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Lettere dal fronte: Ungaretti e la guerra
di Grazia Tornillo
La figura di Ungaretti soldato è strettamente legata
a quella di Ungaretti poeta. Quindi, per
comprendere meglio la prima fase della produzione
ungarettiana, è utile esaminare un epistolario
intitolato Ungaretti da una lastra di deserto, che
ricompone il corpus delle lettere spedite dal fronte,
durante la prima guerra mondiale, all’amico
Gherardo Marone, direttore a Napoli della rivista
letteraria La Diana.
Si tratta di lettere, cartoline, telegrammi, poesie che
ricoprono un arco temporale di due anni e mezzo,
dall’aprile del 1916 all’ottobre del 1918. E’ un
periodo fondamentale nella vita del poeta, durante il
quale si chiarisce sempre di più il rapporto di
Ungaretti con la guerra e con la poesia. In questa
fase appare costante, inoltre, lo scambio tra scrittura
poetica e scrittura epistolare che, per Ungaretti, ha
sempre dignità letteraria e ricopre una funzione non
marginale nel processo elaborativo dei testi poetici.
Ungaretti
soldato
interventista
volontario
soldato semplice
Speranze e
disillusione
Ungaretti a 26 anni parte volontario come molti scrittori dell’epoca. E’ infatti molto vicino ai
gruppi interventisti, soprattutto ai lacerbiani Soffici e Papini. Questi ultimi affermano
addirittura la necessità per l’Italia di rinnovarsi attraverso un bagno di sangue e considerano la
guerra contro gli imperi centrali come uno scontro tra civiltà. D’altronde lo stesso Ungaretti
confessa di possedere «un temperamento sanguigno», un animo combattivo.
Dunque Ungaretti è un soldato semplice di fanteria, vuole essere un soldato semplice e viene
mandato sul fronte del Carso. Dall’epistolario apprendiamo che nella primavera del 1917 viene
spedito a forza al corso per allievi ufficiali, ma poi lo abbandona per continuare ad essere un
semplice fante.
Nelle Note al Porto sepolto così si esprime:
«…qualsiasi cosa m’avesse minimamente distinto da un altro fante, mi sarebbe sembra
to un odioso privilegio e un gesto offensivo verso il popolo…»
Lo stesso riserbo, lo stesso pudore Ungaretti
mostra nei confronti della sua poesia. Nella
seconda lettera inviata all’amico Gherardo che
lo invitava a spedirgli delle poesie da
pubblicare sulla Diana, leggiamo:
«Caro Marone, grazie, ma non ho coraggio di
mandare». E nella stessa lettera aggiunge: «Ho
deciso oggi – dopo aver molto pianto – quel
terribile pianto che non si scioglie – che sempre
più si pietrifica dentro – di rimanere in
silenzio».
l poeta scrive tanto, ma ha quasi vergogna di
pubblicare. Insomma per lui le iniziative
culturali e letterarie saranno possibili solo
dopo il conflitto.
Con la terza epistola, infatti, il poeta invia
all’amico la lirica Malinconia, aggiungendo
«per starle vicino; non per la pubblicazione.
Ma Marone la pubblicherà.
Intanto la vittoria sul campo sognata dal poeta
ben presto si tramuta nell’incubo della trincea,
fatto di attesa, di fango, di morte.
Questo però non gli impedisce di scrivere. Anzi comporre poesie risponde ad un
impulso insopprimibile. In particolare una lettera datata il 18 aprile 1916 ci illumina
su questo bisogno del poeta:
«Ho ricevuto la Diana. Mi date,
quassù, un’ora di gentilezza.
Amiamo la vita; lasciamoci
prendere dalla vita; non
resistiamo alla vita: E verrà su
la più vera poesia.»
In trincea, quindi, comincia la prima vera fase della poesia ungarettiana dato che
prima della guerra lo scrittore aveva pubblicato ben poco: qualche poesia su Lacerba
e sulla Voce tra il 1915 e 1916. Ma non era ancora un poeta famoso.
In trincea Ungaretti, coricato nel fango, scrive freneticamente su pezzi di carta o su
vecchi giornali, riponendo i suoi versi in un tascapane. La morte è un tema ricorrente
in questi versi.
Ma in questo momento che cos’è per Ungaretti la poesia?
• Un modo per reagire a un mondo deformato e capovolto
• Un’ancora di salvezza
Dalla consuetudine alla morte nasce dunque una poesia che esprime un nuovo
attaccamento alla vita e un rinnovato sentimento di empatia e fratellanza nei confronti
degli altri uomini. Ma continua il pudore riguardo alla pubblicazione di questi versi. In
una lettera dell’agosto del 1916 così scrive all’amico Gherardo: «A che prò pubblicare?»
Mentre in un’epistola a Papini dello stesso periodo afferma:
«No, niente esibizioni più; a che prò? Non ho
nessuno da convertire; ho da vivere; fare
dell’arte: vivere cioè; fare delle confidenze e
avere pochi amici che le ascoltino, che le serbino
nel cuore; dieci copie manoscritte delle mie cose
a dieci amici miei; con l’obbligo per loro e per
me del segreto; a che prò mettere in mostra? A
che pro sconsacrare? Non essere una merce;
essere una spiritualità; essere.»
Ma fortunatamente quelle poesie vedono infine la luce. I trentatrè componimenti scritti
da Ungaretti sul fronte in poco più di dieci mesi vengono pubblicati a Udine nel dicembre
del 1916 col titolo Il porto sepolto in una edizione di ottanta esemplari grazie al tenente
Ettore Serra. La settima lettera dell’epistolario contiene proprio la poesia Il Porto sepolto:
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
La poesia, composta il 29 giugno 1916 darà il titolo a quella che nella lettera Ungaretti
Considera appunto «la raccolta delle mie cose che vorrei distribuire agli amici».
Dopo la pubblicazione del Porto sepolto Ungaretti continua a scrivere poesie, alcune
delle quali vengono accolte nell’Antologia delle Diana con il titolo complessivo Il ciclo
delle 24 ore. Tra queste, le poesie contenute nelle lettere a Marone testimoniano,
anche in questo caso, continui ripensamenti e un incessante labor limae. Un
esempio di questa costante riscrittura è la poesia La filosofia del poeta, importante
dichiarazione di poetica che poi prenderà il titolo Allegria di Naufragi di cui
l’epistolario contiene ben quattro stesure. Ne riportiamo la prima e l’ultima:
La filosofia del poeta
14 febbraio 1917
So E ogni volta
di un italiano ne fa dono
che si dilania a chi vuole
da tanti anni E subito riprende
a liberare il viaggio
dal turbine come
del suo cuore dopo il naufragio
il succo un superstite
immortale lupo di mare
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La filosofia del poeta
30 aprile 1917
E subito riprende
il viaggio
come
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  • 1. Lettere dal fronte: Ungaretti e la guerra di Grazia Tornillo
  • 2. La figura di Ungaretti soldato è strettamente legata a quella di Ungaretti poeta. Quindi, per comprendere meglio la prima fase della produzione ungarettiana, è utile esaminare un epistolario intitolato Ungaretti da una lastra di deserto, che ricompone il corpus delle lettere spedite dal fronte, durante la prima guerra mondiale, all’amico Gherardo Marone, direttore a Napoli della rivista letteraria La Diana. Si tratta di lettere, cartoline, telegrammi, poesie che ricoprono un arco temporale di due anni e mezzo, dall’aprile del 1916 all’ottobre del 1918. E’ un periodo fondamentale nella vita del poeta, durante il quale si chiarisce sempre di più il rapporto di Ungaretti con la guerra e con la poesia. In questa fase appare costante, inoltre, lo scambio tra scrittura poetica e scrittura epistolare che, per Ungaretti, ha sempre dignità letteraria e ricopre una funzione non marginale nel processo elaborativo dei testi poetici.
  • 4. Ungaretti a 26 anni parte volontario come molti scrittori dell’epoca. E’ infatti molto vicino ai gruppi interventisti, soprattutto ai lacerbiani Soffici e Papini. Questi ultimi affermano addirittura la necessità per l’Italia di rinnovarsi attraverso un bagno di sangue e considerano la guerra contro gli imperi centrali come uno scontro tra civiltà. D’altronde lo stesso Ungaretti confessa di possedere «un temperamento sanguigno», un animo combattivo. Dunque Ungaretti è un soldato semplice di fanteria, vuole essere un soldato semplice e viene mandato sul fronte del Carso. Dall’epistolario apprendiamo che nella primavera del 1917 viene spedito a forza al corso per allievi ufficiali, ma poi lo abbandona per continuare ad essere un semplice fante. Nelle Note al Porto sepolto così si esprime: «…qualsiasi cosa m’avesse minimamente distinto da un altro fante, mi sarebbe sembra to un odioso privilegio e un gesto offensivo verso il popolo…»
  • 5. Lo stesso riserbo, lo stesso pudore Ungaretti mostra nei confronti della sua poesia. Nella seconda lettera inviata all’amico Gherardo che lo invitava a spedirgli delle poesie da pubblicare sulla Diana, leggiamo: «Caro Marone, grazie, ma non ho coraggio di mandare». E nella stessa lettera aggiunge: «Ho deciso oggi – dopo aver molto pianto – quel terribile pianto che non si scioglie – che sempre più si pietrifica dentro – di rimanere in silenzio». l poeta scrive tanto, ma ha quasi vergogna di pubblicare. Insomma per lui le iniziative culturali e letterarie saranno possibili solo dopo il conflitto. Con la terza epistola, infatti, il poeta invia all’amico la lirica Malinconia, aggiungendo «per starle vicino; non per la pubblicazione. Ma Marone la pubblicherà. Intanto la vittoria sul campo sognata dal poeta ben presto si tramuta nell’incubo della trincea, fatto di attesa, di fango, di morte.
  • 6. Questo però non gli impedisce di scrivere. Anzi comporre poesie risponde ad un impulso insopprimibile. In particolare una lettera datata il 18 aprile 1916 ci illumina su questo bisogno del poeta: «Ho ricevuto la Diana. Mi date, quassù, un’ora di gentilezza. Amiamo la vita; lasciamoci prendere dalla vita; non resistiamo alla vita: E verrà su la più vera poesia.» In trincea, quindi, comincia la prima vera fase della poesia ungarettiana dato che prima della guerra lo scrittore aveva pubblicato ben poco: qualche poesia su Lacerba e sulla Voce tra il 1915 e 1916. Ma non era ancora un poeta famoso. In trincea Ungaretti, coricato nel fango, scrive freneticamente su pezzi di carta o su vecchi giornali, riponendo i suoi versi in un tascapane. La morte è un tema ricorrente in questi versi. Ma in questo momento che cos’è per Ungaretti la poesia? • Un modo per reagire a un mondo deformato e capovolto • Un’ancora di salvezza
  • 7. Dalla consuetudine alla morte nasce dunque una poesia che esprime un nuovo attaccamento alla vita e un rinnovato sentimento di empatia e fratellanza nei confronti degli altri uomini. Ma continua il pudore riguardo alla pubblicazione di questi versi. In una lettera dell’agosto del 1916 così scrive all’amico Gherardo: «A che prò pubblicare?» Mentre in un’epistola a Papini dello stesso periodo afferma: «No, niente esibizioni più; a che prò? Non ho nessuno da convertire; ho da vivere; fare dell’arte: vivere cioè; fare delle confidenze e avere pochi amici che le ascoltino, che le serbino nel cuore; dieci copie manoscritte delle mie cose a dieci amici miei; con l’obbligo per loro e per me del segreto; a che prò mettere in mostra? A che pro sconsacrare? Non essere una merce; essere una spiritualità; essere.»
  • 8. Ma fortunatamente quelle poesie vedono infine la luce. I trentatrè componimenti scritti da Ungaretti sul fronte in poco più di dieci mesi vengono pubblicati a Udine nel dicembre del 1916 col titolo Il porto sepolto in una edizione di ottanta esemplari grazie al tenente Ettore Serra. La settima lettera dell’epistolario contiene proprio la poesia Il Porto sepolto: Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto La poesia, composta il 29 giugno 1916 darà il titolo a quella che nella lettera Ungaretti Considera appunto «la raccolta delle mie cose che vorrei distribuire agli amici».
  • 9. Dopo la pubblicazione del Porto sepolto Ungaretti continua a scrivere poesie, alcune delle quali vengono accolte nell’Antologia delle Diana con il titolo complessivo Il ciclo delle 24 ore. Tra queste, le poesie contenute nelle lettere a Marone testimoniano, anche in questo caso, continui ripensamenti e un incessante labor limae. Un esempio di questa costante riscrittura è la poesia La filosofia del poeta, importante dichiarazione di poetica che poi prenderà il titolo Allegria di Naufragi di cui l’epistolario contiene ben quattro stesure. Ne riportiamo la prima e l’ultima: La filosofia del poeta 14 febbraio 1917 So E ogni volta di un italiano ne fa dono che si dilania a chi vuole da tanti anni E subito riprende a liberare il viaggio dal turbine come del suo cuore dopo il naufragio il succo un superstite immortale lupo di mare degli attimi La filosofia del poeta 30 aprile 1917 E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare