EXERCISE FIT IN?, SCJ, VOL.34, N°5, OCTOBER 2012, 47-55PUBB LICATOPERLA PRIMA VO LTAINITALIA 1 13 11.29 Gestione del sovrappeso e dell’obesità PRIMA PARTE
  • 13. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno II - Numero 6 / Settembre-Dicembre 2013 77 S&C(Ita)n.6,Settembre-Dicembre2013,pp.77-80 Daniele Sabatucci, Davide Viggiano Dipartimento di Medicina e Scienze per la Salute, Univ. Molise - Campobasso Italy PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLI C ATO PRIM A V O LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C allenamento con il balance disc: dinamica di apprendimento e influenza delle condizioni atletiche iniziali. L’ DANIELE SABATUCCI è laureato in Scienze Motorie e Sportive ed in Attività Motoria Preventiva e Adattata presso l’Università degli studi del Molise con la quale collabora in studi sul controllo del baricentro. Allenatore e Preparatore Fisico FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) Personal Trainer, Istruttore Kettlebell e TRX (Suspension Training). Ha diretta esperienza a livello nazionale come giocatore di pallacanestro a livello professionistico. PAROLE CHIAVE wobble board, balance disc, equilibrio, distorsioni Introduzione DAVIDE VIGGIANO è laureato in Medicina e Chirurgia e dottore di ricerca in Morfologia Umana. Attualmente è ricercatore di Fisiologia presso l’Università degli Studi del Molise dove è titolare dell’insegnamento di fisiologia del controllo motorio. Si occupa di analisi del sistema della motivazione in modelli animali, traslando poi i risultati in campo sportivo e nel controllo motorio in atleti. Uno dei più comuni infortuni muscolo-scheletrici è la distorsione della caviglia, particolar- mente frequente negli atleti che praticano pallacanestro. La cura di questi infortuni ha un grosso impatto sulla società a livello economico. Generalmente, per prevenirli vengono usati piattaforme instabili come il balance disc (3), il wobble board o il balance board. Questi strumenti durante il loro utilizzo provocano un’instabilità a livello della caviglia, permettendo di migliorare le risposte automatiche a situazioni di improvvisa instabilità, come nella pallacanestro. È possibile quindi avvantaggiarsi dell’aumento artificiale della instabilità per allenare il sistema nervoso a reagire meglio in situazioni di instabilità natu- rale. Si ritiene che questo tipo di apprendimento possa determinare anche una maggiore sensibilità propriocettiva a livello della caviglia. Infatti, studi longitudinali hanno dimostra- to che l’allenamento con balance board è in grado di ridurre e prevenire le distorsioni della caviglia in atleti di sesso maschile e femminile (1). Queste piattaforme altamente instabili sono utilizzate in programmi di allenamento di circa 6-8 settimane e apparentemente migliorano gli indici di stabilità, anche se il mec- canismo di apprendimento non è del tutto chiaro. Alcuni dati sostengono l’efficacia di questo tipo di allenamento sul miglioramento dei programmi motori centrali (2). Ulteriori osservazioni suggeriscono un miglioramento della discriminazione dei movimenti discreti alla caviglia (4). La maggioranza di tali studi analizza l’effetto su queste piattaforme instabili dopo un pe- riodo di allenamento prolungato, in modo da raggiungere una performance costante (fase di plateau o steady state). Sarebbe molto interessante capire se le loro conclusioni si applicano anche prima di raggiungere la fase di plateau. Inoltre, non è noto se questo mi- glioramento della capacità di equilibrio cambia in maschi rispetto alle femmine ed in base alle condizioni atletiche dei soggetti (per esempio in atleti rispetto a soggetti non atleti). Un particolare tipo di balance board è il balance disc o fit disc, costituito da un cuscino gonfiabile con un lato liscio e un lato nodoso. Questo sistema è instabile come le altre piattaforme, ma in questo caso, essendo costituito da una superficie particolarmente morbida, si adatta meglio alla pianta del piede e con la parte rugosa fornisce anche una maggiore stimolazione della superficie plantare del piede. I soggetti utilizzano questo apparecchio a piedi nudi, al fine di ricevere una maggiore stimolazione. Allo stato attuale non sono presenti studi che caratterizzano la dinamica di apprendimento e l’efficacia di questo nuovo tipo di balance board. Lo scopo di questo lavoro è quindi quello di analizzare l’equilibrio e l’abilità di soggetti atleti di entrambi i sessi e soggetti di controllo dopo un periodo di formazione con il balance disc. La durata dell’allenamento è stata limitata al fine di analizzare i soggetti prima di rag- giungere la fase di plateau. A tal scopo, in questa breve relazione si indaga l’effetto di allenamento con il balance disc sulla capacità di equilibrio in un singolo test, confrontando gli effetti ottenuti in entrambi i sessi, in giocatori di pallacanestro e in controlli, prima di raggiungere la fase di plateau di apprendimento.