2. Il castello, detto Schloss Hartheim, fu costruito da
Jakob von Aspen nel 1600. È un castello di
dimensioni piuttosto ridotte e nelle sue vicinanze si
trovano strutture simili.
Nel 1898 fu donato dal Principe Camillo
all'Organizzazione di Carità dell'Austria Superiore
come centro educativo e di cura.
HARTEIM
3. Il castello di Hartheim fu uno
dei sei centri per l'applicazione
del programma eutanasia
stabilito con decreto di Hitler in
data 1° settembre 1939.
Lo stesso giorno dello scoppio
della l'inizio della 2ª guerra
mondiale i sostenitori del
programma dichiaravano che
era assurdo mantenere degli
esseri inutili mentre la miglior
gioventù tedesca si sacrificava
sui campi di battaglia.
DURANTE LA GUERRA
Il castello di Hartheim era stato fino allora un
istituto per bambini handicappati gestito da una
congregazione di suore. Col decreto le suore furono
espulse e i bambini a poco a poco eliminati con
scuse non sempre plausibili per i genitori che si
vedevano recapitare l'atto di morte.
4. Terminata l'eutanasia dei
bambini fu la volta degli
adulti handicappati.
Completata l’operazione, il
castello di Hartheim divenne
uno pseudo istituto di ricerca
ove un gruppo di medici
criminali compiva i più
ignobili esperimenti sul corpo
dei deportati, esperimenti che
si concludevano con la morte.
Simon Wiesenthal lo definì
5. Gran parte del “materiale
umano” era fornito da
Mauthausen: tutte le
settimane, e verso la fine
anche due o tre volte la
settimana, la cosiddetta
“corriera blu” (un pullman
coi vetri azzurrati per
celarne il contenuto),
arrivava al portone del
campo per fare il carico di
materiale umano; quello era
un momento di terrore.
Non si è mai saputo come
avveniva la “scelta”.
6. Nel 1954 le stanze del
castello vennero
convertite in
appartamenti in
affitto.
La camera a gas fu
aperta al pubblico,
per la prima volta
dopo la fine della
guerra, nel 1969.
Il castello di
DOPO LA GUERRA
7. MAUTHAUSEN
Durante la prima guerra mondiale (1914 -
1918) gli austriaci aprirono un primo campo
di concentramento per prigionieri di guerra
ad est di Mauthausen per lo sfruttamento
della cava di Wiener - Graben, il granito
viennese usato per pavimentare le strade di
Vienna.
In esso, russi, serbi e
moltissimi italiani
raggiunsero l’impressionante
cifra di 40.000 internati e circa
9.000 di loro vi persero la vita,
tra cui 1.759 prigionieri
militari italiani che vi
morirono di fame e stenti.
8. Mauthausen
durante la seconda
guerra mondiale
L’8 agosto 1938, cinque mesi
dopo la cosiddetta “annessione“
(“Anschluss”) dell’Austria al
Reich, arrivarono a Mauthausen
i primi prigionieri provenienti
dal Campo di concentramento
di Dachau.
Inizialmente i prigionieri furono
9. Fino al 1943 la funzione
prevalente del Lager fu la
persecuzione e la reclusione
definitiva degli oppositori
politici ed ideologici.
Per un certo tempo Mauthausen
e Gusen furono gli unici Lager
classificati di Categoria III,
previsti per “detenuti difficili
da recuperare”, il che
significava che in quei luoghi le
condizioni di reclusione erano
durissime e la mortalità fra le
più alte tra tutti i Lager del
10. Tra il 1942 e il 1943, come in tutti gli altri Campi di
concentramento, i prigionieri vennero in numero
sempre maggiore utilizzati nell’industria bellica, e per
gestire la quantità di prigionieri che aumentò
notevolmente nacque l’esigenza di fondare numerosi
Campi-satellite.
Alla fine del 1942 nei Campi di Mauthausen, di Gusen
e nei pochi Campi-satellite si trovavano 14.000
prigionieri, mentre nel 1945 il numero dei detenuti era
aumentato oltre 84.000.
11. Dopo la seconda metà del 1944, arrivarono a
Mauthausen trasporti di migliaia di deportati,
provenienti soprattutto dai campi di
concentramento ubicati più a est che venivano
evacuati.
Nella primavera del 1945 furono smantellati i
campi-satellite situati ad est di Mauthausen.
Tutti i prigionieri furono convogliati verso
Mauthausen/Gusen per mezzo di vere e
proprie marce della morte, finendo per
provocare uno spaventoso sovraffollamento, nel
campo principale come anche negli altri sotto-
campi ancora esistenti: Ebensee, Steyr e
Gunskirchen. A seguito del sovraffollamento la
fame e le malattie fecero aumentare di colpo la
mortalità.
12. La maggior parte dei deportati presenti a
Mauthausen proveniva dalla Polonia, seguiti
dai cittadini sovietici e ungheresi, ma c’erano
anche numerosi gruppi di tedeschi, austriaci,
francesi, italiani, jugoslavi e spagnoli.
In totale, l’amministrazione delle SS del Lager
registrò uomini, donne e bambini provenienti
da più di 40 Nazioni.
In totale, durante il periodo tra la costruzione
del Lager nell’agosto del 1938 e la sua
liberazione da parte dell’Esercito americano
nel maggio del 1945, a Mauthausen furono
deportate quasi 200.000 persone.
13. Migliaia di prigionieri furono
fucilati, o assassinati con iniezioni
letali, altri fatti morire di botte, altri
ancora di freddo durante i
cosiddetti “Totbadeaktionen” (i
prigionieri venivano sottoposti a
docce gelide finché morivano di
freddo e sfinimento o affogavano
cadendo).
Almeno 10.200 prigionieri furono assassinati per
asfissia, una parte nella Camera a gas nel Campo
centrale, altri nel castello di Hartheim, uno dei
centri di sterminio del ”Progetto eutanasia”, oppure
nel Campo di Gusen, rinchiusi in baracche sigillate
o in un autobus che faceva la spola fra Mauthausen
e Gusen nel quale veniva immesso gas velenoso.
14. La maggioranza dei
prigionieri dei Lager però,
non sopravvisse allo
sfruttamento spietato della
manodopera,
accompagnato da
maltrattamenti,
denutrizione, mancanza di
vestiti adeguati e di cure
mediche. In totale, a
Mauthausen, Gusen e negli
altri campi-satellite,
morirono circa 100.000
prigionieri, dei quali quasi
la metà perì durante i sei
mesi precedenti la
15. La scala della morte
Il sistematico e deliberato
sterminio attraverso la fame, le
malattie, l’assassinio di massa
tipico di tutti i campi, si
accompagna a Mauthausen alla
brutalità delle condizioni in cui i
deportati sono costretti a lavorare
nella cava. Le pietre estratte e
squadrate devono essere portate a
spalle, dalle squadre di
punizione, lungo 186 ripidi
gradini.
A lato e in cima attendono le SS che pungolano,
spingono e torturano gli uomini che si
muovono faticosamente. La chiamano la “scala
della morte”, mentre il dirupo della cava
prende il nome di “muro dei paracadutisti”,
poiché gli aguzzini, come supremo
divertimento, a volte spingono i primi della fila
che, cadendo, trascinano con loro decine di altri
16. “Muro dei paracadutisti”
Molte centinaia di detenuti
perdevano la vita perché venivano
lanciati verso il fondo della ripida
scalinata in pietra o affogati nel
profondo laghetto circostante.
Spesso i detenuti si gettavano
poiché non potevano più sopportare
i tormenti e le torture della discesa.
La SS chiamava in modo scherzoso e
macabro queste morti con il nome
“ paracadutismo dal dirupo”.
Il primo gruppo ebreo olandese fu
lanciato giù dal dirupo nell’estate
del 1942 presso il campo di
concentramento di Mauthausen
dalle SS.
17. La liberazione
A mezzogiorno del 5 maggio
1945 il comandante americano
Albert J. Koziek, della
TerzaArmata americana, si
dirige con due autoblinde
verso il Lager.
Le SS sono fuggite; il
comandante Franz Ziereis si è
nascosto nella campagna dove
sarà scoperto e ferito a morte
venti giorni dopo; la maggior
parte della documentazione del
campo è stata bruciata. È il
delegato della Croce rossa
internazionale ad andare
incontro all’ufficiale alleato. Gli
spagnoli issano sul portone
prima una bandiera rossa, poi
una della Spagna repubblicana.
18. LA
COMMEMORAZIONE
DEL CAMPO
Migliaia di persone provenienti
da 50 Paesi hanno partecipato
anche quest’anno alla Giornata
della memoria a Mauthausen.
C’erano anche diverse
delegazioni italiane alla
commemorazione per il
69esimo anniversario della
liberazione del campo da parte
dell’esercito americano,
avvenuta il 5 maggio 1945.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26. Alcune foto relative a
Mauthausen e in sotto
fondo la storia raccontata
da Antonio De Nardi, uno
dei pochi sopravvissuti
all’inferno di Mauthausen
27.
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32.
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34.
35.
36. I partecipanti al viaggio-pellegrinaggio in compagnia del signor Antonio De
Nardi, di Camolli, che ci ha narrato la sua esperienza di deportato politico.
Siamo stati accompagnati anche dalla professoressa Gianelli, che ringraziamo,
per esserci stata vicino in questo percorso nella memoria.
Ringraziamo inoltre la professoressa Protti per averci preparato per
quest’esperienza e l’associazione A.N.E.D. per averci dato questa grande
opportunità.