Spreading waterpolo sport+immagine - il caso della asd fanfulla waterpolo
Ingegneri l'utilizzo di sovraccarichi per lo sviluppo della forza nella pallanuoto parte 1
1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Scienze Motorie
Corso di Laurea in Scienze Motorie, Sport e Salute
L’utilizzo di sovraccarichi per
lo sviluppo della forza nella pallanuoto
Relatore: Prof. Raffaele SCURATI
Tesi di Laurea di:
Stefano INGEGNERI
Matricola n. 763594
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
2. INDICE
Presentazione................................................................................................................pag. 1
1 INTRODUZIONE
1.1 La forza
1.1.1 Definizione................................................................................................pag. 2
1.1.2 Classificazione.........................................................................................pag. 3
1.1.3 I fattori della forza ...................................................................................pag. 5
1.2 Modello prestativo della pallanuoto e caratteristiche dei giocatori ..........pag.7
2 ORGANIZZAZIONE E RASSEGNA DEI LAVORI ANALIZZATI ......................pag. 12
2.1 L’utilizzo di sovraccarichi nel nuoto...............................................................pag. 13
2.1.1 Mezzi e metodi generali su terraferma
2.1.2 Mezzi e metodi specifici in acqua
2.2 L’utilizzo di sovraccarichi per gli arti inferiori..............................................pag. 18
2.2.1 Mezzi e metodi generali su terraferma
2.2.2 Mezzi e metodi specifici in acqua
2.3 L’utilizzo di sovraccarichi nei tiri.....................................................................pag. 21
2.3.1 Mezzi e metodi generali
2.3.2 Mezzi e metodi specifici
3 DISCUSSIONE ..........................................................................................................pag. 28
4 CONCLUSIONI..........................................................................................................pag. 32
Bibliografia ...................................................................................................................pag. 33
Ringraziamenti
3. 1
Presentazione
L’argomento del mio elaborato finale non poteva che riguardare la pallanuoto. Essa è
stata una presenza costante che mi ha accompagnato in questa parte di vita.
Nonostante non sia un’atleta di alto livello, ho comunque potuto sperimentare sulla
mia pelle, cosa significhi allenarsi. Ed è sorprendente notare come la natura stessa
di questo sport, obblighi a sottoporti a sedute di allenamento costanti ed
estremamente faticose, sebbene i traguardi da raggiungere siano meno prestigiosi.
Questo, credo dimostri che la pallanuoto è uno sport duro ed affascinante, che
contribuisce a forgiare un individuo da un punto di vista fisico e mentale. È proprio
questa convinzione, che mi ha spinto ad intraprendere la carriera di allenatore e il
percorso nelle Scienze Motorie è stata l’inevitabile conseguenza per poter legittimare
quello che sto tutt’ora facendo. La scelta di approfondire questo argomento
scaturisce dall’osservazione di come ormai sia pratica comune in tutti gli sport, porre
sempre più attenzione alla cosiddetta “preparazione atletica”. La necessità di avere
atleti più forti, più grossi ed in grado di arrivare fino alla fine di una competizione,
riuscendo magari ad anticipare gli avversari di un secondo o di un centimetro è
sicuramente essenziale in qualsiasi contesto agonistico. Assodata quindi la forza
come qualità fisica fondamentale, ecco che programmare sedute di allenamento
incentrate allo sviluppo di questa, diventa indispensabile sia negli sport individuali
che negli sport di squadra. Le discipline acquatiche non si sottraggono ovviamente a
questo scenario, e mentre “sul campo” vengono applicate metodologie differenti, la
letteratura scientifica a riguardo risulta spesso carente e contraddittoria. Questa
difficoltà nell’ottenere dati significativi e non discordi, è dovuta principalmente alle
limitazioni imposte dall’ambiente acquatico. Scopo di questo elaborato è quindi
quello di revisionare i lavori scientifici, integrarli con le conoscenze acquisite in questi
tre anni, al fine di presentare un’analisi critica utile soprattutto a riscontri pratici.
4. 2
1 INTRODUZIONE
1.1 La forza
1.1.1 Definizione
Cercare di definire in maniera semplice ed univoca il concetto di forza è complicato.
Infatti, già lo stesso termine presuppone che si operi un distinguo tra la grandezza
utilizzata in fisica e la corrispondente intesa come prerequisito per l’esecuzione di
attività motorie e sportive [1]
. Nel primo caso infatti essa è definita come l’agente
fisico capace di alterare l’equilibrio statico o dinamico di un corpo, e viene quindi
esplicata come il prodotto della massa del corpo per l’accelerazione che esso
subisce (F = m ∙ a).
Nel campo della scienza dello sport invece, la forza rappresenta la capacità di
opporsi / vincere una resistenza attraverso la contrazione muscolare.
Numerosi autori si sono prodigati nel dare una loro definizione:
· Verchosanskij (1970) – “è la capacità del muscolo scheletrico di produrre
tensione nelle varie manifestazioni”
· Kusnezov (1982) – “è la capacità del nostro sistema neuromuscolare di
sviluppare tensioni per superare resistenze esterne (sovraccarichi o peso del
corpo) ed interne (contrazioni contrastanti dei muscoli antagonisti)”
· Merni – Nicolini (1988) – “è la capacità motoria che permette di imprimere
accelerazioni elevate al proprio corpo, a parte di esso o ad oggetti e di vincere
notevoli resistenze esterne”
· Vittori (1990) – “la capacità che i componenti intimi della materia muscolare
(miofibrille) hanno di contrarsi”
Nessuna definizione può considerarsi però del tutto esaustiva, in quanto la forza di
un muscolo scheletrico umano è la straordinaria sintesi di fenomeni fisiologici e
psicologici di notevole complessità [2]
.
5. 3
1.1.2 Classificazione
Prima di affrontare le distinzioni proposte in ambito sportivo, le quali comunque
riflettono sempre un’esigenza tecnico-didattica, è utile illustrare le classificazioni che
si adottano dal punto di vista fisiologico.
Considerando la contrazione muscolare, possiamo parlare di contrazione statica nel
momento in cui il muscolo sviluppa tensione senza modificare la propria lunghezza.
Nel caso tale tensione sia sviluppata contro una resistenza invincibile, il livello di
tensione prodotta è massimo e quindi la contrazione prende il nome di isometrica.
Parliamo invece di contrazione dinamica o anisometrica quando il muscolo
contraendosi modifica la propria lunghezza. Questo può avvenire in due modi: se il
muscolo accorcia il proprio ventre, la contrazione è concentrica; invece se questo
contraendosi si allunga, si dice eccentrica. È evidente come dal punto di vista
fisiologico, il carico sia il fattore discriminante il tipo di contrazione. Un carico vincibile
produrrà un lavoro positivo in contrazione concentrica. Viceversa una resistenza
esterna superiore alla tensione muscolare produrrà un lavoro cedente, se tale carico
è spostabile; mentre verrà prodotto lavoro isometrico se il carico è inamovibile.
Prendendo poi in considerazione le sole contrazioni dinamiche, è possibile operare
delle distinzioni riguardo il tipo di tensione muscolare prodotto. È definita tensione
isotonica lo sviluppo di tensione costante per tutta la contrazione. Questo può
avvenire solamente se la resistenza rimane invariata, perciò (nonostante questo
termine sia spesso utilizzato in modo improprio riferendosi alle contrazioni
concentriche ed eccentriche) in vivo non esistono contrazioni di questo tipo, poiché le
leve corporee interessate nel movimento cambiano la propria efficienza
biomeccanica in relazione agli angoli di lavoro. Invece, la tensione isocinetica si
realizza (attraverso speciali macchinari) quando si contrae il muscolo a velocità
6. 4
costante per tutta l’estensione dell’articolazione interessata. La resistenza in questo
caso è variabile, cioè si aggiusta in relazione alle caratteristiche del movimento, per
esercitare livelli di forza massimi anche negli angoli articolari più sfavorevoli. Infine si
definisce tensione auxotonica quella sviluppata quando la resistenza aumenta
progressivamente al variare della lunghezza del muscolo, ovvero quando aumenta
man mano che il muscolo sia accorcia. Questo tipo di contrazione è ottenibile
lavorando con elastici o molle.
Come anticipato, la forza può essere catalogata anche in base alle sue
manifestazioni, e la seguente classificazione proposta è tuttora largamente utilizzata.
Con il termine Forza Massima si intende la capacità di un muscolo di esprimere la
massima tensione isometrica, o la massima tensione possibile per spostare un carico
che non consente di modulare la velocità di esecuzione. Quando invece il carico
diventa “gestibile” si parla di Forza Massima Dinamica. Con il termine Forza
Esplosiva o Forza Veloce si definisce l’abilità di esprimere elevate tensioni nel minor
tempo possibile partendo da una situazione di immobilità. Infine con l’espressione
Forza Resistente, si tiene conto sia della Resistenza alla Forza Veloce (Local
Muscular Endurance) che della Resistenza Muscolare. La prima consiste nell’
esprimere elevate tensioni ripetute per un tempo relativamente lungo, come avviene
tipicamente negli sport ciclici. La seconda è invece la capacità di esprimere tensioni
di bassa intensità protratte per lungo tempo.
7. 5
1.1.3 I fattori della forza
L’ espressione di forza è condizionata da fattori neuromuscolari, biomeccanici e
bioenergetici. Mentre alcuni di questi fattori riflettono il patrimonio genetico
dell’individuo e sono quindi immutabili, altri sono influenzabili con l’allenamento.
I fattori neuromuscolari esprimono l’interazione tra sistema nervoso centrale e i
muscoli scheletrici, perciò tra questi fattori possiamo annoverare la velocità di scarica
dei motoneuroni, ovvero la frequenza con la quale gli stimoli eccitatori giungono al
muscolo. La risposta contrattile del muscolo è determinata dal tipo di unità motorie e
dal reclutamento di queste. Distinguiamo 3 tipi di unità motorie: FF (fast-fatigable),
FR (fast-resistant) e S (slow). Esse sono classificate in base a proprietà fisiologiche e
meccaniche delle fibre muscolari che esse innervano e cioè: velocità di contrazione,
forza sviluppata e resistenza alla fatica [3]
.
L’intensità della contrazione, ovvero la modulazione della forza espressa dipende dal
numero di unità motorie reclutate. Il reclutamento avviene in un primo momento in
maniera “spaziale”, ovvero rispettando il principio della dimensione di Henneman.
Secondo questa legge vengono prima reclutate le unità motorie più piccole e più
lente (quelle di tipo S) poi quelle di diametro maggiore, più veloci (FR e FF). In un
secondo momento, quando cioè tutte le unità motorie sono state reclutate, un
ulteriore aumento dell’intensità contrattile è ottenuto in maniera “temporale”
aumentando cioè la frequenza di scarica a livello dell’unità motoria. L’affinamento di
Tipo di unità
motoria
Forza sviluppata Velocità di
contrazione
Resistenza alla
fatica
Tipo di fibre
muscolari
FF Elevata elevata bassa
glicolitiche rapide
(IIx)
FR Media elevata media
Glicolitico-
ossidativee rapide
(IIa)
S Bassa bassa elevata
ossidative lente
(I)
Tab. 1: Caratteristiche delle unità motorie e correlazione con la tipologia muscolare.
Da McArdle W, Katch F, Katch V. - Fisiologia applicata allo sport (tab. modificata)
8. 6
questi meccanismi, prende il nome di coordinazione intramuscolare, ed è alla base
dell’ aumento della possibilità di esprimere tensione muscolare dopo un periodo di
allenamento. Sempre da un punto di vista neuromuscolare, anche il diametro delle
fibre muscolari e la lunghezza dei sarcomeri giocano un ruolo importante nel
determinare il grado di forza. Il diametro della fibra determina quante miofibrille sono
disposte in parallelo. Maggiore è il numero di miofibrille in parallelo, maggiore è il
numero di sarcomeri. Ciò determina il numero di molecole di actina e miosina che
possono interagire nella sezione trasversa. Invece, la lunghezza del sarcomero
determina sia il grado di sovrapposizione tra i filamenti di actina e quelli di miosina,
sia l’entità della tensione passiva dovuta agli elementi elastici (di natura proteica e
non) che compongono il muscolo. È esperienza comune che se nell’effettuare un
movimento un muscolo viene prestirato, nella successiva fase di contrazione esso
produrrà una tensione superiore. Ciò è dovuto all’immagazzinamento della forza di
retrazione elastica.
Tralasciando l’influenza dell’organizzazione macroscopica dei muscoli, un altro
fattore biomeccanicamente importante è la coordinazione intermuscolare, cioè la
sincronizzazione dei diversi gruppi muscolari durante uno specifico movimento. Tale
aspetto, che è collegato alla padronanza di un particolare gesto atletico, riflette il
livello di allenamento di un individuo. L’importanza di possedere una buona tecnica è
poi evidente quando ci si riferisce alla spesa energetica necessaria ad eseguire un
gesto atletico. Bioenergeticamente la capacità di forza dipende anche dalla
concentrazione a riposo dei vari substrati energetici e dal loro rifornimento durante
l’attività fisica, ecco perché l’economia del gesto è fondamentale. Infine, ma non
meno importante, la capacità di forza dipende dalla volontà dell’individuo, cioè dai
motivi psicologici che spingono a contrarre volontariamente un muscolo.
9. 7
1.2 Modello prestativo della pallanuoto e caratteristiche dei giocatori:
La pallanuoto è una delle discipline sportive più longeve: inventata nel XIX secolo in
Scozia, è uno dei primi sport di squadra ad apparire alle Olimpiadi, è infatti presente
dalla II edizione dei moderni Giochi Olimpici tenutasi a Parigi nel 1900. Tuttavia del
gioco primitivo, praticato in riva ai fiumi, poco è rimasto. L’avvicendarsi delle regole e
delle norme ha portato ad un’evoluzione in termini di velocità e spettacolarità. L’unica
costante è rimasta l’elevata richiesta energetica, cosa che lo rende uno degli sport
più impegnativi a livello fisiologico [4]
.
Gli studi scientifici e le analisi video dimostrano la natura estremamente aciclica ed
intermittente di questo sport. Si è infatti osservato come durante il gioco gli atleti
debbano sostenere attività ad alta richiesta metabolica, che si protraggono
mediamente per meno di 15 secondi; intervallate a momenti di minore richiesta della
durata di 20 secondi [4]
, che corrispondono a brevi periodi di nuoto ad intensità
medio-bassa. Tutto ciò è occasionalmente inframmezzato da brevi situazioni di
recupero, come possono essere i time-out, lo schieramento dopo un goal o gli
intervalli tra le frazioni di gioco. In totale questi momenti di sforzo ad alta intensità
costituiscono approssimativamente i due terzi del tempo di gioco totale [4]
.
Tipo di
giocatore
Durata
totale del
lavoro
(min)
Durata
totale
delle
pause
(min)
Rapporto
lavoro/pausa
durante i
quarti
Rapporto
lavoro/pausa
includendo il
tempo tra i
quarti
Lavoro
totale
come % in
un quarto
Lavoro
totale
come %
del tempo
di gioco
Giocatore di
movimento
34 20 5:2 5:3 73 63
Portiere 16 39 1:2 2:5 34 29
Tab. 2: Tempi medi e rapporto tra lavoro e recupero durante una partita di pallanuoto.
Da Smith 1998.
10. 8
I risultati di alcuni test condotti avvalorano questo quadro. Infatti sia valori di FC
registrati durante il gioco, che i livelli moderatamente alti di lattato ematico (in media
tra le 7 e le 9 mmol, fino ad un massimo di 12 mmol) e il VO2max che si attesta su
valori che vanno da 4,5 a 4,7 l/min [4]
suggeriscono che una grande quantità
dell’energia prodotta ha origine dal metabolismo anaerobico. Il successivo recupero
è a carico del sistema cardio-respiratorio, il quale è quindi necessario che sia
adeguatamente ben allenato per tollerare la richiesta di produzione energetica per
via aerobica [5]
. Si può affermare quindi che, tutti i movimenti di natura esplosivo-
balistica tipici della disciplina (salti, finte, sprint, tiri, passaggi …) sono a carico del
metabolismo anaerobico. Tuttavia il metabolismo aerobico fornisce la maggior parte
dell’energia richiesta per giocare, in quanto: permette al sistema ATP–PC di
“ricaricarsi”; supporta il giocatore durante le fasi di nuotata e durante i momenti a più
bassa intensità e infine provvede alla clearance del lattato. L’affaticamento
sopraggiunge quando queste attività brevi e intense, che di fatto sono eseguite in
sequenza, portano ad una deplezione prematura del PC con il conseguente
accumulo di acido lattico.
Come in molti altri sport di squadra le richieste fisiologiche non dipendono solo dalle
regole del gioco, ma anche dalle peculiarità di ogni singola partita, come ad esempio
il livello di importanza dell’incontro, il luogo di svolgimento, lo stile di gioco, il metodo
di arbitraggio ecc. Ma le differenze più grandi derivano dai diversi ruoli esistenti
all’interno di una squadra, perché gesti atletici diversi caratterizzano richieste
metaboliche diverse. Dalle tabelle 3 e 4 si evince come le attitudini dei portieri
differiscano rispetto a quelle dei giocatori negli altri ruoli.
11. 9
Banalmente, i portieri percorrono meno metri nuotando rispetto ai compagni, ne
consegue un impegno muscolare meno massivo. La gamma dei movimenti di un
portiere coinvolge maggiormente gli arti inferiori, i quali sono impiegati per la maggior
parte del tempo a mantenere un semplice galleggiamento, che permette loro di
seguire le azioni di gioco. Quando invece sono direttamente chiamati in causa, le
veloci azioni dei portieri comprendono salti, remate e scivolamenti atti a sostenere
una posizione verticale del corpo, in preparazione al bloccaggio del pallone.
L’impegno degli altri giocatori è completamente differente. L’attività cardine intorno
alla quale ruota l’essenza stessa del gioco è la continua transizione dalla posizione
orizzontale di nuotata alla posizione verticale, unita alla strenua lotta con l’avversario
per il guadagno di una migliore posizione. È stato osservato come in 1 minuto un
giocatore passa per più di 4,6 volte dalla posizione supina a quella verticale [6]
. Inoltre
tra gli stessi giocatori esistono differenze prestative dovute al ruolo. Basti pensare
ad esempio alle differenze che intercorrono tra il tempo speso dal centroboa nelle
Attività Intensità Frequenza
(eventi a
partita)
Durata
media
(sec)
Durata
totale
(min)
% sul
tempo in
acqua
a
% su tutta
la partita
Salti 5 (alta) 21 < 1 0,2 < 1 < 1
Galleggiam.
a mani alte
5 (alta) 21 1 0,4 < 1 < 1
Galleggiam.
preparatorio
b
4-5
(medio/alta)
55 14 12,6 27 23
Rubare palla
/ commettere
fallo
4 (media) 4 2 0,1 < 1 < 1
Nuotare e
passare la
palla
4 (media) 22 7 2,7 6 5
Galleggiam.
blando
c
2 (recupero) 40 47 31,4 66 57
Tra i quarti 1 (recupero) 3 154 7,7 14
a. Il tempo in cui un giocatore svolge questa attività espressa come percentuale del tempo trascorso
in acqua.
b. Gambata a bicicletta e remata per sostenere la posizione verticale del corpo in preparazione per
portare le mani fuori dall’acqua per saltare, bloccare la palla o rubarla
c. Galleggiamento blando (cioè gambata a bicicletta e remata per seguire l’azione di gioco e
mantenere il contatto visivo con la palla)
Tab. 3: Riepilogo delle attività di un portiere durante una partita di pallanuoto.
Da Smith 1998.
12. 10
lotte a stretto contatto col difensore, rispetto a quello speso dagli esterni per le
ripartenze in sprint. Tutto ciò porta ad una differenza in metri percorsi ad una data
intensità e a differenti produzioni di acido lattico [6]
.
Attività % FC
max
%VO2
max
Frequenza
(eventi a
partita)
Durata
media
(sec)
Durata
totale
(min)
% sul
tempo in
acqua
a
% su
tutta la
partita
Attacco al
centro
b
95 > 87 19 14 7,1 15 13
Sprint a crawl 94 > 87 18 12 3,8 8 7
Difesa al
centro
c
92 > 80 12 17 6,2 13 12
Attacco
attivo
d
92-94 > 80 16 13 3,3 7 6
esterni 25 14 5,6 12 10
altri 9 18 1,6 3 3
Difesa attiva
e
88-94 > 80 23 8 2,9 6 5
esterni 25 15 3,7 8 7
altri 21 7 2,3 5 4
Nuotata
media a crawl
/ a dorso
92 > 80 30 11 5,4 12 10
Preparazione
all’attacco o
alla difesa
88-90 > 74 44 15 11,2 24 21
Nuotata
blanda a
crawl
88 > 74 13 10 2,2 5 4
Galleggiam. /
Nuotata
blanda a rana
24 18 7,4 16 14
In panchina < 1 460 7,7 16 14
Tra i quarti 71 3 145 7,2 13
a. Il tempo in cui un giocatore svolge questa attività espressa come percentuale del tempo trascorso
in acqua.
b. Solo il centro-boa
c. Solo il centro-difesa
d. Include la conduzione della palla, il fintare, il tirare, il guadagnare fallo e il passare.
e. Include il bloccare, il saltare, il commettere fallo, e il difendere in generale.
% FC max: frequenza cardiaca durante l’attività espressa come percentuale della frequenza cardiaca
massima durante una prova massimale di nuoto stazionario.
% VO2 max: percentuale del massimo consumo di ossigeno richiesto durante l’attività (basato sulla FC
durante la partita, e sulla relazione tra FC e consumo di ossigeno durante una prova massimale di
nuoto stazionario.
Tab. 4: Riepilogo delle attività degli altri giocatori durante una partita di pallanuoto.
Da Smith 1998.
I ruoli dei giocatori dipendono anche dalle caratteristiche antropometriche, le quali
possono considerarsi importanti ai fini del gioco, permettendo sia di ottenere una
migliore posizione rispetto all’avversario, sia di avvantaggiarsi nel controllo e nella
13. 11
ricezione della palla. Inoltre la massa corporea, la lunghezza degli arti, ma
soprattutto il BMI giocano un ruolo importante nel costo energetico della nuotata [5]
.
Fig. 1: Valori medi del costo energetico di nuoto a crawl in funzione della velocità.
Da Tsekouras et al.2005
Il costo energetico della nuotata è ciò che contribuisce a differenziare i giocatori di
pallanuoto dai nuotatori. Come mostrato nella figura 1, i valori medi ottenuti da
Tsekouras et al. (2005) sono notevolmente superiori rispetto a quelli presentati da
nuotatori di alto livello in un altro studio. Questo confronto è utile nel rivelare i diversi
adattamenti all’allenamento che esistono tra i due sport.
Un’ ulteriore studio (Lozovina et al. 2004) che comparava invece le caratteristiche
antropometriche di due generazioni di pallanuotisti distanti tra loro 15 anni, ha
mostrato come la struttura del corpo di questi due gruppi di atleti fosse differente. Le
variazioni di taglia corporea interessavano positivamente la statura, la lunghezza
degli arti e la larghezza delle spalle. Ma soprattutto segnalava come a parità di
massa corporea, il rapporto massa grassa / massa magra, fosse aumentato a favore
di quest’ultima. Queste variazioni sono dovute in gran parte alle mutate richieste
dell’attività sportiva e dell’allenamento. All’evoluzione dello sport, è cioè seguita una
ottimizzazione degli atleti, i quali attraverso dinamiche di selezione e di adattamento
morfologico, si sono adeguati al gioco più veloce e più fisico.