Sentenza cassazione 34390 2011 Idrocarburi e diossine Compost
1. Fatto
Con il ricorso T.G. si duole dell’ordinanza di cui in epigrafe con la quale il Tribunale,
giudicando in sede di rinvio, dopo l’annullamento di questa Corte sezione 3^, 11 febbraio
2010- 18 marzo2010 n. 10658, ha rigettatol’appello dal medesimo proposto avversoil
provvedimentocon cui il Gip aveva rigettatol’istanza di dissequestro degli impianti della
ditta Agriflor, che gestisce un compostaggio atto alla produzione di fertilizzanti e/o
ammendanti ad uso agricolo, oggetto di sequestropreventivoin data 11 luglio 2008.
Si addebitava alla società e, per essa, al legale rappresentante la violazione della disciplina
sanzionatoria sui rifiuti, per avere prodotto del compost contenente sostanze tossiche e
nocive, gestito in assenza della prescritta autorizzazione e per aver posto in essere un
traffico illecito dei predettirifiuti, ipotesi di reatorispettivamente previste dal D.Lgs. n. 152
del 2006, art. 256, comma 1, lett. a) e b), commi 2 e 4 e art. 260.
La sentenza di annullamento della Corte apprezzava che nella vicenda si era formato il
giudicato cautelare quanto alla legittimità del sequestro, a seguito del rigettoda parte di
questa Corte in data 28 gennaio 2009 del ricorso avversol’ordinanza del Tribunale di
Verona che aveva confermato il sequestropreventivodegli impianti.
I principi di diritto affermati erano i seguenti: l’esercizio di un impianto per il trattamento
di rifiuti organici selezionati per la produzione di ammendanti e fertilizzanti è disciplinato
dalla normativa sui rifiuti e non dal D.Lgs n. 217 del 2006, che detta regole sulla
produzione di fertilizzanti e non regola lo spandimento sul terreno, a scopo di deposito
finalizzato alla produzione del compost; nell’ipotesi di presenza nel compost di sostanze
pericolose trova applicazione la disciplina del recupero dei rifiuti di cui al D.Lgs. n. 152del
2. 2006, art. 181 e segg. con la conseguente configurabilità del reato di smaltimento di rifiuti
pericolosi in assenza dell’autorizzazione di cui all’art. 208 dello stessoDecreto;
nel caso in esame operano i limiti di cui alla tabella 1, colonna A, allegato 5, della parte
quarta del Decreto n. 152 del 2006 e all’all.
2 al D.Lgs. n. 271 del 2006, limiti che risultavano superati per alcuni metalli pesanti; ai
sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 178 il recupero dei rifiuti deve avvenire senza pericolo
per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebberorecare
pregiudizio all’ambiente e, in particolare, senza determinare rischi per l’aria, l’acqua, il
suolo, nonchè per la fauna e la flora, sicchè doveva ritenersiirrilevante la omessa
statuizione di valori di soglia per le diossine, idrocarburi, fenoli e toluene nella tabella B
della delibera della Giunta Regionale; doveva, pertanto, ritenersiinibito all’indagato
l’impiego per la produzione del compost di sostanze tossiche e nocive quali sono
pacificamente le diossine, classificate come cancerogene; nel caso in esame i livelli di
concentrazione rilevati per la diossina e gli idrocarburi erano tali da renderli tossico-
nocivi.
Ciò premesso, la Suprema Corte evidenziava come dovesse essere riapprezzato in fatto, da
parte del giudice cautelare, alla luce della normativa sopravvenuta l’eventuale
superamento dei valori consentiti di sostanze tossiche o pericolose.
Tale conclusione era giustificata dalla normativa sopravvenuta contenuta principalmente
nel D.L. 30 dicembre 2008, art. 178 convertito nella L. 27 febbraio 2009 n. 13, che
l’ordinanza che si andava ad annullare aveva impropriamente applicato e negli stessi
termini impropri aveva pure fattoapplicazione della Delib. G.R. Veneto del 10 febbraio
2009, n. 235 affermando, senza concreto approfondimento, che le soglie ivi stabilite,
quanto alle sostanze inquinanti, non risultavano superate.
In altri termini, l’ordinanza era stata annullata perchè, secondo questa Corte, non
conteneva "la concreta indicazione delle ragioni per cui le risultanze fattuali, in relazione al
mutamento del quadro normativo, non debbano dovesseropiù ritenersi giustificatrici del
permanere della misura cautelare". Nè certamente il relativo apprezzamento "in fatto"
poteva essere compiuto in sede di legittimità.
Con la ordinanza qui impugnata, il Tribunale, in ossequio alle indicazioni della sentenza di
annullamento, procedeva alla rinnovata valutazione del quadro giuridico e fattuale, ed
affermava che il compost oggetto di interesse, pur essendo ormai qualificabile come rifiuto
speciale, e non più come rifiuto pericoloso, risultava nel concreto superare i limiti di legge.
Ciò tenuto conto dell’obbligatorio riferimento alla Tab. 1, art. 5, comma 1, lett. A, parte 4,
D.Lgs, n. 152 del 2006 e che i limiti superiori indicati dalla D.G.R.V. erano inapplicabili
perchè in contrasto con la normativa statale ritenuta applicabile dalla Cassazione.
A tale conclusione il Tribunale giungeva pur dando attodi non condividere la tesi
dell’accusa secondo la quale la mancata previsione di limiti per gli idrocarburi e per la
diossina nella normativa statale che disciplina la produzione del compost significherebbe
che non deve esservene traccia, in quanto almeno alcuni di tali elementi, come la diossina
sono ubiquitari, presenti anche negli alimenti. Riteneva però non illogica la tesidell’accusa
3. secondo cui la mancata indicazione di limiti nella normativa specifica vada integrata con
riferimento alle previsioni di cui alla citata tabella, attesoche il compost è destinato ad
essere sparso sul terreno. In conclusione, si riteneva che non risultava sostanzialmente
modificata la situazione cristallizzata nel giudicato cautelare in quanto le disposizioni
normative sopravvenute (la L. 27 febbraio 2009, n. 13 ed il D.M. 4 agosto 2010 avevano
solo determinato la modificazione della qualificazione del prodotto da rifiuto pericoloso a
rifiuto speciale) e la D.G.R.V. n. 235 del 2009 risultava inapplicabile in quanto in contrasto
con la normativa statale in materia.
Con il ricorso molto analiticamente sviluppato, anche attraversola produzione di
documenti – processuali e non – ritenuti di rilievo, si censura la decisione sostenendo da
un lato che il Tribunale avrebbe non correttamente fattoapplicazione dei principi di diritto
affermati dalla sentenza di annullamento di questa Corte e, dall’altro, sarebbe viziata dal
punto di vista della motivazione quanto all’affermato superamento dei limiti di legge.
Entrambi i motivi partono dal presupposto che l’unico parametroal di fuori dei limiti
indicati nel D.Lgs. n. 217 del 2006 (sostituito dal D.Lgs. n. 75 del 2010) e dalla colonna A
tabella 1 allegato 5 parte 4 del D.Lgs n. 152 del 2006 inerisce gli idrocarburi totali. Detto
limite – si sostiene – è stato svuotatodi qualsiasi significato giuridico-normativo e tecnico
scientifico dal D.L. n. 208 del 2008, art. 6 quater convertitocon L. n. 13 del 2009, in
riferimento prima al D.M. 7 novembre 2008, tabella A 2 e poi al D.M. 4 agosto 2010 che ha
modificato la medesima tabella.
In particolare con il primo motivo si rileva che erroneamente il Tribunale aveva utilizzato il
D.L. n. 208 del 2008 solo per escludere la pericolosità dei rifiuti e non per permetterne
l’ammissibilità al procedimento di compostaggio, senza tener conto della normativa
sopravvenuta, in particolare l’art. 6 quater, afferente l’utilizzo del parametroidrocarburi
totali – che si asserisce essere l’unico dato risultante aver superatoil valore limite della
tabella 1, colonna A, allegato 5, parte 4, del D.Lgs. n. 152 del 2006.
In proposito si osserva che il giudizio di ambiguità di detta norma formulato dalla S.C. era
stato superatodal D.M. 4 agosto 2010. Il citato decreto, che modifica la tabella A2
dell’allegato A del D.M. 7 novembre 2008 a cui fa riferimento il citato art. 6 quater per
considerare cancerogeno un rifiuto contenente idrocarburi, aveva identificato nell’Istituto
Superiore della Sanità quell’organo tecnico mancante, al quale si era riferita la S.C. nella
sentenza di annullamento per la fissazione dei parametrilimite di concentrazione per la
individuazione dei rifiuti contenenti idrocarburi da classificarsi come cancerogeni ed aveva
disposto che per la classificazione del materiale contenente idrocarburi di origini non nota
si fa riferimento al parere espressodall’Istituto superiore di Sanità il 5 luglio 2006 sulle
"procedure di classificazione di rifiuti contenenti idrocarburi" e successivi aggiornamenti,
che aveva definitivamente chiarito i parametrilimite di concentrazione per la
individuazione dei rifiuti contenenti idrocarburi da classificarsi cancerogeni.
Con il citato parere, che fa riferimento a quello precedente del 7 ottobre 2004, si afferma
che, per poter classificare un rifiuto con presenza di oli minerali di cui non si riconosce
l’origine con la caratteristica di percolo cancerogeno, si consiglia di effettuare la ricerca di
singoli markers di cancerogenicità, giacchè il parametro di idrocarburi totali è
assolutamente generico.
4. Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione giacchè il giudice del rinvio,
contrariamente a quanto indicato dalla S.C. aveva omesso di precisare le eventuali ulteriori
risultanze delle indagini per cui alla luce dei dati normativi sopravvenutisi erano ritenuti
non sussistenti le condizioni che avevanogiustificato l’applicazione della misura cautelare.
In particolare, il giudicante avrebbe solo genericamente richiamate le risultanze d’analisi
allegate alla secondo perizia ed avrebbe omessoogni riferimento alle analisi
successivamente eseguite dalla Procura in forza dei campionamenti del 25 marzo 2010, che
avevanoevidenziato i valori in linea con la normativa di settore con esclusione degli
idrocarburi totali, superiori ai limiti indicati rispettivamente dal D.Lgs. n. 75 del 2010 (già
217/2006) e dalla colonna A, tabella 1, allegato 5, parte 4 del D.Lgs. n. 152 del 2006. Detto
limite era però stato svuotatodi ogni significato, per quanto sopra esposto, dal D.L. n. 208
del 2008, art. 6 quater convertito con L. n. 13 del 2009.
Infine, si sostiene che la delibera della Giunta Regionale Veneta non avrebbe rilevanza nel
caso di specie in quanto riferentesiai limiti inerenti agli IPA (idrocarburi policiclici
aromatici) totali, i PCB (policlorobifenili) e le diossine, per i quali non viera statoil
superamento dei limiti.
Motivi della decisione
Il ricorso non può trovare accoglimento in questa sede, ponendo questioni fattuali che,
piuttosto, vanno prospettate nella sede di merito.
Qui, anche per questo Collegio, deve aversiriguardo alle statuizioni del primigenio
annullamento ed ai principi non ultimo quello in punto di giudicato cautelare in quella
sede sviluppati dalla Corte di legittimità, residuando per il giudice cautelare di merito e,
poi, per questa Corte, successivamente adita l’apprezzamento della sola corretta
applicazione dei principi di diritto ivi formalizzati.
Noti sono i limiti del giudizio di rinvio.
A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è in effettivincolato
dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessiargomenti ritenuti illogici o carenti
dalla Cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da
quelle censurate in sede di legittimità ovverointegrando e completando quelle già svolte,
allo stessorisultato decisorio della pronuncia annullata. Ciò in quanto spetta
esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle
emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova,
senza che egli possa essere condizionato da valutazioni in fattoeventualmente sfuggite al
giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano
le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il
proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti. Del resto, ove
la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da
cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione, ciò non comporta che il
giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, poichè egli
conserva gli stessipoteri che gli competevano originariamente quale giudice di merito
relativamente all’individuazione ed alla valutazione dei dati processuali, nell’ambito del
capo della sentenza colpito da annullamento (cfr. Sezione 4, 21 giugno 2005, Poggi,
rv.232019).
5. Da ciò deriva, volendo ulteriormente puntualizzare, che, a seguito di annullamento per
vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova
decisione sugli stessiargomenti ritenuti illogici o carenti dalla Cassazione, ma resta libero
di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di
legittimità ovverointegrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio
della pronuncia annullata (cfr. ancora Sezione 4, 29 gennaio 2007, Martorana).
Vale, poi, nel caso in esame, il principio pacifico che circoscrive le doglianze
ordinariamente devolvibili in sede di legittimità, in forza del quale, in coerente lettura del
disposto del codice di rito, si afferma che, in materia di misure cautelari reali, il ricorso per
cassazione ex art. 325 cod. proc. pen. può essere proposto soltanto per violazione di legge:
in tale nozione rientrano anche la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una
motivazione meramente apparente, in quanto correlate alla inosservanza di precise norme
processuali, ma non vi rientra l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può
denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di
ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e (Sezione 5, 16 giugno 2006, Stiletti).
Ebbene, alla luce dei rilevatilimiti, il ricorso non può trovare accoglimento ponendosi la
decisione in linea con i principi affermati dalla Corte nel primigenio annullamento, avendo
proceduto il giudice della cautela alla rinnovata valutazione in fatto della vicenda e dei
parametridi interesse alla luce del novum normativo, come sollecitato dalla Corte di
cassazione.
La decisione è sufficientemente motivata e non ammette censure in questa sede.
Il Tribunale del riesame in ossequio alle indicazioni della sentenza di annullamento,
procedeva alla rinnovata valutazione del quadro giuridico e fattuale, ed affermava che il
compost oggetto di interesse, pur essendo ormai qualificabile come rifiuto speciale, e non
più come rifiuto pericoloso, risultava nel concreto superare i limiti di legge.
Ciò tenuto conto dell’obbligatorio riferimento alla Tab. 1, col. A dell’art. 5, parte 4, D.Lgs.
n. 152 del 2006 e della inapplicabilità dei limiti superiori indicati dalla D.G.R.V. perchè in
contrasto con la normativa statale ritenuta applicabile dalla Cassazione.
A tale conclusione il Tribunale giungeva pur dando attodi non condividere la tesi
dell’accusa secondo la quale la mancata previsione di limiti per gli idrocarburi e per la
diossina nella normativa statale che disciplina la produzione del compost significherebbe
che non deve esservene traccia, in quanto almeno alcuni di tali elementi, come la diossina
sono ubiquitari, presenti anche negli alimenti. Riteneva però non illogica la tesidell’accusa
secondo cui la mancata indicazione di limiti nella normativa specifica vada integrata con
riferimento alle previsioni di cui alla citata tabella, attesoche il compost è destinato ad
essere sparso sul terreno. In conclusione si riteneva che non risultava sostanzialmente
modificate la situazione cristallizzata nel giudicato cautelare in quanto le disposizioni
normative sopravvenute (la L. 27 febbraio 2009, n. 13 ed il D.M. 4 agosto 2010) avevano
solo determinato la modificazione della qualificazione del prodotto da rifiuto pericoloso a
rifiuto speciale) e la D.G.R.V. n. 235 del 2009 risultava inapplicabile in quanto in contrasto
con la normativa statale in materia.
6. A fronte di tale decisione le censure prospettate in questa sede – che pure ammettono,
peraltro, il superamento dei valori soglia per gli idrocarburi – fanno riferimento a mere
questioni di fatto non prospettabili ai fini della verifica della correttezza giustificativa ed
argomentativa della decisione.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.