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I Principali Sistemi di 
Conservazione 
Security and Quality s.a.s 
Sistemi di conservazione 
Security and quality s.a.s 
Metodi Fisici Metodi Chimici Metodi Biologici
Principali sistemi fisici della 
conservazione degli alimenti 
Metodi Fisici 
Bassa Temperatura Alta temperatura Disidratazione Irradiazione 
Refrigerazione Congelamento 
Surgelamento 
Pastorizzazione Sterilizzazione Essiccamento Liofilizzazione 
Atmosfera Controllata 
Concentrazione
Generalità 
Oltre alla variazione di temperatura o alla 
riduzione di tenore idrico, numerosi altri 
fattori inibiscono, in modo più o meno 
determinante l’attività e la vita dei 
microrganismi: Sostanze chimiche naturali 
e di sintesi, valore di pH lontani da quelli 
ottimali possono esplicare azione 
microbiostatica e microbicida.
I metodi chimici di conservazione si basano 
sull’utilizzo di sostanze naturali e/o 
artificiali, che, in modo diverso, creano 
condizioni sfavorevoli all’attività 
microbica. Queste tecniche incapaci da sole 
di conservare a lungo a temperature 
ambiente gli alimenti, per cui è necessario 
abbinarle ad altre che ne aumentano 
l’efficacia.
Additivi Naturali: il sale 
L’azione inibente del cloruro di sodio 
(NaCl) nei confronti dei 
microrganismi è dovuta 
all’aumento della pressione 
osmotica, causata dall’elevata 
concentrazione del mezzo e alla 
conseguente diminuzione 
dell’acqua disponibile per la 
crescita e all’attività microbica. 
Non tutti i microrganismi vengono 
bloccati dall’azione del cloruro di 
sodio, per esempio i batteri alofili 
non sono inibiti dalla salagione. 
Oltre a queste anche alcune muffe 
sopportano valori abbastanza 
elevati, mentre i lieviti sono molto 
sensibili alla salagione.
La salagione si può effettuare in 2 diversi modi: 
• Secco: Si effettua per sfregamento del sale solido sulla 
superficie dell’alimento o per sovrapposizione a strati, al sale 
generalmente vengono aggiunti idrati e spezie. E inoltre 
preferibile l’utilizzo di sale non troppo grosso per favorire una 
penetrazione più rapida nei tessuti. La suddetta è adatta a prodotti 
a lunga stagionatura e a lunga conservazione. 
• Umido: Ha un’azione più lenta e 
meno intensa. Essa viene utilizzata 
per alimenti a breve e media durata 
che necessitano di altri trattamenti 
come l’affumicatura, la 
refrigerazione o la cottura. Viene 
effettuata utilizzando soluzione 
salina a diversa concentrazione. La 
salagione in umido può essere 
effettuata per immersione o per 
iniezione.
Additivi Naturali: zucchero 
Può essere utilizzato allo stato 
cristallino o come sciroppo, ossia 
acqua e zucchero a diversa 
concentrazione. Vi sono 
microrganismi detti osmofili, non 
ostacolati da elevate concentrazioni 
zuccherine, ma che vi si sviluppano 
meglio, altri le tollerano, anche se 
fermentano in modo meno intenso.
Lo zucchero esplica la sua azione conservativa in 
modo analogo al sale, disidratando per osmosi i 
microrganismi rendendoli pertanto inattivi. Il 
saccarosio deve essere comunque presente 
nell’alimento in concentrazione non inferiore al 
50%, in quanto percentuali più basse favoriscono i 
fenomeni fermentativi. Questo metodo può essere 
abbinato anche a trattamento termico per la 
conservazione della frutta, esempio marmellata o 
gelatina.
Additivi Naturali: olio 
Sia l’olio d’oliva, che l’olio di semi, viene 
impiegato per proteggere gli alimenti da 
contatto con l’aria ed impedire quindi lo 
sviluppo dei microrganismi aerobi. Al 
contrario i microrganismi anaerobi si 
possono invece facilmente sviluppare 
come ad esempio il clostridium botulinum, 
responsabile di una tossina che può essere 
letale, per evitare questo inconveniente il 
metodo viene quindi abbinato ad altri 
procedimenti, come la salaggione, 
l’acidificazione, la disidratazione, la 
pastorizzazione. Questo metodo viene 
spesso utilizzato per prodotti ittici o 
ortaggi.
Additivi Naturali: l’aceto 
È il prodotto della fermentazione acetica 
del vino. Esso deve contenere più del 
6% di acidità totale espressa come 
acido acetico e una quota residua di 
alcol non superiore all’ 1,5%. 
L’azione conservativa è dovuta al 
contenuto in acido acetico ed al 
conseguente abbassamento del pH. 
L’aceto è utilizzato nella 
conservazione di numerosi vegetali e 
come coadiuvante in altre tecniche.
Additivi Naturali: alcol etilico 
Usato ad alte concentrazioni (70% circa) è letale nei 
confronti delle forme vegetative mentre, alla stesse 
dosi è inefficace per le spore batteriche. Risultano 
più sensibili i batteri, meno i lieviti. L’azione 
antimicrobica dell’alcol è dovuta a più fattori: 
• Denaturazione delle proteine protoplasmatiche 
• Disidratazione delle cellule 
L’uso è limitato alla preparazione di frutta 
“sottospirito”.
Additivi Naturali: l’affumicamento 
Consiste nel sottoporre gli alimenti all’azione di sostanze 
antisettiche che si libera in seguito alla combustione 
incompleta di segatura o trucioli di legni particolarmente 
aromatici, ma mai di tipo resinoso. L’azione antisettica 
esplicata dal fumo è potenziata dall’aumento di 
temperatura dell’alimento, e della contemporanea 
disidratazione. Altre sostanze quali acido acetico, formico, 
alcol metilico, presenti in piccola concentrazione nel fumo 
coadiuvano l’azione della formaldeide, l’azione antisettica 
del fumo è dovuta anche al fatto che riduce la quantità di 
ossigeno disponibile, anche le variazioni di temperatura 
concorrono ad aumentare la conservabilità del prodotto, il 
trattamento può avvenire a temperature 
basse(affumicamento a freddo) solo poche specie 
microbiche vengono uccise, o a temperature 
alte(affumicamento a caldo) si ha la distruzione della 
maggior parte delle specie microbiche.
Il fumo è composto, oltre che dalla fase gassosa, da una fase 
solida, in cui si trovano sostanze tossiche riconosciute 
cancerogene. 
L’azione tossica del catrame e della 
fuliggine è strettamente legata a vari 
fattori: 
• quali la quantità di ossigeno cioè più 
areato è l’ambiente, minore è la 
formazione di idrocarburi. 
• La distanza fra la camera di 
combustione e di affumicamento 
• La temperatura: più alta è la 
temperatura della combustione, 
maggiore è la produzione di 
sostanze oncogene.
Il metodo tradizionale di generare fumo bruciato da legna, si 
sta orientando nell’utilizzo di “fumo liquido” per limitare 
la presenza degli idrocarburi negli alimenti. Il fumo liquido 
si ottiene condensando in acqua i fumi che si libero dalla 
combustione di legno, questo viene poi filtrato per 
eliminare gli oli pesanti. Il vantaggio maggiore che il fumo 
liquido presenta nei confronti dell’affumicatura 
tradizionale è l’assenza di composti cancerogeni, unito ad 
una maggiore uniformità dei sapori e degli aromi. Il fumo 
liquido viene nebulizzato negli affumicatoi tradizionali, o 
impiegato come bagno per l’immersione degli alimenti.
TRATTAMENTI CHIMICI. (additivi 
naturali e additivi artificiali) 
Gli additivi chimici sono sostanze 
sintetiche o naturali prive di potere 
nutritivo, che vengono aggiunte in 
fase di lavorazione agli alimenti per 
conservarne nel tempo le 
caratteristiche fisiche, chimiche e 
biologiche, per evitarne le 
alterazioni spontanee e per conferire 
caratteristiche particolari.
Il quadro normativo 
• La Direttiva n. 94/35/CE sugli 
edulcoranti 
• La Direttiva n. 94/36/CE sulle 
sostanze coloranti 
• La Direttiva n. 95/2/CE sugli 
additivi alimentari diversi dai 
coloranti e dagli edulcoranti 
Tali normative sono state recepite 
dal nostro ordinamento con 
• Decreto Ministeriale n. 209 del 
27/2/1996.
Legge 283/62 e dal DPR 327/80 
La loro applicazione è disciplinata 
dalla Legge 283/62 e dal DPR 
327/80 va detto che non sempre il 
loro uso giustifica il rischio che ne 
può derivare alla salute pubblica, 
anche perché gli studi 
tossicologici al riguardo non sono 
ancora definitivi.
Fine normativo 
• Assicurare la libera circolazione dei prodotti 
alimentari nell’ambito UE, 
• Rispettare le limitazioni imposte a tutela 
della salute dei consumatori
Suddivisione 
Gli additivi sono suddivisi in famiglie in 
funzione del loro ruolo, e sono identificati 
da un codice, uguale in tutti i paesi 
dell’Unione Europea, composto 
generalmente dalla lettera “E” seguita da 3 
o 4 cifre.
Requisiti 
• Essere indispensabili 
• Non presentare rischio di tossicità 
• Se ne deve stabilire la DGA (dose giornaliera ammissibile) 
• Non devono reagire con l’alimento 
• Non devono mascherare frodi commerciali 
• Non devono mascherare alterazioni 
• Devono rispondere agli standards di purezza 
• Devono figurare in liste positive 
• Essere tolti dal commercio non appena dimostrino effetti 
cancerogeni, mutageni, ecc.
Classificazione 
1. Composti contro le alterazioni di natura 
microbica 
2. Composti contro l’’irrancidimento e 
l’’imbrunimento 
3. Composti per il controllo 
della qualità reologica 
1. Additivi ad azione varia
Composti contro le alterazioni di 
natura microbica 
• Antisettici o antimicrobici 
• Fungistatici 
• Antifermentativi
Composti contro l’’irrancidimento 
e l’’imbrunimento 
• Antiossidanti (acido ascorbico) succhi di 
frutta, vino, liquori, insaccati, marmellate, 
vegetali sottolio e sottaceto
Composti per il controllo della 
qualità reologica 
1. Addensanti (glicerina, pectina) aumentano la 
densità dei liquidi; latte e derivati, maionese, 
cioccolato, marmellate, ecc. 
2. Gelificanti (polifosfati, citrato di sodio e 
potassio) favoriscono l’aumento della 
consistenza; carne in scatola, insaccati, 
formaggio fuso 
3. Emulsionanti e tensioattivi (mono e digliceridi 
di acidi grassi esterificati con acido acetico o 
acido tartarico) fluidificano i grassi in soluzioni 
acquose; pane e grissini (antiraffermo), gelati, 
margarina, biscotti, ecc.
Additivi di azione varia 
1. Aromatizzanti 
2. Esaltatori di 
sapidità 
3. Coloranti 
4. Edulcoranti 
5. Polveri lievitanti 
6. Sostanze per 
trattamenti 
superficiali 
7. Acidificanti 
8. Tamponanti
Additivi a scopo conservativo: 
Antimicrobici 
1. Acido sorbico (E200), sodio sorbato 
(E201) potassio sorbato (E202), calcio 
sorbato (E203) utilizzati come antimuffa 
nei grassi e oli, formaggi, ripieno di ravioli 
e tortellini,semiconserve ittiche, maionese, 
prodotti dolciari da forno, pane in cassetta, 
presame, gnocchi, frutta candita, polenta, 
preparazioni a base di frutta per lo yogurt 
alla frutta, crema per pasticceria
2. Acido benzoico (E210), sodio benzoato 
(E211), potassio benzoato (E212), calcio 
benzoato (E213) Utilizzato nelle 
semiconserve ittiche, caviale, bibite 
analcoliche, pasta di olive, presame
3. Esteri del p-benzoato (E214  E219) utilizzato 
nelle semiconserve ittiche, caviale, bibite 
analcoliche, maionese, presame 
4. Anidride solforosa (E220), sodio solfito (E221), 
sodio bisolfito (E222), sodio metasolfito (E223), 
sodio metabisolfito (E224), calcio solfito (E226) 
utilizzati nel vino, mosti, aceto, succhi di 
frutta, marmellate, gelatine di frutta, birra, 
prodotti a base di patate, biscotti, frutta secca, 
vegetali per sott’aceto o sott’oli o al naturale o 
in salamoia, filetti di baccalà, frutta candita, 
bibite analcoliche, liquori a base di succhi di 
frutta, acqueviti, conserve di gamberi
Antimicrobici per il trattamento 
superficiale 
Trattamento superficiale dei formaggi a crosta 
non commestibile
Sostanze destinate principalmente ad 
altri usi ma aventi effetto 
conservativo secondario 
Potassio nitrito (E249), sodio nitrito (E250), 
sodio nitrato (E251), potassio nitrato 
(E252) (colore rosso delle carni – azione 
antimicrobica nei confronti del Clostridium 
botulinum) acido acetico (E260), potassio 
acetato (E261), sodio acetato (E262), 
acetato di calcio (E263) (impasti per la 
panificazione e i prodotti dolciari lievitati)
ANTIMICROBICI 
Cod. Denominazione chimica Eventuale tossicità 
E 200 Acido sorbico -- 
E 201 Sodio sorbato -- 
E 202 Potassio sorbato -- 
E 203 Calcio sorbato -- 
Sostanza particolarmente tossica, con dose 
massima giornaliera accettabile, secondo 
le tabelle del comitato FAO/OMS molto 
bassa ( 5 mg per Kg di peso al giorno). 
E 210 Acido benzoico 
E 216 Propile p-ossibenzoato Come sopra 
E 218 Metil-p-ossibenzoato Come sopra 
Come sopra 
Sostanza abbastanza tossica, interferisce col 
metabolismo di alcuni aminoacidi ed 
inattiva la Vit.B1. 
Derivato sodico dell'est. met. delI'acido p-ossibenzoico 
E 219 
E 220 Anidride solforosa 
E 221 Sodio solfito Poduttore di E220, ha gli stessi effetti tossici 
E 222 Sodio bisolfito Come sopra 
Della stessa categoria del difenile, composto 
molto tossico. 
E 231 Ortofenilfenolo 
E 232 Orfofeilfenato di sodio Come sopra 
E 233 Tiobendazolo Tossico 
E 238 Formiato di calcio Tossico 
E 239 Esametilentetramina Tossico 
E 240 Aldeide formica Tossica e cancerorena
ANTIOSSIDANTI 
300 Acido L-ascorbico -- 
E 301 Sodio L acorbato -- 
E 302 Calcio L ascorbato -- 
E 304 L ascorbile palmitato -- 
E 306 Estratti di origine naturale ricchi di tocoferoli -- 
E 307 Alfa tocoferolo di sintesi -- 
E 308 Gamma tocoferolo di sintesi -- 
E 309 Delta tocoferolo di sintesi -- 
E 310 Gallato di propile Sostanza sospetta 
E 311 Gallato di ottile Come sopra 
E 312 gallato di dodecile Come sopra 
Sostanza sospetta, perchè non presente in 
natura 
E 320 Butilidrossianisolo 
E 321 Butilidrossitoluolo Come sopra 
E330 Acido citrico -- 
E 331 Citrati di sodio -- 
E 332 Citrati di potassio --
Principali composti utilizzati
ANIDRIDE SOLFOROSA SO2 (E220) 
Viene addizionata ad uve, vino, aceto, succhi di frutta, 
sottaceti, sottolio, prodotti dolciari. 
Uso 
Microbicida: agisce contro muffe e batteri mentre ha 
azione selettiva sui lieviti. Per questo viene utilizzata nel 
processo di fermentazione delle uve per eliminare i lieviti 
che producono poco alcol e consentire lo sviluppo degli 
altri che porteranno a termine la fermentazione. 
Antiossidante: ha azione sbiancante ed impedisce 
l’imbrunimento enzimatico. 
Meccanismo 
d’azione 
Ha odore caratteristico ed irritante. Tossicità acuta e 
cronica elevata per questo la legge definisce la quantità 
che può rimanere come residuo. 
Caratteristiche
Acido Benzoico: E210 
• Origine: 
L'acido benzoico, i benzoati e gli esteri dell'acido benzoico sono 
presenti nella maggior parte della frutta, specialmente nei mirtilli. Oltre 
alla frutta, i benzoati si trovano in natura nei funghi, nella cannella, nei 
chiodi di garofano ed in alcuni prodotti caseari 
• Funzione  Caratteristiche: 
L'acido benzoico ed i benzoati sono usati come conservanti contro 
lieviti e batteri presenti in vari prodotti acidi. Sono poco efficaci contro 
i funghi ed inefficaci in prodotti con un pH superiore a 5 (leggermente 
acido o neutro). Alte concentrazioni producono un sapore amaro che 
limita il loro impiego. Per la loro alta solubilità, i benzoati sono spesso 
preferiti. 
• Dose giornaliera: 
Circa 5 mg per kg di peso corporeo.
Acido Sorbico: E203 
• Origine: 
In natura, il sale dell'acido sorbico (E200) è presente nei 
frutti del Sorbo delle Montagne Europee o Farinaccio ( 
Sorbus aucuparia ), dal quale prende il nome. 
• Funzione  Caratteristiche: 
L'acido sorbico è un conservante, principalmente contro 
funghi e lieviti; non è efficace contro i batteri. La sua attivitá 
ottimale avviene a valori di pH inferiori a 6.5. Il sorbato di 
calcio è usato principalmente nei latticini; la sua attivitá è 
simile a quella dell'acido sorbico. 
• Dose giornaliera: 
Fino a 25mg per kg di peso corporeo.
Acido acetico: E260 
• Origine: 
Acido naturale presente in molti frutti. Essendo ottenuto per 
fermentazione batterica, è presente in molti prodotti fermentati. Il 
prodotto presente in commercio è ottenuto dalla fermentazione 
batterica dello zucchero, melassa o alcol o dalla sintesi chimica 
dell'acetaldeide. 
• Funzione  Caratteristiche: 
L'acido acetico è usato come conservante contro i batteri ed i funghi. 
Nella maionese, viene aggiunto per inattivare della Salmonella . 
L'attività maggiore si ottiene a valori bassi di pH. Può essere anche 
usato come tampone negli cibi acidi. E' anche usato come un 
componente aromatico. 
• Dose Giornaliera Ammissibile: 
Nessun limite.
La dose e la scelta del prodotto 
dipende: 
• Dalla natura dell’alimento 
• Caratteristiche proprie dei composti 
(concentrazioni) 
• Carica batterica (numero di cellule presenti) 
• Stato delle cellule (condizioni non ottimali 
rendono più sensibili le cellule) 
• Specie microbica 
• pH
Modalità di azione: 
Formano legami chimici con metaboliti 
essenziali quali enzimi respiratori o enzimi 
necessari per biosintesi. Il campo di azione 
può essere specifico (un solo enzima) o 
vasto (diversi enzimi)
Tossicità (LD50 = …….ppm/Kg) 
Viene espressa in LD50 per la quantità di 
sostanza
Conservanti artificiali 
Additivi alimentari 
D.M. n. 209 del 27/02/1996 
Sostanze, non consumate come alimento in quanto tale e non 
utilizzate come ingredienti tipici degli alimenti, aggiunte 
intenzionalmente ai prodotti alimentari in qualsiasi fase del ciclo 
produttivo (trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, 
trasporto o immagazzinamento) per: 
1. mantenere il più possibile inalterate le qualità nutritive; 
2. migliorare le caratteristiche organolettiche (sapore, odore, 
colore e prolungare la conservazione;
 Acidificanti: aumentano l'acidità di un prodotto, e/o conferiscono ad esso un sapore 
aspro. 
 Addensanti: addensano, ovvero aumentano la viscosità di un prodotto alimentare. 
Vengono utilizzati in creme, budini, gelati, ecc. 
 Agenti lievitanti: liberano gas aumentando il volume di un impasto (nel caso di pane e 
dolci) o di una pastella (nel caso di alimenti fritti). 
 Antiossidanti: fungono da conservanti impedendo l'ossidazione, come l'irrancidimento 
dei grassi e la variazione di colore. 
 Antischiumogeni: impediscono o riducono la formazione di schiume. 
 Coloranti: conferiscono un colore particolare ad un alimento. 
 Conservanti: prolungano il periodo di conservazione degli alimenti proteggendoli dal 
deterioramento provocato dai microorganismi. 
 Correttori di acidità: modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto 
alimentare. 
 Edulcoranti: conferiscono un sapore dolce agli alimenti. Vengono utilizzati soprattutto nei 
prodotti dietetici a basso contenuto di calorie. 
 Esaltatori di sapidità: esaltano il sapore e/o la fragranza di un alimento. Es il glutammato 
di sodio. 
 Gelificanti: danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel.
METODI CHIMICO-FISICI 
Affumicamento 
Oltre a queste sostanze aromatiche, però, durante la combustione 
del legno si sviluppano IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI 
(IPA), cancerogeni per l’uomo.
METODI BIOLOGICI 
Fermentazione (avviene ad opera di microorganismi 
specifici). Distinguiamo: 
1. 
2. 
3. 
4. 
Fermentazione acetica, provocata dagli Acetobacter usata per la 
produzione dell’aceto a partire dal vino.
Alterazioni microbiche degli 
alimenti
Tipo e causa delle alterazioni 
microbiche degli alimenti 
• variazioni di colore, odore, consistenza, la 
formazione di patine batteriche, l’accumulo 
di gas o schiuma, la fuoriuscita di liquidi 
(essudati, materiale purulento). 
• causate dalla crescita di microrganismi 
• causate dalla liberazione di enzimi extracellulari o 
intracellulari (in seguito alla lisi cellulare)
Sequenza degli eventi 
• I microrganismi devono venire in contatto con l’alimento 
• l’alimento deve consentire lo sviluppo (pH, Aw, potenziale 
O-R, sostanze inibenti) di una o più specie microbiche 
contaminanti 
• l’alimento deve essere conservato in condizioni di 
temperatura che consentano la moltiplicazione microbica e 
ciò deve avvenire per un tempo sufficiente per il 
raggiungimento di una concentrazione microbica tale da 
causare alterazioni evidenziabili nell’alimento.
Significato del tipo di 
microrganismi 
• i batteri (a causa del tempo duplicazione più breve) e dopo 
di essi i lieviti, sono favoriti rispetto alle muffe nel causare 
alterazioni in tempi brevi 
• negli alimenti in cui batteri e lieviti non sviluppano in 
condizioni favorevoli e che sono conservati per periodi di 
tempo relativamente lunghi, quali pane, formaggi duri, 
insaccati stagionati, frutti acidi e vegetali, le alterazioni di 
origine fungina sono più frequenti. 
• Il confezionamento in anaerobiosi ha contribuito a ridurre 
le alterazioni indotte da muffe ed in parte anche quelle da 
lieviti, ma non quelle dovute a batteri anaerobi obbligati e 
facoltativi
Significato del numero di microrganismi 
• Per produrre un cambiamento evidenziabile i 
microrganismi (principalmente batteri e lieviti devono 
moltiplicare e raggiungere un certo numero, spesso 
definito come il livello di comparsa delle alterazioni 
• batteri e lieviti devono raggiungere il numero di circa 107 
cellule per grammo, per ml o per centimetro quadrato di 
alimento partendo dal numero di cellule normalmente 
presenti inizialmente 
• A secondo della natura specifica dell’alterazione e del tipo 
di microrganismi, il numero di microrganismi presente alla 
comparsa delle alterazioni può variare da 106 a 108 cellule 
per grammo, ml o cm2
Microrganismi predominanti 
• Un alimento non alterato contiene microrganismi 
(batteri, lieviti, muffe) ed anche virus di generi 
differenti ed anche di più specie di uno stesso 
genere 
• Quando l’alimento è alterato, si osserva che 
contiene prevalentemente uno o due tipi di 
microrganismi predominanti. 
• Tra le varie specie presenti e capaci di crescere 
solo quelle con il più breve tempo di duplicazione 
alle condizioni di conservazione aumentano 
rapidamente di numero causando alterazione
Carne bovina a pH6.0 con CMT iniziale 
pari a 103/g e CMT finale pari a 6 x 107/g 
100% 
90% 
80% 
70% 
60% 
50% 
40% 
30% 
20% 
10% 
0% 
giorno 0 giorni 12 
Pseudomonas 
Acinetobacter 
Moraxella 
Brochothrix t. 
Altri
Patine batteriche 
Biofilms sono composti da 
comunità di microrganismi 
aderenti ad una superficie. 
Essi sono comunemente 
contenuti in un polisaccaride 
extracellulare sintetizzato da 
essi stessi. La presenza di 
umidità e l’adeguatezza di 
nutrienti favorisce lo 
sviluppo di patine batteriche 
– Bar = 10 micrometers
Reazioni chimiche e processi fisici che possono alterare le 
caratteristiche qualitative dei prodotti alimentari 
REAZIONI CHIMICHE E BIOCHIMICHE 
• Imbrunimento non enzimatico 
• Imbrunimento enzimatico 
• Idrolisi dei lipidi 
• Ossidazione dei lipidi 
• Idrolisi delle proteine 
• Denaturazione delle proteine 
• Agglomerazione delle proteine 
• Idrolisi di polisaccaridi 
• Glicolisi 
• Sintesi di polisaccaridi 
• Degradazione dei pigmenti naturali 
• Inattivazione delle vitamine 
• Modificazioni della biodisponibilità 
di vitamine e sali minerali 
PROCESSI DI NATURA FISICA O CHIMICO-FISICA 
• Cristallizzazione degli zuccheri 
• Retrogradazione dell'amido 
• Perdita di sostanze volatili 
• Adsorbimento/desorbimento di 
umidità 
• Modificazioni della 
compartimentazione dei componenti
Alcuni prodotti del metabolismo 
microbico negli alimenti 
Nutrienti 
Carboidrati Composti azotati Lipidi 
CO2, H2, H2O2, 
CO2, H2, NH3, H2S, 
lattato, acetato formato, 
amine, chetoacidi, 
succinato, butirrato, 
mercaptani, disolfuri 
isobutirrato, 
organici, putrescina, 
isovalerato, etanolo, 
cadaverina, scatolo 
propanolo, butanolo, 
isobutanolo, diacetile, 
acetoina, butanediolo, 
destrano, levani 
Acidi grassi, glicerolo, 
idroperossidi, composti 
carbonilici (aldeidi e 
chetoni), basi azotate
Alterazioni conseguenti al metabolismo 
microbico dei carboidrati 
• Fermentazione lattica o alcolica (dovuta a batteri 
lattici* ) 
– solo ac. lattico (acidificazione) 
• Fermentazione acido mista 
– ac. lattico + CO2 + etOH/acetato (acetoino, formato) 
fermentazione acido mista ® bombaggio conserve 
alimentari non acide, ricche in carboidrati (Cl. 
thermosaccarolyticum); acidificazione + putrefazione 
(B. polimixa, B. substilis, Proteus vulgaris, Serratia 
marc.) 
• Fermentazione propionica e ferm. butirrica
Alcuni importanti batteri alteranti 
• Psicrotrofi (sviluppano a T5°C) 
– aerobi (Ps. fluorescens, Ps. fragi, altri Pseudomonas, 
Acinetobacter, Moraxella, Flavobacterium) 
– anaerobi facoltativi (Brochotrix thermosphactra, Lab. 
viridescens, Lab. curvatus, Lab. sake, altri Lactobacillus, alcuni 
Enterococcus, Alcaligenes, Enterobacter, Serratia liquef. Alcune 
Hafnia e Proteus, Shewanella putrefaciens) 
• termodurici (resistono a T  65°C 
– anaerobi fac. (spore di Bac. coagulans e Bac. megaterium, alcuni 
Lac. viridescens) 
– anaerobi (spore di Cl. laramie, Cl. Estertheticum, Cl. algidicarnis, 
Cl. putrefaciens, altri Cl. non identif.) 
• termofili (possono germinare e/o moltiplicare a 
50°T60°) (alcuni Clostridium e Bacillus, Ped. acidilactici, 
Str.thermophilus) 
• acidurici (possono sviluppare a pH£4.6)(Lab.fructivorans, 
Lab. fermentum, Leu. mesenteroides, Lab. plantarum,Ped. acidilactici)
Metabolismo dei nutrienti 
• Tipo di alimento 
• preferenza nell’utilizzazione dei nutrienti 
• crescita microbica in successione
Shelf life degli alimenti 
• Si può intendere come shelf-life o durabilità di un 
prodotto, in determinate condizioni di conservazione, il 
tempo limite entro il quale il progredire dei singoli eventi 
reattivi determini modificazioni impercettibili sul piano 
sensoriale o comunque ancora accettabili sul piano della 
sicurezza d'uso. 
• Il comma 1 dell'art. 10 del D.L.gs. n. 109 definisce il 
termine minimo di conservazione come «la data fino alla 
quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà 
specifiche in adeguate condizioni dì conservazione, esso va 
indicato con la dicitura da consumarsi preferibilmente 
entro... seguita dalla data oppure dall'indicazione del 
punto della confezione in cui essa figura».
Fattori che più influenzano la shelf life 
• Al deperimento di un prodotto alimentare corrispondono 
differenti e complessi schemi ascrivibili a processi chimici, 
biochimici, di natura fisica o fisico-chimica, caratteristici 
di ogni singolo alimento 
• fattori quali la temperatura, l'umidità, la presenza di 
ossigeno o la luce giocano un ruolo fondamentale nella 
velocità dei singoli eventi reattivi
Alterazione delle carni a differenti condizioni di 
temperatura ed umidità
Spoilage delle carni fresche 
Aerobiosi 
• Ps. Cresce rapidamente utilizzando 
glucosio e poi aminoacidi, con 
produzione di metilsolfuro, esteri ed 
acidi. 
• Nelle carni di pollame, nelle frattaglie e 
nelle carni DFD lo spoilage inizia prima, 
forse perché è più precoce l’attacco degli 
aminoacidi. 
• Lo sviluppo di Acinetobacter e 
Moraxella (utilizzano preferenzialmente 
aminoacidi invece di glucosio) può 
essere favorito in queste ultime 
Anaerobiosi 
• Sviluppano Leuconostoc mesenteroides e 
gelidum, Lab. Sake e curvatus e 
Carnobacterium che in anaerobiosi non 
attaccano gli aminoacidi 
• lo spoilage si manifesta come scolorimento (la 
carne resta scura dopo l’apertura della 
confezione ed acquisisce un odore burroso) 
(cheesy odor) 
• Anche Brochothrix ed Enterob. possono 
competere nelle carni a pH elevato, riducendo 
la conservabilità (degradano glucosio ed 
alcuni aminoacidi in FA volatili, alcoli e 
ammine/NH3 (odore caseoso/ ammoniacale). 
• Cl. Putrefaciens (o forse Enterococcus) può 
essere causa di puzzo d’osso nelle grosse 
masse muscolari 
• Cl. laramie insieme a Leuconostoc è in grado 
di determinare formazione di accumulo di gas 
(H2S), perdita di consistenza e arrossamento
Categorie di prodotti carnei 
• Sottoposti a cottura: 
– Prodotti inscatolati sottoposti a sterilizzazione (carni in 
scatola) 
– Prodotti sottoposti a calore moderato (60-65°C, fino a 
75°C) 
• non salmistrati (es. arrosti, roast beef, arrotolati di tacchino, 
polpettoni) 
• salmisrati (es. prosciutti cotti, mortadella, wurstel, luncheon 
meat) 
• Non sottoposti a cottura 
– Prodotti fermentati /disidratati (es. salami) 
– prodotti disidratati (es. prosciutto crudo, bresaola, carne 
essiccata)
Spoilage delle preparazioni e dei prodotti 
a base di carne cotti 
Prodotto Alterazione Microrganismi 
Arrosti s.v. /affettati e 
refrigerati 
Accumulo liquido e gas Lactobacillus eterof. e 
Leuconostoc 
+ colore rosato e liquido 
rossastro (in 4 settimane) 
Clostridium spp. 
Polpettone affettato e 
refrigerato 
Odore putrido e 
arrossamento, poco gas (in 
1 settimana) 
Proteus, Hafnia, Ser. 
liquefaciens 
Prosciutti cotti, wurstel ed 
altri cotti s.v. 
Gas e accumulo liquido 
biancastro 
Leuconostoc carnosum e 
mesenteroides 
Arrotolati di tacchino Accumulo gas e liquido, 
forte odore ammoniacale 
evanescente 
Ser. Liquefaciens, Leu. 
mesenteroides e Lab. sake 
Luncheon meat (suino) 
(tacchino) 
Macchie giallastre 
Macchie grigie 
Ent. faecium subsp. 
Casseliflavus 
Lactobacillus (aerobiosi)
Spoilage degli insaccati fermentati 
(salami) 
• In caso di acidificazione insufficiente sviluppano specie quali 
Clostridium, Bacillus ed altri mesofili con possibile sviluppo di 
fenomeni putrefattivi 
• in prodotti con bassa acidità, ma Aw ³ 0.92 possono essere alterati ad 
opera di Leuconostoc e Lactobacillus eterof. Con accumulo di gas e 
liquido nelle confezioni e evidenziazione di patine color crema, può 
sviluppare filamentosità dell’impasto 
• se non confezionati in anaerobiosi e l’Aw è basso (0.72-0.90) 
sviluppano lieviti e muffe che producono formazione di patine viscose 
superficiali, scolorimento e sapori anormali 
• la presenza di aria nell’impasto può favorire la comparsa di 
scolorimento (ingrigimento) dovuto all’azione ossidante di H2O2 
prodotta da alcuni Lattobacilli (lattato + O2 ®lattato ossidasi ® 
piruvato + H2O2
Tipo di spoilage degli insaccati 
cotti confezionati sottovuoto 
Tipo di 
Evidenziazione Causa 
alterazione 
Acidità Analisi sensoriale 
pH 
sapore 
Batteri lattici 
Patine biancastre Analisi sensoriale 
apparenza 
Batteri lattici 
Formazione di gas Analisi sensoriale, 
rigonfiamento delle 
confezioni 
Lattopbacilli e 
Leuconostoc 
(eterofermentanti) 
Filamentosità Analisi sensoriale Lactobacillus sake, 
Leuconostoc 
gelidum
Fasi che influenzano la shelf life 
dei prodotti carnei sottovuoto 
Fase del processo Trattamento 
Formulazione Uso di additivi chimici 
Cottura Uso di tempi adeguati 
Affettatura e confezionamento Igiene del prodotto, igiene 
ambientale, bioconservazione 
Dopo il confezionamento Irradiazione, pasteurizzazione, 
trattamento con microonde
Alterazioni delle uova, degli ovoprodotti, 
della maionese 
• Uova in guscio 
– marciume verde (Pseudomonas fluorescens) 
– marciume nero (Proteus vulgaris) 
– marciume rosso (Serratia marcescens) 
– ammuffimento (Pennicillum, Alternaria, Mucor) 
• Prodotti d’uovo 
– odore putrido (psicrotrofi Gram-, post contaminanti) 
– acidificazione (psicrotrofi Gram+ pre e post contaminanti) 
– odore di pesce (formazione di trimetilammina) 
• Maionese /low fat 
– ammuffimento in superficie 
– idrolisi saccarosio e formazione CO2 (Lab. Fructivorans) 
– accumulo gas e alcol (Saccharomyces bailii)
Alterazioni dei pesci 
• Modificazioni iniziano appena il pesce muore 
a) degradazione da enzimi endogeni (autolisi) 
b) ossidazione ac. grassi insaturi 
c) alterazioni microbiche 
• dissanguamento, eviscerazione, filettatura, cottura 
modificano l’andamento dei fenomeni alterativi
Fenomeni autolitici 
• pH 6-7 (pH  6 in halibut, sgombri e tonni); 
• idroperossidazione AG con produzione C6, C8 e C9 aldeidi 
alcol e chetoni (aromi di vegetali verdi, funghi, melone) 
(fenomeni T dipendenti) 
• gusto pesce cotto 
– dolcezza: dovuta alla presenza di zuccheri (Glu, Fru e loro fosfati), 
ma anche al sinergismo tra aminoacidi liberi ed IMP (vedi figura) 
• in pesce non eviscerato (soprattutto piccole specie 
pelagiche) conservato senza o con poco ghiaccio si 
osservano fenomeni di decomposizione del tratto digerente 
e contaminazione delle masse muscolari adiacenti da parte 
dei batteri enterici
Concentrazione dei prodotti di degradazione 
dei nucleotidi nel muscolo di pesce 
K = (INO + Hx) / (ATP + 
ADP + AMP + IMP + INO + 
Hx)
Alterazioni microbiche dei pesci 
• Specie predominanti nei pesci di acque artiche e temperate 
(Pseudomonas, Alteromonas, Shewanella e Moraxella) 
(80% della flora microbica totale), ma anche mesofili quali 
Mor. morganii, Kle. pneumoniae, Haf. alvei, Cit. freundi 
ed Esc. coli 
• questi microrganismi sono in grado di degradare NPN con 
produzione di peptidi, TMA ( N:CH3; dalla riduzione di 
TMAO) ed NH3 in alcune specie (selaci) istamina 
(dall’istidina), Put, Cad, indolo, H2S, DMS e acidi grassi 
volatili (acetico, butirico, isovalerico) 
• Alcune specie sono proteolitiche (de-repressione 
enzimatica)
Alterazione di prodotti semilavorati e lavorati 
• Filetti: le carni da traslucenti con tonalità lievemente 
bluastre diventano opache (gessose). Se confezionati 
sottovuoto o in CO2 lo sviluppo dei batteri aerobi è 
prevenuto, mentre crescono anaerobi obbligati e 
facoltativi, compresi i batteri lattici 
• Pesci leggermente salati vanno incontro ad alterazione da 
Vibrio (se conservati a basse temperature) o Micrococcus 
(se ad alte temperature) 
• pesci disidratati ed affumicati possono sostenere lo 
sviluppo di muffe superficiali 
• carni macinate, surimi e preparazioni a base di polpa 
macinata se non rapidamente congelati sono alterati da 
germi bastoncellari Gram-
Alterazione di molluschi e crostacei 
Crostacei 
• aragoste, astici e granchi sono 
commercializzati vivi, mentre 
gamberi, scampi, canocchie 
generalmente muoiono dopo la 
raccolta 
• le carni sono ricche in NPN, 
contengono 0,5% glicogeno e 
pH  6 
• Pseudomonas e altri Gram-bastoncellari 
determinano 
degradazione ossidative e 
putrefazione 
Molluschi 
• rispetto a pesci e crostacei 
contengono concentrazioni più 
basse di NPN, ma più 
carboidrati (glicogeno 3,5-5%) 
e pH  6. 
• Sono mantenuti vivi fino allla 
preparazione per il consumo o 
alla trasformazione 
• le alterazioni (produzione di 
NH3, amine, acidi grassi 
volatili, acidificazione) sono 
dovute a Pseudomonas e Vibrio 
se refrigerati, ma anche 
Lattobacilli, enterococchi e 
coliformi
Alterazioni del latte crudo 
• Pseudomonas, altri bastoncellari Gram- psicrotrofi e 
coliformi sono le specie prevalenti nel latte prontamente 
refrigerato. Pseudomonas è Lac- e causa sapori amari, 
fruttati, rancidità (lipasi) e comparsa di anomalie del gusto 
nel prodotto pastorizzato (proteasi termostabili). Batteri 
fermentanti il lattosio generano acidità (ac. lattico, acetico 
e formico), liberazione di CO2 e H2, coagulzione e 
schiumosità. Alcuni Alcaligenes (viscosilactis) e coliformi 
causano formazione di mucosità 
• latte non prontamente refrigerato supporta la crescita di 
specie quali Lactococcus, Lactobacillus, Enterococcus, 
Micrococcus, Bacillus, Clostridium e coliformi; comunque 
predominano generalmente i batteri lattici che producono 
acidificazione e coagulazione del latte
Alterazioni del latte pastorizzato 
• Sopravvivenza termodurici (Micrococcus, Enterococus, 
alcuni Lactobacillus, Streptococcus, Corynebacterium e 
spore di Bacillus e Clostridium 
• Post-contaminazione da coliformi, Pseudomonas, 
Alcaligenes, Flavobacterium. 
• Lo sviluppo degli psicrotrofi limità la conservabilità del 
latte (difetti di gusto quando la conc. microbica raggiunge 
106 cell/ml. 
• Lo sviluppo di Bacillus (es. B. cereus) può causare un 
sapore amarognolo, inoltre producendo lecitinasi causa 
aggregazione dei globuli di grasso che aderiscono alle 
pareti del contenitore e un enzima rennina-simile che causa 
una coagulazione “dolce”
Alterazioni del latte UHT 
• È un prodotto commercialmente sterile che può contenere 
spore vitali di micr. termofili; non si altera a temperatura 
ambiente, ma lo fa se esposto a temperature maggiori 
• prima del trattamento termico il latte normalmente sosta 
diverse ore a T  7°C; in questo periodo la popolazione 
microbica psicrofila sviluppa arricchendo il latte di enzimi 
extracellulari termostabili (proteasi, lipasi e fosfolipasi) 
che potenzialmente possono causare alterazioni del latte a 
lunga conservazione. Le proteasi determinano 
gelificazione, le lipasi aroma di rancido 
• la conc. di enzimi è correlata alla conc. batterica raggiunta 
nel latte crudo (latti con 8 x 106 cell./ml gelificano in 8-10 
sett)., ma è importante l’attività proteolitica dei ceppi
Prodotti lattiero caseari 
Prodotto Alterazione Causa 
Burro 
salato o no 
Difetti di colore 
ed aroma 
(putrido, rancido, 
di pesce) 
Batteri (Pseudomonas 
spp.) lieviti (Candida 
spp.) e muffe (Geo. 
candidum) 
Yogurt 
Y. alla frutta 
Eccesso di acidità 
Sapore amaro 
Aromi anormali 
di lievito e 
fruttato, gas 
Temperature elevate 
(prevalenza eccessiva 
di Lab. Bulgaricus) 
Ceppi di Lab. 
produttori di peptidi 
amari 
Lieviti produttori di 
CO2
Prodotti lattiero caseari 
Prodotto Difetto Causa 
Formaggi freschi a 
Superficie viscosa, 
bassa acidità ed 
sapori anormali 
levata umidità 
(talora putridi) 
Batteri (Alcaligenes, 
Pseudomonas) lieviti 
e muffe 
Formaggi freschi a 
pasta filata 
Occhiature, 
superficie viscida e 
sapore sgradevole, 
talora macchie 
puntiformi giallastre 
Psicrotrofi gram-bastobcellari 
(Pseudomonas, 
Achromobacter e 
Acinetobacter) ed 
Enterobatteriacee 
Formaggi stagionati 
con pH relativamente 
alto (Gouda, 
Emmental, 
Provolone, Pecorino, 
Grana) 
Occhiature e gonfiore 
Aromi anomali e 
sapore pungente 
Sapore amaro 
Clo. tyrobutirricum, 
Coliformi (nel primo 
periodo di 
maturazione) 
Peptidi amari (Lac. 
lactis)
Sterilizzazione delle conserve in scatola 
• Sterilità commerciale 
– alimenti a bassa acidità pH  4,6 (trattamenti 
equivalenti a 121,1°C x 3 min.) per distruggere spore 
Cl. Botulinum tipo A e B 
– alimenti ad alta acidità pH £ 4,6 (trattamenti poiché le 
spore di Cl. botulinum non possono germinare, ma 
possono germinare le specie aciduriche (Bac. 
coagulans, Lactobacillus e Leuconostoc)
Alterazioni delle conserve in scatola 
• Alterazioni microbiche 
– Alterazioni dovute a insufficiente raffreddamento (sporigeni 
termofili germinano a 43°C o più, ma crescono anche a T ³ 30°C 
(Cl. stearothermophilus, Cl. thermosaccarolyticum, 
Desulfotomaculum nigrficans), 
– Alterazioni dovute ad insufficiente riscaldamento 
• alterazione di carboidrati (acidi volatili, H2, CO2) (Cl. butyricum, Cl. 
pasteurianum) 
• alterazione proteine (H2S, mercaptani, indolo, scatolo, NH3, Co2, 
H2) (Cl. botulinum ceppi proteolitici, Clo. sporogenes, Clo. 
putrefaciens) 
– Alterazioni per mancata integrità del contenitore 
• Alterazioni non microbiche (bombaggio chimico, 
imbrunimento enzimatico, liquefazione, gelificazione)
Indicatori di alterazione 
• Criteri sensoriali 
• criteri microbiologici 
• criteri chimici (sostanze di origine 
microbica e non)
Scelta degli indicatori di alterazione microbica 
• presenti in basso numero (microrganismi) o assenti 
(chimici) negli alimenti freschi 
• nelle normali condizioni di conservazione deve aumentare 
fino a raggiungere livelli elevati 
• quando si manifestano le/la alterazioni/e dovrebbero 
esserne la causa predominante (microbica o chimica) 
• possono essere determinati rapidamente 
• possono essere determinati in modo affidabile per predire 
la conservabilità e lo stato di alterazione 
• hanno una buona correlazione con i criteri sensoriali di 
alterazione di quel particolare prodotto
Indici microbiologici 
• Carni fresche conservate in aerobiosi: conteggio degli 
psicrotrofi aerobi, soprattutto Gram- (APC: 10 giorni a 7°C 
oppure 16 ore a 17°C e poi 3 giorni a 7°C; LPS mediante 
gelificazione LAL) 
• Carni sottovuoto: conteggio LAB psicrotropi (es. terreno 
nutritivo a pH5 o APT agar ed incubazione in CO2) ed 
Enterobacteriaceae psicrotrofe (VRBGA). Saggiare anche 
per la presenza di Clo. Laramie 
• Semiconserve: conteggio LAB psicrotrofi ed 
Enteroibacteriaceae; quindi conteggio dei Clostridi 
• latte crudo: APC, psicrotrofi gram-, termodurici 
• latte pasteurizzato: APC, psicrotrofi gram- e gram+,
Indici di alterazione microbica 
Alimento Metabolita 
Carni macinate e pollame conservati in 
aerobiosi 
Mercaptani, H2S, di e trimetilamina, 
aminoacidi liberi, catalasi, creatina, 
ipoxantina, etanolo, amino zuccheri 
complessi, nucleotidi, alcalinità 
titolabile, residui carbonilici /TBA, 
ammoniaca 
Carni confezionate sottovuoto Acetoina, acido acetico, acido 
isobutirrico, acido lattico, acido 
isoavalerico, diacetile, diammine, 
tiramina 
Scombridi e pesci similari Istamina, cadaverina, putrescina, 
spermina, spermidina 
Altri pesci Trimetilamina, sostanze volatili totali, 
H2S, tirosina, di e trimetilsolfuri, 
acetone, etanolo, diacetile, acetaldeide, 
indolo, diammine 
Gamberi Acido lattico, azoto amminico, sostanze 
volatili totali, trimetilamina, ipoxantina 
Ostriche e altri molluschi bivalvi Acido lattico 
Latte crudo e latte alimentare Acido lattico 
Burro e crema Acidi grassi volatili 
Formaggi stagionati Vedi scombridi
Analisi per la determinazione 
degli enzimi termostabili 
• Saggio colorimetrico con TNBS (Trinitrobenzene 
sulfonic acid) e fluorimetrico con fluorescamina 
per la determinazione degli aminoacidi liberi 
• Test ELISA per la determinazione delle lipasi di 
Pseudomonas
CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI
CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI 
TRASFERIMENTO DI MATERIALI 
INDESIDERATI NEL PRODOTTO FINITO 
---------------------------------- 
ORIGINE DELLA CONTAMINAZIONE: 
CHIMICA, FISICA, BIOLOGICA, 
MICROBIOLOGICA
CONTAMINAZIONE FISICA 
Presenza di corpi estranei: 
sassolini, schegge metalliche, di vetro, di legno, 
frammenti di plastica, ecc. 
Originano da negligenze o da carente manutenzione 
degli impianti. 
CONTAMINAZIONE CHIMICA 
Presenza di metalli pesanti, pesticidi, solventi, 
antibiotici, ormoni, ecc. 
Originano dalla materia prima per effetto 
dell’inquinamento ambientale, dal contatto degli 
alimenti con gli imballaggi, dall’uso improprio di 
farmaci nell’allevamento del bestiame, ecc.
CONTAMINAZIONE BIOLOGICA 
Origina dall’aggressione delle derrate alimentari 
da parte di agenti biologici quali insetti volanti o 
striscianti, larve di insetti, escrementi di roditori, 
ecc. 
CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA 
Presenza di microrganismi patogeni e saprofiti 
che originano dalle materie prime, dai cicli di 
trasformazione o dal contatto con l’uomo.
MODALITA’ DI CONTAMINAZIONE DEI CIBI 
 ENDOGENA: all’origine (materie prime) 
 ESOGENA: della lavorazione 
STOCCAGGIO: Depositi non idonei, Scarsa pulizia 
delle celle frigo, con promiscuità degli alimenti. 
DURANTE LA MANIPOLAZIONE: Attrezzature e 
superfici di lavoro contaminate; Promiscuità cotto/crudo, 
sporco/pulito; Inosservanza delle norme igieniche 
personali. 
DOPO LA PREPARAZIONE: Promiscuità cotto/crudo; 
Confezionamento in condizioni igieniche inadeguate. 
PRESENZA DI INSETTI e RODITORI.
CONTAMINAZIONE 
DEGLI ALIMENTI 
Più i cibi sono manipolati e costituiti da molti 
ingredienti, più elevato è il numero di batteri 
che contengono. 
di conseguenza 
Maggiore è il numero di microrganismi nel 
cibo, minore è la sicurezza igienica e 
la vita commerciale del prodotto.
LA CONTAMINAZIONE CROCIATA 
Si verifica quando gli agenti infettanti vengono 
trasmessi da un alimento ad un altro attraverso: 
Effetti d’uso 
• coltelli 
• tritacarne 
• attrezzature varie 
Superfici 
• tavoli di lavoro 
• contenitori 
Mani del 
lavoratore
Modalità di contaminazione degli alimenti 
da parte di un portatore sano 
i germi patogeni sono eliminati 
attraverso le feci, il naso, la cute 
trasferiti sulle mani entrano in contatto con gli alimenti 
qui sopravvivono e si moltiplicano se 
trovano condizioni favorevoli
Ruolo degli alimenti nella trasmissione 
delle MTA ad eziologia microbica 
 Semplice veicolo 
 Substrato di intensa moltiplicazione
FATTORI CHE COMPORTANO LA 
CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI 
 Alimenti crudi inizialmente contaminati. 
 Alimentaristi portatori di agenti patogeni che toccano 
i cibi non destinati ad un successivo trattamento 
termico. 
 Contaminazione crociata tra cibi crudi e cotti. 
Utilizzo di avanzi di cibo. 
 Approvvigionamento da fonti insicure (frutti di mare, 
latte crudo, conserve alimentari casalinghe) 
 Conservazione in zone con condense o 
sgocciolamenti. 
 Utilizzo improprio di fitofarmaci. 
 Alimenti acidi a contatto con superfici contenenti 
metalli tossici (piombo, rame, ecc).
In qualsiasi modo ed in qualsiasi fase avvenga 
la contaminazione microbica degli alimenti, 
la pericolosità dipende da: 
temperatura 
di conservazione 
del cibo 
tempo 
che trascorre 
tra la preparazione 
ed il consumo 
deperibilità 
dell’alimento
Fattori che influenzano lo sviluppo 
microbico negli alimenti 
 Temperatura (mesofili, termofili, psicrofili) 
 pH 
 Tensione di ossigeno 
 Attività dell’acqua (Aw) 
 Concentazione salina 
 Composizione dell’alimento
LA TEMPERATURA 
intervallo t. ottimale 
di crescita 
Psicrofili -5°C-20°C 10-12°C 
Mesofili 20-45°C 32-37°C 
Termofili 45-75°C 55°C 
Psicrotrofi 0-5°C-35°C 25-30°C 
0-25°C 
I vari tipi di microrganismi prediligono 
temperature diverse per il proprio habitat ottimale
Moltiplicazione dei batteri in condizioni favorevoli 
17 
milioni 
8 
1 
miliardo 
10 
69 
miliardi 
12 
260000 
6 
4000 
4 
64 
2 
1 
ore 0 
Numero batteri 
Tempo indicativo di moltiplicazione: 
4°C: 6 ore 
10°C: 2 ore 
21°C: 1 ora 
32°C: 20’
LIVELLI SOGLIA PER L'INSORGENZA DI MTA 
Agente causale Livello soglia 
Tossina stafilococcica  10 - 13 g 
Tossina botulinica  1 g 
Salmonella typhi  102 u.f.c 
Salmonelle minori 102 - 104 u.f.c 
Sighella  102 u.f.c 
E.coli enteropatogeno  108 u.f.c 
Clostridium perfringens  105 u.f.c/g di alimento 
Bacillus cereus  106 u.f.c/g di alimento 
Campylobacter spp.: 500 (soggetti a rischio) - 106 u.f.c 
Listeria monocytogenes : 103 (soggetti a rischio) - 106 u.f.c 
Vibrio parahaemolyticus  105 u.f.c 
Yersinia spp.  109 u.f.c 
Giardia 10 - 100 cisti 
H.A.V 1 - 10 u.f.p 
Norwalk virus  10 u.f.p
Influenza della temperatura sullo sviluppo batterico
VELOCITA' DI CRESCITA DI ALCUNI 
MICRORGANISMI A DIVERSE TEMPERATURE 
DI REFRIGERAZIONE 
Tempo di moltiplicazione in ore 
Microrganismi 
10-13°C 4-5°C 0-1°C 
__________________________________________ 
Psicrofili veri 2-3 6 12 
Y.enterocolitica 5-6 20 25 
L.monocytogenes 5-9 13-25 62-131 
A.hydrophila 4-6 9-14  49 
Salmonelle sp.  8  30 ∞ 
Psicrotrofi: 
Enterobacteriaceae 
e contaminanti 2-4 8-12 16-20
50° 
40° 
30° 
20° 
10° 
0° 
TEMPERATURE MINIME E MASSIME 
Yersinia e. St. aureus 
Salmonella 
Campylobacter j. 
B. cereus 
C. perfringens 
Listeria m.
A temperatura ambiente, in particolare 
nell’intervallo di temperatura che va da 
10°C a 65°C, gli alimenti debbono sostare 
il minor tempo possibile.
TERMORESISTENZA DEI MICRORGANISMI 
120° 
100° 
80° 
60° 
40° 
20° 
0° 
- 20° 
- 40° 
Distruzione delle spore in 10’-20’ 
Distruzione rapida di tutte le forme vegetative 
Zona termica di pastorizzazione 
Zona di massimo sviluppo per i batteri termofili 
Zona di massimo sviluppo per i batteri mesofili 
Sviluppo massimo psicrofili, attenuato dei mesofili 
Sviluppo attenuato degli psicrofili 
Cessazione progressiva dello sviluppo microbico
Azione devitalizzante del congelamento 
 Cisti di Trichinella spiralis: 
6-10 giorni a –10°C 
 Cisticerchi di Taenia solium e saginata: 
5 giorni a –10 °C e 3 giorni a –18°C 
 Toxoplasma gondii: 
Oocisti: 7 giorni a –10°C 
Cisti: 2 giorni a –20°C
USO DELLE BASSE TEMPERATURE 
Il freddo non distrugge i microrganismi. 
Più basse sono le temperature, maggiore è 
il rallentamento dell’attività microbica, consentendo 
un prolungamento dei tempi di conservazione. 
Il sistema della conservazione con il freddo prevede 
il rigoroso rispetto della catena del freddo, 
pertanto la temperatura non può subire rialzi 
consistenti, neppure per breve tempo.
Si ottiene una forte inibizione 
della crescita dei microrganismi 
responsabili delle tossinfezioni 
Si ottiene il blocco pressoché 
totale della crescita microbica 
Si ottiene il blocco totale della 
crescita microbica 
da 0°C a 4°C 
a temperatura 
inferiore a -15°C 
a temperatura 
inferiore a -18°C 
SURGELATO 
si formano cristalli piccolissimi 
che non danneggiano l’alimento 
Alimento in confezione chiusa all’origine, 
sottoposto ad un abbassamento veloce della 
temperatura, fino a raggiungere in meno di 4 
ore i -18°C, e conservato a tale temperatura. 
REFRIGERAZIONE 
CONGELAMENTO 
SURGELAZIONE
UTILIZZO CORRETTO DELLE CELLE FRIGORIFERO 
Assicurarsi che in ogni cella ci sia un termometro e 
controllare giornalmente la temperatura 
Evitare lo stivaggio eccessivo: all’interno della 
cella frigorifero deve circolare aria 
Recipienti di metallo o vetro devono essere posti nella 
parte inferiore, in modo da evitare sgocciolamenti 
Coprire i recipienti, per impedire contaminazioni 
Non appoggiare direttamente a terra le derrate 
Conservare separatamente cibi cotti e cibi crudi 
Non mettere mai cibi caldi nel frigorifero per 
non causare innalzamenti della temperatura
L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA 
I cibi già cotti ed ancora caldi non devono essere 
mantenuti a lungo a temperatura ambiente 
per evitare la crescita dei germi contaminanti. 
E’ indispensabile refrigerarli, seguendo due regole: 
raffreddarli nel più breve tempo 
possibile prima di metterli in cella 
non mettere mai in cella 
alimenti in grandi 
pentole ancora calde 
Abbattimento della 
temperatura 
raffreddamento troppo lento 
aumenta la temperatura della 
cella frigorifera
L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA 
Modalità di 
abbattimento 
Tramite apparecchiature apposite, 
dette “abbattitori di 
temperatura” 
Con sistemi “casalinghi: 
raffreddamento dei contenitori 
sotto acqua corrente fredda o in 
“bagno” di ghiaccio (da non 
utilizzare nella ristorazione 
collettiva)
TEMPERATURE DI CONSERVAZIONE 
carni fresche 
prodotti surgelati 
0°/ +4°C 
0°/ +3°C 
+6°C 
+4°C 
-18°C 
pollame, conigli, 
frattaglie 
salumi, insaccati 
prodotti cotti da 
consumarsi freddi
REGOLE PER LA CONSERVAZIONE DELLE CARNI 
conservare in celle separate se non si dispone di celle 
diverse, creare spazi separati 
carni rosse pollame salumi 
Impedire qualsiasi 
contatto tra carni imballate 
e carni non protette 
uova verdure 
Se si devono depositare nella 
stessa cella carni confezionate 
e carni non protette, separarle 
e proteggere le carni sfuse 
Depositare gli scarti in un contenitore chiuso 
Organizzare una efficace rotazione del magazzino, 
tenendo comunque conto della data di scadenza
SCONGELAMENTO 
I prodotti congelati, una volta scongelati, 
devono essere conservati in frigorifero e 
consumati entro 24 ore. 
Non scongelare mai a temperatura 
ambiente: i batteri possono moltiplicarsi 
dopo lo scongelamento. 
Gli alimenti già scongelati non 
devono essere ricongelati
immersione diretta nell’acqua 
di cottura in ebollizione 
Prodotti ittici 
in filetti 
cottura diretta del prodotto 
in acqua fredda corrente (*) 
deve essere effettuato in frigorifero (*) 
(*) in caso di emergenza, a livello domestico, iniziare lo 
scongelamento all’esterno del frigorifero (max alcune 
ore) per poi completarlo a temperatura di refrigerazione 
Vegetali 
Carni 
MODALITA’ DI SCONGELAMENTO 
Forno a 
microonde
IMPIEGO DEL CALORE 
Sottoponendo un alimento ad una temperatura superiore a 
75°C in modo uniforme in tutti i suoi punti per 8-10’, 
i batteri patogeni asporigeni vengono eliminati. 
Più la temperatura è alta, maggiore è la possibilità di distruzione 
ebollizione 
65°C-80°C per 5 minuti 
vengono distrutti i patogeni asporigeni 
si ottiene la distruzione degli asporigeni; 
molte spore e alcune tossine 
possono resistere. 
si ha la distruzione anche delle spore 
pastorizzazione 
sterilizzazione
CALORE 
Utilizzato per bonificare alimenti (uccidere i microrganismi patogeni): 
 Pastorizzazione 65°C per 30’ – 72°C per 15’ 
 Ebollizione 100°C per 5’-10’ 
 Sterilizzazione 121°C per 15’ 
FREDDO 
Utilizzato per la conservazione degli alimenti: 
 Refrigerazione: 0 + 4°C 
 Congelamento: 
• Rapido: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in meno di 4 
ore (surgelazione) 
• Lento: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in molte ore
FATTORI CHE INFLUENZANO 
LO SVILUPPO MICROBICO 
 Mantenimento dei cibi a temperatura ambiente. 
 Mantenimento al caldo ad una temperatura non 
sufficientemente elevata tale da impedire 
lo sviluppo microbico. 
 Raffreddamento insufficiente (celle frigorifero non 
perfettamente funzionanti, conservazione in 
frigorifero di cibi caldi e in grossi contenitori). 
 Preparazione anticipata degli alimenti rispetto al 
consumo, senza l'adozione di adeguati sistemi 
di conservazione. 
 Trasporto dei cibi a temperature inadeguate. 
 Inadeguati valori di aw e di pH.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA 
SOPRAVVIVENZA MICROBICA 
 Alimenti contaminati e trattati con il calore 
per tempi e/o temperature insufficienti. 
 Riscaldamento dei cibi cotti per tempi e/o 
temperature insufficienti. 
 Conservazione a basse temperature 
(refrigerazione, congelamento, surgelazione) 
 Scongelamento non completo prima del 
trattamento termico degli alimenti. 
 Acidificazione insufficiente.
RESPIRAZIONE BATTERICA 
I microrganismi si suddividono in: 
Aerobi 
Anaerobi 
Aerobi o 
Anaerobi 
facoltativi 
si riproducono solo in presenza di O2 
si riproducono solo in assenza di O2 
si riproducono sia in presenza che in 
assenza di O2 
Microaerofili si riproducono in presenza di tracce di O2
ACQUA LIBERA (Aw - activity water) 
I microrganismi necessitano di acqua per 
il loro metabolismo. 
Ogni substrato per consentire la crescita 
microbica deve presentare una fase 
acquosa che funge da solvente per le 
sostanze nutritive. 
L’acqua libera rappresenta la 
quota d’acqua del substrato che i 
microrganismi possono utilizzare per il 
loro metabolismo.
Aw = p/p0 
p = tensione di vapore dell’acqua del 
substrato. 
p0 = tensione di vapore dell’acqua pura. 
Nell’acqua pura p = p0 e quindi aW = 1 
L’aggiunta di uno o più soluti abbassa la 
tensione di vapore dell’acqua del substrato e 
quindi aW diventa inferiore a 1.
Esiste un optimum di aw per la crescita 
microbica. 
Via via che l’aw si abbassa diminuisce 
la possibilità di sviluppo microbico 
fino ad un livello di aw al quale si ha 
il blocco della moltiplicazione
Valori minimi approssimativi di Aw 
per la crescita dei microrganismi 
Batteri 
Lieviti 
Muffe 
Batteri alofili 
Muffe xerofile 
Lieviti osmofili 
0.91 
0.88 
0.80 
0.75 
0.65 
0.60 
Aw 
Attività dell’acqua 
o 
Acqua libera 
Xerofilo: capace di vivere a basse Aw e ad alte conc. saline 
Alofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni saline 
Osmofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni di zuccheri
Valori medi approssimativi di Aw per alcuni alimenti 
Frutta e verdura 
Uova 
Carni 0.95 – 0-97 
Formaggi freschi 
Formaggi 0.87 – 0.93 
Salumi stagionati 
Marmellate 0.82 – 0.93 
Legumi secchi 
Latte concentrato zuccherato 0.80 – 0.87 
Farina, Riso 
Frutta secca 0.72 
Uova in polvere 0.40 
Biscotti 0.30 
Latte in polvere 0.20
Valori minimi e massimi di pH per lo sviluppo dei microrganismi 
Microrganismi 
(esempi) 
Minimo pH Massimo pH Acido-resistenza 
Micrococcus sp. 
Pseudomonas aeruginosa 
Bacillus stearothermophilus 
5,6 
5,6 
5,2 
8,1 
8,0 
9,2 
Bassa acido-resistenza 
pH min  5,0 
Clostridium botulinum Tipo E 
Clostridium sporogens 
Bacillus cereus 
Vibrio Parahaemolyticus 
Clostridium botulinum Tipo A, B 
Staphylococcus aureus 
Salmonelle 
Escherichia coli 
Proteus vulgaris 
Streptococcus lactis 
Becillus cereus 
5,0-5,2 
5,0 
4,9 
4,8 
4,5 
4,0 
4,0-4,5 
4,4 
4,4 
4,3-4,8 
4,3-4,9 
9,0 
9,3 
11,0 
8,5 
9,8 
8-9,6 
9,0 
9,2 
9,2 
Media acido-resistenza 
pH min 5,0-4,0 
Lactobacillus spp. 
Acetobacter acidophilus 
Saccharomices cerevisiae 
Penicillium italicum 
Aspergillus oryzae 
3,8-4,4 
2,6 
2,3 
1,9 
1,6 
7,2 
4,3 
8,6 
9,3 
9,3 
Forte acido-resistenza 
pH min 4,0
NUTRIMENTO 
Per vivere e moltiplicarsi, i batteri hanno 
bisogno di alimentarsi. 
Gli alimenti preferiti dai batteri, e spesso all’origine di 
tossinfezioni, sono quelli ricchi di proteine ed acqua. 
arrosti, polpettoni, rollè, insalate di pollo, 
maionese, tiramisù, creme, panna.
POSSIBILI VALORI PER VALUTARE LA QUALITA’ 
MICROBIOLOGICA DI ALIMENTI 
ufc/gr Prodotti 
Freschi Cotti 
1.000 Ottima 
10.000 Ottima Buona 
100.000 Buona Discreta 
500.000 Discreta Scadente 
5.000.000 Scadente Cattiva 
5.000.000 Cattiva 
Livelli microbiologici tali da garantire un prodotto finito di buona qualità (dati di letteratura): 
Carica microbica totale 104 ufc/g o ml 
Coliformi fecali 102 ufc/g o ml 
Stafilococchi coagulasi positivi 102 ufc/g o ml 
Regolamento (CE) n. 2073/2005 del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici degli alimenti 
Carne macinata: fine processo di lavorazione 
Conteggio delle colonie aerobiche: n:5; c:2; m: 5.105 ufc/g; M:5.106 ufc/g
DETERSIONE E DISINFEZIONE
OBIETTIVI 
detersione rimozione dello sporco 
disinfezione 
distruzione 
dei microrganismi patogeni 
La disinfezione sarà tanto più efficace 
quanto più accurata sarà stata la detersione
PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE 
Documentazione da tenere agli atti 
•Planimetria dell’impianto 
•Procedura di pulizia e disinfezione 
•Check-list di sorveglianza 
•Scheda tecnica dei prodotti 
•Risultati della verifica microbiologica delle superfici 
•Documentazione sulla formazione del personale 
•Documentazione sulla risoluzione delle non conformità
PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE 
Devono essere identificati 
•aree 
•attrezzature 
•prodotti da utilizzare 
•modalità di impiego 
•frequenza 
•responsabile
SUCCESSIONE DELLE OPERAZIONI 
pulizia preliminare 
con acqua calda 
(45-50°C) 
per eliminare lo sporco 
più evidente 
applicazione di una 
soluzione detergente 
riscaldata (45-50°C) 
elimina i residui di sporco 
lavaggio intermedio 
a caldo (45-50°C) 
per asportare la soluzione 
detergente e il sudiciume 
disinfezione per uccidere i microrganismi rimasti 
risciacquo finale per eliminare ogni 
traccia di disinfettante
LE ATTREZZATURE 
Le attrezzature devono essere costruite in modo da 
consentire una facile, rapida e completa pulizia. 
Devono quindi essere “visibili”, cioè ispezionabili 
in ogni loro parte, per verificare la presenza di sporco 
visibile. Devono essere costruite in materiale idoneo, 
non poroso, soprattutto per le parti che vengono in 
contatto con l’alimento. 
facilmente ispezionabili 
facilmente smontabili 
Requisiti 
delle attrezzature
REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA 
Indossare abiti appositi per le operazioni di pulizia 
Non compiere pulizie durante la preparazione dei cibi 
Non utilizzare la scopa a secco, nè la segatura 
Rispettare sempre le dosi indicate sulle confezioni 
dei detergenti (e dei disinfettanti) 
Rispettare le temperature di utilizzo indicate 
sulle confezioni dei prodotti chimici in uso 
Molti prodotti sono tossici: risciacquare abbondantemente
REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA 
Rispettare sempre le scadenze previste dal programma 
di pulizia. 
Non utilizzare spugne, strofinacci o altri materiali 
facilmente inquinabili per le operazioni di lavaggio 
delle superfici che vengono a contatto con gli alimenti. 
Attrezzi per le pulizie, i detergenti e i disinfettanti 
devono essere tenuti separati dagli alimenti in un locale 
apposito o in un armadio.
PRINCIPALI ERRORI NELLA PRATICA 
DI PULIZIA E DI DISINFEZIONE 
Pulizia insufficiente prima dell’applicazione del 
disinfettante 
Esecuzione affrettata delle operazioni 
Utilizzo di acqua a temperatura insufficiente 
Uso di prodotti non idonei 
Sottodosaggio o sovradosaggio del prodotto chimico 
Tempo di contatto troppo breve tra disinfettante e superficie
LA MANUTENZIONE 
DELLE ATTREZZATURE E DELL’AMBIENTE 
Prendere subito adeguati provvedimenti in caso 
di guasti e malfunzionamenti degli impianti frigorifero. 
Eliminare la presenza di acqua di condensazione nelle 
celle e evitare sgocciolii sugli alimenti. 
Riparare rapidamente guasti/malfunzionamenti 
al lavabo o allo sterilizzatore dei coltelli. 
Evitare qualsiasi deterioramento delle attrezzature. 
Riparare rapidamente scrostature/rotture alle pareti, 
al soffitto, ai pavimenti.
Tipologia dei controlli da applicare sulle superfici 
Verifica visiva documentata tramite check-list 
Bioluminescenza 
valida la verifica visiva con risultato 
immediato. Il test misura la quantità 
di ATP batterico attraverso l’enzima 
“luciferasi” che catalizza la formaz. 
di luce dall’ATP, misurata poi con il 
luminometro. 
valida i risultati dei controlli visivi 
e della bioluminescenza ma offre 
risultati tardivi. 
Tamponi 
di superficie
CAMPIONAMENTO
MARCATORI MICROBICI DI QUALITA’ 
Indicatori di processo 
Indici di salubrità
Indicatori di processo 
Informano in merito alle procedure cui gli alimenti 
sono stati sottoposti. 
Ad esempio:manipolazione, stato di conservazione, 
trattamenti termici, lavaggio, ecc. 
Indicatori di processo: carica mesofila aerobica, 
coliformi (gruppo), Enterobacteriaceae, stafilococchi 
coagulasi e termonucleasi positivi, batteriofagi.
Indici microbici di salubrità 
Informano in merito alla possibile 
presenza di germi patogeni 
Esempio: 
Staphylococcus aureus 
Escherichia coli
Piano di campionamento 
Vi sono due modelli fondamentali: 
 “a due classi” 
 “a tre classi”
Piano “a due classi” 
E’ un piano che viene adottato quando 
si prendono in esame i 
microrganismi patogeni 
Si considerano soltanto due classi di 
risultati possibili: 
 PRESENZA 
 ASSENZA
Piano “a tre classi” 
n: n° di unità campionarie da 
sottoporre ad analisi 
m: valore limite del n° di batteri 
considerato soddisfacente (VG) 
M: valore massimo consentito 
del n° di batteri 
c: n° di unità campionarie che può 
essere compreso tra “m” e “M”
Pertanto 
1°) Qualità ottimale per valori  “m” 
2°) Qualità marginale, ma ancora 
accettabile per valori ”m” ed “M” 
3°) Assenza di qualità per valori ”M”
PROGETTAZIONE ED ESECUZIONE 
$872ONTROLLO '(*/, 
67$%,/,0(17,$/,0(17$5, 
VHFXULWDQGTXDOLWVDV 
Security.and quality s.a.s
AUDIT 
(dal latino audire = ascoltare) 
MA 
pronunciato secondo la fonetica inglese
CERTIFICAZIONE DDEEII SSIISSTTEEMMII QQUUAALLIITTAA’’ 
CERTIFICARE UN SISTEMA QUALITA’ 
AZIENDALE significa ATTESTARE (DA 
PARTE DI UN ENTE CERTIFICATORE) 
CHE UN SISTEMA DI QUALITA’ 
AZIENDALE, UN PRODOTTO O UN 
SERVIZIO SONO, CON RAGIONEVOLE 
ATTENDIBILITÀ, CONFORMI AD UNA 
NORMA RICONOSCIUTA.
TRE LIVELLI DI CERTIFICAZIONE 
AMBITO COGENTE: es. legislazione nazionale e 
comunitaria in materia di igiene dei prodotti 
agroalimentari o in materia di responsabilità civile da 
prodotto difettoso. 
AMBITO REGOLAMENTATO: es. regolamentazione 
comunitaria che tutela le produzioni tipiche di 
determinate aree. 
AMBITO VOLONTARIO: normazione volontaria per la 
certificazione dei processi aziendali e/o dei prodotti.
“Certificazione” o “Accreditamento” 
per Le Aziende USL? 
CERTIFICAZIONE 
garanzia che un Sistema di Gestione 
Qualità (SGQ), un prodotto o un 
servizio, sia ccoonnffoorrmmee, con 
ragionevole attendibilità, ad una 
norma riconosciuta 
ACCREDITAMENTO 
IINNVVEECCEE:: 
garanzia che l’Ente di certificazione 
abbia le ccoommppeetteennzzee nel settore di 
accreditamento specifico
DIFFERENZA TRA AUDIT 
E CONTROLLO/COLLAUDO 
CONTROLLO E COLLAUDO: 
Attività quali misurazioni, prove e verifiche 
mediante calibri (o altri strumenti) di una o più 
caratteristiche di un’entità, e confronto dei 
risultati con i requisiti specificati, allo scopo di 
accertare la conformità di ciascuna caratteristica.
LUOGHI 
DELL’AUDIT 
AUDIT DOCUMENTALE (A TAVOLINO) 
(tutta la documentazione o un campione) 
AUDIT DI SISTEMA 
(in azienda: tutto il sistema aziendale 
o un campione di attività)
AAUUDDIITT DDOOCCUUMMEENNTTAALLEE
DOCUMENTI DEL SISTEMA DI 
AUTOCONTROLLO 
PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO 
comprende i dati essenziali e cogenti del sistema di 
autocontrollo, e cioè: 
PROCEDURE RELATIVE ALLE BUONE PRASSI 
IGIENICHE 
SCHEMI RELATIVI AI PROCESSI,IN PARTICOLARE 
AI CCP (C.D. PIANO DI AUTOCONTROLLO)
DOCUMENTI DEL SISTEMA DI 
AUTOCONTROLLO 
MANUALE DI AUTOCONTROLLO 
NON è obbligatorio, ha formato e struttura di un 
Manuale di Qualità e comprende numerosi documenti 
riguardanti il sistema di autocontrollo, e cioè: 
PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO 
PROCEDURE SUPPLEMENTARI 
ALTRI DOCUMENTI: es. schede ingredienti, 
packaging, informazioni su attrezzature/impianti, ecc.
AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI 
AUTOCONTROLLO 
E’ mirato soprattutto ad accertare se siano state 
svolte efficacemente tutte le azioni contemplate dai 
7 Principi Codex del Sistema HACCP 
PARTICOLARE ATTENZIONE ALLE PROCEDURE 
ESSENZIALI DEL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO 
Es. PROCEDURE DI: Accettazione, Controllo processo, 
Controllo deviazioni, Sanificazione, Lotta agli animali 
nocivi, Etichettatura, Ritiro/Richiamo/Emergenze
AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI 
AUTOCONTROLLO 
Si utilizzano metodi e procedure tipici dell’audit 
documentale del Sistema di Gestione della Qualità 
ISTISAN aveva proposto linee guida 
(Rapporto ISTISAN 99/10)
METODOLOGIA PROPOSTA PER L’AUDIT DOCUMENTALE 
DEL PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO 
FASI: 
Sviluppo di check-list 
Audit documentale 
Interpretazione dei dati rispetto ai Principi Codex 
Definizione di deviazioni ed osservazioni rispetto ai 
Principi Codex 
Rapporto di audit documentale
I SETTE PRINCIPI CODEX DDEELL SSIISSTTEEMMAA HHAACCCCPP 
1. identificare i pericoli (HA) 
2. determinare i punti di controllo critici (CCP) 
3. stabilire limiti critici e tolleranze 
4. applicare un sistema di monitoraggio 
5. stabilire le azioni correttive 
6. definire le procedure di verifica 
7. sviluppare un sistema di documentazione
L’HACCP si definisce come un approccio 
sistematico per l’identificazione dei pericoli ed 
la valutazione/controllo dei rischi connessi alla 
produzione di un alimento basato su 7 principi. 
Secondo quanto esposto nel Reg. 852/04, tali principi 
dovrebbero tener conto dei 7 principi contenuti nel Codex 
Alimentarius, quali: 
1. Effettuare l’analisi dei pericoli 
2. Individuare i punti critici di controllo 
3. Stabilire dei limiti critici per ciascun CCP 
4. Stabilire delle procedure di monitoraggio dei punti critici individuati 
5. Stabilire le misure correttive da intraprendere in caso di non conformità 
6. Stabilire delle procedure di verifica dell’efficacia del sistema 
7. Assicurare la registrazione della azioni effettuate 
8. Stabilire delle procedure di gestione della documentazione
Regolamento 852/04 
Igiene delle derrate alimentari 
 7 principi: 
1.identificare ogni pericolo che deve 
essere prevenuto, eliminato o ridotto 
a livelli accettabili 
2.identificare i punti critici di 
controllo nella fase o nelle fasi in cui 
il controllo stesso si rivela essenziale 
per prevenire o eliminare o per 
ridurre un rischio a livelli accettabili
Regolamento 852/04 
Igiene delle derrate alimentari 
 7 principi: 
3.stabilire, ai punti critici di 
controllo, i limiti critici che 
differenziano l’accettabilità e 
l’inaccettabilità ai fini della 
prevenzione, eliminazione e 
riduzione dei rischi identificati
Regolamento 852/04 
Igiene delle derrate alimentari 
 7 principi: 
4.stabilire azioni correttive da 
intraprendere nel caso in cui dalla 
sorveglianza risulti che un 
determinato punto critico non è 
sotto controllo 
5.stabilire ed applicare procedure di 
sorveglianza efficaci nei punti 
critici di controllo
Regolamento 852/04 
Igiene delle derrate alimentari 
 7 principi: 
6.stabilire le procedure da applicare, da 
applicare regolarmente, per verificare 
l’effettivo funzionamento delle misure 
di cui ai punti 1-5 
7.predisporre documenti e registrazioni 
adeguati alla natura e alle dimensioni 
dell’impresa alimentare al fine di 
dimostrare l’effettiva applicazione delle 
misure di cui ai punti 1-6
Regolamento 852/06 
Igiene delle derrate alimentari 
 art.5 del Reg 852/04 paragrafo 4 
1. l’OSA dimostra all’Autorità Competente di 
rispettare il paragrafo 1 dello stesso articolo, 
secondo le modalità richieste dall’autorità 
competente, tenendo conto del tipo e della 
dimensione dell’impresa alimentare 
2. garantisce che tutti i documenti in cui sono 
descritte le procedure elaborate a norma del 
presente articolo siano costantemente aggiornati 
3.conserva ogni altro documento e registrazione 
per un periodo adeguato
In itinere 
Esclusione piccole imprese 
secondo parametri in 
discussione a livello 
comunitario
Regolamento 853/04 
Regole specifiche di Igiene per I 
prodotti di origine animale 
Regole d’igiene specifiche e dettagliate per 
• Carni fresche 
• Prodotti a base di carne 
• Latte e prodotti lattiero-caseari 
• Prodotti ittici 
• Uova ecc…..
Regolamento 853/04 
Regole specifiche di Igiene per I 
prodotti di origine animale 
 Riconoscimento: 
• pericolo microbiologico 
• pericolo chimico 
ASSOCIATO A SPECIFICHE DERRATE 
ALIMENTARI
Regolamento 853/04 
Regole specifiche di Igiene per I 
prodotti di origine animale 
conseguimento della semplificazione/ riformulazione 
che nel Reg 853/04 considerazione 7 si richiama 
nuovamente l’applicazione del sistema HACCP. 
In particolare nell’allegato II sezione II del Reg 
853/04 si fissano gli obiettivi delle procedure basate 
sui principi HACCP, richiamando gli OSA, responsabili di 
macelli, a garantire che le procedure, messe in atto 
secondo quanto imposto dall’art 5 del Reg 852/04, 
soddisfino i requisiti risultati necessari dall’analisi dei 
rischio e gli specifici requisiti elencati nel punto 2 .
Regolamento 853/04 
Regole specifiche di Igiene per I 
prodotti di origine animale 
 I prodotti di origine animale devono sottostare 
ancora alla normativa generale d’igiene 
Regolamento 852/2006 
 Riferimenti specifici HACCP 
 Trattamenti termici 
 Esigenze specifiche per i macelli
 In particolare nel punto 2 della 
sezione II dell’allegato II del Reg 
853/04 si evince che le procedure 
suddette devono garantire che ogni 
animale o, se del caso, ogni lotto di 
animali ammesso nei locali del macello: 
1. sia adeguatamente identificato 
2. sia accompagnato dalle opportune 
informazioni fornite dall’azienda di 
provenienza
3. non provenga da un’azienda o una zona 
soggetta a un divieto di movimento o ad 
altre restrizioni per ragioni connesse con 
la salute umana o animale, salvo se 
l’autorità competente lo permette 
4. sia pulito 
5. sia sano, 
6. sia in condizioni soddisfacenti di 
benessere all’arrivo al macello 
7. con l’obbligo (punto 3) di avvertire il 
veterinario ufficiale ed adottare le misure 
appropriate in caso d’inosservanza di uno 
dei punti suddetti.
ALTRI 
REGOLAMENTI 
COMUNITARI IN 
MATERIA DI 
IGIENE
Regolamento 854/2004 regole per 
l’organizzazione dei controlli ufficiali dei 
prodotti di o.a. destinati all’uomo 
Regolamento 882/2004 relativo ai 
controlli ufficiali per assicurare la 
conformità alla legislazione sugli 
alimenti per animali e le derrate 
alimentari, sul benessere 
Regolamento 2073/2005 sui criteri 
microbiologici 
Regolamento 183/2005 igiene dei 
mangimi
….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP.... 
1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili 
(ANALISI DEI PRICOLI) 
2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo 
stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli 
accettabili 
3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano 
l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione 
dei rischi individuati 
4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di 
controllo 
5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza 
dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo 
6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo 
funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5 
7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni 
dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di 
cui ai paragrafi 1-6
PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP 
E ORIENTAMENTI IN MERITO 
ALLA LORO APPLICAZIONE
FLESSIBILITA’ 
Il concetto HACCP costituisce 
uno strumento appropriato 
per controllore i pericoli nelle 
imprese alimentari 
Soprattutto in quelle che svolgono 
operazioni suscettibili di fare 
insorgere pericoli se non 
condotte in maniera corretta 
Il concetto HACCP consente 
l’applicazione dei principi del 
sistema HACCP con la 
necessaria flessibilità in modo 
da garantirne l’attuazione in 
qualsiasi situazione
L’efficace applicazione di un sistema HACCP richiede il forte impegno 
ed il coinvolgimento della dirigenza e dei dipendenti di un’impresa . 
In primis, l’OSA in una qualsiasi impresa, prima di applicare i sette principi 
del sistema HACCP, deve attuare le prescrizioni di base in materia 
d’igiene degli alimenti 
Il sistema HACCP è uno strumento finalizzato a valutare i pericoli e a 
realizzare sistemi di controllo che si imperniano sulla prevenzione 
anziché affidarsi prevalentemente a prove sui prodotti finali 
In sede d’individuazione dei pericoli, di valutazione e delle successive operazioni 
volte a concepire e ad applicare un sistema HACCP, si deve tener conto 
1. Impatto materie prime 
2. Ingredienti 
3. Procedure di produzione 
4. Ruolo dei processi produttivi nel controllo dei pericoli 
5. Probabile uso finale del prodotto 
6. Categorie dei consumatori interessati e risultati epidemiologici
Principi del sistema HACCP 
Scopo del sistema HACCP 
focalizzare i controlli sui punti critici di controllo (CCP) 
I principi del sistema HACCP dovrebbero essere applicati 
separatamente a ciascuna specifica operazione 
La loro applicazione deve essere riveduta e, quando necessario, 
modificata ad ogni modifica introdotta a livello del prodotto, del 
processo o di una qualunque fase 
Nell’applicazione è importante mantenere una certa flessibilità in 
considerazione del contesto, della natura e dell’entità dell’operazione
….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP.... 
1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili 
(ANALISI DEI PRICOLI) 
2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo 
stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli 
accettabili 
3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano 
l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione 
dei rischi individuati 
4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di 
controllo 
5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza 
dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo 
6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo 
funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5 
7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni 
dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di 
cui ai paragrafi 1-6
APPLICAZIONE DEI PRINCIPI 
HACCP 
Conferimento incarico dalla dirigenza aziendale 
Definire i termini di riferimento 
Costituire l’equipe 
Descrivere il prodotto 
Identificare l’utilizzazione prevista 
Stabilire un diagramma delle operazioni 
Confermare il diagramma delle operazioni
L’APPLICAZIONE DEI 7 PRINCIPI 
Condurre in sequenza le seguenti attività 
1. ANALISI DEI RISCHI 
1.1 Costituzione di un’équipe multidisciplinare (équipe HACCP) 
• Tale équipe, comprendente tutti i componenti dell’impresa 
alimentare che intervengono nella realizzazione del 
prodotto, ma che può anche avvalersi di una specifica 
consulenza esterna, deve riunire l’intera gamma di 
competenze e conoscenze specifiche appropriate per il 
prodotto considerato, la sua produzione, il suo consumo ed i 
potenziali pericoli connessi e deve implicare il più possibile i 
dirigenti di grado più elevato dell’impresa 
• Una singola persona può ricoprire più ruoli, purchè tutte le 
informazioni siano a disposizione dell’équipe e siano 
utilizzate per garantire l’affidabilità del sistema sviluppato
OCCORRE INDIVIDUARE IL CAMPO DI 
APPLICAZIONE DEL SISTEMA HACCP 
Il settore di applicazione descrive: 
-- Il segmento della produzione alimentare 
-- Il processo dell’impresa 
-- Le classi generali di pericoli (biologici, 
chimici, e fisici) da considerare
1.2 Descrizione del prodotto 
È necessario fornire informazioni che descrivano ampiamente il prodotto quali: 
•Composizione (es materie prime, ingredienti etc.) 
•Struttura e caratteristiche fisico-chimiche (es. prodotto solido, liuido, pH etc.) 
•Trattamento (es. essicazione, congelazione etc..) 
•Confezionamento (es. sottovuoto, in atmosfera protettiva etc..) 
•Condizioni di stoccaggio e di distribuzione 
•Data di scadenza 
•Istruzioni d’uso 
•Qualunque criterio microbiologico o chimico applicabile
1.3 Individuazione dell’uso previsto 
• Definire l’impiego normale o prevedibile del 
prodotto da parte del consumatore ed il 
target di consumatori cui il prodotto è 
destinato 
• In casi particolari, bisogna valutare 
l’adeguatezza del prodotto per particolari 
gruppi di consumatori quali società di 
catering, viaggiatori e gruppi vulnerabili di 
consumatori
1.4 Realizzazione di un diagramma di flusso(descrizione del processo di 
produzione) 
• Esaminare in sequenza e presentare in 
un diagramma di flusso dettagliato 
insieme a sufficienti dati tecnici tutte 
le fasi del processo( inclusi i tempi morti 
tra o durante le fasi), dal ricevimento 
delle materie prime all’immissione del 
prodotto sul mercato, passando 
attraverso la preparazione, la 
trasformazione, il confezionamento, lo 
stoccaggio e la distribuzione
• Tra i dati possono essere inseriti 
-- configurazione dei locali di lavoro ed ausiliari 
-- configurazione e caratteristiche degli impianti 
-- sequenza di tutte le fasi del processo 
-- parametri tecnici delle operazioni ( in particolare tempo e 
temperatura, inclusi i tempi morti) 
-- flusso dei prodotti (incluse le potenziali contaminazioni 
crociate) 
-- separazione delle aree pulite da quelle sporche 
E’ fondamentale integrare il sistema HACCP 
• Procedure di pulizia e disinfezione 
• Ambiente igienico dell’impianto 
• Percorsi del personale e prassi igieniche 
• Condizioni di conservazione del prodotto e di distribuzione
1.5 Conferma sul campo del 
diagramma di flusso 
• Il gruppo multidisciplinare deve verificare la validità 
del diagramma di flusso sul campo nel corso delle 
ore di funzionamento dell’impianto 
• Per qualsiasi scostamento osservato modificare il 
diagramma di flusso originario, al fine di 
migliorarne l’accuratezza
1.6 Elenco dei pericoli e delle misure di 
controllo 
1.6.1. 
Elencazione di tutti i potenziali pericoli biologici, chimici o fisici che è ragionevole aspettarsi in 
ciascuna fase del processo (inclusi l’acquisto e la conservazione delle materia prime e degli 
ingredienti ed i tempi morti nel corso della procedura) 
Analisi dei pericoli elencati, per individuare, ai fini del piano HACCP, quali pericoli presentano una 
natura tale, da rendere fondamentale per la produzione di un alimento sano, la loro 
eliminazione o riduzione a livelli accettabili 
1.6.2. 
Considerazione e descrizione delle misure di controllo eventualmente esistenti applicabili per 
ciascun pericolo 
MISURE DI CONTROLLO : 
-- azioni ed attività che possono essere usate per prevenire i pericoli, eliminarli o ridurne 
l’incidenza o l’occorrenza a livelli accettabili 
Per controllare un pericolo individuato possono essere necessarie molteplici misure di controllo e, 
al contrario, una singola misura di controllo può controllare molteplici pericoli: es la 
pastorizzazione controllata offrono sufficienti garanzie di riduzione del livello sia della 
Salmonella sia della Listeria 
Le misure di controllo devono essere supportate da procedure dettagliate e da specifiche per 
garantirne l’efficace applicazione come programmi dettagliati di piluzia, specifiche precise in 
materia di trattamento termico,concentrazioni massime di conservanti utilizzati in 
conformità alle norme comunitarie applicabili
2 INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO(CCP) 
L’individuazione di un punto critico per il controllo di un pericolo può essere agevolata 
dall’impiego di un diagramma decisionale 
Per l’applicazione del diagramma decisionale ciascuna fase del progetto individuata 
nel diagramma di flusso và considerata in sequenza 
In ciascuna fase il diagramma decisionale và applicato a ciascun pericolo di cui si può 
ragionevolmente prevedere l’occorrenza e và individuata ogni singola misura di 
controllo 
L’applicazione del diagramma decisionale richiede 
1. una certa flessibilità ,tenendo conto dell’intero processo produttivo, per evitare inutili punti critici 
2. Una specifica formazione 
continua
Conseguenze dell’individuazione dei CCP 
1. Definire ed attuare appropriate 
misure di controllo. 
Se è stato individuato un pericolo in una fase in cui è 
necessario un controllo per la sicurezza del prodotto e non 
esiste alcuna misura di controllo in quella fase o in qualsiasi 
altra fase, il prodotto o il processo vanno modificati in quello 
stadio o in uno precedente o successivo al fine di includere 
una misura di controllo 
2.Stabilire ed attuare un sistema di 
monitoraggio in ciascun punto 
critico
3. LIMITI CRITICI NEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO 
• I limiti critici corrispondono ai valori estremi accettabili, con riguardo alla 
sicurezza dei prodotti, per ogni misura di controllo individuata ed applicata 
• Sono fissati per parametri osservabili o misurabili che possono dimostrare che il 
punto critico è sotto controllo e differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità 
• Ci devono essere comunque elementi probanti che i valori prescelti si traducono in 
un controllo del processo 
• In taluni casi, per ridurre i rischio di superameno di un limite critico a causa di 
variazioni di processo, si deve specificare livelli più rigorosi (es. livelli target) per 
garantire il rispetto dei limiti critici 
• Limiti che generalmente si ricavano da Regolamenti o da manuali di corretta prassi 
igienica; in loro assenza l’équipe deve valutarne la validità in relazione al controllo 
dei pericoli individuati nei CCP
4. PROCEDURE DI MONITORAGGIO NEI PUNTI CRITICI DI 
CONTROLLO 
• Elemento fondamentale del sistema HACCP è il programma di 
osservazioni/misurazioni realizzate per ciascun CCP, in via continuativa o in più 
soluzioni, per garantirne la conformità a determinati limiti critci. 
• Le procedure di monitoraggio hanno lo scopo di individuare la perdita di 
controllo nei punti critici in modo da poter tempestivamente attuare misure 
correttive ed il ripristino del controllo del ccp stesso 
• I dati del monitoraggio devono essere valutati da una persona che possieda le 
conoscenze e l’autorità necessarie per realizzare le misure correttive richieste 
IL PROGRAMMA DI MONITORAGGIO DEVE CHIARIRE: 
1. Chi deve effettuare il monitoraggio ed il controllo 
2. Quando viene effettuato il monitoraggio ed il controllo 
3. Con quali modalità è effettuato il monitoraggio ed il controllo
5. MISURE CORRETTIVE 
Per ciascun punto critico di controllo l’équipe HACCP deve prevedere in anticipo 
misure correttive da adottare senza esitazioni quando il monitoraggio rilevi uno 
scarto rispetto ali limite critico 
Tali misure devono includere: 
1. L’individuazione della persona o delle persone responsabili per l’adozione della misura 
correttiva 
2. La descrizione dei mezzi e delle misure necessari per correggere l’anomalia osservata 
3. Le iniziative da adottare con riguardo ai prodotti realizzati durante il periodo in cui il 
processo non era sotto controllo 
4. Registrazioni scritte delle misure prese indicando tutte le pertinenti informazioni 
Grazie al monitoraggio, si può valutare la necessità di adottare misure preventive nel caso in cui 
debbano essere adottate ripetutamente misure correttive per la stessa procedura
continua 
6. PROCEDURE DI VERIFICA 
6.1. l’équipe HACCP specifica i metodi e le procedure da usare per determinare il 
funzionamento corretto o meno del sistema HACCP 
-- Le procedure di verifica comprendono: 
• Un audit del sistema HACCP e delle sue registrazioni 
• La verifica delle operazioni 
• La conferma che i CCP sono tenuti sotto controllo 
• La convalida dei limiti critici 
• La revisione delle anomalie e delle disposizioni in merito al prodotto; le misure correttive adottate con 
riguardo al prodotto 
-- Le verifiche devono essere condotte da una persona diversa da quella preposta all’esecuzione del 
monitoraggio e all’adozione delle misure correttive 
-- La frequenza delle verifiche deve essere tale da confermare l’efficiente funzionamento del sistema HACCP: 
essa influenza notevolmente il nro di controlli successivi o di richiami in caso di rilevazione di anomalie 
che vanno al di là dei limiti critici 
-- Le verifiche devono comprendere, non necessariamente contemporaneamente, i seguenti elementi: 
• Controllo della correttezza delle registrazioni e analisi delle anomalie 
• Controlli sulla persona preposta al monitoraggio delle attività di trasformazione , stoccaggio e/o trasporto 
• Controllo fisico del processo oggetto di monitoraggio 
• Calibrazione degli strumenti utilizzati per il monitoraggio
6.2 Le attività di convalida devono includere iniziative volte a confermare 
l’efficacia di tutti gli elementi del progetto HACCP 
• In caso di modifica è necessario rivedere il sistema per garantire che esso resta(o 
resterà) valido 
• Se necessario il risultato della revisione sarà la modifica delle procedure stabilite 
• Le modifiche vanno interamente incorporate nella documentazione e nel sistema di 
registrazione al fine di garantire la disponibilità di accurate informazioni aggiornate
7. DOCUMENTAZIONE E REGISTRAZIONE 
• Le procedure basate sui principi del sistema HACCP devono essere 
documentate e registrate 
• La documentazione e le registrazioni devono essere appropriate alla natura e 
all’entità delle operazioni e sufficienti a permettere all’impresa di verificare che i 
controlli HACCP sono predisposti e mantenuti 
• I documenti e le registrazioni vanno conservati per un periodo di tempo 
sufficiente a consentire all’Autorità competente di verificare il sistema HACCP 
;(i documenti vanno firmati da un esponente dell’impresa responsabile per la 
revisione) 
• Un semplice sistema di registrazione può essere efficace, facilmente comunicato 
ai dipendenti, integrato nelle operazioni esistenti, potendo far uso di documenti 
già esistenti, quali le bolle di consegna, e di checklist per registrare ad es. la 
temperatura del prodotto
8. FORMAZIONE 
• L’OSA deve assicurare la corretta ed approfondita conoscenza del 
sistema HACCP attuato da parte di tutto il personale 
• I settori dell’industria alimentare devono fornire informazioni, anche 
tramite manuali, in materia di HACCP, e di formare gli operatori del 
settore alimentare 
• Le Autorità competenti devono, quando necessario, contribuire a 
sviluppare attività d’informazione sul sistema HACCP, particolarmente 
nei settori scarsamente organizzati o che dimostrano una scarsa 
informazione
VANTAGGI DEL SISTEMA 
HACCP 
 Conformità con le esigenze legali 
 Miglioramento della qualità 
 Riduzione delle perdite 
 Protezione del marchio 
 Formazione del personale 
 Prevenzione 
 Riduzione delle barriere
VANTAGGI DEL SISTEMA 
HACCP 
 Controllo delle variabili 
 Introduzione sicura dei 
cambiamenti 
 Audit efficaci 
 Audit programmati e focalizzati 
 Flessibilità 
 Conformità a ………….
LIMITI DEL SISTEMA 
HACCP 
Programmazione non corrette 
Risorse 
Formazione 
Personale 
Tempo 
Risorse finanziarie 
Burocrazia 
Falsa idea di sicurezza
AAUUDDIITT DDII SSIISSTTEEMMAA
CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA 
AUDIT DI PRIMA PARTE (AUDIT INTERNO): 
L’azienda analizza il proprio sistema, le procedure e 
le attività, al fine di determinarne l’adeguatezza e 
verificarne l’applicazione. 
Può eventualmente riguardare singoli settori o 
funzioni aziendali. 
Le verifiche interne sono effettuate dal fornitore, 
che utilizza personale interno opportunamente 
addestrato.
CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA 
AUDIT DI SECONDA PARTE (AUDIT DEL FORNITORE): 
Il committente o l’acquirente effettua questa verifica sui 
propri fornitori per controllarne l’adeguatezza e/o la 
conformità ad una norma, ad un dato sistema o a 
requisiti contrattuali. 
Generalmente condotta da personale addestrato inviato 
dallo stesso committente o acquirente, può includere la 
valutazione di reparti o di società fornitrici all’interno 
dello stesso gruppo.
CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA 
AUDIT DI TERZA PARTE (AUDIT INDIPENDENTE): 
Un Organismo di certificazione indipendente ed 
accreditato effettua questo tipo di verifica al fine di 
accertare in che misura il sistema aziendale sia 
conforme alla norma di riferimento. 
Può concludersi con l’emissione di un certificato che 
attesti la conformità alla norma o specifica utilizzata 
come riferimento.
AUDIT DI SISTEMA ORIZZONTALE EE VVEERRTTIICCAALLEE 
ORIZZONTALE: contemporaneamente valutati 
uno o più settori aziendali sulle proprie 
specifiche attività 
VERTICALE: valutato un progetto (es. sviluppo 
e lancio di un nuovo prodotto), attraverso il 
passaggio tra le diverse funzioni aziendali, 
curando soprattutto le c.d. interfacce
TECNICHE DI AUDITING 
PER IL SETTORE ALIMENTARE
METODOLOGIA ((EE DDEEOONNTTOOLLOOGGIIAA??)) 
DDEELLLL’’AAUUDDIITT 
RIFERIMENTO: norma UNI EN ISO 19011:2003 
si riferisce alle modalità di programmazione e svolgimento degli 
audit ma anche alla formazione ed all’accreditamento dei 
valutatori
OBIETTIVI 
DELL’AUDIT 
Verificare conformità del sistema alla norma 
Identificare aree di miglioramento del sistema 
Verificare conformità di sistema/prodotto a 
requisiti specifici 
Valutare conformità a norme cogenti 
Iscrizione in elenchi di aziende certificate 
(oppure albo dei fornitori approvati)
LE TECNICHE 
DELL’AUDIT 
Fare domande 
Esaminare le evidenze oggettive 
Osservare le attività 
Ascoltare le reazioni 
Registrare i dati raccolti (sintesi mirata al 
rapporto finale!!)
TIPOLOGIE DI DOMANDE 
NELL’AUDIT 
DOMANDE APERTE: 
6 W: Who? What? Where? When? Why? Which way? 
seguite da: “OK, vediamolo!” 
DOMANDE SI/NO 
Spesso generano risposte chiuse. Da usare solo per 
introdurre altre domande. 
DOMANDE DIRETTE 
generano risposte più dettagliate
AUDIT: APPROCCIO MIRATO ALLE EVIDENZE 
Evidenza oggettiva: 
“informazioni la cui veridicità può essere 
dimostrata sulla base di fatti acquisiti a seguito 
di osservazioni, misurazioni, prove od altri mezzi” 
Osservazione: 
“constatazione di un fatto effettuata durante un 
audit”
RISULTANZE DELL’AUDIT 
PER IL SISTEMA QUALITA’ 
NON CONFORMITA’ (NC) 
“Non soddisfacimento di un requisito specificato” (può 
riguardare diversi elementi del SQ, procedure, 
prodotti, ecc.) 
Classificazione: 
Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
RISULTANZE DELL’AUDIT 
PER IL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO 
DEVIAZIONE 
Evidenza della inosservanza di uno o più dei sette 
Principi Codex del Sistema HACCP (trasversale o 
riferita ad un CCP) 
Classificazione: 
Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
IILL CCIICCLLOO DDEELLLL’’AAUUDDIITT NNEEII SSIISSTTEEMMII DDII QQUUAALLIITTAA’’
RRIITTOORRNNOO DDEELLLL’’IINNFFOORRMMAAZZIIOONNEE NNEELLLL’’AAUUDDIITT:: 
CCIICCLLOO DDII DDEEMMIINNGG ((PPLLAANN -- DDOO -- CCHHEECCKK -- AACCTT))
CCOONNCCLLUUSSIIOONNII 
CCRRIITTEERRII MMIICCRROOBBIIOOLLOOGGIICCII:: nneecceessssaarriiaa uunnaa nnootteevvoollee ccoommppeetteennzzaa 
sscciieennttiiffiiccaa ee tteeccnniiccaa 
AANNAALLIISSII QQUUAANNTTIITTAATTIIVVAA DDEELL RRIISSCCHHIIOO:: ppeerr ggllii aalliimmeennttii llaa ccuuii 
ssttaabbiilliittàà ee ssiiccuurreezzzzaa ddiippeennddee ddaa uunnaa ccoommbbiinnaazziioonnee ddii vvaarriiaabbiillii 
AAUUDDIITT:: ooccccoorrrree aaccqquuiissiirree tteeccnniiccaa eedd eelleevvaattaa ffooccaalliizzzzaazziioonnee vveerrssoo 
ggllii oobbiieettttiivvii 
VVAALLUUTTAAZZIIOONNEE DDEELLLL’’AAUUTTOOCCOONNTTRROOLLLLOO:: èè ooppppoorrttuunnoo ssvviilluuppppaarree 
mmeettooddii rraazziioonnaallii,, ccoonn uunn bbuuoonn rraappppoorrttoo ccoossttoo//bbeenneeffiicciioo
Microbiologia ggeenneerraallee –– TTeessttii:: 
Madigan M.T. et al.: “Brock – Biologia dei microorganismi”, 
CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1-2-3) 
o 
Tortora – Funke – Case: “Microbiologia generale”, 
BENJAMIN CUMMINGS 
o 
Biavati – Sorlini: “Microbiologia generale e agraria”, 
CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1) 
o 
Prescott – Harley – Klein: “Microbiology”, WCB MC GRAW-HILL
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  • 1. I Principali Sistemi di Conservazione Security and Quality s.a.s Sistemi di conservazione Security and quality s.a.s Metodi Fisici Metodi Chimici Metodi Biologici
  • 2. Principali sistemi fisici della conservazione degli alimenti Metodi Fisici Bassa Temperatura Alta temperatura Disidratazione Irradiazione Refrigerazione Congelamento Surgelamento Pastorizzazione Sterilizzazione Essiccamento Liofilizzazione Atmosfera Controllata Concentrazione
  • 3. Generalità Oltre alla variazione di temperatura o alla riduzione di tenore idrico, numerosi altri fattori inibiscono, in modo più o meno determinante l’attività e la vita dei microrganismi: Sostanze chimiche naturali e di sintesi, valore di pH lontani da quelli ottimali possono esplicare azione microbiostatica e microbicida.
  • 4. I metodi chimici di conservazione si basano sull’utilizzo di sostanze naturali e/o artificiali, che, in modo diverso, creano condizioni sfavorevoli all’attività microbica. Queste tecniche incapaci da sole di conservare a lungo a temperature ambiente gli alimenti, per cui è necessario abbinarle ad altre che ne aumentano l’efficacia.
  • 5. Additivi Naturali: il sale L’azione inibente del cloruro di sodio (NaCl) nei confronti dei microrganismi è dovuta all’aumento della pressione osmotica, causata dall’elevata concentrazione del mezzo e alla conseguente diminuzione dell’acqua disponibile per la crescita e all’attività microbica. Non tutti i microrganismi vengono bloccati dall’azione del cloruro di sodio, per esempio i batteri alofili non sono inibiti dalla salagione. Oltre a queste anche alcune muffe sopportano valori abbastanza elevati, mentre i lieviti sono molto sensibili alla salagione.
  • 6. La salagione si può effettuare in 2 diversi modi: • Secco: Si effettua per sfregamento del sale solido sulla superficie dell’alimento o per sovrapposizione a strati, al sale generalmente vengono aggiunti idrati e spezie. E inoltre preferibile l’utilizzo di sale non troppo grosso per favorire una penetrazione più rapida nei tessuti. La suddetta è adatta a prodotti a lunga stagionatura e a lunga conservazione. • Umido: Ha un’azione più lenta e meno intensa. Essa viene utilizzata per alimenti a breve e media durata che necessitano di altri trattamenti come l’affumicatura, la refrigerazione o la cottura. Viene effettuata utilizzando soluzione salina a diversa concentrazione. La salagione in umido può essere effettuata per immersione o per iniezione.
  • 7. Additivi Naturali: zucchero Può essere utilizzato allo stato cristallino o come sciroppo, ossia acqua e zucchero a diversa concentrazione. Vi sono microrganismi detti osmofili, non ostacolati da elevate concentrazioni zuccherine, ma che vi si sviluppano meglio, altri le tollerano, anche se fermentano in modo meno intenso.
  • 8. Lo zucchero esplica la sua azione conservativa in modo analogo al sale, disidratando per osmosi i microrganismi rendendoli pertanto inattivi. Il saccarosio deve essere comunque presente nell’alimento in concentrazione non inferiore al 50%, in quanto percentuali più basse favoriscono i fenomeni fermentativi. Questo metodo può essere abbinato anche a trattamento termico per la conservazione della frutta, esempio marmellata o gelatina.
  • 9. Additivi Naturali: olio Sia l’olio d’oliva, che l’olio di semi, viene impiegato per proteggere gli alimenti da contatto con l’aria ed impedire quindi lo sviluppo dei microrganismi aerobi. Al contrario i microrganismi anaerobi si possono invece facilmente sviluppare come ad esempio il clostridium botulinum, responsabile di una tossina che può essere letale, per evitare questo inconveniente il metodo viene quindi abbinato ad altri procedimenti, come la salaggione, l’acidificazione, la disidratazione, la pastorizzazione. Questo metodo viene spesso utilizzato per prodotti ittici o ortaggi.
  • 10. Additivi Naturali: l’aceto È il prodotto della fermentazione acetica del vino. Esso deve contenere più del 6% di acidità totale espressa come acido acetico e una quota residua di alcol non superiore all’ 1,5%. L’azione conservativa è dovuta al contenuto in acido acetico ed al conseguente abbassamento del pH. L’aceto è utilizzato nella conservazione di numerosi vegetali e come coadiuvante in altre tecniche.
  • 11. Additivi Naturali: alcol etilico Usato ad alte concentrazioni (70% circa) è letale nei confronti delle forme vegetative mentre, alla stesse dosi è inefficace per le spore batteriche. Risultano più sensibili i batteri, meno i lieviti. L’azione antimicrobica dell’alcol è dovuta a più fattori: • Denaturazione delle proteine protoplasmatiche • Disidratazione delle cellule L’uso è limitato alla preparazione di frutta “sottospirito”.
  • 12. Additivi Naturali: l’affumicamento Consiste nel sottoporre gli alimenti all’azione di sostanze antisettiche che si libera in seguito alla combustione incompleta di segatura o trucioli di legni particolarmente aromatici, ma mai di tipo resinoso. L’azione antisettica esplicata dal fumo è potenziata dall’aumento di temperatura dell’alimento, e della contemporanea disidratazione. Altre sostanze quali acido acetico, formico, alcol metilico, presenti in piccola concentrazione nel fumo coadiuvano l’azione della formaldeide, l’azione antisettica del fumo è dovuta anche al fatto che riduce la quantità di ossigeno disponibile, anche le variazioni di temperatura concorrono ad aumentare la conservabilità del prodotto, il trattamento può avvenire a temperature basse(affumicamento a freddo) solo poche specie microbiche vengono uccise, o a temperature alte(affumicamento a caldo) si ha la distruzione della maggior parte delle specie microbiche.
  • 13. Il fumo è composto, oltre che dalla fase gassosa, da una fase solida, in cui si trovano sostanze tossiche riconosciute cancerogene. L’azione tossica del catrame e della fuliggine è strettamente legata a vari fattori: • quali la quantità di ossigeno cioè più areato è l’ambiente, minore è la formazione di idrocarburi. • La distanza fra la camera di combustione e di affumicamento • La temperatura: più alta è la temperatura della combustione, maggiore è la produzione di sostanze oncogene.
  • 14. Il metodo tradizionale di generare fumo bruciato da legna, si sta orientando nell’utilizzo di “fumo liquido” per limitare la presenza degli idrocarburi negli alimenti. Il fumo liquido si ottiene condensando in acqua i fumi che si libero dalla combustione di legno, questo viene poi filtrato per eliminare gli oli pesanti. Il vantaggio maggiore che il fumo liquido presenta nei confronti dell’affumicatura tradizionale è l’assenza di composti cancerogeni, unito ad una maggiore uniformità dei sapori e degli aromi. Il fumo liquido viene nebulizzato negli affumicatoi tradizionali, o impiegato come bagno per l’immersione degli alimenti.
  • 15. TRATTAMENTI CHIMICI. (additivi naturali e additivi artificiali) Gli additivi chimici sono sostanze sintetiche o naturali prive di potere nutritivo, che vengono aggiunte in fase di lavorazione agli alimenti per conservarne nel tempo le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, per evitarne le alterazioni spontanee e per conferire caratteristiche particolari.
  • 16. Il quadro normativo • La Direttiva n. 94/35/CE sugli edulcoranti • La Direttiva n. 94/36/CE sulle sostanze coloranti • La Direttiva n. 95/2/CE sugli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti Tali normative sono state recepite dal nostro ordinamento con • Decreto Ministeriale n. 209 del 27/2/1996.
  • 17. Legge 283/62 e dal DPR 327/80 La loro applicazione è disciplinata dalla Legge 283/62 e dal DPR 327/80 va detto che non sempre il loro uso giustifica il rischio che ne può derivare alla salute pubblica, anche perché gli studi tossicologici al riguardo non sono ancora definitivi.
  • 18. Fine normativo • Assicurare la libera circolazione dei prodotti alimentari nell’ambito UE, • Rispettare le limitazioni imposte a tutela della salute dei consumatori
  • 19. Suddivisione Gli additivi sono suddivisi in famiglie in funzione del loro ruolo, e sono identificati da un codice, uguale in tutti i paesi dell’Unione Europea, composto generalmente dalla lettera “E” seguita da 3 o 4 cifre.
  • 20. Requisiti • Essere indispensabili • Non presentare rischio di tossicità • Se ne deve stabilire la DGA (dose giornaliera ammissibile) • Non devono reagire con l’alimento • Non devono mascherare frodi commerciali • Non devono mascherare alterazioni • Devono rispondere agli standards di purezza • Devono figurare in liste positive • Essere tolti dal commercio non appena dimostrino effetti cancerogeni, mutageni, ecc.
  • 21. Classificazione 1. Composti contro le alterazioni di natura microbica 2. Composti contro l’’irrancidimento e l’’imbrunimento 3. Composti per il controllo della qualità reologica 1. Additivi ad azione varia
  • 22. Composti contro le alterazioni di natura microbica • Antisettici o antimicrobici • Fungistatici • Antifermentativi
  • 23. Composti contro l’’irrancidimento e l’’imbrunimento • Antiossidanti (acido ascorbico) succhi di frutta, vino, liquori, insaccati, marmellate, vegetali sottolio e sottaceto
  • 24. Composti per il controllo della qualità reologica 1. Addensanti (glicerina, pectina) aumentano la densità dei liquidi; latte e derivati, maionese, cioccolato, marmellate, ecc. 2. Gelificanti (polifosfati, citrato di sodio e potassio) favoriscono l’aumento della consistenza; carne in scatola, insaccati, formaggio fuso 3. Emulsionanti e tensioattivi (mono e digliceridi di acidi grassi esterificati con acido acetico o acido tartarico) fluidificano i grassi in soluzioni acquose; pane e grissini (antiraffermo), gelati, margarina, biscotti, ecc.
  • 25. Additivi di azione varia 1. Aromatizzanti 2. Esaltatori di sapidità 3. Coloranti 4. Edulcoranti 5. Polveri lievitanti 6. Sostanze per trattamenti superficiali 7. Acidificanti 8. Tamponanti
  • 26. Additivi a scopo conservativo: Antimicrobici 1. Acido sorbico (E200), sodio sorbato (E201) potassio sorbato (E202), calcio sorbato (E203) utilizzati come antimuffa nei grassi e oli, formaggi, ripieno di ravioli e tortellini,semiconserve ittiche, maionese, prodotti dolciari da forno, pane in cassetta, presame, gnocchi, frutta candita, polenta, preparazioni a base di frutta per lo yogurt alla frutta, crema per pasticceria
  • 27. 2. Acido benzoico (E210), sodio benzoato (E211), potassio benzoato (E212), calcio benzoato (E213) Utilizzato nelle semiconserve ittiche, caviale, bibite analcoliche, pasta di olive, presame
  • 28. 3. Esteri del p-benzoato (E214 E219) utilizzato nelle semiconserve ittiche, caviale, bibite analcoliche, maionese, presame 4. Anidride solforosa (E220), sodio solfito (E221), sodio bisolfito (E222), sodio metasolfito (E223), sodio metabisolfito (E224), calcio solfito (E226) utilizzati nel vino, mosti, aceto, succhi di frutta, marmellate, gelatine di frutta, birra, prodotti a base di patate, biscotti, frutta secca, vegetali per sott’aceto o sott’oli o al naturale o in salamoia, filetti di baccalà, frutta candita, bibite analcoliche, liquori a base di succhi di frutta, acqueviti, conserve di gamberi
  • 29. Antimicrobici per il trattamento superficiale Trattamento superficiale dei formaggi a crosta non commestibile
  • 30. Sostanze destinate principalmente ad altri usi ma aventi effetto conservativo secondario Potassio nitrito (E249), sodio nitrito (E250), sodio nitrato (E251), potassio nitrato (E252) (colore rosso delle carni – azione antimicrobica nei confronti del Clostridium botulinum) acido acetico (E260), potassio acetato (E261), sodio acetato (E262), acetato di calcio (E263) (impasti per la panificazione e i prodotti dolciari lievitati)
  • 31. ANTIMICROBICI Cod. Denominazione chimica Eventuale tossicità E 200 Acido sorbico -- E 201 Sodio sorbato -- E 202 Potassio sorbato -- E 203 Calcio sorbato -- Sostanza particolarmente tossica, con dose massima giornaliera accettabile, secondo le tabelle del comitato FAO/OMS molto bassa ( 5 mg per Kg di peso al giorno). E 210 Acido benzoico E 216 Propile p-ossibenzoato Come sopra E 218 Metil-p-ossibenzoato Come sopra Come sopra Sostanza abbastanza tossica, interferisce col metabolismo di alcuni aminoacidi ed inattiva la Vit.B1. Derivato sodico dell'est. met. delI'acido p-ossibenzoico E 219 E 220 Anidride solforosa E 221 Sodio solfito Poduttore di E220, ha gli stessi effetti tossici E 222 Sodio bisolfito Come sopra Della stessa categoria del difenile, composto molto tossico. E 231 Ortofenilfenolo E 232 Orfofeilfenato di sodio Come sopra E 233 Tiobendazolo Tossico E 238 Formiato di calcio Tossico E 239 Esametilentetramina Tossico E 240 Aldeide formica Tossica e cancerorena
  • 32. ANTIOSSIDANTI 300 Acido L-ascorbico -- E 301 Sodio L acorbato -- E 302 Calcio L ascorbato -- E 304 L ascorbile palmitato -- E 306 Estratti di origine naturale ricchi di tocoferoli -- E 307 Alfa tocoferolo di sintesi -- E 308 Gamma tocoferolo di sintesi -- E 309 Delta tocoferolo di sintesi -- E 310 Gallato di propile Sostanza sospetta E 311 Gallato di ottile Come sopra E 312 gallato di dodecile Come sopra Sostanza sospetta, perchè non presente in natura E 320 Butilidrossianisolo E 321 Butilidrossitoluolo Come sopra E330 Acido citrico -- E 331 Citrati di sodio -- E 332 Citrati di potassio --
  • 34. ANIDRIDE SOLFOROSA SO2 (E220) Viene addizionata ad uve, vino, aceto, succhi di frutta, sottaceti, sottolio, prodotti dolciari. Uso Microbicida: agisce contro muffe e batteri mentre ha azione selettiva sui lieviti. Per questo viene utilizzata nel processo di fermentazione delle uve per eliminare i lieviti che producono poco alcol e consentire lo sviluppo degli altri che porteranno a termine la fermentazione. Antiossidante: ha azione sbiancante ed impedisce l’imbrunimento enzimatico. Meccanismo d’azione Ha odore caratteristico ed irritante. Tossicità acuta e cronica elevata per questo la legge definisce la quantità che può rimanere come residuo. Caratteristiche
  • 35. Acido Benzoico: E210 • Origine: L'acido benzoico, i benzoati e gli esteri dell'acido benzoico sono presenti nella maggior parte della frutta, specialmente nei mirtilli. Oltre alla frutta, i benzoati si trovano in natura nei funghi, nella cannella, nei chiodi di garofano ed in alcuni prodotti caseari • Funzione Caratteristiche: L'acido benzoico ed i benzoati sono usati come conservanti contro lieviti e batteri presenti in vari prodotti acidi. Sono poco efficaci contro i funghi ed inefficaci in prodotti con un pH superiore a 5 (leggermente acido o neutro). Alte concentrazioni producono un sapore amaro che limita il loro impiego. Per la loro alta solubilità, i benzoati sono spesso preferiti. • Dose giornaliera: Circa 5 mg per kg di peso corporeo.
  • 36. Acido Sorbico: E203 • Origine: In natura, il sale dell'acido sorbico (E200) è presente nei frutti del Sorbo delle Montagne Europee o Farinaccio ( Sorbus aucuparia ), dal quale prende il nome. • Funzione Caratteristiche: L'acido sorbico è un conservante, principalmente contro funghi e lieviti; non è efficace contro i batteri. La sua attivitá ottimale avviene a valori di pH inferiori a 6.5. Il sorbato di calcio è usato principalmente nei latticini; la sua attivitá è simile a quella dell'acido sorbico. • Dose giornaliera: Fino a 25mg per kg di peso corporeo.
  • 37. Acido acetico: E260 • Origine: Acido naturale presente in molti frutti. Essendo ottenuto per fermentazione batterica, è presente in molti prodotti fermentati. Il prodotto presente in commercio è ottenuto dalla fermentazione batterica dello zucchero, melassa o alcol o dalla sintesi chimica dell'acetaldeide. • Funzione Caratteristiche: L'acido acetico è usato come conservante contro i batteri ed i funghi. Nella maionese, viene aggiunto per inattivare della Salmonella . L'attività maggiore si ottiene a valori bassi di pH. Può essere anche usato come tampone negli cibi acidi. E' anche usato come un componente aromatico. • Dose Giornaliera Ammissibile: Nessun limite.
  • 38. La dose e la scelta del prodotto dipende: • Dalla natura dell’alimento • Caratteristiche proprie dei composti (concentrazioni) • Carica batterica (numero di cellule presenti) • Stato delle cellule (condizioni non ottimali rendono più sensibili le cellule) • Specie microbica • pH
  • 39. Modalità di azione: Formano legami chimici con metaboliti essenziali quali enzimi respiratori o enzimi necessari per biosintesi. Il campo di azione può essere specifico (un solo enzima) o vasto (diversi enzimi)
  • 40. Tossicità (LD50 = …….ppm/Kg) Viene espressa in LD50 per la quantità di sostanza
  • 41. Conservanti artificiali Additivi alimentari D.M. n. 209 del 27/02/1996 Sostanze, non consumate come alimento in quanto tale e non utilizzate come ingredienti tipici degli alimenti, aggiunte intenzionalmente ai prodotti alimentari in qualsiasi fase del ciclo produttivo (trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento) per: 1. mantenere il più possibile inalterate le qualità nutritive; 2. migliorare le caratteristiche organolettiche (sapore, odore, colore e prolungare la conservazione;
  • 42.  Acidificanti: aumentano l'acidità di un prodotto, e/o conferiscono ad esso un sapore aspro.  Addensanti: addensano, ovvero aumentano la viscosità di un prodotto alimentare. Vengono utilizzati in creme, budini, gelati, ecc.  Agenti lievitanti: liberano gas aumentando il volume di un impasto (nel caso di pane e dolci) o di una pastella (nel caso di alimenti fritti).  Antiossidanti: fungono da conservanti impedendo l'ossidazione, come l'irrancidimento dei grassi e la variazione di colore.  Antischiumogeni: impediscono o riducono la formazione di schiume.  Coloranti: conferiscono un colore particolare ad un alimento.  Conservanti: prolungano il periodo di conservazione degli alimenti proteggendoli dal deterioramento provocato dai microorganismi.  Correttori di acidità: modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto alimentare.  Edulcoranti: conferiscono un sapore dolce agli alimenti. Vengono utilizzati soprattutto nei prodotti dietetici a basso contenuto di calorie.  Esaltatori di sapidità: esaltano il sapore e/o la fragranza di un alimento. Es il glutammato di sodio.  Gelificanti: danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel.
  • 43. METODI CHIMICO-FISICI Affumicamento Oltre a queste sostanze aromatiche, però, durante la combustione del legno si sviluppano IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA), cancerogeni per l’uomo.
  • 44. METODI BIOLOGICI Fermentazione (avviene ad opera di microorganismi specifici). Distinguiamo: 1. 2. 3. 4. Fermentazione acetica, provocata dagli Acetobacter usata per la produzione dell’aceto a partire dal vino.
  • 46. Tipo e causa delle alterazioni microbiche degli alimenti • variazioni di colore, odore, consistenza, la formazione di patine batteriche, l’accumulo di gas o schiuma, la fuoriuscita di liquidi (essudati, materiale purulento). • causate dalla crescita di microrganismi • causate dalla liberazione di enzimi extracellulari o intracellulari (in seguito alla lisi cellulare)
  • 47. Sequenza degli eventi • I microrganismi devono venire in contatto con l’alimento • l’alimento deve consentire lo sviluppo (pH, Aw, potenziale O-R, sostanze inibenti) di una o più specie microbiche contaminanti • l’alimento deve essere conservato in condizioni di temperatura che consentano la moltiplicazione microbica e ciò deve avvenire per un tempo sufficiente per il raggiungimento di una concentrazione microbica tale da causare alterazioni evidenziabili nell’alimento.
  • 48. Significato del tipo di microrganismi • i batteri (a causa del tempo duplicazione più breve) e dopo di essi i lieviti, sono favoriti rispetto alle muffe nel causare alterazioni in tempi brevi • negli alimenti in cui batteri e lieviti non sviluppano in condizioni favorevoli e che sono conservati per periodi di tempo relativamente lunghi, quali pane, formaggi duri, insaccati stagionati, frutti acidi e vegetali, le alterazioni di origine fungina sono più frequenti. • Il confezionamento in anaerobiosi ha contribuito a ridurre le alterazioni indotte da muffe ed in parte anche quelle da lieviti, ma non quelle dovute a batteri anaerobi obbligati e facoltativi
  • 49. Significato del numero di microrganismi • Per produrre un cambiamento evidenziabile i microrganismi (principalmente batteri e lieviti devono moltiplicare e raggiungere un certo numero, spesso definito come il livello di comparsa delle alterazioni • batteri e lieviti devono raggiungere il numero di circa 107 cellule per grammo, per ml o per centimetro quadrato di alimento partendo dal numero di cellule normalmente presenti inizialmente • A secondo della natura specifica dell’alterazione e del tipo di microrganismi, il numero di microrganismi presente alla comparsa delle alterazioni può variare da 106 a 108 cellule per grammo, ml o cm2
  • 50. Microrganismi predominanti • Un alimento non alterato contiene microrganismi (batteri, lieviti, muffe) ed anche virus di generi differenti ed anche di più specie di uno stesso genere • Quando l’alimento è alterato, si osserva che contiene prevalentemente uno o due tipi di microrganismi predominanti. • Tra le varie specie presenti e capaci di crescere solo quelle con il più breve tempo di duplicazione alle condizioni di conservazione aumentano rapidamente di numero causando alterazione
  • 51. Carne bovina a pH6.0 con CMT iniziale pari a 103/g e CMT finale pari a 6 x 107/g 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% giorno 0 giorni 12 Pseudomonas Acinetobacter Moraxella Brochothrix t. Altri
  • 52. Patine batteriche Biofilms sono composti da comunità di microrganismi aderenti ad una superficie. Essi sono comunemente contenuti in un polisaccaride extracellulare sintetizzato da essi stessi. La presenza di umidità e l’adeguatezza di nutrienti favorisce lo sviluppo di patine batteriche – Bar = 10 micrometers
  • 53. Reazioni chimiche e processi fisici che possono alterare le caratteristiche qualitative dei prodotti alimentari REAZIONI CHIMICHE E BIOCHIMICHE • Imbrunimento non enzimatico • Imbrunimento enzimatico • Idrolisi dei lipidi • Ossidazione dei lipidi • Idrolisi delle proteine • Denaturazione delle proteine • Agglomerazione delle proteine • Idrolisi di polisaccaridi • Glicolisi • Sintesi di polisaccaridi • Degradazione dei pigmenti naturali • Inattivazione delle vitamine • Modificazioni della biodisponibilità di vitamine e sali minerali PROCESSI DI NATURA FISICA O CHIMICO-FISICA • Cristallizzazione degli zuccheri • Retrogradazione dell'amido • Perdita di sostanze volatili • Adsorbimento/desorbimento di umidità • Modificazioni della compartimentazione dei componenti
  • 54. Alcuni prodotti del metabolismo microbico negli alimenti Nutrienti Carboidrati Composti azotati Lipidi CO2, H2, H2O2, CO2, H2, NH3, H2S, lattato, acetato formato, amine, chetoacidi, succinato, butirrato, mercaptani, disolfuri isobutirrato, organici, putrescina, isovalerato, etanolo, cadaverina, scatolo propanolo, butanolo, isobutanolo, diacetile, acetoina, butanediolo, destrano, levani Acidi grassi, glicerolo, idroperossidi, composti carbonilici (aldeidi e chetoni), basi azotate
  • 55. Alterazioni conseguenti al metabolismo microbico dei carboidrati • Fermentazione lattica o alcolica (dovuta a batteri lattici* ) – solo ac. lattico (acidificazione) • Fermentazione acido mista – ac. lattico + CO2 + etOH/acetato (acetoino, formato) fermentazione acido mista ® bombaggio conserve alimentari non acide, ricche in carboidrati (Cl. thermosaccarolyticum); acidificazione + putrefazione (B. polimixa, B. substilis, Proteus vulgaris, Serratia marc.) • Fermentazione propionica e ferm. butirrica
  • 56. Alcuni importanti batteri alteranti • Psicrotrofi (sviluppano a T5°C) – aerobi (Ps. fluorescens, Ps. fragi, altri Pseudomonas, Acinetobacter, Moraxella, Flavobacterium) – anaerobi facoltativi (Brochotrix thermosphactra, Lab. viridescens, Lab. curvatus, Lab. sake, altri Lactobacillus, alcuni Enterococcus, Alcaligenes, Enterobacter, Serratia liquef. Alcune Hafnia e Proteus, Shewanella putrefaciens) • termodurici (resistono a T 65°C – anaerobi fac. (spore di Bac. coagulans e Bac. megaterium, alcuni Lac. viridescens) – anaerobi (spore di Cl. laramie, Cl. Estertheticum, Cl. algidicarnis, Cl. putrefaciens, altri Cl. non identif.) • termofili (possono germinare e/o moltiplicare a 50°T60°) (alcuni Clostridium e Bacillus, Ped. acidilactici, Str.thermophilus) • acidurici (possono sviluppare a pH£4.6)(Lab.fructivorans, Lab. fermentum, Leu. mesenteroides, Lab. plantarum,Ped. acidilactici)
  • 57. Metabolismo dei nutrienti • Tipo di alimento • preferenza nell’utilizzazione dei nutrienti • crescita microbica in successione
  • 58. Shelf life degli alimenti • Si può intendere come shelf-life o durabilità di un prodotto, in determinate condizioni di conservazione, il tempo limite entro il quale il progredire dei singoli eventi reattivi determini modificazioni impercettibili sul piano sensoriale o comunque ancora accettabili sul piano della sicurezza d'uso. • Il comma 1 dell'art. 10 del D.L.gs. n. 109 definisce il termine minimo di conservazione come «la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni dì conservazione, esso va indicato con la dicitura da consumarsi preferibilmente entro... seguita dalla data oppure dall'indicazione del punto della confezione in cui essa figura».
  • 59. Fattori che più influenzano la shelf life • Al deperimento di un prodotto alimentare corrispondono differenti e complessi schemi ascrivibili a processi chimici, biochimici, di natura fisica o fisico-chimica, caratteristici di ogni singolo alimento • fattori quali la temperatura, l'umidità, la presenza di ossigeno o la luce giocano un ruolo fondamentale nella velocità dei singoli eventi reattivi
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  • 66. Alterazione delle carni a differenti condizioni di temperatura ed umidità
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  • 69. Spoilage delle carni fresche Aerobiosi • Ps. Cresce rapidamente utilizzando glucosio e poi aminoacidi, con produzione di metilsolfuro, esteri ed acidi. • Nelle carni di pollame, nelle frattaglie e nelle carni DFD lo spoilage inizia prima, forse perché è più precoce l’attacco degli aminoacidi. • Lo sviluppo di Acinetobacter e Moraxella (utilizzano preferenzialmente aminoacidi invece di glucosio) può essere favorito in queste ultime Anaerobiosi • Sviluppano Leuconostoc mesenteroides e gelidum, Lab. Sake e curvatus e Carnobacterium che in anaerobiosi non attaccano gli aminoacidi • lo spoilage si manifesta come scolorimento (la carne resta scura dopo l’apertura della confezione ed acquisisce un odore burroso) (cheesy odor) • Anche Brochothrix ed Enterob. possono competere nelle carni a pH elevato, riducendo la conservabilità (degradano glucosio ed alcuni aminoacidi in FA volatili, alcoli e ammine/NH3 (odore caseoso/ ammoniacale). • Cl. Putrefaciens (o forse Enterococcus) può essere causa di puzzo d’osso nelle grosse masse muscolari • Cl. laramie insieme a Leuconostoc è in grado di determinare formazione di accumulo di gas (H2S), perdita di consistenza e arrossamento
  • 70. Categorie di prodotti carnei • Sottoposti a cottura: – Prodotti inscatolati sottoposti a sterilizzazione (carni in scatola) – Prodotti sottoposti a calore moderato (60-65°C, fino a 75°C) • non salmistrati (es. arrosti, roast beef, arrotolati di tacchino, polpettoni) • salmisrati (es. prosciutti cotti, mortadella, wurstel, luncheon meat) • Non sottoposti a cottura – Prodotti fermentati /disidratati (es. salami) – prodotti disidratati (es. prosciutto crudo, bresaola, carne essiccata)
  • 71. Spoilage delle preparazioni e dei prodotti a base di carne cotti Prodotto Alterazione Microrganismi Arrosti s.v. /affettati e refrigerati Accumulo liquido e gas Lactobacillus eterof. e Leuconostoc + colore rosato e liquido rossastro (in 4 settimane) Clostridium spp. Polpettone affettato e refrigerato Odore putrido e arrossamento, poco gas (in 1 settimana) Proteus, Hafnia, Ser. liquefaciens Prosciutti cotti, wurstel ed altri cotti s.v. Gas e accumulo liquido biancastro Leuconostoc carnosum e mesenteroides Arrotolati di tacchino Accumulo gas e liquido, forte odore ammoniacale evanescente Ser. Liquefaciens, Leu. mesenteroides e Lab. sake Luncheon meat (suino) (tacchino) Macchie giallastre Macchie grigie Ent. faecium subsp. Casseliflavus Lactobacillus (aerobiosi)
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  • 73. Spoilage degli insaccati fermentati (salami) • In caso di acidificazione insufficiente sviluppano specie quali Clostridium, Bacillus ed altri mesofili con possibile sviluppo di fenomeni putrefattivi • in prodotti con bassa acidità, ma Aw ³ 0.92 possono essere alterati ad opera di Leuconostoc e Lactobacillus eterof. Con accumulo di gas e liquido nelle confezioni e evidenziazione di patine color crema, può sviluppare filamentosità dell’impasto • se non confezionati in anaerobiosi e l’Aw è basso (0.72-0.90) sviluppano lieviti e muffe che producono formazione di patine viscose superficiali, scolorimento e sapori anormali • la presenza di aria nell’impasto può favorire la comparsa di scolorimento (ingrigimento) dovuto all’azione ossidante di H2O2 prodotta da alcuni Lattobacilli (lattato + O2 ®lattato ossidasi ® piruvato + H2O2
  • 74. Tipo di spoilage degli insaccati cotti confezionati sottovuoto Tipo di Evidenziazione Causa alterazione Acidità Analisi sensoriale pH sapore Batteri lattici Patine biancastre Analisi sensoriale apparenza Batteri lattici Formazione di gas Analisi sensoriale, rigonfiamento delle confezioni Lattopbacilli e Leuconostoc (eterofermentanti) Filamentosità Analisi sensoriale Lactobacillus sake, Leuconostoc gelidum
  • 75. Fasi che influenzano la shelf life dei prodotti carnei sottovuoto Fase del processo Trattamento Formulazione Uso di additivi chimici Cottura Uso di tempi adeguati Affettatura e confezionamento Igiene del prodotto, igiene ambientale, bioconservazione Dopo il confezionamento Irradiazione, pasteurizzazione, trattamento con microonde
  • 76. Alterazioni delle uova, degli ovoprodotti, della maionese • Uova in guscio – marciume verde (Pseudomonas fluorescens) – marciume nero (Proteus vulgaris) – marciume rosso (Serratia marcescens) – ammuffimento (Pennicillum, Alternaria, Mucor) • Prodotti d’uovo – odore putrido (psicrotrofi Gram-, post contaminanti) – acidificazione (psicrotrofi Gram+ pre e post contaminanti) – odore di pesce (formazione di trimetilammina) • Maionese /low fat – ammuffimento in superficie – idrolisi saccarosio e formazione CO2 (Lab. Fructivorans) – accumulo gas e alcol (Saccharomyces bailii)
  • 77. Alterazioni dei pesci • Modificazioni iniziano appena il pesce muore a) degradazione da enzimi endogeni (autolisi) b) ossidazione ac. grassi insaturi c) alterazioni microbiche • dissanguamento, eviscerazione, filettatura, cottura modificano l’andamento dei fenomeni alterativi
  • 78. Fenomeni autolitici • pH 6-7 (pH 6 in halibut, sgombri e tonni); • idroperossidazione AG con produzione C6, C8 e C9 aldeidi alcol e chetoni (aromi di vegetali verdi, funghi, melone) (fenomeni T dipendenti) • gusto pesce cotto – dolcezza: dovuta alla presenza di zuccheri (Glu, Fru e loro fosfati), ma anche al sinergismo tra aminoacidi liberi ed IMP (vedi figura) • in pesce non eviscerato (soprattutto piccole specie pelagiche) conservato senza o con poco ghiaccio si osservano fenomeni di decomposizione del tratto digerente e contaminazione delle masse muscolari adiacenti da parte dei batteri enterici
  • 79. Concentrazione dei prodotti di degradazione dei nucleotidi nel muscolo di pesce K = (INO + Hx) / (ATP + ADP + AMP + IMP + INO + Hx)
  • 80. Alterazioni microbiche dei pesci • Specie predominanti nei pesci di acque artiche e temperate (Pseudomonas, Alteromonas, Shewanella e Moraxella) (80% della flora microbica totale), ma anche mesofili quali Mor. morganii, Kle. pneumoniae, Haf. alvei, Cit. freundi ed Esc. coli • questi microrganismi sono in grado di degradare NPN con produzione di peptidi, TMA ( N:CH3; dalla riduzione di TMAO) ed NH3 in alcune specie (selaci) istamina (dall’istidina), Put, Cad, indolo, H2S, DMS e acidi grassi volatili (acetico, butirico, isovalerico) • Alcune specie sono proteolitiche (de-repressione enzimatica)
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  • 84. Alterazione di prodotti semilavorati e lavorati • Filetti: le carni da traslucenti con tonalità lievemente bluastre diventano opache (gessose). Se confezionati sottovuoto o in CO2 lo sviluppo dei batteri aerobi è prevenuto, mentre crescono anaerobi obbligati e facoltativi, compresi i batteri lattici • Pesci leggermente salati vanno incontro ad alterazione da Vibrio (se conservati a basse temperature) o Micrococcus (se ad alte temperature) • pesci disidratati ed affumicati possono sostenere lo sviluppo di muffe superficiali • carni macinate, surimi e preparazioni a base di polpa macinata se non rapidamente congelati sono alterati da germi bastoncellari Gram-
  • 85. Alterazione di molluschi e crostacei Crostacei • aragoste, astici e granchi sono commercializzati vivi, mentre gamberi, scampi, canocchie generalmente muoiono dopo la raccolta • le carni sono ricche in NPN, contengono 0,5% glicogeno e pH 6 • Pseudomonas e altri Gram-bastoncellari determinano degradazione ossidative e putrefazione Molluschi • rispetto a pesci e crostacei contengono concentrazioni più basse di NPN, ma più carboidrati (glicogeno 3,5-5%) e pH 6. • Sono mantenuti vivi fino allla preparazione per il consumo o alla trasformazione • le alterazioni (produzione di NH3, amine, acidi grassi volatili, acidificazione) sono dovute a Pseudomonas e Vibrio se refrigerati, ma anche Lattobacilli, enterococchi e coliformi
  • 86. Alterazioni del latte crudo • Pseudomonas, altri bastoncellari Gram- psicrotrofi e coliformi sono le specie prevalenti nel latte prontamente refrigerato. Pseudomonas è Lac- e causa sapori amari, fruttati, rancidità (lipasi) e comparsa di anomalie del gusto nel prodotto pastorizzato (proteasi termostabili). Batteri fermentanti il lattosio generano acidità (ac. lattico, acetico e formico), liberazione di CO2 e H2, coagulzione e schiumosità. Alcuni Alcaligenes (viscosilactis) e coliformi causano formazione di mucosità • latte non prontamente refrigerato supporta la crescita di specie quali Lactococcus, Lactobacillus, Enterococcus, Micrococcus, Bacillus, Clostridium e coliformi; comunque predominano generalmente i batteri lattici che producono acidificazione e coagulazione del latte
  • 87. Alterazioni del latte pastorizzato • Sopravvivenza termodurici (Micrococcus, Enterococus, alcuni Lactobacillus, Streptococcus, Corynebacterium e spore di Bacillus e Clostridium • Post-contaminazione da coliformi, Pseudomonas, Alcaligenes, Flavobacterium. • Lo sviluppo degli psicrotrofi limità la conservabilità del latte (difetti di gusto quando la conc. microbica raggiunge 106 cell/ml. • Lo sviluppo di Bacillus (es. B. cereus) può causare un sapore amarognolo, inoltre producendo lecitinasi causa aggregazione dei globuli di grasso che aderiscono alle pareti del contenitore e un enzima rennina-simile che causa una coagulazione “dolce”
  • 88. Alterazioni del latte UHT • È un prodotto commercialmente sterile che può contenere spore vitali di micr. termofili; non si altera a temperatura ambiente, ma lo fa se esposto a temperature maggiori • prima del trattamento termico il latte normalmente sosta diverse ore a T 7°C; in questo periodo la popolazione microbica psicrofila sviluppa arricchendo il latte di enzimi extracellulari termostabili (proteasi, lipasi e fosfolipasi) che potenzialmente possono causare alterazioni del latte a lunga conservazione. Le proteasi determinano gelificazione, le lipasi aroma di rancido • la conc. di enzimi è correlata alla conc. batterica raggiunta nel latte crudo (latti con 8 x 106 cell./ml gelificano in 8-10 sett)., ma è importante l’attività proteolitica dei ceppi
  • 89. Prodotti lattiero caseari Prodotto Alterazione Causa Burro salato o no Difetti di colore ed aroma (putrido, rancido, di pesce) Batteri (Pseudomonas spp.) lieviti (Candida spp.) e muffe (Geo. candidum) Yogurt Y. alla frutta Eccesso di acidità Sapore amaro Aromi anormali di lievito e fruttato, gas Temperature elevate (prevalenza eccessiva di Lab. Bulgaricus) Ceppi di Lab. produttori di peptidi amari Lieviti produttori di CO2
  • 90. Prodotti lattiero caseari Prodotto Difetto Causa Formaggi freschi a Superficie viscosa, bassa acidità ed sapori anormali levata umidità (talora putridi) Batteri (Alcaligenes, Pseudomonas) lieviti e muffe Formaggi freschi a pasta filata Occhiature, superficie viscida e sapore sgradevole, talora macchie puntiformi giallastre Psicrotrofi gram-bastobcellari (Pseudomonas, Achromobacter e Acinetobacter) ed Enterobatteriacee Formaggi stagionati con pH relativamente alto (Gouda, Emmental, Provolone, Pecorino, Grana) Occhiature e gonfiore Aromi anomali e sapore pungente Sapore amaro Clo. tyrobutirricum, Coliformi (nel primo periodo di maturazione) Peptidi amari (Lac. lactis)
  • 91. Sterilizzazione delle conserve in scatola • Sterilità commerciale – alimenti a bassa acidità pH 4,6 (trattamenti equivalenti a 121,1°C x 3 min.) per distruggere spore Cl. Botulinum tipo A e B – alimenti ad alta acidità pH £ 4,6 (trattamenti poiché le spore di Cl. botulinum non possono germinare, ma possono germinare le specie aciduriche (Bac. coagulans, Lactobacillus e Leuconostoc)
  • 92. Alterazioni delle conserve in scatola • Alterazioni microbiche – Alterazioni dovute a insufficiente raffreddamento (sporigeni termofili germinano a 43°C o più, ma crescono anche a T ³ 30°C (Cl. stearothermophilus, Cl. thermosaccarolyticum, Desulfotomaculum nigrficans), – Alterazioni dovute ad insufficiente riscaldamento • alterazione di carboidrati (acidi volatili, H2, CO2) (Cl. butyricum, Cl. pasteurianum) • alterazione proteine (H2S, mercaptani, indolo, scatolo, NH3, Co2, H2) (Cl. botulinum ceppi proteolitici, Clo. sporogenes, Clo. putrefaciens) – Alterazioni per mancata integrità del contenitore • Alterazioni non microbiche (bombaggio chimico, imbrunimento enzimatico, liquefazione, gelificazione)
  • 93.
  • 94. Indicatori di alterazione • Criteri sensoriali • criteri microbiologici • criteri chimici (sostanze di origine microbica e non)
  • 95. Scelta degli indicatori di alterazione microbica • presenti in basso numero (microrganismi) o assenti (chimici) negli alimenti freschi • nelle normali condizioni di conservazione deve aumentare fino a raggiungere livelli elevati • quando si manifestano le/la alterazioni/e dovrebbero esserne la causa predominante (microbica o chimica) • possono essere determinati rapidamente • possono essere determinati in modo affidabile per predire la conservabilità e lo stato di alterazione • hanno una buona correlazione con i criteri sensoriali di alterazione di quel particolare prodotto
  • 96. Indici microbiologici • Carni fresche conservate in aerobiosi: conteggio degli psicrotrofi aerobi, soprattutto Gram- (APC: 10 giorni a 7°C oppure 16 ore a 17°C e poi 3 giorni a 7°C; LPS mediante gelificazione LAL) • Carni sottovuoto: conteggio LAB psicrotropi (es. terreno nutritivo a pH5 o APT agar ed incubazione in CO2) ed Enterobacteriaceae psicrotrofe (VRBGA). Saggiare anche per la presenza di Clo. Laramie • Semiconserve: conteggio LAB psicrotrofi ed Enteroibacteriaceae; quindi conteggio dei Clostridi • latte crudo: APC, psicrotrofi gram-, termodurici • latte pasteurizzato: APC, psicrotrofi gram- e gram+,
  • 97. Indici di alterazione microbica Alimento Metabolita Carni macinate e pollame conservati in aerobiosi Mercaptani, H2S, di e trimetilamina, aminoacidi liberi, catalasi, creatina, ipoxantina, etanolo, amino zuccheri complessi, nucleotidi, alcalinità titolabile, residui carbonilici /TBA, ammoniaca Carni confezionate sottovuoto Acetoina, acido acetico, acido isobutirrico, acido lattico, acido isoavalerico, diacetile, diammine, tiramina Scombridi e pesci similari Istamina, cadaverina, putrescina, spermina, spermidina Altri pesci Trimetilamina, sostanze volatili totali, H2S, tirosina, di e trimetilsolfuri, acetone, etanolo, diacetile, acetaldeide, indolo, diammine Gamberi Acido lattico, azoto amminico, sostanze volatili totali, trimetilamina, ipoxantina Ostriche e altri molluschi bivalvi Acido lattico Latte crudo e latte alimentare Acido lattico Burro e crema Acidi grassi volatili Formaggi stagionati Vedi scombridi
  • 98. Analisi per la determinazione degli enzimi termostabili • Saggio colorimetrico con TNBS (Trinitrobenzene sulfonic acid) e fluorimetrico con fluorescamina per la determinazione degli aminoacidi liberi • Test ELISA per la determinazione delle lipasi di Pseudomonas
  • 100. CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI TRASFERIMENTO DI MATERIALI INDESIDERATI NEL PRODOTTO FINITO ---------------------------------- ORIGINE DELLA CONTAMINAZIONE: CHIMICA, FISICA, BIOLOGICA, MICROBIOLOGICA
  • 101. CONTAMINAZIONE FISICA Presenza di corpi estranei: sassolini, schegge metalliche, di vetro, di legno, frammenti di plastica, ecc. Originano da negligenze o da carente manutenzione degli impianti. CONTAMINAZIONE CHIMICA Presenza di metalli pesanti, pesticidi, solventi, antibiotici, ormoni, ecc. Originano dalla materia prima per effetto dell’inquinamento ambientale, dal contatto degli alimenti con gli imballaggi, dall’uso improprio di farmaci nell’allevamento del bestiame, ecc.
  • 102. CONTAMINAZIONE BIOLOGICA Origina dall’aggressione delle derrate alimentari da parte di agenti biologici quali insetti volanti o striscianti, larve di insetti, escrementi di roditori, ecc. CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA Presenza di microrganismi patogeni e saprofiti che originano dalle materie prime, dai cicli di trasformazione o dal contatto con l’uomo.
  • 103. MODALITA’ DI CONTAMINAZIONE DEI CIBI  ENDOGENA: all’origine (materie prime)  ESOGENA: della lavorazione STOCCAGGIO: Depositi non idonei, Scarsa pulizia delle celle frigo, con promiscuità degli alimenti. DURANTE LA MANIPOLAZIONE: Attrezzature e superfici di lavoro contaminate; Promiscuità cotto/crudo, sporco/pulito; Inosservanza delle norme igieniche personali. DOPO LA PREPARAZIONE: Promiscuità cotto/crudo; Confezionamento in condizioni igieniche inadeguate. PRESENZA DI INSETTI e RODITORI.
  • 104. CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI Più i cibi sono manipolati e costituiti da molti ingredienti, più elevato è il numero di batteri che contengono. di conseguenza Maggiore è il numero di microrganismi nel cibo, minore è la sicurezza igienica e la vita commerciale del prodotto.
  • 105. LA CONTAMINAZIONE CROCIATA Si verifica quando gli agenti infettanti vengono trasmessi da un alimento ad un altro attraverso: Effetti d’uso • coltelli • tritacarne • attrezzature varie Superfici • tavoli di lavoro • contenitori Mani del lavoratore
  • 106. Modalità di contaminazione degli alimenti da parte di un portatore sano i germi patogeni sono eliminati attraverso le feci, il naso, la cute trasferiti sulle mani entrano in contatto con gli alimenti qui sopravvivono e si moltiplicano se trovano condizioni favorevoli
  • 107. Ruolo degli alimenti nella trasmissione delle MTA ad eziologia microbica  Semplice veicolo  Substrato di intensa moltiplicazione
  • 108. FATTORI CHE COMPORTANO LA CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI  Alimenti crudi inizialmente contaminati.  Alimentaristi portatori di agenti patogeni che toccano i cibi non destinati ad un successivo trattamento termico.  Contaminazione crociata tra cibi crudi e cotti. Utilizzo di avanzi di cibo.  Approvvigionamento da fonti insicure (frutti di mare, latte crudo, conserve alimentari casalinghe)  Conservazione in zone con condense o sgocciolamenti.  Utilizzo improprio di fitofarmaci.  Alimenti acidi a contatto con superfici contenenti metalli tossici (piombo, rame, ecc).
  • 109. In qualsiasi modo ed in qualsiasi fase avvenga la contaminazione microbica degli alimenti, la pericolosità dipende da: temperatura di conservazione del cibo tempo che trascorre tra la preparazione ed il consumo deperibilità dell’alimento
  • 110. Fattori che influenzano lo sviluppo microbico negli alimenti  Temperatura (mesofili, termofili, psicrofili)  pH  Tensione di ossigeno  Attività dell’acqua (Aw)  Concentazione salina  Composizione dell’alimento
  • 111. LA TEMPERATURA intervallo t. ottimale di crescita Psicrofili -5°C-20°C 10-12°C Mesofili 20-45°C 32-37°C Termofili 45-75°C 55°C Psicrotrofi 0-5°C-35°C 25-30°C 0-25°C I vari tipi di microrganismi prediligono temperature diverse per il proprio habitat ottimale
  • 112. Moltiplicazione dei batteri in condizioni favorevoli 17 milioni 8 1 miliardo 10 69 miliardi 12 260000 6 4000 4 64 2 1 ore 0 Numero batteri Tempo indicativo di moltiplicazione: 4°C: 6 ore 10°C: 2 ore 21°C: 1 ora 32°C: 20’
  • 113. LIVELLI SOGLIA PER L'INSORGENZA DI MTA Agente causale Livello soglia Tossina stafilococcica 10 - 13 g Tossina botulinica 1 g Salmonella typhi 102 u.f.c Salmonelle minori 102 - 104 u.f.c Sighella 102 u.f.c E.coli enteropatogeno 108 u.f.c Clostridium perfringens 105 u.f.c/g di alimento Bacillus cereus 106 u.f.c/g di alimento Campylobacter spp.: 500 (soggetti a rischio) - 106 u.f.c Listeria monocytogenes : 103 (soggetti a rischio) - 106 u.f.c Vibrio parahaemolyticus 105 u.f.c Yersinia spp. 109 u.f.c Giardia 10 - 100 cisti H.A.V 1 - 10 u.f.p Norwalk virus 10 u.f.p
  • 114. Influenza della temperatura sullo sviluppo batterico
  • 115. VELOCITA' DI CRESCITA DI ALCUNI MICRORGANISMI A DIVERSE TEMPERATURE DI REFRIGERAZIONE Tempo di moltiplicazione in ore Microrganismi 10-13°C 4-5°C 0-1°C __________________________________________ Psicrofili veri 2-3 6 12 Y.enterocolitica 5-6 20 25 L.monocytogenes 5-9 13-25 62-131 A.hydrophila 4-6 9-14 49 Salmonelle sp. 8 30 ∞ Psicrotrofi: Enterobacteriaceae e contaminanti 2-4 8-12 16-20
  • 116. 50° 40° 30° 20° 10° 0° TEMPERATURE MINIME E MASSIME Yersinia e. St. aureus Salmonella Campylobacter j. B. cereus C. perfringens Listeria m.
  • 117.
  • 118. A temperatura ambiente, in particolare nell’intervallo di temperatura che va da 10°C a 65°C, gli alimenti debbono sostare il minor tempo possibile.
  • 119. TERMORESISTENZA DEI MICRORGANISMI 120° 100° 80° 60° 40° 20° 0° - 20° - 40° Distruzione delle spore in 10’-20’ Distruzione rapida di tutte le forme vegetative Zona termica di pastorizzazione Zona di massimo sviluppo per i batteri termofili Zona di massimo sviluppo per i batteri mesofili Sviluppo massimo psicrofili, attenuato dei mesofili Sviluppo attenuato degli psicrofili Cessazione progressiva dello sviluppo microbico
  • 120. Azione devitalizzante del congelamento  Cisti di Trichinella spiralis: 6-10 giorni a –10°C  Cisticerchi di Taenia solium e saginata: 5 giorni a –10 °C e 3 giorni a –18°C  Toxoplasma gondii: Oocisti: 7 giorni a –10°C Cisti: 2 giorni a –20°C
  • 121. USO DELLE BASSE TEMPERATURE Il freddo non distrugge i microrganismi. Più basse sono le temperature, maggiore è il rallentamento dell’attività microbica, consentendo un prolungamento dei tempi di conservazione. Il sistema della conservazione con il freddo prevede il rigoroso rispetto della catena del freddo, pertanto la temperatura non può subire rialzi consistenti, neppure per breve tempo.
  • 122. Si ottiene una forte inibizione della crescita dei microrganismi responsabili delle tossinfezioni Si ottiene il blocco pressoché totale della crescita microbica Si ottiene il blocco totale della crescita microbica da 0°C a 4°C a temperatura inferiore a -15°C a temperatura inferiore a -18°C SURGELATO si formano cristalli piccolissimi che non danneggiano l’alimento Alimento in confezione chiusa all’origine, sottoposto ad un abbassamento veloce della temperatura, fino a raggiungere in meno di 4 ore i -18°C, e conservato a tale temperatura. REFRIGERAZIONE CONGELAMENTO SURGELAZIONE
  • 123. UTILIZZO CORRETTO DELLE CELLE FRIGORIFERO Assicurarsi che in ogni cella ci sia un termometro e controllare giornalmente la temperatura Evitare lo stivaggio eccessivo: all’interno della cella frigorifero deve circolare aria Recipienti di metallo o vetro devono essere posti nella parte inferiore, in modo da evitare sgocciolamenti Coprire i recipienti, per impedire contaminazioni Non appoggiare direttamente a terra le derrate Conservare separatamente cibi cotti e cibi crudi Non mettere mai cibi caldi nel frigorifero per non causare innalzamenti della temperatura
  • 124. L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA I cibi già cotti ed ancora caldi non devono essere mantenuti a lungo a temperatura ambiente per evitare la crescita dei germi contaminanti. E’ indispensabile refrigerarli, seguendo due regole: raffreddarli nel più breve tempo possibile prima di metterli in cella non mettere mai in cella alimenti in grandi pentole ancora calde Abbattimento della temperatura raffreddamento troppo lento aumenta la temperatura della cella frigorifera
  • 125. L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA Modalità di abbattimento Tramite apparecchiature apposite, dette “abbattitori di temperatura” Con sistemi “casalinghi: raffreddamento dei contenitori sotto acqua corrente fredda o in “bagno” di ghiaccio (da non utilizzare nella ristorazione collettiva)
  • 126.
  • 127.
  • 128.
  • 129.
  • 130.
  • 131. TEMPERATURE DI CONSERVAZIONE carni fresche prodotti surgelati 0°/ +4°C 0°/ +3°C +6°C +4°C -18°C pollame, conigli, frattaglie salumi, insaccati prodotti cotti da consumarsi freddi
  • 132. REGOLE PER LA CONSERVAZIONE DELLE CARNI conservare in celle separate se non si dispone di celle diverse, creare spazi separati carni rosse pollame salumi Impedire qualsiasi contatto tra carni imballate e carni non protette uova verdure Se si devono depositare nella stessa cella carni confezionate e carni non protette, separarle e proteggere le carni sfuse Depositare gli scarti in un contenitore chiuso Organizzare una efficace rotazione del magazzino, tenendo comunque conto della data di scadenza
  • 133. SCONGELAMENTO I prodotti congelati, una volta scongelati, devono essere conservati in frigorifero e consumati entro 24 ore. Non scongelare mai a temperatura ambiente: i batteri possono moltiplicarsi dopo lo scongelamento. Gli alimenti già scongelati non devono essere ricongelati
  • 134. immersione diretta nell’acqua di cottura in ebollizione Prodotti ittici in filetti cottura diretta del prodotto in acqua fredda corrente (*) deve essere effettuato in frigorifero (*) (*) in caso di emergenza, a livello domestico, iniziare lo scongelamento all’esterno del frigorifero (max alcune ore) per poi completarlo a temperatura di refrigerazione Vegetali Carni MODALITA’ DI SCONGELAMENTO Forno a microonde
  • 135. IMPIEGO DEL CALORE Sottoponendo un alimento ad una temperatura superiore a 75°C in modo uniforme in tutti i suoi punti per 8-10’, i batteri patogeni asporigeni vengono eliminati. Più la temperatura è alta, maggiore è la possibilità di distruzione ebollizione 65°C-80°C per 5 minuti vengono distrutti i patogeni asporigeni si ottiene la distruzione degli asporigeni; molte spore e alcune tossine possono resistere. si ha la distruzione anche delle spore pastorizzazione sterilizzazione
  • 136. CALORE Utilizzato per bonificare alimenti (uccidere i microrganismi patogeni):  Pastorizzazione 65°C per 30’ – 72°C per 15’  Ebollizione 100°C per 5’-10’  Sterilizzazione 121°C per 15’ FREDDO Utilizzato per la conservazione degli alimenti:  Refrigerazione: 0 + 4°C  Congelamento: • Rapido: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in meno di 4 ore (surgelazione) • Lento: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in molte ore
  • 137.
  • 138. FATTORI CHE INFLUENZANO LO SVILUPPO MICROBICO  Mantenimento dei cibi a temperatura ambiente.  Mantenimento al caldo ad una temperatura non sufficientemente elevata tale da impedire lo sviluppo microbico.  Raffreddamento insufficiente (celle frigorifero non perfettamente funzionanti, conservazione in frigorifero di cibi caldi e in grossi contenitori).  Preparazione anticipata degli alimenti rispetto al consumo, senza l'adozione di adeguati sistemi di conservazione.  Trasporto dei cibi a temperature inadeguate.  Inadeguati valori di aw e di pH.
  • 139. FATTORI CHE INFLUENZANO LA SOPRAVVIVENZA MICROBICA  Alimenti contaminati e trattati con il calore per tempi e/o temperature insufficienti.  Riscaldamento dei cibi cotti per tempi e/o temperature insufficienti.  Conservazione a basse temperature (refrigerazione, congelamento, surgelazione)  Scongelamento non completo prima del trattamento termico degli alimenti.  Acidificazione insufficiente.
  • 140. RESPIRAZIONE BATTERICA I microrganismi si suddividono in: Aerobi Anaerobi Aerobi o Anaerobi facoltativi si riproducono solo in presenza di O2 si riproducono solo in assenza di O2 si riproducono sia in presenza che in assenza di O2 Microaerofili si riproducono in presenza di tracce di O2
  • 141. ACQUA LIBERA (Aw - activity water) I microrganismi necessitano di acqua per il loro metabolismo. Ogni substrato per consentire la crescita microbica deve presentare una fase acquosa che funge da solvente per le sostanze nutritive. L’acqua libera rappresenta la quota d’acqua del substrato che i microrganismi possono utilizzare per il loro metabolismo.
  • 142. Aw = p/p0 p = tensione di vapore dell’acqua del substrato. p0 = tensione di vapore dell’acqua pura. Nell’acqua pura p = p0 e quindi aW = 1 L’aggiunta di uno o più soluti abbassa la tensione di vapore dell’acqua del substrato e quindi aW diventa inferiore a 1.
  • 143. Esiste un optimum di aw per la crescita microbica. Via via che l’aw si abbassa diminuisce la possibilità di sviluppo microbico fino ad un livello di aw al quale si ha il blocco della moltiplicazione
  • 144. Valori minimi approssimativi di Aw per la crescita dei microrganismi Batteri Lieviti Muffe Batteri alofili Muffe xerofile Lieviti osmofili 0.91 0.88 0.80 0.75 0.65 0.60 Aw Attività dell’acqua o Acqua libera Xerofilo: capace di vivere a basse Aw e ad alte conc. saline Alofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni saline Osmofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni di zuccheri
  • 145.
  • 146.
  • 147. Valori medi approssimativi di Aw per alcuni alimenti Frutta e verdura Uova Carni 0.95 – 0-97 Formaggi freschi Formaggi 0.87 – 0.93 Salumi stagionati Marmellate 0.82 – 0.93 Legumi secchi Latte concentrato zuccherato 0.80 – 0.87 Farina, Riso Frutta secca 0.72 Uova in polvere 0.40 Biscotti 0.30 Latte in polvere 0.20
  • 148.
  • 149. Valori minimi e massimi di pH per lo sviluppo dei microrganismi Microrganismi (esempi) Minimo pH Massimo pH Acido-resistenza Micrococcus sp. Pseudomonas aeruginosa Bacillus stearothermophilus 5,6 5,6 5,2 8,1 8,0 9,2 Bassa acido-resistenza pH min 5,0 Clostridium botulinum Tipo E Clostridium sporogens Bacillus cereus Vibrio Parahaemolyticus Clostridium botulinum Tipo A, B Staphylococcus aureus Salmonelle Escherichia coli Proteus vulgaris Streptococcus lactis Becillus cereus 5,0-5,2 5,0 4,9 4,8 4,5 4,0 4,0-4,5 4,4 4,4 4,3-4,8 4,3-4,9 9,0 9,3 11,0 8,5 9,8 8-9,6 9,0 9,2 9,2 Media acido-resistenza pH min 5,0-4,0 Lactobacillus spp. Acetobacter acidophilus Saccharomices cerevisiae Penicillium italicum Aspergillus oryzae 3,8-4,4 2,6 2,3 1,9 1,6 7,2 4,3 8,6 9,3 9,3 Forte acido-resistenza pH min 4,0
  • 150. NUTRIMENTO Per vivere e moltiplicarsi, i batteri hanno bisogno di alimentarsi. Gli alimenti preferiti dai batteri, e spesso all’origine di tossinfezioni, sono quelli ricchi di proteine ed acqua. arrosti, polpettoni, rollè, insalate di pollo, maionese, tiramisù, creme, panna.
  • 151. POSSIBILI VALORI PER VALUTARE LA QUALITA’ MICROBIOLOGICA DI ALIMENTI ufc/gr Prodotti Freschi Cotti 1.000 Ottima 10.000 Ottima Buona 100.000 Buona Discreta 500.000 Discreta Scadente 5.000.000 Scadente Cattiva 5.000.000 Cattiva Livelli microbiologici tali da garantire un prodotto finito di buona qualità (dati di letteratura): Carica microbica totale 104 ufc/g o ml Coliformi fecali 102 ufc/g o ml Stafilococchi coagulasi positivi 102 ufc/g o ml Regolamento (CE) n. 2073/2005 del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici degli alimenti Carne macinata: fine processo di lavorazione Conteggio delle colonie aerobiche: n:5; c:2; m: 5.105 ufc/g; M:5.106 ufc/g
  • 152.
  • 153.
  • 155. OBIETTIVI detersione rimozione dello sporco disinfezione distruzione dei microrganismi patogeni La disinfezione sarà tanto più efficace quanto più accurata sarà stata la detersione
  • 156. PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE Documentazione da tenere agli atti •Planimetria dell’impianto •Procedura di pulizia e disinfezione •Check-list di sorveglianza •Scheda tecnica dei prodotti •Risultati della verifica microbiologica delle superfici •Documentazione sulla formazione del personale •Documentazione sulla risoluzione delle non conformità
  • 157. PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE Devono essere identificati •aree •attrezzature •prodotti da utilizzare •modalità di impiego •frequenza •responsabile
  • 158. SUCCESSIONE DELLE OPERAZIONI pulizia preliminare con acqua calda (45-50°C) per eliminare lo sporco più evidente applicazione di una soluzione detergente riscaldata (45-50°C) elimina i residui di sporco lavaggio intermedio a caldo (45-50°C) per asportare la soluzione detergente e il sudiciume disinfezione per uccidere i microrganismi rimasti risciacquo finale per eliminare ogni traccia di disinfettante
  • 159. LE ATTREZZATURE Le attrezzature devono essere costruite in modo da consentire una facile, rapida e completa pulizia. Devono quindi essere “visibili”, cioè ispezionabili in ogni loro parte, per verificare la presenza di sporco visibile. Devono essere costruite in materiale idoneo, non poroso, soprattutto per le parti che vengono in contatto con l’alimento. facilmente ispezionabili facilmente smontabili Requisiti delle attrezzature
  • 160. REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA Indossare abiti appositi per le operazioni di pulizia Non compiere pulizie durante la preparazione dei cibi Non utilizzare la scopa a secco, nè la segatura Rispettare sempre le dosi indicate sulle confezioni dei detergenti (e dei disinfettanti) Rispettare le temperature di utilizzo indicate sulle confezioni dei prodotti chimici in uso Molti prodotti sono tossici: risciacquare abbondantemente
  • 161. REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA Rispettare sempre le scadenze previste dal programma di pulizia. Non utilizzare spugne, strofinacci o altri materiali facilmente inquinabili per le operazioni di lavaggio delle superfici che vengono a contatto con gli alimenti. Attrezzi per le pulizie, i detergenti e i disinfettanti devono essere tenuti separati dagli alimenti in un locale apposito o in un armadio.
  • 162. PRINCIPALI ERRORI NELLA PRATICA DI PULIZIA E DI DISINFEZIONE Pulizia insufficiente prima dell’applicazione del disinfettante Esecuzione affrettata delle operazioni Utilizzo di acqua a temperatura insufficiente Uso di prodotti non idonei Sottodosaggio o sovradosaggio del prodotto chimico Tempo di contatto troppo breve tra disinfettante e superficie
  • 163. LA MANUTENZIONE DELLE ATTREZZATURE E DELL’AMBIENTE Prendere subito adeguati provvedimenti in caso di guasti e malfunzionamenti degli impianti frigorifero. Eliminare la presenza di acqua di condensazione nelle celle e evitare sgocciolii sugli alimenti. Riparare rapidamente guasti/malfunzionamenti al lavabo o allo sterilizzatore dei coltelli. Evitare qualsiasi deterioramento delle attrezzature. Riparare rapidamente scrostature/rotture alle pareti, al soffitto, ai pavimenti.
  • 164. Tipologia dei controlli da applicare sulle superfici Verifica visiva documentata tramite check-list Bioluminescenza valida la verifica visiva con risultato immediato. Il test misura la quantità di ATP batterico attraverso l’enzima “luciferasi” che catalizza la formaz. di luce dall’ATP, misurata poi con il luminometro. valida i risultati dei controlli visivi e della bioluminescenza ma offre risultati tardivi. Tamponi di superficie
  • 165.
  • 166.
  • 167.
  • 168.
  • 170. MARCATORI MICROBICI DI QUALITA’ Indicatori di processo Indici di salubrità
  • 171. Indicatori di processo Informano in merito alle procedure cui gli alimenti sono stati sottoposti. Ad esempio:manipolazione, stato di conservazione, trattamenti termici, lavaggio, ecc. Indicatori di processo: carica mesofila aerobica, coliformi (gruppo), Enterobacteriaceae, stafilococchi coagulasi e termonucleasi positivi, batteriofagi.
  • 172. Indici microbici di salubrità Informano in merito alla possibile presenza di germi patogeni Esempio: Staphylococcus aureus Escherichia coli
  • 173. Piano di campionamento Vi sono due modelli fondamentali:  “a due classi”  “a tre classi”
  • 174. Piano “a due classi” E’ un piano che viene adottato quando si prendono in esame i microrganismi patogeni Si considerano soltanto due classi di risultati possibili:  PRESENZA  ASSENZA
  • 175. Piano “a tre classi” n: n° di unità campionarie da sottoporre ad analisi m: valore limite del n° di batteri considerato soddisfacente (VG) M: valore massimo consentito del n° di batteri c: n° di unità campionarie che può essere compreso tra “m” e “M”
  • 176. Pertanto 1°) Qualità ottimale per valori “m” 2°) Qualità marginale, ma ancora accettabile per valori ”m” ed “M” 3°) Assenza di qualità per valori ”M”
  • 177. PROGETTAZIONE ED ESECUZIONE $872ONTROLLO '(*/, 67$%,/,0(17,$/,0(17$5, VHFXULWDQGTXDOLWVDV Security.and quality s.a.s
  • 178. AUDIT (dal latino audire = ascoltare) MA pronunciato secondo la fonetica inglese
  • 179. CERTIFICAZIONE DDEEII SSIISSTTEEMMII QQUUAALLIITTAA’’ CERTIFICARE UN SISTEMA QUALITA’ AZIENDALE significa ATTESTARE (DA PARTE DI UN ENTE CERTIFICATORE) CHE UN SISTEMA DI QUALITA’ AZIENDALE, UN PRODOTTO O UN SERVIZIO SONO, CON RAGIONEVOLE ATTENDIBILITÀ, CONFORMI AD UNA NORMA RICONOSCIUTA.
  • 180. TRE LIVELLI DI CERTIFICAZIONE AMBITO COGENTE: es. legislazione nazionale e comunitaria in materia di igiene dei prodotti agroalimentari o in materia di responsabilità civile da prodotto difettoso. AMBITO REGOLAMENTATO: es. regolamentazione comunitaria che tutela le produzioni tipiche di determinate aree. AMBITO VOLONTARIO: normazione volontaria per la certificazione dei processi aziendali e/o dei prodotti.
  • 181. “Certificazione” o “Accreditamento” per Le Aziende USL? CERTIFICAZIONE garanzia che un Sistema di Gestione Qualità (SGQ), un prodotto o un servizio, sia ccoonnffoorrmmee, con ragionevole attendibilità, ad una norma riconosciuta ACCREDITAMENTO IINNVVEECCEE:: garanzia che l’Ente di certificazione abbia le ccoommppeetteennzzee nel settore di accreditamento specifico
  • 182. DIFFERENZA TRA AUDIT E CONTROLLO/COLLAUDO CONTROLLO E COLLAUDO: Attività quali misurazioni, prove e verifiche mediante calibri (o altri strumenti) di una o più caratteristiche di un’entità, e confronto dei risultati con i requisiti specificati, allo scopo di accertare la conformità di ciascuna caratteristica.
  • 183. LUOGHI DELL’AUDIT AUDIT DOCUMENTALE (A TAVOLINO) (tutta la documentazione o un campione) AUDIT DI SISTEMA (in azienda: tutto il sistema aziendale o un campione di attività)
  • 185. DOCUMENTI DEL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO comprende i dati essenziali e cogenti del sistema di autocontrollo, e cioè: PROCEDURE RELATIVE ALLE BUONE PRASSI IGIENICHE SCHEMI RELATIVI AI PROCESSI,IN PARTICOLARE AI CCP (C.D. PIANO DI AUTOCONTROLLO)
  • 186. DOCUMENTI DEL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO MANUALE DI AUTOCONTROLLO NON è obbligatorio, ha formato e struttura di un Manuale di Qualità e comprende numerosi documenti riguardanti il sistema di autocontrollo, e cioè: PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO PROCEDURE SUPPLEMENTARI ALTRI DOCUMENTI: es. schede ingredienti, packaging, informazioni su attrezzature/impianti, ecc.
  • 187. AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO E’ mirato soprattutto ad accertare se siano state svolte efficacemente tutte le azioni contemplate dai 7 Principi Codex del Sistema HACCP PARTICOLARE ATTENZIONE ALLE PROCEDURE ESSENZIALI DEL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO Es. PROCEDURE DI: Accettazione, Controllo processo, Controllo deviazioni, Sanificazione, Lotta agli animali nocivi, Etichettatura, Ritiro/Richiamo/Emergenze
  • 188. AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO Si utilizzano metodi e procedure tipici dell’audit documentale del Sistema di Gestione della Qualità ISTISAN aveva proposto linee guida (Rapporto ISTISAN 99/10)
  • 189. METODOLOGIA PROPOSTA PER L’AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO FASI: Sviluppo di check-list Audit documentale Interpretazione dei dati rispetto ai Principi Codex Definizione di deviazioni ed osservazioni rispetto ai Principi Codex Rapporto di audit documentale
  • 190. I SETTE PRINCIPI CODEX DDEELL SSIISSTTEEMMAA HHAACCCCPP 1. identificare i pericoli (HA) 2. determinare i punti di controllo critici (CCP) 3. stabilire limiti critici e tolleranze 4. applicare un sistema di monitoraggio 5. stabilire le azioni correttive 6. definire le procedure di verifica 7. sviluppare un sistema di documentazione
  • 191. L’HACCP si definisce come un approccio sistematico per l’identificazione dei pericoli ed la valutazione/controllo dei rischi connessi alla produzione di un alimento basato su 7 principi. Secondo quanto esposto nel Reg. 852/04, tali principi dovrebbero tener conto dei 7 principi contenuti nel Codex Alimentarius, quali: 1. Effettuare l’analisi dei pericoli 2. Individuare i punti critici di controllo 3. Stabilire dei limiti critici per ciascun CCP 4. Stabilire delle procedure di monitoraggio dei punti critici individuati 5. Stabilire le misure correttive da intraprendere in caso di non conformità 6. Stabilire delle procedure di verifica dell’efficacia del sistema 7. Assicurare la registrazione della azioni effettuate 8. Stabilire delle procedure di gestione della documentazione
  • 192. Regolamento 852/04 Igiene delle derrate alimentari  7 principi: 1.identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli accettabili 2.identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare o per ridurre un rischio a livelli accettabili
  • 193. Regolamento 852/04 Igiene delle derrate alimentari  7 principi: 3.stabilire, ai punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione e riduzione dei rischi identificati
  • 194. Regolamento 852/04 Igiene delle derrate alimentari  7 principi: 4.stabilire azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo 5.stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo
  • 195. Regolamento 852/04 Igiene delle derrate alimentari  7 principi: 6.stabilire le procedure da applicare, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento delle misure di cui ai punti 1-5 7.predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di cui ai punti 1-6
  • 196. Regolamento 852/06 Igiene delle derrate alimentari  art.5 del Reg 852/04 paragrafo 4 1. l’OSA dimostra all’Autorità Competente di rispettare il paragrafo 1 dello stesso articolo, secondo le modalità richieste dall’autorità competente, tenendo conto del tipo e della dimensione dell’impresa alimentare 2. garantisce che tutti i documenti in cui sono descritte le procedure elaborate a norma del presente articolo siano costantemente aggiornati 3.conserva ogni altro documento e registrazione per un periodo adeguato
  • 197. In itinere Esclusione piccole imprese secondo parametri in discussione a livello comunitario
  • 198. Regolamento 853/04 Regole specifiche di Igiene per I prodotti di origine animale Regole d’igiene specifiche e dettagliate per • Carni fresche • Prodotti a base di carne • Latte e prodotti lattiero-caseari • Prodotti ittici • Uova ecc…..
  • 199. Regolamento 853/04 Regole specifiche di Igiene per I prodotti di origine animale  Riconoscimento: • pericolo microbiologico • pericolo chimico ASSOCIATO A SPECIFICHE DERRATE ALIMENTARI
  • 200. Regolamento 853/04 Regole specifiche di Igiene per I prodotti di origine animale conseguimento della semplificazione/ riformulazione che nel Reg 853/04 considerazione 7 si richiama nuovamente l’applicazione del sistema HACCP. In particolare nell’allegato II sezione II del Reg 853/04 si fissano gli obiettivi delle procedure basate sui principi HACCP, richiamando gli OSA, responsabili di macelli, a garantire che le procedure, messe in atto secondo quanto imposto dall’art 5 del Reg 852/04, soddisfino i requisiti risultati necessari dall’analisi dei rischio e gli specifici requisiti elencati nel punto 2 .
  • 201. Regolamento 853/04 Regole specifiche di Igiene per I prodotti di origine animale  I prodotti di origine animale devono sottostare ancora alla normativa generale d’igiene Regolamento 852/2006  Riferimenti specifici HACCP  Trattamenti termici  Esigenze specifiche per i macelli
  • 202.  In particolare nel punto 2 della sezione II dell’allegato II del Reg 853/04 si evince che le procedure suddette devono garantire che ogni animale o, se del caso, ogni lotto di animali ammesso nei locali del macello: 1. sia adeguatamente identificato 2. sia accompagnato dalle opportune informazioni fornite dall’azienda di provenienza
  • 203. 3. non provenga da un’azienda o una zona soggetta a un divieto di movimento o ad altre restrizioni per ragioni connesse con la salute umana o animale, salvo se l’autorità competente lo permette 4. sia pulito 5. sia sano, 6. sia in condizioni soddisfacenti di benessere all’arrivo al macello 7. con l’obbligo (punto 3) di avvertire il veterinario ufficiale ed adottare le misure appropriate in caso d’inosservanza di uno dei punti suddetti.
  • 204. ALTRI REGOLAMENTI COMUNITARI IN MATERIA DI IGIENE
  • 205. Regolamento 854/2004 regole per l’organizzazione dei controlli ufficiali dei prodotti di o.a. destinati all’uomo Regolamento 882/2004 relativo ai controlli ufficiali per assicurare la conformità alla legislazione sugli alimenti per animali e le derrate alimentari, sul benessere Regolamento 2073/2005 sui criteri microbiologici Regolamento 183/2005 igiene dei mangimi
  • 206. ….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP.... 1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili (ANALISI DEI PRICOLI) 2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili 3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi individuati 4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo 5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo 6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5 7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di cui ai paragrafi 1-6
  • 207. PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP E ORIENTAMENTI IN MERITO ALLA LORO APPLICAZIONE
  • 208. FLESSIBILITA’ Il concetto HACCP costituisce uno strumento appropriato per controllore i pericoli nelle imprese alimentari Soprattutto in quelle che svolgono operazioni suscettibili di fare insorgere pericoli se non condotte in maniera corretta Il concetto HACCP consente l’applicazione dei principi del sistema HACCP con la necessaria flessibilità in modo da garantirne l’attuazione in qualsiasi situazione
  • 209. L’efficace applicazione di un sistema HACCP richiede il forte impegno ed il coinvolgimento della dirigenza e dei dipendenti di un’impresa . In primis, l’OSA in una qualsiasi impresa, prima di applicare i sette principi del sistema HACCP, deve attuare le prescrizioni di base in materia d’igiene degli alimenti Il sistema HACCP è uno strumento finalizzato a valutare i pericoli e a realizzare sistemi di controllo che si imperniano sulla prevenzione anziché affidarsi prevalentemente a prove sui prodotti finali In sede d’individuazione dei pericoli, di valutazione e delle successive operazioni volte a concepire e ad applicare un sistema HACCP, si deve tener conto 1. Impatto materie prime 2. Ingredienti 3. Procedure di produzione 4. Ruolo dei processi produttivi nel controllo dei pericoli 5. Probabile uso finale del prodotto 6. Categorie dei consumatori interessati e risultati epidemiologici
  • 210. Principi del sistema HACCP Scopo del sistema HACCP focalizzare i controlli sui punti critici di controllo (CCP) I principi del sistema HACCP dovrebbero essere applicati separatamente a ciascuna specifica operazione La loro applicazione deve essere riveduta e, quando necessario, modificata ad ogni modifica introdotta a livello del prodotto, del processo o di una qualunque fase Nell’applicazione è importante mantenere una certa flessibilità in considerazione del contesto, della natura e dell’entità dell’operazione
  • 211. ….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP.... 1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili (ANALISI DEI PRICOLI) 2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili 3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi individuati 4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo 5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo 6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5 7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di cui ai paragrafi 1-6
  • 212. APPLICAZIONE DEI PRINCIPI HACCP Conferimento incarico dalla dirigenza aziendale Definire i termini di riferimento Costituire l’equipe Descrivere il prodotto Identificare l’utilizzazione prevista Stabilire un diagramma delle operazioni Confermare il diagramma delle operazioni
  • 213. L’APPLICAZIONE DEI 7 PRINCIPI Condurre in sequenza le seguenti attività 1. ANALISI DEI RISCHI 1.1 Costituzione di un’équipe multidisciplinare (équipe HACCP) • Tale équipe, comprendente tutti i componenti dell’impresa alimentare che intervengono nella realizzazione del prodotto, ma che può anche avvalersi di una specifica consulenza esterna, deve riunire l’intera gamma di competenze e conoscenze specifiche appropriate per il prodotto considerato, la sua produzione, il suo consumo ed i potenziali pericoli connessi e deve implicare il più possibile i dirigenti di grado più elevato dell’impresa • Una singola persona può ricoprire più ruoli, purchè tutte le informazioni siano a disposizione dell’équipe e siano utilizzate per garantire l’affidabilità del sistema sviluppato
  • 214. OCCORRE INDIVIDUARE IL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL SISTEMA HACCP Il settore di applicazione descrive: -- Il segmento della produzione alimentare -- Il processo dell’impresa -- Le classi generali di pericoli (biologici, chimici, e fisici) da considerare
  • 215. 1.2 Descrizione del prodotto È necessario fornire informazioni che descrivano ampiamente il prodotto quali: •Composizione (es materie prime, ingredienti etc.) •Struttura e caratteristiche fisico-chimiche (es. prodotto solido, liuido, pH etc.) •Trattamento (es. essicazione, congelazione etc..) •Confezionamento (es. sottovuoto, in atmosfera protettiva etc..) •Condizioni di stoccaggio e di distribuzione •Data di scadenza •Istruzioni d’uso •Qualunque criterio microbiologico o chimico applicabile
  • 216. 1.3 Individuazione dell’uso previsto • Definire l’impiego normale o prevedibile del prodotto da parte del consumatore ed il target di consumatori cui il prodotto è destinato • In casi particolari, bisogna valutare l’adeguatezza del prodotto per particolari gruppi di consumatori quali società di catering, viaggiatori e gruppi vulnerabili di consumatori
  • 217. 1.4 Realizzazione di un diagramma di flusso(descrizione del processo di produzione) • Esaminare in sequenza e presentare in un diagramma di flusso dettagliato insieme a sufficienti dati tecnici tutte le fasi del processo( inclusi i tempi morti tra o durante le fasi), dal ricevimento delle materie prime all’immissione del prodotto sul mercato, passando attraverso la preparazione, la trasformazione, il confezionamento, lo stoccaggio e la distribuzione
  • 218. • Tra i dati possono essere inseriti -- configurazione dei locali di lavoro ed ausiliari -- configurazione e caratteristiche degli impianti -- sequenza di tutte le fasi del processo -- parametri tecnici delle operazioni ( in particolare tempo e temperatura, inclusi i tempi morti) -- flusso dei prodotti (incluse le potenziali contaminazioni crociate) -- separazione delle aree pulite da quelle sporche E’ fondamentale integrare il sistema HACCP • Procedure di pulizia e disinfezione • Ambiente igienico dell’impianto • Percorsi del personale e prassi igieniche • Condizioni di conservazione del prodotto e di distribuzione
  • 219. 1.5 Conferma sul campo del diagramma di flusso • Il gruppo multidisciplinare deve verificare la validità del diagramma di flusso sul campo nel corso delle ore di funzionamento dell’impianto • Per qualsiasi scostamento osservato modificare il diagramma di flusso originario, al fine di migliorarne l’accuratezza
  • 220. 1.6 Elenco dei pericoli e delle misure di controllo 1.6.1. Elencazione di tutti i potenziali pericoli biologici, chimici o fisici che è ragionevole aspettarsi in ciascuna fase del processo (inclusi l’acquisto e la conservazione delle materia prime e degli ingredienti ed i tempi morti nel corso della procedura) Analisi dei pericoli elencati, per individuare, ai fini del piano HACCP, quali pericoli presentano una natura tale, da rendere fondamentale per la produzione di un alimento sano, la loro eliminazione o riduzione a livelli accettabili 1.6.2. Considerazione e descrizione delle misure di controllo eventualmente esistenti applicabili per ciascun pericolo MISURE DI CONTROLLO : -- azioni ed attività che possono essere usate per prevenire i pericoli, eliminarli o ridurne l’incidenza o l’occorrenza a livelli accettabili Per controllare un pericolo individuato possono essere necessarie molteplici misure di controllo e, al contrario, una singola misura di controllo può controllare molteplici pericoli: es la pastorizzazione controllata offrono sufficienti garanzie di riduzione del livello sia della Salmonella sia della Listeria Le misure di controllo devono essere supportate da procedure dettagliate e da specifiche per garantirne l’efficace applicazione come programmi dettagliati di piluzia, specifiche precise in materia di trattamento termico,concentrazioni massime di conservanti utilizzati in conformità alle norme comunitarie applicabili
  • 221. 2 INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO(CCP) L’individuazione di un punto critico per il controllo di un pericolo può essere agevolata dall’impiego di un diagramma decisionale Per l’applicazione del diagramma decisionale ciascuna fase del progetto individuata nel diagramma di flusso và considerata in sequenza In ciascuna fase il diagramma decisionale và applicato a ciascun pericolo di cui si può ragionevolmente prevedere l’occorrenza e và individuata ogni singola misura di controllo L’applicazione del diagramma decisionale richiede 1. una certa flessibilità ,tenendo conto dell’intero processo produttivo, per evitare inutili punti critici 2. Una specifica formazione continua
  • 222. Conseguenze dell’individuazione dei CCP 1. Definire ed attuare appropriate misure di controllo. Se è stato individuato un pericolo in una fase in cui è necessario un controllo per la sicurezza del prodotto e non esiste alcuna misura di controllo in quella fase o in qualsiasi altra fase, il prodotto o il processo vanno modificati in quello stadio o in uno precedente o successivo al fine di includere una misura di controllo 2.Stabilire ed attuare un sistema di monitoraggio in ciascun punto critico
  • 223. 3. LIMITI CRITICI NEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO • I limiti critici corrispondono ai valori estremi accettabili, con riguardo alla sicurezza dei prodotti, per ogni misura di controllo individuata ed applicata • Sono fissati per parametri osservabili o misurabili che possono dimostrare che il punto critico è sotto controllo e differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità • Ci devono essere comunque elementi probanti che i valori prescelti si traducono in un controllo del processo • In taluni casi, per ridurre i rischio di superameno di un limite critico a causa di variazioni di processo, si deve specificare livelli più rigorosi (es. livelli target) per garantire il rispetto dei limiti critici • Limiti che generalmente si ricavano da Regolamenti o da manuali di corretta prassi igienica; in loro assenza l’équipe deve valutarne la validità in relazione al controllo dei pericoli individuati nei CCP
  • 224. 4. PROCEDURE DI MONITORAGGIO NEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO • Elemento fondamentale del sistema HACCP è il programma di osservazioni/misurazioni realizzate per ciascun CCP, in via continuativa o in più soluzioni, per garantirne la conformità a determinati limiti critci. • Le procedure di monitoraggio hanno lo scopo di individuare la perdita di controllo nei punti critici in modo da poter tempestivamente attuare misure correttive ed il ripristino del controllo del ccp stesso • I dati del monitoraggio devono essere valutati da una persona che possieda le conoscenze e l’autorità necessarie per realizzare le misure correttive richieste IL PROGRAMMA DI MONITORAGGIO DEVE CHIARIRE: 1. Chi deve effettuare il monitoraggio ed il controllo 2. Quando viene effettuato il monitoraggio ed il controllo 3. Con quali modalità è effettuato il monitoraggio ed il controllo
  • 225. 5. MISURE CORRETTIVE Per ciascun punto critico di controllo l’équipe HACCP deve prevedere in anticipo misure correttive da adottare senza esitazioni quando il monitoraggio rilevi uno scarto rispetto ali limite critico Tali misure devono includere: 1. L’individuazione della persona o delle persone responsabili per l’adozione della misura correttiva 2. La descrizione dei mezzi e delle misure necessari per correggere l’anomalia osservata 3. Le iniziative da adottare con riguardo ai prodotti realizzati durante il periodo in cui il processo non era sotto controllo 4. Registrazioni scritte delle misure prese indicando tutte le pertinenti informazioni Grazie al monitoraggio, si può valutare la necessità di adottare misure preventive nel caso in cui debbano essere adottate ripetutamente misure correttive per la stessa procedura
  • 226. continua 6. PROCEDURE DI VERIFICA 6.1. l’équipe HACCP specifica i metodi e le procedure da usare per determinare il funzionamento corretto o meno del sistema HACCP -- Le procedure di verifica comprendono: • Un audit del sistema HACCP e delle sue registrazioni • La verifica delle operazioni • La conferma che i CCP sono tenuti sotto controllo • La convalida dei limiti critici • La revisione delle anomalie e delle disposizioni in merito al prodotto; le misure correttive adottate con riguardo al prodotto -- Le verifiche devono essere condotte da una persona diversa da quella preposta all’esecuzione del monitoraggio e all’adozione delle misure correttive -- La frequenza delle verifiche deve essere tale da confermare l’efficiente funzionamento del sistema HACCP: essa influenza notevolmente il nro di controlli successivi o di richiami in caso di rilevazione di anomalie che vanno al di là dei limiti critici -- Le verifiche devono comprendere, non necessariamente contemporaneamente, i seguenti elementi: • Controllo della correttezza delle registrazioni e analisi delle anomalie • Controlli sulla persona preposta al monitoraggio delle attività di trasformazione , stoccaggio e/o trasporto • Controllo fisico del processo oggetto di monitoraggio • Calibrazione degli strumenti utilizzati per il monitoraggio
  • 227. 6.2 Le attività di convalida devono includere iniziative volte a confermare l’efficacia di tutti gli elementi del progetto HACCP • In caso di modifica è necessario rivedere il sistema per garantire che esso resta(o resterà) valido • Se necessario il risultato della revisione sarà la modifica delle procedure stabilite • Le modifiche vanno interamente incorporate nella documentazione e nel sistema di registrazione al fine di garantire la disponibilità di accurate informazioni aggiornate
  • 228. 7. DOCUMENTAZIONE E REGISTRAZIONE • Le procedure basate sui principi del sistema HACCP devono essere documentate e registrate • La documentazione e le registrazioni devono essere appropriate alla natura e all’entità delle operazioni e sufficienti a permettere all’impresa di verificare che i controlli HACCP sono predisposti e mantenuti • I documenti e le registrazioni vanno conservati per un periodo di tempo sufficiente a consentire all’Autorità competente di verificare il sistema HACCP ;(i documenti vanno firmati da un esponente dell’impresa responsabile per la revisione) • Un semplice sistema di registrazione può essere efficace, facilmente comunicato ai dipendenti, integrato nelle operazioni esistenti, potendo far uso di documenti già esistenti, quali le bolle di consegna, e di checklist per registrare ad es. la temperatura del prodotto
  • 229. 8. FORMAZIONE • L’OSA deve assicurare la corretta ed approfondita conoscenza del sistema HACCP attuato da parte di tutto il personale • I settori dell’industria alimentare devono fornire informazioni, anche tramite manuali, in materia di HACCP, e di formare gli operatori del settore alimentare • Le Autorità competenti devono, quando necessario, contribuire a sviluppare attività d’informazione sul sistema HACCP, particolarmente nei settori scarsamente organizzati o che dimostrano una scarsa informazione
  • 230. VANTAGGI DEL SISTEMA HACCP  Conformità con le esigenze legali  Miglioramento della qualità  Riduzione delle perdite  Protezione del marchio  Formazione del personale  Prevenzione  Riduzione delle barriere
  • 231. VANTAGGI DEL SISTEMA HACCP  Controllo delle variabili  Introduzione sicura dei cambiamenti  Audit efficaci  Audit programmati e focalizzati  Flessibilità  Conformità a ………….
  • 232. LIMITI DEL SISTEMA HACCP Programmazione non corrette Risorse Formazione Personale Tempo Risorse finanziarie Burocrazia Falsa idea di sicurezza
  • 234. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA AUDIT DI PRIMA PARTE (AUDIT INTERNO): L’azienda analizza il proprio sistema, le procedure e le attività, al fine di determinarne l’adeguatezza e verificarne l’applicazione. Può eventualmente riguardare singoli settori o funzioni aziendali. Le verifiche interne sono effettuate dal fornitore, che utilizza personale interno opportunamente addestrato.
  • 235. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA AUDIT DI SECONDA PARTE (AUDIT DEL FORNITORE): Il committente o l’acquirente effettua questa verifica sui propri fornitori per controllarne l’adeguatezza e/o la conformità ad una norma, ad un dato sistema o a requisiti contrattuali. Generalmente condotta da personale addestrato inviato dallo stesso committente o acquirente, può includere la valutazione di reparti o di società fornitrici all’interno dello stesso gruppo.
  • 236. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA AUDIT DI TERZA PARTE (AUDIT INDIPENDENTE): Un Organismo di certificazione indipendente ed accreditato effettua questo tipo di verifica al fine di accertare in che misura il sistema aziendale sia conforme alla norma di riferimento. Può concludersi con l’emissione di un certificato che attesti la conformità alla norma o specifica utilizzata come riferimento.
  • 237. AUDIT DI SISTEMA ORIZZONTALE EE VVEERRTTIICCAALLEE ORIZZONTALE: contemporaneamente valutati uno o più settori aziendali sulle proprie specifiche attività VERTICALE: valutato un progetto (es. sviluppo e lancio di un nuovo prodotto), attraverso il passaggio tra le diverse funzioni aziendali, curando soprattutto le c.d. interfacce
  • 238. TECNICHE DI AUDITING PER IL SETTORE ALIMENTARE
  • 239. METODOLOGIA ((EE DDEEOONNTTOOLLOOGGIIAA??)) DDEELLLL’’AAUUDDIITT RIFERIMENTO: norma UNI EN ISO 19011:2003 si riferisce alle modalità di programmazione e svolgimento degli audit ma anche alla formazione ed all’accreditamento dei valutatori
  • 240. OBIETTIVI DELL’AUDIT Verificare conformità del sistema alla norma Identificare aree di miglioramento del sistema Verificare conformità di sistema/prodotto a requisiti specifici Valutare conformità a norme cogenti Iscrizione in elenchi di aziende certificate (oppure albo dei fornitori approvati)
  • 241. LE TECNICHE DELL’AUDIT Fare domande Esaminare le evidenze oggettive Osservare le attività Ascoltare le reazioni Registrare i dati raccolti (sintesi mirata al rapporto finale!!)
  • 242. TIPOLOGIE DI DOMANDE NELL’AUDIT DOMANDE APERTE: 6 W: Who? What? Where? When? Why? Which way? seguite da: “OK, vediamolo!” DOMANDE SI/NO Spesso generano risposte chiuse. Da usare solo per introdurre altre domande. DOMANDE DIRETTE generano risposte più dettagliate
  • 243. AUDIT: APPROCCIO MIRATO ALLE EVIDENZE Evidenza oggettiva: “informazioni la cui veridicità può essere dimostrata sulla base di fatti acquisiti a seguito di osservazioni, misurazioni, prove od altri mezzi” Osservazione: “constatazione di un fatto effettuata durante un audit”
  • 244. RISULTANZE DELL’AUDIT PER IL SISTEMA QUALITA’ NON CONFORMITA’ (NC) “Non soddisfacimento di un requisito specificato” (può riguardare diversi elementi del SQ, procedure, prodotti, ecc.) Classificazione: Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
  • 245. RISULTANZE DELL’AUDIT PER IL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO DEVIAZIONE Evidenza della inosservanza di uno o più dei sette Principi Codex del Sistema HACCP (trasversale o riferita ad un CCP) Classificazione: Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
  • 246. IILL CCIICCLLOO DDEELLLL’’AAUUDDIITT NNEEII SSIISSTTEEMMII DDII QQUUAALLIITTAA’’
  • 247. RRIITTOORRNNOO DDEELLLL’’IINNFFOORRMMAAZZIIOONNEE NNEELLLL’’AAUUDDIITT:: CCIICCLLOO DDII DDEEMMIINNGG ((PPLLAANN -- DDOO -- CCHHEECCKK -- AACCTT))
  • 248. CCOONNCCLLUUSSIIOONNII CCRRIITTEERRII MMIICCRROOBBIIOOLLOOGGIICCII:: nneecceessssaarriiaa uunnaa nnootteevvoollee ccoommppeetteennzzaa sscciieennttiiffiiccaa ee tteeccnniiccaa AANNAALLIISSII QQUUAANNTTIITTAATTIIVVAA DDEELL RRIISSCCHHIIOO:: ppeerr ggllii aalliimmeennttii llaa ccuuii ssttaabbiilliittàà ee ssiiccuurreezzzzaa ddiippeennddee ddaa uunnaa ccoommbbiinnaazziioonnee ddii vvaarriiaabbiillii AAUUDDIITT:: ooccccoorrrree aaccqquuiissiirree tteeccnniiccaa eedd eelleevvaattaa ffooccaalliizzzzaazziioonnee vveerrssoo ggllii oobbiieettttiivvii VVAALLUUTTAAZZIIOONNEE DDEELLLL’’AAUUTTOOCCOONNTTRROOLLLLOO:: èè ooppppoorrttuunnoo ssvviilluuppppaarree mmeettooddii rraazziioonnaallii,, ccoonn uunn bbuuoonn rraappppoorrttoo ccoossttoo//bbeenneeffiicciioo
  • 249. Microbiologia ggeenneerraallee –– TTeessttii:: Madigan M.T. et al.: “Brock – Biologia dei microorganismi”, CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1-2-3) o Tortora – Funke – Case: “Microbiologia generale”, BENJAMIN CUMMINGS o Biavati – Sorlini: “Microbiologia generale e agraria”, CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1) o Prescott – Harley – Klein: “Microbiology”, WCB MC GRAW-HILL