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STUDIO TECNICO
Ing. NICOLA LENOCI
Via Annunziata 56
70021 Acquaviva delle Fonti (BA)
Tel. 339 7745010
Al Signor Sindaco del
Comune di Acquaviva delle Fonti
All’Assessore all’Urbanistica del
Comune di Acquaviva delle Fonti
e p.c. Al Corpo Forestale dello Stato
Comando di Stazione
Acquaviva delle Fonti (BA)
Oggetto: Sentenza penale emessa in data 27.10.2011, depositata in cancelleria il 24.1.2012,
riguardante l’edificazione in via per Adelfia di n. 7 ville su area qualificata come bosco.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
PREMESSE
Lo scrivente è venuto in possesso di una copia della sentenza penale in oggetto emessa dal
Giudice Giuseppe Battista del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Acquaviva delle Fonti.
Copia di detta sentenza è stata certamente notificata al Comune di Acquaviva delle Fonti ed in
particolare all’UTC; ma non sembra che essa abbia avuto seguito alcuno.
Appare opportuno, invece, soffermarsi su di essa a motivo delle notevoli e gravi implicazioni che
essa potrebbe avere sui suoli limitrofi all’area oggetto di sentenza.
IL FATTO
Gli agenti del Corpo Forestale dello Stato, in data 3.4.2006, ai sensi dell’art. 181 del Decreto
Legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), posero sotto sequestro il cantiere
sito in Acquaviva delle Fonti alla via per Adelfia dove, in assenza di autorizzazione
paesaggistica, la ditta LASER srl, in base al PdC 72/2004, stava realizzando un complesso
residenziale composto da n. 7 ville bifamiliari.
Gli agenti motivarono il sequestro sostenendo che:
- l’area su cui stava sorgendo il complesso era assoggettata a vincolo in quanto qualificabile come
“bosco”;
- l’attività edificatoria non era stata preceduta, a mente dell’art. 5.01 delle Norme Tecniche di
Attuazione del Piano Urbanistico Territoriale Tematico / paesaggio (PUTT/p) della Regione
Puglia, dal rilascio della prescritta autorizzazione paesaggistica.
2
Il procedimento penale instauratosi presso il Tribunale Civile e Penale di Bari, Sezione Distaccata
di Acquaviva delle Fonti, si è concluso, in primo grado, con la sentenza emessa in data 27.10.2011 e
depositata in Cancelleria in data 24.1.2012.
Dalle “valutazioni del giudice” esposte nel paragrafo n. 4 della sentenza, si apprende:
- Viene meno, dunque, ... la natura giuridica di “giardino privato” dell’area in questione;
........ Se così è, deve affermarsi che nel caso di specie nessun motivo giuridico si frappone
alla doverosa qualificazione dell’area de qua come “bosco”; (pagina 15)
- Ancora, si è chiarito che le intrinseche caratteristiche di “bosco” riscontrabili in una
determinata area rendono indifferente che la stessa sia come tale riportata sulla carta
tecnica regionale (cfr. Cass. Pen., Sez. 3^, n. 17060 del 21/03/2006 – 18/05/2008 Bagnasco)
(pagina 17)
- L’affermata qualifica di bosco dell’area in questione comporta l’assoggettamento della
stessa alla tutela diretta del Piano, secondo quanto previsto dall’art. 3.10.3 (regimi di
tutela) e, dunque, la necessità di un previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui
al successivo art. 5.01 (“I lavori o le opere che modifichino lo stato fisico o l’aspetto
esteriore dei territori e degli immobili dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi
della legge n. 149/1939, o inclusi nelle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 431/1985
(legge Galasso n.d.r.), o compresi tra quelli sottoposti a tutela del Piano, non possono
essere oggetto di concessione edilizia oppure di autorizzazione edilizia oppure di denunzia
di inizio di attività, senza il preliminare rilascio della autorizzazione paesaggistica ai sensi
del presente Piano); (pagina 18)
- La circostanza che l’area non fosse indicata come boschiva dagli allegati tecnici del PUTT
non vale ad escluderne la natura giuridica.... (pagina 18)
- La perimetrazione di cui all’art. 3.10.03 è prevista esclusivamente per le aree esterne ai
“territori edificati”, con il che chiaramente affermandosi da un lato la possibilità che
un’area boscata possa trovarsi all’interno di essi, dall’altro che in tal caso la
perimetrazione stessa non è indispensabile, per l’ovvia ragione che essa è fin troppo
facilmente individuabile all’interno del tessuto urbano. (pagina 18)
- Se ne deve desumere l’esistenza del vincolo e la conseguente necessità di ottenere
l’autorizzazione paesaggistica prima d’intraprendere qualsivoglia opera edificatoria.
Poiché ciò non è accaduto nel caso di specie, si deve riconoscere il carattere illecito
dell’attività edificatoria successiva...... Nel caso di specie, l’illegittimità consiste nella
mancanza (non sanabile) dell’autorizzazione paesaggistica. (pagine 18-19)
- L’intervento, per altro, non integra gli estremi del semplice illecito edilizio, ma della
lottizzazione abusiva.... Si è trattato, infatti, di un autentico stravolgimento dell’originaria
destinazione urbanistica dell’area, che da bosco viene trasformata in zona residenziale; .....
(pagine 19-20)
- La circostanza del parere favorevole dell’organo regionale e del successivo adeguamento a
quest’ultimo da parte dell’UTC di Acquaviva delle Fonti non dispiega effetti dirimenti nel
caso di specie. .... Non è stato il privato a confidare negli atti della pubblica
amministrazione (che, in un primo momento, aveva ordinato la sospensione dei lavori) ma
quest’ultima ad aderire in maniera del tutto acritica alla prospettazione del richiedente,
3
chiaramente interessato a che si optasse per un iter ben più rapido di quello che la legge
imponeva. Ancora, occorre rilevare che le due principali argomentazioni addotte dai
funzionari regionali per negare la natura di “bosco” all’area in questione – l’essere stato
realizzato il rimboschimento senza l’utilizzo di fondi pubblici e l’essere la pineta al servizio
di un’abitazione – si sono rilevate errate, per le motivazioni in precedenza esposte. Ma ciò è
accaduto perché alla P.A. sono state fornite dal privato (vale a dire dall’imputato)
informazioni non corrispondenti al vero o comunque non provate, come si è in precedenza
dimostrato. Dunque, il processo di formazione della volontà da parte dell’Ente è stato
certamente inficiato da dati fuorvianti, forniti dall’imputato:... (pagina 20 - 21)
Il magistrato giudicante, “Visto l’art. 44 comma 2^ DPR n. 380/2001”, ha disposto “la confisca dei
terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi esistenti, con acquisizione gratuita al patrimonio
del comune di Acquaviva delle Fonti.”
LE CONSIDERAZIONI
1. La sentenza dianzi menzionata, nella parte in cui afferma: “ La circostanza che l’area non fosse
indicata come boschiva dagli allegati tecnici del PUTT non vale ad escluderne la natura
giuridica.... La perimetrazione di cui all’art. 3.10.03 è prevista esclusivamente per le aree
esterne ai “territori edificati”, con il che chiaramente affermandosi da un lato la possibilità che
un’area boscata possa trovarsi all’interno di essi, dall’altro che in tal caso la perimetrazione
stessa non è indispensabile, per l’ovvia ragione che essa è fin troppo facilmente individuabile
all’interno del tessuto urbano.”, sembrerebbe non immune da critiche.
Ed in effetti: contrariamente a quanto sostenuto dal magistrato giudicante, la perimetrazione dei
territori costruiti di cui all’art. 3.10.03 - come sottolineato dalla Giunta Regionale in sede di
verifica di compatibilità effettuata nel settembre 2002 - comporta la definizione degli ambiti
già trasformati dall’edificazione (e/o in via di trasformazione) al fine di identificare, in modo
netto, la demarcazione tra gli “ambiti antropizzati” (ormai pressoché del tutto privi di
peculiarità paesaggistiche e, pertanto, non meritevoli di assoggettamento a specifica
normativa d’uso e di valorizzazione ambientale) e le “aree agricole” che, per contro,
rappresentano i luoghi maggiormente caratterizzati o dalla presenza di peculiarità geografiche,
ovvero di elementi strutturanti il territorio.
Gli ambiti antropizzati ai quali si faceva cenno in precedenza, ovverosia i “territori costruiti”,
sono quelli individuati dal punto 5 dell’art. 1.03 del PUTT/p, che così recita:
“Le norme contenute nel Piano, di cui al titolo II “ambiti territoriale estesi” ed al titolo III
“ambiti territoriali distinti”, non trovano applicazione all’interno dei “territori costruiti” che
vengono, anche in applicazione dell’art. 1 della legge 431/1985, così definiti:
5.1 aree tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee “A” e “B”;
5.2 aree tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee “C” oppure come
zone “turistiche” “direzionali” “artigianali” “ industriali” “miste” se, alla data del 6 giugno
1990, incluse in strumento urbanistico esecutivo (piano particolareggiato o piano di
lottizzazione) regolarmente presentato e, inoltre, le aree incluse, anche se in percentuale, in
Programmi Pluriennali di Attuazione approvati alla stessa data; ....”
Vedremo fra breve come l’area incriminata si trovasse nelle condizioni previste dal richiamato
punto 5.2 e che, pertanto, l’attività edificatoria su di essa intrapresa non richiedesse il rilascio
previo dell’autorizzazione paesaggistica.
4
2. Il Comune di Acquaviva delle Fonti, con delibera consiliare n. 462 assunta in data 10.11. 1989
(antecedente, quindi, al 6 giugno 1990), approvò il Piano Pluriennale di Attuazione (PPA) al
fine di coordinare forme, tempi e modi di attuazione dello strumento urbanistico vigente (PdF)
in base alle risorse economico – finanziarie disponibili o prevedibili.
Nel processo attuativo furono coinvolte tutte le aree edificatorie individuate nel Programma di
Fabbricazione (PdF) e, fra esse, anche quella di cui si è detto in precedenza che risultava essere
stata tipizzata C3.
All’epoca dell’approvazione del PPA, il Comune di Acquaviva delle Fonti era dotato, oltre che
del Programma di Fabbricazione (PdF), anche di uno strumento urbanistico esecutivo,
equivalente ad uno studio particolareggiato, denominato “Piano Quadro (PQ) di iniziativa
pubblica delle Zone di completamento B1 e B2 dello strumento urbanistico generale
nonché delle Zone di espansione C1, C2 e C3 dell’abitato.”
Per brevità espositiva rinunciamo a dimostrare come, in base all’art. 8 delle legge n. 765/67, che
rinvia all’art. 28 della legge 1150/42 titolato “lottizzazione di aree”, il PQ fosse equivalente ad
un piano di lottizzazione di iniziativa pubblica.
Per quanto innanzi osservato, l’area a bosco in parola, alla data del 6 giugno 1990, ricadeva in
una zona tipizzata C3 dal PdF all’epoca vigente, era inserita all’interno di un PPA e, per di più,
rientrava all’interno una lottizzazione di iniziativa pubblica.
Tanto basterebbe per poter affermare che detta area non dovesse soggiacere alle prescrizioni
contenute nelle NTA del PUTT/p; che, in particolare, non vi fosse l’obbligo di richiedere il
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e che, in definitiva, la sentenza in oggetto sia ingiusta
e meritevole di essere riformata.
Senonchè....
3. L’art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004, decreto emanato in data successiva a quella di
entrata in vigore del PUTT/p (15.1.2001), ma comunque già vigente all’epoca dei fatti, ai
commi 1 e 2, così dispone:
“1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo
Titolo:
a) i territori costieri.........;
omissis....
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e
quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6,
del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;
omissis...
2. La disposizione di cui al comma 1,lettere a), b), c), d), e), g), h, l). m) non si applica alle
aree che alla data del 6 settembre 1985:
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444, come zone territoriali A e B:
b) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444, come zone territoriali diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di
5
esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni
siano state concretamente realizzate;
c) omissis”
L’articolo 2, commi 2 e 6 del richiamato decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, così come
integrato dalla legge 35/2012, dispone:
comma 2: “Entro dodici mesi dalla data di entrata un vigore del presente decreto legislativo le
regioni stabiliscono per il territorio di loro competenza la definizione di bosco e:
a) i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinché un’area sia
considerata bosco;
b) le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco;
c) le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco;”
comma 6: “Nelle more dell’emanazione delle leggi regionali di cui al comma 2 e ove non
diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco
i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di
origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la
macchia mediterranea,
esclusi
i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e
gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5,
ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a
seguito dell’adesione a misure agro ambientali promosse nell’ambito delle politiche di
sviluppo rurale dell’Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli,
i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di
forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi non identificabili come
pascoli, prati, o pascoli erborati.
Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non
inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non
inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata alla base esterna dei fusti.
E’ fatta salva la definizione di bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1965, n. 759. Sono
altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa
idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico,
conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonché
le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadrati che
interrompono la continuità del bosco.”
L’area in questione è coperta da vegetazione forestale arborea di origine artificiale.
Non è costituita da formazione forestale di origine artificiale realizzata su terreno agricolo a
seguito dell’adesione a misure agro alimentari promosse nell’ambito delle politiche di
sviluppo rurale dell’Unione europea.
6
Ha una estensione superiore a 2000 mq, larghezza superiore a 20 metri e copertura superiore al
20%.
Pertanto, possiede tutte le caratteristiche di cui ai richiamati commi 2 e 6 dell’articolo 2 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, così come integrato dalla legge 35/2012, per essere
qualificata come bosco.
In conseguenza deve essere considerata alla stregua di area di interesse paesaggistico.
3. La normativa indicata nel punto 5.2 dell’art. 1.03 del PUTT/p e quella indicata nel comma 2.
dell’art. 142 del Decreto Legislativo 42/2004 sono in conflitto fra di loro. Infatti.
La normativa regionale esclude, per l’area in questione, l’applicabilità delle norme contenute nel
PUTT/p in quanto il Comune di Acquaviva, prima del 6 giugno 1990 (data indicata nel
richiamato punto 5.2), e precisamente in data 10.11.1989, si era dotato di un PPA che includeva
detta area al suo interno.
Per contro, la normativa statale contenuta nel richiamato art. 142 del decreto legislativo
42/2004, ritiene che l’area in questione debba essere qualificata di interesse paesaggistico in
quanto alla data del 6 settembre 1985 non era ricompresa in alcun PPA.
Si è, dunque, in presenza di normative fra di loro configgenti. Occorre stabilire, pertanto, quale
delle due sia quella prevalente.
La risposta viene dall’art. 117 della Costituzione Italiana che così recita:
“Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a)
omissis;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:..... valorizzazione dei beni culturali
e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;..... Nelle materie di
legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.”
Spetta, dunque, in via esclusiva, allo Stato dettare norme riguardo alla tutela dell’ambiente,
dell’ecosistema e dei beni culturali e non già alle Regioni.
L’art. 142 dianzi citato è inserito all’interno del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
titolato: “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 Legge 6 luglio
2002, n. 137”
Nessun dubbio, quindi, sul fatto che a prevalere sia la normativa statale su quella regionale.
Contrariamente a quanto affermato nella parte finale del punto 1 che precede, si deve, quindi,
affermare che l’area in parola deve essere qualificata come bosco ed in quanto tale deve essere
considerata di interesse paesaggistico ed assoggettata alle prescrizioni contenute nelle NTA del
PUTT/p.
4. Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) adottato in data 2 agosto 2013 dalla
Regione Puglia, all’art. 58, comma 1), ha definito i boschi come segue:
7
“1) Boschi (art. 142, comma 1, lettera g) del Codice )
Consistono nei territori coperti da foreste, da boschi (sic!) e da macchie, ancorché percorsi o
danneggiati dal fuoco, e in quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’art.
2, commi 2 e 6, del D.lgs 18 maggio 2002, n. 227, e delimitati nella tavola 6.2.1.”
Il Codice al quale il PPTR fa riferimento è rappresentato dal Decreto Legislativo 42/2004.
Se si consulta la tavola 6.2.1. del PPTR, si nota, stranamente, che l’area in questione non è
classificata come bosco.
Sembrerebbe, quindi, che essa non debba soggiacere alle prescrizioni contenute nelle NTA del
PTTR, norme per buona parte sovrapponibili a quelle contenute nelle NTA del PUTT/p.
Ed invece, ancora una volta, non è così.
La Regione, sempre in base all’art. 117 della Costituzione, non poteva disapplicare il contenuto
del 2^ comma dell’art. 142 del Codice che, per comodità espositiva, viene di seguito riproposto.
2. La disposizione di cui al comma 1,lettere a), b), c), d), e), g), h, l). m) non si applica alle
aree che alla data del 6 settembre 1985:
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444, come zone territoriali A e B;
b) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444, come zone territoriali diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di
esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni
siano state concretamente realizzate;
Non aveva la potestà, cioè, di escludere l’area in questione dalla tutela paesaggistica in quanto
essa, alla data del 6 settembre 1985, non era inserita in un PPA.
Inoltre, il riferimento alla tavola 6.2.1 del PPTR ha rilevanza giuridica ai soli fini di atto
ricognitivo, ma non costitutivo; in altri termini, la natura di zona boscata è determinata dalla
presenza effettiva di bosco (come accertato dai rilievi del competente Corpo Forestale di Stato) e
non già dal fatto che l’area sia necessariamente riportata come tale nella tavola 6.2.1 del PPTR
(vedi in tal senso Cassazione Penale Sez. 3^, n. 17060 del 21/03/2006)
Ne consegue, ancora una volta, che l’area di cui si discute, deve essere qualificata come bosco e,
quindi, come bene di interesse paesaggistico.
5. Ai fini della tutela dei boschi e delle macchie, l’art. 3.10.3 del PUTT individua i regimi di
salvaguardia relativi all’area di pertinenza (costituita dall’area occupata dal bosco o dalla
macchia) ed all’area annessa (costituita dall’area contermine all’intero contorno dell’area di
pertinenza che viene dimensionata in funzione della natura e significatività del rapporto
esistente fra il bosco o la macchia ed il suo intorno espresso in termini prevalentemente
ambientali (vulnerabilità sia da insediamento sia da dissesto idrogeologico).
L’area annessa, in assenza di perimetrazione riportata sugli strumenti urbanistici generali, si
ritiene formata da una fascia della larghezza costante di 100 metri.
8
Nel punto 3.10.4 delle NTA del PUTT/p vengono precisate le prescrizioni di base riguardanti
l’area di pertinenza e l’area annessa.
In particolare nell’area di pertinenza ed in quella annessa non sono autorizzabili (punti
3.10.4.4.1.a.3 e 3.10.4.4.2.a) progetti comportanti nuovi insediamenti residenziali e
produttivi.
Nell’area annessa (vedi punti 3.10.4.2.b.5.1.; 3.10.4.2.b.5.2.; 3.10.4.2.b.5.3.) sono per contro
consentiti il recupero, compresa la ristrutturazione (con esclusione della demolizione totale
dell’involucro esterno), di manufatti edilizi legittimamente costruiti, anche con cambio di
destinazione e l’integrazione di manufatti legittimamente esistenti per una volumetria aggiuntiva
non superiore al 20%. Inoltre, la superficie ricadente nell’area annessa può comunque essere
utilizzata ed accorpata, ai fini del computo della cubatura edificabile e dell’area minima di
pertinenza, in aree contigue.
Le NTA del PPTR adottato di recente (2 agosto 2013) ricalcano per grandi linee quelle del
PUTT/p.
L’edificazione nella zona di pertinenza ed in quella annessa è, quindi, ridotta a ben poca cosa.
6. La sentenza in oggetto potrebbe innescare conseguenze gravi sulle aree limitrofe a quella di cui
si discute.
Ed in effetti, come è possibile escludere che il Corpo Forestale non apponga i sigilli nel
momento in cui si inizierà ad edificare nell’area annessa al bosco?
Siamo sicuri, tanto per esemplificare, che il Comando di Stazione del Corpo Forestale di
Acquaviva delle Fonti, non interverrà per porre sotto sequestro l’area tipizzata D4 (ricadente in
parte nell’area annessa) sulla quale, di recente, il Commissario Prefettizio ha approvato un piano
di lottizzazione?
Il problema riguarda ancor più i suoli tipizzati Cu2 e C3 ricadenti nella ripetuta area annessa.
Se sugli elaborati del PRG si riportasse l’area di pertinenza del bosco e la fascia di larghezza
pari a metri 100 costituente l’area annessa, si avrebbe modo di osservare che debbono essere
sottratti alla edificabilità delle zone tipizzate Cu2, D4, C3, al lordo delle strade e dell’area
boscata, ben 110.000 mq!
Senza commenti.
Sulla base di quanto innanzi evidenziato, lo scrivente chiede al Sindaco ed all’Assessore
all’Urbanistica di attivarsi al fine di prevenire ulteriori disastri che, per certo, si manifesteranno
sulle aree limitrofe a quella fatta oggetto di sentenza.
Distinti saluti.
Acquaviva delle Fonti 26.9.2013
.Ing. Nicola Lenoci

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  • 2. 2 Il procedimento penale instauratosi presso il Tribunale Civile e Penale di Bari, Sezione Distaccata di Acquaviva delle Fonti, si è concluso, in primo grado, con la sentenza emessa in data 27.10.2011 e depositata in Cancelleria in data 24.1.2012. Dalle “valutazioni del giudice” esposte nel paragrafo n. 4 della sentenza, si apprende: - Viene meno, dunque, ... la natura giuridica di “giardino privato” dell’area in questione; ........ Se così è, deve affermarsi che nel caso di specie nessun motivo giuridico si frappone alla doverosa qualificazione dell’area de qua come “bosco”; (pagina 15) - Ancora, si è chiarito che le intrinseche caratteristiche di “bosco” riscontrabili in una determinata area rendono indifferente che la stessa sia come tale riportata sulla carta tecnica regionale (cfr. Cass. Pen., Sez. 3^, n. 17060 del 21/03/2006 – 18/05/2008 Bagnasco) (pagina 17) - L’affermata qualifica di bosco dell’area in questione comporta l’assoggettamento della stessa alla tutela diretta del Piano, secondo quanto previsto dall’art. 3.10.3 (regimi di tutela) e, dunque, la necessità di un previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui al successivo art. 5.01 (“I lavori o le opere che modifichino lo stato fisico o l’aspetto esteriore dei territori e degli immobili dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 149/1939, o inclusi nelle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 431/1985 (legge Galasso n.d.r.), o compresi tra quelli sottoposti a tutela del Piano, non possono essere oggetto di concessione edilizia oppure di autorizzazione edilizia oppure di denunzia di inizio di attività, senza il preliminare rilascio della autorizzazione paesaggistica ai sensi del presente Piano); (pagina 18) - La circostanza che l’area non fosse indicata come boschiva dagli allegati tecnici del PUTT non vale ad escluderne la natura giuridica.... (pagina 18) - La perimetrazione di cui all’art. 3.10.03 è prevista esclusivamente per le aree esterne ai “territori edificati”, con il che chiaramente affermandosi da un lato la possibilità che un’area boscata possa trovarsi all’interno di essi, dall’altro che in tal caso la perimetrazione stessa non è indispensabile, per l’ovvia ragione che essa è fin troppo facilmente individuabile all’interno del tessuto urbano. (pagina 18) - Se ne deve desumere l’esistenza del vincolo e la conseguente necessità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica prima d’intraprendere qualsivoglia opera edificatoria. Poiché ciò non è accaduto nel caso di specie, si deve riconoscere il carattere illecito dell’attività edificatoria successiva...... Nel caso di specie, l’illegittimità consiste nella mancanza (non sanabile) dell’autorizzazione paesaggistica. (pagine 18-19) - L’intervento, per altro, non integra gli estremi del semplice illecito edilizio, ma della lottizzazione abusiva.... Si è trattato, infatti, di un autentico stravolgimento dell’originaria destinazione urbanistica dell’area, che da bosco viene trasformata in zona residenziale; ..... (pagine 19-20) - La circostanza del parere favorevole dell’organo regionale e del successivo adeguamento a quest’ultimo da parte dell’UTC di Acquaviva delle Fonti non dispiega effetti dirimenti nel caso di specie. .... Non è stato il privato a confidare negli atti della pubblica amministrazione (che, in un primo momento, aveva ordinato la sospensione dei lavori) ma quest’ultima ad aderire in maniera del tutto acritica alla prospettazione del richiedente,
  • 3. 3 chiaramente interessato a che si optasse per un iter ben più rapido di quello che la legge imponeva. Ancora, occorre rilevare che le due principali argomentazioni addotte dai funzionari regionali per negare la natura di “bosco” all’area in questione – l’essere stato realizzato il rimboschimento senza l’utilizzo di fondi pubblici e l’essere la pineta al servizio di un’abitazione – si sono rilevate errate, per le motivazioni in precedenza esposte. Ma ciò è accaduto perché alla P.A. sono state fornite dal privato (vale a dire dall’imputato) informazioni non corrispondenti al vero o comunque non provate, come si è in precedenza dimostrato. Dunque, il processo di formazione della volontà da parte dell’Ente è stato certamente inficiato da dati fuorvianti, forniti dall’imputato:... (pagina 20 - 21) Il magistrato giudicante, “Visto l’art. 44 comma 2^ DPR n. 380/2001”, ha disposto “la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi esistenti, con acquisizione gratuita al patrimonio del comune di Acquaviva delle Fonti.” LE CONSIDERAZIONI 1. La sentenza dianzi menzionata, nella parte in cui afferma: “ La circostanza che l’area non fosse indicata come boschiva dagli allegati tecnici del PUTT non vale ad escluderne la natura giuridica.... La perimetrazione di cui all’art. 3.10.03 è prevista esclusivamente per le aree esterne ai “territori edificati”, con il che chiaramente affermandosi da un lato la possibilità che un’area boscata possa trovarsi all’interno di essi, dall’altro che in tal caso la perimetrazione stessa non è indispensabile, per l’ovvia ragione che essa è fin troppo facilmente individuabile all’interno del tessuto urbano.”, sembrerebbe non immune da critiche. Ed in effetti: contrariamente a quanto sostenuto dal magistrato giudicante, la perimetrazione dei territori costruiti di cui all’art. 3.10.03 - come sottolineato dalla Giunta Regionale in sede di verifica di compatibilità effettuata nel settembre 2002 - comporta la definizione degli ambiti già trasformati dall’edificazione (e/o in via di trasformazione) al fine di identificare, in modo netto, la demarcazione tra gli “ambiti antropizzati” (ormai pressoché del tutto privi di peculiarità paesaggistiche e, pertanto, non meritevoli di assoggettamento a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale) e le “aree agricole” che, per contro, rappresentano i luoghi maggiormente caratterizzati o dalla presenza di peculiarità geografiche, ovvero di elementi strutturanti il territorio. Gli ambiti antropizzati ai quali si faceva cenno in precedenza, ovverosia i “territori costruiti”, sono quelli individuati dal punto 5 dell’art. 1.03 del PUTT/p, che così recita: “Le norme contenute nel Piano, di cui al titolo II “ambiti territoriale estesi” ed al titolo III “ambiti territoriali distinti”, non trovano applicazione all’interno dei “territori costruiti” che vengono, anche in applicazione dell’art. 1 della legge 431/1985, così definiti: 5.1 aree tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee “A” e “B”; 5.2 aree tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee “C” oppure come zone “turistiche” “direzionali” “artigianali” “ industriali” “miste” se, alla data del 6 giugno 1990, incluse in strumento urbanistico esecutivo (piano particolareggiato o piano di lottizzazione) regolarmente presentato e, inoltre, le aree incluse, anche se in percentuale, in Programmi Pluriennali di Attuazione approvati alla stessa data; ....” Vedremo fra breve come l’area incriminata si trovasse nelle condizioni previste dal richiamato punto 5.2 e che, pertanto, l’attività edificatoria su di essa intrapresa non richiedesse il rilascio previo dell’autorizzazione paesaggistica.
  • 4. 4 2. Il Comune di Acquaviva delle Fonti, con delibera consiliare n. 462 assunta in data 10.11. 1989 (antecedente, quindi, al 6 giugno 1990), approvò il Piano Pluriennale di Attuazione (PPA) al fine di coordinare forme, tempi e modi di attuazione dello strumento urbanistico vigente (PdF) in base alle risorse economico – finanziarie disponibili o prevedibili. Nel processo attuativo furono coinvolte tutte le aree edificatorie individuate nel Programma di Fabbricazione (PdF) e, fra esse, anche quella di cui si è detto in precedenza che risultava essere stata tipizzata C3. All’epoca dell’approvazione del PPA, il Comune di Acquaviva delle Fonti era dotato, oltre che del Programma di Fabbricazione (PdF), anche di uno strumento urbanistico esecutivo, equivalente ad uno studio particolareggiato, denominato “Piano Quadro (PQ) di iniziativa pubblica delle Zone di completamento B1 e B2 dello strumento urbanistico generale nonché delle Zone di espansione C1, C2 e C3 dell’abitato.” Per brevità espositiva rinunciamo a dimostrare come, in base all’art. 8 delle legge n. 765/67, che rinvia all’art. 28 della legge 1150/42 titolato “lottizzazione di aree”, il PQ fosse equivalente ad un piano di lottizzazione di iniziativa pubblica. Per quanto innanzi osservato, l’area a bosco in parola, alla data del 6 giugno 1990, ricadeva in una zona tipizzata C3 dal PdF all’epoca vigente, era inserita all’interno di un PPA e, per di più, rientrava all’interno una lottizzazione di iniziativa pubblica. Tanto basterebbe per poter affermare che detta area non dovesse soggiacere alle prescrizioni contenute nelle NTA del PUTT/p; che, in particolare, non vi fosse l’obbligo di richiedere il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e che, in definitiva, la sentenza in oggetto sia ingiusta e meritevole di essere riformata. Senonchè.... 3. L’art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004, decreto emanato in data successiva a quella di entrata in vigore del PUTT/p (15.1.2001), ma comunque già vigente all’epoca dei fatti, ai commi 1 e 2, così dispone: “1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: a) i territori costieri.........; omissis.... g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; omissis... 2. La disposizione di cui al comma 1,lettere a), b), c), d), e), g), h, l). m) non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali A e B: b) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di
  • 5. 5 esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate; c) omissis” L’articolo 2, commi 2 e 6 del richiamato decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, così come integrato dalla legge 35/2012, dispone: comma 2: “Entro dodici mesi dalla data di entrata un vigore del presente decreto legislativo le regioni stabiliscono per il territorio di loro competenza la definizione di bosco e: a) i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinché un’area sia considerata bosco; b) le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco; c) le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco;” comma 6: “Nelle more dell’emanazione delle leggi regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5, ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell’adesione a misure agro ambientali promosse nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi non identificabili come pascoli, prati, o pascoli erborati. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata alla base esterna dei fusti. E’ fatta salva la definizione di bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1965, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco.” L’area in questione è coperta da vegetazione forestale arborea di origine artificiale. Non è costituita da formazione forestale di origine artificiale realizzata su terreno agricolo a seguito dell’adesione a misure agro alimentari promosse nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea.
  • 6. 6 Ha una estensione superiore a 2000 mq, larghezza superiore a 20 metri e copertura superiore al 20%. Pertanto, possiede tutte le caratteristiche di cui ai richiamati commi 2 e 6 dell’articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, così come integrato dalla legge 35/2012, per essere qualificata come bosco. In conseguenza deve essere considerata alla stregua di area di interesse paesaggistico. 3. La normativa indicata nel punto 5.2 dell’art. 1.03 del PUTT/p e quella indicata nel comma 2. dell’art. 142 del Decreto Legislativo 42/2004 sono in conflitto fra di loro. Infatti. La normativa regionale esclude, per l’area in questione, l’applicabilità delle norme contenute nel PUTT/p in quanto il Comune di Acquaviva, prima del 6 giugno 1990 (data indicata nel richiamato punto 5.2), e precisamente in data 10.11.1989, si era dotato di un PPA che includeva detta area al suo interno. Per contro, la normativa statale contenuta nel richiamato art. 142 del decreto legislativo 42/2004, ritiene che l’area in questione debba essere qualificata di interesse paesaggistico in quanto alla data del 6 settembre 1985 non era ricompresa in alcun PPA. Si è, dunque, in presenza di normative fra di loro configgenti. Occorre stabilire, pertanto, quale delle due sia quella prevalente. La risposta viene dall’art. 117 della Costituzione Italiana che così recita: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) omissis; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:..... valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;..... Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.” Spetta, dunque, in via esclusiva, allo Stato dettare norme riguardo alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali e non già alle Regioni. L’art. 142 dianzi citato è inserito all’interno del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, titolato: “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137” Nessun dubbio, quindi, sul fatto che a prevalere sia la normativa statale su quella regionale. Contrariamente a quanto affermato nella parte finale del punto 1 che precede, si deve, quindi, affermare che l’area in parola deve essere qualificata come bosco ed in quanto tale deve essere considerata di interesse paesaggistico ed assoggettata alle prescrizioni contenute nelle NTA del PUTT/p. 4. Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) adottato in data 2 agosto 2013 dalla Regione Puglia, all’art. 58, comma 1), ha definito i boschi come segue:
  • 7. 7 “1) Boschi (art. 142, comma 1, lettera g) del Codice ) Consistono nei territori coperti da foreste, da boschi (sic!) e da macchie, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e in quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’art. 2, commi 2 e 6, del D.lgs 18 maggio 2002, n. 227, e delimitati nella tavola 6.2.1.” Il Codice al quale il PPTR fa riferimento è rappresentato dal Decreto Legislativo 42/2004. Se si consulta la tavola 6.2.1. del PPTR, si nota, stranamente, che l’area in questione non è classificata come bosco. Sembrerebbe, quindi, che essa non debba soggiacere alle prescrizioni contenute nelle NTA del PTTR, norme per buona parte sovrapponibili a quelle contenute nelle NTA del PUTT/p. Ed invece, ancora una volta, non è così. La Regione, sempre in base all’art. 117 della Costituzione, non poteva disapplicare il contenuto del 2^ comma dell’art. 142 del Codice che, per comodità espositiva, viene di seguito riproposto. 2. La disposizione di cui al comma 1,lettere a), b), c), d), e), g), h, l). m) non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali A e B; b) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate; Non aveva la potestà, cioè, di escludere l’area in questione dalla tutela paesaggistica in quanto essa, alla data del 6 settembre 1985, non era inserita in un PPA. Inoltre, il riferimento alla tavola 6.2.1 del PPTR ha rilevanza giuridica ai soli fini di atto ricognitivo, ma non costitutivo; in altri termini, la natura di zona boscata è determinata dalla presenza effettiva di bosco (come accertato dai rilievi del competente Corpo Forestale di Stato) e non già dal fatto che l’area sia necessariamente riportata come tale nella tavola 6.2.1 del PPTR (vedi in tal senso Cassazione Penale Sez. 3^, n. 17060 del 21/03/2006) Ne consegue, ancora una volta, che l’area di cui si discute, deve essere qualificata come bosco e, quindi, come bene di interesse paesaggistico. 5. Ai fini della tutela dei boschi e delle macchie, l’art. 3.10.3 del PUTT individua i regimi di salvaguardia relativi all’area di pertinenza (costituita dall’area occupata dal bosco o dalla macchia) ed all’area annessa (costituita dall’area contermine all’intero contorno dell’area di pertinenza che viene dimensionata in funzione della natura e significatività del rapporto esistente fra il bosco o la macchia ed il suo intorno espresso in termini prevalentemente ambientali (vulnerabilità sia da insediamento sia da dissesto idrogeologico). L’area annessa, in assenza di perimetrazione riportata sugli strumenti urbanistici generali, si ritiene formata da una fascia della larghezza costante di 100 metri.
  • 8. 8 Nel punto 3.10.4 delle NTA del PUTT/p vengono precisate le prescrizioni di base riguardanti l’area di pertinenza e l’area annessa. In particolare nell’area di pertinenza ed in quella annessa non sono autorizzabili (punti 3.10.4.4.1.a.3 e 3.10.4.4.2.a) progetti comportanti nuovi insediamenti residenziali e produttivi. Nell’area annessa (vedi punti 3.10.4.2.b.5.1.; 3.10.4.2.b.5.2.; 3.10.4.2.b.5.3.) sono per contro consentiti il recupero, compresa la ristrutturazione (con esclusione della demolizione totale dell’involucro esterno), di manufatti edilizi legittimamente costruiti, anche con cambio di destinazione e l’integrazione di manufatti legittimamente esistenti per una volumetria aggiuntiva non superiore al 20%. Inoltre, la superficie ricadente nell’area annessa può comunque essere utilizzata ed accorpata, ai fini del computo della cubatura edificabile e dell’area minima di pertinenza, in aree contigue. Le NTA del PPTR adottato di recente (2 agosto 2013) ricalcano per grandi linee quelle del PUTT/p. L’edificazione nella zona di pertinenza ed in quella annessa è, quindi, ridotta a ben poca cosa. 6. La sentenza in oggetto potrebbe innescare conseguenze gravi sulle aree limitrofe a quella di cui si discute. Ed in effetti, come è possibile escludere che il Corpo Forestale non apponga i sigilli nel momento in cui si inizierà ad edificare nell’area annessa al bosco? Siamo sicuri, tanto per esemplificare, che il Comando di Stazione del Corpo Forestale di Acquaviva delle Fonti, non interverrà per porre sotto sequestro l’area tipizzata D4 (ricadente in parte nell’area annessa) sulla quale, di recente, il Commissario Prefettizio ha approvato un piano di lottizzazione? Il problema riguarda ancor più i suoli tipizzati Cu2 e C3 ricadenti nella ripetuta area annessa. Se sugli elaborati del PRG si riportasse l’area di pertinenza del bosco e la fascia di larghezza pari a metri 100 costituente l’area annessa, si avrebbe modo di osservare che debbono essere sottratti alla edificabilità delle zone tipizzate Cu2, D4, C3, al lordo delle strade e dell’area boscata, ben 110.000 mq! Senza commenti. Sulla base di quanto innanzi evidenziato, lo scrivente chiede al Sindaco ed all’Assessore all’Urbanistica di attivarsi al fine di prevenire ulteriori disastri che, per certo, si manifesteranno sulle aree limitrofe a quella fatta oggetto di sentenza. Distinti saluti. Acquaviva delle Fonti 26.9.2013 .Ing. Nicola Lenoci