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1914-18 
LLAA ““GGRRAANNDDEE GGUUEERRRRAA””
L’Europa nel 1914 risulta divisa in due schieramenti 
contrapposti, corrispondenti a due alleanze militari: 
Triplice Intesa: 
Francia, Inghilterra e Russia 
Triplice Alleanza: 
Germania, Austria e Italia 
Aree di maggior tensione: 
Alsazia-Lorena 
(tra Francia e Germania) 
Trentino e Venezia-Giulia 
(tra Austria e Italia) 
le regioni balcaniche 
(al centro delle mire 
espansionistiche di tutte le 
grandi nazioni, in primo 
luogo l’Impero Russo e 
l’Austria, ma anche la 
Germania) 
2 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
28 giugno 1914: l’assassinio di Sarajevo 
Premessa: nel 1908 l’Austria si era annessa la BBoossnniiaa--EErrzzeeggoovviinnaa 
(la regione in cui si trova Sarajevo), già suo protettorato dal 1879; 
nel corso delle guerre balcaniche (1912-13), la SSeerrbbiiaa, protetta e 
sostenuta dalla Russia, era diventata la più fiera antagonista 
dell’espansionismo austriaco nei Balcani e la culla dell’iirrrreeddeennttiissmmoo 
ssllaavvoo (= la volontà di riappropriarsi di territori anticamente 
appartenenti al “popolo slavo” e che per secoli erano stati sotto 
dominio “straniero”, in primo luogo Ottomano). 
Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo (erede 
al trono d’Austria) e sua moglie Sofia, in visita a Sarajevo, mentre 
sfilano in automobile fra la folla vengono raggiunti dai colpi di 
pistola esplosi da uno studente nazionalista serbo. 
Francesco Ferdinando (nipote dell’imperatore Francesco 
Giuseppe) sosteneva la creazione di un “polo slavo” (analogo al 
“polo ungherese”) all’interno dell’Impero austro-ungarico, proponendo così una politica che entrava 
in contrasto con le ambizioni espansionistiche della SSeerrbbiiaa e della Russia. 
Questo episodio, in un contesto reso incandescente dalle aggressive politiche nazionalistiche e 
imperialistiche delle potenze europee, è la miccia che innesca l’incendio della Prima guerra mondiale. 
3 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
1914: l’entrata in guerra 
… l’incendio divampa per tutta Europa 
28 luglio 1914: avendo la SSeerrbbiiaa (spalleggiata dalla RRuussssiiaa) rifiutato un ultimatum austriaco (che 
prevedeva pesanti indagini di polizia sul territorio serbo), l’AAuussttrriiaa (spalleggiata 
dalla GGeerrmmaanniiaa) le dichiara guerra 
1 agosto 1914: la GGeerrmmaanniiaa (che da anni fomentava e sosteneva il nazionalismo turco, e ampliava i 
suoi investimenti e interessi commerciali nell’area ottomana in funzione anti-russa) 
entra in guerra contro la RRuussssiiaa 
3 agosto 1914: la GGeerrmmaanniiaa (che aveva chiesto alla FFrraanncciiaa di rimanere neutrale nei 
confronti del conflitto con la RRuussssiiaa), di fronte alla reazione avversa 
francese (un raid aereo su Norimberga) entra in guerra contro la FFrraanncciiaa 
4 agosto 1914: l’IInngghhiilltteerrrraa (da tempo preoccupata dal potenziamento navale tedesco), 
di fronte al proposito dei generali tedeschi di attraversare il Belgio 
(neutrale) con le loro truppe, rompe il suo “splendido isolamento” nei confronti del 
continente europeo ed entra in guerra contro la GGeerrmmaanniiaa 
6 agosto 1914: l’AAuussttrriiaa si decide ad aprire ufficialmente le ostilità contro la RRuussssiiaa 
11 agosto 1914: la FFrraanncciiaa entra in guerra contro l’AAuussttrriiaa 
12 agosto 1914: l’IInngghhiilltteerrrraa entra in guerra contro l’AAuussttrriiaa 
4 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
1914: una data “epocale” 
= che segna profondamente la storia del mondo, chiudendo 
un’epoca ed aprendone un’altra 
… perché: 
• è l’inizio di una vera e propria “guerra civile” europea (si chiama così una guerra interna 
ad un paese), destinata a durare per più di trenta anni (fino al 1945), quando dell’antica 
grandezza delle potenze d’Europa non sarebbero rimaste che MACERIE 
• è l’inizio di un processo destinato a cambiare il destino del MONDO (non a caso, viene 
chiamata la Grande Guerra), cioè non solo quello delle popolazioni del vecchio 
continente, ma anche quello delle nuove potenze extra-europee (Stati Uniti e Giappone) e 
dei popoli colonizzati nel resto del pianeta 
• rappresenta una svolta apparentemente PARADOSSALE della storia, per cui proprio nel 
momento in cui le idee, le istituzioni e i modi di vivere dei cittadini dell’Europa avevano 
raggiunto un altissimo grado di sviluppo e di diffusione, essi voltarono le spalle a un 
patrimonio culturale accumulato nei secoli, iniziando a massacrarsi gli uni con gli altri 
5 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Ondata patriottica: si va in guerra come ad una festa 
.. ma il PARADOSSO è solo 
APPARENTE, perché: 
• lo slancio con cui la 
popolazione civile aderì alle 
dichiarazioni di guerra era il 
frutto della propaganda e 
delle comunicazioni di massa 
che, assieme alla 
scolarizzazione sempre più 
diffusa, aveva radicato già a 
partire dalla fine del XIX 
secolo il patriottismo e il 
nazionalismo nell’animo di 
milioni e milioni di europei di 
ogni classe sociale (dai 
borghesi agli operai) 
• tutti nutrivano la convinzione 
che, grazie ai nuovi mezzi e 
alle nuove armi messe a 
disposizione dallo sviluppo 
tecnologico, la guerra 
sarebbe stata rapida (“guerra 
lampo”) e che si sarebbe 
conclusa con il trionfo 
o fitta rete ferroviaria (rapido trasporto di truppe e 
forniture militari) 
o aerei, dirigibili, carri armati, pistole, granate, fucili 
mitragliatori e mitragliatrici a lunghissima gittata, 
cannoni, bombe, bombe a mano) 
o uso della radiofonia per le comunicazioni belliche 
6 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
La posizione socialista 
… nemmeno i socialisti (nell’insieme) sfuggono all’ondata patriottica; al momento dello 
scoppio della guerra: 
- in Inghilterra, si dimette in segno di protesta un solo ministro del partito laburista 
- in Germania, il partito socialdemocratico vota a favore delle misure necessarie alla guerra 
(i cosiddetti “crediti di guerra”) 
- in Francia, l’assassinio del socialista Jean Jaurès (nemico irriducibile della guerra) da 
parte di un fanatico nazionalista non suscitò reazioni apprezzabili 
In tutti i paesi coinvolti nel conflitto si realizzarono le cosiddette “Unioni sacre”, cioè dei 
governi di coalizione, favorevoli alla guerra, in cui erano presenti anche i socialisti. 
In Germania, Guglielmo II poté dunque dichiarare: “Non ci sono più partiti, ci sono solo 
Tedeschi”. 
Naturalmente vi furono, nelle file del socialismo europeo, delle voci dissonanti: esemplari, in 
questo senso, furono i Bolscevichi russi (corrente maggioritaria del partito socialdemocratico) 
ed i membri del partito socialista italiano. Tali voci, tuttavia, restarono minoritarie. 
7 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Gli intellettuali e la guerra 
La “febbre nazionalista” non contaminò solo l’animo popolare: aderirono con slancio all’ondata 
d’entusiasmo collettivo anche moltissimi intellettuali di tutta Europa, su opposti fronti. 
Esempi: 
- gli scrittori e i poeti – Gide, Proust, Anatole France (in Francia), Thomas Mann (in Germania), 
H.G. Wells (in Inghilterra), Majakovskij (in Russia); 
- i sociologi, i filosofi, gli storici ed i critici letterari – Durkheim, Bergson, Henri Pirenne, Albert 
Mathiez; 
- gli scienziati e gli psicologi – il fisico Max Planck, lo stesso Sigmund Freud (che si dichiarò fiero 
della partenza dei propri figli per il fronte). 
Alcune (rare) esemplari voci di dissenso: 
- il letterato francese Romain Rolland (autore, nel 1914, del pamphlet antipatriottico Al di sopra 
della mischia, in cui il conflitto che si è appena aperto viene definito come un massacro dal quale 
“l’Europa uscirà mutilata”); 
- la rivoluzionaria ebrea polacca (trapiantata a Berlino) Rosa Luxemburg, che nell’atmosfera 
patriottica del 1914 scorse un’aria da “assassinio rituale” che le ricordava i pogrom della Russia 
zarista, ed ai cui occhi la guerra rivelava il vero volto della società borghese, “svergognata, 
disonorata, sudicia, sguazzante nella melma”, con i tratti di “una belva distruttrice”; 
- lo scrittore praghese Franz Kafka, che in data 6 agosto 1914 annotò nel suo diario: “Corteo 
patriottico […] Questi cortei sono tra i più disgustosi fenomeni che accompagnano la guerra”. 
8 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
… e l’Italia? 
… che aveva rinnovato la propria adesione alla TTrriipplliiccee AAlllleeaannzzaa nel 1912? 
Il 2 agosto 1914 dichiarò la propria NEUTRALITÀ per essere stata tenuta all’oscuro delle 
decisioni di guerra prese a Vienna e a Berlino. D’altra parte, il patto con l’AAuussttrriiaa e la 
GGeerrmmaanniiaa 
vincolava l’IIttaalliiaa all’intervento difensivo, non ad associarsi alle mosse offensive. 
Ma la neutralità italiana non durò a lungo; il paese si divise ben presto fra: 
interventisti neutralisti 
I nazionalisti (Estrema Destra) 
• “guerra redentrice imperiale” 
• necessità di intervenire a fianco della TTrriipplliiccee per 
strappare Nizza, la Corsica e la Tunisia alla FFrraanncciiaa 
presto si trasformano in 
Irredentisti 
• necessità di intervenire a fianco dell’ IInntteessaa per 
strappare Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia 
all’AAuussttrriiaa e completare il risorgimento italiano 
I liberali conservatori (Destra Conservatrice) 
• Salandra, Sonnino; il Corriere della Sera 
Alcuni socialisti tra riformisti e rivoluzionari 
• guerra di “liberazione delle nazionalità oppresse” 
La maggior parte degli italiani: 
Le masse operaie e contadine 
• rappresentate dai socialisti e dai cattolici 
Il partito socialista 
• fedele all’internazionalismo pacifista 
I cattolici 
• schierati con Benedetto XV, che condannò la guerra 
I liberali giolittiani (La Stampa di Torino) 
• preservare il paese e le istituzioni da gravi rischi 
• grossi guadagni realizzabili concedendo forniture a 
tutti i contendenti 
La maggior parte degli intellettuali 
• esclusi quelli nazionalisti come D’Annunzio 
9 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
“L’irredentismo” di Marinetti 
Pubblicata nel 1914 all’interno della 
raccolta poetica Parole in libertà, 
quest’opera di Marinetti rappresenta 
quale fosse l’obiettivo della guerra 
per gli interventisti (nelle cui file si 
schierarono i futuristi): 
• sviluppare l’eredità del 
risorgimento italiano … 
• … liberando le città “irredente” 
(Trento, Trieste e Fiume) … 
• … ed aprendo la politica estera 
italiana verso l’Europa centrale e 
l’Oriente 
10 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
IL VOLTAFACCIA DI MUSSOLINI 
Un discorso a parte si deve fare per 
l’allora giornalista Benito Mussolini: 
• fino al luglio del 1914, conduce sull’Avanti! (quotidiano 
del PSI, di cui era direttore), una violenta campagna 
contro “il nuovo macello di popolo”, coerentemente 
con la sua posizione e il suo passato di pacifista 
militante (nel 1911, avversario intransigente della 
guerra di Libia) 
• nel novembre del 1914, passa alla direzione di un 
nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, che si diceva fosse 
finanziato dall’ambasciata di Francia, facendosi 
sostenitore dell’intervento italiano a favore dell’Intesa 
contro l’oppressore austriaco 
• l’11 maggio 1915 firma l’articolo “Abbasso il 
Parlamento”: “… io credo, con fede sempre più 
profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone 
pestifero che avvelena il sangue della nazione. Occorre 
estirparlo”. 
• espulso dal PSI, fonda immediatamente un “Fascio 
autonomo di azione rivoluzionaria”, chiamando ad 
aderirvi “tutti i socialisti veramente rivoluzionari”. 
11 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Il governo Salandra e l’allineamento con l’Intesa 
IL GOVERNO SALANDRA: il 10 marzo 1914 cade il governo 
Giolitti, e il 21 marzo ha inizio il primo di due consecutivi 
governi in cui è primo ministro Antonio Salandra, liberale della 
Destra conservatrice orientato verso l’intervento a fianco 
dell’IInntteessaa 
IL PROBLEMA DEI PAESI NEUTRALI: col protrarsi della guerra, 
diviene di primaria importanza per gli Imperi centrali (Germania 
e Austria) tirare i paesi neutrali dalla propria parte, o almeno 
assicurarsi che fornissero a loro i rifornimenti (scorte 
alimentari e materie prime) 
LE TRATTATIVE SEGRETE: il governo Salandra (per opera del 
ministro degli esteri Sidney Sonnino) entrò in trattative segrete 
sia con l’AAuussttrriiaa (cessione delle terre “irredente” in cambio 
di appoggio: la linea suggerita anche da Giolitti), sia con i 
paesi dell’IInntteessaa; queste ultime ebbero esito positivo 
Antonio Salandra 
12 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
L’Italia entra in guerra 
il 24 maggio 1915 
IL PATTO DI LONDRA: il 26 aprile 1915 il governo italiano si 
impegna ad entrare in guerra, a fianco dell’IInntteessaa e contro 
l’AAuussttrriiaa e la GGeerrmmaanniiaa, entro un mese; il patto è molto 
vantaggioso, in quanto prevede che, a guerra finita, oltre 
al recupero delle terre “irredente”, all’Italia sarebbero stati 
concessi penetrazione politica ed economica nei Balcani, 
il mantenimento dei territori strappati nel 1912 alla Turchia 
e qualche ampliamento in Africa. 
L’Italia uscì formalmente dalla Triplice il 3 maggio 1915. 
L’APPOGGIO DI VITTORIO EMANUELE III AGLI INTERVENTISTI: 
il Parlamento italiano era a grande maggioranza neutralista, ma 
Vittorio Emanuele III dichiarò di “doversi piegare” al fermento 
interventista dell’opinione pubblica (in realtà, una minoranza, 
per quanto rumorosa) e confermò Salandra al governo. I liberali 
giolittiani e i cattolici, anziché dar battaglia alla Camera, 
preferirono evitare uno scontro frontale con la Corona, 
votarono i pieni poteri al governo Salandra e lasciarono 
isolati i socialisti nella loro opposizione alla guerra. 
L’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio 1915. 
D’Annunzio: “Questa guerra è la più feconda nutrice di bellezza 
e di virtù sulla Terra”. 
Vi moriranno seicentomila italiani. 
Vittorio Emanuele III, Re d’Italia 1900-1946 
Gabriele D’Annunzio 
13 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
I fronti della guerra (1914-16) 
FRONTE OCCIDENTALE: 
I tteeddeesscchhii mettono in atto 
il “piano Schlieffen” (messo a 
punto dal generale Schlieffen 
già nel 1905): l’esercito viene 
diviso in un’ “ala marciante” 
(che invade il Belgio, si dirige 
verso la Manica e cala da 
nord-ovest su Parigi) e un’ 
“ala fissa”, a guardia della 
frontiera tra Belgio e Svizzera, 
con il compito di contenere la 
controffensiva francese. Una 
volta occupata Parigi, se i 
francesi non si fossero arresi, 
l’esercito tedesco avrebbe 
proseguito la sua calata verso 
sud, intrappolando l’intero 
esercito francese in una 
enorme sacca. 
Nel settembre del 1914, però, 
i ffrraanncceessii bloccano l’avanzata 
tedesca lungo il fiume Marna 
(battaglia della Marna), ad 
appena 20 Km da Parigi. 
FRONTE ORIENTALE: Gli “Imperi centrali” (GGeerrmmaanniiaa e AAuussttrriiaa) combattono contro i 
RRuussssii ed i SSeerrbbii, tenendosi sulla difensiva ma vincendo molte battaglie 
14 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Il fronte occidentale: una guerra di logoramento 
L’arresto dell’avanzata tedesca a causa della strenua 
resistenza offerta dai francesi lungo la Marna causò 
un’importante svolta strategica nelle operazioni 
militari: quella che avrebbe dovuto essere una 
rapida “guerra di movimento” si trasformò in una 
estenuante “guerra di posizione” (o “di usura”, o “di 
trincea”, o “di logoramento”, come è stata variamente 
definita), destinata a durare per quattro anni. 
Dal novembre del 1915 al marzo del 1918 le linee di 
combattimento sul fronte franco-tedesco non si 
sposteranno di più di 15 km da una parte e dall’altra. 
I soldati vivono nelle trincee, che da semplici buche 
diventano stanziamenti permanenti, umidi, freddi, 
privi d’igiene, in cui dilagano pulci e pidocchi. 
Qualunque sortita li esponeva al tiro dei cecchini di 
parte avversa, come anche (di notte) accendere un 
fuoco per scaldarsi o una sigaretta. Altissimo fu il 
prezzo di vite umane per tutti i contendenti: 400.000 
morti e 1 milione di feriti, quasi la metà di tutti i 
soldati presenti nell’area. 
15 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Le armi chimiche 
La Grande Guerra fu anche la prima in cui furono 
messe in campo armi chimiche: i tedeschi 
utilizzarono gas asfissianti per la prima volta nella 
battaglia di Ypres, in Belgio, nel 1915 (da cui il 
nome di “iprite” per il composto chimico velenoso 
utilizzato). 
L’introduzione di quest’arma letale costrinse i 
comandi militari a dotare gli eserciti di maschere 
antigas, la cui tecnologia fu sviluppata proprio in 
quegli anni. 
Otto Dix (1891-1969, pittore “neorealista” tedesco), 
Storm-troopers During Gas Attack, 1923/24, dalla 
raccolta di disegni Der Krieg, 1924. 
16 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Erich Maria Remarque, 
Niente di nuovo sul fronte occidentale,1929 
“A notte alta ci risvegliamo. La terra trema. Un fuoco intenso ci bersaglia: 
ci rimpiattiamo negli angoli... Il ricovero si scuote tutto, la notte è un solo 
ruggito, un solo lampo. Ci guardiamo l'un l'altro, nel baleno delle 
esplosioni, e con pallide facce e labbra serrate scuotiamo la testa. 
Sentiamo tutti come i colpi dei grossi calibri rovinano pezzo per pezzo 
l'armatura della trincea, ne buttano all'aria la scarpata, ne stracciano il 
rivestimento di cemento... Verso mattina, alcune reclute hanno già la 
faccia verde e vomitano... I cambi delle vedette escono dal ricovero, gli 
smontanti vi rientrano barcollando, sporchi di fango, tremanti... L'attacco 
non viene, ma le detonazioni continuano: a poco a poco diventiamo sordi. 
Quasi nessuno più parla, non ci si può quasi più intendere. Passano i 
giorni... gli attacchi si alternano coi contrattacchi e sul terreno devastato, 
fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per lo più siamo in grado di 
raccogliere quelli che non sono caduti troppo lontano; ma gli altri giacciono 
abbandonati e li sentiamo morire.” 
17 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Fine dell’”ubriacatura patriottica” 
Esemplare del mutamento d’opinione circa la guerra man 
mano che essa procedeva è il percorso parabolico seguito da 
dall’intellettuale tedesco Siegfried Kracauer: 
All’inizio della guerra: il giovane Kracauer si arruola 
volontario e nel 1915 pubblica un articolo intitolato “La guerra 
come esperienza vissuta”, in cui descrive il conflitto come la 
benvenuta conclusione della routine e della noia dell’epoca 
guglielmina, esalta il patriottismo in termini nietzschiani come 
“slancio vitale” che avrebbe permesso alla Germania di 
emanciparsi dai valori materialistici di un mondo 
senz’anima, senza dio e senza profeti, offrendo allo spirito la 
possibilità di consolidarsi attraverso la “gioia di combattere”. In 
altre parole, la guerra appare come un’esigenza esistenziale 
ed un’esperienza mistica, che non ha bisogno di 
giustificazioni sociali o politiche. 
Nel 1917: in un articolo per Das Neue Deutschland, Kracauer 
ha già abbandonato la retorica patriottica ed esprime la propria 
delusione per una guerra che ha rivelato il suo vero volto, 
quello di uno spaventoso massacro che rispecchia “la 
decomposizione sempre più profonda dell’umanità europea”. 
Siegfried Kracauer (1889-1966), scrittore, giornalista, sociologo, critico letterario e teorico del cinema tedesco; in 
quanto ebreo e marxista, emigrerà prima a Parigi e poi negli USA dopo l’avvento del nazismo in Germania (1933). 
18 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Queste infernali condizioni di vita e il contatto 
quotidiano con la morte generarono nella maggioranza 
dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per 
un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e 
le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e 
cameratismo profondi tra i combattenti, creando forti 
legami tra i giovani ufficiali, figli della piccola borghesia 
cittadina, e i fanti-contadini semianalfabeti. 
Vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non 
capivano le ragioni che avevano scatenato il conflitto; 
molti erano pacifisti e rifiutavano di combattere; altri 
avevano paura, altri ancora non ritenevano che fosse 
loro dovere morire per la patria. 
Questi sentimenti diedero origine a una crescente 
opposizione individuale che assunse forme diverse: 
la diserzione, cioè l'abbandono del 
Fronte, delle armi e della divisa o con 
la fuga o non tornando dopo una 
licenza; la renitenza alla leva, cioè il 
non presentarsi ai distretti militari 
dopo aver ricevuto la “cartolina” che 
chiamava alle armi; l'autolesionismo, 
cioè il ferirsi gravemente o il mutilarsi 
per tornare a casa o per evitare di 
andare al Fronte. 
Tutte queste forme di rivolta 
individuale, così come le ribellioni 
collettive, furono punite duramente 
dai tribunali militari o con lunghi anni 
di carcere o con la pena di morte. 
19 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Il fronte italiano (1915-17) 
Il 24 maggio 1915 l’esercito italiano iniziò le operazioni 
di guerra attraversando il fiume Piave. La grande 
maggioranza delle truppe italiane era costituita da 
contadini, arruolati in massa in fanteria, che partirono 
rassegnati e senza una scintilla d’entusiasmo. 
Tra il 1915 e il 1917 vennero combattute 11 battaglie 
lungo il fiume Isonzo e sulle alture del Carso, sotto 
la direzione del generale Cadorna, che ebbero l’effetto di 
strappare Gorizia all’Austria (dopo la 6a battaglia, nel 
1916). Ma la logorante guerra di posizione ingaggiata 
dagli eserciti italiano e austriaco ebbe come principale 
conseguenza la morte di decine di migliaia di soldati. 
Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca, appoggiata da 
reparti tedeschi, sfondò le linee di difesa italiane a 
Caporetto, dilagando nel Friuli e nel Veneto fino al Piave, 
dove si riuscì a fermarla. La ritirata delle truppe italiane, 
mal gestita dagli alti comandi, fu caotica e rovinosa: 
400.000 soldati sbandati (fra dispersi e disertori) e 
300.000 caduti prigionieri del nemico. 
Cadorna (il primo responsabile di questa immane disfatta) 
fece ricadere sui fanti tutta la responsabilità, dichiarando 
che, sobillati dalla propaganda “disfattista” dei socialisti, 
erano fuggiti vigliaccamente di fronte al nemico. 
20 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
MAPPA DELLA SCONFITTA DI CAPORETTO 
21 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Il malessere della popolazione civile: i moti di Torino 
Nel frattempo, in Italia la popolazione civile viveva forti disagi per la carenza di rifornimenti. 
Il mancato rifornimento della farina a Torino, nell’agosto del 1917, fu la miccia che fece 
scattare 
l’espressione di un rancore nei confronti della guerra che si era andato accumulando negli 
anni. 
Torino (sede di industrie laniere, cotoniere, meccaniche – come la Fiat – e di fabbriche di 
munizioni e di esplosivi) negli anni della guerra aveva ricevuto un forte impulso produttivo: era 
prevalentemente una città operaia, in cui ai lavoratori era chiesto di lavorare a pieno ritmo. 
Per circa una settimana, fu scossa da un sussulto rivoluzionario che non si allargò alle altre 
zone del triangolo industriale solo perché i dirigenti del PSI, colti di sorpresa, non seppero e 
non vollero sfruttare l’occasione. 
Manifestazioni e tumulti davanti ai cancelli delle fabbriche e di fronte alla Camera del Lavoro, 
saccheggi di panetterie, assalti alle caserme della guardia civica e scontri a fuoco con le forze 
dell’ordine si susseguono mentre la folla canta un ritornello divenuto famoso: “Prendi il fucile 
e gettalo per terra / vogliam la pace, vogliam la pace / vogliam la pace, mai vogliam la guerra!” 
I dimostranti chiesero anche l’appoggio dei soldati chiamati a contenerli: ma l’appello cadde 
nel vuoto. L’arresto di 24 dirigenti del PSI e di quasi un migliaio di operai e dimostranti 
riporterà a forza l’ordine nella città. 
22 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
SI CORRE AI RIPARI: 
La tragedia di Caporetto fece aprire gli 
occhi alla classe dirigente italiana e ai 
militari: la linea dura contro le masse (in 
patria e al fronte) non pagava. 
Cadorna fu rimosso e sostituito dal 
generale Armando Diaz, e si cercò di 
migliorare le condizioni di vita dei soldati 
(vitto più abbondante, licenze più 
frequenti, permanenza più breve in prima 
linea). 
Soprattutto, fu avviata una massiccia 
campagna di propaganda per le truppe: 
spettacoli, conferenze, “giornali di 
trincea” che diffondevano messaggi 
rassicuranti e promesse di un futuro 
migliore, con tanto di distribuzione di 
terre ai contadini. 
La propaganda, naturalmente, è rivolta 
anche ai civili: La Domenica del Corriere 
(supplemento del Corriere della Sera) del 
4-11 novembre 1917 mostra come, dopo 
la disfatta di Caporetto, i morti siano 
soltanto austriaci e i bersaglieri siano al 
contrattacco. 
23 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
1914-17: l’allargamento del conflitto 
La guerra, nel frattempo, si era allargata ed era divenuta MONDIALE: 
23 agosto 1914: il GGiiaappppoonnee, con l’intento di impadronirsi dei possedimenti tedeschi in 
Estremo Oriente, entra in guerra a fianco dell’IInngghhiilltteerrrraa contro la GGeerrmmaanniiaa 
5 novembre 1914: l’Intesa si trova a dover fronteggiare anche la TTuurrcchhiiaa, scesa in campo in 
appoggio della GGeerrmmaanniiaa (Imperi centrali e Intesa si controbilanciano) 
6 settembre 1915: anche la BBuullggaarriiaa scende in campo a favore degli Imperi centrali, dichiarando 
guerra alla FFrraanncciiaa 
23 maggio 1915: come abbiamo visto, l’IIttaalliiaa si schiera con l’Intesa e dichiara guerra all’AAuussttrriiaa 
27 agosto 1916: l’IIttaalliiaa entra in guerra anche con la GGeerrmmaanniiaa, e la GGeerrmmaanniiaa con la RRoommaanniiaa 
1 settembre 1916: la BBuullggaarriiaa dichiara guerra alla RRoommaanniiaa 
6 aprile 1917: gli SSttaattii UUnniittii (che, fino a quel momento, si erano limitati a fornire ingenti 
finanziamenti all’Intesa) entrano nel conflitto contro la GGeerrmmaanniiaa, sia perché i 
sottomarini tedeschi stavano affondando molte navi e mercantili americani, sia 
per estendere la loro influenza economica e politica sul continente europeo 
27 giugno 1917: la GGrreecciiaa scende in campo contro gli IImmppeerrii cceennttrraallii 
24 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
L’entrata in guerra degli USA 
Il governo statunitense entrò in guerra per ragioni squisitamente 
ECONOMICHE 
- in primo luogo, essere sicuro di rientrare delle ingenti somme prestate fino ad 
allora all’Inghilterra, per sostenerne lo sforzo bellico (circa 1.800 milioni di dollari) 
- in secondo luogo, porre fine alla guerra sottomarina dei tedeschi, che 
affondavano i carichi mercantili americani ed impedivano i normali traffici marittimi 
L’opinione pubblica americana, tuttavia, era largamente neutralista e 
PACIFISTA 
- il presidente Woodrow WILSON, ri-eletto nel 1916, si era fatto paladino della pace 
e sostenitore di una politica di democrazia e neutralità (si era fatto eleggere come 
“l’uomo che ci tiene fuori dalla guerra”) 
- più di un terzo della popolazione del paese era costituita da emigrati o figli di 
emigrati dal vecchio continente, ed intratteneva ancora forti legami etnici con i 
(diversamente schierati) paesi di provenienza 
Per indurre la popolazione a slanciarsi nella guerra, si ricorse 
massicciamente, e con successo, alla PROPAGANDA 
- già gli inglesi avevano inondato gli USA di dossier contro la Germania, in cui i 
tedeschi venivano dipinti come barbari che compivano azioni atroci (tanto che 
molti immigrati di origine tedesca preferirono farsi cambiare il cognome con uno di 
suono non germanico...) 
- lo stesso governo americano, guidato proprio da Wilson, si impegnò a suscitare 
sentimenti di coinvolgimento patriottico nei cittadini attraverso un’apposita 
campagna pubblicitaria, per organizzare la quale venne istituito un “Comitato per 
l’Informazione Pubblica” del quale fece parte attiva Edward Bernays 
25 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno 
Edward 
Bernays
“I Did Not Raise My Boy To Be A Soldier” 
La canzone “Non ho cresciuto il mio ragazzo perché facesse 
il soldato”, cantata da Morton Harvey, esprimeva nel 1915 
l’atteggiamento prevalente negli Stati Uniti nei confronti della 
guerra: 
Dieci milioni di soldati alla guerra sono andati / Che potrebbero 
non fare mai ritorno / Dieci milioni di cuori di madri si devono spezzare 
/ Per quelli morti invano 
Che le nazioni risolvano pacificamente i loro problemi futuri / È tempo 
di deporre spade e fucili / Non ci sarebbe la guerra oggi / Se le madri 
tutte dicessero: "Non ho cresciuto il mio ragazzo per essere un 
soldato" 
Nel 1917, quando gli USA entrarono nel conflitto, Harvey fu la 
prima vittima: indissolubilmente associato alla sua ‘hit’ di 
due 
anni prima, ormai considerata antipatriottica, non riuscì più a 
incidere un disco. 
L’autore del pezzo, invece, si adeguò al nuovo clima, e 
produsse una nuova ‘hit’ dal titolo “Send Me Away With A 
Smile” (“Fammi andare con un sorriso”). 
Le sventure di Harvey 
sono un segno di quanto 
funzionò la propaganda 
patriottica 
26 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
La svolta del 1917 
Il 1917 appare come un anno di svolta nel contesto del conflitto: 
• l’entrata in guerra degli Stati Uniti sblocca la stasi del fronte 
occidentale e rimette “in movimento” la guerra: i tedeschi lanciano due 
grandi offensive nel tentativo di “sfondare” il fronte prima dello sbarco degli 
americani, ma i francesi resistono; 
• papa Benedetto XV consegna una Nota ai capi di governo delle 
potenze in conflitto, con l’appello di fermare l’”inutile strage” (appello 
che fu respinto dagli alleati dell’Intesa, in quanto, nel concreto della proposta, 
tendeva a favorire gli Imperi centrali) 
• ha luogo in Russia la grande rivoluzione che segna la fine del governo 
degli zar e l’inizio dell’esperienza sovietica (governo dei soviet, cioè “nuclei di 
autogoverno popolare”); nel marzo del 1918, il partito bolscevico, che ha preso 
il potere sotto la guida di Lenin, firmerà con la Germania la pace di Brest- 
Litovsk, con la quale la Russia esce dal conflitto perdendo Polonia, Estonia, 
Lettonia, Lituania e Finlandia; 
• l’Italia subisce la disfatta di Caporetto mentre, sul versante civile, si 
verificano i moti di Torino: l’esasperazione per la guerra è al culmine. 
27 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Trasformazione ideologica della guerra 
L’uscita di scena della Russia a seguito della rivoluzione bolscevica e l’entrata in guerra degli 
USA resero possibile concepire la guerra in corso come uno scontro fra due tipi di civiltà: 
le liberal-democrazie 
(aperte al libero commercio e al riconoscimento della dignità dei popoli) 
ad esempio gli USA, l’Inghilterra, la Francia 
CONTRO 
gli imperi conservatori e reazionari 
(protezionisti in economia, e razzisti sul piano nazionale e sociale) 
Schierarsi sull’uno o sull’altro fronte poteva apparire quindi come una scelta di campo 
IDEALE. 
In realtà, i veri obiettivi delle potenze coinvolte rimasero gli interessi economici e materiali, e 
l’ideologia “buoni contro cattivi” non fu altro che una vernice stesa sopra di essi, per 
mobilitare le società di massa. 
28 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
I “quattordici punti” di Wilson 
Già nel gennaio del 1918 Wilson aveva elaborato un piano in 14 
punti per la “ricostruzione dell’ordine mondiale”, con il quale 
gli USA si ergevano ad arbitri delle sorti del mondo: 
1. abolizione della diplomazia segreta e controllo pubblico sugli accordi 
internazionali; 
2. libertà dei mari; 
3. soppressione delle barriere economiche e libertà commerciale 
generale; 
4. riduzione degli armamenti nell’ambito di una pura politica difensiva; 
5. composizione pacifica delle “rivendicazioni coloniali” (tenendo conto 
dei desideri delle “popolazioni interessate”); 
6. rispetto delle decisioni politiche e nazionali della Russia; 
7. assicurazione della sovranità del Belgio; 
8. restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia; 
9. rettifica delle frontiere italiane secondo il principio di nazionalità; 
10. riconoscimento della piena autonomia ai popoli dell’Austria-Ungheria; 
11. riconoscimento dei diritti della Romania, della Serbia e del Montenegro 
(con relative garanzie politiche, economiche e territoriali); 
12. riconosciuta autonomia delle aree non turche dell’impero Ottomano 
(territori arabi, Armenia) e libero transito attraverso i Dardanelli; 
13. creazione di una Polonia indipendente (ex stato vassallo dello zar); 
14. costituzione di un organismo sopranazionale, la Società delle nazioni, 
volto a dirimere pacificamente le principali contese fra gli stati. 
Woodrow Wilson 
Il piano si basava sul 
principio di 
autodeterminazione dei 
popoli ed era volto a 
garantire le principali 
libertà economiche a livello 
internazionale. 
Esso contava 
(erroneamente) di poter 
riorganizzare su base 
ETNICA gli equilibri del 
continente europeo. 
29 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
1918: verso la fine del conflitto 
Fronte orientale: con la pace di Brest-Litovsk, la Russia bolscevica esce dal conflitto 
perdendo, a vantaggio della Germania, i suoi più importanti territori occidentali 
(Estonia, Lettonia, Lituania); poco dopo, si arrende anche la Romania; le cose dunque 
sembravano mettersi bene per i tedeschi (che si ritrovarono nuove terre da sfruttare per gli 
approvvigionamenti e più truppe libere, da impiegare a ovest). 
Fronte occidentale: è qui, però, che si gioca la vera partita; fra l’8 e l’11 agosto, ad 
Amiens, si svolse una furiosa battaglia in cui - grazie alla presenza in massa di soldati 
americani e all’impiego di centinaia di carri armati (sia britannici che francesi), in grado di 
superare i reticolati e risparmiare ai soldati gli assalti delle baionette e il fuoco delle 
mitragliatrici - le forze dell’Intesa infliggono ai tedeschi la prima pesante sconfitta. 
La guerra riacquista il movimento perduto. 
30 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
I carri armati 
Fino dai primi mesi della prima 
guerra mondiale era stato evidente 
che il problema tattico da 
risolvere, una volta che era finita la 
guerra di movimento e gli eserciti si 
erano bloccati su un sistema di 
trincee lungo centinaia di chilometri, 
era quello di superare 
l'accoppiamento 
mitragliatrice - filo spinato. 
Sia l'Intesa, sia gli Imperi Centrali 
tentarono di dare una risposta a 
questo problema. 
I tedeschi svilupparono le 
mitragliatrici leggere, mentre l’Intesa 
sviluppò i carri armati. 
Veicoli da combattimento caratterizzati da: 
•trazione su cingoli (per muoversi bene anche sui tormentati terreni di battaglia) 
•corazzatura sufficiente per resistere al fuoco di armi pesanti 
•presenza di armamento offensivo (mitragliatrici e/o cannoni) per impegnare bersagli protetti 
31 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
1918: la resa degli Imperi centrali 
BBuullggaarriiaa: firma la resa il 26 
settembre. 
AAuussttrriiaa: fra ottobre e novembre, 
l’imperatore (Carlo d’Asburgo) tenta 
di trasformare la monarchia in una 
federazione di stati, ma ovunque (in 
Boemia, Ungheria, Croazia) i 
nazionalisti proclamano 
l’indipendenza delle rispettive 
comunità; inoltre, l’esercito italiano 
(sotto il comando del generale Diaz) 
sconfigge quello austriaco sul Piave 
(battaglia di Vittorio Veneto). 
Il 4 novembre il comando austriaco 
firmò l’armistizio, e l’11 l’imperatore 
abdicò. 
IImmppeerroo OOttttoommaannoo: capitola il 31 ottobre. 
GGeerrmmaanniiaa: in seguito a sollevazioni della marina e 
di parte dell’esercito, il 9 novembre a Berlino 
viene proclamata la repubblica; Guglielmo II fugge 
in Olanda e i comandi germanici firmano 
l’armistizio (11 novembre). 
32 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Il bilancio delle vittime 
italiani: 600.000 
francesi: 1.400.000 
tedeschi: 1.800.000 
austro-ungarici: 1.300.000 russi: 1.600.000 
A differenza di quanto avverrà nella seconda guerra mondiale, comunque, 
la maggior parte dei caduti sono tra i combattenti, e non tra i civili. 
33 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
La pace di Versailles (1919-20) 
I vincitori organizzarono una conferenza internazionale per negoziare i trattati di pace tra gli 
Alleati e le “potenze centrali” da loro sconfitte: durò dal 18 gennaio 1919 al 21 gennaio 1920. 
I "quattro grandi" protagonisti della conferenza 
di pace furono (da sinistra a destra): 
Lloyd George (Primo Ministro inglese), 
Vittorio Emanuele Orlando (Presidente del 
Consiglio dei Ministri), 
Georges Clemenceau (Primo Ministro 
francese), 
Woodrow Wilson (Presidente USA) 
I vincitori perseguivano obiettivi diversi: 
Francia: voleva una “pace punitiva” per la 
Germania, ovvero il suo annientamento politico 
epdag eacmonenotmoi cdoi e(rneosrtmitui dziaonnnei ddei lgl’uAelsrraaz,i ao-cLcourpeanzai,one e smilitarizzazione della zona renana). 
Inghilterra: si accontentava della distruzione della flotta tedesca e del controllo sulle ex-colonie 
tedesche. 
Italia: rivendicava il rispetto del patto di Londra, e dunque la cessione delle terre “irredente”, che 
però Wilson tendeva a non riconoscere laddove la popolazione era a prevalenza slava (es. 
Dalmazia). 
34 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Vince la linea dura di Clemenceau 
• La Conferenza di Parigi fu impietosa verso la GERMANIA, giudicata la principale, se non 
unica, RESPONSABILE DEL CONFLITTO: essa non fu ammessa alle sedute della 
Conferenza stessa, e non poté quindi negoziare o discutere nulla di quanto i vincitori 
decisero di imporle. 
• La Germania fu privata di tutti i suoi possedimenti coloniali. In Europa, dovette invece 
cedere alla Francia l'Alsazia-Lorena, di cui si era impadronita nel 1871, mentre ad oriente 
un' ampia porzione di territorio prussiano passò al neonato stato polacco. La regione della 
Prussia Orientale fu separata dal resto del Reich mediante un corridoio, che permetteva 
alla Polonia di avere uno sbocco sul mare. 
• Essa perse il 13 % del suo territorio e il 10 % della sua popolazione prebellici. La Renania - 
cioè la regione che si estende in direzione est-ovest, dal Reno fino ai confini con la 
Francia - avrebbe dovuto subire per quindici anni l'occupazione alleata e poi, in seguito, 
restare permanentemente smilitarizzata, cioè priva di basi e di attrezzature militari. 
• Alla Germania fu vietato di possedere sottomarini, carri armati, aviazione da guerra e 
artiglieria pesante, mentre la flotta fu drasticamente ridotta a poche decine di navi. 
All'esercito fu vietato di superare il numero dei 100 mila effettivi. 
• L'articolo 231 del Trattato, letteralmente, recitava: “La Germania riconosce la 
responsabilità propria e dei suoi alleati per tutte le perdite e i danni subiti dai governi 
alleati e dai loro cittadini in conseguenza dell'aggressione della Germania e dei suoi 
alleati”. 
• L'entità dei RISARCIMENTI da versare fu precisata infine, nel 1921, in 132 MILIARDI DI 
MARCHI oro; si trattava, per l'epoca, di una cifra astronomica, elevatissima: basti pensare 
che alla Germania furono addossate tutte le spese che i paesi vincitori avrebbero dovuto 
sostenere, in futuro, per pagare le pensioni di guerra agli orfani, alle vedove e ai mutilati. 
35 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
I cinque trattati della conferenza di Parigi 
• Il trattato di Versailles con la Germania 
(la pace punitiva di Clemenceau; l’Alsazia-Lorena torna alla 
Francia) 
• Il trattato di Saint-Germain con l’Austria 
(ridotta ai confini attuali; nascono Cecoslovacchia, Polonia e 
Iugoslavia) 
• Il trattato del Trianon con l’Ungheria 
(gran parte del suo territorio fu attribuito alla Cecoslovacchia, alla 
Iugoslavia e alla Romania) 
• Il trattato di Neuilly con la Bulgaria 
(dovette cedere i territori acquisiti con le guerre 
balcaniche) 
• Il trattato di Sèvres con la Turchia 
(ridotta entro i confini dell’Anatolia, diventerà repubblica nel 1923; Palestina, 
Transgiordania e Mesopotamia affidate in amministrazione fiduciaria 
[mandati] all’Inghilterra, che ebbe il controllo degli Stretti; alla Francia furono 
affidati Siria e Libano) 
36 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Con il trattato di Sèvres (1920) l’ex impero ottomano, ossia la nuova Turchia, risulta fortemente 
ridimensionato: perde tutti i suoi territori arabi e la sovranità sugli stretti del Bosforo e del Dardanelli 
37 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
L’Europa alla fine della guerra (1919) 
Dalla fine di tre imperi – 
tedesco, austro-ungarico e 
russo - è nata ad est una 
nuova serie di stati: 
Finlandia 
Estonia 
Lettonia 
Lituania 
Polonia 
Cecoslovacchia 
Ungheria 
Iugoslavia 
(Regno dei Serbi, dei Croati e 
degli Sloveni, diventerà 
“Iugoslavia” nel 1929) 
38 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
La “vittoria mutilata” dell’Italia 
L’Italia “irredentista” uscì profondamente 
scontenta dalla conferenza di Versailles: 
in base alle osservazioni di Wilson, infatti, non 
si vide riconosciuto, il diritto ad annettere al 
suolo nazionale il porto di Fiume e la 
Dalmazia. 
Ciò scatenò una furibonda polemica (ed azione) 
nazionalista sul tema della “vittoria mutilata”: 
“Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto 
ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il 
Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, 
febbricitante. Ma non è possibile differire. 
Anche una volta lo spirito domerà la carne 
miserabile. Sostenete la causa 
vigorosamente, durante il conflitto. Vi 
abbraccio” 
... scrive D’Annunzio a Mussolini l’11 settembre 
1919, ed il giorno seguente parte armato di circa 
mille uomini alla volta della città dalmata. 
39 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno

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07.la grandeguerra 1914-18 (2)

  • 1. 1914-18 LLAA ““GGRRAANNDDEE GGUUEERRRRAA””
  • 2. L’Europa nel 1914 risulta divisa in due schieramenti contrapposti, corrispondenti a due alleanze militari: Triplice Intesa: Francia, Inghilterra e Russia Triplice Alleanza: Germania, Austria e Italia Aree di maggior tensione: Alsazia-Lorena (tra Francia e Germania) Trentino e Venezia-Giulia (tra Austria e Italia) le regioni balcaniche (al centro delle mire espansionistiche di tutte le grandi nazioni, in primo luogo l’Impero Russo e l’Austria, ma anche la Germania) 2 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 3. 28 giugno 1914: l’assassinio di Sarajevo Premessa: nel 1908 l’Austria si era annessa la BBoossnniiaa--EErrzzeeggoovviinnaa (la regione in cui si trova Sarajevo), già suo protettorato dal 1879; nel corso delle guerre balcaniche (1912-13), la SSeerrbbiiaa, protetta e sostenuta dalla Russia, era diventata la più fiera antagonista dell’espansionismo austriaco nei Balcani e la culla dell’iirrrreeddeennttiissmmoo ssllaavvoo (= la volontà di riappropriarsi di territori anticamente appartenenti al “popolo slavo” e che per secoli erano stati sotto dominio “straniero”, in primo luogo Ottomano). Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo (erede al trono d’Austria) e sua moglie Sofia, in visita a Sarajevo, mentre sfilano in automobile fra la folla vengono raggiunti dai colpi di pistola esplosi da uno studente nazionalista serbo. Francesco Ferdinando (nipote dell’imperatore Francesco Giuseppe) sosteneva la creazione di un “polo slavo” (analogo al “polo ungherese”) all’interno dell’Impero austro-ungarico, proponendo così una politica che entrava in contrasto con le ambizioni espansionistiche della SSeerrbbiiaa e della Russia. Questo episodio, in un contesto reso incandescente dalle aggressive politiche nazionalistiche e imperialistiche delle potenze europee, è la miccia che innesca l’incendio della Prima guerra mondiale. 3 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 4. 1914: l’entrata in guerra … l’incendio divampa per tutta Europa 28 luglio 1914: avendo la SSeerrbbiiaa (spalleggiata dalla RRuussssiiaa) rifiutato un ultimatum austriaco (che prevedeva pesanti indagini di polizia sul territorio serbo), l’AAuussttrriiaa (spalleggiata dalla GGeerrmmaanniiaa) le dichiara guerra 1 agosto 1914: la GGeerrmmaanniiaa (che da anni fomentava e sosteneva il nazionalismo turco, e ampliava i suoi investimenti e interessi commerciali nell’area ottomana in funzione anti-russa) entra in guerra contro la RRuussssiiaa 3 agosto 1914: la GGeerrmmaanniiaa (che aveva chiesto alla FFrraanncciiaa di rimanere neutrale nei confronti del conflitto con la RRuussssiiaa), di fronte alla reazione avversa francese (un raid aereo su Norimberga) entra in guerra contro la FFrraanncciiaa 4 agosto 1914: l’IInngghhiilltteerrrraa (da tempo preoccupata dal potenziamento navale tedesco), di fronte al proposito dei generali tedeschi di attraversare il Belgio (neutrale) con le loro truppe, rompe il suo “splendido isolamento” nei confronti del continente europeo ed entra in guerra contro la GGeerrmmaanniiaa 6 agosto 1914: l’AAuussttrriiaa si decide ad aprire ufficialmente le ostilità contro la RRuussssiiaa 11 agosto 1914: la FFrraanncciiaa entra in guerra contro l’AAuussttrriiaa 12 agosto 1914: l’IInngghhiilltteerrrraa entra in guerra contro l’AAuussttrriiaa 4 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 5. 1914: una data “epocale” = che segna profondamente la storia del mondo, chiudendo un’epoca ed aprendone un’altra … perché: • è l’inizio di una vera e propria “guerra civile” europea (si chiama così una guerra interna ad un paese), destinata a durare per più di trenta anni (fino al 1945), quando dell’antica grandezza delle potenze d’Europa non sarebbero rimaste che MACERIE • è l’inizio di un processo destinato a cambiare il destino del MONDO (non a caso, viene chiamata la Grande Guerra), cioè non solo quello delle popolazioni del vecchio continente, ma anche quello delle nuove potenze extra-europee (Stati Uniti e Giappone) e dei popoli colonizzati nel resto del pianeta • rappresenta una svolta apparentemente PARADOSSALE della storia, per cui proprio nel momento in cui le idee, le istituzioni e i modi di vivere dei cittadini dell’Europa avevano raggiunto un altissimo grado di sviluppo e di diffusione, essi voltarono le spalle a un patrimonio culturale accumulato nei secoli, iniziando a massacrarsi gli uni con gli altri 5 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 6. Ondata patriottica: si va in guerra come ad una festa .. ma il PARADOSSO è solo APPARENTE, perché: • lo slancio con cui la popolazione civile aderì alle dichiarazioni di guerra era il frutto della propaganda e delle comunicazioni di massa che, assieme alla scolarizzazione sempre più diffusa, aveva radicato già a partire dalla fine del XIX secolo il patriottismo e il nazionalismo nell’animo di milioni e milioni di europei di ogni classe sociale (dai borghesi agli operai) • tutti nutrivano la convinzione che, grazie ai nuovi mezzi e alle nuove armi messe a disposizione dallo sviluppo tecnologico, la guerra sarebbe stata rapida (“guerra lampo”) e che si sarebbe conclusa con il trionfo o fitta rete ferroviaria (rapido trasporto di truppe e forniture militari) o aerei, dirigibili, carri armati, pistole, granate, fucili mitragliatori e mitragliatrici a lunghissima gittata, cannoni, bombe, bombe a mano) o uso della radiofonia per le comunicazioni belliche 6 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 7. La posizione socialista … nemmeno i socialisti (nell’insieme) sfuggono all’ondata patriottica; al momento dello scoppio della guerra: - in Inghilterra, si dimette in segno di protesta un solo ministro del partito laburista - in Germania, il partito socialdemocratico vota a favore delle misure necessarie alla guerra (i cosiddetti “crediti di guerra”) - in Francia, l’assassinio del socialista Jean Jaurès (nemico irriducibile della guerra) da parte di un fanatico nazionalista non suscitò reazioni apprezzabili In tutti i paesi coinvolti nel conflitto si realizzarono le cosiddette “Unioni sacre”, cioè dei governi di coalizione, favorevoli alla guerra, in cui erano presenti anche i socialisti. In Germania, Guglielmo II poté dunque dichiarare: “Non ci sono più partiti, ci sono solo Tedeschi”. Naturalmente vi furono, nelle file del socialismo europeo, delle voci dissonanti: esemplari, in questo senso, furono i Bolscevichi russi (corrente maggioritaria del partito socialdemocratico) ed i membri del partito socialista italiano. Tali voci, tuttavia, restarono minoritarie. 7 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 8. Gli intellettuali e la guerra La “febbre nazionalista” non contaminò solo l’animo popolare: aderirono con slancio all’ondata d’entusiasmo collettivo anche moltissimi intellettuali di tutta Europa, su opposti fronti. Esempi: - gli scrittori e i poeti – Gide, Proust, Anatole France (in Francia), Thomas Mann (in Germania), H.G. Wells (in Inghilterra), Majakovskij (in Russia); - i sociologi, i filosofi, gli storici ed i critici letterari – Durkheim, Bergson, Henri Pirenne, Albert Mathiez; - gli scienziati e gli psicologi – il fisico Max Planck, lo stesso Sigmund Freud (che si dichiarò fiero della partenza dei propri figli per il fronte). Alcune (rare) esemplari voci di dissenso: - il letterato francese Romain Rolland (autore, nel 1914, del pamphlet antipatriottico Al di sopra della mischia, in cui il conflitto che si è appena aperto viene definito come un massacro dal quale “l’Europa uscirà mutilata”); - la rivoluzionaria ebrea polacca (trapiantata a Berlino) Rosa Luxemburg, che nell’atmosfera patriottica del 1914 scorse un’aria da “assassinio rituale” che le ricordava i pogrom della Russia zarista, ed ai cui occhi la guerra rivelava il vero volto della società borghese, “svergognata, disonorata, sudicia, sguazzante nella melma”, con i tratti di “una belva distruttrice”; - lo scrittore praghese Franz Kafka, che in data 6 agosto 1914 annotò nel suo diario: “Corteo patriottico […] Questi cortei sono tra i più disgustosi fenomeni che accompagnano la guerra”. 8 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 9. … e l’Italia? … che aveva rinnovato la propria adesione alla TTrriipplliiccee AAlllleeaannzzaa nel 1912? Il 2 agosto 1914 dichiarò la propria NEUTRALITÀ per essere stata tenuta all’oscuro delle decisioni di guerra prese a Vienna e a Berlino. D’altra parte, il patto con l’AAuussttrriiaa e la GGeerrmmaanniiaa vincolava l’IIttaalliiaa all’intervento difensivo, non ad associarsi alle mosse offensive. Ma la neutralità italiana non durò a lungo; il paese si divise ben presto fra: interventisti neutralisti I nazionalisti (Estrema Destra) • “guerra redentrice imperiale” • necessità di intervenire a fianco della TTrriipplliiccee per strappare Nizza, la Corsica e la Tunisia alla FFrraanncciiaa presto si trasformano in Irredentisti • necessità di intervenire a fianco dell’ IInntteessaa per strappare Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia all’AAuussttrriiaa e completare il risorgimento italiano I liberali conservatori (Destra Conservatrice) • Salandra, Sonnino; il Corriere della Sera Alcuni socialisti tra riformisti e rivoluzionari • guerra di “liberazione delle nazionalità oppresse” La maggior parte degli italiani: Le masse operaie e contadine • rappresentate dai socialisti e dai cattolici Il partito socialista • fedele all’internazionalismo pacifista I cattolici • schierati con Benedetto XV, che condannò la guerra I liberali giolittiani (La Stampa di Torino) • preservare il paese e le istituzioni da gravi rischi • grossi guadagni realizzabili concedendo forniture a tutti i contendenti La maggior parte degli intellettuali • esclusi quelli nazionalisti come D’Annunzio 9 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 10. “L’irredentismo” di Marinetti Pubblicata nel 1914 all’interno della raccolta poetica Parole in libertà, quest’opera di Marinetti rappresenta quale fosse l’obiettivo della guerra per gli interventisti (nelle cui file si schierarono i futuristi): • sviluppare l’eredità del risorgimento italiano … • … liberando le città “irredente” (Trento, Trieste e Fiume) … • … ed aprendo la politica estera italiana verso l’Europa centrale e l’Oriente 10 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 11. IL VOLTAFACCIA DI MUSSOLINI Un discorso a parte si deve fare per l’allora giornalista Benito Mussolini: • fino al luglio del 1914, conduce sull’Avanti! (quotidiano del PSI, di cui era direttore), una violenta campagna contro “il nuovo macello di popolo”, coerentemente con la sua posizione e il suo passato di pacifista militante (nel 1911, avversario intransigente della guerra di Libia) • nel novembre del 1914, passa alla direzione di un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, che si diceva fosse finanziato dall’ambasciata di Francia, facendosi sostenitore dell’intervento italiano a favore dell’Intesa contro l’oppressore austriaco • l’11 maggio 1915 firma l’articolo “Abbasso il Parlamento”: “… io credo, con fede sempre più profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della nazione. Occorre estirparlo”. • espulso dal PSI, fonda immediatamente un “Fascio autonomo di azione rivoluzionaria”, chiamando ad aderirvi “tutti i socialisti veramente rivoluzionari”. 11 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 12. Il governo Salandra e l’allineamento con l’Intesa IL GOVERNO SALANDRA: il 10 marzo 1914 cade il governo Giolitti, e il 21 marzo ha inizio il primo di due consecutivi governi in cui è primo ministro Antonio Salandra, liberale della Destra conservatrice orientato verso l’intervento a fianco dell’IInntteessaa IL PROBLEMA DEI PAESI NEUTRALI: col protrarsi della guerra, diviene di primaria importanza per gli Imperi centrali (Germania e Austria) tirare i paesi neutrali dalla propria parte, o almeno assicurarsi che fornissero a loro i rifornimenti (scorte alimentari e materie prime) LE TRATTATIVE SEGRETE: il governo Salandra (per opera del ministro degli esteri Sidney Sonnino) entrò in trattative segrete sia con l’AAuussttrriiaa (cessione delle terre “irredente” in cambio di appoggio: la linea suggerita anche da Giolitti), sia con i paesi dell’IInntteessaa; queste ultime ebbero esito positivo Antonio Salandra 12 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 13. L’Italia entra in guerra il 24 maggio 1915 IL PATTO DI LONDRA: il 26 aprile 1915 il governo italiano si impegna ad entrare in guerra, a fianco dell’IInntteessaa e contro l’AAuussttrriiaa e la GGeerrmmaanniiaa, entro un mese; il patto è molto vantaggioso, in quanto prevede che, a guerra finita, oltre al recupero delle terre “irredente”, all’Italia sarebbero stati concessi penetrazione politica ed economica nei Balcani, il mantenimento dei territori strappati nel 1912 alla Turchia e qualche ampliamento in Africa. L’Italia uscì formalmente dalla Triplice il 3 maggio 1915. L’APPOGGIO DI VITTORIO EMANUELE III AGLI INTERVENTISTI: il Parlamento italiano era a grande maggioranza neutralista, ma Vittorio Emanuele III dichiarò di “doversi piegare” al fermento interventista dell’opinione pubblica (in realtà, una minoranza, per quanto rumorosa) e confermò Salandra al governo. I liberali giolittiani e i cattolici, anziché dar battaglia alla Camera, preferirono evitare uno scontro frontale con la Corona, votarono i pieni poteri al governo Salandra e lasciarono isolati i socialisti nella loro opposizione alla guerra. L’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio 1915. D’Annunzio: “Questa guerra è la più feconda nutrice di bellezza e di virtù sulla Terra”. Vi moriranno seicentomila italiani. Vittorio Emanuele III, Re d’Italia 1900-1946 Gabriele D’Annunzio 13 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 14. I fronti della guerra (1914-16) FRONTE OCCIDENTALE: I tteeddeesscchhii mettono in atto il “piano Schlieffen” (messo a punto dal generale Schlieffen già nel 1905): l’esercito viene diviso in un’ “ala marciante” (che invade il Belgio, si dirige verso la Manica e cala da nord-ovest su Parigi) e un’ “ala fissa”, a guardia della frontiera tra Belgio e Svizzera, con il compito di contenere la controffensiva francese. Una volta occupata Parigi, se i francesi non si fossero arresi, l’esercito tedesco avrebbe proseguito la sua calata verso sud, intrappolando l’intero esercito francese in una enorme sacca. Nel settembre del 1914, però, i ffrraanncceessii bloccano l’avanzata tedesca lungo il fiume Marna (battaglia della Marna), ad appena 20 Km da Parigi. FRONTE ORIENTALE: Gli “Imperi centrali” (GGeerrmmaanniiaa e AAuussttrriiaa) combattono contro i RRuussssii ed i SSeerrbbii, tenendosi sulla difensiva ma vincendo molte battaglie 14 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 15. Il fronte occidentale: una guerra di logoramento L’arresto dell’avanzata tedesca a causa della strenua resistenza offerta dai francesi lungo la Marna causò un’importante svolta strategica nelle operazioni militari: quella che avrebbe dovuto essere una rapida “guerra di movimento” si trasformò in una estenuante “guerra di posizione” (o “di usura”, o “di trincea”, o “di logoramento”, come è stata variamente definita), destinata a durare per quattro anni. Dal novembre del 1915 al marzo del 1918 le linee di combattimento sul fronte franco-tedesco non si sposteranno di più di 15 km da una parte e dall’altra. I soldati vivono nelle trincee, che da semplici buche diventano stanziamenti permanenti, umidi, freddi, privi d’igiene, in cui dilagano pulci e pidocchi. Qualunque sortita li esponeva al tiro dei cecchini di parte avversa, come anche (di notte) accendere un fuoco per scaldarsi o una sigaretta. Altissimo fu il prezzo di vite umane per tutti i contendenti: 400.000 morti e 1 milione di feriti, quasi la metà di tutti i soldati presenti nell’area. 15 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 16. Le armi chimiche La Grande Guerra fu anche la prima in cui furono messe in campo armi chimiche: i tedeschi utilizzarono gas asfissianti per la prima volta nella battaglia di Ypres, in Belgio, nel 1915 (da cui il nome di “iprite” per il composto chimico velenoso utilizzato). L’introduzione di quest’arma letale costrinse i comandi militari a dotare gli eserciti di maschere antigas, la cui tecnologia fu sviluppata proprio in quegli anni. Otto Dix (1891-1969, pittore “neorealista” tedesco), Storm-troopers During Gas Attack, 1923/24, dalla raccolta di disegni Der Krieg, 1924. 16 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 17. Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale,1929 “A notte alta ci risvegliamo. La terra trema. Un fuoco intenso ci bersaglia: ci rimpiattiamo negli angoli... Il ricovero si scuote tutto, la notte è un solo ruggito, un solo lampo. Ci guardiamo l'un l'altro, nel baleno delle esplosioni, e con pallide facce e labbra serrate scuotiamo la testa. Sentiamo tutti come i colpi dei grossi calibri rovinano pezzo per pezzo l'armatura della trincea, ne buttano all'aria la scarpata, ne stracciano il rivestimento di cemento... Verso mattina, alcune reclute hanno già la faccia verde e vomitano... I cambi delle vedette escono dal ricovero, gli smontanti vi rientrano barcollando, sporchi di fango, tremanti... L'attacco non viene, ma le detonazioni continuano: a poco a poco diventiamo sordi. Quasi nessuno più parla, non ci si può quasi più intendere. Passano i giorni... gli attacchi si alternano coi contrattacchi e sul terreno devastato, fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per lo più siamo in grado di raccogliere quelli che non sono caduti troppo lontano; ma gli altri giacciono abbandonati e li sentiamo morire.” 17 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 18. Fine dell’”ubriacatura patriottica” Esemplare del mutamento d’opinione circa la guerra man mano che essa procedeva è il percorso parabolico seguito da dall’intellettuale tedesco Siegfried Kracauer: All’inizio della guerra: il giovane Kracauer si arruola volontario e nel 1915 pubblica un articolo intitolato “La guerra come esperienza vissuta”, in cui descrive il conflitto come la benvenuta conclusione della routine e della noia dell’epoca guglielmina, esalta il patriottismo in termini nietzschiani come “slancio vitale” che avrebbe permesso alla Germania di emanciparsi dai valori materialistici di un mondo senz’anima, senza dio e senza profeti, offrendo allo spirito la possibilità di consolidarsi attraverso la “gioia di combattere”. In altre parole, la guerra appare come un’esigenza esistenziale ed un’esperienza mistica, che non ha bisogno di giustificazioni sociali o politiche. Nel 1917: in un articolo per Das Neue Deutschland, Kracauer ha già abbandonato la retorica patriottica ed esprime la propria delusione per una guerra che ha rivelato il suo vero volto, quello di uno spaventoso massacro che rispecchia “la decomposizione sempre più profonda dell’umanità europea”. Siegfried Kracauer (1889-1966), scrittore, giornalista, sociologo, critico letterario e teorico del cinema tedesco; in quanto ebreo e marxista, emigrerà prima a Parigi e poi negli USA dopo l’avvento del nazismo in Germania (1933). 18 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 19. Queste infernali condizioni di vita e il contatto quotidiano con la morte generarono nella maggioranza dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e cameratismo profondi tra i combattenti, creando forti legami tra i giovani ufficiali, figli della piccola borghesia cittadina, e i fanti-contadini semianalfabeti. Vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non capivano le ragioni che avevano scatenato il conflitto; molti erano pacifisti e rifiutavano di combattere; altri avevano paura, altri ancora non ritenevano che fosse loro dovere morire per la patria. Questi sentimenti diedero origine a una crescente opposizione individuale che assunse forme diverse: la diserzione, cioè l'abbandono del Fronte, delle armi e della divisa o con la fuga o non tornando dopo una licenza; la renitenza alla leva, cioè il non presentarsi ai distretti militari dopo aver ricevuto la “cartolina” che chiamava alle armi; l'autolesionismo, cioè il ferirsi gravemente o il mutilarsi per tornare a casa o per evitare di andare al Fronte. Tutte queste forme di rivolta individuale, così come le ribellioni collettive, furono punite duramente dai tribunali militari o con lunghi anni di carcere o con la pena di morte. 19 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 20. Il fronte italiano (1915-17) Il 24 maggio 1915 l’esercito italiano iniziò le operazioni di guerra attraversando il fiume Piave. La grande maggioranza delle truppe italiane era costituita da contadini, arruolati in massa in fanteria, che partirono rassegnati e senza una scintilla d’entusiasmo. Tra il 1915 e il 1917 vennero combattute 11 battaglie lungo il fiume Isonzo e sulle alture del Carso, sotto la direzione del generale Cadorna, che ebbero l’effetto di strappare Gorizia all’Austria (dopo la 6a battaglia, nel 1916). Ma la logorante guerra di posizione ingaggiata dagli eserciti italiano e austriaco ebbe come principale conseguenza la morte di decine di migliaia di soldati. Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca, appoggiata da reparti tedeschi, sfondò le linee di difesa italiane a Caporetto, dilagando nel Friuli e nel Veneto fino al Piave, dove si riuscì a fermarla. La ritirata delle truppe italiane, mal gestita dagli alti comandi, fu caotica e rovinosa: 400.000 soldati sbandati (fra dispersi e disertori) e 300.000 caduti prigionieri del nemico. Cadorna (il primo responsabile di questa immane disfatta) fece ricadere sui fanti tutta la responsabilità, dichiarando che, sobillati dalla propaganda “disfattista” dei socialisti, erano fuggiti vigliaccamente di fronte al nemico. 20 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 21. MAPPA DELLA SCONFITTA DI CAPORETTO 21 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 22. Il malessere della popolazione civile: i moti di Torino Nel frattempo, in Italia la popolazione civile viveva forti disagi per la carenza di rifornimenti. Il mancato rifornimento della farina a Torino, nell’agosto del 1917, fu la miccia che fece scattare l’espressione di un rancore nei confronti della guerra che si era andato accumulando negli anni. Torino (sede di industrie laniere, cotoniere, meccaniche – come la Fiat – e di fabbriche di munizioni e di esplosivi) negli anni della guerra aveva ricevuto un forte impulso produttivo: era prevalentemente una città operaia, in cui ai lavoratori era chiesto di lavorare a pieno ritmo. Per circa una settimana, fu scossa da un sussulto rivoluzionario che non si allargò alle altre zone del triangolo industriale solo perché i dirigenti del PSI, colti di sorpresa, non seppero e non vollero sfruttare l’occasione. Manifestazioni e tumulti davanti ai cancelli delle fabbriche e di fronte alla Camera del Lavoro, saccheggi di panetterie, assalti alle caserme della guardia civica e scontri a fuoco con le forze dell’ordine si susseguono mentre la folla canta un ritornello divenuto famoso: “Prendi il fucile e gettalo per terra / vogliam la pace, vogliam la pace / vogliam la pace, mai vogliam la guerra!” I dimostranti chiesero anche l’appoggio dei soldati chiamati a contenerli: ma l’appello cadde nel vuoto. L’arresto di 24 dirigenti del PSI e di quasi un migliaio di operai e dimostranti riporterà a forza l’ordine nella città. 22 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 23. SI CORRE AI RIPARI: La tragedia di Caporetto fece aprire gli occhi alla classe dirigente italiana e ai militari: la linea dura contro le masse (in patria e al fronte) non pagava. Cadorna fu rimosso e sostituito dal generale Armando Diaz, e si cercò di migliorare le condizioni di vita dei soldati (vitto più abbondante, licenze più frequenti, permanenza più breve in prima linea). Soprattutto, fu avviata una massiccia campagna di propaganda per le truppe: spettacoli, conferenze, “giornali di trincea” che diffondevano messaggi rassicuranti e promesse di un futuro migliore, con tanto di distribuzione di terre ai contadini. La propaganda, naturalmente, è rivolta anche ai civili: La Domenica del Corriere (supplemento del Corriere della Sera) del 4-11 novembre 1917 mostra come, dopo la disfatta di Caporetto, i morti siano soltanto austriaci e i bersaglieri siano al contrattacco. 23 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 24. 1914-17: l’allargamento del conflitto La guerra, nel frattempo, si era allargata ed era divenuta MONDIALE: 23 agosto 1914: il GGiiaappppoonnee, con l’intento di impadronirsi dei possedimenti tedeschi in Estremo Oriente, entra in guerra a fianco dell’IInngghhiilltteerrrraa contro la GGeerrmmaanniiaa 5 novembre 1914: l’Intesa si trova a dover fronteggiare anche la TTuurrcchhiiaa, scesa in campo in appoggio della GGeerrmmaanniiaa (Imperi centrali e Intesa si controbilanciano) 6 settembre 1915: anche la BBuullggaarriiaa scende in campo a favore degli Imperi centrali, dichiarando guerra alla FFrraanncciiaa 23 maggio 1915: come abbiamo visto, l’IIttaalliiaa si schiera con l’Intesa e dichiara guerra all’AAuussttrriiaa 27 agosto 1916: l’IIttaalliiaa entra in guerra anche con la GGeerrmmaanniiaa, e la GGeerrmmaanniiaa con la RRoommaanniiaa 1 settembre 1916: la BBuullggaarriiaa dichiara guerra alla RRoommaanniiaa 6 aprile 1917: gli SSttaattii UUnniittii (che, fino a quel momento, si erano limitati a fornire ingenti finanziamenti all’Intesa) entrano nel conflitto contro la GGeerrmmaanniiaa, sia perché i sottomarini tedeschi stavano affondando molte navi e mercantili americani, sia per estendere la loro influenza economica e politica sul continente europeo 27 giugno 1917: la GGrreecciiaa scende in campo contro gli IImmppeerrii cceennttrraallii 24 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 25. L’entrata in guerra degli USA Il governo statunitense entrò in guerra per ragioni squisitamente ECONOMICHE - in primo luogo, essere sicuro di rientrare delle ingenti somme prestate fino ad allora all’Inghilterra, per sostenerne lo sforzo bellico (circa 1.800 milioni di dollari) - in secondo luogo, porre fine alla guerra sottomarina dei tedeschi, che affondavano i carichi mercantili americani ed impedivano i normali traffici marittimi L’opinione pubblica americana, tuttavia, era largamente neutralista e PACIFISTA - il presidente Woodrow WILSON, ri-eletto nel 1916, si era fatto paladino della pace e sostenitore di una politica di democrazia e neutralità (si era fatto eleggere come “l’uomo che ci tiene fuori dalla guerra”) - più di un terzo della popolazione del paese era costituita da emigrati o figli di emigrati dal vecchio continente, ed intratteneva ancora forti legami etnici con i (diversamente schierati) paesi di provenienza Per indurre la popolazione a slanciarsi nella guerra, si ricorse massicciamente, e con successo, alla PROPAGANDA - già gli inglesi avevano inondato gli USA di dossier contro la Germania, in cui i tedeschi venivano dipinti come barbari che compivano azioni atroci (tanto che molti immigrati di origine tedesca preferirono farsi cambiare il cognome con uno di suono non germanico...) - lo stesso governo americano, guidato proprio da Wilson, si impegnò a suscitare sentimenti di coinvolgimento patriottico nei cittadini attraverso un’apposita campagna pubblicitaria, per organizzare la quale venne istituito un “Comitato per l’Informazione Pubblica” del quale fece parte attiva Edward Bernays 25 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno Edward Bernays
  • 26. “I Did Not Raise My Boy To Be A Soldier” La canzone “Non ho cresciuto il mio ragazzo perché facesse il soldato”, cantata da Morton Harvey, esprimeva nel 1915 l’atteggiamento prevalente negli Stati Uniti nei confronti della guerra: Dieci milioni di soldati alla guerra sono andati / Che potrebbero non fare mai ritorno / Dieci milioni di cuori di madri si devono spezzare / Per quelli morti invano Che le nazioni risolvano pacificamente i loro problemi futuri / È tempo di deporre spade e fucili / Non ci sarebbe la guerra oggi / Se le madri tutte dicessero: "Non ho cresciuto il mio ragazzo per essere un soldato" Nel 1917, quando gli USA entrarono nel conflitto, Harvey fu la prima vittima: indissolubilmente associato alla sua ‘hit’ di due anni prima, ormai considerata antipatriottica, non riuscì più a incidere un disco. L’autore del pezzo, invece, si adeguò al nuovo clima, e produsse una nuova ‘hit’ dal titolo “Send Me Away With A Smile” (“Fammi andare con un sorriso”). Le sventure di Harvey sono un segno di quanto funzionò la propaganda patriottica 26 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 27. La svolta del 1917 Il 1917 appare come un anno di svolta nel contesto del conflitto: • l’entrata in guerra degli Stati Uniti sblocca la stasi del fronte occidentale e rimette “in movimento” la guerra: i tedeschi lanciano due grandi offensive nel tentativo di “sfondare” il fronte prima dello sbarco degli americani, ma i francesi resistono; • papa Benedetto XV consegna una Nota ai capi di governo delle potenze in conflitto, con l’appello di fermare l’”inutile strage” (appello che fu respinto dagli alleati dell’Intesa, in quanto, nel concreto della proposta, tendeva a favorire gli Imperi centrali) • ha luogo in Russia la grande rivoluzione che segna la fine del governo degli zar e l’inizio dell’esperienza sovietica (governo dei soviet, cioè “nuclei di autogoverno popolare”); nel marzo del 1918, il partito bolscevico, che ha preso il potere sotto la guida di Lenin, firmerà con la Germania la pace di Brest- Litovsk, con la quale la Russia esce dal conflitto perdendo Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia; • l’Italia subisce la disfatta di Caporetto mentre, sul versante civile, si verificano i moti di Torino: l’esasperazione per la guerra è al culmine. 27 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 28. Trasformazione ideologica della guerra L’uscita di scena della Russia a seguito della rivoluzione bolscevica e l’entrata in guerra degli USA resero possibile concepire la guerra in corso come uno scontro fra due tipi di civiltà: le liberal-democrazie (aperte al libero commercio e al riconoscimento della dignità dei popoli) ad esempio gli USA, l’Inghilterra, la Francia CONTRO gli imperi conservatori e reazionari (protezionisti in economia, e razzisti sul piano nazionale e sociale) Schierarsi sull’uno o sull’altro fronte poteva apparire quindi come una scelta di campo IDEALE. In realtà, i veri obiettivi delle potenze coinvolte rimasero gli interessi economici e materiali, e l’ideologia “buoni contro cattivi” non fu altro che una vernice stesa sopra di essi, per mobilitare le società di massa. 28 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 29. I “quattordici punti” di Wilson Già nel gennaio del 1918 Wilson aveva elaborato un piano in 14 punti per la “ricostruzione dell’ordine mondiale”, con il quale gli USA si ergevano ad arbitri delle sorti del mondo: 1. abolizione della diplomazia segreta e controllo pubblico sugli accordi internazionali; 2. libertà dei mari; 3. soppressione delle barriere economiche e libertà commerciale generale; 4. riduzione degli armamenti nell’ambito di una pura politica difensiva; 5. composizione pacifica delle “rivendicazioni coloniali” (tenendo conto dei desideri delle “popolazioni interessate”); 6. rispetto delle decisioni politiche e nazionali della Russia; 7. assicurazione della sovranità del Belgio; 8. restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia; 9. rettifica delle frontiere italiane secondo il principio di nazionalità; 10. riconoscimento della piena autonomia ai popoli dell’Austria-Ungheria; 11. riconoscimento dei diritti della Romania, della Serbia e del Montenegro (con relative garanzie politiche, economiche e territoriali); 12. riconosciuta autonomia delle aree non turche dell’impero Ottomano (territori arabi, Armenia) e libero transito attraverso i Dardanelli; 13. creazione di una Polonia indipendente (ex stato vassallo dello zar); 14. costituzione di un organismo sopranazionale, la Società delle nazioni, volto a dirimere pacificamente le principali contese fra gli stati. Woodrow Wilson Il piano si basava sul principio di autodeterminazione dei popoli ed era volto a garantire le principali libertà economiche a livello internazionale. Esso contava (erroneamente) di poter riorganizzare su base ETNICA gli equilibri del continente europeo. 29 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 30. 1918: verso la fine del conflitto Fronte orientale: con la pace di Brest-Litovsk, la Russia bolscevica esce dal conflitto perdendo, a vantaggio della Germania, i suoi più importanti territori occidentali (Estonia, Lettonia, Lituania); poco dopo, si arrende anche la Romania; le cose dunque sembravano mettersi bene per i tedeschi (che si ritrovarono nuove terre da sfruttare per gli approvvigionamenti e più truppe libere, da impiegare a ovest). Fronte occidentale: è qui, però, che si gioca la vera partita; fra l’8 e l’11 agosto, ad Amiens, si svolse una furiosa battaglia in cui - grazie alla presenza in massa di soldati americani e all’impiego di centinaia di carri armati (sia britannici che francesi), in grado di superare i reticolati e risparmiare ai soldati gli assalti delle baionette e il fuoco delle mitragliatrici - le forze dell’Intesa infliggono ai tedeschi la prima pesante sconfitta. La guerra riacquista il movimento perduto. 30 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 31. I carri armati Fino dai primi mesi della prima guerra mondiale era stato evidente che il problema tattico da risolvere, una volta che era finita la guerra di movimento e gli eserciti si erano bloccati su un sistema di trincee lungo centinaia di chilometri, era quello di superare l'accoppiamento mitragliatrice - filo spinato. Sia l'Intesa, sia gli Imperi Centrali tentarono di dare una risposta a questo problema. I tedeschi svilupparono le mitragliatrici leggere, mentre l’Intesa sviluppò i carri armati. Veicoli da combattimento caratterizzati da: •trazione su cingoli (per muoversi bene anche sui tormentati terreni di battaglia) •corazzatura sufficiente per resistere al fuoco di armi pesanti •presenza di armamento offensivo (mitragliatrici e/o cannoni) per impegnare bersagli protetti 31 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 32. 1918: la resa degli Imperi centrali BBuullggaarriiaa: firma la resa il 26 settembre. AAuussttrriiaa: fra ottobre e novembre, l’imperatore (Carlo d’Asburgo) tenta di trasformare la monarchia in una federazione di stati, ma ovunque (in Boemia, Ungheria, Croazia) i nazionalisti proclamano l’indipendenza delle rispettive comunità; inoltre, l’esercito italiano (sotto il comando del generale Diaz) sconfigge quello austriaco sul Piave (battaglia di Vittorio Veneto). Il 4 novembre il comando austriaco firmò l’armistizio, e l’11 l’imperatore abdicò. IImmppeerroo OOttttoommaannoo: capitola il 31 ottobre. GGeerrmmaanniiaa: in seguito a sollevazioni della marina e di parte dell’esercito, il 9 novembre a Berlino viene proclamata la repubblica; Guglielmo II fugge in Olanda e i comandi germanici firmano l’armistizio (11 novembre). 32 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 33. Il bilancio delle vittime italiani: 600.000 francesi: 1.400.000 tedeschi: 1.800.000 austro-ungarici: 1.300.000 russi: 1.600.000 A differenza di quanto avverrà nella seconda guerra mondiale, comunque, la maggior parte dei caduti sono tra i combattenti, e non tra i civili. 33 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 34. La pace di Versailles (1919-20) I vincitori organizzarono una conferenza internazionale per negoziare i trattati di pace tra gli Alleati e le “potenze centrali” da loro sconfitte: durò dal 18 gennaio 1919 al 21 gennaio 1920. I "quattro grandi" protagonisti della conferenza di pace furono (da sinistra a destra): Lloyd George (Primo Ministro inglese), Vittorio Emanuele Orlando (Presidente del Consiglio dei Ministri), Georges Clemenceau (Primo Ministro francese), Woodrow Wilson (Presidente USA) I vincitori perseguivano obiettivi diversi: Francia: voleva una “pace punitiva” per la Germania, ovvero il suo annientamento politico epdag eacmonenotmoi cdoi e(rneosrtmitui dziaonnnei ddei lgl’uAelsrraaz,i ao-cLcourpeanzai,one e smilitarizzazione della zona renana). Inghilterra: si accontentava della distruzione della flotta tedesca e del controllo sulle ex-colonie tedesche. Italia: rivendicava il rispetto del patto di Londra, e dunque la cessione delle terre “irredente”, che però Wilson tendeva a non riconoscere laddove la popolazione era a prevalenza slava (es. Dalmazia). 34 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 35. Vince la linea dura di Clemenceau • La Conferenza di Parigi fu impietosa verso la GERMANIA, giudicata la principale, se non unica, RESPONSABILE DEL CONFLITTO: essa non fu ammessa alle sedute della Conferenza stessa, e non poté quindi negoziare o discutere nulla di quanto i vincitori decisero di imporle. • La Germania fu privata di tutti i suoi possedimenti coloniali. In Europa, dovette invece cedere alla Francia l'Alsazia-Lorena, di cui si era impadronita nel 1871, mentre ad oriente un' ampia porzione di territorio prussiano passò al neonato stato polacco. La regione della Prussia Orientale fu separata dal resto del Reich mediante un corridoio, che permetteva alla Polonia di avere uno sbocco sul mare. • Essa perse il 13 % del suo territorio e il 10 % della sua popolazione prebellici. La Renania - cioè la regione che si estende in direzione est-ovest, dal Reno fino ai confini con la Francia - avrebbe dovuto subire per quindici anni l'occupazione alleata e poi, in seguito, restare permanentemente smilitarizzata, cioè priva di basi e di attrezzature militari. • Alla Germania fu vietato di possedere sottomarini, carri armati, aviazione da guerra e artiglieria pesante, mentre la flotta fu drasticamente ridotta a poche decine di navi. All'esercito fu vietato di superare il numero dei 100 mila effettivi. • L'articolo 231 del Trattato, letteralmente, recitava: “La Germania riconosce la responsabilità propria e dei suoi alleati per tutte le perdite e i danni subiti dai governi alleati e dai loro cittadini in conseguenza dell'aggressione della Germania e dei suoi alleati”. • L'entità dei RISARCIMENTI da versare fu precisata infine, nel 1921, in 132 MILIARDI DI MARCHI oro; si trattava, per l'epoca, di una cifra astronomica, elevatissima: basti pensare che alla Germania furono addossate tutte le spese che i paesi vincitori avrebbero dovuto sostenere, in futuro, per pagare le pensioni di guerra agli orfani, alle vedove e ai mutilati. 35 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 36. I cinque trattati della conferenza di Parigi • Il trattato di Versailles con la Germania (la pace punitiva di Clemenceau; l’Alsazia-Lorena torna alla Francia) • Il trattato di Saint-Germain con l’Austria (ridotta ai confini attuali; nascono Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia) • Il trattato del Trianon con l’Ungheria (gran parte del suo territorio fu attribuito alla Cecoslovacchia, alla Iugoslavia e alla Romania) • Il trattato di Neuilly con la Bulgaria (dovette cedere i territori acquisiti con le guerre balcaniche) • Il trattato di Sèvres con la Turchia (ridotta entro i confini dell’Anatolia, diventerà repubblica nel 1923; Palestina, Transgiordania e Mesopotamia affidate in amministrazione fiduciaria [mandati] all’Inghilterra, che ebbe il controllo degli Stretti; alla Francia furono affidati Siria e Libano) 36 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 37. Con il trattato di Sèvres (1920) l’ex impero ottomano, ossia la nuova Turchia, risulta fortemente ridimensionato: perde tutti i suoi territori arabi e la sovranità sugli stretti del Bosforo e del Dardanelli 37 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 38. L’Europa alla fine della guerra (1919) Dalla fine di tre imperi – tedesco, austro-ungarico e russo - è nata ad est una nuova serie di stati: Finlandia Estonia Lettonia Lituania Polonia Cecoslovacchia Ungheria Iugoslavia (Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, diventerà “Iugoslavia” nel 1929) 38 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
  • 39. La “vittoria mutilata” dell’Italia L’Italia “irredentista” uscì profondamente scontenta dalla conferenza di Versailles: in base alle osservazioni di Wilson, infatti, non si vide riconosciuto, il diritto ad annettere al suolo nazionale il porto di Fiume e la Dalmazia. Ciò scatenò una furibonda polemica (ed azione) nazionalista sul tema della “vittoria mutilata”: “Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio” ... scrive D’Annunzio a Mussolini l’11 settembre 1919, ed il giorno seguente parte armato di circa mille uomini alla volta della città dalmata. 39 prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno