1. I Principali Sistemi di
Conservazione
Security and Quality s.a.s
Sistemi di conservazione
Security and quality s.a.s
Metodi Fisici Metodi Chimici Metodi Biologici
2. Principali sistemi fisici della
conservazione degli alimenti
Metodi Fisici
Bassa Temperatura Alta temperatura Disidratazione Irradiazione
Refrigerazione Congelamento
Surgelamento
Pastorizzazione Sterilizzazione Essiccamento Liofilizzazione
Atmosfera Controllata
Concentrazione
3. Generalità
Oltre alla variazione di temperatura o alla
riduzione di tenore idrico, numerosi altri
fattori inibiscono, in modo più o meno
determinante l’attività e la vita dei
microrganismi: Sostanze chimiche naturali
e di sintesi, valore di pH lontani da quelli
ottimali possono esplicare azione
microbiostatica e microbicida.
4. I metodi chimici di conservazione si basano
sull’utilizzo di sostanze naturali e/o
artificiali, che, in modo diverso, creano
condizioni sfavorevoli all’attività
microbica. Queste tecniche incapaci da sole
di conservare a lungo a temperature
ambiente gli alimenti, per cui è necessario
abbinarle ad altre che ne aumentano
l’efficacia.
5. Additivi Naturali: il sale
L’azione inibente del cloruro di sodio
(NaCl) nei confronti dei
microrganismi è dovuta
all’aumento della pressione
osmotica, causata dall’elevata
concentrazione del mezzo e alla
conseguente diminuzione
dell’acqua disponibile per la
crescita e all’attività microbica.
Non tutti i microrganismi vengono
bloccati dall’azione del cloruro di
sodio, per esempio i batteri alofili
non sono inibiti dalla salagione.
Oltre a queste anche alcune muffe
sopportano valori abbastanza
elevati, mentre i lieviti sono molto
sensibili alla salagione.
6. La salagione si può effettuare in 2 diversi modi:
• Secco: Si effettua per sfregamento del sale solido sulla
superficie dell’alimento o per sovrapposizione a strati, al sale
generalmente vengono aggiunti idrati e spezie. E inoltre
preferibile l’utilizzo di sale non troppo grosso per favorire una
penetrazione più rapida nei tessuti. La suddetta è adatta a prodotti
a lunga stagionatura e a lunga conservazione.
• Umido: Ha un’azione più lenta e
meno intensa. Essa viene utilizzata
per alimenti a breve e media durata
che necessitano di altri trattamenti
come l’affumicatura, la
refrigerazione o la cottura. Viene
effettuata utilizzando soluzione
salina a diversa concentrazione. La
salagione in umido può essere
effettuata per immersione o per
iniezione.
7. Additivi Naturali: zucchero
Può essere utilizzato allo stato
cristallino o come sciroppo, ossia
acqua e zucchero a diversa
concentrazione. Vi sono
microrganismi detti osmofili, non
ostacolati da elevate concentrazioni
zuccherine, ma che vi si sviluppano
meglio, altri le tollerano, anche se
fermentano in modo meno intenso.
8. Lo zucchero esplica la sua azione conservativa in
modo analogo al sale, disidratando per osmosi i
microrganismi rendendoli pertanto inattivi. Il
saccarosio deve essere comunque presente
nell’alimento in concentrazione non inferiore al
50%, in quanto percentuali più basse favoriscono i
fenomeni fermentativi. Questo metodo può essere
abbinato anche a trattamento termico per la
conservazione della frutta, esempio marmellata o
gelatina.
9. Additivi Naturali: olio
Sia l’olio d’oliva, che l’olio di semi, viene
impiegato per proteggere gli alimenti da
contatto con l’aria ed impedire quindi lo
sviluppo dei microrganismi aerobi. Al
contrario i microrganismi anaerobi si
possono invece facilmente sviluppare
come ad esempio il clostridium botulinum,
responsabile di una tossina che può essere
letale, per evitare questo inconveniente il
metodo viene quindi abbinato ad altri
procedimenti, come la salaggione,
l’acidificazione, la disidratazione, la
pastorizzazione. Questo metodo viene
spesso utilizzato per prodotti ittici o
ortaggi.
10. Additivi Naturali: l’aceto
È il prodotto della fermentazione acetica
del vino. Esso deve contenere più del
6% di acidità totale espressa come
acido acetico e una quota residua di
alcol non superiore all’ 1,5%.
L’azione conservativa è dovuta al
contenuto in acido acetico ed al
conseguente abbassamento del pH.
L’aceto è utilizzato nella
conservazione di numerosi vegetali e
come coadiuvante in altre tecniche.
11. Additivi Naturali: alcol etilico
Usato ad alte concentrazioni (70% circa) è letale nei
confronti delle forme vegetative mentre, alla stesse
dosi è inefficace per le spore batteriche. Risultano
più sensibili i batteri, meno i lieviti. L’azione
antimicrobica dell’alcol è dovuta a più fattori:
• Denaturazione delle proteine protoplasmatiche
• Disidratazione delle cellule
L’uso è limitato alla preparazione di frutta
“sottospirito”.
12. Additivi Naturali: l’affumicamento
Consiste nel sottoporre gli alimenti all’azione di sostanze
antisettiche che si libera in seguito alla combustione
incompleta di segatura o trucioli di legni particolarmente
aromatici, ma mai di tipo resinoso. L’azione antisettica
esplicata dal fumo è potenziata dall’aumento di
temperatura dell’alimento, e della contemporanea
disidratazione. Altre sostanze quali acido acetico, formico,
alcol metilico, presenti in piccola concentrazione nel fumo
coadiuvano l’azione della formaldeide, l’azione antisettica
del fumo è dovuta anche al fatto che riduce la quantità di
ossigeno disponibile, anche le variazioni di temperatura
concorrono ad aumentare la conservabilità del prodotto, il
trattamento può avvenire a temperature
basse(affumicamento a freddo) solo poche specie
microbiche vengono uccise, o a temperature
alte(affumicamento a caldo) si ha la distruzione della
maggior parte delle specie microbiche.
13. Il fumo è composto, oltre che dalla fase gassosa, da una fase
solida, in cui si trovano sostanze tossiche riconosciute
cancerogene.
L’azione tossica del catrame e della
fuliggine è strettamente legata a vari
fattori:
• quali la quantità di ossigeno cioè più
areato è l’ambiente, minore è la
formazione di idrocarburi.
• La distanza fra la camera di
combustione e di affumicamento
• La temperatura: più alta è la
temperatura della combustione,
maggiore è la produzione di
sostanze oncogene.
14. Il metodo tradizionale di generare fumo bruciato da legna, si
sta orientando nell’utilizzo di “fumo liquido” per limitare
la presenza degli idrocarburi negli alimenti. Il fumo liquido
si ottiene condensando in acqua i fumi che si libero dalla
combustione di legno, questo viene poi filtrato per
eliminare gli oli pesanti. Il vantaggio maggiore che il fumo
liquido presenta nei confronti dell’affumicatura
tradizionale è l’assenza di composti cancerogeni, unito ad
una maggiore uniformità dei sapori e degli aromi. Il fumo
liquido viene nebulizzato negli affumicatoi tradizionali, o
impiegato come bagno per l’immersione degli alimenti.
15. TRATTAMENTI CHIMICI. (additivi
naturali e additivi artificiali)
Gli additivi chimici sono sostanze
sintetiche o naturali prive di potere
nutritivo, che vengono aggiunte in
fase di lavorazione agli alimenti per
conservarne nel tempo le
caratteristiche fisiche, chimiche e
biologiche, per evitarne le
alterazioni spontanee e per conferire
caratteristiche particolari.
16. Il quadro normativo
• La Direttiva n. 94/35/CE sugli
edulcoranti
• La Direttiva n. 94/36/CE sulle
sostanze coloranti
• La Direttiva n. 95/2/CE sugli
additivi alimentari diversi dai
coloranti e dagli edulcoranti
Tali normative sono state recepite
dal nostro ordinamento con
• Decreto Ministeriale n. 209 del
27/2/1996.
17. Legge 283/62 e dal DPR 327/80
La loro applicazione è disciplinata
dalla Legge 283/62 e dal DPR
327/80 va detto che non sempre il
loro uso giustifica il rischio che ne
può derivare alla salute pubblica,
anche perché gli studi
tossicologici al riguardo non sono
ancora definitivi.
18. Fine normativo
• Assicurare la libera circolazione dei prodotti
alimentari nell’ambito UE,
• Rispettare le limitazioni imposte a tutela
della salute dei consumatori
19. Suddivisione
Gli additivi sono suddivisi in famiglie in
funzione del loro ruolo, e sono identificati
da un codice, uguale in tutti i paesi
dell’Unione Europea, composto
generalmente dalla lettera “E” seguita da 3
o 4 cifre.
20. Requisiti
• Essere indispensabili
• Non presentare rischio di tossicità
• Se ne deve stabilire la DGA (dose giornaliera ammissibile)
• Non devono reagire con l’alimento
• Non devono mascherare frodi commerciali
• Non devono mascherare alterazioni
• Devono rispondere agli standards di purezza
• Devono figurare in liste positive
• Essere tolti dal commercio non appena dimostrino effetti
cancerogeni, mutageni, ecc.
21. Classificazione
1. Composti contro le alterazioni di natura
microbica
2. Composti contro l’’irrancidimento e
l’’imbrunimento
3. Composti per il controllo
della qualità reologica
1. Additivi ad azione varia
22. Composti contro le alterazioni di
natura microbica
• Antisettici o antimicrobici
• Fungistatici
• Antifermentativi
23. Composti contro l’’irrancidimento
e l’’imbrunimento
• Antiossidanti (acido ascorbico) succhi di
frutta, vino, liquori, insaccati, marmellate,
vegetali sottolio e sottaceto
24. Composti per il controllo della
qualità reologica
1. Addensanti (glicerina, pectina) aumentano la
densità dei liquidi; latte e derivati, maionese,
cioccolato, marmellate, ecc.
2. Gelificanti (polifosfati, citrato di sodio e
potassio) favoriscono l’aumento della
consistenza; carne in scatola, insaccati,
formaggio fuso
3. Emulsionanti e tensioattivi (mono e digliceridi
di acidi grassi esterificati con acido acetico o
acido tartarico) fluidificano i grassi in soluzioni
acquose; pane e grissini (antiraffermo), gelati,
margarina, biscotti, ecc.
25. Additivi di azione varia
1. Aromatizzanti
2. Esaltatori di
sapidità
3. Coloranti
4. Edulcoranti
5. Polveri lievitanti
6. Sostanze per
trattamenti
superficiali
7. Acidificanti
8. Tamponanti
26. Additivi a scopo conservativo:
Antimicrobici
1. Acido sorbico (E200), sodio sorbato
(E201) potassio sorbato (E202), calcio
sorbato (E203) utilizzati come antimuffa
nei grassi e oli, formaggi, ripieno di ravioli
e tortellini,semiconserve ittiche, maionese,
prodotti dolciari da forno, pane in cassetta,
presame, gnocchi, frutta candita, polenta,
preparazioni a base di frutta per lo yogurt
alla frutta, crema per pasticceria
27. 2. Acido benzoico (E210), sodio benzoato
(E211), potassio benzoato (E212), calcio
benzoato (E213) Utilizzato nelle
semiconserve ittiche, caviale, bibite
analcoliche, pasta di olive, presame
28. 3. Esteri del p-benzoato (E214 E219) utilizzato
nelle semiconserve ittiche, caviale, bibite
analcoliche, maionese, presame
4. Anidride solforosa (E220), sodio solfito (E221),
sodio bisolfito (E222), sodio metasolfito (E223),
sodio metabisolfito (E224), calcio solfito (E226)
utilizzati nel vino, mosti, aceto, succhi di
frutta, marmellate, gelatine di frutta, birra,
prodotti a base di patate, biscotti, frutta secca,
vegetali per sott’aceto o sott’oli o al naturale o
in salamoia, filetti di baccalà, frutta candita,
bibite analcoliche, liquori a base di succhi di
frutta, acqueviti, conserve di gamberi
29. Antimicrobici per il trattamento
superficiale
Trattamento superficiale dei formaggi a crosta
non commestibile
30. Sostanze destinate principalmente ad
altri usi ma aventi effetto
conservativo secondario
Potassio nitrito (E249), sodio nitrito (E250),
sodio nitrato (E251), potassio nitrato
(E252) (colore rosso delle carni – azione
antimicrobica nei confronti del Clostridium
botulinum) acido acetico (E260), potassio
acetato (E261), sodio acetato (E262),
acetato di calcio (E263) (impasti per la
panificazione e i prodotti dolciari lievitati)
31. ANTIMICROBICI
Cod. Denominazione chimica Eventuale tossicità
E 200 Acido sorbico --
E 201 Sodio sorbato --
E 202 Potassio sorbato --
E 203 Calcio sorbato --
Sostanza particolarmente tossica, con dose
massima giornaliera accettabile, secondo
le tabelle del comitato FAO/OMS molto
bassa ( 5 mg per Kg di peso al giorno).
E 210 Acido benzoico
E 216 Propile p-ossibenzoato Come sopra
E 218 Metil-p-ossibenzoato Come sopra
Come sopra
Sostanza abbastanza tossica, interferisce col
metabolismo di alcuni aminoacidi ed
inattiva la Vit.B1.
Derivato sodico dell'est. met. delI'acido p-ossibenzoico
E 219
E 220 Anidride solforosa
E 221 Sodio solfito Poduttore di E220, ha gli stessi effetti tossici
E 222 Sodio bisolfito Come sopra
Della stessa categoria del difenile, composto
molto tossico.
E 231 Ortofenilfenolo
E 232 Orfofeilfenato di sodio Come sopra
E 233 Tiobendazolo Tossico
E 238 Formiato di calcio Tossico
E 239 Esametilentetramina Tossico
E 240 Aldeide formica Tossica e cancerorena
32. ANTIOSSIDANTI
300 Acido L-ascorbico --
E 301 Sodio L acorbato --
E 302 Calcio L ascorbato --
E 304 L ascorbile palmitato --
E 306 Estratti di origine naturale ricchi di tocoferoli --
E 307 Alfa tocoferolo di sintesi --
E 308 Gamma tocoferolo di sintesi --
E 309 Delta tocoferolo di sintesi --
E 310 Gallato di propile Sostanza sospetta
E 311 Gallato di ottile Come sopra
E 312 gallato di dodecile Come sopra
Sostanza sospetta, perchè non presente in
natura
E 320 Butilidrossianisolo
E 321 Butilidrossitoluolo Come sopra
E330 Acido citrico --
E 331 Citrati di sodio --
E 332 Citrati di potassio --
34. ANIDRIDE SOLFOROSA SO2 (E220)
Viene addizionata ad uve, vino, aceto, succhi di frutta,
sottaceti, sottolio, prodotti dolciari.
Uso
Microbicida: agisce contro muffe e batteri mentre ha
azione selettiva sui lieviti. Per questo viene utilizzata nel
processo di fermentazione delle uve per eliminare i lieviti
che producono poco alcol e consentire lo sviluppo degli
altri che porteranno a termine la fermentazione.
Antiossidante: ha azione sbiancante ed impedisce
l’imbrunimento enzimatico.
Meccanismo
d’azione
Ha odore caratteristico ed irritante. Tossicità acuta e
cronica elevata per questo la legge definisce la quantità
che può rimanere come residuo.
Caratteristiche
35. Acido Benzoico: E210
• Origine:
L'acido benzoico, i benzoati e gli esteri dell'acido benzoico sono
presenti nella maggior parte della frutta, specialmente nei mirtilli. Oltre
alla frutta, i benzoati si trovano in natura nei funghi, nella cannella, nei
chiodi di garofano ed in alcuni prodotti caseari
• Funzione Caratteristiche:
L'acido benzoico ed i benzoati sono usati come conservanti contro
lieviti e batteri presenti in vari prodotti acidi. Sono poco efficaci contro
i funghi ed inefficaci in prodotti con un pH superiore a 5 (leggermente
acido o neutro). Alte concentrazioni producono un sapore amaro che
limita il loro impiego. Per la loro alta solubilità, i benzoati sono spesso
preferiti.
• Dose giornaliera:
Circa 5 mg per kg di peso corporeo.
36. Acido Sorbico: E203
• Origine:
In natura, il sale dell'acido sorbico (E200) è presente nei
frutti del Sorbo delle Montagne Europee o Farinaccio (
Sorbus aucuparia ), dal quale prende il nome.
• Funzione Caratteristiche:
L'acido sorbico è un conservante, principalmente contro
funghi e lieviti; non è efficace contro i batteri. La sua attivitá
ottimale avviene a valori di pH inferiori a 6.5. Il sorbato di
calcio è usato principalmente nei latticini; la sua attivitá è
simile a quella dell'acido sorbico.
• Dose giornaliera:
Fino a 25mg per kg di peso corporeo.
37. Acido acetico: E260
• Origine:
Acido naturale presente in molti frutti. Essendo ottenuto per
fermentazione batterica, è presente in molti prodotti fermentati. Il
prodotto presente in commercio è ottenuto dalla fermentazione
batterica dello zucchero, melassa o alcol o dalla sintesi chimica
dell'acetaldeide.
• Funzione Caratteristiche:
L'acido acetico è usato come conservante contro i batteri ed i funghi.
Nella maionese, viene aggiunto per inattivare della Salmonella .
L'attività maggiore si ottiene a valori bassi di pH. Può essere anche
usato come tampone negli cibi acidi. E' anche usato come un
componente aromatico.
• Dose Giornaliera Ammissibile:
Nessun limite.
38. La dose e la scelta del prodotto
dipende:
• Dalla natura dell’alimento
• Caratteristiche proprie dei composti
(concentrazioni)
• Carica batterica (numero di cellule presenti)
• Stato delle cellule (condizioni non ottimali
rendono più sensibili le cellule)
• Specie microbica
• pH
39. Modalità di azione:
Formano legami chimici con metaboliti
essenziali quali enzimi respiratori o enzimi
necessari per biosintesi. Il campo di azione
può essere specifico (un solo enzima) o
vasto (diversi enzimi)
40. Tossicità (LD50 = …….ppm/Kg)
Viene espressa in LD50 per la quantità di
sostanza
41. Conservanti artificiali
Additivi alimentari
D.M. n. 209 del 27/02/1996
Sostanze, non consumate come alimento in quanto tale e non
utilizzate come ingredienti tipici degli alimenti, aggiunte
intenzionalmente ai prodotti alimentari in qualsiasi fase del ciclo
produttivo (trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio,
trasporto o immagazzinamento) per:
1. mantenere il più possibile inalterate le qualità nutritive;
2. migliorare le caratteristiche organolettiche (sapore, odore,
colore e prolungare la conservazione;
42. Acidificanti: aumentano l'acidità di un prodotto, e/o conferiscono ad esso un sapore
aspro.
Addensanti: addensano, ovvero aumentano la viscosità di un prodotto alimentare.
Vengono utilizzati in creme, budini, gelati, ecc.
Agenti lievitanti: liberano gas aumentando il volume di un impasto (nel caso di pane e
dolci) o di una pastella (nel caso di alimenti fritti).
Antiossidanti: fungono da conservanti impedendo l'ossidazione, come l'irrancidimento
dei grassi e la variazione di colore.
Antischiumogeni: impediscono o riducono la formazione di schiume.
Coloranti: conferiscono un colore particolare ad un alimento.
Conservanti: prolungano il periodo di conservazione degli alimenti proteggendoli dal
deterioramento provocato dai microorganismi.
Correttori di acidità: modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto
alimentare.
Edulcoranti: conferiscono un sapore dolce agli alimenti. Vengono utilizzati soprattutto nei
prodotti dietetici a basso contenuto di calorie.
Esaltatori di sapidità: esaltano il sapore e/o la fragranza di un alimento. Es il glutammato
di sodio.
Gelificanti: danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel.
43. METODI CHIMICO-FISICI
Affumicamento
Oltre a queste sostanze aromatiche, però, durante la combustione
del legno si sviluppano IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI
(IPA), cancerogeni per l’uomo.
44. METODI BIOLOGICI
Fermentazione (avviene ad opera di microorganismi
specifici). Distinguiamo:
1.
2.
3.
4.
Fermentazione acetica, provocata dagli Acetobacter usata per la
produzione dell’aceto a partire dal vino.
46. Tipo e causa delle alterazioni
microbiche degli alimenti
• variazioni di colore, odore, consistenza, la
formazione di patine batteriche, l’accumulo
di gas o schiuma, la fuoriuscita di liquidi
(essudati, materiale purulento).
• causate dalla crescita di microrganismi
• causate dalla liberazione di enzimi extracellulari o
intracellulari (in seguito alla lisi cellulare)
47. Sequenza degli eventi
• I microrganismi devono venire in contatto con l’alimento
• l’alimento deve consentire lo sviluppo (pH, Aw, potenziale
O-R, sostanze inibenti) di una o più specie microbiche
contaminanti
• l’alimento deve essere conservato in condizioni di
temperatura che consentano la moltiplicazione microbica e
ciò deve avvenire per un tempo sufficiente per il
raggiungimento di una concentrazione microbica tale da
causare alterazioni evidenziabili nell’alimento.
48. Significato del tipo di
microrganismi
• i batteri (a causa del tempo duplicazione più breve) e dopo
di essi i lieviti, sono favoriti rispetto alle muffe nel causare
alterazioni in tempi brevi
• negli alimenti in cui batteri e lieviti non sviluppano in
condizioni favorevoli e che sono conservati per periodi di
tempo relativamente lunghi, quali pane, formaggi duri,
insaccati stagionati, frutti acidi e vegetali, le alterazioni di
origine fungina sono più frequenti.
• Il confezionamento in anaerobiosi ha contribuito a ridurre
le alterazioni indotte da muffe ed in parte anche quelle da
lieviti, ma non quelle dovute a batteri anaerobi obbligati e
facoltativi
49. Significato del numero di microrganismi
• Per produrre un cambiamento evidenziabile i
microrganismi (principalmente batteri e lieviti devono
moltiplicare e raggiungere un certo numero, spesso
definito come il livello di comparsa delle alterazioni
• batteri e lieviti devono raggiungere il numero di circa 107
cellule per grammo, per ml o per centimetro quadrato di
alimento partendo dal numero di cellule normalmente
presenti inizialmente
• A secondo della natura specifica dell’alterazione e del tipo
di microrganismi, il numero di microrganismi presente alla
comparsa delle alterazioni può variare da 106 a 108 cellule
per grammo, ml o cm2
50. Microrganismi predominanti
• Un alimento non alterato contiene microrganismi
(batteri, lieviti, muffe) ed anche virus di generi
differenti ed anche di più specie di uno stesso
genere
• Quando l’alimento è alterato, si osserva che
contiene prevalentemente uno o due tipi di
microrganismi predominanti.
• Tra le varie specie presenti e capaci di crescere
solo quelle con il più breve tempo di duplicazione
alle condizioni di conservazione aumentano
rapidamente di numero causando alterazione
51. Carne bovina a pH6.0 con CMT iniziale
pari a 103/g e CMT finale pari a 6 x 107/g
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
giorno 0 giorni 12
Pseudomonas
Acinetobacter
Moraxella
Brochothrix t.
Altri
52. Patine batteriche
Biofilms sono composti da
comunità di microrganismi
aderenti ad una superficie.
Essi sono comunemente
contenuti in un polisaccaride
extracellulare sintetizzato da
essi stessi. La presenza di
umidità e l’adeguatezza di
nutrienti favorisce lo
sviluppo di patine batteriche
– Bar = 10 micrometers
53. Reazioni chimiche e processi fisici che possono alterare le
caratteristiche qualitative dei prodotti alimentari
REAZIONI CHIMICHE E BIOCHIMICHE
• Imbrunimento non enzimatico
• Imbrunimento enzimatico
• Idrolisi dei lipidi
• Ossidazione dei lipidi
• Idrolisi delle proteine
• Denaturazione delle proteine
• Agglomerazione delle proteine
• Idrolisi di polisaccaridi
• Glicolisi
• Sintesi di polisaccaridi
• Degradazione dei pigmenti naturali
• Inattivazione delle vitamine
• Modificazioni della biodisponibilità
di vitamine e sali minerali
PROCESSI DI NATURA FISICA O CHIMICO-FISICA
• Cristallizzazione degli zuccheri
• Retrogradazione dell'amido
• Perdita di sostanze volatili
• Adsorbimento/desorbimento di
umidità
• Modificazioni della
compartimentazione dei componenti
55. Alterazioni conseguenti al metabolismo
microbico dei carboidrati
• Fermentazione lattica o alcolica (dovuta a batteri
lattici* )
– solo ac. lattico (acidificazione)
• Fermentazione acido mista
– ac. lattico + CO2 + etOH/acetato (acetoino, formato)
fermentazione acido mista ® bombaggio conserve
alimentari non acide, ricche in carboidrati (Cl.
thermosaccarolyticum); acidificazione + putrefazione
(B. polimixa, B. substilis, Proteus vulgaris, Serratia
marc.)
• Fermentazione propionica e ferm. butirrica
56. Alcuni importanti batteri alteranti
• Psicrotrofi (sviluppano a T5°C)
– aerobi (Ps. fluorescens, Ps. fragi, altri Pseudomonas,
Acinetobacter, Moraxella, Flavobacterium)
– anaerobi facoltativi (Brochotrix thermosphactra, Lab.
viridescens, Lab. curvatus, Lab. sake, altri Lactobacillus, alcuni
Enterococcus, Alcaligenes, Enterobacter, Serratia liquef. Alcune
Hafnia e Proteus, Shewanella putrefaciens)
• termodurici (resistono a T 65°C
– anaerobi fac. (spore di Bac. coagulans e Bac. megaterium, alcuni
Lac. viridescens)
– anaerobi (spore di Cl. laramie, Cl. Estertheticum, Cl. algidicarnis,
Cl. putrefaciens, altri Cl. non identif.)
• termofili (possono germinare e/o moltiplicare a
50°T60°) (alcuni Clostridium e Bacillus, Ped. acidilactici,
Str.thermophilus)
• acidurici (possono sviluppare a pH£4.6)(Lab.fructivorans,
Lab. fermentum, Leu. mesenteroides, Lab. plantarum,Ped. acidilactici)
57. Metabolismo dei nutrienti
• Tipo di alimento
• preferenza nell’utilizzazione dei nutrienti
• crescita microbica in successione
58. Shelf life degli alimenti
• Si può intendere come shelf-life o durabilità di un
prodotto, in determinate condizioni di conservazione, il
tempo limite entro il quale il progredire dei singoli eventi
reattivi determini modificazioni impercettibili sul piano
sensoriale o comunque ancora accettabili sul piano della
sicurezza d'uso.
• Il comma 1 dell'art. 10 del D.L.gs. n. 109 definisce il
termine minimo di conservazione come «la data fino alla
quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà
specifiche in adeguate condizioni dì conservazione, esso va
indicato con la dicitura da consumarsi preferibilmente
entro... seguita dalla data oppure dall'indicazione del
punto della confezione in cui essa figura».
59. Fattori che più influenzano la shelf life
• Al deperimento di un prodotto alimentare corrispondono
differenti e complessi schemi ascrivibili a processi chimici,
biochimici, di natura fisica o fisico-chimica, caratteristici
di ogni singolo alimento
• fattori quali la temperatura, l'umidità, la presenza di
ossigeno o la luce giocano un ruolo fondamentale nella
velocità dei singoli eventi reattivi
69. Spoilage delle carni fresche
Aerobiosi
• Ps. Cresce rapidamente utilizzando
glucosio e poi aminoacidi, con
produzione di metilsolfuro, esteri ed
acidi.
• Nelle carni di pollame, nelle frattaglie e
nelle carni DFD lo spoilage inizia prima,
forse perché è più precoce l’attacco degli
aminoacidi.
• Lo sviluppo di Acinetobacter e
Moraxella (utilizzano preferenzialmente
aminoacidi invece di glucosio) può
essere favorito in queste ultime
Anaerobiosi
• Sviluppano Leuconostoc mesenteroides e
gelidum, Lab. Sake e curvatus e
Carnobacterium che in anaerobiosi non
attaccano gli aminoacidi
• lo spoilage si manifesta come scolorimento (la
carne resta scura dopo l’apertura della
confezione ed acquisisce un odore burroso)
(cheesy odor)
• Anche Brochothrix ed Enterob. possono
competere nelle carni a pH elevato, riducendo
la conservabilità (degradano glucosio ed
alcuni aminoacidi in FA volatili, alcoli e
ammine/NH3 (odore caseoso/ ammoniacale).
• Cl. Putrefaciens (o forse Enterococcus) può
essere causa di puzzo d’osso nelle grosse
masse muscolari
• Cl. laramie insieme a Leuconostoc è in grado
di determinare formazione di accumulo di gas
(H2S), perdita di consistenza e arrossamento
70. Categorie di prodotti carnei
• Sottoposti a cottura:
– Prodotti inscatolati sottoposti a sterilizzazione (carni in
scatola)
– Prodotti sottoposti a calore moderato (60-65°C, fino a
75°C)
• non salmistrati (es. arrosti, roast beef, arrotolati di tacchino,
polpettoni)
• salmisrati (es. prosciutti cotti, mortadella, wurstel, luncheon
meat)
• Non sottoposti a cottura
– Prodotti fermentati /disidratati (es. salami)
– prodotti disidratati (es. prosciutto crudo, bresaola, carne
essiccata)
71. Spoilage delle preparazioni e dei prodotti
a base di carne cotti
Prodotto Alterazione Microrganismi
Arrosti s.v. /affettati e
refrigerati
Accumulo liquido e gas Lactobacillus eterof. e
Leuconostoc
+ colore rosato e liquido
rossastro (in 4 settimane)
Clostridium spp.
Polpettone affettato e
refrigerato
Odore putrido e
arrossamento, poco gas (in
1 settimana)
Proteus, Hafnia, Ser.
liquefaciens
Prosciutti cotti, wurstel ed
altri cotti s.v.
Gas e accumulo liquido
biancastro
Leuconostoc carnosum e
mesenteroides
Arrotolati di tacchino Accumulo gas e liquido,
forte odore ammoniacale
evanescente
Ser. Liquefaciens, Leu.
mesenteroides e Lab. sake
Luncheon meat (suino)
(tacchino)
Macchie giallastre
Macchie grigie
Ent. faecium subsp.
Casseliflavus
Lactobacillus (aerobiosi)
72.
73. Spoilage degli insaccati fermentati
(salami)
• In caso di acidificazione insufficiente sviluppano specie quali
Clostridium, Bacillus ed altri mesofili con possibile sviluppo di
fenomeni putrefattivi
• in prodotti con bassa acidità, ma Aw ³ 0.92 possono essere alterati ad
opera di Leuconostoc e Lactobacillus eterof. Con accumulo di gas e
liquido nelle confezioni e evidenziazione di patine color crema, può
sviluppare filamentosità dell’impasto
• se non confezionati in anaerobiosi e l’Aw è basso (0.72-0.90)
sviluppano lieviti e muffe che producono formazione di patine viscose
superficiali, scolorimento e sapori anormali
• la presenza di aria nell’impasto può favorire la comparsa di
scolorimento (ingrigimento) dovuto all’azione ossidante di H2O2
prodotta da alcuni Lattobacilli (lattato + O2 ®lattato ossidasi ®
piruvato + H2O2
74. Tipo di spoilage degli insaccati
cotti confezionati sottovuoto
Tipo di
Evidenziazione Causa
alterazione
Acidità Analisi sensoriale
pH
sapore
Batteri lattici
Patine biancastre Analisi sensoriale
apparenza
Batteri lattici
Formazione di gas Analisi sensoriale,
rigonfiamento delle
confezioni
Lattopbacilli e
Leuconostoc
(eterofermentanti)
Filamentosità Analisi sensoriale Lactobacillus sake,
Leuconostoc
gelidum
75. Fasi che influenzano la shelf life
dei prodotti carnei sottovuoto
Fase del processo Trattamento
Formulazione Uso di additivi chimici
Cottura Uso di tempi adeguati
Affettatura e confezionamento Igiene del prodotto, igiene
ambientale, bioconservazione
Dopo il confezionamento Irradiazione, pasteurizzazione,
trattamento con microonde
76. Alterazioni delle uova, degli ovoprodotti,
della maionese
• Uova in guscio
– marciume verde (Pseudomonas fluorescens)
– marciume nero (Proteus vulgaris)
– marciume rosso (Serratia marcescens)
– ammuffimento (Pennicillum, Alternaria, Mucor)
• Prodotti d’uovo
– odore putrido (psicrotrofi Gram-, post contaminanti)
– acidificazione (psicrotrofi Gram+ pre e post contaminanti)
– odore di pesce (formazione di trimetilammina)
• Maionese /low fat
– ammuffimento in superficie
– idrolisi saccarosio e formazione CO2 (Lab. Fructivorans)
– accumulo gas e alcol (Saccharomyces bailii)
77. Alterazioni dei pesci
• Modificazioni iniziano appena il pesce muore
a) degradazione da enzimi endogeni (autolisi)
b) ossidazione ac. grassi insaturi
c) alterazioni microbiche
• dissanguamento, eviscerazione, filettatura, cottura
modificano l’andamento dei fenomeni alterativi
78. Fenomeni autolitici
• pH 6-7 (pH 6 in halibut, sgombri e tonni);
• idroperossidazione AG con produzione C6, C8 e C9 aldeidi
alcol e chetoni (aromi di vegetali verdi, funghi, melone)
(fenomeni T dipendenti)
• gusto pesce cotto
– dolcezza: dovuta alla presenza di zuccheri (Glu, Fru e loro fosfati),
ma anche al sinergismo tra aminoacidi liberi ed IMP (vedi figura)
• in pesce non eviscerato (soprattutto piccole specie
pelagiche) conservato senza o con poco ghiaccio si
osservano fenomeni di decomposizione del tratto digerente
e contaminazione delle masse muscolari adiacenti da parte
dei batteri enterici
79. Concentrazione dei prodotti di degradazione
dei nucleotidi nel muscolo di pesce
K = (INO + Hx) / (ATP +
ADP + AMP + IMP + INO +
Hx)
80. Alterazioni microbiche dei pesci
• Specie predominanti nei pesci di acque artiche e temperate
(Pseudomonas, Alteromonas, Shewanella e Moraxella)
(80% della flora microbica totale), ma anche mesofili quali
Mor. morganii, Kle. pneumoniae, Haf. alvei, Cit. freundi
ed Esc. coli
• questi microrganismi sono in grado di degradare NPN con
produzione di peptidi, TMA ( N:CH3; dalla riduzione di
TMAO) ed NH3 in alcune specie (selaci) istamina
(dall’istidina), Put, Cad, indolo, H2S, DMS e acidi grassi
volatili (acetico, butirico, isovalerico)
• Alcune specie sono proteolitiche (de-repressione
enzimatica)
81.
82.
83.
84. Alterazione di prodotti semilavorati e lavorati
• Filetti: le carni da traslucenti con tonalità lievemente
bluastre diventano opache (gessose). Se confezionati
sottovuoto o in CO2 lo sviluppo dei batteri aerobi è
prevenuto, mentre crescono anaerobi obbligati e
facoltativi, compresi i batteri lattici
• Pesci leggermente salati vanno incontro ad alterazione da
Vibrio (se conservati a basse temperature) o Micrococcus
(se ad alte temperature)
• pesci disidratati ed affumicati possono sostenere lo
sviluppo di muffe superficiali
• carni macinate, surimi e preparazioni a base di polpa
macinata se non rapidamente congelati sono alterati da
germi bastoncellari Gram-
85. Alterazione di molluschi e crostacei
Crostacei
• aragoste, astici e granchi sono
commercializzati vivi, mentre
gamberi, scampi, canocchie
generalmente muoiono dopo la
raccolta
• le carni sono ricche in NPN,
contengono 0,5% glicogeno e
pH 6
• Pseudomonas e altri Gram-bastoncellari
determinano
degradazione ossidative e
putrefazione
Molluschi
• rispetto a pesci e crostacei
contengono concentrazioni più
basse di NPN, ma più
carboidrati (glicogeno 3,5-5%)
e pH 6.
• Sono mantenuti vivi fino allla
preparazione per il consumo o
alla trasformazione
• le alterazioni (produzione di
NH3, amine, acidi grassi
volatili, acidificazione) sono
dovute a Pseudomonas e Vibrio
se refrigerati, ma anche
Lattobacilli, enterococchi e
coliformi
86. Alterazioni del latte crudo
• Pseudomonas, altri bastoncellari Gram- psicrotrofi e
coliformi sono le specie prevalenti nel latte prontamente
refrigerato. Pseudomonas è Lac- e causa sapori amari,
fruttati, rancidità (lipasi) e comparsa di anomalie del gusto
nel prodotto pastorizzato (proteasi termostabili). Batteri
fermentanti il lattosio generano acidità (ac. lattico, acetico
e formico), liberazione di CO2 e H2, coagulzione e
schiumosità. Alcuni Alcaligenes (viscosilactis) e coliformi
causano formazione di mucosità
• latte non prontamente refrigerato supporta la crescita di
specie quali Lactococcus, Lactobacillus, Enterococcus,
Micrococcus, Bacillus, Clostridium e coliformi; comunque
predominano generalmente i batteri lattici che producono
acidificazione e coagulazione del latte
87. Alterazioni del latte pastorizzato
• Sopravvivenza termodurici (Micrococcus, Enterococus,
alcuni Lactobacillus, Streptococcus, Corynebacterium e
spore di Bacillus e Clostridium
• Post-contaminazione da coliformi, Pseudomonas,
Alcaligenes, Flavobacterium.
• Lo sviluppo degli psicrotrofi limità la conservabilità del
latte (difetti di gusto quando la conc. microbica raggiunge
106 cell/ml.
• Lo sviluppo di Bacillus (es. B. cereus) può causare un
sapore amarognolo, inoltre producendo lecitinasi causa
aggregazione dei globuli di grasso che aderiscono alle
pareti del contenitore e un enzima rennina-simile che causa
una coagulazione “dolce”
88. Alterazioni del latte UHT
• È un prodotto commercialmente sterile che può contenere
spore vitali di micr. termofili; non si altera a temperatura
ambiente, ma lo fa se esposto a temperature maggiori
• prima del trattamento termico il latte normalmente sosta
diverse ore a T 7°C; in questo periodo la popolazione
microbica psicrofila sviluppa arricchendo il latte di enzimi
extracellulari termostabili (proteasi, lipasi e fosfolipasi)
che potenzialmente possono causare alterazioni del latte a
lunga conservazione. Le proteasi determinano
gelificazione, le lipasi aroma di rancido
• la conc. di enzimi è correlata alla conc. batterica raggiunta
nel latte crudo (latti con 8 x 106 cell./ml gelificano in 8-10
sett)., ma è importante l’attività proteolitica dei ceppi
89. Prodotti lattiero caseari
Prodotto Alterazione Causa
Burro
salato o no
Difetti di colore
ed aroma
(putrido, rancido,
di pesce)
Batteri (Pseudomonas
spp.) lieviti (Candida
spp.) e muffe (Geo.
candidum)
Yogurt
Y. alla frutta
Eccesso di acidità
Sapore amaro
Aromi anormali
di lievito e
fruttato, gas
Temperature elevate
(prevalenza eccessiva
di Lab. Bulgaricus)
Ceppi di Lab.
produttori di peptidi
amari
Lieviti produttori di
CO2
90. Prodotti lattiero caseari
Prodotto Difetto Causa
Formaggi freschi a
Superficie viscosa,
bassa acidità ed
sapori anormali
levata umidità
(talora putridi)
Batteri (Alcaligenes,
Pseudomonas) lieviti
e muffe
Formaggi freschi a
pasta filata
Occhiature,
superficie viscida e
sapore sgradevole,
talora macchie
puntiformi giallastre
Psicrotrofi gram-bastobcellari
(Pseudomonas,
Achromobacter e
Acinetobacter) ed
Enterobatteriacee
Formaggi stagionati
con pH relativamente
alto (Gouda,
Emmental,
Provolone, Pecorino,
Grana)
Occhiature e gonfiore
Aromi anomali e
sapore pungente
Sapore amaro
Clo. tyrobutirricum,
Coliformi (nel primo
periodo di
maturazione)
Peptidi amari (Lac.
lactis)
91. Sterilizzazione delle conserve in scatola
• Sterilità commerciale
– alimenti a bassa acidità pH 4,6 (trattamenti
equivalenti a 121,1°C x 3 min.) per distruggere spore
Cl. Botulinum tipo A e B
– alimenti ad alta acidità pH £ 4,6 (trattamenti poiché le
spore di Cl. botulinum non possono germinare, ma
possono germinare le specie aciduriche (Bac.
coagulans, Lactobacillus e Leuconostoc)
92. Alterazioni delle conserve in scatola
• Alterazioni microbiche
– Alterazioni dovute a insufficiente raffreddamento (sporigeni
termofili germinano a 43°C o più, ma crescono anche a T ³ 30°C
(Cl. stearothermophilus, Cl. thermosaccarolyticum,
Desulfotomaculum nigrficans),
– Alterazioni dovute ad insufficiente riscaldamento
• alterazione di carboidrati (acidi volatili, H2, CO2) (Cl. butyricum, Cl.
pasteurianum)
• alterazione proteine (H2S, mercaptani, indolo, scatolo, NH3, Co2,
H2) (Cl. botulinum ceppi proteolitici, Clo. sporogenes, Clo.
putrefaciens)
– Alterazioni per mancata integrità del contenitore
• Alterazioni non microbiche (bombaggio chimico,
imbrunimento enzimatico, liquefazione, gelificazione)
93.
94. Indicatori di alterazione
• Criteri sensoriali
• criteri microbiologici
• criteri chimici (sostanze di origine
microbica e non)
95. Scelta degli indicatori di alterazione microbica
• presenti in basso numero (microrganismi) o assenti
(chimici) negli alimenti freschi
• nelle normali condizioni di conservazione deve aumentare
fino a raggiungere livelli elevati
• quando si manifestano le/la alterazioni/e dovrebbero
esserne la causa predominante (microbica o chimica)
• possono essere determinati rapidamente
• possono essere determinati in modo affidabile per predire
la conservabilità e lo stato di alterazione
• hanno una buona correlazione con i criteri sensoriali di
alterazione di quel particolare prodotto
96. Indici microbiologici
• Carni fresche conservate in aerobiosi: conteggio degli
psicrotrofi aerobi, soprattutto Gram- (APC: 10 giorni a 7°C
oppure 16 ore a 17°C e poi 3 giorni a 7°C; LPS mediante
gelificazione LAL)
• Carni sottovuoto: conteggio LAB psicrotropi (es. terreno
nutritivo a pH5 o APT agar ed incubazione in CO2) ed
Enterobacteriaceae psicrotrofe (VRBGA). Saggiare anche
per la presenza di Clo. Laramie
• Semiconserve: conteggio LAB psicrotrofi ed
Enteroibacteriaceae; quindi conteggio dei Clostridi
• latte crudo: APC, psicrotrofi gram-, termodurici
• latte pasteurizzato: APC, psicrotrofi gram- e gram+,
97. Indici di alterazione microbica
Alimento Metabolita
Carni macinate e pollame conservati in
aerobiosi
Mercaptani, H2S, di e trimetilamina,
aminoacidi liberi, catalasi, creatina,
ipoxantina, etanolo, amino zuccheri
complessi, nucleotidi, alcalinità
titolabile, residui carbonilici /TBA,
ammoniaca
Carni confezionate sottovuoto Acetoina, acido acetico, acido
isobutirrico, acido lattico, acido
isoavalerico, diacetile, diammine,
tiramina
Scombridi e pesci similari Istamina, cadaverina, putrescina,
spermina, spermidina
Altri pesci Trimetilamina, sostanze volatili totali,
H2S, tirosina, di e trimetilsolfuri,
acetone, etanolo, diacetile, acetaldeide,
indolo, diammine
Gamberi Acido lattico, azoto amminico, sostanze
volatili totali, trimetilamina, ipoxantina
Ostriche e altri molluschi bivalvi Acido lattico
Latte crudo e latte alimentare Acido lattico
Burro e crema Acidi grassi volatili
Formaggi stagionati Vedi scombridi
98. Analisi per la determinazione
degli enzimi termostabili
• Saggio colorimetrico con TNBS (Trinitrobenzene
sulfonic acid) e fluorimetrico con fluorescamina
per la determinazione degli aminoacidi liberi
• Test ELISA per la determinazione delle lipasi di
Pseudomonas
100. CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI
TRASFERIMENTO DI MATERIALI
INDESIDERATI NEL PRODOTTO FINITO
----------------------------------
ORIGINE DELLA CONTAMINAZIONE:
CHIMICA, FISICA, BIOLOGICA,
MICROBIOLOGICA
101. CONTAMINAZIONE FISICA
Presenza di corpi estranei:
sassolini, schegge metalliche, di vetro, di legno,
frammenti di plastica, ecc.
Originano da negligenze o da carente manutenzione
degli impianti.
CONTAMINAZIONE CHIMICA
Presenza di metalli pesanti, pesticidi, solventi,
antibiotici, ormoni, ecc.
Originano dalla materia prima per effetto
dell’inquinamento ambientale, dal contatto degli
alimenti con gli imballaggi, dall’uso improprio di
farmaci nell’allevamento del bestiame, ecc.
102. CONTAMINAZIONE BIOLOGICA
Origina dall’aggressione delle derrate alimentari
da parte di agenti biologici quali insetti volanti o
striscianti, larve di insetti, escrementi di roditori,
ecc.
CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA
Presenza di microrganismi patogeni e saprofiti
che originano dalle materie prime, dai cicli di
trasformazione o dal contatto con l’uomo.
103. MODALITA’ DI CONTAMINAZIONE DEI CIBI
ENDOGENA: all’origine (materie prime)
ESOGENA: della lavorazione
STOCCAGGIO: Depositi non idonei, Scarsa pulizia
delle celle frigo, con promiscuità degli alimenti.
DURANTE LA MANIPOLAZIONE: Attrezzature e
superfici di lavoro contaminate; Promiscuità cotto/crudo,
sporco/pulito; Inosservanza delle norme igieniche
personali.
DOPO LA PREPARAZIONE: Promiscuità cotto/crudo;
Confezionamento in condizioni igieniche inadeguate.
PRESENZA DI INSETTI e RODITORI.
104. CONTAMINAZIONE
DEGLI ALIMENTI
Più i cibi sono manipolati e costituiti da molti
ingredienti, più elevato è il numero di batteri
che contengono.
di conseguenza
Maggiore è il numero di microrganismi nel
cibo, minore è la sicurezza igienica e
la vita commerciale del prodotto.
105. LA CONTAMINAZIONE CROCIATA
Si verifica quando gli agenti infettanti vengono
trasmessi da un alimento ad un altro attraverso:
Effetti d’uso
• coltelli
• tritacarne
• attrezzature varie
Superfici
• tavoli di lavoro
• contenitori
Mani del
lavoratore
106. Modalità di contaminazione degli alimenti
da parte di un portatore sano
i germi patogeni sono eliminati
attraverso le feci, il naso, la cute
trasferiti sulle mani entrano in contatto con gli alimenti
qui sopravvivono e si moltiplicano se
trovano condizioni favorevoli
107. Ruolo degli alimenti nella trasmissione
delle MTA ad eziologia microbica
Semplice veicolo
Substrato di intensa moltiplicazione
108. FATTORI CHE COMPORTANO LA
CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI
Alimenti crudi inizialmente contaminati.
Alimentaristi portatori di agenti patogeni che toccano
i cibi non destinati ad un successivo trattamento
termico.
Contaminazione crociata tra cibi crudi e cotti.
Utilizzo di avanzi di cibo.
Approvvigionamento da fonti insicure (frutti di mare,
latte crudo, conserve alimentari casalinghe)
Conservazione in zone con condense o
sgocciolamenti.
Utilizzo improprio di fitofarmaci.
Alimenti acidi a contatto con superfici contenenti
metalli tossici (piombo, rame, ecc).
109. In qualsiasi modo ed in qualsiasi fase avvenga
la contaminazione microbica degli alimenti,
la pericolosità dipende da:
temperatura
di conservazione
del cibo
tempo
che trascorre
tra la preparazione
ed il consumo
deperibilità
dell’alimento
110. Fattori che influenzano lo sviluppo
microbico negli alimenti
Temperatura (mesofili, termofili, psicrofili)
pH
Tensione di ossigeno
Attività dell’acqua (Aw)
Concentazione salina
Composizione dell’alimento
111. LA TEMPERATURA
intervallo t. ottimale
di crescita
Psicrofili -5°C-20°C 10-12°C
Mesofili 20-45°C 32-37°C
Termofili 45-75°C 55°C
Psicrotrofi 0-5°C-35°C 25-30°C
0-25°C
I vari tipi di microrganismi prediligono
temperature diverse per il proprio habitat ottimale
112. Moltiplicazione dei batteri in condizioni favorevoli
17
milioni
8
1
miliardo
10
69
miliardi
12
260000
6
4000
4
64
2
1
ore 0
Numero batteri
Tempo indicativo di moltiplicazione:
4°C: 6 ore
10°C: 2 ore
21°C: 1 ora
32°C: 20’
115. VELOCITA' DI CRESCITA DI ALCUNI
MICRORGANISMI A DIVERSE TEMPERATURE
DI REFRIGERAZIONE
Tempo di moltiplicazione in ore
Microrganismi
10-13°C 4-5°C 0-1°C
__________________________________________
Psicrofili veri 2-3 6 12
Y.enterocolitica 5-6 20 25
L.monocytogenes 5-9 13-25 62-131
A.hydrophila 4-6 9-14 49
Salmonelle sp. 8 30 ∞
Psicrotrofi:
Enterobacteriaceae
e contaminanti 2-4 8-12 16-20
116. 50°
40°
30°
20°
10°
0°
TEMPERATURE MINIME E MASSIME
Yersinia e. St. aureus
Salmonella
Campylobacter j.
B. cereus
C. perfringens
Listeria m.
117.
118. A temperatura ambiente, in particolare
nell’intervallo di temperatura che va da
10°C a 65°C, gli alimenti debbono sostare
il minor tempo possibile.
119. TERMORESISTENZA DEI MICRORGANISMI
120°
100°
80°
60°
40°
20°
0°
- 20°
- 40°
Distruzione delle spore in 10’-20’
Distruzione rapida di tutte le forme vegetative
Zona termica di pastorizzazione
Zona di massimo sviluppo per i batteri termofili
Zona di massimo sviluppo per i batteri mesofili
Sviluppo massimo psicrofili, attenuato dei mesofili
Sviluppo attenuato degli psicrofili
Cessazione progressiva dello sviluppo microbico
120. Azione devitalizzante del congelamento
Cisti di Trichinella spiralis:
6-10 giorni a –10°C
Cisticerchi di Taenia solium e saginata:
5 giorni a –10 °C e 3 giorni a –18°C
Toxoplasma gondii:
Oocisti: 7 giorni a –10°C
Cisti: 2 giorni a –20°C
121. USO DELLE BASSE TEMPERATURE
Il freddo non distrugge i microrganismi.
Più basse sono le temperature, maggiore è
il rallentamento dell’attività microbica, consentendo
un prolungamento dei tempi di conservazione.
Il sistema della conservazione con il freddo prevede
il rigoroso rispetto della catena del freddo,
pertanto la temperatura non può subire rialzi
consistenti, neppure per breve tempo.
122. Si ottiene una forte inibizione
della crescita dei microrganismi
responsabili delle tossinfezioni
Si ottiene il blocco pressoché
totale della crescita microbica
Si ottiene il blocco totale della
crescita microbica
da 0°C a 4°C
a temperatura
inferiore a -15°C
a temperatura
inferiore a -18°C
SURGELATO
si formano cristalli piccolissimi
che non danneggiano l’alimento
Alimento in confezione chiusa all’origine,
sottoposto ad un abbassamento veloce della
temperatura, fino a raggiungere in meno di 4
ore i -18°C, e conservato a tale temperatura.
REFRIGERAZIONE
CONGELAMENTO
SURGELAZIONE
123. UTILIZZO CORRETTO DELLE CELLE FRIGORIFERO
Assicurarsi che in ogni cella ci sia un termometro e
controllare giornalmente la temperatura
Evitare lo stivaggio eccessivo: all’interno della
cella frigorifero deve circolare aria
Recipienti di metallo o vetro devono essere posti nella
parte inferiore, in modo da evitare sgocciolamenti
Coprire i recipienti, per impedire contaminazioni
Non appoggiare direttamente a terra le derrate
Conservare separatamente cibi cotti e cibi crudi
Non mettere mai cibi caldi nel frigorifero per
non causare innalzamenti della temperatura
124. L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA
I cibi già cotti ed ancora caldi non devono essere
mantenuti a lungo a temperatura ambiente
per evitare la crescita dei germi contaminanti.
E’ indispensabile refrigerarli, seguendo due regole:
raffreddarli nel più breve tempo
possibile prima di metterli in cella
non mettere mai in cella
alimenti in grandi
pentole ancora calde
Abbattimento della
temperatura
raffreddamento troppo lento
aumenta la temperatura della
cella frigorifera
125. L’ABBATTIMENTO DELLA TEMPERATURA
Modalità di
abbattimento
Tramite apparecchiature apposite,
dette “abbattitori di
temperatura”
Con sistemi “casalinghi:
raffreddamento dei contenitori
sotto acqua corrente fredda o in
“bagno” di ghiaccio (da non
utilizzare nella ristorazione
collettiva)
126.
127.
128.
129.
130.
131. TEMPERATURE DI CONSERVAZIONE
carni fresche
prodotti surgelati
0°/ +4°C
0°/ +3°C
+6°C
+4°C
-18°C
pollame, conigli,
frattaglie
salumi, insaccati
prodotti cotti da
consumarsi freddi
132. REGOLE PER LA CONSERVAZIONE DELLE CARNI
conservare in celle separate se non si dispone di celle
diverse, creare spazi separati
carni rosse pollame salumi
Impedire qualsiasi
contatto tra carni imballate
e carni non protette
uova verdure
Se si devono depositare nella
stessa cella carni confezionate
e carni non protette, separarle
e proteggere le carni sfuse
Depositare gli scarti in un contenitore chiuso
Organizzare una efficace rotazione del magazzino,
tenendo comunque conto della data di scadenza
133. SCONGELAMENTO
I prodotti congelati, una volta scongelati,
devono essere conservati in frigorifero e
consumati entro 24 ore.
Non scongelare mai a temperatura
ambiente: i batteri possono moltiplicarsi
dopo lo scongelamento.
Gli alimenti già scongelati non
devono essere ricongelati
134. immersione diretta nell’acqua
di cottura in ebollizione
Prodotti ittici
in filetti
cottura diretta del prodotto
in acqua fredda corrente (*)
deve essere effettuato in frigorifero (*)
(*) in caso di emergenza, a livello domestico, iniziare lo
scongelamento all’esterno del frigorifero (max alcune
ore) per poi completarlo a temperatura di refrigerazione
Vegetali
Carni
MODALITA’ DI SCONGELAMENTO
Forno a
microonde
135. IMPIEGO DEL CALORE
Sottoponendo un alimento ad una temperatura superiore a
75°C in modo uniforme in tutti i suoi punti per 8-10’,
i batteri patogeni asporigeni vengono eliminati.
Più la temperatura è alta, maggiore è la possibilità di distruzione
ebollizione
65°C-80°C per 5 minuti
vengono distrutti i patogeni asporigeni
si ottiene la distruzione degli asporigeni;
molte spore e alcune tossine
possono resistere.
si ha la distruzione anche delle spore
pastorizzazione
sterilizzazione
136. CALORE
Utilizzato per bonificare alimenti (uccidere i microrganismi patogeni):
Pastorizzazione 65°C per 30’ – 72°C per 15’
Ebollizione 100°C per 5’-10’
Sterilizzazione 121°C per 15’
FREDDO
Utilizzato per la conservazione degli alimenti:
Refrigerazione: 0 + 4°C
Congelamento:
• Rapido: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in meno di 4
ore (surgelazione)
• Lento: raggiungimento di –18°C all’interno dell’alimento in molte ore
137.
138. FATTORI CHE INFLUENZANO
LO SVILUPPO MICROBICO
Mantenimento dei cibi a temperatura ambiente.
Mantenimento al caldo ad una temperatura non
sufficientemente elevata tale da impedire
lo sviluppo microbico.
Raffreddamento insufficiente (celle frigorifero non
perfettamente funzionanti, conservazione in
frigorifero di cibi caldi e in grossi contenitori).
Preparazione anticipata degli alimenti rispetto al
consumo, senza l'adozione di adeguati sistemi
di conservazione.
Trasporto dei cibi a temperature inadeguate.
Inadeguati valori di aw e di pH.
139. FATTORI CHE INFLUENZANO LA
SOPRAVVIVENZA MICROBICA
Alimenti contaminati e trattati con il calore
per tempi e/o temperature insufficienti.
Riscaldamento dei cibi cotti per tempi e/o
temperature insufficienti.
Conservazione a basse temperature
(refrigerazione, congelamento, surgelazione)
Scongelamento non completo prima del
trattamento termico degli alimenti.
Acidificazione insufficiente.
140. RESPIRAZIONE BATTERICA
I microrganismi si suddividono in:
Aerobi
Anaerobi
Aerobi o
Anaerobi
facoltativi
si riproducono solo in presenza di O2
si riproducono solo in assenza di O2
si riproducono sia in presenza che in
assenza di O2
Microaerofili si riproducono in presenza di tracce di O2
141. ACQUA LIBERA (Aw - activity water)
I microrganismi necessitano di acqua per
il loro metabolismo.
Ogni substrato per consentire la crescita
microbica deve presentare una fase
acquosa che funge da solvente per le
sostanze nutritive.
L’acqua libera rappresenta la
quota d’acqua del substrato che i
microrganismi possono utilizzare per il
loro metabolismo.
142. Aw = p/p0
p = tensione di vapore dell’acqua del
substrato.
p0 = tensione di vapore dell’acqua pura.
Nell’acqua pura p = p0 e quindi aW = 1
L’aggiunta di uno o più soluti abbassa la
tensione di vapore dell’acqua del substrato e
quindi aW diventa inferiore a 1.
143. Esiste un optimum di aw per la crescita
microbica.
Via via che l’aw si abbassa diminuisce
la possibilità di sviluppo microbico
fino ad un livello di aw al quale si ha
il blocco della moltiplicazione
144. Valori minimi approssimativi di Aw
per la crescita dei microrganismi
Batteri
Lieviti
Muffe
Batteri alofili
Muffe xerofile
Lieviti osmofili
0.91
0.88
0.80
0.75
0.65
0.60
Aw
Attività dell’acqua
o
Acqua libera
Xerofilo: capace di vivere a basse Aw e ad alte conc. saline
Alofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni saline
Osmofilo: capace di vivere ad alte concentrazioni di zuccheri
145.
146.
147. Valori medi approssimativi di Aw per alcuni alimenti
Frutta e verdura
Uova
Carni 0.95 – 0-97
Formaggi freschi
Formaggi 0.87 – 0.93
Salumi stagionati
Marmellate 0.82 – 0.93
Legumi secchi
Latte concentrato zuccherato 0.80 – 0.87
Farina, Riso
Frutta secca 0.72
Uova in polvere 0.40
Biscotti 0.30
Latte in polvere 0.20
148.
149. Valori minimi e massimi di pH per lo sviluppo dei microrganismi
Microrganismi
(esempi)
Minimo pH Massimo pH Acido-resistenza
Micrococcus sp.
Pseudomonas aeruginosa
Bacillus stearothermophilus
5,6
5,6
5,2
8,1
8,0
9,2
Bassa acido-resistenza
pH min 5,0
Clostridium botulinum Tipo E
Clostridium sporogens
Bacillus cereus
Vibrio Parahaemolyticus
Clostridium botulinum Tipo A, B
Staphylococcus aureus
Salmonelle
Escherichia coli
Proteus vulgaris
Streptococcus lactis
Becillus cereus
5,0-5,2
5,0
4,9
4,8
4,5
4,0
4,0-4,5
4,4
4,4
4,3-4,8
4,3-4,9
9,0
9,3
11,0
8,5
9,8
8-9,6
9,0
9,2
9,2
Media acido-resistenza
pH min 5,0-4,0
Lactobacillus spp.
Acetobacter acidophilus
Saccharomices cerevisiae
Penicillium italicum
Aspergillus oryzae
3,8-4,4
2,6
2,3
1,9
1,6
7,2
4,3
8,6
9,3
9,3
Forte acido-resistenza
pH min 4,0
150. NUTRIMENTO
Per vivere e moltiplicarsi, i batteri hanno
bisogno di alimentarsi.
Gli alimenti preferiti dai batteri, e spesso all’origine di
tossinfezioni, sono quelli ricchi di proteine ed acqua.
arrosti, polpettoni, rollè, insalate di pollo,
maionese, tiramisù, creme, panna.
151. POSSIBILI VALORI PER VALUTARE LA QUALITA’
MICROBIOLOGICA DI ALIMENTI
ufc/gr Prodotti
Freschi Cotti
1.000 Ottima
10.000 Ottima Buona
100.000 Buona Discreta
500.000 Discreta Scadente
5.000.000 Scadente Cattiva
5.000.000 Cattiva
Livelli microbiologici tali da garantire un prodotto finito di buona qualità (dati di letteratura):
Carica microbica totale 104 ufc/g o ml
Coliformi fecali 102 ufc/g o ml
Stafilococchi coagulasi positivi 102 ufc/g o ml
Regolamento (CE) n. 2073/2005 del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici degli alimenti
Carne macinata: fine processo di lavorazione
Conteggio delle colonie aerobiche: n:5; c:2; m: 5.105 ufc/g; M:5.106 ufc/g
155. OBIETTIVI
detersione rimozione dello sporco
disinfezione
distruzione
dei microrganismi patogeni
La disinfezione sarà tanto più efficace
quanto più accurata sarà stata la detersione
156. PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE
Documentazione da tenere agli atti
•Planimetria dell’impianto
•Procedura di pulizia e disinfezione
•Check-list di sorveglianza
•Scheda tecnica dei prodotti
•Risultati della verifica microbiologica delle superfici
•Documentazione sulla formazione del personale
•Documentazione sulla risoluzione delle non conformità
157. PROCEDURA DI PULIZIA E DISINFEZIONE
Devono essere identificati
•aree
•attrezzature
•prodotti da utilizzare
•modalità di impiego
•frequenza
•responsabile
158. SUCCESSIONE DELLE OPERAZIONI
pulizia preliminare
con acqua calda
(45-50°C)
per eliminare lo sporco
più evidente
applicazione di una
soluzione detergente
riscaldata (45-50°C)
elimina i residui di sporco
lavaggio intermedio
a caldo (45-50°C)
per asportare la soluzione
detergente e il sudiciume
disinfezione per uccidere i microrganismi rimasti
risciacquo finale per eliminare ogni
traccia di disinfettante
159. LE ATTREZZATURE
Le attrezzature devono essere costruite in modo da
consentire una facile, rapida e completa pulizia.
Devono quindi essere “visibili”, cioè ispezionabili
in ogni loro parte, per verificare la presenza di sporco
visibile. Devono essere costruite in materiale idoneo,
non poroso, soprattutto per le parti che vengono in
contatto con l’alimento.
facilmente ispezionabili
facilmente smontabili
Requisiti
delle attrezzature
160. REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA
Indossare abiti appositi per le operazioni di pulizia
Non compiere pulizie durante la preparazione dei cibi
Non utilizzare la scopa a secco, nè la segatura
Rispettare sempre le dosi indicate sulle confezioni
dei detergenti (e dei disinfettanti)
Rispettare le temperature di utilizzo indicate
sulle confezioni dei prodotti chimici in uso
Molti prodotti sono tossici: risciacquare abbondantemente
161. REGOLE PER UNA CORRETTA PULIZIA
Rispettare sempre le scadenze previste dal programma
di pulizia.
Non utilizzare spugne, strofinacci o altri materiali
facilmente inquinabili per le operazioni di lavaggio
delle superfici che vengono a contatto con gli alimenti.
Attrezzi per le pulizie, i detergenti e i disinfettanti
devono essere tenuti separati dagli alimenti in un locale
apposito o in un armadio.
162. PRINCIPALI ERRORI NELLA PRATICA
DI PULIZIA E DI DISINFEZIONE
Pulizia insufficiente prima dell’applicazione del
disinfettante
Esecuzione affrettata delle operazioni
Utilizzo di acqua a temperatura insufficiente
Uso di prodotti non idonei
Sottodosaggio o sovradosaggio del prodotto chimico
Tempo di contatto troppo breve tra disinfettante e superficie
163. LA MANUTENZIONE
DELLE ATTREZZATURE E DELL’AMBIENTE
Prendere subito adeguati provvedimenti in caso
di guasti e malfunzionamenti degli impianti frigorifero.
Eliminare la presenza di acqua di condensazione nelle
celle e evitare sgocciolii sugli alimenti.
Riparare rapidamente guasti/malfunzionamenti
al lavabo o allo sterilizzatore dei coltelli.
Evitare qualsiasi deterioramento delle attrezzature.
Riparare rapidamente scrostature/rotture alle pareti,
al soffitto, ai pavimenti.
164. Tipologia dei controlli da applicare sulle superfici
Verifica visiva documentata tramite check-list
Bioluminescenza
valida la verifica visiva con risultato
immediato. Il test misura la quantità
di ATP batterico attraverso l’enzima
“luciferasi” che catalizza la formaz.
di luce dall’ATP, misurata poi con il
luminometro.
valida i risultati dei controlli visivi
e della bioluminescenza ma offre
risultati tardivi.
Tamponi
di superficie
171. Indicatori di processo
Informano in merito alle procedure cui gli alimenti
sono stati sottoposti.
Ad esempio:manipolazione, stato di conservazione,
trattamenti termici, lavaggio, ecc.
Indicatori di processo: carica mesofila aerobica,
coliformi (gruppo), Enterobacteriaceae, stafilococchi
coagulasi e termonucleasi positivi, batteriofagi.
172. Indici microbici di salubrità
Informano in merito alla possibile
presenza di germi patogeni
Esempio:
Staphylococcus aureus
Escherichia coli
173. Piano di campionamento
Vi sono due modelli fondamentali:
“a due classi”
“a tre classi”
174. Piano “a due classi”
E’ un piano che viene adottato quando
si prendono in esame i
microrganismi patogeni
Si considerano soltanto due classi di
risultati possibili:
PRESENZA
ASSENZA
175. Piano “a tre classi”
n: n° di unità campionarie da
sottoporre ad analisi
m: valore limite del n° di batteri
considerato soddisfacente (VG)
M: valore massimo consentito
del n° di batteri
c: n° di unità campionarie che può
essere compreso tra “m” e “M”
176. Pertanto
1°) Qualità ottimale per valori “m”
2°) Qualità marginale, ma ancora
accettabile per valori ”m” ed “M”
3°) Assenza di qualità per valori ”M”
178. AUDIT
(dal latino audire = ascoltare)
MA
pronunciato secondo la fonetica inglese
179. CERTIFICAZIONE DDEEII SSIISSTTEEMMII QQUUAALLIITTAA’’
CERTIFICARE UN SISTEMA QUALITA’
AZIENDALE significa ATTESTARE (DA
PARTE DI UN ENTE CERTIFICATORE)
CHE UN SISTEMA DI QUALITA’
AZIENDALE, UN PRODOTTO O UN
SERVIZIO SONO, CON RAGIONEVOLE
ATTENDIBILITÀ, CONFORMI AD UNA
NORMA RICONOSCIUTA.
180. TRE LIVELLI DI CERTIFICAZIONE
AMBITO COGENTE: es. legislazione nazionale e
comunitaria in materia di igiene dei prodotti
agroalimentari o in materia di responsabilità civile da
prodotto difettoso.
AMBITO REGOLAMENTATO: es. regolamentazione
comunitaria che tutela le produzioni tipiche di
determinate aree.
AMBITO VOLONTARIO: normazione volontaria per la
certificazione dei processi aziendali e/o dei prodotti.
181. “Certificazione” o “Accreditamento”
per Le Aziende USL?
CERTIFICAZIONE
garanzia che un Sistema di Gestione
Qualità (SGQ), un prodotto o un
servizio, sia ccoonnffoorrmmee, con
ragionevole attendibilità, ad una
norma riconosciuta
ACCREDITAMENTO
IINNVVEECCEE::
garanzia che l’Ente di certificazione
abbia le ccoommppeetteennzzee nel settore di
accreditamento specifico
182. DIFFERENZA TRA AUDIT
E CONTROLLO/COLLAUDO
CONTROLLO E COLLAUDO:
Attività quali misurazioni, prove e verifiche
mediante calibri (o altri strumenti) di una o più
caratteristiche di un’entità, e confronto dei
risultati con i requisiti specificati, allo scopo di
accertare la conformità di ciascuna caratteristica.
183. LUOGHI
DELL’AUDIT
AUDIT DOCUMENTALE (A TAVOLINO)
(tutta la documentazione o un campione)
AUDIT DI SISTEMA
(in azienda: tutto il sistema aziendale
o un campione di attività)
185. DOCUMENTI DEL SISTEMA DI
AUTOCONTROLLO
PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO
comprende i dati essenziali e cogenti del sistema di
autocontrollo, e cioè:
PROCEDURE RELATIVE ALLE BUONE PRASSI
IGIENICHE
SCHEMI RELATIVI AI PROCESSI,IN PARTICOLARE
AI CCP (C.D. PIANO DI AUTOCONTROLLO)
186. DOCUMENTI DEL SISTEMA DI
AUTOCONTROLLO
MANUALE DI AUTOCONTROLLO
NON è obbligatorio, ha formato e struttura di un
Manuale di Qualità e comprende numerosi documenti
riguardanti il sistema di autocontrollo, e cioè:
PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO
PROCEDURE SUPPLEMENTARI
ALTRI DOCUMENTI: es. schede ingredienti,
packaging, informazioni su attrezzature/impianti, ecc.
187. AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI
AUTOCONTROLLO
E’ mirato soprattutto ad accertare se siano state
svolte efficacemente tutte le azioni contemplate dai
7 Principi Codex del Sistema HACCP
PARTICOLARE ATTENZIONE ALLE PROCEDURE
ESSENZIALI DEL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO
Es. PROCEDURE DI: Accettazione, Controllo processo,
Controllo deviazioni, Sanificazione, Lotta agli animali
nocivi, Etichettatura, Ritiro/Richiamo/Emergenze
188. AUDIT DOCUMENTALE DEL PROTOCOLLO DI
AUTOCONTROLLO
Si utilizzano metodi e procedure tipici dell’audit
documentale del Sistema di Gestione della Qualità
ISTISAN aveva proposto linee guida
(Rapporto ISTISAN 99/10)
189. METODOLOGIA PROPOSTA PER L’AUDIT DOCUMENTALE
DEL PROTOCOLLO DI AUTOCONTROLLO
FASI:
Sviluppo di check-list
Audit documentale
Interpretazione dei dati rispetto ai Principi Codex
Definizione di deviazioni ed osservazioni rispetto ai
Principi Codex
Rapporto di audit documentale
190. I SETTE PRINCIPI CODEX DDEELL SSIISSTTEEMMAA HHAACCCCPP
1. identificare i pericoli (HA)
2. determinare i punti di controllo critici (CCP)
3. stabilire limiti critici e tolleranze
4. applicare un sistema di monitoraggio
5. stabilire le azioni correttive
6. definire le procedure di verifica
7. sviluppare un sistema di documentazione
191. L’HACCP si definisce come un approccio
sistematico per l’identificazione dei pericoli ed
la valutazione/controllo dei rischi connessi alla
produzione di un alimento basato su 7 principi.
Secondo quanto esposto nel Reg. 852/04, tali principi
dovrebbero tener conto dei 7 principi contenuti nel Codex
Alimentarius, quali:
1. Effettuare l’analisi dei pericoli
2. Individuare i punti critici di controllo
3. Stabilire dei limiti critici per ciascun CCP
4. Stabilire delle procedure di monitoraggio dei punti critici individuati
5. Stabilire le misure correttive da intraprendere in caso di non conformità
6. Stabilire delle procedure di verifica dell’efficacia del sistema
7. Assicurare la registrazione della azioni effettuate
8. Stabilire delle procedure di gestione della documentazione
192. Regolamento 852/04
Igiene delle derrate alimentari
7 principi:
1.identificare ogni pericolo che deve
essere prevenuto, eliminato o ridotto
a livelli accettabili
2.identificare i punti critici di
controllo nella fase o nelle fasi in cui
il controllo stesso si rivela essenziale
per prevenire o eliminare o per
ridurre un rischio a livelli accettabili
193. Regolamento 852/04
Igiene delle derrate alimentari
7 principi:
3.stabilire, ai punti critici di
controllo, i limiti critici che
differenziano l’accettabilità e
l’inaccettabilità ai fini della
prevenzione, eliminazione e
riduzione dei rischi identificati
194. Regolamento 852/04
Igiene delle derrate alimentari
7 principi:
4.stabilire azioni correttive da
intraprendere nel caso in cui dalla
sorveglianza risulti che un
determinato punto critico non è
sotto controllo
5.stabilire ed applicare procedure di
sorveglianza efficaci nei punti
critici di controllo
195. Regolamento 852/04
Igiene delle derrate alimentari
7 principi:
6.stabilire le procedure da applicare, da
applicare regolarmente, per verificare
l’effettivo funzionamento delle misure
di cui ai punti 1-5
7.predisporre documenti e registrazioni
adeguati alla natura e alle dimensioni
dell’impresa alimentare al fine di
dimostrare l’effettiva applicazione delle
misure di cui ai punti 1-6
196. Regolamento 852/06
Igiene delle derrate alimentari
art.5 del Reg 852/04 paragrafo 4
1. l’OSA dimostra all’Autorità Competente di
rispettare il paragrafo 1 dello stesso articolo,
secondo le modalità richieste dall’autorità
competente, tenendo conto del tipo e della
dimensione dell’impresa alimentare
2. garantisce che tutti i documenti in cui sono
descritte le procedure elaborate a norma del
presente articolo siano costantemente aggiornati
3.conserva ogni altro documento e registrazione
per un periodo adeguato
197. In itinere
Esclusione piccole imprese
secondo parametri in
discussione a livello
comunitario
198. Regolamento 853/04
Regole specifiche di Igiene per I
prodotti di origine animale
Regole d’igiene specifiche e dettagliate per
• Carni fresche
• Prodotti a base di carne
• Latte e prodotti lattiero-caseari
• Prodotti ittici
• Uova ecc…..
199. Regolamento 853/04
Regole specifiche di Igiene per I
prodotti di origine animale
Riconoscimento:
• pericolo microbiologico
• pericolo chimico
ASSOCIATO A SPECIFICHE DERRATE
ALIMENTARI
200. Regolamento 853/04
Regole specifiche di Igiene per I
prodotti di origine animale
conseguimento della semplificazione/ riformulazione
che nel Reg 853/04 considerazione 7 si richiama
nuovamente l’applicazione del sistema HACCP.
In particolare nell’allegato II sezione II del Reg
853/04 si fissano gli obiettivi delle procedure basate
sui principi HACCP, richiamando gli OSA, responsabili di
macelli, a garantire che le procedure, messe in atto
secondo quanto imposto dall’art 5 del Reg 852/04,
soddisfino i requisiti risultati necessari dall’analisi dei
rischio e gli specifici requisiti elencati nel punto 2 .
201. Regolamento 853/04
Regole specifiche di Igiene per I
prodotti di origine animale
I prodotti di origine animale devono sottostare
ancora alla normativa generale d’igiene
Regolamento 852/2006
Riferimenti specifici HACCP
Trattamenti termici
Esigenze specifiche per i macelli
202. In particolare nel punto 2 della
sezione II dell’allegato II del Reg
853/04 si evince che le procedure
suddette devono garantire che ogni
animale o, se del caso, ogni lotto di
animali ammesso nei locali del macello:
1. sia adeguatamente identificato
2. sia accompagnato dalle opportune
informazioni fornite dall’azienda di
provenienza
203. 3. non provenga da un’azienda o una zona
soggetta a un divieto di movimento o ad
altre restrizioni per ragioni connesse con
la salute umana o animale, salvo se
l’autorità competente lo permette
4. sia pulito
5. sia sano,
6. sia in condizioni soddisfacenti di
benessere all’arrivo al macello
7. con l’obbligo (punto 3) di avvertire il
veterinario ufficiale ed adottare le misure
appropriate in caso d’inosservanza di uno
dei punti suddetti.
205. Regolamento 854/2004 regole per
l’organizzazione dei controlli ufficiali dei
prodotti di o.a. destinati all’uomo
Regolamento 882/2004 relativo ai
controlli ufficiali per assicurare la
conformità alla legislazione sugli
alimenti per animali e le derrate
alimentari, sul benessere
Regolamento 2073/2005 sui criteri
microbiologici
Regolamento 183/2005 igiene dei
mangimi
206. ….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP....
1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili
(ANALISI DEI PRICOLI)
2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo
stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli
accettabili
3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano
l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione
dei rischi individuati
4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di
controllo
5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza
dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo
6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo
funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5
7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni
dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di
cui ai paragrafi 1-6
208. FLESSIBILITA’
Il concetto HACCP costituisce
uno strumento appropriato
per controllore i pericoli nelle
imprese alimentari
Soprattutto in quelle che svolgono
operazioni suscettibili di fare
insorgere pericoli se non
condotte in maniera corretta
Il concetto HACCP consente
l’applicazione dei principi del
sistema HACCP con la
necessaria flessibilità in modo
da garantirne l’attuazione in
qualsiasi situazione
209. L’efficace applicazione di un sistema HACCP richiede il forte impegno
ed il coinvolgimento della dirigenza e dei dipendenti di un’impresa .
In primis, l’OSA in una qualsiasi impresa, prima di applicare i sette principi
del sistema HACCP, deve attuare le prescrizioni di base in materia
d’igiene degli alimenti
Il sistema HACCP è uno strumento finalizzato a valutare i pericoli e a
realizzare sistemi di controllo che si imperniano sulla prevenzione
anziché affidarsi prevalentemente a prove sui prodotti finali
In sede d’individuazione dei pericoli, di valutazione e delle successive operazioni
volte a concepire e ad applicare un sistema HACCP, si deve tener conto
1. Impatto materie prime
2. Ingredienti
3. Procedure di produzione
4. Ruolo dei processi produttivi nel controllo dei pericoli
5. Probabile uso finale del prodotto
6. Categorie dei consumatori interessati e risultati epidemiologici
210. Principi del sistema HACCP
Scopo del sistema HACCP
focalizzare i controlli sui punti critici di controllo (CCP)
I principi del sistema HACCP dovrebbero essere applicati
separatamente a ciascuna specifica operazione
La loro applicazione deve essere riveduta e, quando necessario,
modificata ad ogni modifica introdotta a livello del prodotto, del
processo o di una qualunque fase
Nell’applicazione è importante mantenere una certa flessibilità in
considerazione del contesto, della natura e dell’entità dell’operazione
211. ….I SETTE PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP....
1. individuare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili
(ANALISI DEI PRICOLI)
2. Individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo
stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli
accettabili
3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano
l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione
dei rischi individuati
4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di
controllo
5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso un cui dalla sorveglianza
dei risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo
6. stabilire le procedure , da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo
funzionamento delle misure du cui ai paragrafi 1-5
7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni
dell’impresa alimentare al fine dio dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di
cui ai paragrafi 1-6
212. APPLICAZIONE DEI PRINCIPI
HACCP
Conferimento incarico dalla dirigenza aziendale
Definire i termini di riferimento
Costituire l’equipe
Descrivere il prodotto
Identificare l’utilizzazione prevista
Stabilire un diagramma delle operazioni
Confermare il diagramma delle operazioni
213. L’APPLICAZIONE DEI 7 PRINCIPI
Condurre in sequenza le seguenti attività
1. ANALISI DEI RISCHI
1.1 Costituzione di un’équipe multidisciplinare (équipe HACCP)
• Tale équipe, comprendente tutti i componenti dell’impresa
alimentare che intervengono nella realizzazione del
prodotto, ma che può anche avvalersi di una specifica
consulenza esterna, deve riunire l’intera gamma di
competenze e conoscenze specifiche appropriate per il
prodotto considerato, la sua produzione, il suo consumo ed i
potenziali pericoli connessi e deve implicare il più possibile i
dirigenti di grado più elevato dell’impresa
• Una singola persona può ricoprire più ruoli, purchè tutte le
informazioni siano a disposizione dell’équipe e siano
utilizzate per garantire l’affidabilità del sistema sviluppato
214. OCCORRE INDIVIDUARE IL CAMPO DI
APPLICAZIONE DEL SISTEMA HACCP
Il settore di applicazione descrive:
-- Il segmento della produzione alimentare
-- Il processo dell’impresa
-- Le classi generali di pericoli (biologici,
chimici, e fisici) da considerare
215. 1.2 Descrizione del prodotto
È necessario fornire informazioni che descrivano ampiamente il prodotto quali:
•Composizione (es materie prime, ingredienti etc.)
•Struttura e caratteristiche fisico-chimiche (es. prodotto solido, liuido, pH etc.)
•Trattamento (es. essicazione, congelazione etc..)
•Confezionamento (es. sottovuoto, in atmosfera protettiva etc..)
•Condizioni di stoccaggio e di distribuzione
•Data di scadenza
•Istruzioni d’uso
•Qualunque criterio microbiologico o chimico applicabile
216. 1.3 Individuazione dell’uso previsto
• Definire l’impiego normale o prevedibile del
prodotto da parte del consumatore ed il
target di consumatori cui il prodotto è
destinato
• In casi particolari, bisogna valutare
l’adeguatezza del prodotto per particolari
gruppi di consumatori quali società di
catering, viaggiatori e gruppi vulnerabili di
consumatori
217. 1.4 Realizzazione di un diagramma di flusso(descrizione del processo di
produzione)
• Esaminare in sequenza e presentare in
un diagramma di flusso dettagliato
insieme a sufficienti dati tecnici tutte
le fasi del processo( inclusi i tempi morti
tra o durante le fasi), dal ricevimento
delle materie prime all’immissione del
prodotto sul mercato, passando
attraverso la preparazione, la
trasformazione, il confezionamento, lo
stoccaggio e la distribuzione
218. • Tra i dati possono essere inseriti
-- configurazione dei locali di lavoro ed ausiliari
-- configurazione e caratteristiche degli impianti
-- sequenza di tutte le fasi del processo
-- parametri tecnici delle operazioni ( in particolare tempo e
temperatura, inclusi i tempi morti)
-- flusso dei prodotti (incluse le potenziali contaminazioni
crociate)
-- separazione delle aree pulite da quelle sporche
E’ fondamentale integrare il sistema HACCP
• Procedure di pulizia e disinfezione
• Ambiente igienico dell’impianto
• Percorsi del personale e prassi igieniche
• Condizioni di conservazione del prodotto e di distribuzione
219. 1.5 Conferma sul campo del
diagramma di flusso
• Il gruppo multidisciplinare deve verificare la validità
del diagramma di flusso sul campo nel corso delle
ore di funzionamento dell’impianto
• Per qualsiasi scostamento osservato modificare il
diagramma di flusso originario, al fine di
migliorarne l’accuratezza
220. 1.6 Elenco dei pericoli e delle misure di
controllo
1.6.1.
Elencazione di tutti i potenziali pericoli biologici, chimici o fisici che è ragionevole aspettarsi in
ciascuna fase del processo (inclusi l’acquisto e la conservazione delle materia prime e degli
ingredienti ed i tempi morti nel corso della procedura)
Analisi dei pericoli elencati, per individuare, ai fini del piano HACCP, quali pericoli presentano una
natura tale, da rendere fondamentale per la produzione di un alimento sano, la loro
eliminazione o riduzione a livelli accettabili
1.6.2.
Considerazione e descrizione delle misure di controllo eventualmente esistenti applicabili per
ciascun pericolo
MISURE DI CONTROLLO :
-- azioni ed attività che possono essere usate per prevenire i pericoli, eliminarli o ridurne
l’incidenza o l’occorrenza a livelli accettabili
Per controllare un pericolo individuato possono essere necessarie molteplici misure di controllo e,
al contrario, una singola misura di controllo può controllare molteplici pericoli: es la
pastorizzazione controllata offrono sufficienti garanzie di riduzione del livello sia della
Salmonella sia della Listeria
Le misure di controllo devono essere supportate da procedure dettagliate e da specifiche per
garantirne l’efficace applicazione come programmi dettagliati di piluzia, specifiche precise in
materia di trattamento termico,concentrazioni massime di conservanti utilizzati in
conformità alle norme comunitarie applicabili
221. 2 INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO(CCP)
L’individuazione di un punto critico per il controllo di un pericolo può essere agevolata
dall’impiego di un diagramma decisionale
Per l’applicazione del diagramma decisionale ciascuna fase del progetto individuata
nel diagramma di flusso và considerata in sequenza
In ciascuna fase il diagramma decisionale và applicato a ciascun pericolo di cui si può
ragionevolmente prevedere l’occorrenza e và individuata ogni singola misura di
controllo
L’applicazione del diagramma decisionale richiede
1. una certa flessibilità ,tenendo conto dell’intero processo produttivo, per evitare inutili punti critici
2. Una specifica formazione
continua
222. Conseguenze dell’individuazione dei CCP
1. Definire ed attuare appropriate
misure di controllo.
Se è stato individuato un pericolo in una fase in cui è
necessario un controllo per la sicurezza del prodotto e non
esiste alcuna misura di controllo in quella fase o in qualsiasi
altra fase, il prodotto o il processo vanno modificati in quello
stadio o in uno precedente o successivo al fine di includere
una misura di controllo
2.Stabilire ed attuare un sistema di
monitoraggio in ciascun punto
critico
223. 3. LIMITI CRITICI NEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO
• I limiti critici corrispondono ai valori estremi accettabili, con riguardo alla
sicurezza dei prodotti, per ogni misura di controllo individuata ed applicata
• Sono fissati per parametri osservabili o misurabili che possono dimostrare che il
punto critico è sotto controllo e differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità
• Ci devono essere comunque elementi probanti che i valori prescelti si traducono in
un controllo del processo
• In taluni casi, per ridurre i rischio di superameno di un limite critico a causa di
variazioni di processo, si deve specificare livelli più rigorosi (es. livelli target) per
garantire il rispetto dei limiti critici
• Limiti che generalmente si ricavano da Regolamenti o da manuali di corretta prassi
igienica; in loro assenza l’équipe deve valutarne la validità in relazione al controllo
dei pericoli individuati nei CCP
224. 4. PROCEDURE DI MONITORAGGIO NEI PUNTI CRITICI DI
CONTROLLO
• Elemento fondamentale del sistema HACCP è il programma di
osservazioni/misurazioni realizzate per ciascun CCP, in via continuativa o in più
soluzioni, per garantirne la conformità a determinati limiti critci.
• Le procedure di monitoraggio hanno lo scopo di individuare la perdita di
controllo nei punti critici in modo da poter tempestivamente attuare misure
correttive ed il ripristino del controllo del ccp stesso
• I dati del monitoraggio devono essere valutati da una persona che possieda le
conoscenze e l’autorità necessarie per realizzare le misure correttive richieste
IL PROGRAMMA DI MONITORAGGIO DEVE CHIARIRE:
1. Chi deve effettuare il monitoraggio ed il controllo
2. Quando viene effettuato il monitoraggio ed il controllo
3. Con quali modalità è effettuato il monitoraggio ed il controllo
225. 5. MISURE CORRETTIVE
Per ciascun punto critico di controllo l’équipe HACCP deve prevedere in anticipo
misure correttive da adottare senza esitazioni quando il monitoraggio rilevi uno
scarto rispetto ali limite critico
Tali misure devono includere:
1. L’individuazione della persona o delle persone responsabili per l’adozione della misura
correttiva
2. La descrizione dei mezzi e delle misure necessari per correggere l’anomalia osservata
3. Le iniziative da adottare con riguardo ai prodotti realizzati durante il periodo in cui il
processo non era sotto controllo
4. Registrazioni scritte delle misure prese indicando tutte le pertinenti informazioni
Grazie al monitoraggio, si può valutare la necessità di adottare misure preventive nel caso in cui
debbano essere adottate ripetutamente misure correttive per la stessa procedura
226. continua
6. PROCEDURE DI VERIFICA
6.1. l’équipe HACCP specifica i metodi e le procedure da usare per determinare il
funzionamento corretto o meno del sistema HACCP
-- Le procedure di verifica comprendono:
• Un audit del sistema HACCP e delle sue registrazioni
• La verifica delle operazioni
• La conferma che i CCP sono tenuti sotto controllo
• La convalida dei limiti critici
• La revisione delle anomalie e delle disposizioni in merito al prodotto; le misure correttive adottate con
riguardo al prodotto
-- Le verifiche devono essere condotte da una persona diversa da quella preposta all’esecuzione del
monitoraggio e all’adozione delle misure correttive
-- La frequenza delle verifiche deve essere tale da confermare l’efficiente funzionamento del sistema HACCP:
essa influenza notevolmente il nro di controlli successivi o di richiami in caso di rilevazione di anomalie
che vanno al di là dei limiti critici
-- Le verifiche devono comprendere, non necessariamente contemporaneamente, i seguenti elementi:
• Controllo della correttezza delle registrazioni e analisi delle anomalie
• Controlli sulla persona preposta al monitoraggio delle attività di trasformazione , stoccaggio e/o trasporto
• Controllo fisico del processo oggetto di monitoraggio
• Calibrazione degli strumenti utilizzati per il monitoraggio
227. 6.2 Le attività di convalida devono includere iniziative volte a confermare
l’efficacia di tutti gli elementi del progetto HACCP
• In caso di modifica è necessario rivedere il sistema per garantire che esso resta(o
resterà) valido
• Se necessario il risultato della revisione sarà la modifica delle procedure stabilite
• Le modifiche vanno interamente incorporate nella documentazione e nel sistema di
registrazione al fine di garantire la disponibilità di accurate informazioni aggiornate
228. 7. DOCUMENTAZIONE E REGISTRAZIONE
• Le procedure basate sui principi del sistema HACCP devono essere
documentate e registrate
• La documentazione e le registrazioni devono essere appropriate alla natura e
all’entità delle operazioni e sufficienti a permettere all’impresa di verificare che i
controlli HACCP sono predisposti e mantenuti
• I documenti e le registrazioni vanno conservati per un periodo di tempo
sufficiente a consentire all’Autorità competente di verificare il sistema HACCP
;(i documenti vanno firmati da un esponente dell’impresa responsabile per la
revisione)
• Un semplice sistema di registrazione può essere efficace, facilmente comunicato
ai dipendenti, integrato nelle operazioni esistenti, potendo far uso di documenti
già esistenti, quali le bolle di consegna, e di checklist per registrare ad es. la
temperatura del prodotto
229. 8. FORMAZIONE
• L’OSA deve assicurare la corretta ed approfondita conoscenza del
sistema HACCP attuato da parte di tutto il personale
• I settori dell’industria alimentare devono fornire informazioni, anche
tramite manuali, in materia di HACCP, e di formare gli operatori del
settore alimentare
• Le Autorità competenti devono, quando necessario, contribuire a
sviluppare attività d’informazione sul sistema HACCP, particolarmente
nei settori scarsamente organizzati o che dimostrano una scarsa
informazione
230. VANTAGGI DEL SISTEMA
HACCP
Conformità con le esigenze legali
Miglioramento della qualità
Riduzione delle perdite
Protezione del marchio
Formazione del personale
Prevenzione
Riduzione delle barriere
231. VANTAGGI DEL SISTEMA
HACCP
Controllo delle variabili
Introduzione sicura dei
cambiamenti
Audit efficaci
Audit programmati e focalizzati
Flessibilità
Conformità a ………….
232. LIMITI DEL SISTEMA
HACCP
Programmazione non corrette
Risorse
Formazione
Personale
Tempo
Risorse finanziarie
Burocrazia
Falsa idea di sicurezza
234. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA
AUDIT DI PRIMA PARTE (AUDIT INTERNO):
L’azienda analizza il proprio sistema, le procedure e
le attività, al fine di determinarne l’adeguatezza e
verificarne l’applicazione.
Può eventualmente riguardare singoli settori o
funzioni aziendali.
Le verifiche interne sono effettuate dal fornitore,
che utilizza personale interno opportunamente
addestrato.
235. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA
AUDIT DI SECONDA PARTE (AUDIT DEL FORNITORE):
Il committente o l’acquirente effettua questa verifica sui
propri fornitori per controllarne l’adeguatezza e/o la
conformità ad una norma, ad un dato sistema o a
requisiti contrattuali.
Generalmente condotta da personale addestrato inviato
dallo stesso committente o acquirente, può includere la
valutazione di reparti o di società fornitrici all’interno
dello stesso gruppo.
236. CLASSIFICAZIONE DEGLI AUDIT DI SISTEMA
AUDIT DI TERZA PARTE (AUDIT INDIPENDENTE):
Un Organismo di certificazione indipendente ed
accreditato effettua questo tipo di verifica al fine di
accertare in che misura il sistema aziendale sia
conforme alla norma di riferimento.
Può concludersi con l’emissione di un certificato che
attesti la conformità alla norma o specifica utilizzata
come riferimento.
237. AUDIT DI SISTEMA ORIZZONTALE EE VVEERRTTIICCAALLEE
ORIZZONTALE: contemporaneamente valutati
uno o più settori aziendali sulle proprie
specifiche attività
VERTICALE: valutato un progetto (es. sviluppo
e lancio di un nuovo prodotto), attraverso il
passaggio tra le diverse funzioni aziendali,
curando soprattutto le c.d. interfacce
239. METODOLOGIA ((EE DDEEOONNTTOOLLOOGGIIAA??))
DDEELLLL’’AAUUDDIITT
RIFERIMENTO: norma UNI EN ISO 19011:2003
si riferisce alle modalità di programmazione e svolgimento degli
audit ma anche alla formazione ed all’accreditamento dei
valutatori
240. OBIETTIVI
DELL’AUDIT
Verificare conformità del sistema alla norma
Identificare aree di miglioramento del sistema
Verificare conformità di sistema/prodotto a
requisiti specifici
Valutare conformità a norme cogenti
Iscrizione in elenchi di aziende certificate
(oppure albo dei fornitori approvati)
241. LE TECNICHE
DELL’AUDIT
Fare domande
Esaminare le evidenze oggettive
Osservare le attività
Ascoltare le reazioni
Registrare i dati raccolti (sintesi mirata al
rapporto finale!!)
242. TIPOLOGIE DI DOMANDE
NELL’AUDIT
DOMANDE APERTE:
6 W: Who? What? Where? When? Why? Which way?
seguite da: “OK, vediamolo!”
DOMANDE SI/NO
Spesso generano risposte chiuse. Da usare solo per
introdurre altre domande.
DOMANDE DIRETTE
generano risposte più dettagliate
243. AUDIT: APPROCCIO MIRATO ALLE EVIDENZE
Evidenza oggettiva:
“informazioni la cui veridicità può essere
dimostrata sulla base di fatti acquisiti a seguito
di osservazioni, misurazioni, prove od altri mezzi”
Osservazione:
“constatazione di un fatto effettuata durante un
audit”
244. RISULTANZE DELL’AUDIT
PER IL SISTEMA QUALITA’
NON CONFORMITA’ (NC)
“Non soddisfacimento di un requisito specificato” (può
riguardare diversi elementi del SQ, procedure,
prodotti, ecc.)
Classificazione:
Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
245. RISULTANZE DELL’AUDIT
PER IL SISTEMA DI AUTOCONTROLLO
DEVIAZIONE
Evidenza della inosservanza di uno o più dei sette
Principi Codex del Sistema HACCP (trasversale o
riferita ad un CCP)
Classificazione:
Generalmente distinte in MAGGIORI e MINORI
249. Microbiologia ggeenneerraallee –– TTeessttii::
Madigan M.T. et al.: “Brock – Biologia dei microorganismi”,
CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1-2-3)
o
Tortora – Funke – Case: “Microbiologia generale”,
BENJAMIN CUMMINGS
o
Biavati – Sorlini: “Microbiologia generale e agraria”,
CASA EDITRICE AMBROSIANA (vol. 1)
o
Prescott – Harley – Klein: “Microbiology”, WCB MC GRAW-HILL