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Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
HEALTH
novembre/dicembre 2016 - N°16
medicina
alimentazione
curiosità
in evidenza
La Doula, un sostegno
emotivo e pratico per i
neo-genitori
Cinema-terapia per i
pazienti ricoverati
Cure fai da te nello studio
del Dott. Google. Boom
di Cybercondriaci
Mangiare vegano:
in Italia uno stile di vita
in crescita
in Italia, sono circa 8 milioni le persone che soffrono
di stati d’ansia. cosa sono? come curarli? lo
abbiamo chiesto alla dott.ssa lorena santambrogio
Presentano
Diventa un associato e cambia adesso il tuo futuro,
richiedi la consulenza di un promotore!
www.garanziasalute.it garanziasalute@radioradio.it
Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine
cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono
nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza
scopo di lucro.
La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA
ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è
caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi:
Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65,
Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65.
La sanità d’eccellenza per le
famiglie di Radio Radio!
Caritas della Parrocchia di
San Lorenzo Martire
La Fondazione ha elaborato un
sussidio sanitario che consente la
copertura di spese per medicinali
e spese mediche che il Servizio
Sanitario nazionale non copre
adeguatamente. In questo modo
i costi medici sostenuti dalle
famiglie sono alleggeriti e le stesse
famiglie sono stimolate a curare e
preservare la loro salute!
museo del mutuo soccorso
La Fondazione ha ereditato da MBA
la collezione del Museo del Mutuo
Soccorso; il museo, nato con la volontà
di raccogliere significative testimonianze
sulla storia del movimento mutualistico
dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato
di salvaguardare e rendere fruibile al
pubblico i beni attualmente in dotazione e
dall’altro di promuovere la conoscenza e
la ricerca sul tema della Mutualità.
La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e
Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della
Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-
sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi,
nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza
didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.
Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org
supportare
favorire
promuovere
Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!
Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
“Health Book”
il primo libro di mutua mba dedicato
alla prevenzione!
L‘importanza della prevenzione in un libro
Health book
I libri della salute di Mutua MBA
Da un recente studio effettuato in Italia
è emerso come quasi una persona
adulta su due sia completamente avulsa
dall’adottare una linea di prevenzione
medica adeguata.
Prerogativa di una società di Mutuo
Soccorso non può, pertanto, essere “solo”
quella di garantire l’accesso privilegiato alla
salute attraverso una valida integrazione
al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve
forzatamente infondere la cultura della
prevenzione intesa come cura di sé stessi,
poiché in essa stessa risiede l’unica via
utile a soddisfare la crescente domanda di
assistenza che la sanità pubblica non riesce
– e non riuscirà - ad accontentare.
Per tale motivo Mutua MBA ha deciso
di raccogliere interviste, analisi e studi di
settore, ma soprattutto consigli pratici,
esercizi e ricette culinarie per innescare
l’attitudine a prendersi cura di noi stessi,
con l’intento di prevenire il più possibile
malattie e infortuni.
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a casa la versione cartacea del libro.
La somma sarà devoluta da Mutua MBA alla Fondazione Basis, ente no-profit dedicato alla
promozione e allo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale
e assistenza sanitaria.
Health Online
periodico bimestrale di
informazione sulla Sanità
Integrativa
Anno 3°
novembre/dicembre 2016 - N°16
Direttore responsabile
Ing. Roberto Anzanello
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Mariachiara Manopulo
Nicoletta Mele
Giulia Riganelli
Fabio Vitale
Redazione e produzione
Fabio Vitale
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Health Italia
Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
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Tutti i diritti sono riservati.
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editoriale. Articoli, notizie e
recensioni firmati o siglati
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iscritto presso il Registro
Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
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9 maggio 2016
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HEALTH
Nel 2016 le prime stime ci dicono che la spesa sanitaria italiana
totale sarà vicina ai 150 miliardi di euro dei quali oltre 36 miliardi
di euro annui sono rappresentati dalla spesa sanitaria privata
da sommarsi ai circa 113 miliardi di euro della spesa pubblica.
Riguardo all’ingente massa di denaro che gli italiani spendono
di tasca propria è opportuno sottolineare che solo poco più del
15% è una spesa intermediata dagli enti di sanità integrativa
di secondo pilastro e dalle polizze sanitarie assicurative di terzo
pilastro.
La conseguenza logica e matematica dell’invecchiamento
della popolazione, dell’aumento delle aspettative di vita e
della diminuita natalità è quindi un maggiore costo per le
spese sanitarie che grava su individui e famiglie, processo
ineluttabile come abbiamo già avuto modo di spiegare
approfonditamente.
Come questa testata giornalistica sostiene da tempo e
come, peraltro, gli ultimi 25 anni di impostazione legislativa
confermano, l’unica soluzione praticabile è l’ampliamento
della spesa sanitaria intermediata dagli enti abilitati a gestire
il secondo pilastro della sanità e cioè Fondi Sanitari, Società
Generali di Mutuo Soccorso e Casse di Assistenza Sanitaria.
Perché questo sia realizzabile è opportuno creare le condizioni
affinché la diffusione di questa possibilità sia ben comunicata e
veicolata a tutti i cittadini, come abbiamo più volte sostenuto
da queste pagine.
Ma affinché il sistema sia sostenibile è necessario approntare
ancora qualche correzione alle modalità operative con le quali
il tema della spesa sanitaria viene affrontato nel nostro paese.
Chiunque sia “il pagatore” delle spese sanitarie, sia esso lo Stato
per la Sanità Pubblica, gli Enti abilitati per la Sanità Integrativa
di secondo pilastro o le Società che forniscono coperture
sanitarie private, si trova davanti ad un grosso problema: la
determinazione del costo certo delle spese sanitarie sostenute
per il proprio cittadino, assistito, associato, cliente.
Si tratta di un problema datato che molti altri paesi hanno già
da tempo risolto ma che nel nostro paese non è stato ancora
compiutamente affrontato.
Non è possibile infatti che il costo di una qualsiasi prestazione
sanitaria svolta da strutture mediche private possa variare di
oltre 10 volte a seconda del luogo, della tipologia di prestazione,
del tipo di struttura, del nome del medico o di ancora altri
parametri.
Vero è che nel determinare il costo di una prestazione sanitaria
influiscono anche dei fattori esogeni che esulano dal semplice
atto tecnico, basti pensare al tipo di macchinario utilizzato
per quanto concerne gli esami diagnostici od alla differente
specificità dei test per quanto riguarda gli esami clinici o,
ancora, alla differente complessità dell’intervento per quanto
riguarda un’operazione chirurgica.
Però un’ecografia è un’ecografia, una visita medica è una
visita medica, un parto è un parto, un intervento è un intervento
ed allora non si comprende perché tutte per queste prestazioni
sanitarie possano essere richiesti costi liberi ed a piacere di chi
le fornisce.
Il nostro paese, che ricordiamo sempre, per quanto riguarda i
modelli di assistenza sanitaria ai propri cittadini è sempre stato
ed è tutt’ora un modello di riferimento mondiale, ha avuto la
capacità di normare adeguatamente i sistemi di riferimento
per la spesa sanitaria pubblica o per quella integrativa o per
quella privata ma non ha mai normato i riferimenti per un costo
sanitario equo.
Quindi in un mercato ormai consolidato da un punto di vista
fiscale, giuridico, legislativo ed operativo ci sono aziende
che possono applicare i prezzi che meglio gli aggradano,
affiancando ingiustamente un mercato libero a modelli
regolamentati.
Ci riferiamo naturalmente alle strutture sanitarie private nelle
quali, per fare qualche esempio concreto ma non certamente
esaustivo, un esame per il livello di glicemia può costare da 5
a 30 euro, un’ecografia addominale può costare da 30 a 150
euro, un parto può costare da 2.000 fino a 15.000 euro, un
intervento chirurgico di appendicite può costare da 3.000 fino
ad oltre 10.000 euro.
La soluzione c’è ed è facilmente percorribile, già applicata
in altri paesi, poco costosa, di facile implementazione, molto
rapida: la realizzazione di un Tariffario Medico Nazionale nel
quale ogni prestazione abbia un costo definito che possa poi
essere integrato tramite dei moltiplicatori anch’essi predefiniti a
seconda della complessità, della qualità o del sistema utilizzato
per la prestazione stessa.
Così facendo gli enti di sanità integrativa andrebbero incontro
a costi definiti per garantire i propri associati, le compagnie
assicurative affronterebbero costi certi per proteggere i loro
clienti e lo stato avrebbe dei riferimenti stabiliti equamente per
misurare le prestazioni fornite dalle strutture pubbliche.
Questo consentirebbe di avere prezzi definiti dei sussidi sanitari
offerti dagli enti di sanità integrativa senza aggravare i contributi
versati dagli associati, di non dovere ritariffare ogni anno i costi
delle polizze assicurative malattia con costi aggiuntivi per i
clienti, di non dovere discutere ogni anno dei costi sostenuti da
ogni regione per le prestazioni sanitarie pubbliche.
Si tratta di una soluzione di puro buon senso e di immediata
realizzazione ed applicabilità che renderebbe più sostenibile
per tutti il sistema sanitario, semplicemente correggendo in
modo equo un modello di riferimento che contiene questa
gigantesca anomalia al fine di realizzare una gestione coerente
delle spese sanitaria.
Noi di Health On Line che abbiamo a cuore il diritto alla salute
dei cittadini italiani quindi insisteremo su questo inevitabile
passaggio legislativo affinché venga opportunamente
operato in tempi rapidi per dare pieno compimento al diritto
costituzionale alla salute di ciascuno di noi.
A cura di Roberto Anzanello
editoriale
Una sanità nuova: impostazioni da correggere per
una gestione coerente
23
12
17
10
26
Pavimento pelvico: quanto è importante
per la salute e il benessere della donna?
Bello da
impazzire
Mangiare vegano: in Italia
uno stile di vita in crescita
Sì a tablet e telefonini
per bambini ma con delle regole
I disturbi d’ansia,
cosa sono e come curarli
in evidenza
20
Voglia di attività fisica?
Perché non provare la corsa?
34
31
La sindrome della morte in culla,
come evitarla?
Medicina: cure fai da te nello studio del Dott. Google.
Boom di cybercondriaci
40
Cinema-terapia. Un buon film per
allontanare stress e paura dai pazienti ricoverati
45
50
37
42
A tutto sci, ma con
degli accorgimenti
Le ricette
della salute
Fare da mamma alla mamma:
la doula, un sostegno emotivo e pratico
Dipendenza addio:
come fare?
48
Palle di Natale: la canzone dei ragazzi della
Fondazione IRCCS conquista il web
Health tips
Sapevi che...
La cannella
viene usata da
millenni per
combattere il
raffreddore, la
nausea, i virus intestinali
e i dolori mestruali. È
un’ottima fonte di manganese,
ferro e calcio. Inoltre, uno
studio cinese pubblicato sulla
rivista Nutritional Research, ha
dimostrato che la cannella
aiuta ad abbassare i
livelli di zucchero nel
sangue nelle persone che
soffrono di diabete.
La curcuma svolge un’azione depurativa sull’organismo
ed è un potente antiossidante e antinfiammatorio.
Una ricerca pubblicata su Annals of Neurology ha
dimostrato poi che aiuta a migliorare la memoria nei
pazienti affetti da problemi di demenza, come il
morbo di Alzheimer.
Nuotare aiuta ad
accrescere la forza e il
tono muscolare. Il nuoto
ci offre la possibilità di
effettuare degli esercizi di
resistenza che permettono
di mantenere il benessere
dei muscoli. Inoltre, aiuta
a rafforzare le ossa e
l’apparato scheletrico,
soprattutto dopo la
menopausa.
La cistoscopia è un esame
endoscopico, eseguito a livello
ambulatoriale, che permette di
visualizzare le pareti interne della
vescica e dell’uretra, il condotto
che la collega con l’esterno. Consente
di individuare anomalie e patologie a
carico della vescica e delle basse vie
urinarie come calcoli, polipi, diverticoli
o tumori e di prelevare, eventualmente,
piccoli campioni di tessuto da analizzare
in laboratorio.
Il crossfit è un programma di allenamento che si
concentra su una serie di esercizi attinti da diversi
sport e tecniche fitness, eseguiti ad alta intensità
in rapida successione.
Permette di allenare tutte
le catene muscolari,
esaltando esplosività e
agilità.
Il pap test permette di scoprire
l’eventuale presenza di alterazioni
e lesioni del collo dell’utero, la
cui cura può prevenire l’insorgenza
di problemi ben più seri e gravi;
andrebbe eseguito regolarmente,
ogni tre anni, da tutte le donne dopo
l’inizio dell’attività sessuale o comunque
a partire dai 25 anni di età.
La tapioca è naturalmente
priva di glutine, quindi è
adatta anche al consumo
da parte dei celiaci. Un etto di tapioca fornisce al nostro
organismo circa 350 kcal facilmente e rapidamente
assimilabili. Il basso contenuto in cellulosa la
rende anche particolarmente digeribile e adatta
all’alimentazione dei bambini e di quanti necessitino di
un’alimentazione ipercalorica.
La vitamina B12 è una vitamina
essenziale (che il nostro organismo non
è in grado di produrre), che si trova in
alimenti come pesce, crostacei, carne
e prodotti caseari. Aiuta a mantenere
sane le cellule nervose ed i
globuli rossi ed è necessaria anche
per sintetizzare il DNA, il materiale
genetico
presente in
tutte le cellule.
10
Sì a tablet e telefonini per
bambini ma con delle regole
a cura di
Alessandro Notarnicola
Se un tempo era più che comune guardare per strada un
bambino che giocava con il pupazzo del suo supereroe
preferito mentre la mamma era intenta a fare la spesa,
oggi invece le cose sono del tutto cambiate e tra le mani
dei più piccoli troviamo Iphone, tablet, videogiochi, e-book
e tanti altri dispositivi elettronici di ultima generazione, che
hanno lo scopo di rimuovere ogni briciola di fantasia e
immaginazione dalle loro menti per far spazio a una cultura
3.0 che non sempre potrebbe essere educativa e utile alla
loro crescita.
Gli apparecchi digitali sono ormai parte integrante della
vita di tutti noi, dal mattino a quando torniamo a letto per la
notte non possiamo farne a meno, tanto per lavoro quanto
per svago o per intessere relazioni sociali, e abbiamo
trasferito questa app-mania quasi a nostra insaputa ai
bambini, che già dai primi mesi di vita restano affascinati
dallelucideidisplaypresentiincasa.Standoaquesta“triste”
realtà sociale, per la prima volta l’Accademia Americana
dei Pediatri, dopo un accurato studio su alcuni minori, ha
stabilito che i dispositivi elettronici non danneggiano la
crescita della persona solo se usati con moderazione e con
molta accortezza. Per i pediatri del Nuovo Mondo, infatti,
telefonini, tablet, e quant’altro, non sono da considerarsi
come tabù per i più piccoli, anche se devono essere usati
non più di un’ora al giorno e solo dopo i primi 18 mesi di vita.
Se in passato il cosiddetto “digiuno digitale” era consigliato
fino ai due anni, oggi invece attraverso la rivista scientifica
“Pediatrics”, gli esperti spiegano che internet può essere
per molti uno strumento educativo.
Pertanto, chi ha detto che un bambino non può usare
11
Skype o non può guardare il suo cartone animato via
streaming? Nessuno. Infatti quello che richiedono i pediatri
americani è maggiore presenza dei genitori e dei nonni
del minore, che hanno il doveroso compito di imporre
delle regole da rispettare a tal riguardo tanto in casa
quanto fuori casa. Niente schermi un’ora prima di andare
a letto e mentre si consumano i pasti giornalieri. Eliminare
apparecchi elettronici dalle stanze da letto, favorendo così
i rapporti sociali e il contatto con i loro coetanei. Inoltre,
resta tassativamente vietato superare i 60 minuti di “screen
time” quotidiano.
Altre linee guida. L’AAP esorta i
genitori a basare questa specie di
dieta mediatica su un rapporto di
reciprocità con i propri figli e per
nulla fondato sull’autonomia. Ok
alla tecnologia ma con le regole
che dico io! Uno dei consigli dei
pediatri, infatti, è di dare limitazioni
chiare al tempo speso davanti agli
schermi, anche a seconda del tipo
di medium utilizzato, assicurandosi
che il tempo schermo non tolga
spazio ed energie ad altre attività
che il bambino dovrebbe svolgere comunemente e
quotidianamente, dallo studio, al praticare uno sport o
a frequentare amici. Quello che un genitore deve fare è
creare un rapporto maturo con il proprio figlio stabilendo
con lui alcuni momenti media-free, come quelli dei pasti o
dello studio. Stesso discorso vale, come abbiamo già visto,
per i luoghi media-free.
Altro compito dei genitori è di non creare dipendenze
dalla televisione: molto spesso, infatti, accade che le tv in
casa restano accese anche quando nessuno le guarda.
Questo è considerato un grave errore dai pediatri, perché
così facendo l’adulto innesca inutili interferenze mentre
i bambini giocano o mentre svolgono altre attività.
Chiaramente, per ottenere un rispetto di queste poche
ma fondamentali regole, il genitore per primo deve dare
l’esempio abbandonando il proprio telefono una volta
entrato in casa e mostrandosi il meno tempo possibile
dipendente da una comunicazione 3.0.
Con queste disposizioni pubblicate a fine 2016 non sono
del tutto d’accordo i pediatri italiani del Centro per
la Salute del Bambino (Csb). “Piuttosto che porre dei
limiti, bisognerebbe offrire ai bambini delle alternative”,
ammette il dottore Giorgio Tamburlini, “proponiamo loro
giochi, letture, musica e passeggiate. Non lasciamo che
le tecnologie calamitino tutto il
loro interesse. Imparando fin da
piccolissimi ad apprezzare altre
cose, si rischia meno di farli diventare
dipendenti dagli apparecchi digitali.
I genitori, ovviamente, devono dare
l’esempio”. Tra i primi effetti che
sono stati osservati fra i figli dell’era
digitale, spiega Tamburlini, “c’è
la difficoltà di concentrarsi per la
‘lettura profonda’, quella in cui si
richiamano le esperienze passate e
si fanno i collegamenti. Il contrario di
quella scrematura rapida di un testo cui siamo abituati in
rete e perfino con gli ebook”.
Per Stefano Vìcari, responsabile della neuropsichiatria
infantile all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma,
invece, “i libri restano indubbiamente meglio. Raccontati
dalla voce dei genitori, lasciano tracce profonde anche
nei piccolissimi. Osserviamo minori problemi di lettura e di
dislessia fra gli alunni delle elementari abituati ai libri fin da
piccoli. Mentre la televisione sotto ai cinque anni sembra
addirittura abbassare il quoziente intellettivo, al tablet si
può riservare un piccolo spazio. Può servire ad esempio a
cercare foto particolari e suggestive. Ma deve essere uno
strumento per stare insieme. Va usato solo con i genitori”.
CARDEA
CASSA MUTUA
La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la
contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza
arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere
sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.
Una mutua che tutela,
una mutua che previene,
una mutua che unisce!
www.cassamutuacardea.org
info@cassamutuacardea.org
12
Mangiare vegano: in Italia
uno stile di vita in crescita
a cura di
Alessia Elem
Leonardo Di Caprio, Gwyneth Paltrow, Mike Tyson e
Carl Lewis sono solo alcuni nomi di personaggi famosi
internazionali vicini allo stile di vita vegano. Anche in Italia
ci sono vip che hanno deciso di avvicinarsi a questa scelta,
come gli attori Tullio Solenghi, Cristian Stelluti e la conduttrice
televisiva Paola Maugeri, che ha scritto due libri, l’ultimo dei
quali addirittura certificato VeganOK, e che ha creato un
suo blog, “Rock Me Vegan”, dove condivide consigli su
come fare scelte alimentari consapevoli.
Il numero di vegetariani e vegani in Italia è in continua
crescita.
Sono oltre 600.000, circa l’1,1% della popolazione, le
persone che scelgono di diventare vegane senza essere
mai state vegetariane.
Secondo i dati forniti da
AssoVegan ed Eurispes, ogni
annosiregistraunaumentodel
15% di persone che compiono
questa scelta. Quasi un
terzo, il 31% dei vegetariani e
vegani, ha scelto questo tipo di alimentazione per rispetto
nei confronti degli animali, il 24% perché fa bene alla salute,
mentre per il 9% il fine è quello di tutelare l’ambiente.
Secondo i dati di AssoVegan, Lazio, Lombardia e Toscana
sono tra le regioni che hanno dimostrato un maggiore
interesse in quest’ambito.
L’Associazione Vegani Italiani Onlus, AssoVegan, nasce
dalla volontà di dare un concreto contributo alla diffusione
della scelta vegan in modo eticamente e scientificamente
competente (http://www.assovegan.it). Oltre ad
AssoVegan, sul nostro territorio è presente e opera anche
VeganOK, unico marchio interamente vegan italiano
che fornisce strumenti per la certificazione, verificando
l’attendibilità delle documentazioni (www.veganok.com).
Perchè scegliere uno stile di vita vegano? Quali sono i
benefici? Abbiamo intervistato Renata Balducci, presidente
di AssoVegan e la dottoressa Sabina Bietolini, PhD, biologa
nutrizionista, del Comitato Scientifico AssoVegan.
“La nostra Associazione -hanno spiegato- nasce per
diffondere una cultura di rispetto per la vita di ogni essere
vivente e senziente. Pensiamo che il principale elemento
per ottenere una solida e radicata diffusione della realtà
vegan sia l’unione e il rispetto tra le organizzazioni esistenti:
l’Associazione Vegani Italiani, infatti, si caratterizza proprio
per la sua natura collaborativa e costruttiva. Al fine di
offrire un servizio utile a chiunque voglia approfondire
le motivazioni etiche che la scelta vegan porta con sé,
abbiamo scelto di aprire le nostre porte a chiunque abbia
la comprovata esperienza per far parte del Comitato Etico,
affinché le diverse competenze possano essere messe a
disposizione di tutti. Anche in ambito medico e scientifico,
con il Comitato Scientifico, è importante che il mondo
vegan abbia al suo interno professionisti competenti,
credibili e che si mettano a disposizione di giornalisti,
organizzatori di convegni e di chiunque abbia la necessità
di avere un interlocutore vegan autorevole. Inoltre, sono da
poco nati i nuovi Comitati, Sportivo e Legale. Questi ultimi
svolgono una funzione sociale soprattutto per i giovani e
per i genitori. L’operato dell’Associazione Vegani Italiani
Onlus è caratterizzato da una precisa scelta non violenta
e dall’esplicita volontà collaborativa con ogni realtà che
abbia voglia di condividere i principi di questa filosofia
di vita. La nostra attività riguarda fondamentalmente
l’organizzazione di iniziative a scopo informativo, sia nei
nostri eventi che in quelli
organizzati da altre realtà:
convegni scientifici ed etici,
conferenze, interventi sia
radiofonici che televisivi,
al fine di promuovere una
corretta informazione. L’organo ufficiale di diffusione e di
informazione di Associazione Vegani Italiani Onlus è il sito
www.promiseland.it”.
Cosa si intende per veganismo? Da cosa nasce la volontà
di seguire questo stile di vita?
“Possiamo ricordare che il termine ‘vegan’ è stato coniato
nel 1944 in Inghilterra da Donald Watson e rappresenta la
contrazione del termine ‘vegetarian’, giustificando così la
scelta: because veganism starts with vegetarianism and
carries it through to its logical conclusion. Essere vegani è
un vero e proprio stile di vita, che esclude non solo in merito
all’alimentazione tutto ciò che è di derivazione animale,
ma non indossa e non utilizza per l’arredamento lana, seta,
pellame, piume. Questi principi investono le scelte di ogni
Renata Balducci Sabina Bietolini
13
14
giorno a 360 gradi, quindi anche riguardo prodotti per
l’igiene e la cosmetica. Il vegano non mangia carne, pesce,
uova, latte e derivati, né miele. Mangia frutta, verdura,
legumi, cereali, rispettando il più possibile la stagionalità e la
territorialità, preferendo il biologico quando questo rispetta
i principi etici vegan. Perché seguire uno stile vegan? Per
non nuocere ad altre vite in alcun modo: non provocare
sofferenza, sfruttamento, morte e non alimentarla
indirettamente, vivendo con spirito compassionevole. Chi
è vegan è animalista, ecologista e ambientalista. Vegan
è una scelta virtuosa: senza allevamenti intensivi, non ci
saranno più fame, sofferenze, spreco delle risorse idriche e
la deforestazione selvaggia. Un’umanità vegan aiuterebbe
a debellare anche l’inquinamento”.
Quali sono le differenze tra vegani e vegetariani?
“Nel 1944 i vegetariani inglesi scelsero di diventare vegan.
La differenza sta nel fatto indiscutibile che il ‘vegetariano’
rappresenta il passato, il solo
futuro possibile è vegan.
Ormai la scelta vegetariana
può rappresentare
eventualmente solo l’inizio
brevissimo di un percorso
che porta inevitabilmente al
veganismo e sempre di più
sono coloro che da onnivori
passano direttamente alla
scelta vegan”.
Quali sono i benefici
per la salute nel seguire
un’alimentazione vegana?
“Studi clinici ed epidemiologici condotti a partire dagli
anni ’80 dimostrano che la scelta di un’alimentazione
a base vegetale è associata a minor incidenza di morte
per cardiopatia ischemica, minor rischio di ipertensione,
diabete, ipercolesterolemia, obesità e sovrappeso, cancro
in genere, specificatamente, al colon retto e tumori
ormonali. Inoltre, la dieta vegan è associata ad una
maggior aspettativa di vita. Anche in corso di malattia,
l’alimentazione a base vegetale costituisce uno strumento
insostituibile per sostenere l’organismo nella sua battaglia
contro diverse patologie, in primis quelle oncologiche, ma
anche cardiocircolatorie, respiratorie, nonché diabete,
osteoporosi e infiammatorie degenerative. Il ruolo protettivo
e preventivo degli alimenti di origine vegetale è da
attribuirsi alla presenza di preziose vitamine antiossidanti,
ad un elevato quantitativo di fibre, acidi grassi insaturi
in alcune categorie di alimenti e soprattutto a sostanze
fitochimiche che le piante producono per loro stessa difesa
e che, pur non essendo utilizzate dal nostro corpo come
nutrienti, vi svolgono numerose attività biologiche quali
un’azione antiossidante, depurativa, antinfiammatoria e
antitumorale”.
Sono stati pubblicati i primi dati al mondo relativi alla
crescita di bambini svezzati con un’alimentazione
fisiologica, le cui mamme hanno seguito una dieta veg in
gravidanza e allattamento, cosa è emerso?
“In letteratura scientifica non sono presenti studi
comparativi sulla crescita dei bambini nel primo anno
di vita che seguono un’alimentazione fisiologica, le cui
mamme abbiano seguito una dieta veg in gravidanza e
durante lo svezzamento. L’alimentazione complementare
fisiologica si basa sul rispetto della fisiologia e dei ritmi
di crescita del lattante, soddisfacendo i fabbisogni
nutrizionali indicati dai LARN 2014 e distinguendosi dallo
svezzamento vegetariano/vegan per alcune strategie
nutrizionali finalizzate a prevenire carenze e consentire una
crescita salutare nella norma. Alcune delle caratteristiche
dello svezzamento fisiologico sono l’assenza di fibre, sale,
zucchero, fonti proteiche animali, glutine almeno fino
a 12 mesi, oltre ad iniziare
non prima dei 6 mesi di vita,
come indicato dall’OMS,
e adeguare la consistenza
delle pappe alla dentizione
del bimbo. In relazione ai
percentili delle curve di
crescita OMS, pubblicate nel
2008, è stata evidenziata una
crescita nella norma nella
maggior parte dei soggetti:
il 70% e il 62% del campione
è risultato pari o superiore
al 50° percentile in peso e
lunghezza, all’età di 12 mesi.
Ecco che uno dei capisaldi dello svezzamento tradizionale
viene abbattuto: le proteine animali in gravidanza,
allattamento e svezzamento non sono necessarie per
consentire una crescita nella norma. Questo importante
risultato rappresenta solo l’inizio di una grande opportunità
che offriamo ai bambini: dare nei primi 1000 giorni
un’alimentazione fisiologica a mamma e bimbo che sia
anche cruelty free e, nondimeno, ottima per far crescere
in salute le nuove generazioni”.
Lo stile vegano è legato non solo all’alimentazione, ma
anche ai prodotti cosmetici e all’abbigliamento, scarpe e
accessori inclusi, è così?
“Le scelte che si compiono nella propria vita sono sempre
motivate dalla convinzione di migliorarla sotto diversi
aspetti. Non tutte, purtroppo, si rivelano soddisfacenti ed
appaganti. La ragione di questa scelta è puramente etica.
Si ha la consapevolezza che ogni essere vivente senziente
ha diritto a vivere e ad essere rispettato. Questa scelta
trova radici nella compassione. Si tratta di una motivazione
forte, che non lascia spazio a dubbi e ripensamenti e dona
l’inestimabile vantaggio di scoprirsi felice e coscienzioso,
15
e pertanto riguarda la propria vita, nel quotidiano 24
ore al giorno, per ogni scelta e ogni bisogno. Ormai non
è più possibile voltarsi dall’altra parte e non ci sono più
scuse. Si trova davvero tutto in commercio da cosmetici,
abbigliamento e arredamento per la casa. Le aziende sono
proiettate verso questa domanda che cresce ogni giorno,
di prodotti senza sofferenza e morte. La certificazione
VeganOK sta facendo tutto il possibile a che le aziende
siano informate e sensibilizzate e spostino la loro produzioni
sempre più verso prodotti vegan (non per soddisfare le
necessità dei vegan ma per sconfiggere lo sfruttamento di
vite indifese)”.
Il veganismo più che una scelta di vita consapevole sta
diventando una moda?
“È probabile che una percentuale di casi, senz’altro
ininfluenti numericamente, possa essere riconducibile alla
moda, questo anche grazie ad importanti testimonial
del mondo dello spettacolo. Sono vegani e Soci Onorari
dell’Associazione Vegani Italiani Onlus personaggi come
Ivan Cattaneo, Red Canzian dei Pooh, la presentatrice
Paola Maugeri, il cantante Gatto Panceri, le attrici Claudia
Zanella, Loredana Cannata. L’aumento del target di
vegani, in grande percentuale composto da adulti e
addirittura, in molti casi di interi nuclei familiari, dimostra
a tutti gli effetti che chi decide e sceglie questo stile di
vita oggi abbia consapevolmente scelto di migliorarsi e
migliorare il mondo intorno a sé”.
Signora Balducci, lei segue uno stile di vita vegano. Può
raccontare la sua esperienza?
“Come ho raccontato anche in altre occasioni, l’amore
mi ha presa per mano e condotta su questo percorso
seguendo una corsia preferenziale poiché il mio compagno
di allora, era il 1999, oggi mio marito, Sauro Martella,
fondatore di VeganOK, lo era già da 7 anni e grazie a lui è
accaduto tutto. Ero onnivora e sono passata felicemente
e velocemente al vegan. Insieme a mio marito, grazie
alla consapevolezza di questa scelta, è nato il bisogno di
diffondere una corretta informazione in questo ambito, per
cui da quel momento tanti progetti si sono susseguiti, sino
ad arrivare alla somma di tutto: Promiseland.it, VeganBlog.
it, VeganOK Network, VeganFest, Associazione Vegani
Italiani Onlus e tutte le numerosissime attività scelte dalle
nostre realtà. Oggi sto vivendo la mia seconda vita, quello
che posso sicuramente dire è che mi ha reso una persona
migliore”.
Quali sono le iniziative in atto e i progetti per il futuro?
“Il nostro progetto fondamentale è e rimane sempre
la diffusione della scelta etica vegan, questo è un
punto fermo della mia vita. Coloro che si evolvono e si
moltiplicano sono gli strumenti attraverso i quali operiamo
sia con l’Associazione Vegani Italiani Onlus che con
VeganOK Network. AssoVegan organizza sempre eventi,
collaborazioni attive e generose con altre associazioni
affini al principio del rispetto della vita in ogni sua forma,
campagne di divulgazione che avvicinino tutti attraverso
l’amore. Inoltre, AssoVegan è in grado di offrire la
certificazione etica VeganOK gratuita alle strutture ricettive,
sempre più ristoranti, bar, B&B, agriturismi e alberghi offrono
la possibilità ai vegani, e quindi anche ai vegetariani, di
fruire di pasti e colazioni vegan. Grazie al lavoro dello staff
di VeganOK sempre più aziende hanno scelto di ampliare
le loro linee di prodotti vegan. Tutto ciò è segnale di grande
cambiamento, come l’organizzazione del VeganFest!
Fervono i preparativi per la settima edizione che si
svolgerà nuovamente a Bologna Fiere. L’Associazione
Vegani Italiani Onlus gestirà come sempre interamente
ed esclusivamente la sezione dedicata alle conferenze,
alle mostre, ai workshop. L’evento avrà come ospiti artisti,
chef, medici, associazioni che si alterneranno sul palco per
testimoniare l’importanza di questa scelta per il rispetto
della vita, dell’ambiente, del pianeta, della propria salute.
I video della manifestazione saranno poi fruibili su www.
veganok.tv.
VeganOK si occuperà invece della vendita agli stand. La
“magia” che il VeganFest e la certificazione etica VeganOK
sono riuscite a compiere riguarda sì l’aumento di aziende
che hanno scelto di produrre per questa nuova domanda
in crescita, ma non solo...i titolari stessi delle aziende,
frequentando il VeganFest, venendo a contatto con i
principi che disciplinano la certificazione, partecipando a
conferenze, hanno iniziato a farsi domande su domande
e alcuni di loro oggi hanno sposato l’etica vegan come
principio della loro vita privata. Questi sono segnali del
cambiamento in atto di cui siamo testimoni e mi sento di
dire con orgoglio profondo di esserne anche gli artefici!”.
ESEMPIO MENÙ VEGANO INVERNALE,
semplice da realizzare con gli ingredienti
a portata di dispensa
Antipasto
Crostini di Roveja
Primo piatto
Vellutata di porri e topinambur
Secondo
Involtino di Trevigiano al tartufo
Desser
Caco gratinato in salsa di amaretto
Le ricette di questo menù sono reperibili in “Nobili
Scorpacciate Vegan”, “Nobili Scorpacciate
Vegan-Le 4 Stagioni” e in “Le Ricette di veganblog.it”
16
17
a cura di
Lucrezia Anzanello
Il 22 gennaio 1817, dopo aver visitato la chiesa
francescana di Santa Croce, Stendhal annotò nel suo
diario: “Là, seduto sul gradino di un inginocchiatoio,
la testa riversa e appoggiata allo schienale per poter
contemplare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi diedero
forse il più grande piacere che qualunque dipinto mi
avesse mai dato. […] Ero giunto a quel punto d’emozione
dove s’incontrano le sensazioni celesti date dalle belle
arti e dai sentimenti appassionati. Nell’uscire da Santa
Croce, il mio cuore batteva in modo irregolare […], la
vita era spossata in me, camminavo temendo di svenire”.
Nel diario tenuto dalla moglie di Dostoevskij – Anna
Grigor’evana – invece si legge: “Durante il viaggio a
Ginevra, ci fermammo a Basilea per visitare il museo, dove
c’era un quadro di cui mio marito aveva sentito parlare.
Questo era una pittura di Hans Holbein, rappresentante
Cristo dopo il suo inumano martirio, ora tolto dalla
croce e nel processo della decomposizione. La visione
del volto tumefatto, pieno di ferite sanguinolente, era
terribile. Il quadro ebbe un effetto opprimente su Fëdor
Michailovic. Rimase in piedi davanti ad esso, come
stordito. E io non avevo la forza di guardarlo – era molto
doloroso per me, specialmente nelle mie condizioni [era
incinta] – e andai in altre stanze. Quando tornai, dopo
quindici o venti minuti, lo trovai conficcato allo stesso
posto, di fronte al quadro. Il suo volto agitato mostrava
una specie di paura, qualcosa che avevo notato più
di una volta in precedenza, nei primi momenti di un
attacco epilettico. Con calma presi mio marito per il
braccio, lo portai in un’altra stanza e lo feci sedere su
una panca, aspettandomi un attacco in ogni momento.
Grazie al cielo, questo non arrivò. Si calmò un poco alla
volta e lasciò il museo, ma insistette di tornare di nuovo
là, a vedere questo quadro, che l’aveva impressionato
tanto”.
Lo stesso Dostoevskij narra l’episodio nel proprio romanzo
“L’Idiota”, sottolineando come “osservando quel
quadro, c’è da perdere ogni fede”.
Nel 1997, la psichiatra Graziella Magherini, diede un
nome alla sindrome che aveva colpito gli autori citati (e
non solo) chiamandola, appunto, Sindrome di Stendhal.
Bello da
impazzire
Essa si caratterizza per essere un disturbo psicosomatico
transitorio che si può manifestare, principalmente, con
tre differenti modalità: 1. disturbi cognitivi (la percezione
alterata di suoni e colori); 2. disturbi dell’affettività
(euforia, eccitamento) e 3. attacchi di panico, con
conseguente tachicardia e sensazione di angoscia.
Si tratta, quindi, di un complesso di manifestazioni
di disagio e sperdimento
psichico che sono determinati
da una forte esperienza
emozionale subita e, nella
sua prima modalità, essa
ha un’incidenza piuttosto
bassa colpendo, secondo
alcuni studi, principalmente
turisti europei e giapponesi,
laddove gli italiani ne
sarebbero sostanzialmente
immuni per affinità culturale.
Nella Sindrome di Stendhal
si verifica la congiunzione di tre elementi – il viaggio, la
bellezza dell’arte e la storia personale - che produce un
disequilibrio all’interno della persona; citando la dott.ssa
Magherini “durante la crisi si animano vicende profonde
della realtà psichica e si riattiva la vitalità della sfera
simbolica personale. Il viaggio diventa così, nelle sue
soste tanto attese nelle città sognate, un’occasione di
conoscenza di sé”.
Di fatto, il soggetto che ne è affetto non riesce a godere
della bellezza del capolavoro artistico, ma è vittima
della angoscia; il cd. “turismo dell’anima” (John Ruskin),
se da un lato denota l’ambizione al viaggio, dall’altro
comporta una profonda conoscenza di sé stesso con
contestuale turbamento psichico.
Le opere che possono generare la Sindrome di Stendhal
sono ovviamente diverse in base a colui che le
contempla, anche se è evidente come sia più probabile
che il disturbo si verifichi innanzi ad opere cariche di
significati simbolici, ambivalenti, sessuali e perturbanti
che possono andare a sollecitare aspetti dell’inconscio
inesplorati o rimossi.
La dott.ssa Magherini, con i propri studi, è giunta ad
individuare una formula matematica che si pone
l’obiettivo di spiegare il rapporto tra l’osservatore e
l’opera d’arte: fruizione artistica = esperienza estetica
primaria madre/bambino + Perturbante + Opera scelta,
ove con “esperienza estetica primaria” si intende il primo
incontro di un bambino con il viso, il seno ed il volto della
madre quale prima esperienza di bellezza mentre il
perturbante (concetto già esplorato da Sigmund Freud)
consiste in un’esperienza conflittuale appartenente al
passato e che è stata rimossa per riattivarsi nel momento
di contatto con l’opera scelta e/o un suo particolare
che conferisce all’opera stessa un rilevante carico
emozionale.
Diversi sono i riferimenti cinematografici a questo
disturbo; uno su tutti è il film di Dario Argento “La
Sindrome di Stendhal” dove la giovane poliziotta Anna
Manni (interpretata da
Asia Argento), nel seguire
le tracce di un serial killer
all’interno degli Uffizi, dinnanzi
a determinate opere d’arte
perde i sensi diventando così
prigioniera dell’assassino che
ne rinviene il corpo svenuto.
In età contemporanea è
stato poi scoperto che anche
la musica, di forte impatto
psicologico ed emotivo, può
essere causa di stati simili
a deliri e allucinazioni che
potrebbero essere assimilati alle manifestazioni della
Sindrome di Stendhal.
Anche il giuoco del calcio non è rimasto escluso dalle
cause che provocano detta Sindrome. Infatti, ha fatto
molto parlare di sé il tifoso romanista che, a seguito della
doppietta del capitano giallorosso contro il Torino F.C. ha
dichiarato “Sono stato colto dalla sindrome di Stendhal:
davanti ai capolavori mi commuovo e d’altra parte Totti
è un’opera d’arte di ingegneria umana”.
19
Domus dei Cesari e Basis Eventi del gruppo Basis S.p.A. propongono:
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ITALIA
20
Voglia di attività fisica?
Perché non provare la corsa?
a cura di
Mariachiara Manopulo
Si sa, il periodo natalizio Natale è passato, le feste sono finite
e siamo ritornati tutti alla nostra routine…ma attenzione,
perché l’estate arriva in fretta! Ed ecco perché come
avviene sempre, come ogni anno da gennaio iniziano
ad affollarsi le palestre, perché gli italiani non vogliono
farsi trovare impreparati alla prova costume. Ma oltre a
corsi di tutti i tipi, ormai proposti in tutte le palestre, e sala
pesi, perché non andare a correre, approfittando del fine
settimana e delle giornate che, piano piano, inizieranno
anche ad allungarsi? È gratis, libero da orari e permette di
trascorrere un po’ di tempo all’aria aperta.
I benefici che apporta la corsa al nostro fisico sono davvero
tantissimi, in più correre rilassa la mente, aiuta a scaricare
stress e tensioni. Aiuta anche a dormire meglio; favorisce la
produzione di endorfine e altri oppioidi naturali, riducendo
l’ansia e portando il buon umore. Spesso, soprattutto
all’inizio, può servire andare a
correre insieme a qualcuno: la
compagnia renderà tutto più
divertente e fungerà da stimolo
per allenarsi.
La corsa è un’attività aerobica,
per cui a trarne vantaggio
è in primis l’apparato
cardiovascolare. Se si pratica
regolarmente, contribuisce
a far diminuire la pressione,
la frequenza cardiaca, il
colesterolo “cattivo” (Ldl) e la
glicemia. Contemporaneamente, oltre a migliorare anche
la capacità polmonare, aumenta il colesterolo buono (Hdl),
limitando così l’eventualità di disturbi, malattie e alterazioni
come ipercolesterolemia e arteriosclerosi. Una piccola
“rivoluzione” per il nostro organismo, che si traduce in un
minor rischio di infarto, diabete, ictus, o trombosi.
Certo,èunallenamento,epersvolgerloalmeglioeottenereil
massimo è importante seguire alcuni accorgimenti. Idratarsi
è fondamentale, prima, dopo e durante, soprattutto se si
suda molto.
L’obiettivo non deve essere correre veloce, o fare
chissà quanti chilometri, ma riuscire a correre per più
tempo possibile. Almeno le prime volte è importante
concentrarsi sull’aumento graduale della distanza che si
riesce a percorrere, senza scatti o accelerazioni, e senza
“gare” con i compagni di corsa, che possono provocare
sovraffaticamento o infortuni. È importante correre con
regolarità, anche due o tre volte a settimana, lasciando
almenoungiornodirecuperotraunallenamentoel’altro.Per
evitare infortuni, il riscaldamento non va mai sottovalutato:
si possono eseguire alcuni esercizi a corpo libero, seguiti
da una camminata a passo veloce, che gradualmente si
potrà trasformare in corsa. Soprattutto all’inizio, può essere
utile alternare camminata e corsa; si può iniziare correndo
piano, per cinque minuti, poi nei giorni successivi si possono
aumentare molto gradualmente sia la velocità che la
durata. È fondamentale, per il bene dei muscoli, fare un po’
di stretching alla fine di ogni allenamento.
Bisogna fare anche attenzione a dove si corre, preferite
parchi e aree verdi, stando attenti al terreno: le strade
sconnesse sono amiche degli infortuni, mentre l’asfalto
può traumatizzare i tendini. Anche per questo, scegliete
le scarpe adatte, da running, che hanno le caratteristiche
tecniche in grado di assorbire l’impatto del piede sul terreno
e limitare i traumi. L’abbigliamento, deve essere adeguato
alla temperatura, traspirante e non deve ostacolare i
movimenti.
Si può andare a correre se si è
in buone condizioni di salute:
anche solo con un raffreddore,
o se si è in un periodo di
convalescenza, è meglio
evitare. Non si deve correre
nelle ore più calde, per evitare
colpi di calore e disidratazione,
ma bisogna stare attenti anche
al troppo freddo.
Se le articolazioni sono sane,
la corsa contribuisce poi a
rinforzarle ulteriormente: secondo uno studio della Brigham
Young University, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista
European Journal of Applied Physiology, bastano 30 minuti
di corsa per abbassare i marcatori dell’infiammazione
e proteggere la cartilagine dal rischio artrosi. I ricercatori
hanno misurato i livelli di due molecole infiammatorie (le
citochine GM-CSF e IL-15) nel liquido sinoviale prelevato
dalle ginocchia di sei giovani sportivi tra i 18 e i 35 anni,
sottoposti alle analisi prima e dopo l’attività fisica. È emerso
che i livelli dei due marcatori infiammatori diminuiscono
dopo 30 minuti di corsa, mentre a riposo rimangono stabili.
Riducendo l’infiammazione, la corsa potrebbe quindi avere
un effetto protettivo sulle cartilagini, ritardando l’insorgenza
di malattie degenerative come l’artrosi.
Se si vuole dimagrire la corsa è l’ideale, chiaramente meglio
se abbinata ad una dieta ipocalorica equilibrata.
Il sovrappeso non è solo un problema estetico, anzi, è
soprattutto un attentato alla nostra salute. I chili di troppo
possono favorire l’arteriosclerosi, disturbi cardiaci e
circolatori, problemi al fegato. Correre permette di perdere
21
peso facilmente, grazie ad un processo chiamato lipolisi. Il
grasso nel nostro corpo viene immagazzinato in particolari
cellule addette al suo deposito, che si chiamano adipociti.
Durante la corsa, negli adipociti viene stimolata la lipolisi:
le cellule rilasciano il grasso, affinché possa essere bruciato
per ottenere energia, necessaria ai muscoli per sostenere
lo sforzo della corsa. È proprio così che il grasso corporeo
diminuisce e il corpo dimagrisce, guadagnandone in salute
e bellezza.
Pensate di essere troppo avanti con l’età? Niente di più
sbagliato, la corsa è adatta a tutti, ognuno con i suoi ritmi!
Oltretutto, uno studio recente, eseguito alla Wake Forest
School of Medicine (WFSM) di Winston-Salem negli Stati Uniti
ha dimostrato che l’esercizio aerobico rafforza la memoria
e le abilità cognitive nelle persone anziane, contrastando
l’insorgenza della demenza, e dell’Alzheimer. La ricerca è
stata condotta su sedici persone, con un’età media di 63
anni, che facevano allenamenti aerobici sul tapis roulant
e sulla cyclette quattro volte alla settimana per sei mesi, e
su un altro gruppo di 19 persone, con un’età media di 67
anni, che si limitava ad esercizi di stretching. Tutti avevano
una leggera forma di demenza senile. Dopo sei mesi, il
cervello di chi aveva fatto attività aerobica era aumentato
di volume, anche nella zona temporale, critica per la
memoria a breve termine. Inoltre, si sono notati significativi
miglioramenti nelle capacità di pensare e ricordare.
Vi abbiamo convinto? Che aspettate allora…indossate un
paio di scarpe da running e via!
Scegliere
ITALIA
23
a cura di
Nicoletta Mele
Il pavimento pelvico, o perineo, è un’entità funzionale del
corpo femminile, che comprende tutte quelle strutture
anatomiche, quali muscoli, legamenti e fasce connettivali,
che cooperano in sinergia tra loro per svolgere alcune
specifiche funzioni. È composto da: pelvi (sacro, coccige,
ileo, ischio e pube), supporto muscolare, strutture fasciali
pelviche e strutture di sostegno della vagina e dell’utero.
Quindi, è la zona che chiude il bacino verso il basso e
svolge l’importante funzione di sostenere gli organi pelvici
come l’utero e la vescica.
Il pavimento pelvico è anche conosciuto come il muscolo
“piùnascosto”eilmuscolo“dellafelicità”,riabilitarlosignifica
restituire un’abilità, un potere che si presume perduto
ma che si può riattivare per la salute e il miglioramento
della qualità di vita della donna. La zona perineale è
strettamente legata alla sessualità, che influisce molto sul
giusto funzionamento di questo organo. Già da anni è stato
dimostrato che una buona muscolatura pelvica migliora la
percezione e quindi la qualità della sessualità.
Purtroppo, la nostra cultura ancora carica di tabù sulla
zona genitale, è responsabile di un vuoto nel nostro schema
corporeo, per cui questa parte spesso è quasi come se non
esistesse. Diversi fattori socio-culturali, e di conseguenza
comportamentali, hanno allontanato la donna da questa
parte del suo corpo. Una fase importante del trattamento
riabilitativo è quella della rieducazione, attraverso la quale
la donna può prendere coscienza del proprio corpo,
imparare a conoscerlo, ascoltarlo e prendersene cura in
maniera costante.
Oggi finalmente si è raggiunta la consapevolezza
di quanto sia importante per la salute della donna il
benessere di questo organo, dato che una giusta tonicità
e abilità di movimento influiscono notevolmente sul suo
buon funzionamento. Infatti, una scarsa dimestichezza con
Pavimento pelvico: quanto
è importante per la salute e
il benessere della donna?
23
24
il proprio pavimento pelvico risulterà in una progressiva e
inevitabile perdita di tonicità, sensibilità e controllo dello
stesso.
La maggior parte delle donne riscopre, generalmente,
questa parte quando si verificano i seguenti casi:
nel momento del parto, quando un perineo non
adeguatamente preparato viene sottoposto a episiotomia
o subisce fastidiose lacerazioni, o nel post-parto, quando
molte neo-mamme si trovano
a fare i conti con i fastidiosi
problemi di incontinenza che,
se non trattati, potrebbero
diventare molto seri in terza
età.
Allora, come agire e come
evitare, o limitare, questi
inconvenienti? A chi rivolgersi?
Quali sono le tecniche
riabilitative? In cosa consiste il
programma di riabilitazione?
A spiegarlo è la dottoressa
Valentina Giaccaglia, chirurgo generale, esperta di
proctologia e patologie del pavimento pelvico femminile,
di recente diventata responsabile del nuovo ed unico
centro a Dubai dedicato a questa patologia.
Quanto è importante per la donna prendere coscienza
delle molteplici competenze di questa parte del corpo,
nonché il suo buon funzionamento?
“La presa di coscienza del corpo femminile e in particolare
del pavimento pelvico è un passo fondamentale per la
riabilitazionedellostesso,nell’ambitodellediversepatologie
che lo interessano. Una volta scoperto e capito come
interagire con il pavimento pelvico, la qualità della vita
delle donne che si sottopongono a biofeedback migliora in
modo importante e sostanziale. Per questo, il nostro sforzo
deve essere volto anche alla prevenzione delle patologie,
educando le donne, soprattutto quelle in gravidanza
e nell’immediato post partum, alla consapevolezza e
al corretto esercizio della loro muscolatura, in modo
da preservarle da eventuali
patologie future”.
La riabilitazione perineale
rappresenta ormai un
importante approccio anche
ad altre disfunzioni uro-
ginecologiche, tra le quali
vanno sicuramente segnalate
l’incontinenza fecale e la
stipsi. È così?
“Sì, per l’incontinenza
fecale e urinaria il
tasso di successo del
solo biofeedback si attesta intorno all’85-90% nella nostra
esperienza. Il biofeedback è risolutivo per la stipsi causata
dalla dissinergia addomino-perineale ed è comunque
molto utile anche nel prolasso rettale”.
Quali sono i primi disturbi e a chi rivolgersi?
“I sintomi variano dalla stipsi cronica, al senso di incompleta
evacuazione, al dolore pelvico,
al dolore durante i rapporti,
all’incontinenza fecale o
urinaria. Il mio approccio,
salvo rari casi, è sempre
prima medico e riabilitativo e,
solo al fallimento degli stessi,
chirurgico”.
Quali sono le tecniche di
riabilitazione e in che cosa
consistono?
“La riabilitazione si basa su 3 momenti: la spiegazione
dell’anatomia della zona e della meccanica evacuativa,
seguita da una serie di norme igienico comportamentali
e consigli pratici; la spiegazione di esercizi semplici da
fare a casa per migliorare la muscolatura del pavimento
pelvico e infine il biofeedback vero e proprio, fatto con un
macchinario specifico, volto a far visualizzare tramite video
la qualità e la durata della contrazione”.
La donna, indipendentemente dal tipo e dalla modalità di
parto, dovrebbe eseguire un ciclo riabilitativo. In generale,
per il raggiungimento di buoni risultati, lei quanti ne consiglia
e di che durata?
“In genere propongo cicli di 10 sedute, ma a volte in
pazienti giovani senza grosse problematiche sono sufficienti
solo 5, mentre per patologie più gravi si può arrivare a 15-
20 sedute. Le sedute sono in genere bi-settimanali”.
È possibile continuare anche con dei metodi “fai da te”?
“Il consiglio per tutte le pazienti è poi quello di fare tesoro
delle tecniche imparate per poi praticarle in modo
indipendente a casa a cadenza bi-tri-settimanale”.
Alla luce di quanto detto, quali sono i suoi consigli?
“Care donne, non vergognatevi né trascurate i vostri
sintomi. Rivolgetevi il prima possibile ad un medico esperto
di pavimento pelvico, che vi aiuterà a risolvere in modo
definitivo il vostro problema”.
La parola d’ordine è allontanare qualunque forma di
disagio, perché mantenere allenato questo muscolo è
sinonimo di benessere.
25
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26
a cura di
Alessia Elem
“Sono sempre stato vittima degli attacchi di panico.
Parlarne fa bene, così combatto la mia ansia”. Questa è
la dichiarazione di qualche anno fa del celebre attore e
regista Carlo Verdone, che ha sofferto e combattuto gli
attacchi di iperventilazione tanto da raccontarli nel suo
film “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”, agli inizi degli
anni ’90.
L’attacco di panico, come le fobie, il disturbo ossessivo-
compulsivo e l’ansia generalizzata rientra nella categoria
dei disturbi d’ansia.
Stando agli ultimi dati, in Italia,
sono circa 8 milioni le persone
che soffrono di stati d’ansia che
fanno sprofondare nella paura e
nell’incertezza.
Secondo l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, il benessere
mentale è una componente
essenziale per la realizzazione degli
obiettivi della vita. Una buona salute mentale consente agli
individui di realizzarsi, di superare le tensioni della vita di tutti
i giorni, di lavorare in maniera produttiva e di contribuire
alla vita della comunità.
Quante volte capita di pronunciare le parole “mamma
mia, che ansia!”?
Quando a causare uno stato di ansia leggera è un evento
sporadico, come ad esempio prepararsi ad un esame o
andare al primo appuntamento, non c’è da preoccuparsi,
diverso invece è quando i disturbi si protraggono per
almeno sei mesi e se non trattati, possono portare a dei seri
problemi per la salute.
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare?
Che cosa sono nello specifico i disturbi d’ansia e come
affrontarli?
Per saperne di più, abbiamo intervistato
la dottoressa Lorena Santambrogio,
psicologa clinica e psicoterapeuta
cognitivo-comportamentale (CBT), che
esercita la sua professione presso la
clinica Top Medical Center a Dubai.
“I disturbi d’ansia - ha spiegato la
Santambrogio – comprendono l’ansia
generalizzata, il disturbo di panico con
e senza agorafobia, la fobia specifica,
la fobia sociale, il disturbo ossessivo-
compulsivo e il post traumatico da stress.
Questi disturbi oggi sono estremamente
diffusi e pur non essendo una patologia
psichiatrica grave rendono la vita difficile a moltissime
persone, che vivono in una gabbia da loro stessi costruita
senza vedere una possibile via d’uscita.
Si chiamano disturbi d’ansia perché sono l’esagerazione
di un’esperienza comune a tutti gli esseri umani: la paura,
ma in questo caso è un timore nei confronti di un aspetto
irreale. La paura ansiosa, a differenza di quella che si
prova di fronte a un pericolo oggettivo, in cui scatta il
meccanismo di fuga o di attacco, non protegge la nostra
esistenza, ma l’annulla.
Un attacco di panico corrisponde
ad un periodo preciso durante il
quale vi è l’insorgenza improvvisa
di intensa apprensione, paura
o terrore, spesso associati con
una sensazione di catastrofe
imminente. Durante questi
attacchi sono presenti sintomi
come dispnea, palpitazioni, dolore
o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento,
paura di “impazzire” o di perdere il controllo.
Per chi soffre di attacchi di panico con agorafobia, la paura
di perdere il controllo, di impazzire e addirittura di morire
scatena dei sintomi invalidanti, come ad esempio la non
volontà di guidare, di rimanere in coda al supermercato
e nei casi più gravi anche la paura di uscire di casa. Chi
soffre di questo disturbo ha quindi “paura della paura” e
mette in atto strategie di comportamento estremamente
prudenti.
L’ansia o l’evitare luoghi o situazioni da cui sarebbe difficile
o imbarazzante chiedere aiuto e ricevere soccorso, è
proprio un sintomo del soggetto che soffre di attacchi di
questo genere”.
Dottoressa, nella società moderna
l’attacco di panico è un disturbo molto
diffuso. Secondo lei perché?
“Considerato che lo stress psicologico e
fisico è uno dei fattori di alto rischio per lo
sviluppo dei disturbi d’ansia non è difficile
immaginare che la società moderna
possa contribuire al loro sviluppo e
diffusione.
Lo stress psicologico derivato da
alcuni fattori come litigi con coniuge o
familiari, problemi sentimentali, problemi
economici, è difficile da gestire in
maniera efficace dal punto di vista
I disturbi d’ansia,
cosa sono e come curarli
27
in evidenza
mentale e comportamentale. Lo stress può essere anche
fisico e può derivare, ad esempio, da malattie fisiche, uso di
alcol e stupefacenti, mancanza di sonno e alimentazione
inadeguata.
Questo disturbo è trasversale a tutta l’età adulta ma ha un
esordio che si colloca tipicamente tra la tarda adolescenza
e i 35 anni.
Per quanto riguarda la prevalenza si assiste ad una
frequenza tripla nelle donne rispetto agli uomini, anche se
questi ultimi sono sempre più in aumento”.
Tra i disturbi d’ansia rientra anche l’ossessivo-compulsivo,
chi è un soggetto colpito da questo disagio?
“Un soggetto colpito da questo disturbo assume degli
atteggiamenti ossessivi nei confronti di un determinato
aspetto della quotidianità. Ad esempio “l’ossessivo
checking/doubting ruminating”, ha il dubbio ossessivo sui
pensieri e sulle azioni, questo può indurlo, ad esempio,
a spendere ore ed ore a controllare e ricontrollare che
la manopola del gas o la serratura di casa siano chiuse
prima di uscire dalla propria abitazione. Poi c’è l’ossessivo
compulsivo con la fobia da contaminazione, che ha invece
paura di toccare oggetti o persone in quanto ‘sporchi’ e
quindi possibili veicoli di malattie. Questa persona conduce
una quotidianità costellata da rituali e lavaggi compulsivi
che limitano ed invalidano fortemente le relazioni, il lavoro
e l’esistenza stessa”.
In generale, quali potrebbero essere le principali cause dei
disturbi d’ansia?
“Le cause possono essere molteplici. Ci sono fattori genetici
e neurobiologici che giocano un ruolo significativo, come
adesempiolatrasmissioneintergenerazionaledell’ansiadal
genitore al bambino. In altre parole, l’ansia è più qualcosa
che si ‘impara’ dalle nostre figure di riferimento. I genitori
ansiosi sono spesso amorevoli, ma critici, impediscono
l’esplorazione del mondo esterno, sono eccessivamente
preoccupati dalle malattie e dai pericoli, favorendo
la costruzione del mondo esterno come minaccioso,
imprevedibile e pericoloso. La conseguenza di questo
comportamento è che il bambino costruisce un’idea di sé
fragile e vulnerabile”.
Quando rivolgersi allo specialista?
“È opportuno rivolgersi ad uno specialista quando la
sintomatologia diventa motivo di sofferenza tanto da
condizionare in maniera significativa la qualità della vita.
28
“Per arrivare a buoni risultati è importante che si instauri
una buona alleanza tra paziente e specialista attraverso
un piano cooperativo. Non deve mai instaurarsi una
dipendenza”.
Se il paziente diventa “dipendente” lo specialista come
interviene?
“La tendenza dei soggetti ansiosi è quella di dipendere
dagli altri, quindi un bravo professionista sin da subito mette
in atto delle strategie terapeutiche adeguate per gestire al
meglio questo aspetto”.
Ci sono disturbi che necessitano anche di cure
farmacologiche?
“Sì, dipende dall’entità compromessa. Quando si inizia un
percorso di terapia uno dei fattori principali è la lucidità
del paziente. Per questo motivo
può capitare di suggerire la
somministrazione di qualche
antidepressivo o ansiolitico”.
Quali sono i suoi consigli?
“Innanzitutto parlare e
condividere il proprio disagio in
famiglia o con le persone che
rivestono un ruolo significativo,
questo è già un primo passo per
sentirsi meno soli e cominciare
ad affrontare il problema in
maniera costruttiva. Poi è opportuno chiedere aiuto ad
un professionista serio ed esperto, senza aspettare troppo
tempo perché i disturbi potrebbero cronicizzarsi.
Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad un professionista
laureato in psicologia clinica che abbia effettuato
anche una specializzazione quadriennale post lauream
in psicoterapia. Questo tipo di formazione è condizione
necessaria per effettuare un intervento efficace dei
disturbi d’ansia”.
L’ansia di per sé è un’emozione utile all’adattamento,
ma quando diventa un vero e proprio disturbo potrebbe
compromettere la qualità della vita di chi ne soffre e anche
delle persone che si trovano a condividere il quotidiano
con la stessa.
Parlarne fa bene, non bisogna vergognarsi di ammettere
le proprie fragilità e, come ha spiegato la dottoressa
Santambrogio, è importante non trascurare i campanelli
d’allarme. Ricordiamo che il primo passo per combattere i
disturbi d’ansia, in tutte le loro sfaccettature, è riconoscerli
precocemente e affidarsi alle cure appropriate degli
specialisti, per evitare dei seri rischi per la salute.
È importante che il soggetto arrivi a capire che c’è stata
un’alterazione del suo modo di vivere sia sotto il profilo
soggettivo che oggettivo, spesso di conseguenza subentra
una depressione secondaria sostenuta da una vera e
propria perdita della qualità della vita e da un decremento
dell’autostima”.
Quali sono le conseguenze per la salute se i disturbi non
vengono trattati in tempo?
“Le ripercussioni possono essere sia indirette, con un
aumento di comportamenti a rischio che possono portare
a delle serie conseguenze per la salute dell’individuo,
come ad esempio l’abuso di alcol e di fumo, disequilibrio
sonno-veglia, un piano alimentare sbagliato, che dirette
con un elevato livello di cortisolo, l’ormone dello stress,
che abbassa le difese immunitarie e provoca quindi una
maggiore predisposizione a contrarre malattie. Quindi, più
è precoce l’intervento più sarà
veloce l’acquisizione di strategie
di pensiero e comportamenti per
far fronte in maniera efficace ai
disturbi d’ansia”.
Lei è uno specialista della terapia
cognitiva-comportamentale.
Quali sono le terapie da seguire?
“Oggi gli studiosi concordano
sul fatto che i disturbi d’ansia si
possono curare attraverso due
interventi complementari: la
farmacoterapia e la psicoterapia. Io sono uno specialista
che si occupa del secondo aspetto, seguo un approccio
cognitivo comportamentale. Il nostro lavoro è quello di
concentrarci sulle credenze centrali, sugli schemi ed errori
della realtà percepita dal paziente. L’obiettivo è quello
di accompagnare il paziente in un percorso in cui riesca
a correggere, regolare e gestire in maniera più adatta e
funzionale i pensieri e le emozioni”.
Quali sono le azioni di intervento?
“La diagnosi è importante e utile per orientare lo specialista
verso un intervento efficace. La persona affetta da un
disturbo d’ansia, come tutti noi, ha una storia ed è proprio
sulla base del vissuto del paziente che lo specialista mette
in atto un piano terapeutico da seguire. Il paziente è il
migliore conoscitore di se stesso, mentre lo psicologo è
l’esperto dei meccanismi mentali. Insieme formano una
squadra vincente”.
Qual è il rapporto che si instaura tra il paziente e lo
specialista per una buona riuscita di psicoterapia?
29
30
Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione
e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.
Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il
Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.
In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e
collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato
sulla Cura Totale della persona.
Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto
nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci
consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
ITALIA
“La salute è la più grande forza
di un popolo civile”
31
a cura di
Alessandro Notarnicola
Un tempo era la personalità pubblica più rispettata del
paese, ci si rivolgeva a lui con il voi, forma di riverenza e
di rispetto riservata ai nobili e latifondisti e ogni sua parola
era legge, senza se e senza ma. Parliamo del “dottore”,
una delle figure più antiche della storia del mondo di cui
c’è traccia già nel 460 a. C.
con Ippocrate, al quale oggi
i professionisti della ricerca e
della medicina giurano eterna
fedeltà una volta iscritti all’albo.
Ma se fino agli anni ’90 del
Novecento il medico era un
arbiter super partes, un giudice
la cui parola non andava mai
messa in discussione, adesso
invece le cose sono cambiate
e con il sopravvento della tecnologia i pazienti da passivi
sono diventati soggetti attivi con una medicina “fai da
te”. In questo senso si è sviluppata la “cybercondria”, una
sorta di patologia 3.0 che definisce l’abitudine di chi ogni
volta che avverte un disturbo chiede informazioni al web
convincendosi che il proprio è un caso gravissimo.
Oggi tutti credono di sapere ogni cosa, e quando
non possiedono le risposte
necessarie, con un po’ di
arroganza e presunzione, le
cercano con un semplice
click e poi a compensare le
loro mancanze ci pensa il
web. Certamente, questo è
un aspetto positivo dei nostri
tempi, in cui al più vago sentore
di un malessere ancor prima
di consultare il medico di
fiducia, ci si collega all’Iphone googlando il sintomo che
riceverà migliaia risultati di ricerca su diagnosi, rimedi, cure
e, addirittura, anche farmaci da assumere. Ma se da un
Medicina: cure fai da te
nello studio del Dott. Google.
Boom di cybercondriaci
32
proprio medico e arrivando persino contestarlo su diagnosi
e cure in base a quanto scoperto sulla sterminata Rete.
Si tratta di un’abitudine molto pericolosa che rischia di
compromettere in primis la propria salute ma anche il
rapporto medico-paziente per via delle informazioni
scorrette. Coloro che cercano informazioni mediche
spesso non sanno distinguere siti autorevoli da quelli poco
seri. Una tendenza che rischia anche di far nascere nuovi
malati immaginari o worried well, come amano chiamarli
gli inglesi, che si rivolgono al medico convinti di essere
malati proprio in base alle informazioni lette su internet.
Tuttavia, è pur vero che proprio alla luce di questa tendenza
3.0 molti medici hanno creato dei blog, forum, o veri e
propri siti personali in cui grazie alla collaborazione di altri
specialisti lasciano all’utente la possibilità di rivolgere delle
domande e nell’arco di poco tempo di trovare anche
un’appropriata risposta. È questa la medicina telematica
sicuramente molto più preferibile a quella schiera
di contenuti non attendibili presenti su Internet.
Molti dottori, infatti, a margine della risposta esortano
l’utente interessato a consultare comunque il proprio
medico chiedendo, inoltre, di non ricorrere alle cure
fai da te che potrebbero trovare nel tempo serie
conseguenze sulla propria salute. Nel Regno Unito
il presidente della Royal Pharmaceutical Society ha
espressamente chiesto di non fidarsi delle diagnosi
online. In Belgio è stato trasmesso in tv uno spot in cui
si ridicolizza chi ricorre al web per curarsi. Eppure, in
ogni parte del mondo occidentale, Italia compresa,
i numeri sono sempre più preoccupanti e lo studio
del dottor Google è sempre più affollato.
“Navigare in internet è come navigare per mare:
bisogna avere punti di riferimento e strumenti.
Una raccomandazione preliminare che mi sento
in dovere di dare è quella di far attenzione alla
provenienzadellenotizie.Cisipuòragionevolmente
fidare se le informazioni arrivano da ospedali
e facoltà mediche di chiara fama, da società
scientifiche di lunga tradizione, da enti istituzionali,
come ad esempio l’Organizzazione mondiale
della Sanità”, ha sempre sostenuto l’oncologo
milanese Umberto Veronesi spiegando che è
necessaria anzitutto una guida sicura, completata
da esperti che analizzano minuziosamente la
massa imponente delle informazioni medico-
scientifiche, comparando le notizie con i dati già
acquisiti nell’ambito della comunità scientifica
internazionale, e infine dando il semaforo verde
a quelle che presentano le credenziali giuste,
cioè i risultati di studi sufficientemente ampi e
documentati.
lato questa rapidità dell’informazione medica agevola le
diverse situazioni, dall’altro le peggiora poiché ci sono dei
casi in cui il medico non può essere bypassato o sostituito
dal dottor Google.
Dottor Google è gratis, sempre disponibile (Wi-fi
permettendo) e a portata di mouse. Con i tempi frenetici
cui è sottoposta la società contemporanea nessuno più
ha voglia di rispettare file, attese, o di dover rispondere
a domande imbarazzanti da parte dei professionisti della
cura. Basta un click e tutto si risolve acquistando in farmacia
il primo farmaco che non necessita della richiesta specifica
del proprio medico.
A quanto pare, stando agli ultimi dati forniti dall’istituto di
ricerca Censis l’80% dei pazienti cerca informazioni sulla
propria salute sul web. Ma l’aspetto più sconvolgente è
che nel 58% dei casi si limita al parere di Internet senza
consultare uno specialista. Non solo: il 34% degli italiani
cerca informazioni mediche sui siti web senza consultare il
33
La Selvotta Suite è un’elegante Guest
House nel cuore del Parco di Vejo, a
pochi chilometri dallo storico comune di
Formello ed a soli 17 Km a nord della città
di Roma.
La bellezza del bosco di querce e la
vicinanza al Parco della Selvotta rendono
questa location unica nel suo genere,
offrendo un’oasi di pace per varie specie
di animali la cui compagnia sorprenderà
piacevolmente i propri ospiti.
La camere, curate nei dettagli in forme e
colori,dispongonotuttediserviziprivaticon
doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento
autonomo, aria condizionata, frigobar,
cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre,
è possibile usufruire del servizio lavanderia.
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Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)
La sindrome della morte in
culla, come evitarla?
a cura di
Mariachiara Manopulo
La sindrome della morte in culla, o Sudden infant death
syndrome (Sids), colpisce i bambini tra un mese e un anno
di età. Non corrisponde ad una patologia particolare: si
parla di Sids quando si possono escludere, (dopo una
autopsia e varie analisi accurate dello stato di salute del
bambino e delle circostanze della sua morte), tutte le altre
cause note per spiegare il decesso del piccolo, come
malformazioni o eventi dolosi.
L’incidenza media della sindrome della morte in culla nei
paesi industrializzati è di circa un caso ogni 2000 bambini
nati vivi. Non esistono dati nazionali sull’incidenza del
fenomeno, poiché manca un sistema di rilevazione
omogeneo; fino ad alcuni anni fa era nell’ordine del 1-1,5‰
dei nati vivi, attualmente è in calo, anche per la maggior
attenzione nel coricare i neonati in posizione supina. Ora è
stimabile attorno allo 0,5‰, circa 250 nuovi casi all’anno.
È comunque la prima causa di morte nei neonati che
hanno tra uno e tre mesi, e circa il 60% sono maschi. La
morte si verifica rapidamente, durante il sonno, sia di giorno
che di notte, sia in culla che nel passeggino, ma anche nel
seggiolino della macchina o in braccio ai genitori, senza
mostrare segni di sofferenza.
Vari studi e ricerche hanno dimostrato che ci sono
comportamenti e fattori di rischio che possono provocare
la Sids. Pare che tra le cause ci possa essere una anomalia
nella zona cerebrale che controlla i ritmi del sonno e della
veglia.
Il modello eziopatogenetico adottato dalla comunità
scientifica internazionale per spiegare la sindrome della
mortedicullaèilmodellodeltriplicerischio,checomprende
tre fattori interdipendenti: 1) una vulnerabilità di base 2)
un periodo di sviluppo critico (finestra di vulnerabilità) 3)
fattori esterni scatenanti (fattori di rischio). In primo luogo,
il bambino, anche se sembra sano e normale, soffre in
realtà di una piccola anomalia nel sistema di regolazione
dei ritmi cardiaci, respiratori o generali del proprio
organismo. Nei primi mesi di vita poi cambiano i ritmi del
sonno, quelli cardiaci e/o respiratori, ci sono cambiamenti
nella pressione o nella temperatura corporea. Infine, ad
aggravare la situazione, si aggiungono eventi esterni,
come il fatto di dormire in posiziona prona, l’esposizione a
fumo passivo e piccole infezioni respiratorie, portando alla
Sidis. Secondo questo modello, si può parlare di Sids solo se
i tre fattori sono compresenti.
La sindrome della morte in culla può verificarsi anche in
35
bambini accuditi con la massima cura dai genitori più
affettuosi; ha però una più elevata probabilità di verificarsi
quando sussistono alcune condizioni e comportamenti
da parte dei genitori e in generale delle persone che si
occupano dei piccoli. Tra i fattori di rischio troviamo:
• far dormire il bambino sulla pancia, in posizione prona;
• far dormire il bambino su materassi, cuscini, piumini soffici
e avvolgenti;
• l’esposizione del feto e del neonato al fumo. Secondo
il Centro di Documentazione sulla Salute Perinatale e
Riproduttiva, “il fumo di sigaretta aumenta il rischio di SIDS
sia indirettamente, accrescendo il rischio che il neonato
sia di basso peso per l’età gestazionale, pretermine, o
abbia più frequenti infezioni respiratorie, tutte situazioni
indipendentemente correlate a maggiore rischio di SIDS,
sia direttamente, alterando il sistema di risveglio in caso
di ipossia/ipercapnia (arousal), la regolazione nervosa e
la programmazione dei riflessi
cardiovascolari. Sembra
che il meccanismo alla base
di queste alterazioni sia la
competizione, nel cervello
dei neonati, tra recettori
nicotinici e serotoninici,
l’alterazione del nucleo
arcuato e la produzione di
citochine. Anche l’esposizione
indiretta al fumo di sigaretta
paterno sembra associarsi ad un aumentato rischio di SIDS,
ancorché maggiormente contenuto”.
• la giovanissima età della madre e l’assenza di un percorso
di assistenza adeguata nel periodo pre e post natale;
• la nascita prematura o il basso peso alla nascita;
• la presenza di infezioni respiratorie.
Numerosi studi, sia americani che europei, hanno
permesso invece di escludere la correlazione tra la
somministrazione di vaccinazioni e la Sids. Il sospetto
che potesse esserci correlazione tra questi due elementi
nasceva dal fatto che i neonati, nei primi mesi di vita, sono
esposti ad un intenso programma di vaccinazioni, e la Sids
si manifesta principalmente in bimbi di età compresa tra 1
e 6 mesi. Al contrario, una ricerca effettuata in Germania
recentemente ha dimostrato un maggior rischio di Sids
nei bambini non vaccinati o sottoposti a vaccinazione
tardivamente.
Purtroppo in generale non è possibile capire quali bambini
sono a maggior rischio Sids. Le campagne di prevenzione
sono quindi rivolte a tutti. Come ricorda Epicentro, il portale
a cura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza
e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità,
ci sono particolari raccomandazioni che tutti i genitori
dovrebbero seguire: far dormire i propri bambini sulla
schiena su un materasso rigido, non fumare durante la
gravidanza e dopo la nascita del bambino, non coprirlo
troppo, e soprattutto fare attenzione a non coprire viso
e testa; è consigliabile poi non usare cuscini soffici e far
dormire il bimbo nel suo lettino. Ancora, è importante che il
piccolodormainunambienteatemperaturaadeguata,né
eccessivamente caldo né troppo freddo – la temperatura
ideale è tra i 18 e i 20 gradi -, e con sufficiente ricambio
di ossigeno. È stato dimostrato che una immunizzazione
corretta riduce il rischio di Sids, quindi anche l’allattamento
al seno è importante. Recenti ricerche dimostrano che il
rischio si riduce ulteriormente quando si offre il succhiotto
al neonato per farlo addormentare. Il ciuccio dovrebbe
essere adottato quando l’allattamento materno al seno
è stabilmente avviato, in genere entro il primo mese, per
evitare ogni forma di interferenza. Non bisogna forzare
però il bambino se lo rifiuta e se durante il sonno lo rilascia
non bisogna reintrodurlo.
Basta poco a mettere in atto
questi consigli, e in questo è
fondamentale il ruolo degli
operatori sanitari, che devono
trasmetterli ai genitori anche
prima della nascita di un
bimbo in modo che diventino
patrimonio comune.
Quando purtroppo si ha un
caso di Sids, è fondamentale che tutti gli operatori (medici,
psicologi, associazione di genitori, anatomo-patologi,
medici legali) lavorino insieme per non lasciare da sola la
famiglia e per riuscire a dare supporto, chiarimenti e risposte.
Perdere un figlio improvvisamente nel primo anno di vita
lascia infatti un vuoto incolmabile oltre a tanti ingiustificati
sensi di colpa o di inadeguatezza. Poiché le cause della
Sids non sono note, i genitori spesso cercheranno le
proprie spiegazioni, rimproverando se stessi. È importante
rassicurarli che la Sids non è provocata da nessuno.
Tra le varie associazioni nate a supporto delle famiglie
c’è l’Associazione Semi per la SIDS, che tra le altre cose
si occupa della diffusione delle norme per la riduzione
del rischio della sindrome ed è di stimolo alla ricerca. È
affiliata con “SIDS Family International”, rete di associazioni
SIDS provenienti da circa 30 paesi, formata nel 1987 per
promuovere la ricerca sulla SIDS e favorire lo scambio di
idee e notizie.
Con il patrocinio del ministero della Salute, è stato realizzato
anche l’opuscolo informativo “Per loro è meglio”, in
occasione della campagna di riduzione del rischio SIDS.
La ricerca è attualmente indirizzata su tre obiettivi principali:
determinare le cause della SIDS; identificare i bambini a
maggior rischio e capire il modo migliore in cui una famiglia
possa elaborare il lutto e superarlo.
36
Coopsalute è una cooperativa che
nasce dalla volontà di costituire
un unico punto di incontro tra la
domanda e l’offerta di prestazioni e
servizi socio- sanitari-assistenziali.
Peculiarità di Coopsalute è infatti
quella di stipulare accordi e
convenzioni con società di Mutuo
Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi
Sanitari e Compagnie di Assicurazione
da un lato e Cooperative, Società
di Servizi e liberi professionisti
dall’altro.
Essere Cooperativa significa agire
insieme per il benessere dell’
individuo e il miglioramento della
qualità della vita, in un’ottica
solidaristica e mutualistica.
Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei
servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente.
Coopsalute S.C.p.A. info@coopsalute.org www.coopsalute.org
Nello scenario socio-economico
attuale, riveste un ruolo sempre più
di rilievo l’assistenza domiciliare,
rivolta ad anziani, disabili, malati e a
chiunque si trovi a vivere particolari
condizioni di fragilità.
Per agevolare il paziente e la sua
famiglia in termini di confort e
privacy, è importante che tale
prestazione sia svolta nel rispetto
e nel mantenimento delle massime
condizioni qualitative e con assoluta
professionalità.
Coopsalute assicura tali peculiarità,
mediante un’accurata selezione su
tutto il territorio nazionale degli
erogatori di tali prestazioni, per
poter poi formulare pacchetti di
prestazioni e servizi ad hoc, da offrire
ai suoi convenzionati.
Monitorandocostantementeilmercato
e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei
bisogni della collettività, Coopsalute,
plasmandosi attorno ad essi, riesce a
fornireprestazionisempreinnovative
e attuali garantendo anche il costante
supporto della sua Centrale Salute
H24.
Coopsalute, convenzionata tra
l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari,
casse di Assistenza e Società di
Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi
servizi, intende proseguire la sua
crescita, divenendo il principale
punto di riferimento per tutti gli
attori dello scenario socio-sanitario-
assistenziale, il “regista” attraverso
il quale le parti si incontrano, nel
soddisfacimento di bisogni condivisi.
800 598 635
Centrale Cooperativa
(riservato agli Assistiti)
06 90198069
info e ufficio convenzioni
aderente A
aderente B
aderente C
aderente D
ade
ade
ade
ade
aderente A
aderente B
aderente C
aderente D
aderente A
aderente B
aderente C
aderente D
L'assistito si affida a
Coopsalute per la propria
esigenza sanitaria.
Coopsalute si occupa di
reperire, all'interno del suo
network, le prestazioni richieste.
L'assistito usufruisce del
servizio adatto alle proprie
necessità.
37
L’etimologia della parola ‘doula’ proviene dal greco e
significa “colei che serve la donna”. È una figura non
sanitaria, di sostegno emotivo-pratico in gravidanza, nel
post-parto e fino al primo anno di età del bambino. Si
ispira al ruolo che tradizionalmente svolgevano le nonne,
le zie, le sorelle maggiori e che nel tempo si è perso. È
molto diffusa in Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Sud Africa,
Grecia e altri Paesi del Nord Europa, ma poco in Italia.
Secondo alcuni studi realizzati in Inghilterra, è emerso che
partorire con l’aiuto della doula riduce del 50% il ricorso
al taglio cesareo; del 25% la durata
del travaglio; del 60% la richiesta
di analgesia epidurale; del 30%
il ricorso all’anestesia; migliora
l’interazione madre-neonato e
aumenta la soddisfazione della
donna per l’esperienza del parto.
Quali sono le sue funzioni? In che
modo assiste una donna durante
il bellissimo percorso verso la
maternità?
Per conoscere meglio la straordinaria figura della doula
e il suo ruolo, abbiamo intervistato Eleonora Fornelli, the
Hugging Doula, attualmente impegnata negli Emirati Arabi
Uniti ma, come ha dichiarato nel corso dell’intervista, è
“a disposizione per raggiungere le mamme bisognose
d’aiuto, per far vivere con serenità la fantastica esperienza
della maternità, fino ad una distanza di 8 ore d’aereo per
periodi di 2 settimane”.
Cosa fa esattamente una doula?
“La doula è una professionista che ha come ruolo quello
di affiancare la donna durante il periodo di trasformazione
da donna a mamma. È una figura di sostegno emotivo,
psicologico e pratico. Io definisco la mia professione come
“fare da mamma alla mamma”. Il suo ruolo si differenzia
nella fase pre e post-parto. La doula pre-parto affianca la
donna durante la gravidanza, aiutandola a raccogliere
le informazioni necessarie per fare le proprie scelte in
modo consapevole e per arrivare al parto rilassata e
cosciente delle proprie capacità fisiche. Generalmente
la doula incontra la gestante,
preferibilmente con il proprio
partner, un paio di volte prima
della data presunta del parto in
modo da instaurare con la coppia
un rapporto di fiducia e intimità.
Nel corso degli incontri vengono
affrontati i vari argomenti dal
punto di vista emotivo e pratico,
non medico, che riguardano la
gravidanza, il travaglio e il rientro a casa. Mi concentro
sulle aspettative della coppia, sulle possibili paure della
mamma e nel praticare esercizi di rilassamento utili
durante il travaglio e il parto. Quando la data presunta
del parto si avvicina, la doula è reperibile 24 ore su 24.
Il compito fondamentale è quello di dare un sostegno
continuativo dall’inizio del travaglio fino alle ore successive
al parto. Alcuni studi hanno rilevato che la futura mamma
affiancata dalla doula vive con più serenità il travaglio,
con una minore percezione del dolore e poco uso di
farmaci conservando un ricordo positivo del parto stesso.
a cura di
Nicoletta Mele Fare da mamma alla
mamma: la doula, un
sostegno emotivo e pratico
38
Oggi, purtroppo, ci sono donne che vivono in maniera
traumatizzante l’esperienza del parto. È nostro compito
quindi quello di aiutarle a prepararsi all’evento senza paure
e con maggiore fiducia in se stesse.
La doula post-parto, invece, è esperta di maternage, ha il
compito di informare su tutte le pratiche di accudimento
che aiuteranno a rinforzare il bonding tra mamma
e bambino. È un valido sostegno nella fase iniziale
dell’allattamento per evitare che la neo mamma non abbia
delle inutili complicazioni che possano indurla a smettere di
allattare. Il rientro a casa spesso spaventa: la mamma ha
paura dell’ignoto in quanto torna a casa con un “nuovo
coinquilino” che dipende completamente dai genitori. In
questa fase la doula è il “tutor” che indirizza la coppia a
creare un rapporto con il neonato, rispettando sempre però
le loro scelte. Il nostro lavoro consiste nel provare a fornire
“il primo vademecum per la gestione del bambino”, per
conoscerlo e avere anche il tempo per riposarsi. Inoltre,
siamo sempre a disposizione per chiarire dubbi, incertezze e
timori. La neo mamma non deve mai sentirsi sola”.
Durante il travaglio quali sono le sue competenze e in cosa
si differenzia dall’ostetrica?
“La doula si aggiunge alla figura dell’ostetrica e del
ginecologo, ma non è un operatore sanitario. Il nostro ruolo
è quello di supportare e stare accanto alla donna durante
il travaglio ricordandole le tecniche praticate durante gli
incontri per attenuare il dolore delle contrazioni. Lavoriamo
in squadra con l’equipe medica, creiamo un ambiente
accogliente e pratichiamo dei massaggi particolari per
facilitare il rilascio di ossitocina, mentre le ostetriche e il
39
ginecologo si occupano degli aspetti medici”.
Quando una donna si rivolge alla doula e qual è il rapporto
che si instaura?
“Solitamente la doula viene contattata dalle famiglie nel
secondo trimestre di gravidanza. Tra la mamma e la doula
nasce un rapporto affettivo profondo: si aiuta la donna ad
allattare, a riorganizzare la vita domestica, a considerare
le priorità e le cose che si possono invece rimandare,
a sciogliere i mille dubbi e le varie paure. Sono “The
Hugging Doula” ossia “la doula che abbraccia” (http://
www.thehuggingdoula.com/): accolgo le mie mamme
tra le braccia, le sostengo nelle loro scelte e le aiuto a
raccogliere le informazioni di cui hanno bisogno per farle
in modo autonomo. Le abbraccio fisicamente quando
hanno bisogno di sentirsi amate, come si fa con i propri figli.
Sono presente nella vita delle mie mamme proprio come
una mamma”.
È anche un sostegno per i papà?
“Certamente, i papà hanno un ruolo attivo, per questo
motivo tendo sempre a coinvolgerli durante gli incontri.
La doula propone gli strumenti necessari per aiutare la
propria compagna durante tutto il percorso verso la
maternità. Negli anni, la figura dell’uomo è cambiata,
rispetto al passato oggi i papà partecipano attivamente
anche sotto il profilo pratico, ad esempio alcuni massaggi
richiedono la loro presenza e il loro aiuto, come anche
durante il travaglio e al momento del parto. Indirettamente
poi, per loro, sapere che c’è una figura che supporta la
propria compagna sotto il profilo emotivo e pratico è
molto importante. Anche la mamma, a livello psicologico,
avendo più fiducia nelle proprie capacità e nel vedere
coinvolto in tutte le fasi il compagno, vive più serenamente
la relazione con il partner e il loro bambino”.
La doula può aiutare una futura mamma nella prevenzione
della depressione post partum?
“Gli studi effettuati in questo campo hanno dimostrato che
le mamme che si sono affidate ad una doula professionista
hanno diminuito notevolmente il rischio di depressione
post partum, imparando a gestire l’ansia e la sensazione
di abbandono che spesso compaiono dopo la nascita del
piccolo. La prima causa della depressione è il sentirsi sole
e incapaci di fronte alla faticosa esperienza dell’essere
diventate madri. Il compito della doula dopo il parto è
quello di assistere la neo mamma e fare in modo che non
venga colpita dalla patologia, in caso di possibili rischi,
consigliamo di rivolgersi ad uno specialista perché solo il
nostro aiuto non è sufficiente”.
Come si diventa una doula? Come nasce l’amore per la
professione?
“Doula si nasce, non ci si diventa. In Italia la professione della
doula non è ancora riconosciuta e non c’è ancora un corso
di studi vero e proprio. Ho iniziato la mia formazione nel 2008
grazie ad un corso promosso dall’Unione Europea per figure
professionali di assistenza alla madre e, successivamente, ho
frequentato il primo corso organizzato da un’associazione
di doule toscane. La passione nasce dal fatto che sin da
bambina avevo una predisposizione alla maternità. Sono
madre di tre figlie e dopo la prima esperienza ho capito che
vivere la trasformazione da donna a mamma in modo sereno
e consapevole è fondamentale per riuscire a crescere dei
bambini equilibrati e felici. Ho avvertito la necessità di creare
qualcosa in grado di aiutare le neo mamme così, dopo la
prima gravidanza, in Italia ho fondato “Il Club delle Mamme”,
un luogo di ritrovo per confrontarsi con professionisti ed
altre mamme e ricevere sostegno, informazioni a 360 gradi
e fare attività utili per se stesse e i propri bambini. Dopo un
paio d’anni dall’apertura del Club, con la mia famiglia ci
siamo trasferiti all’estero e da quel momento ho seguito
la mia vera passione: dare supporto alle donne durante la
gravidanza, il parto e il puerperio. Ho frequentato il percorso
di studi dell’Associazione di categoria Americana DONA
International e oggi sono una doula certificata”.
La figura della doula in molti paesi del mondo è molto diffusa,
invece in Italia meno, perchè?
“Credo che in Italia la figura della doula sia estremamente
necessaria, ma poco conosciuta anche se, rispetto al
passato, c’è una maggiore consapevolezza nei confronti
della nostra professione. Ormai siamo una realtà che si sta
affermando sempre di più e che trova sempre più riscontro
tra le mamme e le figure professionali complementari alla
nostra”.
Cosa si sente di consigliare alle donne che stanno per
diventare mamme?
“Siatecurioseeimparateadascoltarvi.Durantelagravidanza
e il puerperio il sesto senso femminile si affina e diventa più
forte. Imparate ad ascoltarvi e a darvi fiducia. Non abbiate
paura del travaglio, è una strada, generalmente in salita,
più o meno tortuosa, che vi porterà dritte all’incontro più
spettacolare della vostra vita, quello con il vostro bambino.
Ricordate sempre, sia prima che dopo il parto, di chiedere
aiuto, ci sarà sicuramente una doula in attesa della vostra
chiamata”.
La doula affianca non solo la famiglia, ma anche gli altri
operatori per il benessere della donna e del suo bambino.
Doula si nasce, non si diventa. È una donna utile a tutti, è
una madre delle mamme, è una “facilitatrice della migliore
esperienza di maternità” che accompagna la coppia nel
vivere le emozioni del diventare genitori. Anche l’OMS/WHO
nel suo documento “Care in Normal Birth” sostiene che “la
donna in travaglio dovrebbe essere accompagnata da
persone di cui si fida e con cui si sente a suo agio” e tra queste
c’è la doula.
40
Cinema-terapia. Un buon film
per allontanare stress e paura
dai pazienti ricoverati
a cura di
Alessandro Notarnicola
Quando negli anni ’60 la tv fece il suo primo ingresso nelle
stanze degli ospedali italiani nessuno avrebbe mai potuto
immaginare che un giorno, prima o poi, anche il grande
schermo sarebbe entrato dalla porta principale delle
cliniche e dei più grandi ospedali della Penisola. È questa
una nuova forma di terapia
che si serve del cinema per
rendere più normale possibile
la vita dei pazienti ricoverati
che a partire da oggi
hanno anche la possibilità
di trascorrere parte del loro
tempo al cinema con i propri
cari.
Il primo che ha parlato
dell’uso terapeutico dei
film è stato il professore di
psicologia Moreno nel 1944, che si soffermò sulla estensione
per il pubblico dello psicodramma: il film terapeutico. I film
terapeutici, nelle sue intenzioni, sarebbero stati pertanto
delle opere cinematografiche in grado di scaturire
qualunque tipo di emozioni e di aiutare il pubblico a
comprendere meglio se stesso. In realtà, con il trascorrere
degli anni e l’evolversi delle tecniche terapeutiche la
cinema-terapia è andata via via sostituendo la biblio-
terapia, vale a dire quella pratica che affida alla lettura la
concentrazione del paziente, o del cliente (se si è in cura
da uno psicologo), cercando di stimolarlo.
Proprio su queste basi, il Policlinico Universitario A. Gemelli
di Roma e MediCinema Italia Onlus hanno dato avvio nel
2016 a un grande progetto: la
realizzazione della prima vera
sala cinematografica in uno
dei più conosciuti ospedali
italiani. Si tratta – come si
legge sulla pagina ufficiale
del Policlinico romano – del
primo protocollo a livello
nazionale che si propone di
portare continuativamente
la cultura e lo spettacolo
in ambito ospedaliero a
scopo terapeutico con
programmi mirati per ogni tipologia di pazienti coinvolti.
Nel settembre scorso, inoltre, sempre al Gemelli è partita
la “terapia del sollievo” che, servendosi dell’unione tra
cinema e medicina, ha miscelato l’importanza della
cura all’immancabile divertimento grazie all’intervento di
Disney. La casa di produzione cinematografica ha dunque
inaugurato l’iniziativa accendendo i riflettori del grande
schermo installato tra l’8° e il 9° piano del Gemelli su “Alla
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  • 1. Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa HEALTH novembre/dicembre 2016 - N°16 medicina alimentazione curiosità in evidenza La Doula, un sostegno emotivo e pratico per i neo-genitori Cinema-terapia per i pazienti ricoverati Cure fai da te nello studio del Dott. Google. Boom di Cybercondriaci Mangiare vegano: in Italia uno stile di vita in crescita in Italia, sono circa 8 milioni le persone che soffrono di stati d’ansia. cosa sono? come curarli? lo abbiamo chiesto alla dott.ssa lorena santambrogio
  • 2. Presentano Diventa un associato e cambia adesso il tuo futuro, richiedi la consulenza di un promotore! www.garanziasalute.it garanziasalute@radioradio.it Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza scopo di lucro. La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi: Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65, Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65. La sanità d’eccellenza per le famiglie di Radio Radio!
  • 3. Caritas della Parrocchia di San Lorenzo Martire La Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il Servizio Sanitario nazionale non copre adeguatamente. In questo modo i costi medici sostenuti dalle famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e preservare la loro salute! museo del mutuo soccorso La Fondazione ha ereditato da MBA la collezione del Museo del Mutuo Soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della Mutualità. La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio- sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti. Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org supportare favorire promuovere Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile! Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
  • 4. “Health Book” il primo libro di mutua mba dedicato alla prevenzione! L‘importanza della prevenzione in un libro Health book I libri della salute di Mutua MBA Da un recente studio effettuato in Italia è emerso come quasi una persona adulta su due sia completamente avulsa dall’adottare una linea di prevenzione medica adeguata. Prerogativa di una società di Mutuo Soccorso non può, pertanto, essere “solo” quella di garantire l’accesso privilegiato alla salute attraverso una valida integrazione al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve forzatamente infondere la cultura della prevenzione intesa come cura di sé stessi, poiché in essa stessa risiede l’unica via utile a soddisfare la crescente domanda di assistenza che la sanità pubblica non riesce – e non riuscirà - ad accontentare. Per tale motivo Mutua MBA ha deciso di raccogliere interviste, analisi e studi di settore, ma soprattutto consigli pratici, esercizi e ricette culinarie per innescare l’attitudine a prendersi cura di noi stessi, con l’intento di prevenire il più possibile malattie e infortuni. Vuoi ricevere “Health Book - L’importanza della prevenzione” nella tua casella di posta elettronica? Invia una email a info@healthonline.it e segnalaci i tuoi contatti, ti sarà inviato senza alcuna spesa aggiuntiva. Inoltre, su espressa richiesta e con un contributo di soli 10€ (+s.s.), potrai ricevere direttamente a casa la versione cartacea del libro. La somma sarà devoluta da Mutua MBA alla Fondazione Basis, ente no-profit dedicato alla promozione e allo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale e assistenza sanitaria.
  • 5. Health Online periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 3° novembre/dicembre 2016 - N°16 Direttore responsabile Ing. Roberto Anzanello Comitato di redazione Alessandro Brigato Mariachiara Manopulo Nicoletta Mele Giulia Riganelli Fabio Vitale Redazione e produzione Fabio Vitale Direzione e Proprietà Health Italia Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) info@healthonline.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli n. 2/2016 - diffusione telematica n.3/2016 - diffusione cartacea 9 maggio 2016 ImPaginazione e grafica Giulia Riganelli Tiratura 101.346 copie Visita anche il sito www.healthonline.it potrai scaricare la versione digitale di questo numero e di quelli precedenti! E se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita! Per la tua pubblicità su Health Online contatta mkt@healthonline.it HEALTH
  • 6. Nel 2016 le prime stime ci dicono che la spesa sanitaria italiana totale sarà vicina ai 150 miliardi di euro dei quali oltre 36 miliardi di euro annui sono rappresentati dalla spesa sanitaria privata da sommarsi ai circa 113 miliardi di euro della spesa pubblica. Riguardo all’ingente massa di denaro che gli italiani spendono di tasca propria è opportuno sottolineare che solo poco più del 15% è una spesa intermediata dagli enti di sanità integrativa di secondo pilastro e dalle polizze sanitarie assicurative di terzo pilastro. La conseguenza logica e matematica dell’invecchiamento della popolazione, dell’aumento delle aspettative di vita e della diminuita natalità è quindi un maggiore costo per le spese sanitarie che grava su individui e famiglie, processo ineluttabile come abbiamo già avuto modo di spiegare approfonditamente. Come questa testata giornalistica sostiene da tempo e come, peraltro, gli ultimi 25 anni di impostazione legislativa confermano, l’unica soluzione praticabile è l’ampliamento della spesa sanitaria intermediata dagli enti abilitati a gestire il secondo pilastro della sanità e cioè Fondi Sanitari, Società Generali di Mutuo Soccorso e Casse di Assistenza Sanitaria. Perché questo sia realizzabile è opportuno creare le condizioni affinché la diffusione di questa possibilità sia ben comunicata e veicolata a tutti i cittadini, come abbiamo più volte sostenuto da queste pagine. Ma affinché il sistema sia sostenibile è necessario approntare ancora qualche correzione alle modalità operative con le quali il tema della spesa sanitaria viene affrontato nel nostro paese. Chiunque sia “il pagatore” delle spese sanitarie, sia esso lo Stato per la Sanità Pubblica, gli Enti abilitati per la Sanità Integrativa di secondo pilastro o le Società che forniscono coperture sanitarie private, si trova davanti ad un grosso problema: la determinazione del costo certo delle spese sanitarie sostenute per il proprio cittadino, assistito, associato, cliente. Si tratta di un problema datato che molti altri paesi hanno già da tempo risolto ma che nel nostro paese non è stato ancora compiutamente affrontato. Non è possibile infatti che il costo di una qualsiasi prestazione sanitaria svolta da strutture mediche private possa variare di oltre 10 volte a seconda del luogo, della tipologia di prestazione, del tipo di struttura, del nome del medico o di ancora altri parametri. Vero è che nel determinare il costo di una prestazione sanitaria influiscono anche dei fattori esogeni che esulano dal semplice atto tecnico, basti pensare al tipo di macchinario utilizzato per quanto concerne gli esami diagnostici od alla differente specificità dei test per quanto riguarda gli esami clinici o, ancora, alla differente complessità dell’intervento per quanto riguarda un’operazione chirurgica. Però un’ecografia è un’ecografia, una visita medica è una visita medica, un parto è un parto, un intervento è un intervento ed allora non si comprende perché tutte per queste prestazioni sanitarie possano essere richiesti costi liberi ed a piacere di chi le fornisce. Il nostro paese, che ricordiamo sempre, per quanto riguarda i modelli di assistenza sanitaria ai propri cittadini è sempre stato ed è tutt’ora un modello di riferimento mondiale, ha avuto la capacità di normare adeguatamente i sistemi di riferimento per la spesa sanitaria pubblica o per quella integrativa o per quella privata ma non ha mai normato i riferimenti per un costo sanitario equo. Quindi in un mercato ormai consolidato da un punto di vista fiscale, giuridico, legislativo ed operativo ci sono aziende che possono applicare i prezzi che meglio gli aggradano, affiancando ingiustamente un mercato libero a modelli regolamentati. Ci riferiamo naturalmente alle strutture sanitarie private nelle quali, per fare qualche esempio concreto ma non certamente esaustivo, un esame per il livello di glicemia può costare da 5 a 30 euro, un’ecografia addominale può costare da 30 a 150 euro, un parto può costare da 2.000 fino a 15.000 euro, un intervento chirurgico di appendicite può costare da 3.000 fino ad oltre 10.000 euro. La soluzione c’è ed è facilmente percorribile, già applicata in altri paesi, poco costosa, di facile implementazione, molto rapida: la realizzazione di un Tariffario Medico Nazionale nel quale ogni prestazione abbia un costo definito che possa poi essere integrato tramite dei moltiplicatori anch’essi predefiniti a seconda della complessità, della qualità o del sistema utilizzato per la prestazione stessa. Così facendo gli enti di sanità integrativa andrebbero incontro a costi definiti per garantire i propri associati, le compagnie assicurative affronterebbero costi certi per proteggere i loro clienti e lo stato avrebbe dei riferimenti stabiliti equamente per misurare le prestazioni fornite dalle strutture pubbliche. Questo consentirebbe di avere prezzi definiti dei sussidi sanitari offerti dagli enti di sanità integrativa senza aggravare i contributi versati dagli associati, di non dovere ritariffare ogni anno i costi delle polizze assicurative malattia con costi aggiuntivi per i clienti, di non dovere discutere ogni anno dei costi sostenuti da ogni regione per le prestazioni sanitarie pubbliche. Si tratta di una soluzione di puro buon senso e di immediata realizzazione ed applicabilità che renderebbe più sostenibile per tutti il sistema sanitario, semplicemente correggendo in modo equo un modello di riferimento che contiene questa gigantesca anomalia al fine di realizzare una gestione coerente delle spese sanitaria. Noi di Health On Line che abbiamo a cuore il diritto alla salute dei cittadini italiani quindi insisteremo su questo inevitabile passaggio legislativo affinché venga opportunamente operato in tempi rapidi per dare pieno compimento al diritto costituzionale alla salute di ciascuno di noi. A cura di Roberto Anzanello editoriale Una sanità nuova: impostazioni da correggere per una gestione coerente
  • 7. 23 12 17 10 26 Pavimento pelvico: quanto è importante per la salute e il benessere della donna? Bello da impazzire Mangiare vegano: in Italia uno stile di vita in crescita Sì a tablet e telefonini per bambini ma con delle regole I disturbi d’ansia, cosa sono e come curarli in evidenza 20 Voglia di attività fisica? Perché non provare la corsa? 34 31 La sindrome della morte in culla, come evitarla? Medicina: cure fai da te nello studio del Dott. Google. Boom di cybercondriaci
  • 8. 40 Cinema-terapia. Un buon film per allontanare stress e paura dai pazienti ricoverati 45 50 37 42 A tutto sci, ma con degli accorgimenti Le ricette della salute Fare da mamma alla mamma: la doula, un sostegno emotivo e pratico Dipendenza addio: come fare? 48 Palle di Natale: la canzone dei ragazzi della Fondazione IRCCS conquista il web
  • 9. Health tips Sapevi che... La cannella viene usata da millenni per combattere il raffreddore, la nausea, i virus intestinali e i dolori mestruali. È un’ottima fonte di manganese, ferro e calcio. Inoltre, uno studio cinese pubblicato sulla rivista Nutritional Research, ha dimostrato che la cannella aiuta ad abbassare i livelli di zucchero nel sangue nelle persone che soffrono di diabete. La curcuma svolge un’azione depurativa sull’organismo ed è un potente antiossidante e antinfiammatorio. Una ricerca pubblicata su Annals of Neurology ha dimostrato poi che aiuta a migliorare la memoria nei pazienti affetti da problemi di demenza, come il morbo di Alzheimer. Nuotare aiuta ad accrescere la forza e il tono muscolare. Il nuoto ci offre la possibilità di effettuare degli esercizi di resistenza che permettono di mantenere il benessere dei muscoli. Inoltre, aiuta a rafforzare le ossa e l’apparato scheletrico, soprattutto dopo la menopausa. La cistoscopia è un esame endoscopico, eseguito a livello ambulatoriale, che permette di visualizzare le pareti interne della vescica e dell’uretra, il condotto che la collega con l’esterno. Consente di individuare anomalie e patologie a carico della vescica e delle basse vie urinarie come calcoli, polipi, diverticoli o tumori e di prelevare, eventualmente, piccoli campioni di tessuto da analizzare in laboratorio. Il crossfit è un programma di allenamento che si concentra su una serie di esercizi attinti da diversi sport e tecniche fitness, eseguiti ad alta intensità in rapida successione. Permette di allenare tutte le catene muscolari, esaltando esplosività e agilità. Il pap test permette di scoprire l’eventuale presenza di alterazioni e lesioni del collo dell’utero, la cui cura può prevenire l’insorgenza di problemi ben più seri e gravi; andrebbe eseguito regolarmente, ogni tre anni, da tutte le donne dopo l’inizio dell’attività sessuale o comunque a partire dai 25 anni di età. La tapioca è naturalmente priva di glutine, quindi è adatta anche al consumo da parte dei celiaci. Un etto di tapioca fornisce al nostro organismo circa 350 kcal facilmente e rapidamente assimilabili. Il basso contenuto in cellulosa la rende anche particolarmente digeribile e adatta all’alimentazione dei bambini e di quanti necessitino di un’alimentazione ipercalorica. La vitamina B12 è una vitamina essenziale (che il nostro organismo non è in grado di produrre), che si trova in alimenti come pesce, crostacei, carne e prodotti caseari. Aiuta a mantenere sane le cellule nervose ed i globuli rossi ed è necessaria anche per sintetizzare il DNA, il materiale genetico presente in tutte le cellule.
  • 10. 10 Sì a tablet e telefonini per bambini ma con delle regole a cura di Alessandro Notarnicola Se un tempo era più che comune guardare per strada un bambino che giocava con il pupazzo del suo supereroe preferito mentre la mamma era intenta a fare la spesa, oggi invece le cose sono del tutto cambiate e tra le mani dei più piccoli troviamo Iphone, tablet, videogiochi, e-book e tanti altri dispositivi elettronici di ultima generazione, che hanno lo scopo di rimuovere ogni briciola di fantasia e immaginazione dalle loro menti per far spazio a una cultura 3.0 che non sempre potrebbe essere educativa e utile alla loro crescita. Gli apparecchi digitali sono ormai parte integrante della vita di tutti noi, dal mattino a quando torniamo a letto per la notte non possiamo farne a meno, tanto per lavoro quanto per svago o per intessere relazioni sociali, e abbiamo trasferito questa app-mania quasi a nostra insaputa ai bambini, che già dai primi mesi di vita restano affascinati dallelucideidisplaypresentiincasa.Standoaquesta“triste” realtà sociale, per la prima volta l’Accademia Americana dei Pediatri, dopo un accurato studio su alcuni minori, ha stabilito che i dispositivi elettronici non danneggiano la crescita della persona solo se usati con moderazione e con molta accortezza. Per i pediatri del Nuovo Mondo, infatti, telefonini, tablet, e quant’altro, non sono da considerarsi come tabù per i più piccoli, anche se devono essere usati non più di un’ora al giorno e solo dopo i primi 18 mesi di vita. Se in passato il cosiddetto “digiuno digitale” era consigliato fino ai due anni, oggi invece attraverso la rivista scientifica “Pediatrics”, gli esperti spiegano che internet può essere per molti uno strumento educativo. Pertanto, chi ha detto che un bambino non può usare
  • 11. 11 Skype o non può guardare il suo cartone animato via streaming? Nessuno. Infatti quello che richiedono i pediatri americani è maggiore presenza dei genitori e dei nonni del minore, che hanno il doveroso compito di imporre delle regole da rispettare a tal riguardo tanto in casa quanto fuori casa. Niente schermi un’ora prima di andare a letto e mentre si consumano i pasti giornalieri. Eliminare apparecchi elettronici dalle stanze da letto, favorendo così i rapporti sociali e il contatto con i loro coetanei. Inoltre, resta tassativamente vietato superare i 60 minuti di “screen time” quotidiano. Altre linee guida. L’AAP esorta i genitori a basare questa specie di dieta mediatica su un rapporto di reciprocità con i propri figli e per nulla fondato sull’autonomia. Ok alla tecnologia ma con le regole che dico io! Uno dei consigli dei pediatri, infatti, è di dare limitazioni chiare al tempo speso davanti agli schermi, anche a seconda del tipo di medium utilizzato, assicurandosi che il tempo schermo non tolga spazio ed energie ad altre attività che il bambino dovrebbe svolgere comunemente e quotidianamente, dallo studio, al praticare uno sport o a frequentare amici. Quello che un genitore deve fare è creare un rapporto maturo con il proprio figlio stabilendo con lui alcuni momenti media-free, come quelli dei pasti o dello studio. Stesso discorso vale, come abbiamo già visto, per i luoghi media-free. Altro compito dei genitori è di non creare dipendenze dalla televisione: molto spesso, infatti, accade che le tv in casa restano accese anche quando nessuno le guarda. Questo è considerato un grave errore dai pediatri, perché così facendo l’adulto innesca inutili interferenze mentre i bambini giocano o mentre svolgono altre attività. Chiaramente, per ottenere un rispetto di queste poche ma fondamentali regole, il genitore per primo deve dare l’esempio abbandonando il proprio telefono una volta entrato in casa e mostrandosi il meno tempo possibile dipendente da una comunicazione 3.0. Con queste disposizioni pubblicate a fine 2016 non sono del tutto d’accordo i pediatri italiani del Centro per la Salute del Bambino (Csb). “Piuttosto che porre dei limiti, bisognerebbe offrire ai bambini delle alternative”, ammette il dottore Giorgio Tamburlini, “proponiamo loro giochi, letture, musica e passeggiate. Non lasciamo che le tecnologie calamitino tutto il loro interesse. Imparando fin da piccolissimi ad apprezzare altre cose, si rischia meno di farli diventare dipendenti dagli apparecchi digitali. I genitori, ovviamente, devono dare l’esempio”. Tra i primi effetti che sono stati osservati fra i figli dell’era digitale, spiega Tamburlini, “c’è la difficoltà di concentrarsi per la ‘lettura profonda’, quella in cui si richiamano le esperienze passate e si fanno i collegamenti. Il contrario di quella scrematura rapida di un testo cui siamo abituati in rete e perfino con gli ebook”. Per Stefano Vìcari, responsabile della neuropsichiatria infantile all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, invece, “i libri restano indubbiamente meglio. Raccontati dalla voce dei genitori, lasciano tracce profonde anche nei piccolissimi. Osserviamo minori problemi di lettura e di dislessia fra gli alunni delle elementari abituati ai libri fin da piccoli. Mentre la televisione sotto ai cinque anni sembra addirittura abbassare il quoziente intellettivo, al tablet si può riservare un piccolo spazio. Può servire ad esempio a cercare foto particolari e suggestive. Ma deve essere uno strumento per stare insieme. Va usato solo con i genitori”. CARDEA CASSA MUTUA La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro. Una mutua che tutela, una mutua che previene, una mutua che unisce! www.cassamutuacardea.org info@cassamutuacardea.org
  • 12. 12 Mangiare vegano: in Italia uno stile di vita in crescita a cura di Alessia Elem Leonardo Di Caprio, Gwyneth Paltrow, Mike Tyson e Carl Lewis sono solo alcuni nomi di personaggi famosi internazionali vicini allo stile di vita vegano. Anche in Italia ci sono vip che hanno deciso di avvicinarsi a questa scelta, come gli attori Tullio Solenghi, Cristian Stelluti e la conduttrice televisiva Paola Maugeri, che ha scritto due libri, l’ultimo dei quali addirittura certificato VeganOK, e che ha creato un suo blog, “Rock Me Vegan”, dove condivide consigli su come fare scelte alimentari consapevoli. Il numero di vegetariani e vegani in Italia è in continua crescita. Sono oltre 600.000, circa l’1,1% della popolazione, le persone che scelgono di diventare vegane senza essere mai state vegetariane. Secondo i dati forniti da AssoVegan ed Eurispes, ogni annosiregistraunaumentodel 15% di persone che compiono questa scelta. Quasi un terzo, il 31% dei vegetariani e vegani, ha scelto questo tipo di alimentazione per rispetto nei confronti degli animali, il 24% perché fa bene alla salute, mentre per il 9% il fine è quello di tutelare l’ambiente. Secondo i dati di AssoVegan, Lazio, Lombardia e Toscana sono tra le regioni che hanno dimostrato un maggiore interesse in quest’ambito. L’Associazione Vegani Italiani Onlus, AssoVegan, nasce dalla volontà di dare un concreto contributo alla diffusione della scelta vegan in modo eticamente e scientificamente competente (http://www.assovegan.it). Oltre ad AssoVegan, sul nostro territorio è presente e opera anche VeganOK, unico marchio interamente vegan italiano che fornisce strumenti per la certificazione, verificando l’attendibilità delle documentazioni (www.veganok.com). Perchè scegliere uno stile di vita vegano? Quali sono i benefici? Abbiamo intervistato Renata Balducci, presidente di AssoVegan e la dottoressa Sabina Bietolini, PhD, biologa nutrizionista, del Comitato Scientifico AssoVegan. “La nostra Associazione -hanno spiegato- nasce per diffondere una cultura di rispetto per la vita di ogni essere vivente e senziente. Pensiamo che il principale elemento per ottenere una solida e radicata diffusione della realtà vegan sia l’unione e il rispetto tra le organizzazioni esistenti: l’Associazione Vegani Italiani, infatti, si caratterizza proprio per la sua natura collaborativa e costruttiva. Al fine di offrire un servizio utile a chiunque voglia approfondire le motivazioni etiche che la scelta vegan porta con sé, abbiamo scelto di aprire le nostre porte a chiunque abbia la comprovata esperienza per far parte del Comitato Etico, affinché le diverse competenze possano essere messe a disposizione di tutti. Anche in ambito medico e scientifico, con il Comitato Scientifico, è importante che il mondo vegan abbia al suo interno professionisti competenti, credibili e che si mettano a disposizione di giornalisti, organizzatori di convegni e di chiunque abbia la necessità di avere un interlocutore vegan autorevole. Inoltre, sono da poco nati i nuovi Comitati, Sportivo e Legale. Questi ultimi svolgono una funzione sociale soprattutto per i giovani e per i genitori. L’operato dell’Associazione Vegani Italiani Onlus è caratterizzato da una precisa scelta non violenta e dall’esplicita volontà collaborativa con ogni realtà che abbia voglia di condividere i principi di questa filosofia di vita. La nostra attività riguarda fondamentalmente l’organizzazione di iniziative a scopo informativo, sia nei nostri eventi che in quelli organizzati da altre realtà: convegni scientifici ed etici, conferenze, interventi sia radiofonici che televisivi, al fine di promuovere una corretta informazione. L’organo ufficiale di diffusione e di informazione di Associazione Vegani Italiani Onlus è il sito www.promiseland.it”. Cosa si intende per veganismo? Da cosa nasce la volontà di seguire questo stile di vita? “Possiamo ricordare che il termine ‘vegan’ è stato coniato nel 1944 in Inghilterra da Donald Watson e rappresenta la contrazione del termine ‘vegetarian’, giustificando così la scelta: because veganism starts with vegetarianism and carries it through to its logical conclusion. Essere vegani è un vero e proprio stile di vita, che esclude non solo in merito all’alimentazione tutto ciò che è di derivazione animale, ma non indossa e non utilizza per l’arredamento lana, seta, pellame, piume. Questi principi investono le scelte di ogni Renata Balducci Sabina Bietolini
  • 13. 13
  • 14. 14 giorno a 360 gradi, quindi anche riguardo prodotti per l’igiene e la cosmetica. Il vegano non mangia carne, pesce, uova, latte e derivati, né miele. Mangia frutta, verdura, legumi, cereali, rispettando il più possibile la stagionalità e la territorialità, preferendo il biologico quando questo rispetta i principi etici vegan. Perché seguire uno stile vegan? Per non nuocere ad altre vite in alcun modo: non provocare sofferenza, sfruttamento, morte e non alimentarla indirettamente, vivendo con spirito compassionevole. Chi è vegan è animalista, ecologista e ambientalista. Vegan è una scelta virtuosa: senza allevamenti intensivi, non ci saranno più fame, sofferenze, spreco delle risorse idriche e la deforestazione selvaggia. Un’umanità vegan aiuterebbe a debellare anche l’inquinamento”. Quali sono le differenze tra vegani e vegetariani? “Nel 1944 i vegetariani inglesi scelsero di diventare vegan. La differenza sta nel fatto indiscutibile che il ‘vegetariano’ rappresenta il passato, il solo futuro possibile è vegan. Ormai la scelta vegetariana può rappresentare eventualmente solo l’inizio brevissimo di un percorso che porta inevitabilmente al veganismo e sempre di più sono coloro che da onnivori passano direttamente alla scelta vegan”. Quali sono i benefici per la salute nel seguire un’alimentazione vegana? “Studi clinici ed epidemiologici condotti a partire dagli anni ’80 dimostrano che la scelta di un’alimentazione a base vegetale è associata a minor incidenza di morte per cardiopatia ischemica, minor rischio di ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, obesità e sovrappeso, cancro in genere, specificatamente, al colon retto e tumori ormonali. Inoltre, la dieta vegan è associata ad una maggior aspettativa di vita. Anche in corso di malattia, l’alimentazione a base vegetale costituisce uno strumento insostituibile per sostenere l’organismo nella sua battaglia contro diverse patologie, in primis quelle oncologiche, ma anche cardiocircolatorie, respiratorie, nonché diabete, osteoporosi e infiammatorie degenerative. Il ruolo protettivo e preventivo degli alimenti di origine vegetale è da attribuirsi alla presenza di preziose vitamine antiossidanti, ad un elevato quantitativo di fibre, acidi grassi insaturi in alcune categorie di alimenti e soprattutto a sostanze fitochimiche che le piante producono per loro stessa difesa e che, pur non essendo utilizzate dal nostro corpo come nutrienti, vi svolgono numerose attività biologiche quali un’azione antiossidante, depurativa, antinfiammatoria e antitumorale”. Sono stati pubblicati i primi dati al mondo relativi alla crescita di bambini svezzati con un’alimentazione fisiologica, le cui mamme hanno seguito una dieta veg in gravidanza e allattamento, cosa è emerso? “In letteratura scientifica non sono presenti studi comparativi sulla crescita dei bambini nel primo anno di vita che seguono un’alimentazione fisiologica, le cui mamme abbiano seguito una dieta veg in gravidanza e durante lo svezzamento. L’alimentazione complementare fisiologica si basa sul rispetto della fisiologia e dei ritmi di crescita del lattante, soddisfacendo i fabbisogni nutrizionali indicati dai LARN 2014 e distinguendosi dallo svezzamento vegetariano/vegan per alcune strategie nutrizionali finalizzate a prevenire carenze e consentire una crescita salutare nella norma. Alcune delle caratteristiche dello svezzamento fisiologico sono l’assenza di fibre, sale, zucchero, fonti proteiche animali, glutine almeno fino a 12 mesi, oltre ad iniziare non prima dei 6 mesi di vita, come indicato dall’OMS, e adeguare la consistenza delle pappe alla dentizione del bimbo. In relazione ai percentili delle curve di crescita OMS, pubblicate nel 2008, è stata evidenziata una crescita nella norma nella maggior parte dei soggetti: il 70% e il 62% del campione è risultato pari o superiore al 50° percentile in peso e lunghezza, all’età di 12 mesi. Ecco che uno dei capisaldi dello svezzamento tradizionale viene abbattuto: le proteine animali in gravidanza, allattamento e svezzamento non sono necessarie per consentire una crescita nella norma. Questo importante risultato rappresenta solo l’inizio di una grande opportunità che offriamo ai bambini: dare nei primi 1000 giorni un’alimentazione fisiologica a mamma e bimbo che sia anche cruelty free e, nondimeno, ottima per far crescere in salute le nuove generazioni”. Lo stile vegano è legato non solo all’alimentazione, ma anche ai prodotti cosmetici e all’abbigliamento, scarpe e accessori inclusi, è così? “Le scelte che si compiono nella propria vita sono sempre motivate dalla convinzione di migliorarla sotto diversi aspetti. Non tutte, purtroppo, si rivelano soddisfacenti ed appaganti. La ragione di questa scelta è puramente etica. Si ha la consapevolezza che ogni essere vivente senziente ha diritto a vivere e ad essere rispettato. Questa scelta trova radici nella compassione. Si tratta di una motivazione forte, che non lascia spazio a dubbi e ripensamenti e dona l’inestimabile vantaggio di scoprirsi felice e coscienzioso,
  • 15. 15 e pertanto riguarda la propria vita, nel quotidiano 24 ore al giorno, per ogni scelta e ogni bisogno. Ormai non è più possibile voltarsi dall’altra parte e non ci sono più scuse. Si trova davvero tutto in commercio da cosmetici, abbigliamento e arredamento per la casa. Le aziende sono proiettate verso questa domanda che cresce ogni giorno, di prodotti senza sofferenza e morte. La certificazione VeganOK sta facendo tutto il possibile a che le aziende siano informate e sensibilizzate e spostino la loro produzioni sempre più verso prodotti vegan (non per soddisfare le necessità dei vegan ma per sconfiggere lo sfruttamento di vite indifese)”. Il veganismo più che una scelta di vita consapevole sta diventando una moda? “È probabile che una percentuale di casi, senz’altro ininfluenti numericamente, possa essere riconducibile alla moda, questo anche grazie ad importanti testimonial del mondo dello spettacolo. Sono vegani e Soci Onorari dell’Associazione Vegani Italiani Onlus personaggi come Ivan Cattaneo, Red Canzian dei Pooh, la presentatrice Paola Maugeri, il cantante Gatto Panceri, le attrici Claudia Zanella, Loredana Cannata. L’aumento del target di vegani, in grande percentuale composto da adulti e addirittura, in molti casi di interi nuclei familiari, dimostra a tutti gli effetti che chi decide e sceglie questo stile di vita oggi abbia consapevolmente scelto di migliorarsi e migliorare il mondo intorno a sé”. Signora Balducci, lei segue uno stile di vita vegano. Può raccontare la sua esperienza? “Come ho raccontato anche in altre occasioni, l’amore mi ha presa per mano e condotta su questo percorso seguendo una corsia preferenziale poiché il mio compagno di allora, era il 1999, oggi mio marito, Sauro Martella, fondatore di VeganOK, lo era già da 7 anni e grazie a lui è accaduto tutto. Ero onnivora e sono passata felicemente e velocemente al vegan. Insieme a mio marito, grazie alla consapevolezza di questa scelta, è nato il bisogno di diffondere una corretta informazione in questo ambito, per cui da quel momento tanti progetti si sono susseguiti, sino ad arrivare alla somma di tutto: Promiseland.it, VeganBlog. it, VeganOK Network, VeganFest, Associazione Vegani Italiani Onlus e tutte le numerosissime attività scelte dalle nostre realtà. Oggi sto vivendo la mia seconda vita, quello che posso sicuramente dire è che mi ha reso una persona migliore”. Quali sono le iniziative in atto e i progetti per il futuro? “Il nostro progetto fondamentale è e rimane sempre la diffusione della scelta etica vegan, questo è un punto fermo della mia vita. Coloro che si evolvono e si moltiplicano sono gli strumenti attraverso i quali operiamo sia con l’Associazione Vegani Italiani Onlus che con VeganOK Network. AssoVegan organizza sempre eventi, collaborazioni attive e generose con altre associazioni affini al principio del rispetto della vita in ogni sua forma, campagne di divulgazione che avvicinino tutti attraverso l’amore. Inoltre, AssoVegan è in grado di offrire la certificazione etica VeganOK gratuita alle strutture ricettive, sempre più ristoranti, bar, B&B, agriturismi e alberghi offrono la possibilità ai vegani, e quindi anche ai vegetariani, di fruire di pasti e colazioni vegan. Grazie al lavoro dello staff di VeganOK sempre più aziende hanno scelto di ampliare le loro linee di prodotti vegan. Tutto ciò è segnale di grande cambiamento, come l’organizzazione del VeganFest! Fervono i preparativi per la settima edizione che si svolgerà nuovamente a Bologna Fiere. L’Associazione Vegani Italiani Onlus gestirà come sempre interamente ed esclusivamente la sezione dedicata alle conferenze, alle mostre, ai workshop. L’evento avrà come ospiti artisti, chef, medici, associazioni che si alterneranno sul palco per testimoniare l’importanza di questa scelta per il rispetto della vita, dell’ambiente, del pianeta, della propria salute. I video della manifestazione saranno poi fruibili su www. veganok.tv. VeganOK si occuperà invece della vendita agli stand. La “magia” che il VeganFest e la certificazione etica VeganOK sono riuscite a compiere riguarda sì l’aumento di aziende che hanno scelto di produrre per questa nuova domanda in crescita, ma non solo...i titolari stessi delle aziende, frequentando il VeganFest, venendo a contatto con i principi che disciplinano la certificazione, partecipando a conferenze, hanno iniziato a farsi domande su domande e alcuni di loro oggi hanno sposato l’etica vegan come principio della loro vita privata. Questi sono segnali del cambiamento in atto di cui siamo testimoni e mi sento di dire con orgoglio profondo di esserne anche gli artefici!”. ESEMPIO MENÙ VEGANO INVERNALE, semplice da realizzare con gli ingredienti a portata di dispensa Antipasto Crostini di Roveja Primo piatto Vellutata di porri e topinambur Secondo Involtino di Trevigiano al tartufo Desser Caco gratinato in salsa di amaretto Le ricette di questo menù sono reperibili in “Nobili Scorpacciate Vegan”, “Nobili Scorpacciate Vegan-Le 4 Stagioni” e in “Le Ricette di veganblog.it”
  • 16. 16
  • 17. 17 a cura di Lucrezia Anzanello Il 22 gennaio 1817, dopo aver visitato la chiesa francescana di Santa Croce, Stendhal annotò nel suo diario: “Là, seduto sul gradino di un inginocchiatoio, la testa riversa e appoggiata allo schienale per poter contemplare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi diedero forse il più grande piacere che qualunque dipinto mi avesse mai dato. […] Ero giunto a quel punto d’emozione dove s’incontrano le sensazioni celesti date dalle belle arti e dai sentimenti appassionati. Nell’uscire da Santa Croce, il mio cuore batteva in modo irregolare […], la vita era spossata in me, camminavo temendo di svenire”. Nel diario tenuto dalla moglie di Dostoevskij – Anna Grigor’evana – invece si legge: “Durante il viaggio a Ginevra, ci fermammo a Basilea per visitare il museo, dove c’era un quadro di cui mio marito aveva sentito parlare. Questo era una pittura di Hans Holbein, rappresentante Cristo dopo il suo inumano martirio, ora tolto dalla croce e nel processo della decomposizione. La visione del volto tumefatto, pieno di ferite sanguinolente, era terribile. Il quadro ebbe un effetto opprimente su Fëdor Michailovic. Rimase in piedi davanti ad esso, come stordito. E io non avevo la forza di guardarlo – era molto doloroso per me, specialmente nelle mie condizioni [era incinta] – e andai in altre stanze. Quando tornai, dopo quindici o venti minuti, lo trovai conficcato allo stesso posto, di fronte al quadro. Il suo volto agitato mostrava una specie di paura, qualcosa che avevo notato più di una volta in precedenza, nei primi momenti di un attacco epilettico. Con calma presi mio marito per il braccio, lo portai in un’altra stanza e lo feci sedere su una panca, aspettandomi un attacco in ogni momento. Grazie al cielo, questo non arrivò. Si calmò un poco alla volta e lasciò il museo, ma insistette di tornare di nuovo là, a vedere questo quadro, che l’aveva impressionato tanto”. Lo stesso Dostoevskij narra l’episodio nel proprio romanzo “L’Idiota”, sottolineando come “osservando quel quadro, c’è da perdere ogni fede”. Nel 1997, la psichiatra Graziella Magherini, diede un nome alla sindrome che aveva colpito gli autori citati (e non solo) chiamandola, appunto, Sindrome di Stendhal. Bello da impazzire
  • 18. Essa si caratterizza per essere un disturbo psicosomatico transitorio che si può manifestare, principalmente, con tre differenti modalità: 1. disturbi cognitivi (la percezione alterata di suoni e colori); 2. disturbi dell’affettività (euforia, eccitamento) e 3. attacchi di panico, con conseguente tachicardia e sensazione di angoscia. Si tratta, quindi, di un complesso di manifestazioni di disagio e sperdimento psichico che sono determinati da una forte esperienza emozionale subita e, nella sua prima modalità, essa ha un’incidenza piuttosto bassa colpendo, secondo alcuni studi, principalmente turisti europei e giapponesi, laddove gli italiani ne sarebbero sostanzialmente immuni per affinità culturale. Nella Sindrome di Stendhal si verifica la congiunzione di tre elementi – il viaggio, la bellezza dell’arte e la storia personale - che produce un disequilibrio all’interno della persona; citando la dott.ssa Magherini “durante la crisi si animano vicende profonde della realtà psichica e si riattiva la vitalità della sfera simbolica personale. Il viaggio diventa così, nelle sue soste tanto attese nelle città sognate, un’occasione di conoscenza di sé”. Di fatto, il soggetto che ne è affetto non riesce a godere della bellezza del capolavoro artistico, ma è vittima della angoscia; il cd. “turismo dell’anima” (John Ruskin), se da un lato denota l’ambizione al viaggio, dall’altro comporta una profonda conoscenza di sé stesso con contestuale turbamento psichico. Le opere che possono generare la Sindrome di Stendhal sono ovviamente diverse in base a colui che le contempla, anche se è evidente come sia più probabile che il disturbo si verifichi innanzi ad opere cariche di significati simbolici, ambivalenti, sessuali e perturbanti che possono andare a sollecitare aspetti dell’inconscio inesplorati o rimossi. La dott.ssa Magherini, con i propri studi, è giunta ad individuare una formula matematica che si pone l’obiettivo di spiegare il rapporto tra l’osservatore e l’opera d’arte: fruizione artistica = esperienza estetica primaria madre/bambino + Perturbante + Opera scelta, ove con “esperienza estetica primaria” si intende il primo incontro di un bambino con il viso, il seno ed il volto della madre quale prima esperienza di bellezza mentre il perturbante (concetto già esplorato da Sigmund Freud) consiste in un’esperienza conflittuale appartenente al passato e che è stata rimossa per riattivarsi nel momento di contatto con l’opera scelta e/o un suo particolare che conferisce all’opera stessa un rilevante carico emozionale. Diversi sono i riferimenti cinematografici a questo disturbo; uno su tutti è il film di Dario Argento “La Sindrome di Stendhal” dove la giovane poliziotta Anna Manni (interpretata da Asia Argento), nel seguire le tracce di un serial killer all’interno degli Uffizi, dinnanzi a determinate opere d’arte perde i sensi diventando così prigioniera dell’assassino che ne rinviene il corpo svenuto. In età contemporanea è stato poi scoperto che anche la musica, di forte impatto psicologico ed emotivo, può essere causa di stati simili a deliri e allucinazioni che potrebbero essere assimilati alle manifestazioni della Sindrome di Stendhal. Anche il giuoco del calcio non è rimasto escluso dalle cause che provocano detta Sindrome. Infatti, ha fatto molto parlare di sé il tifoso romanista che, a seguito della doppietta del capitano giallorosso contro il Torino F.C. ha dichiarato “Sono stato colto dalla sindrome di Stendhal: davanti ai capolavori mi commuovo e d’altra parte Totti è un’opera d’arte di ingegneria umana”.
  • 19. 19 Domus dei Cesari e Basis Eventi del gruppo Basis S.p.A. propongono: La Selvotta Suite Guest House, splendida location immersa nel cuore del Parco di Vejo. IN ESCLUSIVA PER GLI ADERENTI ALLA CONVENZIONE HEALTH ITALIA, VENGONO RISERVATE SPECIALI TARIFFE PER IL SOGGIORNO IN FORMULA B&B OLTRE AD OFFERTE VANTAGGIOSE PER L’ORGANIZZAZIONE PERSONALIZZATA DI EVENTI PRIVATI, COME ANNIVERSARI, FESTE A TEMA E RICEVIMENTI, E AZIENDALI COME MEETING, CENE E TEAM BUILDING IN COLLABORAZIONE CON PROFESSIONISTI DEL SETTORE. Il silenzio della natura è molto reale... ti circonda, puoi sentirlo La richiesta dovrà essere effettuata tramite l’invio di una mail a info@laselvottasuite.it con: Oggetto_Info camera o Info evento Allegato_Tesserino Health Italia Nome e Cognome Data soggiorno/evento e numero di persone AGEVOLAZIONI CAMERE STANDARD_71€ a persona in formula B&B ALTRE TIPOLOGIE_Sconto del 10% a partire da 85€ a persona ATTIVITÀ ATTIVE NELLA STRUTTURA_Sconto del 10% AFFITTO DELLA LOCATION IN ESCLUSIVA_Sconto del 15% Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM) | +39 06 98267176 | info@laselvottasuite.it - www.laselvottasuite.it ITALIA
  • 20. 20 Voglia di attività fisica? Perché non provare la corsa? a cura di Mariachiara Manopulo Si sa, il periodo natalizio Natale è passato, le feste sono finite e siamo ritornati tutti alla nostra routine…ma attenzione, perché l’estate arriva in fretta! Ed ecco perché come avviene sempre, come ogni anno da gennaio iniziano ad affollarsi le palestre, perché gli italiani non vogliono farsi trovare impreparati alla prova costume. Ma oltre a corsi di tutti i tipi, ormai proposti in tutte le palestre, e sala pesi, perché non andare a correre, approfittando del fine settimana e delle giornate che, piano piano, inizieranno anche ad allungarsi? È gratis, libero da orari e permette di trascorrere un po’ di tempo all’aria aperta. I benefici che apporta la corsa al nostro fisico sono davvero tantissimi, in più correre rilassa la mente, aiuta a scaricare stress e tensioni. Aiuta anche a dormire meglio; favorisce la produzione di endorfine e altri oppioidi naturali, riducendo l’ansia e portando il buon umore. Spesso, soprattutto all’inizio, può servire andare a correre insieme a qualcuno: la compagnia renderà tutto più divertente e fungerà da stimolo per allenarsi. La corsa è un’attività aerobica, per cui a trarne vantaggio è in primis l’apparato cardiovascolare. Se si pratica regolarmente, contribuisce a far diminuire la pressione, la frequenza cardiaca, il colesterolo “cattivo” (Ldl) e la glicemia. Contemporaneamente, oltre a migliorare anche la capacità polmonare, aumenta il colesterolo buono (Hdl), limitando così l’eventualità di disturbi, malattie e alterazioni come ipercolesterolemia e arteriosclerosi. Una piccola “rivoluzione” per il nostro organismo, che si traduce in un minor rischio di infarto, diabete, ictus, o trombosi. Certo,èunallenamento,epersvolgerloalmeglioeottenereil massimo è importante seguire alcuni accorgimenti. Idratarsi è fondamentale, prima, dopo e durante, soprattutto se si suda molto. L’obiettivo non deve essere correre veloce, o fare chissà quanti chilometri, ma riuscire a correre per più tempo possibile. Almeno le prime volte è importante concentrarsi sull’aumento graduale della distanza che si riesce a percorrere, senza scatti o accelerazioni, e senza “gare” con i compagni di corsa, che possono provocare sovraffaticamento o infortuni. È importante correre con regolarità, anche due o tre volte a settimana, lasciando almenoungiornodirecuperotraunallenamentoel’altro.Per evitare infortuni, il riscaldamento non va mai sottovalutato: si possono eseguire alcuni esercizi a corpo libero, seguiti da una camminata a passo veloce, che gradualmente si potrà trasformare in corsa. Soprattutto all’inizio, può essere utile alternare camminata e corsa; si può iniziare correndo piano, per cinque minuti, poi nei giorni successivi si possono aumentare molto gradualmente sia la velocità che la durata. È fondamentale, per il bene dei muscoli, fare un po’ di stretching alla fine di ogni allenamento. Bisogna fare anche attenzione a dove si corre, preferite parchi e aree verdi, stando attenti al terreno: le strade sconnesse sono amiche degli infortuni, mentre l’asfalto può traumatizzare i tendini. Anche per questo, scegliete le scarpe adatte, da running, che hanno le caratteristiche tecniche in grado di assorbire l’impatto del piede sul terreno e limitare i traumi. L’abbigliamento, deve essere adeguato alla temperatura, traspirante e non deve ostacolare i movimenti. Si può andare a correre se si è in buone condizioni di salute: anche solo con un raffreddore, o se si è in un periodo di convalescenza, è meglio evitare. Non si deve correre nelle ore più calde, per evitare colpi di calore e disidratazione, ma bisogna stare attenti anche al troppo freddo. Se le articolazioni sono sane, la corsa contribuisce poi a rinforzarle ulteriormente: secondo uno studio della Brigham Young University, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista European Journal of Applied Physiology, bastano 30 minuti di corsa per abbassare i marcatori dell’infiammazione e proteggere la cartilagine dal rischio artrosi. I ricercatori hanno misurato i livelli di due molecole infiammatorie (le citochine GM-CSF e IL-15) nel liquido sinoviale prelevato dalle ginocchia di sei giovani sportivi tra i 18 e i 35 anni, sottoposti alle analisi prima e dopo l’attività fisica. È emerso che i livelli dei due marcatori infiammatori diminuiscono dopo 30 minuti di corsa, mentre a riposo rimangono stabili. Riducendo l’infiammazione, la corsa potrebbe quindi avere un effetto protettivo sulle cartilagini, ritardando l’insorgenza di malattie degenerative come l’artrosi. Se si vuole dimagrire la corsa è l’ideale, chiaramente meglio se abbinata ad una dieta ipocalorica equilibrata. Il sovrappeso non è solo un problema estetico, anzi, è soprattutto un attentato alla nostra salute. I chili di troppo possono favorire l’arteriosclerosi, disturbi cardiaci e circolatori, problemi al fegato. Correre permette di perdere
  • 21. 21 peso facilmente, grazie ad un processo chiamato lipolisi. Il grasso nel nostro corpo viene immagazzinato in particolari cellule addette al suo deposito, che si chiamano adipociti. Durante la corsa, negli adipociti viene stimolata la lipolisi: le cellule rilasciano il grasso, affinché possa essere bruciato per ottenere energia, necessaria ai muscoli per sostenere lo sforzo della corsa. È proprio così che il grasso corporeo diminuisce e il corpo dimagrisce, guadagnandone in salute e bellezza. Pensate di essere troppo avanti con l’età? Niente di più sbagliato, la corsa è adatta a tutti, ognuno con i suoi ritmi! Oltretutto, uno studio recente, eseguito alla Wake Forest School of Medicine (WFSM) di Winston-Salem negli Stati Uniti ha dimostrato che l’esercizio aerobico rafforza la memoria e le abilità cognitive nelle persone anziane, contrastando l’insorgenza della demenza, e dell’Alzheimer. La ricerca è stata condotta su sedici persone, con un’età media di 63 anni, che facevano allenamenti aerobici sul tapis roulant e sulla cyclette quattro volte alla settimana per sei mesi, e su un altro gruppo di 19 persone, con un’età media di 67 anni, che si limitava ad esercizi di stretching. Tutti avevano una leggera forma di demenza senile. Dopo sei mesi, il cervello di chi aveva fatto attività aerobica era aumentato di volume, anche nella zona temporale, critica per la memoria a breve termine. Inoltre, si sono notati significativi miglioramenti nelle capacità di pensare e ricordare. Vi abbiamo convinto? Che aspettate allora…indossate un paio di scarpe da running e via!
  • 23. 23 a cura di Nicoletta Mele Il pavimento pelvico, o perineo, è un’entità funzionale del corpo femminile, che comprende tutte quelle strutture anatomiche, quali muscoli, legamenti e fasce connettivali, che cooperano in sinergia tra loro per svolgere alcune specifiche funzioni. È composto da: pelvi (sacro, coccige, ileo, ischio e pube), supporto muscolare, strutture fasciali pelviche e strutture di sostegno della vagina e dell’utero. Quindi, è la zona che chiude il bacino verso il basso e svolge l’importante funzione di sostenere gli organi pelvici come l’utero e la vescica. Il pavimento pelvico è anche conosciuto come il muscolo “piùnascosto”eilmuscolo“dellafelicità”,riabilitarlosignifica restituire un’abilità, un potere che si presume perduto ma che si può riattivare per la salute e il miglioramento della qualità di vita della donna. La zona perineale è strettamente legata alla sessualità, che influisce molto sul giusto funzionamento di questo organo. Già da anni è stato dimostrato che una buona muscolatura pelvica migliora la percezione e quindi la qualità della sessualità. Purtroppo, la nostra cultura ancora carica di tabù sulla zona genitale, è responsabile di un vuoto nel nostro schema corporeo, per cui questa parte spesso è quasi come se non esistesse. Diversi fattori socio-culturali, e di conseguenza comportamentali, hanno allontanato la donna da questa parte del suo corpo. Una fase importante del trattamento riabilitativo è quella della rieducazione, attraverso la quale la donna può prendere coscienza del proprio corpo, imparare a conoscerlo, ascoltarlo e prendersene cura in maniera costante. Oggi finalmente si è raggiunta la consapevolezza di quanto sia importante per la salute della donna il benessere di questo organo, dato che una giusta tonicità e abilità di movimento influiscono notevolmente sul suo buon funzionamento. Infatti, una scarsa dimestichezza con Pavimento pelvico: quanto è importante per la salute e il benessere della donna? 23
  • 24. 24 il proprio pavimento pelvico risulterà in una progressiva e inevitabile perdita di tonicità, sensibilità e controllo dello stesso. La maggior parte delle donne riscopre, generalmente, questa parte quando si verificano i seguenti casi: nel momento del parto, quando un perineo non adeguatamente preparato viene sottoposto a episiotomia o subisce fastidiose lacerazioni, o nel post-parto, quando molte neo-mamme si trovano a fare i conti con i fastidiosi problemi di incontinenza che, se non trattati, potrebbero diventare molto seri in terza età. Allora, come agire e come evitare, o limitare, questi inconvenienti? A chi rivolgersi? Quali sono le tecniche riabilitative? In cosa consiste il programma di riabilitazione? A spiegarlo è la dottoressa Valentina Giaccaglia, chirurgo generale, esperta di proctologia e patologie del pavimento pelvico femminile, di recente diventata responsabile del nuovo ed unico centro a Dubai dedicato a questa patologia. Quanto è importante per la donna prendere coscienza delle molteplici competenze di questa parte del corpo, nonché il suo buon funzionamento? “La presa di coscienza del corpo femminile e in particolare del pavimento pelvico è un passo fondamentale per la riabilitazionedellostesso,nell’ambitodellediversepatologie che lo interessano. Una volta scoperto e capito come interagire con il pavimento pelvico, la qualità della vita delle donne che si sottopongono a biofeedback migliora in modo importante e sostanziale. Per questo, il nostro sforzo deve essere volto anche alla prevenzione delle patologie, educando le donne, soprattutto quelle in gravidanza e nell’immediato post partum, alla consapevolezza e al corretto esercizio della loro muscolatura, in modo da preservarle da eventuali patologie future”. La riabilitazione perineale rappresenta ormai un importante approccio anche ad altre disfunzioni uro- ginecologiche, tra le quali vanno sicuramente segnalate l’incontinenza fecale e la stipsi. È così? “Sì, per l’incontinenza fecale e urinaria il tasso di successo del solo biofeedback si attesta intorno all’85-90% nella nostra esperienza. Il biofeedback è risolutivo per la stipsi causata dalla dissinergia addomino-perineale ed è comunque molto utile anche nel prolasso rettale”. Quali sono i primi disturbi e a chi rivolgersi? “I sintomi variano dalla stipsi cronica, al senso di incompleta evacuazione, al dolore pelvico, al dolore durante i rapporti, all’incontinenza fecale o urinaria. Il mio approccio, salvo rari casi, è sempre prima medico e riabilitativo e, solo al fallimento degli stessi, chirurgico”. Quali sono le tecniche di riabilitazione e in che cosa consistono? “La riabilitazione si basa su 3 momenti: la spiegazione dell’anatomia della zona e della meccanica evacuativa, seguita da una serie di norme igienico comportamentali e consigli pratici; la spiegazione di esercizi semplici da fare a casa per migliorare la muscolatura del pavimento pelvico e infine il biofeedback vero e proprio, fatto con un macchinario specifico, volto a far visualizzare tramite video la qualità e la durata della contrazione”. La donna, indipendentemente dal tipo e dalla modalità di parto, dovrebbe eseguire un ciclo riabilitativo. In generale, per il raggiungimento di buoni risultati, lei quanti ne consiglia e di che durata? “In genere propongo cicli di 10 sedute, ma a volte in pazienti giovani senza grosse problematiche sono sufficienti solo 5, mentre per patologie più gravi si può arrivare a 15- 20 sedute. Le sedute sono in genere bi-settimanali”. È possibile continuare anche con dei metodi “fai da te”? “Il consiglio per tutte le pazienti è poi quello di fare tesoro delle tecniche imparate per poi praticarle in modo indipendente a casa a cadenza bi-tri-settimanale”. Alla luce di quanto detto, quali sono i suoi consigli? “Care donne, non vergognatevi né trascurate i vostri sintomi. Rivolgetevi il prima possibile ad un medico esperto di pavimento pelvico, che vi aiuterà a risolvere in modo definitivo il vostro problema”. La parola d’ordine è allontanare qualunque forma di disagio, perché mantenere allenato questo muscolo è sinonimo di benessere.
  • 25. 25 A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A Ultime unità A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A Ultime unità disponibili! www.casainvestimento.it info@casainvestimento.it
  • 26. 26 a cura di Alessia Elem “Sono sempre stato vittima degli attacchi di panico. Parlarne fa bene, così combatto la mia ansia”. Questa è la dichiarazione di qualche anno fa del celebre attore e regista Carlo Verdone, che ha sofferto e combattuto gli attacchi di iperventilazione tanto da raccontarli nel suo film “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”, agli inizi degli anni ’90. L’attacco di panico, come le fobie, il disturbo ossessivo- compulsivo e l’ansia generalizzata rientra nella categoria dei disturbi d’ansia. Stando agli ultimi dati, in Italia, sono circa 8 milioni le persone che soffrono di stati d’ansia che fanno sprofondare nella paura e nell’incertezza. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il benessere mentale è una componente essenziale per la realizzazione degli obiettivi della vita. Una buona salute mentale consente agli individui di realizzarsi, di superare le tensioni della vita di tutti i giorni, di lavorare in maniera produttiva e di contribuire alla vita della comunità. Quante volte capita di pronunciare le parole “mamma mia, che ansia!”? Quando a causare uno stato di ansia leggera è un evento sporadico, come ad esempio prepararsi ad un esame o andare al primo appuntamento, non c’è da preoccuparsi, diverso invece è quando i disturbi si protraggono per almeno sei mesi e se non trattati, possono portare a dei seri problemi per la salute. Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare? Che cosa sono nello specifico i disturbi d’ansia e come affrontarli? Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Lorena Santambrogio, psicologa clinica e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale (CBT), che esercita la sua professione presso la clinica Top Medical Center a Dubai. “I disturbi d’ansia - ha spiegato la Santambrogio – comprendono l’ansia generalizzata, il disturbo di panico con e senza agorafobia, la fobia specifica, la fobia sociale, il disturbo ossessivo- compulsivo e il post traumatico da stress. Questi disturbi oggi sono estremamente diffusi e pur non essendo una patologia psichiatrica grave rendono la vita difficile a moltissime persone, che vivono in una gabbia da loro stessi costruita senza vedere una possibile via d’uscita. Si chiamano disturbi d’ansia perché sono l’esagerazione di un’esperienza comune a tutti gli esseri umani: la paura, ma in questo caso è un timore nei confronti di un aspetto irreale. La paura ansiosa, a differenza di quella che si prova di fronte a un pericolo oggettivo, in cui scatta il meccanismo di fuga o di attacco, non protegge la nostra esistenza, ma l’annulla. Un attacco di panico corrisponde ad un periodo preciso durante il quale vi è l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, paura di “impazzire” o di perdere il controllo. Per chi soffre di attacchi di panico con agorafobia, la paura di perdere il controllo, di impazzire e addirittura di morire scatena dei sintomi invalidanti, come ad esempio la non volontà di guidare, di rimanere in coda al supermercato e nei casi più gravi anche la paura di uscire di casa. Chi soffre di questo disturbo ha quindi “paura della paura” e mette in atto strategie di comportamento estremamente prudenti. L’ansia o l’evitare luoghi o situazioni da cui sarebbe difficile o imbarazzante chiedere aiuto e ricevere soccorso, è proprio un sintomo del soggetto che soffre di attacchi di questo genere”. Dottoressa, nella società moderna l’attacco di panico è un disturbo molto diffuso. Secondo lei perché? “Considerato che lo stress psicologico e fisico è uno dei fattori di alto rischio per lo sviluppo dei disturbi d’ansia non è difficile immaginare che la società moderna possa contribuire al loro sviluppo e diffusione. Lo stress psicologico derivato da alcuni fattori come litigi con coniuge o familiari, problemi sentimentali, problemi economici, è difficile da gestire in maniera efficace dal punto di vista I disturbi d’ansia, cosa sono e come curarli
  • 27. 27 in evidenza mentale e comportamentale. Lo stress può essere anche fisico e può derivare, ad esempio, da malattie fisiche, uso di alcol e stupefacenti, mancanza di sonno e alimentazione inadeguata. Questo disturbo è trasversale a tutta l’età adulta ma ha un esordio che si colloca tipicamente tra la tarda adolescenza e i 35 anni. Per quanto riguarda la prevalenza si assiste ad una frequenza tripla nelle donne rispetto agli uomini, anche se questi ultimi sono sempre più in aumento”. Tra i disturbi d’ansia rientra anche l’ossessivo-compulsivo, chi è un soggetto colpito da questo disagio? “Un soggetto colpito da questo disturbo assume degli atteggiamenti ossessivi nei confronti di un determinato aspetto della quotidianità. Ad esempio “l’ossessivo checking/doubting ruminating”, ha il dubbio ossessivo sui pensieri e sulle azioni, questo può indurlo, ad esempio, a spendere ore ed ore a controllare e ricontrollare che la manopola del gas o la serratura di casa siano chiuse prima di uscire dalla propria abitazione. Poi c’è l’ossessivo compulsivo con la fobia da contaminazione, che ha invece paura di toccare oggetti o persone in quanto ‘sporchi’ e quindi possibili veicoli di malattie. Questa persona conduce una quotidianità costellata da rituali e lavaggi compulsivi che limitano ed invalidano fortemente le relazioni, il lavoro e l’esistenza stessa”. In generale, quali potrebbero essere le principali cause dei disturbi d’ansia? “Le cause possono essere molteplici. Ci sono fattori genetici e neurobiologici che giocano un ruolo significativo, come adesempiolatrasmissioneintergenerazionaledell’ansiadal genitore al bambino. In altre parole, l’ansia è più qualcosa che si ‘impara’ dalle nostre figure di riferimento. I genitori ansiosi sono spesso amorevoli, ma critici, impediscono l’esplorazione del mondo esterno, sono eccessivamente preoccupati dalle malattie e dai pericoli, favorendo la costruzione del mondo esterno come minaccioso, imprevedibile e pericoloso. La conseguenza di questo comportamento è che il bambino costruisce un’idea di sé fragile e vulnerabile”. Quando rivolgersi allo specialista? “È opportuno rivolgersi ad uno specialista quando la sintomatologia diventa motivo di sofferenza tanto da condizionare in maniera significativa la qualità della vita.
  • 28. 28 “Per arrivare a buoni risultati è importante che si instauri una buona alleanza tra paziente e specialista attraverso un piano cooperativo. Non deve mai instaurarsi una dipendenza”. Se il paziente diventa “dipendente” lo specialista come interviene? “La tendenza dei soggetti ansiosi è quella di dipendere dagli altri, quindi un bravo professionista sin da subito mette in atto delle strategie terapeutiche adeguate per gestire al meglio questo aspetto”. Ci sono disturbi che necessitano anche di cure farmacologiche? “Sì, dipende dall’entità compromessa. Quando si inizia un percorso di terapia uno dei fattori principali è la lucidità del paziente. Per questo motivo può capitare di suggerire la somministrazione di qualche antidepressivo o ansiolitico”. Quali sono i suoi consigli? “Innanzitutto parlare e condividere il proprio disagio in famiglia o con le persone che rivestono un ruolo significativo, questo è già un primo passo per sentirsi meno soli e cominciare ad affrontare il problema in maniera costruttiva. Poi è opportuno chiedere aiuto ad un professionista serio ed esperto, senza aspettare troppo tempo perché i disturbi potrebbero cronicizzarsi. Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad un professionista laureato in psicologia clinica che abbia effettuato anche una specializzazione quadriennale post lauream in psicoterapia. Questo tipo di formazione è condizione necessaria per effettuare un intervento efficace dei disturbi d’ansia”. L’ansia di per sé è un’emozione utile all’adattamento, ma quando diventa un vero e proprio disturbo potrebbe compromettere la qualità della vita di chi ne soffre e anche delle persone che si trovano a condividere il quotidiano con la stessa. Parlarne fa bene, non bisogna vergognarsi di ammettere le proprie fragilità e, come ha spiegato la dottoressa Santambrogio, è importante non trascurare i campanelli d’allarme. Ricordiamo che il primo passo per combattere i disturbi d’ansia, in tutte le loro sfaccettature, è riconoscerli precocemente e affidarsi alle cure appropriate degli specialisti, per evitare dei seri rischi per la salute. È importante che il soggetto arrivi a capire che c’è stata un’alterazione del suo modo di vivere sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, spesso di conseguenza subentra una depressione secondaria sostenuta da una vera e propria perdita della qualità della vita e da un decremento dell’autostima”. Quali sono le conseguenze per la salute se i disturbi non vengono trattati in tempo? “Le ripercussioni possono essere sia indirette, con un aumento di comportamenti a rischio che possono portare a delle serie conseguenze per la salute dell’individuo, come ad esempio l’abuso di alcol e di fumo, disequilibrio sonno-veglia, un piano alimentare sbagliato, che dirette con un elevato livello di cortisolo, l’ormone dello stress, che abbassa le difese immunitarie e provoca quindi una maggiore predisposizione a contrarre malattie. Quindi, più è precoce l’intervento più sarà veloce l’acquisizione di strategie di pensiero e comportamenti per far fronte in maniera efficace ai disturbi d’ansia”. Lei è uno specialista della terapia cognitiva-comportamentale. Quali sono le terapie da seguire? “Oggi gli studiosi concordano sul fatto che i disturbi d’ansia si possono curare attraverso due interventi complementari: la farmacoterapia e la psicoterapia. Io sono uno specialista che si occupa del secondo aspetto, seguo un approccio cognitivo comportamentale. Il nostro lavoro è quello di concentrarci sulle credenze centrali, sugli schemi ed errori della realtà percepita dal paziente. L’obiettivo è quello di accompagnare il paziente in un percorso in cui riesca a correggere, regolare e gestire in maniera più adatta e funzionale i pensieri e le emozioni”. Quali sono le azioni di intervento? “La diagnosi è importante e utile per orientare lo specialista verso un intervento efficace. La persona affetta da un disturbo d’ansia, come tutti noi, ha una storia ed è proprio sulla base del vissuto del paziente che lo specialista mette in atto un piano terapeutico da seguire. Il paziente è il migliore conoscitore di se stesso, mentre lo psicologo è l’esperto dei meccanismi mentali. Insieme formano una squadra vincente”. Qual è il rapporto che si instaura tra il paziente e lo specialista per una buona riuscita di psicoterapia?
  • 29. 29
  • 30. 30 Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare. Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere. In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato sulla Cura Totale della persona. Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie. ITALIA “La salute è la più grande forza di un popolo civile”
  • 31. 31 a cura di Alessandro Notarnicola Un tempo era la personalità pubblica più rispettata del paese, ci si rivolgeva a lui con il voi, forma di riverenza e di rispetto riservata ai nobili e latifondisti e ogni sua parola era legge, senza se e senza ma. Parliamo del “dottore”, una delle figure più antiche della storia del mondo di cui c’è traccia già nel 460 a. C. con Ippocrate, al quale oggi i professionisti della ricerca e della medicina giurano eterna fedeltà una volta iscritti all’albo. Ma se fino agli anni ’90 del Novecento il medico era un arbiter super partes, un giudice la cui parola non andava mai messa in discussione, adesso invece le cose sono cambiate e con il sopravvento della tecnologia i pazienti da passivi sono diventati soggetti attivi con una medicina “fai da te”. In questo senso si è sviluppata la “cybercondria”, una sorta di patologia 3.0 che definisce l’abitudine di chi ogni volta che avverte un disturbo chiede informazioni al web convincendosi che il proprio è un caso gravissimo. Oggi tutti credono di sapere ogni cosa, e quando non possiedono le risposte necessarie, con un po’ di arroganza e presunzione, le cercano con un semplice click e poi a compensare le loro mancanze ci pensa il web. Certamente, questo è un aspetto positivo dei nostri tempi, in cui al più vago sentore di un malessere ancor prima di consultare il medico di fiducia, ci si collega all’Iphone googlando il sintomo che riceverà migliaia risultati di ricerca su diagnosi, rimedi, cure e, addirittura, anche farmaci da assumere. Ma se da un Medicina: cure fai da te nello studio del Dott. Google. Boom di cybercondriaci
  • 32. 32 proprio medico e arrivando persino contestarlo su diagnosi e cure in base a quanto scoperto sulla sterminata Rete. Si tratta di un’abitudine molto pericolosa che rischia di compromettere in primis la propria salute ma anche il rapporto medico-paziente per via delle informazioni scorrette. Coloro che cercano informazioni mediche spesso non sanno distinguere siti autorevoli da quelli poco seri. Una tendenza che rischia anche di far nascere nuovi malati immaginari o worried well, come amano chiamarli gli inglesi, che si rivolgono al medico convinti di essere malati proprio in base alle informazioni lette su internet. Tuttavia, è pur vero che proprio alla luce di questa tendenza 3.0 molti medici hanno creato dei blog, forum, o veri e propri siti personali in cui grazie alla collaborazione di altri specialisti lasciano all’utente la possibilità di rivolgere delle domande e nell’arco di poco tempo di trovare anche un’appropriata risposta. È questa la medicina telematica sicuramente molto più preferibile a quella schiera di contenuti non attendibili presenti su Internet. Molti dottori, infatti, a margine della risposta esortano l’utente interessato a consultare comunque il proprio medico chiedendo, inoltre, di non ricorrere alle cure fai da te che potrebbero trovare nel tempo serie conseguenze sulla propria salute. Nel Regno Unito il presidente della Royal Pharmaceutical Society ha espressamente chiesto di non fidarsi delle diagnosi online. In Belgio è stato trasmesso in tv uno spot in cui si ridicolizza chi ricorre al web per curarsi. Eppure, in ogni parte del mondo occidentale, Italia compresa, i numeri sono sempre più preoccupanti e lo studio del dottor Google è sempre più affollato. “Navigare in internet è come navigare per mare: bisogna avere punti di riferimento e strumenti. Una raccomandazione preliminare che mi sento in dovere di dare è quella di far attenzione alla provenienzadellenotizie.Cisipuòragionevolmente fidare se le informazioni arrivano da ospedali e facoltà mediche di chiara fama, da società scientifiche di lunga tradizione, da enti istituzionali, come ad esempio l’Organizzazione mondiale della Sanità”, ha sempre sostenuto l’oncologo milanese Umberto Veronesi spiegando che è necessaria anzitutto una guida sicura, completata da esperti che analizzano minuziosamente la massa imponente delle informazioni medico- scientifiche, comparando le notizie con i dati già acquisiti nell’ambito della comunità scientifica internazionale, e infine dando il semaforo verde a quelle che presentano le credenziali giuste, cioè i risultati di studi sufficientemente ampi e documentati. lato questa rapidità dell’informazione medica agevola le diverse situazioni, dall’altro le peggiora poiché ci sono dei casi in cui il medico non può essere bypassato o sostituito dal dottor Google. Dottor Google è gratis, sempre disponibile (Wi-fi permettendo) e a portata di mouse. Con i tempi frenetici cui è sottoposta la società contemporanea nessuno più ha voglia di rispettare file, attese, o di dover rispondere a domande imbarazzanti da parte dei professionisti della cura. Basta un click e tutto si risolve acquistando in farmacia il primo farmaco che non necessita della richiesta specifica del proprio medico. A quanto pare, stando agli ultimi dati forniti dall’istituto di ricerca Censis l’80% dei pazienti cerca informazioni sulla propria salute sul web. Ma l’aspetto più sconvolgente è che nel 58% dei casi si limita al parere di Internet senza consultare uno specialista. Non solo: il 34% degli italiani cerca informazioni mediche sui siti web senza consultare il
  • 33. 33 La Selvotta Suite è un’elegante Guest House nel cuore del Parco di Vejo, a pochi chilometri dallo storico comune di Formello ed a soli 17 Km a nord della città di Roma. La bellezza del bosco di querce e la vicinanza al Parco della Selvotta rendono questa location unica nel suo genere, offrendo un’oasi di pace per varie specie di animali la cui compagnia sorprenderà piacevolmente i propri ospiti. La camere, curate nei dettagli in forme e colori,dispongonotuttediserviziprivaticon doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento autonomo, aria condizionata, frigobar, cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre, è possibile usufruire del servizio lavanderia. www.laselvottasuite.it | info@laselvottasuite.it Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)
  • 34. La sindrome della morte in culla, come evitarla? a cura di Mariachiara Manopulo La sindrome della morte in culla, o Sudden infant death syndrome (Sids), colpisce i bambini tra un mese e un anno di età. Non corrisponde ad una patologia particolare: si parla di Sids quando si possono escludere, (dopo una autopsia e varie analisi accurate dello stato di salute del bambino e delle circostanze della sua morte), tutte le altre cause note per spiegare il decesso del piccolo, come malformazioni o eventi dolosi. L’incidenza media della sindrome della morte in culla nei paesi industrializzati è di circa un caso ogni 2000 bambini nati vivi. Non esistono dati nazionali sull’incidenza del fenomeno, poiché manca un sistema di rilevazione omogeneo; fino ad alcuni anni fa era nell’ordine del 1-1,5‰ dei nati vivi, attualmente è in calo, anche per la maggior attenzione nel coricare i neonati in posizione supina. Ora è stimabile attorno allo 0,5‰, circa 250 nuovi casi all’anno. È comunque la prima causa di morte nei neonati che hanno tra uno e tre mesi, e circa il 60% sono maschi. La morte si verifica rapidamente, durante il sonno, sia di giorno che di notte, sia in culla che nel passeggino, ma anche nel seggiolino della macchina o in braccio ai genitori, senza mostrare segni di sofferenza. Vari studi e ricerche hanno dimostrato che ci sono comportamenti e fattori di rischio che possono provocare la Sids. Pare che tra le cause ci possa essere una anomalia nella zona cerebrale che controlla i ritmi del sonno e della veglia. Il modello eziopatogenetico adottato dalla comunità scientifica internazionale per spiegare la sindrome della mortedicullaèilmodellodeltriplicerischio,checomprende tre fattori interdipendenti: 1) una vulnerabilità di base 2) un periodo di sviluppo critico (finestra di vulnerabilità) 3) fattori esterni scatenanti (fattori di rischio). In primo luogo, il bambino, anche se sembra sano e normale, soffre in realtà di una piccola anomalia nel sistema di regolazione dei ritmi cardiaci, respiratori o generali del proprio organismo. Nei primi mesi di vita poi cambiano i ritmi del sonno, quelli cardiaci e/o respiratori, ci sono cambiamenti nella pressione o nella temperatura corporea. Infine, ad aggravare la situazione, si aggiungono eventi esterni, come il fatto di dormire in posiziona prona, l’esposizione a fumo passivo e piccole infezioni respiratorie, portando alla Sidis. Secondo questo modello, si può parlare di Sids solo se i tre fattori sono compresenti. La sindrome della morte in culla può verificarsi anche in
  • 35. 35 bambini accuditi con la massima cura dai genitori più affettuosi; ha però una più elevata probabilità di verificarsi quando sussistono alcune condizioni e comportamenti da parte dei genitori e in generale delle persone che si occupano dei piccoli. Tra i fattori di rischio troviamo: • far dormire il bambino sulla pancia, in posizione prona; • far dormire il bambino su materassi, cuscini, piumini soffici e avvolgenti; • l’esposizione del feto e del neonato al fumo. Secondo il Centro di Documentazione sulla Salute Perinatale e Riproduttiva, “il fumo di sigaretta aumenta il rischio di SIDS sia indirettamente, accrescendo il rischio che il neonato sia di basso peso per l’età gestazionale, pretermine, o abbia più frequenti infezioni respiratorie, tutte situazioni indipendentemente correlate a maggiore rischio di SIDS, sia direttamente, alterando il sistema di risveglio in caso di ipossia/ipercapnia (arousal), la regolazione nervosa e la programmazione dei riflessi cardiovascolari. Sembra che il meccanismo alla base di queste alterazioni sia la competizione, nel cervello dei neonati, tra recettori nicotinici e serotoninici, l’alterazione del nucleo arcuato e la produzione di citochine. Anche l’esposizione indiretta al fumo di sigaretta paterno sembra associarsi ad un aumentato rischio di SIDS, ancorché maggiormente contenuto”. • la giovanissima età della madre e l’assenza di un percorso di assistenza adeguata nel periodo pre e post natale; • la nascita prematura o il basso peso alla nascita; • la presenza di infezioni respiratorie. Numerosi studi, sia americani che europei, hanno permesso invece di escludere la correlazione tra la somministrazione di vaccinazioni e la Sids. Il sospetto che potesse esserci correlazione tra questi due elementi nasceva dal fatto che i neonati, nei primi mesi di vita, sono esposti ad un intenso programma di vaccinazioni, e la Sids si manifesta principalmente in bimbi di età compresa tra 1 e 6 mesi. Al contrario, una ricerca effettuata in Germania recentemente ha dimostrato un maggior rischio di Sids nei bambini non vaccinati o sottoposti a vaccinazione tardivamente. Purtroppo in generale non è possibile capire quali bambini sono a maggior rischio Sids. Le campagne di prevenzione sono quindi rivolte a tutti. Come ricorda Epicentro, il portale a cura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità, ci sono particolari raccomandazioni che tutti i genitori dovrebbero seguire: far dormire i propri bambini sulla schiena su un materasso rigido, non fumare durante la gravidanza e dopo la nascita del bambino, non coprirlo troppo, e soprattutto fare attenzione a non coprire viso e testa; è consigliabile poi non usare cuscini soffici e far dormire il bimbo nel suo lettino. Ancora, è importante che il piccolodormainunambienteatemperaturaadeguata,né eccessivamente caldo né troppo freddo – la temperatura ideale è tra i 18 e i 20 gradi -, e con sufficiente ricambio di ossigeno. È stato dimostrato che una immunizzazione corretta riduce il rischio di Sids, quindi anche l’allattamento al seno è importante. Recenti ricerche dimostrano che il rischio si riduce ulteriormente quando si offre il succhiotto al neonato per farlo addormentare. Il ciuccio dovrebbe essere adottato quando l’allattamento materno al seno è stabilmente avviato, in genere entro il primo mese, per evitare ogni forma di interferenza. Non bisogna forzare però il bambino se lo rifiuta e se durante il sonno lo rilascia non bisogna reintrodurlo. Basta poco a mettere in atto questi consigli, e in questo è fondamentale il ruolo degli operatori sanitari, che devono trasmetterli ai genitori anche prima della nascita di un bimbo in modo che diventino patrimonio comune. Quando purtroppo si ha un caso di Sids, è fondamentale che tutti gli operatori (medici, psicologi, associazione di genitori, anatomo-patologi, medici legali) lavorino insieme per non lasciare da sola la famiglia e per riuscire a dare supporto, chiarimenti e risposte. Perdere un figlio improvvisamente nel primo anno di vita lascia infatti un vuoto incolmabile oltre a tanti ingiustificati sensi di colpa o di inadeguatezza. Poiché le cause della Sids non sono note, i genitori spesso cercheranno le proprie spiegazioni, rimproverando se stessi. È importante rassicurarli che la Sids non è provocata da nessuno. Tra le varie associazioni nate a supporto delle famiglie c’è l’Associazione Semi per la SIDS, che tra le altre cose si occupa della diffusione delle norme per la riduzione del rischio della sindrome ed è di stimolo alla ricerca. È affiliata con “SIDS Family International”, rete di associazioni SIDS provenienti da circa 30 paesi, formata nel 1987 per promuovere la ricerca sulla SIDS e favorire lo scambio di idee e notizie. Con il patrocinio del ministero della Salute, è stato realizzato anche l’opuscolo informativo “Per loro è meglio”, in occasione della campagna di riduzione del rischio SIDS. La ricerca è attualmente indirizzata su tre obiettivi principali: determinare le cause della SIDS; identificare i bambini a maggior rischio e capire il modo migliore in cui una famiglia possa elaborare il lutto e superarlo.
  • 36. 36 Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali. Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro. Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica. Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente. Coopsalute S.C.p.A. info@coopsalute.org www.coopsalute.org Nello scenario socio-economico attuale, riveste un ruolo sempre più di rilievo l’assistenza domiciliare, rivolta ad anziani, disabili, malati e a chiunque si trovi a vivere particolari condizioni di fragilità. Per agevolare il paziente e la sua famiglia in termini di confort e privacy, è importante che tale prestazione sia svolta nel rispetto e nel mantenimento delle massime condizioni qualitative e con assoluta professionalità. Coopsalute assicura tali peculiarità, mediante un’accurata selezione su tutto il territorio nazionale degli erogatori di tali prestazioni, per poter poi formulare pacchetti di prestazioni e servizi ad hoc, da offrire ai suoi convenzionati. Monitorandocostantementeilmercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornireprestazionisempreinnovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24. Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario- assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi. 800 598 635 Centrale Cooperativa (riservato agli Assistiti) 06 90198069 info e ufficio convenzioni aderente A aderente B aderente C aderente D ade ade ade ade aderente A aderente B aderente C aderente D aderente A aderente B aderente C aderente D L'assistito si affida a Coopsalute per la propria esigenza sanitaria. Coopsalute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste. L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.
  • 37. 37 L’etimologia della parola ‘doula’ proviene dal greco e significa “colei che serve la donna”. È una figura non sanitaria, di sostegno emotivo-pratico in gravidanza, nel post-parto e fino al primo anno di età del bambino. Si ispira al ruolo che tradizionalmente svolgevano le nonne, le zie, le sorelle maggiori e che nel tempo si è perso. È molto diffusa in Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Sud Africa, Grecia e altri Paesi del Nord Europa, ma poco in Italia. Secondo alcuni studi realizzati in Inghilterra, è emerso che partorire con l’aiuto della doula riduce del 50% il ricorso al taglio cesareo; del 25% la durata del travaglio; del 60% la richiesta di analgesia epidurale; del 30% il ricorso all’anestesia; migliora l’interazione madre-neonato e aumenta la soddisfazione della donna per l’esperienza del parto. Quali sono le sue funzioni? In che modo assiste una donna durante il bellissimo percorso verso la maternità? Per conoscere meglio la straordinaria figura della doula e il suo ruolo, abbiamo intervistato Eleonora Fornelli, the Hugging Doula, attualmente impegnata negli Emirati Arabi Uniti ma, come ha dichiarato nel corso dell’intervista, è “a disposizione per raggiungere le mamme bisognose d’aiuto, per far vivere con serenità la fantastica esperienza della maternità, fino ad una distanza di 8 ore d’aereo per periodi di 2 settimane”. Cosa fa esattamente una doula? “La doula è una professionista che ha come ruolo quello di affiancare la donna durante il periodo di trasformazione da donna a mamma. È una figura di sostegno emotivo, psicologico e pratico. Io definisco la mia professione come “fare da mamma alla mamma”. Il suo ruolo si differenzia nella fase pre e post-parto. La doula pre-parto affianca la donna durante la gravidanza, aiutandola a raccogliere le informazioni necessarie per fare le proprie scelte in modo consapevole e per arrivare al parto rilassata e cosciente delle proprie capacità fisiche. Generalmente la doula incontra la gestante, preferibilmente con il proprio partner, un paio di volte prima della data presunta del parto in modo da instaurare con la coppia un rapporto di fiducia e intimità. Nel corso degli incontri vengono affrontati i vari argomenti dal punto di vista emotivo e pratico, non medico, che riguardano la gravidanza, il travaglio e il rientro a casa. Mi concentro sulle aspettative della coppia, sulle possibili paure della mamma e nel praticare esercizi di rilassamento utili durante il travaglio e il parto. Quando la data presunta del parto si avvicina, la doula è reperibile 24 ore su 24. Il compito fondamentale è quello di dare un sostegno continuativo dall’inizio del travaglio fino alle ore successive al parto. Alcuni studi hanno rilevato che la futura mamma affiancata dalla doula vive con più serenità il travaglio, con una minore percezione del dolore e poco uso di farmaci conservando un ricordo positivo del parto stesso. a cura di Nicoletta Mele Fare da mamma alla mamma: la doula, un sostegno emotivo e pratico
  • 38. 38 Oggi, purtroppo, ci sono donne che vivono in maniera traumatizzante l’esperienza del parto. È nostro compito quindi quello di aiutarle a prepararsi all’evento senza paure e con maggiore fiducia in se stesse. La doula post-parto, invece, è esperta di maternage, ha il compito di informare su tutte le pratiche di accudimento che aiuteranno a rinforzare il bonding tra mamma e bambino. È un valido sostegno nella fase iniziale dell’allattamento per evitare che la neo mamma non abbia delle inutili complicazioni che possano indurla a smettere di allattare. Il rientro a casa spesso spaventa: la mamma ha paura dell’ignoto in quanto torna a casa con un “nuovo coinquilino” che dipende completamente dai genitori. In questa fase la doula è il “tutor” che indirizza la coppia a creare un rapporto con il neonato, rispettando sempre però le loro scelte. Il nostro lavoro consiste nel provare a fornire “il primo vademecum per la gestione del bambino”, per conoscerlo e avere anche il tempo per riposarsi. Inoltre, siamo sempre a disposizione per chiarire dubbi, incertezze e timori. La neo mamma non deve mai sentirsi sola”. Durante il travaglio quali sono le sue competenze e in cosa si differenzia dall’ostetrica? “La doula si aggiunge alla figura dell’ostetrica e del ginecologo, ma non è un operatore sanitario. Il nostro ruolo è quello di supportare e stare accanto alla donna durante il travaglio ricordandole le tecniche praticate durante gli incontri per attenuare il dolore delle contrazioni. Lavoriamo in squadra con l’equipe medica, creiamo un ambiente accogliente e pratichiamo dei massaggi particolari per facilitare il rilascio di ossitocina, mentre le ostetriche e il
  • 39. 39 ginecologo si occupano degli aspetti medici”. Quando una donna si rivolge alla doula e qual è il rapporto che si instaura? “Solitamente la doula viene contattata dalle famiglie nel secondo trimestre di gravidanza. Tra la mamma e la doula nasce un rapporto affettivo profondo: si aiuta la donna ad allattare, a riorganizzare la vita domestica, a considerare le priorità e le cose che si possono invece rimandare, a sciogliere i mille dubbi e le varie paure. Sono “The Hugging Doula” ossia “la doula che abbraccia” (http:// www.thehuggingdoula.com/): accolgo le mie mamme tra le braccia, le sostengo nelle loro scelte e le aiuto a raccogliere le informazioni di cui hanno bisogno per farle in modo autonomo. Le abbraccio fisicamente quando hanno bisogno di sentirsi amate, come si fa con i propri figli. Sono presente nella vita delle mie mamme proprio come una mamma”. È anche un sostegno per i papà? “Certamente, i papà hanno un ruolo attivo, per questo motivo tendo sempre a coinvolgerli durante gli incontri. La doula propone gli strumenti necessari per aiutare la propria compagna durante tutto il percorso verso la maternità. Negli anni, la figura dell’uomo è cambiata, rispetto al passato oggi i papà partecipano attivamente anche sotto il profilo pratico, ad esempio alcuni massaggi richiedono la loro presenza e il loro aiuto, come anche durante il travaglio e al momento del parto. Indirettamente poi, per loro, sapere che c’è una figura che supporta la propria compagna sotto il profilo emotivo e pratico è molto importante. Anche la mamma, a livello psicologico, avendo più fiducia nelle proprie capacità e nel vedere coinvolto in tutte le fasi il compagno, vive più serenamente la relazione con il partner e il loro bambino”. La doula può aiutare una futura mamma nella prevenzione della depressione post partum? “Gli studi effettuati in questo campo hanno dimostrato che le mamme che si sono affidate ad una doula professionista hanno diminuito notevolmente il rischio di depressione post partum, imparando a gestire l’ansia e la sensazione di abbandono che spesso compaiono dopo la nascita del piccolo. La prima causa della depressione è il sentirsi sole e incapaci di fronte alla faticosa esperienza dell’essere diventate madri. Il compito della doula dopo il parto è quello di assistere la neo mamma e fare in modo che non venga colpita dalla patologia, in caso di possibili rischi, consigliamo di rivolgersi ad uno specialista perché solo il nostro aiuto non è sufficiente”. Come si diventa una doula? Come nasce l’amore per la professione? “Doula si nasce, non ci si diventa. In Italia la professione della doula non è ancora riconosciuta e non c’è ancora un corso di studi vero e proprio. Ho iniziato la mia formazione nel 2008 grazie ad un corso promosso dall’Unione Europea per figure professionali di assistenza alla madre e, successivamente, ho frequentato il primo corso organizzato da un’associazione di doule toscane. La passione nasce dal fatto che sin da bambina avevo una predisposizione alla maternità. Sono madre di tre figlie e dopo la prima esperienza ho capito che vivere la trasformazione da donna a mamma in modo sereno e consapevole è fondamentale per riuscire a crescere dei bambini equilibrati e felici. Ho avvertito la necessità di creare qualcosa in grado di aiutare le neo mamme così, dopo la prima gravidanza, in Italia ho fondato “Il Club delle Mamme”, un luogo di ritrovo per confrontarsi con professionisti ed altre mamme e ricevere sostegno, informazioni a 360 gradi e fare attività utili per se stesse e i propri bambini. Dopo un paio d’anni dall’apertura del Club, con la mia famiglia ci siamo trasferiti all’estero e da quel momento ho seguito la mia vera passione: dare supporto alle donne durante la gravidanza, il parto e il puerperio. Ho frequentato il percorso di studi dell’Associazione di categoria Americana DONA International e oggi sono una doula certificata”. La figura della doula in molti paesi del mondo è molto diffusa, invece in Italia meno, perchè? “Credo che in Italia la figura della doula sia estremamente necessaria, ma poco conosciuta anche se, rispetto al passato, c’è una maggiore consapevolezza nei confronti della nostra professione. Ormai siamo una realtà che si sta affermando sempre di più e che trova sempre più riscontro tra le mamme e le figure professionali complementari alla nostra”. Cosa si sente di consigliare alle donne che stanno per diventare mamme? “Siatecurioseeimparateadascoltarvi.Durantelagravidanza e il puerperio il sesto senso femminile si affina e diventa più forte. Imparate ad ascoltarvi e a darvi fiducia. Non abbiate paura del travaglio, è una strada, generalmente in salita, più o meno tortuosa, che vi porterà dritte all’incontro più spettacolare della vostra vita, quello con il vostro bambino. Ricordate sempre, sia prima che dopo il parto, di chiedere aiuto, ci sarà sicuramente una doula in attesa della vostra chiamata”. La doula affianca non solo la famiglia, ma anche gli altri operatori per il benessere della donna e del suo bambino. Doula si nasce, non si diventa. È una donna utile a tutti, è una madre delle mamme, è una “facilitatrice della migliore esperienza di maternità” che accompagna la coppia nel vivere le emozioni del diventare genitori. Anche l’OMS/WHO nel suo documento “Care in Normal Birth” sostiene che “la donna in travaglio dovrebbe essere accompagnata da persone di cui si fida e con cui si sente a suo agio” e tra queste c’è la doula.
  • 40. 40 Cinema-terapia. Un buon film per allontanare stress e paura dai pazienti ricoverati a cura di Alessandro Notarnicola Quando negli anni ’60 la tv fece il suo primo ingresso nelle stanze degli ospedali italiani nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un giorno, prima o poi, anche il grande schermo sarebbe entrato dalla porta principale delle cliniche e dei più grandi ospedali della Penisola. È questa una nuova forma di terapia che si serve del cinema per rendere più normale possibile la vita dei pazienti ricoverati che a partire da oggi hanno anche la possibilità di trascorrere parte del loro tempo al cinema con i propri cari. Il primo che ha parlato dell’uso terapeutico dei film è stato il professore di psicologia Moreno nel 1944, che si soffermò sulla estensione per il pubblico dello psicodramma: il film terapeutico. I film terapeutici, nelle sue intenzioni, sarebbero stati pertanto delle opere cinematografiche in grado di scaturire qualunque tipo di emozioni e di aiutare il pubblico a comprendere meglio se stesso. In realtà, con il trascorrere degli anni e l’evolversi delle tecniche terapeutiche la cinema-terapia è andata via via sostituendo la biblio- terapia, vale a dire quella pratica che affida alla lettura la concentrazione del paziente, o del cliente (se si è in cura da uno psicologo), cercando di stimolarlo. Proprio su queste basi, il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e MediCinema Italia Onlus hanno dato avvio nel 2016 a un grande progetto: la realizzazione della prima vera sala cinematografica in uno dei più conosciuti ospedali italiani. Si tratta – come si legge sulla pagina ufficiale del Policlinico romano – del primo protocollo a livello nazionale che si propone di portare continuativamente la cultura e lo spettacolo in ambito ospedaliero a scopo terapeutico con programmi mirati per ogni tipologia di pazienti coinvolti. Nel settembre scorso, inoltre, sempre al Gemelli è partita la “terapia del sollievo” che, servendosi dell’unione tra cinema e medicina, ha miscelato l’importanza della cura all’immancabile divertimento grazie all’intervento di Disney. La casa di produzione cinematografica ha dunque inaugurato l’iniziativa accendendo i riflettori del grande schermo installato tra l’8° e il 9° piano del Gemelli su “Alla