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Giulio Andreotti (Roma, 14 gennaio 1919) è
uno dei più importanti e famosi politici italiani. È
stato uno dei principali esponenti della
Democrazia Cristiana; è al centro della scena
politica italiana da più di mezzo secolo. Ha
ricoperto più volte numerosi incarichi di
governo:
➔  Presidente del Consiglio per sette volte (tra
cui il governo di "solidarietà nazionale" durante
il rapimento di Aldo Moro (1978-1979) e il
governo della "non-sfiducia" (1976-1977);
➔   per otto volte ministro della Difesa;
➔   per cinque volte ministro degli Esteri;
➔   tre volte ministro delle Partecipazioni Statali;
➔per due volte ministro delle Finanze,
ministro del Bilancio e ministro dell'Industria;
➔una volta ministro del Tesoro, ministro
delll'interno e ministro delle Politiche
Comunitarie.
Presente in Parlamento dal 1948 come
deputato fino al 1991 e successivamente come
senatore a vita. E' stato membro
dell'Assemblea Costituente.
Segretario di Alcide De Gasperi a partire dagli anni cinquanta assunse i
primi incarichi di Governo come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e nel 1958 fu
coinvolto in un primo importante scandalo politico.
Incarichi di rilievo e scandali politici sono una costante nella vita politica di Andreotti. Del
resto i soprannomi che gli sono stati affibbiati (la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero,
Belzebù, Zio Giulio, il Divo Giulio) rendono bene della considerazione da un lato e
dell'avversione nutrita nei suoi confronti da alleati, amici ed avversari politici.
Se si vuole, anche l'essere stato bersaglio privilegiato della satira politica è un
evidente segno della considerazione di cui ha goduto, nel bene e nel male, nella
storia italiana.
All'innegabile abilità politica che non si può
non riconoscere ad Andreotti, fa da
contraltare il numero inquietante di vicende
giudiziarie in cui è risultato coinvolto nel corso
degli anni. Vicende dalle quali è uscito
sempre sostanzialmente indenne, ma che
certo hanno gettato più di un ombra sulla sua
persona.
Tra le tante, sicuramente l'essere coinvolto in
un processo per mafia, è forse lo scandalo
che più di tutti ha nuociuto alla sua immagine,
ma non vanno dimenticate le vicende legate
all'omicidio Pecorelli, ai fatti connessi con il
cosiddetto golpe Borghese ed ai suoi rapporti
con Michele Sindona.
Un altra vicenda “sconcertante” in cui Andreotti è stato in qualche modo coinvolto è
stata la drammatica fase del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse,
soprattutto per la dura presa di posizione nei suoi confronti che emerge dalle lettere di
Moro. Personaggio di difficile valutazione quindi, ma certo un protagonista della storia
della Repubblica, o almeno di quella che fu chiamata la Prima Repubblica. Di certo
molti dei guasti della situazione attuale dell'Italia, almeno quelli che “vengono da
lontano” sono legati anche alla pratica spregiudicata del potere che ne ha
caratterizzato la vicenda politica.
Film di riferimento: Il Divo di P. Sorrrentino 2008

                                    C'è un uomo che soffre di terribili emicranie e arriva anche a contornarsi il volto con
                                    l'agopuntura pur di lenire il dolore. È la prima immagine (grottesca) di Giulio Andreotti ne
                                    Il divo.
                                    Siamo negli Anni Ottanta e quest'uomo freddo e distaccato, apparentemente privo di
                                    qualsiasi reazione emotiva, è a capo di una potente corrente della Democrazia Cristiana
                                    ed è pronto per l'ennesima presidenza del Consiglio. L'uccisione di Aldo Moro pesa però
                                    su di lui come un macigno impossibile da rimuovere. Passerà attraverso morti misteriose
                                    (Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli) in cui lo si riterrà a vario titolo coinvolto, supererà
                                    senza esserne scalfito Tangentopoli per finire sotto processo per collusione con la mafia.
                                    Processo dal quale verrà assolto.
                                    Paolo Sorrentino torna a fare cinema direttamente politico in Italia. Compie una scelta
                                    difficile pur decidendo di colpire un obiettivo facile: Andreotti. L'uomo di Stato che è stato
                                    definito di volta in volta, la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù e,
                                    giustappunto, il Divo Giulio si prestava sicuramente a divenire simbolo di una riflessione
                                    sui mali del nostro Paese. La scelta era comunque difficile perchè Sorrentino aveva alle
                                    sue spalle almeno tre nomi ai quali ispirarsi e dai quali stilisticamente distinguersi in
                                    questa sua riscoperta del cinema impegnato:Francesco Rosi, Elio Petri, G. Ferrara.
                                    Il primo con il suo rigore nella denuncia, il secondo con una visionarietà graffiante, il
                                    terzo con il suo cronachismo drammaturgicamente efficace.
                                    Sorrentino riesce nell'operazione. Dichiara, consapevolmente o meno, i propri debiti nei
                                    confronti degli autori citati nella fase iniziale del film che innerva però sin da subito con
                                    una cifra di grottesco che diventa la sua personale lettura del personaggio e di coloro
                                    che lo hanno circondato e sostenuto. Proprio grazie a questa scelta stilistica può
                                    permettersi, nell'ultima parte del film, di proporci le fasi processuali per l'accusa di mafia
                                    grazie a una visione in cui surreale e reale finiscono con il coincidere.
                                    L'Andreotti di Sorrentino è un uomo che ha consacrato tutto se stesso al Potere. Un
                                    politico che ha saputo vincere anche quando perdeva. Un essere umano profondamente
                                    solo che ha trovato nella moglie l'unica persona che ha creduto di poterlo conoscere. La
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                                    Una vita in cui, come afferma lo stesso Andreotti (interpretato da un Servillo capace di
                                    cancellare qualsiasi remota ipotesi di imitazione per dedicarsi invece a uno scavo
                                    dell'interiorità del personaggio), è inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che
                                    bisogna accettare per ottenere il Bene. That's Life? Forse non necessariamente.
realizzato nell'ambito del progetto
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                                      a cura del Prof. Pietro Volpones
                                                    2009




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IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
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Il Divo Giulio

  • 1. Il D iv o G Iu li o
  • 2. Giulio Andreotti (Roma, 14 gennaio 1919) è uno dei più importanti e famosi politici italiani. È stato uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana; è al centro della scena politica italiana da più di mezzo secolo. Ha ricoperto più volte numerosi incarichi di governo: ➔ Presidente del Consiglio per sette volte (tra cui il governo di "solidarietà nazionale" durante il rapimento di Aldo Moro (1978-1979) e il governo della "non-sfiducia" (1976-1977); ➔ per otto volte ministro della Difesa; ➔ per cinque volte ministro degli Esteri; ➔ tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; ➔per due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell'Industria; ➔una volta ministro del Tesoro, ministro delll'interno e ministro delle Politiche Comunitarie. Presente in Parlamento dal 1948 come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. E' stato membro dell'Assemblea Costituente.
  • 3. Segretario di Alcide De Gasperi a partire dagli anni cinquanta assunse i primi incarichi di Governo come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e nel 1958 fu coinvolto in un primo importante scandalo politico.
  • 4. Incarichi di rilievo e scandali politici sono una costante nella vita politica di Andreotti. Del resto i soprannomi che gli sono stati affibbiati (la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù, Zio Giulio, il Divo Giulio) rendono bene della considerazione da un lato e dell'avversione nutrita nei suoi confronti da alleati, amici ed avversari politici.
  • 5. Se si vuole, anche l'essere stato bersaglio privilegiato della satira politica è un evidente segno della considerazione di cui ha goduto, nel bene e nel male, nella storia italiana.
  • 6. All'innegabile abilità politica che non si può non riconoscere ad Andreotti, fa da contraltare il numero inquietante di vicende giudiziarie in cui è risultato coinvolto nel corso degli anni. Vicende dalle quali è uscito sempre sostanzialmente indenne, ma che certo hanno gettato più di un ombra sulla sua persona. Tra le tante, sicuramente l'essere coinvolto in un processo per mafia, è forse lo scandalo che più di tutti ha nuociuto alla sua immagine, ma non vanno dimenticate le vicende legate all'omicidio Pecorelli, ai fatti connessi con il cosiddetto golpe Borghese ed ai suoi rapporti con Michele Sindona.
  • 7. Un altra vicenda “sconcertante” in cui Andreotti è stato in qualche modo coinvolto è stata la drammatica fase del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, soprattutto per la dura presa di posizione nei suoi confronti che emerge dalle lettere di Moro. Personaggio di difficile valutazione quindi, ma certo un protagonista della storia della Repubblica, o almeno di quella che fu chiamata la Prima Repubblica. Di certo molti dei guasti della situazione attuale dell'Italia, almeno quelli che “vengono da lontano” sono legati anche alla pratica spregiudicata del potere che ne ha caratterizzato la vicenda politica.
  • 8. Film di riferimento: Il Divo di P. Sorrrentino 2008 C'è un uomo che soffre di terribili emicranie e arriva anche a contornarsi il volto con l'agopuntura pur di lenire il dolore. È la prima immagine (grottesca) di Giulio Andreotti ne Il divo. Siamo negli Anni Ottanta e quest'uomo freddo e distaccato, apparentemente privo di qualsiasi reazione emotiva, è a capo di una potente corrente della Democrazia Cristiana ed è pronto per l'ennesima presidenza del Consiglio. L'uccisione di Aldo Moro pesa però su di lui come un macigno impossibile da rimuovere. Passerà attraverso morti misteriose (Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli) in cui lo si riterrà a vario titolo coinvolto, supererà senza esserne scalfito Tangentopoli per finire sotto processo per collusione con la mafia. Processo dal quale verrà assolto. Paolo Sorrentino torna a fare cinema direttamente politico in Italia. Compie una scelta difficile pur decidendo di colpire un obiettivo facile: Andreotti. L'uomo di Stato che è stato definito di volta in volta, la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù e, giustappunto, il Divo Giulio si prestava sicuramente a divenire simbolo di una riflessione sui mali del nostro Paese. La scelta era comunque difficile perchè Sorrentino aveva alle sue spalle almeno tre nomi ai quali ispirarsi e dai quali stilisticamente distinguersi in questa sua riscoperta del cinema impegnato:Francesco Rosi, Elio Petri, G. Ferrara. Il primo con il suo rigore nella denuncia, il secondo con una visionarietà graffiante, il terzo con il suo cronachismo drammaturgicamente efficace. Sorrentino riesce nell'operazione. Dichiara, consapevolmente o meno, i propri debiti nei confronti degli autori citati nella fase iniziale del film che innerva però sin da subito con una cifra di grottesco che diventa la sua personale lettura del personaggio e di coloro che lo hanno circondato e sostenuto. Proprio grazie a questa scelta stilistica può permettersi, nell'ultima parte del film, di proporci le fasi processuali per l'accusa di mafia grazie a una visione in cui surreale e reale finiscono con il coincidere. L'Andreotti di Sorrentino è un uomo che ha consacrato tutto se stesso al Potere. Un politico che ha saputo vincere anche quando perdeva. Un essere umano profondamente solo che ha trovato nella moglie l'unica persona che ha creduto di poterlo conoscere. La sequenza in cui i due siedono mano nella mano davanti al televisore in cui Renato Zero canta "I migliori anni della nostra vita" entra di diritto nella storia del cinema italiano. È la sintesi perfetta (ancor più degli incubi ritornanti con le parole come pietre scritte a lui e su di lui da Aldo Moro dalla prigione delle BR) di una vita consacrata sull'altare sbagliato. Una vita in cui, come afferma lo stesso Andreotti (interpretato da un Servillo capace di cancellare qualsiasi remota ipotesi di imitazione per dedicarsi invece a uno scavo dell'interiorità del personaggio), è inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che bisogna accettare per ottenere il Bene. That's Life? Forse non necessariamente.
  • 9. realizzato nell'ambito del progetto Cinema e Storia Il secolo breve italiano a cura del Prof. Pietro Volpones 2009 Le slide e la conversione nel formato flash sono state realizzate con OpenOffice 3.1