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News 37/A/2016
Lunedì, 11 Settembre 2016
Discarica di rifiuti ed omessa bonifica, il punto della Cassazione
Con la sentenza n.29627 del 2016 la quarta sezione penale della Cassazione ha
affrontato numerose questioni in tema di discarica di rifiuti e di omessa bonifica.
La sentenza ha annullato, in parte con rinvio ed in parte senza rinvio la sentenza
della Corte di appello di Firenze cui aveva rinviato la precedente sentenza della
terza sezione n. 32797 del 2013 che, in relazione alle questioni poi esaminate con la
sentenza in commento, aveva affermato i principi di diritto di cui alle massime
ufficiali che seguono (numeri da 256661 a 256665):
a)In tema di tutela dell’ambiente, le rocce e le terre da scavo che presentino
sostanze esterne inquinanti sono sottratte alla disciplina dei rifiuti solo in presenza: a)
di caratteristiche chimiche che escludano una effettiva pericolosità per l’ambiente;
b) di approvazione di un progetto che ne disciplini il reimpiego; c) di prova
dell’avvenuto rispetto dell’obbligo di reimpiego secondo il progetto. (Fattispecie in
cui, lo smarino, ovvero il materiale da scavo delle gallerie, in quanto destinato ad
essere abbandonato in discarica, è stato qualificato come rifiuto).
b) Ai fini dell’integrazione del reato di gestione di discarica non autorizzata, rientrano
nella nozione di gestione anche la fase post-operativa, successiva alla chiusura, e di
ripristino ambientale.
c) In tema di discarica, il mancato esercizio dell’attività di controllo e della vigilanza
della stessa, anche dopo la cessazione dei conferimenti, lungi dal rientrare in un
generico obbligo di eliminare le conseguenze del reato già perfezionato ed esaurito
o dall’integrare il reato ex art. 257 del Dlgs. 252 del 2006, relativo alla bonifica dei siti
inquinati, è parte costitutiva del reato di gestione di discarica ambientale. ( In
applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto di
fissare la cessazione della permanenza del reato di gestione di discarica non
autorizzta in coincidenza con l’ultimo conferimento).
d) La permanenza del reato previsto dall’articolo 51, comma terzo, del Dlgs. 5
febbraio 1997, n.22 (oggi sostituito dall’art.256, comma terzo, del Dlgs. 3 aprile 2006
n.152), per la gestione abusiva o irregolare della fase post-operativa di una
discarica, cessa o con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio
dell’autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell’area o con
il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell’area, o , infine, con la
pronuncia della sentenza di primo grado.
e)Il principio di retroattività della norma più favorevole trova applicazione soltanto
qualora la disciplina sopravvenuta incida direttamente sulla fattispecie tipica. (In
applicazione del principio la Corte ha affermato che, con riguardo al reato di
omessa bonifica, i nuovi valori e la nuova metodologia di accertamento previsti
dagli artt. 239 e ss., Dlgs. n.152 del 2006, si applicano a quelle discariche e siti le cui
procedure, avviate anteriormente, collegate ai presupposti previsti dall’articolo 17
Dlgs. n.22 del 1997).
I principi di diritto affermati dalla sentenza n. 29627 del 2016 in linea con
l’impostazione della requisitoria del Procuratore generale Fimiani (salvo che per il
punto n.8 che segue, in relazione al quale si veda il paragrafo della 4 requisitoria),
possono così sintetizzarsi.
1) La permanenza del reato di gestione di discarica senza autorizzazione non
cessa a seguito della presentazione ed anche dell’approvazione del piano di
caratterizzazione, nella disciplina del Dm n.471/1999, applicabile “ratione
temporis”, in quanto le stesse non costituiscono attività unicamente ed
irreversibilmente volte a rimuovere la situazione di antigiuridicità legata al
deposito/discarica di rifiuti, ma mere attività ricognitive dei livelli di
contaminazione (punto 7 del “considerato in diritto);
2) Nel caso di gestione di discarica senza autorizzazione la condanna
relativamente ad un periodo non impedisce l’affermazione di responsabilità
per un periodo successivo (nella specie dopo il dissequestro), in quanto in
tema di reato permanente, che il divieto di un secondo giudizio riguarda la
condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacché si tratta di fatto storico
diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi è impedimento alcuno
a procedere (punto 9 penultimo periodo del “considerato in diritto”;
3) La titolarità di un impianto di gestione di rifiuti è elemento sufficiente per
fondare la responsabilità da omessa autorizzazione (punto 10 ultimo periodo
del “considerato in diritto”;
4) Il superamento delle Csr è elemento strutturale del reato di omessa bonifica, in
quanto le concentrazioni soglia di rischio individuano “livelli di contaminazione
delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è
necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica, così
come già affermato dalla sentenza n. 25718/2014 (punti 14, ultimi tre periodi,
del “considerato in diritto”);
5) Conseguentemente va annullata la sentenza che abbia omesso di verificare,
prima di affermare la penale responsabilità per il reato di omessa bonifica, se
siano state superate le concentrazioni soglia di rischio, la cui violazione può
essere ritenuta anche in via indiziaria, fermo restando che il degrado del sito e
la natura illecita della gestione operativa non sono in sé elementi presuntivi,
atteso che il reato presuppone la violazione di ben precisi standard (punto 15
del “considerato in diritto”);
6) Nel caso di successione nella carica di amministratore, considerato che
responsabile dell’inquinamento ed obbligato alla bonifica è l’ente, occorre
valorizzare i principi generali in tema di rapporto organico e concorso nel
reato per cui: a) l’amministratore subentrante risponde del reato di omessa
bonifica in quanto nelle attività d’impresa aventi impatto sull’ambiente,
l’insorgenza di un obbligo di bonifica costituisce un evento possibile e
prevedibile, con la conseguenza che grava sull’amministratore subentrante
un obbligo di verifica della realtà gestionale inclusivo sia dell’eventuale
pendenza di progetti di bonifica approvati e da eseguire, sia della sussistenza
di condizioni fattuali giustificanti o un obbligo di avvio della procedura di
bonifica o un obbligo di bonifica “tout court” per le pregresse attività di
contaminazione; b) l’amministratore cessato, non avendo più alcun titolo per
interagire con la P.A. per le attività propedeutiche alla bonifica, né la
capacità economica per provvedervi, non risponde, salvo che la sostituzione
sia stata surrettiziamente preordinata ad eludere obblighi di legge ovvero che
si ravvisi una sua responsabilità a titolo di concorso (punti 16-19 del
“considerato in diritto” che riprende testualmente oltre alla requisitoria quanto
affermato dallo stesso Procuratore generale Fimiani nell’opera La tutela
penale dell’ambiente, Milano, 2015, pag. 715 e ss.);
7) Il soggetto terzo che con la propria azione od omissione abbia contribuito al
verificarsi dell’evento di contaminazione nell’ambito dell’attività propria del
committente, con il quale collabora in fora di un rapporto contrattuale
d’opera (es. impresa di betonaggio) e di servizi (es. intermediario), è
corresponsabile dell’evento di contaminazione e, quindi, coobbligato alla
bonifica, con la conseguente responsabilità per il reato di omessa bonifica a
titolo di concorso (punto 20 del “considerato in diritto”);
8) Nel caso di conferimento in discarica, senza autorizzazione, di ingenti
quantitativi di rifiuti di cui all’articolo 260 T.U.A. mancando l’elemento
soggettivo del dolo specifico di conseguire un ingiusto profitto (punto 23 del
“considerato in diritto”).
Fonte: reteambiente.it
Formulario rifiuti, escluso reato di falso ideologico.
Compilare il formulario rifiuti con dati falsi non integra il reato di falsità ideologica,
trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto
puramente dichiarativo.
La Corte di Cassazione con sentenza 18 luglio 2016, n. 30380, ricalcando un proprio
precedente orientamento (43613/2015), ha ribadito che la compilazione del
formulario di trasporto dei rifiuti con dati falsi non costituisce condotta integrante il
reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (ex articolo 483
Codice penale). Infatti il Fir è un mero atto privato che non puà essere confuso con
il certificato di analisi del rifiuto (di cui all’art. 258, comma 4, Dlgs. 152/2006), la cui
falsificazione conduce sì ad una responsabilità penale ex articolo 483 C.p.
Nel caso di specie, l’imputato aveva trasportato nella Regione Marche 9000 kg di
Eternit senza autorizzazione e con un formulario falso; i Giudici lo hanno, alla luce di
quanto su esposto, condannato ex articolo 256, Dlgs.152/2006 (trasporto abusivo) e
non anche per falso ideologico. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
Rifiuti. Obblighi di rimozione e negligenza.
TAR Piemonte Sez. I n.994 del 15 luglio 2016
L'art.192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo anche alla negligenza del
proprietario, che - a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti - si
disinteressi del proprio bene per qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare
concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesamenti inadeguate.
Fonte: lexambiente.it
Rifiuti. Nozione di produttore.
TAR Veneto Sez. III n.772 del 13 luglio 2016
L’articolo 183 del decreto legislativo citato stabilisce che produttore di rifiuti è il
soggetto la cui attività produce rifiuti ovvero chiunque effettui operazioni di
miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura e la composizione di
detti rifiuti, distinguendosi in tal modo fra produttore iniziale e nuovo produttore.
Dunque la norma richiede una significativa alterazione del rifiuto attraverso le
operazioni indicate, potendosi evitare la qualificazione di nuovo produttore solo
laddove non vi sia stata una modifica della natura e della composizione del rifiuto; e
nel caso in esame appare evidente come il trattamento effettuato incida
sostanzialmente sulla consistenza del rifiuto.
Fonte: lexambiente.it
Rifiuti. Trattamento delle acque di falda.
TAR Veneto Sez. III n.780 del 13 luglio 2016
Dispone l’articolo 243 comma tre decreto legislativo 15206 che le acque inquinate
emunte devono essere direttamente trattate presso idonei impianti depurativi
esistenti nello stabilimento industriale senza essere sottoposte a precedenti
trattamenti; confligge dunque con tale previsione la richiesta secondo la quale le
acque devono rispettare prima dell’immissione nel depuratore biologico i limiti di
immissione in pubblica fognatura, giustificata dalla considerazione che altrimenti si
potrebbe avere una diluizione delle acque.
Fonte: lexambiente.it
La ricarica per le auto elettriche sarà obbligatoria in tutti gli edifici superiori ai 500
mq.
Sarebbe quasi pronto lo schema di Decreto legislativo per attuare in Italia la
direttiva europea 2014/94 sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili
alternativi e prevedrebbe case con gli allacci per consentire di ricaricare le auto
elettriche delle famiglie.
Quindi, presto gli italiani dovrebbero dotarsi di una o più prese elettriche esterne
dove inserire la spina per ricaricare la batteria delle auto elettriche e la Direttiva Ue
recepita dall’Italia prevede anche infrastrutture stradali con punti di ricarica e di
incrementare quelli per il rifornimento di gas naturale liquefatto e compresso,
idrogeno e gas di petrolio liquefatto.
Mentre Olanda, Norvegia e altri Paesi hanno gia detto o prevedono che dal
2025/2030 non potranno più essere immatricolate auto con motori a scoppio, l’Italia
è ancora indietro – anche per la rete di ricarica stradale dei veicoli elettrici – e se
non ci fosse l’Europa ad imporci nuovamente nuove regole ambientali i nostri
apprezzati “inventori” di auto e sistemi di trasporto alternativi starebbero ancora a
guardare per molti anni le loro creazioni utilizzate e prodotte all’estero mentre in
Italia continueremmo a viaggiare su inquinanti auto “fossili”.
La data per la svolta sarebbe il primo giugno 2017, quando l’Italia dovrà essersi
adeguata alla Direttiva Ue e i Comuni non potranno rilasciare permessi di costruire
edifici superiori ai 500 m2 se non ci sarà l’allaccio per ricaricare veicoli elettrici.
Dovranno essere dotati di punti di ricarica ogni parcheggio coperto o scoperto
e box per auto. La legge riguarderà: edifici residenziali di nuova costruzione con
almeno 50 abitazioni e gli i interventi di ristrutturazione edilizia di primo livello; edifici
non residenziali di nuova costruzione con superficie utile superiore a 500 m2 e relativi
interventi di ristrutturazione edilizia di primo livello.
Speriamo che il Decreto legge e la Direttiva siano recepiti velocemente anche a
livello locale e che non facciano la fine di troppi regolamenti edilizi virtuosi, che
prevedono l’obbligo di energie rinnovabili e risparmio energetico e che poi
vengono troppo spesso ignorati da chi costruisce (e da chi rilascia le licenze).
Speriamo anche che governo e Parlamento Italia non tergiversino, come ha fatto in
altre occasioni, nel trasformare lo schema di decreto legislativo in legge, magari in
attesa di qualche richiamo e avvio di procedura di infrazione europei.
Fonte: greenreport.it
Rifiuti, il “conferimento” rientra nella gestione illecita
Il conferimento di rifiuti ferrosi può rientrare – laddove svolto senza le prescrizioni di
legge – nella fattispecie di gestione illecita di rifiuti, presupponendo infatti il
precedente trasporto.
La Suprema Corte con sentenza 24 agosto 2016, n. 35464 ha specificato come la
condotta di conferire rifiuti ex articolo 188, comma 3, Dlgs. 152/2006 presuppone
logicamente il precedente trasporto degli stessi, che in mancanza delle prescritte
autorizzazioni rientra nella fattispecie di gestione illecita di rifiuti (articolo 256, Dlgs.
152/2006).
Nel caso concreto, l’imputato era stato assolto dall’accusa di conferimento di
rottami ferrosi nelle Marche, poiché tra le condotte di gestione illecita non rientra
esplicitamente il conferimento. I Giudici lo condannano estendendo il concetto di
conferimento alla gestione illecita. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it

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  • 1. News 37/A/2016 Lunedì, 11 Settembre 2016 Discarica di rifiuti ed omessa bonifica, il punto della Cassazione Con la sentenza n.29627 del 2016 la quarta sezione penale della Cassazione ha affrontato numerose questioni in tema di discarica di rifiuti e di omessa bonifica. La sentenza ha annullato, in parte con rinvio ed in parte senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Firenze cui aveva rinviato la precedente sentenza della terza sezione n. 32797 del 2013 che, in relazione alle questioni poi esaminate con la sentenza in commento, aveva affermato i principi di diritto di cui alle massime ufficiali che seguono (numeri da 256661 a 256665): a)In tema di tutela dell’ambiente, le rocce e le terre da scavo che presentino sostanze esterne inquinanti sono sottratte alla disciplina dei rifiuti solo in presenza: a) di caratteristiche chimiche che escludano una effettiva pericolosità per l’ambiente; b) di approvazione di un progetto che ne disciplini il reimpiego; c) di prova dell’avvenuto rispetto dell’obbligo di reimpiego secondo il progetto. (Fattispecie in cui, lo smarino, ovvero il materiale da scavo delle gallerie, in quanto destinato ad essere abbandonato in discarica, è stato qualificato come rifiuto). b) Ai fini dell’integrazione del reato di gestione di discarica non autorizzata, rientrano nella nozione di gestione anche la fase post-operativa, successiva alla chiusura, e di ripristino ambientale. c) In tema di discarica, il mancato esercizio dell’attività di controllo e della vigilanza della stessa, anche dopo la cessazione dei conferimenti, lungi dal rientrare in un generico obbligo di eliminare le conseguenze del reato già perfezionato ed esaurito o dall’integrare il reato ex art. 257 del Dlgs. 252 del 2006, relativo alla bonifica dei siti inquinati, è parte costitutiva del reato di gestione di discarica ambientale. ( In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto di fissare la cessazione della permanenza del reato di gestione di discarica non autorizzta in coincidenza con l’ultimo conferimento). d) La permanenza del reato previsto dall’articolo 51, comma terzo, del Dlgs. 5
  • 2. febbraio 1997, n.22 (oggi sostituito dall’art.256, comma terzo, del Dlgs. 3 aprile 2006 n.152), per la gestione abusiva o irregolare della fase post-operativa di una discarica, cessa o con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell’autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell’area o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell’area, o , infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado. e)Il principio di retroattività della norma più favorevole trova applicazione soltanto qualora la disciplina sopravvenuta incida direttamente sulla fattispecie tipica. (In applicazione del principio la Corte ha affermato che, con riguardo al reato di omessa bonifica, i nuovi valori e la nuova metodologia di accertamento previsti dagli artt. 239 e ss., Dlgs. n.152 del 2006, si applicano a quelle discariche e siti le cui procedure, avviate anteriormente, collegate ai presupposti previsti dall’articolo 17 Dlgs. n.22 del 1997). I principi di diritto affermati dalla sentenza n. 29627 del 2016 in linea con l’impostazione della requisitoria del Procuratore generale Fimiani (salvo che per il punto n.8 che segue, in relazione al quale si veda il paragrafo della 4 requisitoria), possono così sintetizzarsi. 1) La permanenza del reato di gestione di discarica senza autorizzazione non cessa a seguito della presentazione ed anche dell’approvazione del piano di caratterizzazione, nella disciplina del Dm n.471/1999, applicabile “ratione temporis”, in quanto le stesse non costituiscono attività unicamente ed irreversibilmente volte a rimuovere la situazione di antigiuridicità legata al deposito/discarica di rifiuti, ma mere attività ricognitive dei livelli di contaminazione (punto 7 del “considerato in diritto); 2) Nel caso di gestione di discarica senza autorizzazione la condanna relativamente ad un periodo non impedisce l’affermazione di responsabilità per un periodo successivo (nella specie dopo il dissequestro), in quanto in tema di reato permanente, che il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacché si tratta di fatto storico diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi è impedimento alcuno a procedere (punto 9 penultimo periodo del “considerato in diritto”; 3) La titolarità di un impianto di gestione di rifiuti è elemento sufficiente per fondare la responsabilità da omessa autorizzazione (punto 10 ultimo periodo del “considerato in diritto”; 4) Il superamento delle Csr è elemento strutturale del reato di omessa bonifica, in
  • 3. quanto le concentrazioni soglia di rischio individuano “livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica, così come già affermato dalla sentenza n. 25718/2014 (punti 14, ultimi tre periodi, del “considerato in diritto”); 5) Conseguentemente va annullata la sentenza che abbia omesso di verificare, prima di affermare la penale responsabilità per il reato di omessa bonifica, se siano state superate le concentrazioni soglia di rischio, la cui violazione può essere ritenuta anche in via indiziaria, fermo restando che il degrado del sito e la natura illecita della gestione operativa non sono in sé elementi presuntivi, atteso che il reato presuppone la violazione di ben precisi standard (punto 15 del “considerato in diritto”); 6) Nel caso di successione nella carica di amministratore, considerato che responsabile dell’inquinamento ed obbligato alla bonifica è l’ente, occorre valorizzare i principi generali in tema di rapporto organico e concorso nel reato per cui: a) l’amministratore subentrante risponde del reato di omessa bonifica in quanto nelle attività d’impresa aventi impatto sull’ambiente, l’insorgenza di un obbligo di bonifica costituisce un evento possibile e prevedibile, con la conseguenza che grava sull’amministratore subentrante un obbligo di verifica della realtà gestionale inclusivo sia dell’eventuale pendenza di progetti di bonifica approvati e da eseguire, sia della sussistenza di condizioni fattuali giustificanti o un obbligo di avvio della procedura di bonifica o un obbligo di bonifica “tout court” per le pregresse attività di contaminazione; b) l’amministratore cessato, non avendo più alcun titolo per interagire con la P.A. per le attività propedeutiche alla bonifica, né la capacità economica per provvedervi, non risponde, salvo che la sostituzione sia stata surrettiziamente preordinata ad eludere obblighi di legge ovvero che si ravvisi una sua responsabilità a titolo di concorso (punti 16-19 del “considerato in diritto” che riprende testualmente oltre alla requisitoria quanto affermato dallo stesso Procuratore generale Fimiani nell’opera La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2015, pag. 715 e ss.); 7) Il soggetto terzo che con la propria azione od omissione abbia contribuito al verificarsi dell’evento di contaminazione nell’ambito dell’attività propria del committente, con il quale collabora in fora di un rapporto contrattuale d’opera (es. impresa di betonaggio) e di servizi (es. intermediario), è corresponsabile dell’evento di contaminazione e, quindi, coobbligato alla bonifica, con la conseguente responsabilità per il reato di omessa bonifica a
  • 4. titolo di concorso (punto 20 del “considerato in diritto”); 8) Nel caso di conferimento in discarica, senza autorizzazione, di ingenti quantitativi di rifiuti di cui all’articolo 260 T.U.A. mancando l’elemento soggettivo del dolo specifico di conseguire un ingiusto profitto (punto 23 del “considerato in diritto”). Fonte: reteambiente.it Formulario rifiuti, escluso reato di falso ideologico. Compilare il formulario rifiuti con dati falsi non integra il reato di falsità ideologica, trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo. La Corte di Cassazione con sentenza 18 luglio 2016, n. 30380, ricalcando un proprio precedente orientamento (43613/2015), ha ribadito che la compilazione del formulario di trasporto dei rifiuti con dati falsi non costituisce condotta integrante il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (ex articolo 483 Codice penale). Infatti il Fir è un mero atto privato che non puà essere confuso con il certificato di analisi del rifiuto (di cui all’art. 258, comma 4, Dlgs. 152/2006), la cui falsificazione conduce sì ad una responsabilità penale ex articolo 483 C.p. Nel caso di specie, l’imputato aveva trasportato nella Regione Marche 9000 kg di Eternit senza autorizzazione e con un formulario falso; i Giudici lo hanno, alla luce di quanto su esposto, condannato ex articolo 256, Dlgs.152/2006 (trasporto abusivo) e non anche per falso ideologico. (Articolo di Costanza Kenda) Fonte: reteambiente.it Rifiuti. Obblighi di rimozione e negligenza. TAR Piemonte Sez. I n.994 del 15 luglio 2016 L'art.192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo anche alla negligenza del proprietario, che - a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti - si disinteressi del proprio bene per qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesamenti inadeguate. Fonte: lexambiente.it
  • 5. Rifiuti. Nozione di produttore. TAR Veneto Sez. III n.772 del 13 luglio 2016 L’articolo 183 del decreto legislativo citato stabilisce che produttore di rifiuti è il soggetto la cui attività produce rifiuti ovvero chiunque effettui operazioni di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura e la composizione di detti rifiuti, distinguendosi in tal modo fra produttore iniziale e nuovo produttore. Dunque la norma richiede una significativa alterazione del rifiuto attraverso le operazioni indicate, potendosi evitare la qualificazione di nuovo produttore solo laddove non vi sia stata una modifica della natura e della composizione del rifiuto; e nel caso in esame appare evidente come il trattamento effettuato incida sostanzialmente sulla consistenza del rifiuto. Fonte: lexambiente.it Rifiuti. Trattamento delle acque di falda. TAR Veneto Sez. III n.780 del 13 luglio 2016 Dispone l’articolo 243 comma tre decreto legislativo 15206 che le acque inquinate emunte devono essere direttamente trattate presso idonei impianti depurativi esistenti nello stabilimento industriale senza essere sottoposte a precedenti trattamenti; confligge dunque con tale previsione la richiesta secondo la quale le acque devono rispettare prima dell’immissione nel depuratore biologico i limiti di immissione in pubblica fognatura, giustificata dalla considerazione che altrimenti si potrebbe avere una diluizione delle acque. Fonte: lexambiente.it La ricarica per le auto elettriche sarà obbligatoria in tutti gli edifici superiori ai 500 mq. Sarebbe quasi pronto lo schema di Decreto legislativo per attuare in Italia la direttiva europea 2014/94 sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi e prevedrebbe case con gli allacci per consentire di ricaricare le auto elettriche delle famiglie. Quindi, presto gli italiani dovrebbero dotarsi di una o più prese elettriche esterne
  • 6. dove inserire la spina per ricaricare la batteria delle auto elettriche e la Direttiva Ue recepita dall’Italia prevede anche infrastrutture stradali con punti di ricarica e di incrementare quelli per il rifornimento di gas naturale liquefatto e compresso, idrogeno e gas di petrolio liquefatto. Mentre Olanda, Norvegia e altri Paesi hanno gia detto o prevedono che dal 2025/2030 non potranno più essere immatricolate auto con motori a scoppio, l’Italia è ancora indietro – anche per la rete di ricarica stradale dei veicoli elettrici – e se non ci fosse l’Europa ad imporci nuovamente nuove regole ambientali i nostri apprezzati “inventori” di auto e sistemi di trasporto alternativi starebbero ancora a guardare per molti anni le loro creazioni utilizzate e prodotte all’estero mentre in Italia continueremmo a viaggiare su inquinanti auto “fossili”. La data per la svolta sarebbe il primo giugno 2017, quando l’Italia dovrà essersi adeguata alla Direttiva Ue e i Comuni non potranno rilasciare permessi di costruire edifici superiori ai 500 m2 se non ci sarà l’allaccio per ricaricare veicoli elettrici. Dovranno essere dotati di punti di ricarica ogni parcheggio coperto o scoperto e box per auto. La legge riguarderà: edifici residenziali di nuova costruzione con almeno 50 abitazioni e gli i interventi di ristrutturazione edilizia di primo livello; edifici non residenziali di nuova costruzione con superficie utile superiore a 500 m2 e relativi interventi di ristrutturazione edilizia di primo livello. Speriamo che il Decreto legge e la Direttiva siano recepiti velocemente anche a livello locale e che non facciano la fine di troppi regolamenti edilizi virtuosi, che prevedono l’obbligo di energie rinnovabili e risparmio energetico e che poi vengono troppo spesso ignorati da chi costruisce (e da chi rilascia le licenze). Speriamo anche che governo e Parlamento Italia non tergiversino, come ha fatto in altre occasioni, nel trasformare lo schema di decreto legislativo in legge, magari in attesa di qualche richiamo e avvio di procedura di infrazione europei. Fonte: greenreport.it Rifiuti, il “conferimento” rientra nella gestione illecita Il conferimento di rifiuti ferrosi può rientrare – laddove svolto senza le prescrizioni di legge – nella fattispecie di gestione illecita di rifiuti, presupponendo infatti il precedente trasporto. La Suprema Corte con sentenza 24 agosto 2016, n. 35464 ha specificato come la condotta di conferire rifiuti ex articolo 188, comma 3, Dlgs. 152/2006 presuppone logicamente il precedente trasporto degli stessi, che in mancanza delle prescritte
  • 7. autorizzazioni rientra nella fattispecie di gestione illecita di rifiuti (articolo 256, Dlgs. 152/2006). Nel caso concreto, l’imputato era stato assolto dall’accusa di conferimento di rottami ferrosi nelle Marche, poiché tra le condotte di gestione illecita non rientra esplicitamente il conferimento. I Giudici lo condannano estendendo il concetto di conferimento alla gestione illecita. (Articolo di Costanza Kenda) Fonte: reteambiente.it