1. Curzio malaparte
Kurt Erich Suckert nasce nasce il 9 giugno del 1898 a
Prato , dopo la scuola dell'obbligo si iscrive al liceo
classico "Cicognini" della sua città.
Nel 1914 con l'inizio della prima guerra mondiale , si
arruola volontario per il fronte, pur avendo solo sedici
anni: in quel momento l'Italia è ancora neutrale, per cui
egli decide di entrare a far parte della Legione
Garibaldina, che successivamente è inquadrata nella
Legione straniera francese. Con l'entrata in guerra
dell'Italia, Suckert ha finalmente la possibilità di arruolarsi
come fante del Regio Esercito e conquista una medaglia
di bronzo al valore militare.
Conclusa la Grande Guerra, si dedica alla scrittura di un
saggio-romanzo dedicato al conflitto, intitolato "Viva Caporetto!": si tratta del suo primo libro,
nel quale una Roma corrotta viene individuata come il nemico principale contro il quale
combattere.
Una volta terminata l'opera , intraprende l'attività giornalistica e prova a proporre il libro a
diversi editori: molti di essi, però, lo rifiutano e quindi Kurt sceglie di pubblicare a proprie
spese. Nel frattempo, Suckert si appassiona alle sorti del movimento fascista da poco creato
da Benito Mussolini: nel settembre del 1922 è tra i partecipanti alla Marcia su Roma ;in
seguito al delitto Matteotti si schiera a favore dello squadrismo intransigente: nel 1924,
quindi, fonda il quindicinale "La conquista dello Stato", di cui diventa direttore e tramite il
quale invita Mussolini ad assumere la dittatura.
L'anno successivo è tra i firmatari del "Manifesto degli intellettuali fascisti" e decide di
iscriversi ufficialmente al Partito Nazionale Fascista. Nello stesso periodo pubblica il saggio
"Italia barbara", che può contare sulla prefazione di Pietro Gobetti , suo avversario politico
che, però, ne riconosce il talento di scrittore.
Kurt firma questo libro con il nome di Curzio Malaparte Suckert, con il quale da quel
momento firmerà i suoi libri e i suoi articoli. L'anno successivo riceve l'incarico di dirigere
"La Stampa", lascerà il quotidiano torinese nel 1931. Nello stesso anno, pubblica in lingua
francese a Parigi "Technique du coup d'etat", un saggio che attacca Hitler e lo stesso
Mussolini.
Malaparte viene espulso dal Partito Nazionale Fascista nel 1933 e confinato in Sicilia,
sull'isola di Lipari, ritenuto colpevole di avere messo in pratica all'estero delle attività
contrarie al fascismo e di avere attaccato Italo Balbo.
Tornato definitivamente in libertà grazie all'amicizia di Galeazzo Ciano comincia a lavorare
per il "Corriere" come inviato. Nel 1935 si scontra con il senatore e fondatore della Fiat
Giovanni Agnelli a causa della sua relazione d'amore con Virginia Bourbon del Monte,
vedova di Edoardo Agnelli: il matrimonio tra Curzio e Virginia, già organizzato per l'anno
successivo, viene annullato sotto le minacce di togliere alla donna la potestà sui figli; quel
che Agnelli rimprovera allo scrittore, in particolare, è la sua rottura con diversi gerarchi
fascisti.
2. In seguito alla seconda guerra mondiale , l'autore sceneggia "Il Cristo proibito", film
neorealista di cui cura anche la regia che nel 1951 si aggiudica il premio "Città di Berlino" al
Festival di Berlino. Curzio Malaparte muore il 19 luglio del 1957 a Roma a causa di un
tumore, probabilmente dovuto all'intossicazione da iprite di cui lo scrittore era stato vittima
nel corso della prima guerra mondiale.
Poetica
Giornalista e scrittore dunque, Malaparte fu da sempre un uomo profondamente libero. Una
libertà di pensiero e di espressione necessaria alla scrittura, una libertà che avrebbe
permesso di arrivare alla verità, che fosse quella della letteratura o della cronaca.
Cita così la prefazione dello stesso scrittore a Kaputt: «Speriamo ora che i tempi siano nuovi
realmente e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana
ha bisogno di rispetto non meno che di libertà…» ...
Kaputt (1944) e La Pelle (1949) sono i romanzi che Malaparte scrisse in seguito alla sua
esperienza di corrispondente di guerra sul fronte francese, finlandese e russo durante la
Seconda Guerra Mondiale.
Altre corrispondenze dalla Francia e dalla Russia sono raccolte in opere quali Il sole è cieco
(1947) e Il Volga nasce in Europa (1943).
Malaparte, la furia italiana del dopoguerra, uno stile dannunziano e proustiano, mantenne di
questi ultimi scrittori le immagini barocche e lo stile sontuoso, per denunciare, scandalizzare,
provocare, diventare la coscienza politica dei popoli vinti.
Diari giornalistici che conservano l’iconicità e la visionarietà dei romanzi “veristi” che
mostrano mondi di degradazione e di miseria. Atrocità da resoconti-reportage con uno stile
decadente ed espressionista che gli permettono di creare quel meraviglioso orrore che
contraddistingue le sue opere.
Ne La pelle leggiamo infatti: «Oggi si soffre e si fa soffrire, si uccide e si muore, si compiono
cose meravigliose e cose orrende, non già per salvare la propria anima, ma per salvare la
propria pelle. Si crede di lottare e di soffrire per la propria anima, ma in realtà si lotta e si
soffre per la propria pelle. Tutto il resto non conta».
L’originalità di Malaparte è dunque quella di aver perfezionato un naturalismo alla Zola, per
le descrizioni così aderenti alla realtà, a uno spiccato autobiografismo, che in qualche modo
lo inserisce nella corrente di scrittori quali Proust o Céline, che seppur profondamente
diversi tra loro, partivano anch'essi dall'esperienza di vita vissuta per trasformarla in opera
d’arte.
Kaputt
“Un libro crudele”
3. Kaputt è il resoconto dell'esperienza vissuta da Curzio Malaparte come corrispondente di
guerra durante il periodo dal maggio 1941 all'agosto 1943. Un resoconto crudele,
ferocemente grottesco e per questo ancora più dolente, una narrazione tra la cronaca e il
racconto visionario. Un ritmo incessante con una delineazione
dei personaggi di grande capacità evocativa e simbolica.
Tutti i capitoli portano infatti il nome di un animale, solo gli
animali sono gli unici ad essere rimasti umani, sono l'unica
voce viva e familiare rimasta in un silenzio spettrale.
In questo estratto dal sottocapitolo de “I topi” , “Cricket
in Polonia” Curzio Malaparte riporta sul suo diario una
conversazione avvenuta tra alcuni soldati tedeschi mentre
stavano riposando in una stanza dell’Hotel Europejski,
a Cracovia.
Il tema della conversazione è la purezza della razza Ariana
e sulla natura estremamente razionale e veritiera del modo di
pensare dei tedeschi, i militari nazisti approvano come Hitler
ha gestito il massacro degli Ebrei attraverso dei ghetti in
Polonia
i quali , secondo loro offrono “libertà” al popolo ebreo, il soldato Frank fa’ una similitudine per
spiegare la differenza tra le due razze: se gli ebrei sono macellai allora i tedeschi sono
chirurghi
Come sua abitudine, Curzio Malaparte, nel capitolo “I topi” si confronta sia con la parte
tedesca attraverso dialoghi con ufficiali militari sia con la parte vittima della Polonia ovvero
gli ebrei ridotti così male che nella descrizione realista delle città bombardate non sapeva se
quei ragazzi si potessero definire tali o descriverli come bestie per quanto fossero martoriati
dalla guerra e dalle persecuzioni.
Questo stile etico ed estetico insieme, questo scetticismo che non porta mai a un nichilismo
è il marchio di Curzio Malaparte, quello di saper coniugare atrocità ed eleganza, un'ironia
sferzante e un linguaggio che gli permettono di mettere in scena l'osceno mostrandone tutti
gli scandali e gli orrori alternandoli a momenti di profonda stanchezza e sofferenza.
Condanno i pogrom come uomo, come tedesco, e come Generalgouverneur
di Polonia».
«Very kind of you» dissi inchinandomi.
«La Germania è un paese di civiltà superiore, e aborre da certi metodi
barbarici» disse Frank volgendo in giro uno sguardo sinceramente indignato.
« Natürlich » dissero tutti.
«La Germania» disse Wächter «ha una grande missione di civiltà da
compiere all’Est».
«La parola pogrom non è una parola tedesca» disse Frank.
« E' una parola ebraica, naturalmente » dissi sorridendo.
« Ignoro se sia una parola ebraica, » disse Frank « ma so che non è entrata
4. e non entrerà mai nel vocabolario tedesco».
« Il pogrom è una specialità slava » disse Wächter.
« Noi tedeschi seguiamo in ogni cosa la ragione e il metodo, non i bestiali
istinti: in tutto, noi operiamo scientificamente. Quando è necessario, ma
soltanto quando è strettamente necessario, » ripetè Frank spiccando le sillabe
e guardandomi fisso come per stamparmi in fronte le sue parole «noi
imitiamo l’arte del chirurgo, non mai quella del macellaio. Avete forse visto »
aggiunse « un massacro di ebrei nelle strade delle città germaniche? No,
vero? Tutt’al più qualche dimostrazione di studenti, qualche innocente
chiassata di ragazzi. Eppure, fra qualche tempo, in Germania, non vi sarà più
un solo ebreo».
« E' questione di metodo e di organizzazione » disse Fischer.
«Ammazzar gli ebrei» continuò Frank «non è nello stile tedesco. E' una
fatica stupida, un inutile spreco di tempo e di forze. Noi li deportiamo in
Polonia, e li chiudiamo nei ghetti. Padroni, là dentro, di far quel che
vogliono.