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Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
HEALTH
luglio/agosto 2016 - N°14
cosa succede quando un bimbo nasce prematuro
e la madre non ha la possibilità di allattarlo?
sono nate le blud, Banche del latte umano donato
PREVENZIONE
progresso
SOCIALE
in evidenza
La disabilità come un
altro modo di vivere:
l’Associazione Mai Soli
e la Fondazione Basis
Sindrome feto-alcolica,
ecco perchè dire no
all’alcol in gravidanza
Progetto Ronda: la
prima palestra al mondo
con robot indossabili
per la riabilitazione
Via libera alla produzione
della cannabis
per il trattamento di
alcune patologie
Caritas della Parrocchia di
San Lorenzo Martire
La Fondazione ha elaborato un
sussidio sanitario che consente la
copertura di spese per medicinali
e spese mediche che il Servizio
Sanitario nazionale non copre
adeguatamente. In questo modo
i costi medici sostenuti dalle
famiglie sono alleggeriti e le stesse
famiglie sono stimolate a curare e
preservare la loro salute!
museo del mutuo soccorso
La Fondazione ha ereditato da MBA
la collezione del Museo del Mutuo
Soccorso; il museo, nato con la volontà
di raccogliere significative testimonianze
sulla storia del movimento mutualistico
dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato
di salvaguardare e rendere fruibile al
pubblico i beni attualmente in dotazione e
dall’altro di promuovere la conoscenza e
la ricerca sul tema della Mutualità.
La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e
Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della
Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-
sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi,
nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza
didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.
Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org
supportare
favorire
promuovere
Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!
Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
Health Online
periodico bimestrale di
informazione sulla Sanità
Integrativa
Anno 3°
luglio/agosto 2016 - N°14
Direttore responsabile
Ing. Roberto Anzanello
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Manuela Fabbretti
Mariachiara Manopulo
Nicoletta Mele
Giulia Riganelli
Fabio Vitale
Redazione e produzione
Fabio Vitale
Direzione e Proprietà
Health Italia
Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
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Tutti i diritti sono riservati.
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riprodotta in alcun modo senza
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editoriale. Articoli, notizie e
recensioni firmati o siglati
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conseguenza esclusivamente la
sua responsabilità diretta.
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Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
n.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
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gratuito alla rivista, sarà
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mkt@healthonline.it
HEALTH
èormaideterminatosenzaombradidubbiocheleprevisioni
demografiche, i diritti costituzionali, i parametri economici,
gli indirizzi legislativi e l’evoluzione della medicina
indicano quale soluzione integrata delle problematiche
dell’assistenza sanitaria il modello mutualistico.
Modello mutualistico che nel nostro Paese piano piano
si sta affermando come unica soluzione percorribile e
giuridicamente indiscutibile per la gestione dell’assistenza
sanitaria integrativa, il secondo pilastro di un sistema a tre
pilastri ove l’assistenza sanitaria pubblica, primo pilastro,
fornisce le coperture di base dirette soprattutto alle fasce
più deboli della popolazione e l’assistenza sanitaria privata,
terzo pilastro, consente, a chi lo desidera, di integrare la
propria protezione sanitaria individuale.
Ma il problema sta proprio in quel “piano piano” perché,
come altre volte abbiamo sottolineato, uno dei nodi da
sciogliere per sviluppare e consolidare questa soluzione è
proprio la velocità di diffusione del modello.
è quindi indispensabile avviare, organizzare, gestire,
sviluppare le modalità più opportune per diffondere e
promuovere la soluzione mutualistica, ancora troppo poco
conosciuta, nell’interesse del sistema sanitario nel suo
complesso.
Le prestazioni sanitarie offerte dai Fondi Sanitari per le
collettività e dalle Società di Mutuo Soccorso sia per
le collettività che per i singoli individui devono essere
spiegate, diffuse, rappresentate a tutti affinché tutto il
sistema dell’assistenza sanitaria ne possa trarre beneficio.
Alle persone e alle famiglie in quanto devono sapere che
c’è una strada sicura per proteggere la propria salute,
alle aziende, agli enti, alle istituzioni perché devono essere
portate a conoscenza che c’è una soluzione di qualità per
salvaguardare la salute dei propri dipendenti, alla pubblica
amministrazione deve essere resa edotta del fatto che
anche per il pubblico impiego esiste una soluzione di sanità
integrativa.
La strada da percorre per la promozione della mutualità
deve passare sicuramente attraverso due concetti: il primo
è rappresentato dal socio che può, nell’interesse del Fondo
Sanitario o della Società Generale di Mutuo Soccorso a cui
si è associato, fare proselitismo esplicitando ad altri, che
non conoscono la soluzione mutualistica, il valore della
mutualità, il secondo è rappresentato dall’utilizzo della
comunicazione come strumento di diffusione di massa.
è quindi indispensabile che i Fondi Sanitari e le Società di
Mutuo Soccorso si organizzino, in coerenza con l’art. 23
della legge n. 221 del 17 dicembre 2012, per promuovere
le finalità di prevenzione sanitaria e la diffusione dei valori
mutualistici.
Ed è anche necessario che i Fondi Sanitari e le Società
generali di Mutuo Soccorso che molto spesso sono
concentrate storicamente ed istituzionalmente sullo studio
dell’offerta di prestazioni sanitarie e sulla gestione corretta
di tali prestazioni, si focalizzino sulla strutturazione, anche
tramite società specializzate, di modelli di promozione e
comunicazione.
Dal lato promozionale le figure del Socio Informatore
Mutualistico o del Socio Promotore Mutualistico che opera
nell’interesse generale dell’allargamento della base
sociale del proprio ente di riferimento è sicuramente una
soluzione adeguata, professionale, coerente e, perché
no, anche una buona strada per creare una nuova
opportunità professionale.
Questi professionisti della salute, adeguatamente
selezionati, opportunamente formati e qualitativamente
professionalizzati sono un’ottima soluzione, in coerenza
con la legislazione vigente, per dare forza alla soluzione
mutualistica nell’interesse di tutti i cittadini, delle aziende,
del sistema sanitario nazionale e del sistema paese nel suo
complesso.
Dal lato comunicazionale l’utilizzo professionale di
strumenti di diffusione di massa quali i vari social, la radio,
la televisione, la carta stampata è sicuramente la strada
più coerente e più rapida per dare compimento al ruolo
della mutualità in un paese moderno.
Questi strumenti se utilizzati per promuovere e diffondere
la cultura mutualistica rappresentano la chiave strategica
per velocizzare la consapevolezza comune, la conoscenza
diffusa, l’informazione allargata sul modello mutualistico
quale soluzione valida ed integrata per la gestione
dell’assistenza sanitaria complementare ed integrativa.
Bene fanno quindi quei Fondi Sanitari e quelle Società
Generali di Mutuo Soccorso che stanno già andando
in questa direzione mettendo a disposizione dell’ideale
mutualistico strumenti, risorse, organizzazione in modo
professionale, qualitativo e giuridicamente ineccepibile.
Sicuramente poi ci sarà chi, nell’interesse corporativo a
protezione di consolidati vetusti vantaggi professionali,
alzerà la voce per cercare di creare ombre su
queste soluzioni schierandosi contro la indispensabile
modernizzazione del sistema della mutualità ma noi, come
abbiamo sempre fatto, dalle colonne di questa testata
editoriale saremo sempre pronti a vigliare evidenziando
ogni strumentalizzazione.
Questo perché dobbiamo essere tutti consapevoli
che la soluzione per un sistema sanitario nazionale
economicamente equilibrato, socialmente equo,
scientificamente avanzato, legislativamente adeguato e
costituzionalmente coerente finalizzato a salvaguardare
la salute nostra e dei nostri cari passa anche tramite
la capacità, quale esigenza primaria, di promuovere
la mutualità con figure professionali e strumenti
comunicazionali correttamente impostati, con buona
pace di chi vuole schierarsi contro la modernità e l’interesse
comune.
A cura di Roberto Anzanello
editoriale
Promuovere la mutualità: una necessità prioritaria
ommari
20
10
13
8
26
23
Sindrome feto-alcolica, ecco perchè
dire no all’alcol in gravidanza
“Pelle sana…in corpore sano”
Consigli di bellezza per prepararsi all’autunno
Selfiemania: quando la vanità
diventa patologia
Profumo
di mare
L’importanza del latte materno
e il ruolo delle blud
I capelli bianchi
e l’alimentazione
in evidenza
16
Via libera alla produzione della cannabis per il
trattamento di alcune patologie
29
La storia di Alex: parla di nuovo due lingue con il
solo emisfero destro del cervello funzionante
ommari35
Donazioni di midollo osseo: l’Emilia-Romagna
dei record fa accordo con admo
40
46
32
38
Progetto Ronda: in Italia la prima palestra al mondo
con robot indossabili per la riabilitazione
Le ricette
della salute
La disabilità come un altro modo di vivere:
l’Associazione Mai Soli e la Fondazione Basis
Telefoni cellulari e tumore al cervello,
dobbiamo preoccuparci?
44
Obesità e
Bypass gastrico
Health tips
Sapevi che...
Gli alimenti a base di
cereali integrali, non
industrialmente raffinati,
sono ricchi di sostanze
nutrienti e, grazie alla
presenza di fibre,
proteggono dallo
sviluppo del cancro
al colon.
I sali minerali contenuti nell’uva sono
utili per la formazione dell’emoglobina,
per stimolare la secrezione della bile
e per favorire la digestione; inoltre, i sali
minerali fungono da diuretico (potassio) e
rimineralizzante.
I pomodori sono ricchi di antiossidanti e svolgono, nei
confronti della pelle, una vera e propria azione rigenerante,
preziosa soprattutto per riparare i danni dell’esposizione
ai raggi solari.
Muoversi tutti i giorni è
importante! L’attività
fisica, infatti, diminuisce
il rischio di sviluppo di
malattie cardiache e
di diversi tumori, come
quelli del colon e del
seno e previene e riduce
l’osteoporosi e il rischio
di fratture, ma anche
i disturbi muscolo-
scheletrici (per esempio
il mal di schiena).
Oltre a tonificare
i muscoli, il
pilates interviene
su postura,
rieducazione
post
traumatica,
equilibrio e presa
di coscienza del
corpo.
La risonanza magnetica
cardiaca permette
di studiare in modo
approfondito il cuore e
dare una risposta precisa
circa la sua funzionalità
(sia per quanto riguarda
il ventricolo sinistro che
destro) e la presenza di
alterazioni della struttura
del muscolo cardiaco o del
pericardio.
I primi controlli oculistici per i bambini,
in assenza di strabismo e/o altri problemi
oculari, sono opportuni a 3 e 6 anni.
I peperoni abbassano
il colesterolo cattivo
(LDL) e alzano il
colesterolo buono
(HDL), prevenendo così
la formazione di placche
arterosclerotiche e lo
sviluppo di malattie
cardiovascolari.
8
Profumo
di mare
a cura di
Lucrezia Anzanello
La maggioranza degli italiani ha trascorso le vacanze
estive al mare. Una simile scelta avrà sicuramente avuto
un effetto positivo sulla loro salute.
L’aria di mare, infatti, contiene una buona percentuale di
iodio (sebbene quanto assorbito con questa modalità non
soddisfa completamente le necessità di iodio dell’essere
umano, il quale viene assorbito principalmente tramite
l’intestino).
Lo iodio (termine che deriva dal greco ioeides) è un
elemento chimico e rappresenta un microelemento
essenziale per il funzionamento della tiroide. Quest’ultima
produce due ormoni - tiroxina o T4 e triiodotironina o T3 -
che contengono iodio nella loro struttura chimica e che
regolano numerosi processi metabolici nella maggior parte
delle cellule e svolgono un ruolo importantissimo nelle
prime fasi della crescita e nello sviluppo di diversi organi, in
particolare del cervello.
Il fabbisogno giornaliero di iodio per un adulto, fissato
dall’Unione Europea, è pari a 150 microgrammi (sino ad
un massimo di 600 microgrammi), mentre le donne in
gravidanza devono assumerne quantità maggiori al fine di
consentire il corretto sviluppo del feto.
La carenza di iodio può infatti comportare gravi danni
cerebrali e alterazioni permanenti dello sviluppo corporeo
9
del bambino.
Non solo. Negli adulti, un’assunzione non adeguata di
iodio può condurre all’ipotiroidismo – disfunzione della
tiroide nella produzione di ormoni – che comporta alcune
conseguenze negative piuttosto rilevanti quali: aumento
del volume della tiroide (gozzo),
affaticamento fisico e debolezza
muscolare a causa della minor
sintesi proteica, rallentamento del
metabolismo e attività termogenica
scorretta con intolleranza alle basse
temperature, sonnolenza e sensibile
aumento del rischio di malattie
coronariche.
Nel 2007, l’Organizzazione Mondiale
della Sanità ha stimato che
diciannove paesi europei avevano un adeguato apporto
di iodio mentre tredici paesi presentavano una persistente
carenza di iodio.
Le conseguenze della carenza nutrizionale di iodio
costituiscono ancora oggi un grave problema sanitario e
sociale che interessa un numero elevato di persone nel
mondo. Si stima, infatti, che circa il 29% della popolazione
mondiale sia ancora esposta alla carenza di iodio.
In Italia, l’emanazione nel marzo del 2005 della Legge
n. 55 “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo
endemico e di altre patologie da carenza iodica”, mette
a disposizione a livello nazionale un importante strumento
legislativo volto a ridurre la frequenza dei disordini derivanti
della carenza di iodio, prevedendo una serie di misure
finalizzate a promuovere il consumo di sale arricchito di
iodio su tutto il territorio nazionale.
A supporto dello strumento legislativo, l’intesa Stato-Regioni
del 26 febbraio 2009, ha istituito l’Osservatorio Nazionale per
il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), il cui
coordinamento è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità.
I dati di monitoraggio attualmente raccolti dall’OSNAMI,
pur evidenziando un miglioramento dell’assunzione di iodio
a livello di popolazione rispetto al passato, confermano il
persistere in Italia di una carenza iodica che, seppure non
severa, determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di
altri disordini correlati.
Al fine di garantire la corretta presenza nel corpo di questo
microessenziale è opportuno, oltre ad
assorbire lo iodio disperso nell’aria,
inserire nella propria dieta alimenti
ricchi di iodio che rappresentano
la fonte principale di iodio per
l’organismo umano.
Tra questi si segnalano, in particolare,
le alghe (ad esempio le alghe
brune possono contenere sino a
8000 milligrammi di iodio al chilo), i
molluschi (798 microgrammi al chilo),
le uova (70-90 microgrammi al chilo)
e il latte (50-200 microgrammi al chilo).
Il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale della
Sanità consigliano altresì di sostituire il sale comune (o il sale
rosa dell’Himalaya se utilizzato) con il sale arricchito di iodio.
Il sale arricchito di iodio è un comune sale da cucina a
cui sono stati aggiunti dei sali di iodio e non presenta odori
o sapori particolari, né altera quello dei cibi a cui viene
aggiunto. Per evitare quanto più possibile perdite di iodio,
è consigliabile conservarlo in luogo fresco, al riparo della
luce e dell’umidità.
Secondo il Ministero della Salute, il sale arricchito di iodio
può essere utilizzato da chiunque non comportando
particolari rischi in caso di assunzione elevata.
Infine, è bene tenere presente che vi sono alcuni alimenti
(tra cui i broccoli, cavolfiore, rape e mandorle) il cui
consumo protratto o elevato può incidere negativamente
sulle funzionalità della tiroide e sull’assimilazione delle
iodio, per quanto casi di tossicità da iodio si verificano
solo a seguito dell’assunzione di un dosaggio importante
(triplicato rispetto al fabbisogno giornaliero) di tale
microessenziale.
CARDEA
CASSA MUTUA
La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la
contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza
arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere
sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.
Una mutua che tutela,
una mutua che previene,
una mutua che unisce!
www.cassamutuacardea.org
info@cassamutuacardea.org
10
Selfiemania: quando la vanità
diventa patologia
a cura di
Alessia Elem
La tecnologia digitale è in grado di fare qualunque cosa in
tempo reale. Basta un click e siamo connessi con il resto del
mondo e condividere opinioni, immagini e sensazioni. Lo
smartphone è ormai diventato la nostra “seconda pelle”,
uno strumento del quale è impossibile fare a meno.
Ilselfie,ovverounautoscattorealizzatoconunafotocamera
digitale, uno smartphone, un tablet o una webcam puntati
verso se stessi e condiviso sui social network, fa parte di
questo sistema.
Sulla pagina pubblica di Facebook della dottoressa
Marinella Cozzolino, psicoterapeuta e sessuologa, è stata
recentemente pubblicata una riflessione che ha suscitato
il nostro interesse. Il titolo è “Donne, selfie e vanità” e di
questo articolo, prima di rivolgere
qualche domanda all’esperta
per approfondire il tema, Health
Online intende riportare il testo
per intero:
“Sono mesi, forse anni, che mi
interrogo sui selfie.
Sono antica, ancora ferma
all’idea della macchinetta
fotografica che porti con
te quando hai qualcosa di
particolarmente bello da fotografare: quando vai in
vacanza, ad esempio, o se c’è un compleanno. Un
modo, il più semplice ed immediato, per bloccare i ricordi
in un’immagine. Per questo mi risultava davvero difficile
comprendere le motivazioni che spingevano e spingono
tante donne (soprattutto) ad autofotografarsi e a rendere
pubblici e condividere questi scatti che dovrebbero
rimanere privatissimi...
L’ho considerata per molto tempo una cosa parecchio
ridicola e molto infantile.
Ho cercato di darmi spiegazioni e
motivazioni, mentre, intanto, quella
del selfie, diveniva un’abitudine
molto condivisa se non una vera e
propria mania. Ho scomodato la
psicologia e gli studi sul narcisismo
e l’autostima senza mai trovare
una risposta che fosse esauriente e
soddisfacente per tutti i miei dubbi.
Alla fine, come spesso accade, arriva
inaspettatamente la folgorazione. La
risposta è la più semplice in assoluto,
senza bisogno di scomodare grandi menti: VANITà.
Vanità e bisogno di piacere, di essere approvati. I social in
questo aiutano ed alimentano.
La vanità non è un peccato, è un bisogno come mangiare
e bere, il bisogno di essere riconosciuti. Lo abbiamo tutti,
anche quelli che non si fanno autoscatti. Ognuno, a suo
modo e con i mezzi che ha a disposizione, cerca di saziare
il suo bisogno di approvazione. E non è un fatto fisico. Molte
foto non ritraggono donne bellissime, ma donne che si
piacciono e vogliono che questo piacere sia condiviso.
Il mondo non è cambiato per via della tecnologia, dei
social e dei selfie, è cambiato il livello di consapevolezza
della gente ed è cambiato
il senso della vergogna e del
pudore. Anni fa molte persone,
molte donne, avrebbero avuto
difficoltà ad ammettere il fatto
che amano piacere. Oggi
la chirurgia estetica e i selfie
stessi ci dicono che si tratta di
un problema che non ha più
nessuno e fanno bene. Non c’è
nulla di male a voler piacere, a
voler essere ammirati. Non è cosa
infantile, è cosa umana. La vanità non è un peccato, ma
un modo di vivere il piacere. è una presa di coscienza, ma
anche un atto di umiltà, un’ammissione”.
Dottoressa Cozzolino, in questa “lettera aperta” parla
di vanità come risposta all’uso eccessivo che si fa degli
strumenti digitali, in particolar modo del fenomeno dei
selfie, perché?
“L’uso eccessivo degli strumenti digitali non alimenta la
vanità, la ‘legalizza’. Le toglie l’aspetto imbarazzante, la
rende libera da pudore e vergogna. La tecnologia ha
diffuso la vanità, le ha dato voce”.
Per tanto tempo ha considerato
il selfie una “cosa ridicola e molto
infantile” che invece ha preso
piede tanto da diventare una vera
e propria mania. Cosa spinge molte
persone a fare un autoscatto e
condividerlo sui social network?
“La parte femminile che è in ognuno
di noi (anche negli uomini) è vanitosa,
11
lo è sempre stata. Non esagero se dico che la vanità non
espressa rischia di farci ammalare per assenza di risposte
ad una inspiegabile insoddisfazione: cosa mi manca?
Cosa cerco che non ho e non riesco a trovare? C’è una
sola risposta: l’approvazione altrui, il riconoscimento della
femminilità o della virilità. Piacere piace a tutti e non è
solo un desiderio, ma un bisogno”.
Quando il selfie diventa “ossessivo” è una patologia?
“Tutto ciò che diventa ossessivo rischia di diventare
patologico. Ossessiva è qualsiasi cosa diventi un pensiero
fisso e ripetitivo. Tutte le cose che ci piacciono e ci
interessano all’inizio diventano una piccola ossessione che,
però, nel giro di qualche giorno passa”.
Qual è il confine tra il concetto di vanità “sano” e il fatto
che non si riesca a far a meno del selfie per compiacere e
compiacersi?
“è pericoloso solo se il comportamento ossessivo diviene
invalidante, vale a dire quando si evitano alcune normali
faccende e relazioni del quotidiano per mettere in atto la
propria ossessione”.
Alla luce di quanto scritto, vorrebbe aggiungere altro?
Quali sono i suoi consigli per evitare che diventi una
dipendenza dannosa per la salute?
“La tendenza a fare selfie, come accennato, è un modo
per liberarsi dall’ansia di non riuscire ad ammettere che sì,
ci piace piacere, ci piace sedurre ed essere corteggiati.
Non c’è nulla di male e non fa male. Piuttosto fa male la
compensazione, la tendenza cioè a soddisfare questo
bisogno con un suo surrogato”.
Tante e diverse opportunità a chi intende passare 7 o più giorni
nel nord della Sardegna, negli incantevoli scenari di Valledoria,
Terme di Casteldoria e San Pietro a Mare.
Di seguito le condizioni esclusive riservate agli aderenti alla convenzione Health Italia, per
l’affitto di appartamenti:
	 10% di sconto per il periodo che va da Maggio a Settembre
Soggiorno gratuito dal mese di Ottobre ad Aprile, con il solo
vincolo del pagamento delle spese di pulizia finali (60€)
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ITALIA
casa investimento e health italia
propongono
La richiesta dovrà essere effettuata tramite
l’invio di una mail a info@casainvestimento.it.
La mail dovrà riportare le seguenti indicazioni:
Oggetto: Convenzione Health Italia
Allegato: Tesserino Health Italia
Nome e Cognome
Periodo e struttura scelte
Numero di persone
Spese non comprese nel soggiorno:
Pulizie finali_60 € (obbligatorio con tutte le tariffe)
Check-in o Check-Out fuori orario_20 €
Set biancheria letto e bagno su richiesta (per persona)_20 €
Telo mare su richiesta_5 €
Animali domestici. Extra per pulizie_20 €
Culla da campeggio e biancheria su richiesta_20 €
Deposito cauzionale rimborsabile (da versare all’arrivo)_200 €
www.casainvestimento.it info@casainvestimento.it
13
a cura di
Francesca Raio
La fine dell’estate è purtroppo un momento davvero
malinconico. Il ricordo nostalgico delle giornate passate al
sole, della salsedine e del vento tra i capelli diventa sempre
più sbiadito, ma non i segni che la bella stagione lascia sul
nostro corpo come un colpo di coda, prima di dileguarsi
del tutto.
Come proteggere allora la nostra pelle ed i nostri capelli
dagli agenti aggressivi dei mesi estivi, che causano
l’invecchiamento precoce della cute?
In primis la prevenzione. Come in ogni circostanza prevenire
è meglio che curare danni a volte irreversibili dovuti ad
un’eccessiva esposizione ai raggi UV. Creme solari adatte
alla propria pelle, una continua idratazione accostata ad
una sana alimentazione e l’evitare la tintarella delle ore
più calde sono già la base di un’abbronzatura sana e
consapevole.
Ma quando la prevenzione non basta e nonostante
le attenzioni e le premure la nostra pelle appare poco
brillante e provata dallo “stress” del gran caldo, cosa fare?
Il primo step è dividere il corpo in zone ed assegnare ad
ognuna di esse il giusto trattamento e quindi concentrarsi
su una cura costante e prolungata nel tempo. Nell’ambito
della cosmetica non esistono prodotti che siano adatti
allo stesso modo al viso ed al corpo in quanto ogni area
ha bisogno di un suo grado di idratazione. Sarà quindi
necessario individuare i prodotti che meglio si confanno
alla propria epidermide.
Riadattare il nostro corpo al clima cittadino dopo le
vacanze non è certo un’impresa facile. Non passa tanto
tempo che i segni del sole, fino a poco prima nascosti
sotto una dorata abbronzatura, iniziano ad emergere man
mano che la pelle si schiarisce. Piccole rughe, capelli aridi
“Pelle sana…in corpore sano”
Consigli di bellezza per
prepararsi all’autunno
14
e soprattutto la desquamazione – fenomeno naturale di
rigenerazione cellulare - che riportano la cute lentamente
e fastidiosamente al biancore invernale. Ormai farmacie
e profumerie hanno a disposizione una gamma vastissima
di prodotti adatti a tutte le età e le esigenze, ma se siete
troppo pigri per aggirarvi tra il labirinto degli scaffali
della cosmetica allora un buon centro estetico potrà
sicuramente aiutare. Rivolgersi ad un esperto per un buono
scrub corporale o per una pulizia del viso costituiscono il
secondo step del percorso di preparazione all’avvento
dell’autunno. Ma mi raccomando… aspettate che la pelle
si sia sfiammata del tutto, altrimenti il risultato non sarà
tanto piacevole!
Per gli amanti del fai da te invece esistono tanti piccoli
rimedi della nonna e cure fatte in casa che renderanno
anche più divertente il percorso di “riabilitazione” cutaneo
nell’immediato.
L’aloe innanzitutto. L’aloe è una pianta dalle proprietà
eccezionali, un vero e proprio toccasana. Applicata nelle
zone scottate dal sole, viso o corpo che siano, dona un
immediato sollievo con il suo effetto cicatrizzante e lenitivo.
Se avete un giardino o semplicemente un balcone potrete
piantarla lì. Non necessita di particolari cure essendo una
pianta grassa e si adatta abbastanza facilmente a qualsiasi
tipo di clima purché la temperatura non scenda sotto gli 0°.
Ci sono diversi modi per utilizzarla, come impacchi o creme
fatte in casa per esempio. Ma il metodo più efficace
è estrarre direttamente il gel dalle foglie con un coltello
e spalmarlo sulle zone interessate. Un vero e proprio
calmante ed idratante naturale, provare per credere!
Il latte, specialmente quello intero per il quantitativo di
grassi contenuti, è un altro lenitivo naturale. Un panno
fresco e pulito immerso per qualche minuto al suo interno e
applicato sulle zone da trattare donerà alla pelle un rapido
conforto oltre ad una piacevole sensazione di liscezza.
Da non dimenticare anche il bicarbonato di sodio,
particolarmente efficace nella disinfiammazione della
pelle e nella sua preparazione a successivi trattamenti
post-vacanza.
Non si può nascondere che l’estate dona al nostro aspetto
un’aria più sana. Merito forse della vita all’aria aperta e
dell’attività fisica a cui inevitabilmente la bella stagione
costringe. E allora perché non ricreare queste condizioni
anche in autunno? Sport costante e alimentazione sana
anche in inverno aiuteranno a superare il trauma fisico da
rientro e prepareranno gradualmente all’estate successiva.
Soprattutto: una bella dose di buon umore manterrà vivo
il ricordo della bella stagione e permetterà di affrontare
l’avvento del freddo con un gran sorriso sulle labbra!
Scegliere
ITALIA
16
Via libera alla produzione della
cannabis per il trattamento di
alcune patologie
a cura di
Nicoletta Mele
Negli ultimi anni, e sopratutto in questo periodo, l’uso
terapeutico dei derivati della cannabis sta vivendo un
globale processo di rivalutazione.
In Italia, l’uso di cannabinoidi per questioni di salute (cura
dei sintomi derivanti da patologie come SLA, sclerosi
multipla e cancro) è diventata legale dal 1997 grazie a un
decreto ministeriale che prevede la possibilità di importare
medicinali dall’estero, quando non sono disponibili in Italia.
Le terapie a base di THC e
omologhi, esclusivamente in
forma sintetica, sono state
riconosciute per la prima
volta nel 2007, in un decreto
del Ministro della salute Livia
Turco. Nel 2013, poi, il Ministro
Renato Balduzzi ha esteso il
riconoscimento dalle forme
sintetiche anche alla pianta e
quindi ai prodotti farmaceutici
contenenti estratti naturali.
Dal 2010 a oggi,
parallelamente alla
normativa nazionale, sono
state introdotte alcune leggi
regionali che prevedono l’erogazione di medicinali a base
di cannabinoidi a carico delle ASL.
Era il 18 settembre 2014 quando una conferenza stampa
dei Ministeri della Difesa e della Salute ha proclamato il via
libera alla produzione italiana di cannabis terapeutica.
Il progetto è stato fin da subito affidato allo Stabilimento
chimico farmaceutico militare di Firenze e le piantine di
partenza sono preparate all’interno del CREA di Rovigo,
un ente di ricerca posto sotto la tutela del Ministero per le
Politiche Agricole che si occupa dello studio della cannabis
dal 1995. Il CREA, ente denominato Consiglio per la ricerca
in agricoltura e analisi dell’economia agraria, è infatti
titolare di tutte le varietà di canapa selezionate in Italia,
dalle cultivar destinate all’uso agro-industriale a quelle ad
alto contenuto di sostanze psicotrope per uso medico.
Le prime varietà a basso contenuto di cannabinoidi
stupefacenti vengono utilizzate nel settore tessile e
alimentare, le seconde invece, ad alta concentrazione di
THC, vengono impiegate per la realizzazione dei prodotti
farmaceutici.
Per saperne di più, abbiamo intervistato il dott. Gianpaolo
Grassi, responsabile della ricerca del CREA-CIN di Rovigo.
Quali sono le potenzialità terapeutiche della cannabis?
“Le funzioni fondamentali del nostro corpo, come
l’appetito, lo stato d’animo, il dolore, sono regolate
da un sistema denominato endocannabinoide.
Autonomamente produciamo sostanze al momento
del loro bisogno che si chiamano endocannabinoidi. La
pianta di cannabis produce
una famiglia di sostanze
che sono denominate
cannabinoidi ed ultimamente,
per distinguerli da quelli
endogeni, fitocannabinoidi
perché replicano buona
parte delle attività che gli
endocannabinoidi esplicano
quando interagiscono con
i recettori di questo sistema.
I recettori principali sono
due: CB1 e CB2. Quando la
persona è in salute, il sistema è
in equilibrio e non ha necessità
di mettere in circolazione
concentrazioni elevate di endocannabinoidi. Quando
interviene una patologia, il sistema si attiva e stimola
le cellule presenti in quasi tutti i distretti del nostro corpo
(cervello, sangue, ghiandole, ossa e così via) a produrre
endocannabinoidi a più elevata concentrazione, ma
talvolta queste non sono sufficienti e perciò apportando
dall’esterno i fitocannabinoidi, siamo in grado di
compensare il disequilibrio che si è venuto a creare. Certe
patologie croniche (dolore neurologico, sclerosi multipla,
SLA, malattie in cui sia compromesso il sistema immunitario)
richiedono un costante
apporto dall’esterno di
fitocannabinoidi (derivati
dalla cannabis) o
cannabinoidi (come quelli
di sintesi). Ciò che il nostro
sistema sanitario prevede
che si possa curare con la
cannabis è riportato nel
decreto del Ministero della
salute del 9 novembre 2015.
Le frontiere più avanzate di
17
18
applicazione della cannabis sono il trattamento preventivo
e curativo dei tumori, la prevenzione delle malattie
degenerative del cervello (Alzheimer, Parkinson, demenza
senile) o l’obesità”.
Lei è il primo ricercatore, nonché unico studioso della
canapa del centro di ricerca CREA di Rovigo, unico posto
in Italia insieme allo Stabilimento chimico farmaceutico
militare di Firenze, dove è possibile coltivare legalmente
delle piante di canapa che superino il limite di THC dello
0,2 %. Ci può spiegare cosa significa?
“La legge che in Italia regola le sostanze stupefacenti
è la 309/90. In base a questo testo unico solo due sono
le condizioni possibili legalmente per usare le sostanze
stupefacenti: 1) per ricerca 2) per produzione. Salvo il caso
della canapa industriale che tutti gli agricoltori possono
liberamente coltivare in base all’art. 26 della nuova
legge n°79/2014, ex 309/90, quella che ha principi attivi
farmaceutici viene usata solo a seguito di autorizzazioni
che solo il Ministero della salute può concedere. Le
due possibili motivazioni che consentono di richiedere
l’autorizzazione sono lo studio e la ricerca e questa
possibilità è ammessa solo in caso di istituti pubblici di
ricerca come il nostro, Università o CNR etc. Un privato
non può ottenere l’autorizzazione per studio e ricerca
con sostanze stupefacenti. L’autorizzazione a produrre
sostanze stupefacenti, invece, è consentita alle aziende
farmaceutiche pubbliche o private che devono produrre.
Per ottenere e mantenere queste autorizzazioni che
normalmente hanno durata biennale, servono particolari
condizioni: sistemi di allarme, vigilanza, protezioni, nessun
precedente penale e tanta pazienza”.
Prima che la sperimentazione con il THC diventasse legale
avete sviluppato varietà ricche di CBD, una molecola
che si è dimostrata molto efficace per il trattamento
dell’epilessia, è così?
“Noi abbiamo iniziato a studiare la canapa industriale nel
1994 e quella ad uso medicinale nel 2002. La legge 309 è del
1990 appunto e perciò da allora si sarebbe potuta studiare
Direzione
operativa ed
organizzazione
Back Office
Consulenza mirata
per costituzione
o restyling
societario
Assistenza soci
dedicata ad hoc
con numero verde e
personale dedicato
Health Service
Provider con 1560
strutture sanitarie
sul territorio
Marketing
e strategie di
comunicazione
ai soci
Organizzazione
di convegni
nazionali
di settore
Formazione
personale interno
ed incaricati
al contatto
con i soci
Social Media
Strategist per una
comunicazione
al passo con i tempi
Consulenza
per compliance
e policy interna
Consulenza
giuridica
e fiscale
Operation
per la gestione dei
regolamenti
applicativi
Assistenza,
realizzazione
piattaforme,
siti web ed
aree intranet
Dati, studi
e ricerche
sul mondo
della Sanità
Integrativa
Ansi, Associazione Nazionale Sanità Integrativa,
nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari
di creare non solo un’associazione di categoria
“indipendente”,maancheuninterlocutorequalificato
che si renda portavoce attivo tra Istituzioni, Sistema
Sanitario Nazionale e Fondi Sanitari Integrativi.
ANSI vuole diventare il soggetto capace di
tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme
mutualistiche operanti in Italia, che garantiscono
la salute di circa ¼ della popolazione italiana.
“Auspichiamoilbenessereelasalutepertuttii
cittadini,comedirittofondamentaledell’uomo
epatrimoniosocialedellacollettività”
www.sanitaintegrativa.org
segreteria@sanitaintegrativa.com
la canapa, come il papavero da oppio o la datura etc.
Certamente era più agevole e sicuro studiare la cannabis
che produceva cannabinoidi non stupefacenti che sono
tutte o quasi le 150 varianti di cannabinoidi. Di stupefacente
c’è solo il THC e il CBN, ma quest’ultimo non è prodotto
direttamente dalla pianta, derivando dalla degradazione
del THC stesso. Queste semplificazioni ci sono servite
perché siamo stati spinti dalle norme che ci costringevano
a certe limitazioni a studiare più approfonditamente le
varietà con cannabinoidi non psicotropi come appunto
il cannabidiolo (CBD), oppure il cannabigerolo (CBG), la
cannabidivirina (CBDV), la tetraidrocannabivirina (THCV)
e così altri che ancora si stanno studiando dal punto di
vista del loro potenziale biologico e terapeutico. Queste
varietà ora sono meno comuni e perciò più ambite e
ricercate anche dai medici perché li possono utilizzare più
liberamente non essendo legati alle norme sulle sostanze
stupefacenti come quella che può determinare una pena
sino a 20 anni di prigione, se la si infrange”.
La scienza fa progressi e grazie ad essa oggi c’è una
maggiore tutela della nostra salute. Quanto è importante
l’uso di cannabinoidi per il trattamento sintomatologico di
determinate patologie?
“Io ho una visione meno medicale e più umanistica. I primi
posti in cui vorrei che la cannabis entrasse senza limitazioni
sono le case di riposo. Negli ultimi anni di vita le persone
dovrebbero essere lasciate libere di poter vivere nel migliore
dei modi e senza particolari limitazioni. Una delle attività più
collaudate e riconosciute della cannabis è quella di favorire
il sonno (se usata bene) e di far apprezzare di più la vita
oltre a togliere anche una parte dei dolori cronici. Consideri
quanto bene farebbe agli anziani evitare di intossicarsi con
benzodiazepine e tornare liberi attraverso l’uso di sostanze
naturali di tipo fitoterapico. Non perché lo dico io, ma perché
pubblicato e accettato da una rivista più che autorevole
come Lancet. Se si va a considerare la dipendenza dei
farmaci a base di benzodiazepine, la pericolosità è ben
superiore a quella della cannabis: 1,8 contro 0,8”.
Ancora difficoltà e pregiudizi nei confronti della cannabis
in campo medico. Quanto tempo ci vorrà affinché alcune
barriere vengano meno?
“Devono iniziare ad uscire studenti formati da professori
aperti e competenti su questi argomenti. Al momento
sono ben pochi i “maestri” (professori) con una sufficiente
preparazione. Credo di non sbagliare di molto affermando
che solo il 10% dei professori possono dirsi sufficientemente
preparatiedisponibiliastudiareesperimentareall’università
questa pianta e la classe di sostanze che appartengono ai
cannabinoidi. Senza i medici e ricercatori preparati non si
procederà molto veloci e perciò credo ci vorranno almeno
altri 20 anni”.
20
a cura di
Mariachiara ManopuloSindrome feto-alcolica, ecco
perchè dire no all’alcol in
gravidanza
Bere alcol durante la gravidanza non fa bene, né alla
mamma né al feto. Può causare la cosiddetta “sindrome
feto alcolica” (Fetal Alcohol Syndrome-FAS), la più grave
disabilità permanente che si manifesta nel feto esposto,
durante la vita intrauterina, all’alcol consumato dalla
madre. Si tratta della manifestazione più grave dei danni
che le bevande alcoliche possono causare al feto.
Ma ci sono anche altre possibili complicanze, come
anomalie cranio facciali, rallentamenti nella crescita,
disabilità comportamentali e neuro-cognitive. Tutte queste
alterazioni possono presentarsi con modalità molto diverse,
e causano un ampio spettro di disordini, ricompresi nella
sigla FASD (Fetal Alcohol Spectrum Disorder-FASD).
Il riconoscimento delle gravi conseguenze provocate
dall’alcol sul feto è avvenuto negli anni ‘60: la prima
descrizione clinica di sintomi chiaramente riconducibili ai
danni dell’alcol è stata pubblicata in Francia nel 1968 e,
pochi anni dopo, negli Usa.
Da allora sono stati tantissimi gli studi, in tutto il mondo, che
hanno permesso di definire meglio la gamma dei diversi
disturbi del feto correlati all’esposizione all’alcol. Purtroppo,
20
21
la maggior parte dei casi di “spettro dei disordini feto-
alcolici” non sono ad oggi facilmente diagnosticati e
dunque non sono trattati in modo appropriato.
Quando la futura mamma beve, l’alcol arriva al feto in
pochi minuti: non lo può metabolizzare, non ha gli enzimi
per farlo. Quindi, l’alcol e i suoi metaboliti si accumulano
nel suo sistema nervoso e negli organi, danneggiandoli.
Non si sa qual è la quantità di alcol “sicura”: per questo,
durante questi nove mesi speciali, dovrebbe essere vietato.
Ma purtroppo, molte volte, pur consapevoli del pericolo, i
medici concedono alle donne in gravidanza un bicchiere
di vino o di birra, in alcune occasioni. Uno studio italo-
spagnolo di qualche mese fa, diretto dalla dott.ssa Simona
Pichini dell’Istituto Superiore di Sanità, ha dimostrato che
quantità modeste di alcol consumate durante tutta la
gravidanza sono rilevabili sia nel capello materno che nelle
prime feci (meconio) neonatali. Quindi, anche bere poco
ma spesso, ha ripercussioni sul bambino. Tuttavia, lo spettro
dei disordini feto alcolici si manifesta tipicamente nei figli
di donne con consumo eccessivo di alcol in gravidanza,
e non nei figli di donne non
alcolizzate che hanno bevuto
piccole quantità di alcol prima di
sapere di aspettare un bambino.
Non ci sono dati certi
sull’incidenza della sindrome
feto-alcolica nel nostro Paese.
Uno studio del centro di
alcologia del Policlinico Umberto
I di Roma, effettuato nel Lazio,
stima una prevalenza pari a 1,2
su 1000 nati vivi. Il 6% presenta
espressioni parziali della sindrome. Il rischio di partorire un
bambino con sintomi della sindrome fetale alcolica (Fas) è
stimato attorno al 30-40% delle future mamme con un forte
consumo di alcol in gravidanza. Non si conosce il motivo
della diversa suscettibilità dei bambini agli effetti dell’alcol,
la diversa risposta del feto è probabilmente dovuta alla
combinazione di abuso di alcol, fattori genetici, deficit
nutrizionali, fumo o uso di droghe. La maggior parte di
neonatologi e pediatri non diagnostica una FASD se non
c’è una storia di abuso alcolico da parte della madre
ben documentata, a meno che si evidenzi un chiaro ed
incontrovertibile dimorfismo facciale.
Le disabilità primarie della sindrome feto-alcolica
includono:
• dismorfismi facciali, evidenziabili tra gli otto mesi e gli otto
anni (occhi piccoli e distanziati, naso corto e piatto, solco
naso-labiale allungato e piatto, labbro superiore molto
sottile, padiglioni delle orecchie scarsamente modellati,
ipoplasia mascellare e mandibolare);
• ritardo nella crescita (valori inferiori alla media per
altezza, peso corporeo e circonferenza cranica, segno
questo di danno cerebrale, possono essere presenti anche
malformazioni cardiache);
• anomalie nello sviluppo neurologico del sistema nervoso
centrale, con alterazioni cognitive e comportamentali.
La sindrome può comportare anche disabilità secondarie,
che si manifestano andando avanti con l’età, e possono
portare a problemi di salute mentale, difficoltà a scuola,
nel lavoro, nei rapporti sociali e sessuali.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, le dismorfologie
facciali e i problemi cerebrali si devono all’esposizione
all’alcol durante il primo trimestre di gravidanza, il deficit di
crescita è legato all’esposizione durante la seconda metà
della gestazione, mentre l’alterato sviluppo del cranio
è dovuto all’effetto dell’alcol nella quarta settimana di
gravidanza. Difetti congeniti più gravi di norma subentrano
nei primi tre mesi di gravidanza, periodo in cui si sviluppano
gli organi del bambino e durante il quale a volte le donne
sono ancora inconsapevoli del proprio stato.
Il 9 settembre di ogni anno ricorre
la Giornata mondiale della
sindrome feto-alcolica.
Nel 1999, in Canada un gruppo
di genitori che aveva adottato
bambini affetti dallo spettro
dei disordini feto alcolici decise
che il 9 settembre di ogni anno
avrebbe ricordato al mondo
che durante i nove mesi di
gravidanza è bene astenersi dal
bere alcolici per la salute del
nascituro. L’iniziativa fu raccolta
dalla Nuova Zelanda, dove il 9 settembre del 1999 alle
ore 9.09, la campana della chiesa metodista di Auckland
suonò nove rintocchi per celebrare la prima giornata di
consapevolezza su questa sindrome.
La Fas è una sindrome prevenibile al 100%: è sufficiente
evitare di assumere alcolici durante la gravidanza.
Secondo le statistiche, nonostante sia ormai chiaro che
l’abuso di alcol può danneggiare il feto, l’incidenza della
Fas è un aumento. Evidentemente, non vi è ancora una
piena consapevolezza da parte dell’opinione pubblica.
Forse si tende ad associarla solo all’assunzione di
superalcolici, non pensando che anche il vino e la birra
possono avere effetti negativi. È necessaria una azione di
prevenzione efficace, che deve partire da operazioni di
informazione e sensibilizzazione non solo tra le donne, ma
anche tra i futuri papà, sul rischio rappresentato dall’alcol
per il nascituro. È anche compito del ginecologo capire
se una gravidanza è esposta o meno all’alcol. Una cura
tempestiva può certamente essere utile per limitare i danni.
L’allestimento museale è stato
progettato per offrire al visitatore un
quadro completo ed esaustivo sulla
storia delle società di mutuo soccorso.
Il percorso si apre con dei pannelli
informativi che raccontano, in una
sequenza cronologica, il fenomeno del
mutualismo e continua con delle grandi
teche espositive in cui è racchiusa
una notevole varietà di materiale
documentario, nonché un ragguardevole
insieme di medaglie, spille, distintivi ed
alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli
ad oltre duecentro tra enti e società
di mutuo soccorso, con sedi in Italia e
all’estero.
All’interno del museo è presente
uno spazio multifunzionale nel
quale coesistono un archivio
storico, una biblioteca e un centro
studi. Inoltre, è stato riservato uno
spazio per ospitare ogni forma
d’arte: mostre, concerti di musica e
rappresentazioni teatrali.
Previa prenotazione, ogni
artista potrà esporre o esibirsi
gratuitamente all’interno dello
spazio dedicato.
Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo
soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in
dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. Visitando
il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni
e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese.
La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici.
Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche
Apertura:
Dal lunedì al venerdì previa prenotazione
11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00
Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)
Info e prenotazioni:
+39 337 1590905
info@fondazionebasis.org
www.museomutuosoccorso.it
Indirizzo:
Palasalute
via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
23
a cura di
Carmina Santillo I capelli bianchi
e l’alimentazione
Certo che può essere definito segno di “SAGGEZZA”, di
“MATURITA’” e anche di “ESPERIENZA”, ma la comparsa del
primo capello bianco…è un trauma!!
Solitamente i primi fili bianchi cominciano a farsi vedere
intorno ai quarant’anni, ma sono tantissimi i ragazzi e le
ragazze che iniziano a scoprirli anche a trent’anni.
Le correnti di pensiero sulla motivazione della comparsa
dei capelli bianchi sono diverse: c’è chi sostiene che la
colpa dei capelli bianchi è esclusivamente dei geni, tutto è
scritto nel proprio DNA, c’è chi sostiene invece che la prima
comparsa dei capelli bianchi è la conseguenza di un forte
stress o di un trauma, un grosso dispiacere o uno spavento
che potrebbe farci venire i capelli bianchi anche nel giro
di 24 ore, e c’è chi invece sostiene che tutto dipende dal
nostro stile di vita. Il fumo, ad esempio, è uno dei fattori che
ne favorisce la comparsa!
è certo che, se si tratta esclusivamente di una questione
genetica, non esiste né prevenzione e né rimedio (a meno
della tinta).. e in questo caso non ci resta che accettarla!
Ma quando il DNA invece è dalla nostra parte, potremmo
prevenire.
Naturalmente l’insieme dei vari fattori incide tantissimo ma,
scientificamente, al di là anche della questione estetica, i
capelli bianchi non sono altro che un accumulo di tossine
concentrate vicino alla zona celebrale: in termini molto
semplici,lapresenzadeicapellibianchisimanifestaquando
i follicoli non sono più in grado di fornire la colorazione al
capello, e questo accade quando il nostro corpo non ha
24
sufficiente melanina.
L’elemento importante che incide sulla produzione di
melanina è proprio l’alimentazione. Un’alimentazione non
ricca di vitamine e proteine potrebbe creare dei deficit
nutritivi che danneggiano la cute, facendo apparire i
capelli bianchi.
Andiamo ad analizzare quali sono gli alimenti di cui fare
una bella scorta, oppure da eliminare, o almeno ridurre:
- Vitamina B3 (Niacina): è fondamentale per la salute dei
nostri capelli, perché interviene nel corretto funzionamento
del metabolismo energetico, favorendo la circolazione
sanguigna verso il cuoio capelluto. Fonti alimentari sono:
lievito di birra, germe di grano, pesce, pollo, tacchino e
carne.
- Vitamina B5 (acido proteico Acido pantoteico):
impedisce la formazione dei capelli bianchi e la perdita
dei capelli. Ricche fonti di questa vitamina sono: cereali
integrali, lievito di birra, frattaglie e tuorli d’uovo.
- Vitamina B6 o Piridossina: è
coinvolta nell’assimilazione
delle proteine ed agisce
sull’enzima 5 alfa-reduttasi,
contrastando la produzione
di DHT, previene la perdita
dei capelli e aiuta a creare
melanina. Alimenti con
vitamina B6 sono il lievito
di birra, i cereali integrali,
le verdure, le frattaglie e il
tuorlo d’uovo.
- Biotina o Vitamina B7: produce cheratina ovvero la
sostanza che previene la perdita dei capelli e la comparsa
dei capelli grigi. Fonti di biotina sono: lievito di birra, cereali
integrali, tuorli d’uovo, fegato, riso e latte.
La vitamina B è la più importante per prevenire i capelli
bianchi e i carboidrati e le proteine sono le principali
famiglie di alimenti da considerare sempre nella nostra
quotidianità.
- Vitamina A: è una vitamina antiossidante che aiuta a
produrre sebo nel cuoio capelluto e lo rende in tal modo
più sano. Ricche risorse di questa vitamina sono: olio di
fegato di pesce, carne, latte, formaggio, uova, spinaci,
broccoli, carote, albicocche e pesche..
- Vitamina C: così come la vitamina A, si tratta di una
vitamina antiossidante che aiuta a mantenere, non solo i
capelli, ma anche la pelle in buono stato. Alimenti ricchi di
vitamina C sono: agrumi, fragole, kiwi, ananas, pomodori,
peperoni verdi, patate e verdure verde scuro.
- Vitamina E: questa vitamina è anch’essa un antiossidante,
che migliora la circolazione del sangue verso il cuoio
capelluto. Ricche fonti di vitamina E sono: oli vegetali, olio
di germe di grano, soia, semi crudi e noci, fagioli secchi e
verdure a foglia verde.
Il cuoio capelluto ha bisogno che la circolazione sanguigna
non arrivi con difficoltà e le vitamine che consentono
questo processo permettono ai nostri capelli di mantenere
un colore naturale!
- Rame: è il minerale la cui mancanza nel corpo umano
implica contribuzione alla comparsa prematura dei
capelli bianchi; gli alimenti ricchi di questo minerale sono:
frutta secca, avena, riso integrale, legumi, champignon,
cacao, patate dolci e frutti di mare. è fondamentale per la
produzione di melanina, pigmento essenziale per il colore
del capello!
- Eccesso di sale: fattore che influisce sulla comparsa dei
capelli bianchi; si potrebbe
ovviare optando per il
sale marino o il sale rosa
dell’Himalaya, ricchi di
minerali e di oligoelementi.
- Cibi acidi: provocano
aumento del livello di acidità
nel corpo che giunge fino
ai capelli provocandone lo
sbiancamento. Ridurli, come
il sale, sarebbe elemento
interessante di prevenzione!
Un’alimentazione non corretta, ricca di troppi grassi, amidi,
zuccheri, cibi elaborati e non casarecci e povera invece di
vitamine e sali minerali, nonché di proteine ed aminoacidi,
non rappresenta sicuramente il perno per la salute del
proprio corpo, e la salute del cuoio capelluto necessita
delle medesime attenzioni!
Un deficit di questi nutrienti essenziali rallenta il normale
lavoro delle cellule riservate alla produzione di melanina,
alternando lo stato di salute dei capelli.
Ma esiste una prevenzione più semplice per evitare lo
shock di una comparsa prematura dei capelli bianchi?
Non c’è soluzione migliore e più semplice che “mangiare”!
è vero, bisognerebbe mangiare bene e non per tutti è
facile, facendo solo attenzione ad evitare le cose che
già di consueto rappresentano il nemico della nostra
salute, ma è altrettanto vero come sia positivo sapere che
prevenire, in questo caso, implicherebbe anche maggiore
soddisfazione per il nostro palato!
25
ITALIA
“La salute è la più grande forza
di un popolo civile”
Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione
e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.
Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il
Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.
In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e
collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato
sulla Cura Totale della persona.
Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto
nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci
consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
26
a cura di
Mariachiara Manopulo
Il latte materno rappresenta l’alimento migliore per i
neonati. Ma cosa succede quando un bimbo nasce
prematuro, e la madre non ha la possibilità di allattarlo?
Per questo sono nate le Banche
del latte umano donato (Blud): le
mamme che hanno latte in eccesso,
possono decidere di donarlo.
La promozione dell’allattamento
materno, in linea con le
raccomandazioni dell’Unicef e
dell’OMS, è un obiettivo di salute
di grande importanza per la sanità
pubblica.
Pediatri e nutrizionisti sono d’accordo nel definire che il latte
materno rappresenti l’alimento migliore per i neonati, perché
fornisce tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase
della loro vita, come certi acidi grassi polinsaturi, proteine,
ferro assimilabile. Inoltre, contiene sostanze bioattive e
immunologiche, che non si trovano nei sostituti artificiali
ma che sono importantissimi sia per proteggere il bambino
da eventuali infezioni batteriche e virali, sia per favorire lo
sviluppo intestinale. E ancora, consente un corretto sviluppo
del sistema nervoso del neonato,
protegge dalla celiachia, da
allergie, contribuisce a prevenire
il diabete giovanile nei bimbi
geneticamente predisposti, può
aiutare a combattere sovrappeso
e obesità.
Per gli esperti, il latte materno
è specie-specifico, è cioè un
alimento biologicamente adatto
per l’essere umano. Per adeguarsi meglio alle necessità
di crescita del neonato, oltretutto, non ha mai la stessa
composizione.
Per favorire l’allattamento, i neonatologi consigliano di
attaccare il piccolo al seno subito dopo il parto, così
L’importanza del latte materno
e il ruolo delle blud
27
in evidenza
da instaurare con la mamma un
contatto “pelle a pelle”. Già nelle
primissime ore di vita, il piccolo è
in grado di trovare da solo il seno
materno e di succhiare. Inoltre il
corpo della mamma aiuta il bambino
a mantenere una temperatura
adeguata e il neonato ne risente in
modo positivo.
Il ministero della Salute ha promosso
quest’anno la campagna “Allattare al
seno, un investimento per la vita”, con
l’obiettivo di promuovere e sostenere
l’allattamento materno come pratica
naturale e di primaria importanza per
la salute del bambino.
Ma che succede se un bimbo nasce
prematuro e la mamma non ha la
possibilità di allattarlo? Per questo sono nate le Banche del
latte umano donato (Blud).
Grazie alle Blud, le mamme che hanno latte in eccesso
rispetto alle necessità del proprio bambino possono decidere
di donarlo. I bambini prematuri lottano ogni giorno contro
mille difficoltà; sono costretti a rimanere a lungo in ospedale,
e possono andare incontro a diverse problematiche, dovute
soprattutto all’immaturità dell’apparato gastroenterico e alla
incapacità di nutrirsi come un bambino normale. Soprattutto
per loro, il latte materno è una vera e propria medicina:
aiuta nella digestione, fornisce le preziose sostanze nutritive
nella forma più assimilabile, rafforza il sistema immunitario e
favorisce lo sviluppo del sistema nervoso centrale.
Già nel 2013 la Società Europea
di Gastroenterologia, Epatologia
e Nutrizione Pediatrica
(ESPGHAN) ha raccomandato
l’impiego del latte di banca
come prima opzione in assenza
di latte materno.
Sempre nel 2013, in Conferenza
Stato-Regioni è stato raggiunto
un accordo sulla gestione delle
banche del latte umano donato:
su questa base sono state
elaborate le “Linee di indirizzo
nazionale per l’organizzazione
e la gestione delle banche del latte umano donato
nell’ambito della protezione, promozione e sostegno
dell’allattamento al seno”. Con 32 banche attive, il nostro
Paese è tra i più attivi in Europa. Chiaramente, il latte della
donna, come altri organi o tessuti umani, non può essere
commercializzato: la donazione è gratuita e la privacy
viene garantita.
Durante la Prima Conferenza Nazionale
“Promozione e sostegno dell’allattamento
al seno”, svoltasi lo scorso 12 maggio
presso il ministero della Salute, è stato
firmato il documento “Promozione dell’uso
di latte materno nelle Unità di Terapia
Neonatale ed accesso dei genitori ai
reparti. Raccomandazione congiunta di
Tavolo Tecnico operativo interdisciplinare
per la promozione dell’allattamento al seno
(TAS), Società Italiana di Neonatologia (SIN)
e Vivere Onlus”, che tra gli altri, si pone
l’obiettivo di facilitare la costituzione di
banchedellatteumanoabaseospedaliera,
per aumentare l’uso del latte umano in
assenza di quello materno, soprattutto nei
neonati pretermine.
Un eccellente esempio di banche del latte
umano arriva da Bologna. “Di mamme ce
n’è una sola. Ma a volte ne servono di più”: con questo
slogan l’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi, più di tre anni fa,
ha creato la banca del latte umano donato “Allattami”,
grazie alla partnership con Granarolo e alla partecipazione
dell’Associazione Cucciolo. È quindi un esempio di
collaborazione virtuosa tra pubblico e privato. La banca
fornisce fin dall’inizio latte materno alla Neonatologia del
Sant’Orsola ma ha esteso il proprio raggio d’azione anche
al Maggiore di Bologna e al Policlinico di Ferrara. “Allattami”,
come le altre banche, seleziona le mamme donatrici, ritira il
loro latte direttamente al domicilio – il trasporto avviene nel
rispetto della catena del freddo, in modo che il latte arrivi
alla banca ancora congelato -, lo pastorizza, lo conserva
in condizioni di sicurezza e lo
fornisce agli ospedali cittadini.
L’obiettivo è raccogliere almeno
i 600 litri di latte umano donato
che servono ai neonati ricoverati
nelle terapie intensive neonatali
del Policlinico Sant’Orsola e
dell’Ospedale Maggiore. Per
raggiungerlo, è stata avviata una
forte azione di sensibilizzazione
verso le future e nuove mamme,
grazie alla collaborazione
dell’Azienda Usl di Bologna,
del Collegio delle Ostetriche,
dei Pediatri di famiglia e del
Cucciolo, associazione bolognese dei genitori dei bambini
nati prematuri. La banca si basa su due componenti: una
di tipo medico-sanitario rappresentata dal Sant’Orsola,
che seleziona le donatrici; e l’altra rappresentata da
Granarolo, che segue l’aspetto tecnico di sanificazione del
latte, per renderlo assolutamente sicuro per i piccoli che lo
riceveranno.
2828
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29
a cura di
Nicoletta Mele La storia di Alex: parla di nuovo
due lingue con il solo emisfero
destro del cervello funzionante
Alex è un ragazzo di origine romena che all’età di sette
anni ha imparato la lingua italiana frequentando tutte le
scuole dell’obbligo nella provincia di Cuneo. Poco più
che ventenne, ha subito un gravissimo trauma cranico
encefalico, seguito da un lungo periodo di coma. Ha
eseguito tutti gli accertamenti previsti e il risultato è stato
che il danno subito ha disintegrato totalmente l’emisfero
sinistro del suo cervello. Dal punto di vista visivo, la sua
risonanza magnetica era impressionante: tutto nero nella
parte di sinistra e tutto bianco, con le sue circonvallazioni,
e perfettamente integro quello di destra.
Aveva perso totalmente la parola, il danno era così
importante che riusciva ad articolare solo pochi suoni per
esprimere bisogni, emozioni, richieste, risposte.
Dopo essere stato dimesso dall’ospedale ha proseguito
le terapie, in un primo momento presso il centro di
neuroriabilitazione di Fossano e poi al centro di riabilitazione
per traumatizzati cranici e gravi cerebrolesioni acquisite,
Puzzle di Torino, diretto dalla professoressa Marina Zettin.
Per lui il programma giornaliero era intenso: lunghe ed
estenuanti ore di fisioterapia, logopedia, neuropsicologia
cognitiva, piscina, allenamenti del cervello. Dopo due anni
di lavoro, grazie anche alla grande forza di volontà e al
supporto della famiglia, Alex ha sorpreso tutti: ha iniziato
a parlare con singole parole sia in lingua romena che
italiana, stessa quantità, quasi gli stessi vocaboli e dopo tre
anni il suo linguaggio si è addirittura arricchito.
La sua storia è a dir poco eccezionale e senza
30
precedenti dal punto di vista scientifico, lo dimostra la
recente pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica
internazionale “Brain & Language”.
Ognuno di noi ha due emisferi del cervello collegati tra loro:
l’emisfero di sinistra, detto dominante per i destrimani, le cui
aree corticali sono deputate alla funzione del linguaggio
e a tutte le funzioni intellettive superiori, e l’emisfero di
destra, tipicamente deputato a funzioni spaziali, musicali
ed emotive.
Quando si subisce un danno cerebrale nell’emisfero di
sinistra, il linguaggio subisce un importante deficit chiamato
afasia, che porta a una menomazione della parola, sia essa
su base motoria (il paziente non riesce più ad articolare le
parole) che sensoriale ed uditiva (cattiva comprensione
e produzione di un’insalata di parole incomprensibili e
indecifrabili).
I danni però, possono subire un’evoluzione positiva, un
recupero concesso da un ripristino cerebrale grazie alla
neuroplasticità del cervello.
Questa storia ha permesso al mondo scientifico di
conoscere un aspetto ancora sconosciuto.
Per saperne di più, abbiamo intervistato la professoressa
Marina Zettin.
“Alex è arrivato da noi con un’afasia molto importante,
il cervello era completamente distrutto. Mai in 35 anni di
carriera ho visto una tac come la sua. Nessun essere umano,
in quelle condizioni, avrebbe potuto riacquistare l’uso
completo del linguaggio. Paradossalmente, invece, grazie
anche alle nuove tecniche di imitazione del linguaggio
utilizzate, è stato concesso all’emisfero di destra di avere
la possibilità di recuperare “copiando” entrambe le lingue.
Questo caso ha dimostrato che l’emisfero destro può, in
seguito a cerebrolesione,
assumere un ruolo chiave
nel vicariare le funzioni
linguistiche normalmente
processate dalle aree di
sinistra. Il caso è eccezionale
perché di fronte a un danno
di questo genere nessuno
pensa che si possa recuperare
in maniera straordinaria e
questo ha rappresentato
anche l’importanza scientifica
di dimostrare che il cervello
ha aree supplementari
che si innescano e che la
riabilitazione (intensiva) ha un
ruolo fondamentale”.
Sembra quindi che il ruolo
svolto da questo emisfero nel
recupero del linguaggio sia molto meno marginale di
come si è pensato finora. Già in passato era stato descritto
da Barlow, uno studioso del XIX secolo, il caso di un
uomo con gravi deficit linguistici conseguenti a un danno
dell’emisfero sinistro che, con il tempo, aveva recuperato
le sue capacità, per poi perderle nuovamente a causa di
una lesione delle aree cerebrali di destra. Il ruolo cardine
svolto dall’emisfero destro nel recupero del linguaggio
è stato descritto anche in anni più recenti. Nel 2001 un
gruppo di ricercatori tedeschi ha infatti scoperto che nel
60% dei pazienti con tumore al lobo frontale di sinistra le
aree corrispondenti di destra si attivavano durante lo
svolgimento di compiti linguistici.
Professoressa, avete utilizzato delle nuove tecniche del
linguaggio, può spiegare in cosa consistono?
“Sono delle tecniche che favoriscono l’incremento del
linguaggio attraverso le quali il paziente viene sottoposto
per circa due ore al giorno a dei programmi in cui sei attori
pronunciano per sei volte ciascuno una parola o una frase.
In questo caso si ha una ripetizione continua della parola e
il paziente vede per più volte anche il movimento labiale”.
Alex ha recuperato due lingue lasciando, in questo caso,
“senza parole” gli specialisti. Quanto è stata determinante
la forza di volontà del ragazzo?
“I traumi cranici rispetto ai danni vascolari hanno delle
possibilità in più di recupero. In questo caso però era
talmente evidente l’importanza del danno che mai
avremmo potuto pensare un recupero di questo tipo.
Alex sin da subito si è dimostrato collaborativo e ha
dimostrato alla famiglia che non sarebbe mai diventato un
peso per loro. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare
a parlare”.
Qual è il suo augurio per Alex?
“Che possa essere collocato in
un posto di lavoro. Tutto questo
sforzo sarebbe vano se la
società lo lasciasse emarginato
a casa. Questo sarebbe il vero
successo di tutto questo lungo
iter”.
Il cervello è ancora un
mistero, ma Alex è stata la
dimostrazione che nulla è
impossibile e, quando meno te
lo aspetti, arrivano dei risultati
sorprendenti sconosciuti anche
al mondo scientifico.
Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia
Nessuna distinzione di età
Sussidi per Single o Nucleo famigliare
Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR)
Nessuna disdetta all’associato
Durata del rapporto associativo illimitata
Soci e non “numeri”
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Nazionale.
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sempre MBA come una vera “Sanità Integrativa” volta a migliorare la qualità di vita
degli aderenti.
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32
La disabilità come un altro
modo di vivere: l’Associazione
Mai Soli e la Fondazione Basis
a cura di
Redazione Health Online
Sono tante le associazioni che si rivolgono al mondo della
disabilità. L’Associazione Mai Soli è una di queste. È nata nel
dicembre 2008 dall’enorme impegno di genitori di persone
diversamente abili al fine di ottenere il loro benessere
psico-fisico e sociale. Sin dall’inizio, ha aperto un dialogo
permanente con le Istituzioni ed altre Associazioni, sia nel
territorio di San Cesareo, in provincia di Roma, dove ha sede,
sia nei dintorni, in un’ottica di reciproca collaborazione. I
valori principali a cui si ispira sono la centralità della persona
e la salvaguardia della sua dignità, e si impegna per
raggiungere tutti i suoi obiettivi tramite un percorso attivo e
non di tipo assistenziale.
Nel 2010 è stato realizzato un progetto “oggi cucino io”,
cofinanziato dalla Comunità
Montana dei Castelli
Romani, con l’obiettivo di far
acquisire ai ragazzi capacità
prettamente tecniche
per renderli minimamente
autonomi che ha dato molte
soddisfazioni. Nello stesso
anno, l’Associazione ha
aderito per la prima volta al
movimento sportivo “Special
Olympics Italia”, che nel 2011
ha selezionato 4 dei suoi atleti
per i mondiali di calcio A5 che si sono svolti ad Atene; nel
2013 per gli europei di Anversa e nel 2015 per i mondiali di Los
Angeles. Tutte e tre le manifestazioni hanno regalato grandi
soddisfazioni ma soprattutto entusiasmo ed autostima ai
ragazzi.
L’associazione ha chiesto anche la collaborazione
dell’attrice e regista Elisa Capo, per formare una classe
di teatro con i ragazzi, per offrire loro una esperienza che
sarebbe stata stimolante e formativa. Elisa ha pensato
di utilizzare il potenziale di ognuno di loro, considerando
l’handicap non come punto di arrivo ma come punto di
partenza. Infatti, quest’anno per la prima volta si sono
confrontati con compagni normodotati con cui poter
scambiare tecniche, esercizi, improvvisazioni proprio come
una “normale” giovane compagnia teatrale sperimentale,
ottenendo un notevole successo presso i teatri di compagnie
“normali”.
Da alcuni mesi, l’Associazione ha avviato una collaborazione
con la Fondazione Basis, un ente no-profit che ha come
obiettivi la promozione di iniziative culturali, educative,
formative, di integrazione sociale, di assistenza sanitaria, e
la diffusione della cultura, costituita per iniziativa di Health
Italia, della società di mutuo soccorso Mutua MBA e della
società cooperativa Coopsalute.
“Dal nostro punto di vista ed alla luce della nostra esperienza
abbiamo capito che si deve evitare di riempire il tempo dei
nostri ragazzi con molteplici attività superflue, invece, lo si
deve utilizzare per creare insieme a loro un mondo dove
la disabilità è solo un altro modo di vivere. Infatti con la
Fondazione Basis abbiamo potuto costatare che quello che
era solo un nostro pensiero si è trasformato in realtà. Abbiamo
avuto la fortuna di conoscere il Presidente della Fondazione
Basis Massimiliano Alfieri, nonché il Vicepresidente Marco
Marcocci, con i quali abbiamo
potuto aprire un dialogo che
si è rivelato molto positivo
e ci auguriamo sia l’inizio
di una lunga e costruttiva
collaborazione volta alla
crescita ed al miglioramento
delle condizioni di vita dei
nostri ragazzi che hanno tanta
voglia di integrarsi ‘con il
resto del mondo’, sentendosi
a loro volta utili al prossimo”;
queste le parole di Cristina
Spagnoletti, presidente Associazione Mai Soli.
Per saperne di più su questa collaborazione, abbiamo
intervistato Marco Marcocci, Vicepresidente della
Fondazione Basis.
Come è nata l’idea di collaborazione con l’Associazione
Mai Soli e quali sono i progetti che avete seguito insieme?
Con l’associazione Mai Soli abbiamo iniziato a collaborare
a seguito di una loro presentazione qualche mese fa: ci
ha colpito il fatto che fossero principalmente famiglie che
sulle loro forze cercavano di accompagnare questi ragazzi
con disabilità nelle varie manifestazioni sportive. Tra l’altro,
abbiamo avuto modo di verificare che partecipano con
grande profitto: c’è quindi anche una grande soddisfazione
nel vedere questi ragazzi, ricchi di una diversa abilità, che
riescono ad eccellere in queste discipline.
La Fondazione Basis ha quindi deciso di dare un contributo
per far fronte alle iniziative che già stavano portando avanti.
33
Il percorso di conoscenza, di collaborazione è andato
avanti in questi mesi: loro ci hanno proposto, anzi, ce lo
siamo proposti insieme, di organizzare una partita di
calcetto visto che gran parte di questi ragazzi si cimenta
soprattutto nel calcetto. Abbiamo giocato questa partita lo
scorso 27 maggio, e ci ha colpito la grande organizzazione
di gioco di questi ragazzi: quando fai una esperienza del
genere con ragazzi con disabilità, e riesci a dargli una
disciplina così precisa e, allo stesso tempo, regali loro la
gioia di farlo, senza stress, sentendo veramente il gusto di
fare sport e di stare insieme....hai vinto sempre!
Ci ha colpito, è stata
una bella esperienza.
Siamo poi andati a
mangiare una pizza,
anche insieme a
tutte le famiglie: è
stata una occasione
per conoscerci a cui
hanno partecipato
anche i dipendenti di
Mba e di Coopsalute
e a cui abbiamo
volentieri contribuito.
Da lì è nata poi
un’altra possibilità:
visto che alcuni
dei ragazzi
dell’Associazione
hanno fatto tempo
fa un corso come
pizzaioli, abbiamo
organizzato un
evento alla Selvotta
Suite, una struttura
ricettiva di Formello
che fa parte
della nostra rete.
Abbiamo chiamato
i pizzaioli, abbiamo
coinvolto i ragazzi
dell’Associazione
nel processo di
preparazione della
pizza e poi abbiamo mangiato insieme.
Siamo stati con le loro famiglie, abbiamo partecipato
anche noi con le nostre famiglie... è stato un bel
momento di integrazione. Anche lì, ci ha colpito la gioia
spontanea di questi ragazzi e dei loro genitori, che vivono
gli accompagnamenti di questi figli in maniera sempre
dinamica e gioviale, nonostante il grande impegno che gli
viene richiesto.
La sera prima una loro delegazione ha partecipato
all’inaugurazione del Museo del Mutuo Soccorso: è
stato molto bello, perché abbiamo chiamato uno dei
rappresentanti di questa associazione, Alessio, che ha
tagliato il nastro, suggellando questa collaborazione tra le
nostre realtà..
State già lavorando per altre iniziative?
Altre iniziative con l’Associazione Mai Soli sono in
definizione. L’obiettivo è consentire loro di partecipare
agli appuntamenti sportivi a cui si stanno preparando,
allo “Special Olympics”, una occasione di sport dedicata
a chi ha disabilità...
Sono tutti progetti che
abbiamo in fieri, e sono
in corso valutazioni per
sostenerli anche in
altri progetti, in altre
attività.
Avete altri progetti
importanti in corso,
anche con altre
realtà?
Con la Caritas locale
di Formello abbiamo
realizzato un piano
sanitario, una serie
di garanzie sanitarie,
per le 157 famiglie
assistite dalla Caritas.
Anche questa è
una esperienza
importante, data la
platea delle persone
che sono coinvolte
e il grande valore
dell’iniziativa per
persone che vivono
una condizione di
difficoltà economica.
In generale cerchiamo
di supportare anche
persone che vivono
situazioni particolari: tra tutte segnalo quella di Giorgia e
Sofia, due bimbe che hanno avuto una forma tumorale
molto grave...i genitori si sono trovati da un momento
all’altro con queste due bimbe di uno e tre anni di fronte
ad un “mostro”… noi abbiamo dato un contributo spese
per questi mesi per tutti gli spostamenti che devono fare i
genitori tra un ospedale e l’altro (Parigi e Milano)...genitori
che adesso vivono totalmente in funzione delle esigenze
di queste bimbe, con cui stanno cercando di combattere
questa forma molto grave di tumore.
Coopsalute è una cooperativa che
nasce dalla volontà di costituire
un unico punto di incontro tra la
domanda e l’offerta di prestazioni e
servizi socio- sanitari-assistenziali.
Peculiarità di Coopsalute è infatti
quella di stipulare accordi e
convenzioni con società di Mutuo
Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi
Sanitari e Compagnie di Assicurazione
da un lato e Cooperative, Società
di Servizi e liberi professionisti
dall’altro.
Essere Cooperativa significa agire
insieme per il benessere dell’
individuo e il miglioramento della
qualità della vita, in un’ottica
solidaristica e mutualistica.
Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei
servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente.
Coopsalute S.C.p.A. info@coopsalute.org www.coopsalute.org
Nello scenario socio-economico
attuale, riveste un ruolo sempre più
di rilievo l’assistenza domiciliare,
rivolta ad anziani, disabili, malati e a
chiunque si trovi a vivere particolari
condizioni di fragilità.
Per agevolare il paziente e la sua
famiglia in termini di confort e
privacy, è importante che tale
prestazione sia svolta nel rispetto
e nel mantenimento delle massime
condizioni qualitative e con assoluta
professionalità.
Coopsalute assicura tali peculiarità,
mediante un’accurata selezione su
tutto il territorio nazionale degli
erogatori di tali prestazioni, per
poter poi formulare pacchetti di
prestazioni e servizi ad hoc, da offrire
ai suoi convenzionati.
Monitorandocostantementeilmercato
e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei
bisogni della collettività, Coopsalute,
plasmandosi attorno ad essi, riesce a
fornireprestazionisempreinnovative
e attuali garantendo anche il costante
supporto della sua Centrale Salute
H24.
Coopsalute, convenzionata tra
l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari,
casse di Assistenza e Società di
Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi
servizi, intende proseguire la sua
crescita, divenendo il principale
punto di riferimento per tutti gli
attori dello scenario socio-sanitario-
assistenziale, il “regista” attraverso
il quale le parti si incontrano, nel
soddisfacimento di bisogni condivisi.
800 598 635
Centrale Cooperativa
(riservato agli Assistiti)
06 90198069
info e ufficio convenzioni
aderente A
aderente B
aderente C
aderente D
ade
ade
ade
ade
aderente A
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aderente A
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aderente D
L'assistito si affida a
Coopsalute per la propria
esigenza sanitaria.
Coopsalute si occupa di
reperire, all'interno del suo
network, le prestazioni richieste.
L'assistito usufruisce del
servizio adatto alle proprie
necessità.
35
a cura di
Mariachiara Manopulo Donazioni di midollo osseo:
l’Emilia-Romagna dei record
fa accordo con admo
L’Emilia-Romagna è al primo posto in Italia per numero di
donatori di midollo osseo. L’accordo che la Regione ha
stipulato con Admo è volto ad azzerare le liste d’attesa
e pianificare il reclutamento di circa 6000 nuovi donatori
l’anno.
Donare, donare, donare. È questa la parola d’ordine,
l’appello che i medici e i volontari delle associazioni fanno
ai cittadini: donare il midollo osseo.
Per alcune malattie il trapianto di midollo osseo è l’unica
soluzione. La chemioterapia da sola non basta: elimina gran
parte della malattia ma non guarisce del tutto. Le speranze
di vita di molte persone malate sono legate all’esistenza
e alla disponibilità di chi si offre come donatore. Sono
moltissime le persone che
ogni anno nel nostro Paese
necessitano di trapianto, ma
purtroppo la compatibilità
genetica è un fattore molto
raro, ed esiste soprattutto tra
consanguinei. Chi non ha un
donatore consanguineo ha
l’unica speranza di trovare
donatori volontari tipizzati, le
cui caratteristiche genetiche
sono già registrate in una
banca dati. Ci sono dei
registri appositi, nazionali,
europei, mondiali. In Italia c’è
il Registro Italiani Donatori Midollo Osseo. La probabilità che
due persone non consanguinee siano compatibili per il
trapianto è di una ogni 100mila. Troppo bassa. Ed è a questo
che servono i registri: più donatori ci sono, più aumentano
le probabilità per il malato di trovare il “suo”nuovo midollo
osseo.
In Italia servono circa 1.000 nuovi donatori effettivi all’anno.
L’Admo, Associazione Donatori Midollo Osseo, è nata nel
1990, con l’obiettivo principale di sensibilizzare e informare
la popolazione italiana sulla possibilità di combattere le
leucemie, i linfomi, il mieloma e altre neoplasie del sangue
proprio con la donazione e il trapianto di midollo osseo.
Si occupa di fornire agli interessati le informazioni sulla
donazione e invia i potenziali donatori ai centri trasfusionali
del Servizio Sanitario Nazionale, presso i quali vengono
sottoposti a un prelievo di sangue, detto tipizzazione HLA (un
semplice prelievo di sangue), necessario per poter stabilire
il grado di compatibilità tra un donatore e un paziente
che necessita un trapianto di midollo. I dati vengono poi
inviati al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo (IBMDR),
rispettando ovviamente la normativa sulla privacy.
L’Admo ha sedi in ogni Regione, sono Associazioni
autonome ma con uguale statuto e operanti sotto
lo stesso marchio d’immagine, coadiuvate - nel loro
lavoro - da sezioni e gruppi. L’Admo Emilia-Romagna ha
recentemente, lo scorso 12 luglio, stabilito un rapporto
di collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, con
l’obiettivo principale di rendere più snello l’intero sistema
del trapianto di midollo, eliminando le liste d’attesa dei
potenziali donatori e coinvolgendone di nuovi.
L’Emilia-Romagna è al primo posto in Italia per numero
di nuovi donatori di midollo
osseo. Nel 2015 i donatori
sono stati 5.090, soprattutto
giovani: il 70% degli iscritti nel
Registro regionale ha tra i 18
e i 25 anni. Dal primo gennaio
al 30 giugno 2016, si sono
registrati più di 3.000 nuovi
donatori.
“Numeri, questi,
estremamente positivi – ha
sottolineato la Regione in
un comunicato -, frutto
di modalità d’intervento
innovative - il prelievo di saliva
tramite un apposito kit - concordate tra ADMO e Regione,
che vengono ora formalizzate nel rapporto”.
Negli ultimi anni, in diverse province della regione si erano
create liste di donatori di midollo osseo in attesa di prelievo
per la tipizzazione HLA. Nel 2014 grazie ad Admo sono state
ridotte le liste a Parma e Modena: durante manifestazioni
ed eventi, l’associazione ha raccolto i potenziali donatori
ed eseguito i prelievi con il tampone salivare, con l’aiuto di
personale sanitario volontario. I campioni sono stati inviati al
Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero-
Universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.
Il prelievo salivare rappresenta quindi una integrazione
al prelievo di sangue, e permette di evitare le attese
troppo lunghe ai donatori potenziali che aspettano di
essere chiamati dal Centro Donatori. Il fatto poi che tutti i
campioni siano confluiti al Laboratorio di Immunogenetica
dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna ha
36
fatto sì che le iscrizioni dei donatori avvenissero in modo
continuativo. Nel 2015 il Registro regionale dell’Emilia-
Romagna e il Centro Donatori di Bologna sono stati così
quelli che hanno fornito il maggior numero di nuove
iscrizioni a livello italiano.
L’accordo di collaborazione si pone quindi scopi precisi:
azzerare le liste d’attesa presenti in Emilia-Romagna
(attualmente, sono 400 le persone) attraverso il prelievo
dei campioni di saliva (campioni che verranno poi inviati al
Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero-
Universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna) e pianificare
il reclutamento da parte di Admo di circa 6000 nuovi
donatori l’anno, che verranno tipizzati con il prelievo
salivare.
Il rapporto stabilisce inoltre un termine massimo di 15 giorni
per la tipizzazione dei prelievi di sangue che vengono
fatti nelle diverse sedi regionali; in caso di impossibilità
dei Laboratori di Immunogenetica di riferimento,
dovranno essere inviati al Laboratorio di Immunogenetica
dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna.
L’accordo prevede poi che, a partire dal primo gennaio
2017, l’intera attività del Registro regionale dei donatori di
midollo osseo venga centralizzata al Sant’Orsola-Malpighi.
Sarà proprio il Sant’Orsola a elaborare e sottoscrivere una
specifica convenzione con Admo Emilia-Romagna per
raggiungere questi obiettivi, per conto della Regione,
37
coordinandoleattività.Perl’associazionecisaràunrimborso
di 59mila euro per i 6000 nuovi donatori previsti per l’anno
2016, per ogni kit utilizzato per il prelievo del campione
salivare e l’invio al Laboratorio di Immunogenetica.
L’utilizzo del tampone salivare comporta diversi vantaggi,
soprattutto, il minore tempo impiegato dal donatore per
effettuare l’iscrizione: non servono più tutti i passaggi
burocratici necessari in caso di prelievo di sangue. La
possibilità di adesione attraverso una procedura immediata
porta i potenziali donatori ad iscriversi immediatamente
al Registro, aumentando così il numero dei donatori e le
possibilità di trovare un donatore compatibile per i pazienti
a livello mondiale che necessitano di un trapianto di
midollo osseo.
Per saperne di più, Health Online ha intervistato Rita
Malavolta, presidente di Admo Emilia-Romagna.
Perché è così importante donare il midollo osseo, e chi può
candidarsi per la donazione?
La donazione di midollo osseo è molto importante,
soprattutto per quei casi in cui la chemioterapia non
sortisce effetto. Alcune patologie vengono inserite da
subito nella lista per il trapianto, altre solo dopo alcuni mesi
di chemioterapia, se questa da sola non basta. Purtroppo,
la compatibilità familiare è un evento sempre più raro,
ci sono sempre più figli unici, e la compatibilità massima
la si cerca oramai più che altro nel Registro Italiano dei
Donatori di Midollo Osseo. Chiaramente, la compatibilità
massima si ha tra persone dello stesso gruppo etnico. I
potenziali donatori devono avere un’età compresa tra
i 18 e i 35 anni, un peso superiore ai 50 kili e l’assenza di
patologie particolari, come le malattie del sangue o altre
gravi forme infettive (AIDS, HIV, epatite). Il donatore può
essere chiamato a donare fino al compimento dei 55 anni.
Si può donare per un non consanguineo una volta sola,
e si rimane, sempre su base volontaria, a disposizione di
quella persona per tutta la vita. La donazione per un non
consanguineo non preclude però la possibilità di donare
successivamente per un familiare. Mentre se la prima
donazione è a favore di un membro della famiglia, non ci
si può iscrivere al Registro.
La Regione Emilia-Romagna detiene il record dei donatori
di midollo osseo. Come si è arrivati a questo risultato?
Come Admo ci siamo impegnati al massimo in una
campagna massiccia di sensibilizzazione ed informazione.
Ci siamo rivolti ai ragazzi, siamo andati nelle scuole, nelle
Università, nei centri sportivi. Ma anche nelle aziende,
dove abbiamo svolto diversi incontri con i dipendenti, per
incentivarli ad iscriversi al Registro. Un ruolo importante per
combattere le liste di attesa è stato svolto dalla nuova
metodologia di prelievo salivare, che ci ha permesso di
reclutare potenziali donatori anche nel corso di eventi e
manifestazioni.
L’accordo con la Regione prevede il reclutamento di 6000
nuovi donatori. Come pensate di raggiungere questo
obiettivo?
Continuando su questa strada, aumentando le iniziative di
sensibilizzazione e rivolgendoci ai giovani. Abbiamo anche
in corso una importante collaborazione con Avis e Fidas,
le più importanti federazioni di associazioni di donatori di
sangue, e insieme stiamo facendo davvero un gran lavoro.
L’accordo con la Regione Emilia-Romagna rappresenta
un risultato importantissimo. Si potrà replicare presto anche
in altre Regioni?
L’Emilia-Romagna è una regione molto avanti per quanto
riguarda queste iniziative. Purtroppo altre realtà sono più
difficili, ma stiamo comunque lavorando per estendere
questo modello anche nel resto del Paese. Lombardia,
Piemonte, Veneto, Trentino Alto-Adige stanno lavorando
bene in tal senso, quindi prevediamo la realizzazione di un
modello simile entro brevissimo tempo anche nelle regioni
del nord Italia.
Come si fa a diventare donatori di midollo osseo?
Ci si può rivolgere direttamente noi. Abbiamo sedi
in ogni regione d’Italia e collaboriamo a strettissimo
contatto con il Servizio Sanitario Nazionale. Si
può quindi chiamare la sede Admo più vicina
e dopo una valutazione dei pre-requisiti si fissa
un appuntamento; dopo un colloquio con un
medico, si firma il consenso informato, l’adesione al
Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR)
e si effettua un esame del sangue, la tipizzazione
HLA. I risultati della tipizzazione vengono inseriti nel
Registro Nazionale, collegato con tutti i Registri
internazionali. Se si trova una compatibilità con
un paziente in lista di attesa, il donatore verrà poi
chiamato per altri prelievi di sangue, per definire
ancora meglio il livello di compatibilità.
Il più delle volte, il donatore selezionato è l’unico al mondo
a essere compatibile con quel malato. Donare il midollo
osseo è un impegno che si prende una sola volta nella vita:
e salva una vita umana.
38
Il telefono cellulare è diventato ormai uno strumento
indispensabile, usato non solo per comunicare, ma anche
per fare fotografie, video, ricerche internet e tanto altro,
grazie alle numerose App che abbiamo a disposizione.
Negli anni, la tecnologia ci ha fornito un mezzo del quale
non riusciamo più a fare a meno anche se sono molti gli
interrogativi che continuano ad emergere riguardo al suo
uso, che per alcuni potrebbe favorire lo sviluppo di tumori,
soprattutto al cervello.
è recente il risultato di un grande studio del National
Toxicology Program statunitense, secondo il quale è emerso
che l’esposizione di ratti maschi alle radiofrequenze tipiche
dei cellulari aumenta i casi di tumore, in particolare il glioma,
un tipo di cancro al cervello, e lo schwannoma, gli stessi
riscontrati da alcuni studi epidemiologici sull’uomo. Ad oggi,
sono stati pubblicati solo i risultati preliminari dello studio sui
ratti, mentre il rapporto completo, che è stato controllato
e verificato dalle autorità indipendenti, sarà pubblicato il
prossimo anno. Gli esperti hanno reso noto che la ricerca ha
trovato una bassa incidenza di gliomi maligni nel cervello e
schwannomi nel cuore dei ratti maschi esposti.
Dato l’ampio uso a tutte le età delle tecnologie per la
comunicazione mobile, anche un piccolo aumento che
dovesse risultare dall’esposizione, potrebbe avere grandi
implicazioni per la salute pubblica.
Il tema del legame fra cellulari e tumori è quindi molto
dibattuto. L’OMS ha classificato le radiofrequenze nel
gruppo B2 dei possibili cancerogeni, ma diverse ricerche
epidemiologiche, l’ultima delle quali condotta in Australia,
hanno escluso connessioni.
Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Eva
Negri, ricercatrice AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca
sul Cancro) presso il Dipartimento di Epidemiologia - IRCCS -
Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”.
L’OSM ha classificato le radiofrequenze nel gruppo B2 dei
possibili cancerogeni, ma diverse ricerche epidemiologiche
hanno escluso connessioni. Lo studio in questione, però, ha
rilevato che ci sono stati dei piccoli, ma significativi aumenti
di gliomi. Cosa ne pensa?
“Lo studio è stato condotto da un’istituzione prestigiosa su
un campione molto ampio e può aggiungere importanti
informazioni sugli effetti dei telefoni cellulari. I risultati tuttavia
sono preliminari e quindi necessitano ancora di una serie
di verifiche e di conferme. Il fatto che gli aumenti di tumori
cerebrali siano stati osservati solo nei ratti maschi e non nelle
femmine getta qualche dubbio sull’interpretazione causale
dei risultati. I dati presentati finora riguardano lo studio sui ratti,
mentre quello sui topi è ancora in corso e sarà importante
verificare se gli stessi effetti si evidenzieranno in entrambe le
specie. Inoltre, in questo studio i ratti sono stati esposti per
periodi molto lunghi (più di 9 ore al giorno da prima della
nascita fino a 2 anni) e ad elevata intensità. Nonostante
queste esposizioni massive, gli effetti sono di modesta entità.
La rilevanza di questi risultati per i livelli di esposizione umana
è ancora da verificare. In conclusione, quindi, questo studio
presenta dei dati interessanti, ma preliminari, la cui rilevanza
per gli uomini resta incerta”.
Il tema del legame tra l’uso del cellulare e lo sviluppo del
tumore al cervello è molto dibattuto. Senza creare allarmismi,
ci sono dei rischi per la salute a causa dell’esposizione alle
radiofrequenze tipiche dei dispositivi mobili?
“Gli studi sugli uomini sono a volte contraddittori, ma
nel complesso rassicuranti. Alcuni hanno riportato degli
eccessi di tumori cerebrali associati all’utilizzo di telefoni
cellulari in alcuni sottogruppi di popolazione, ma gli studi
metodologicamente più validi non hanno evidenziato
eccessi, altri sono ancora in corso. Dovremo attendere
ulteriori risultati per avere un quadro più chiaro. I dati già
disponibili suggeriscono che gli eventuali effetti, se esistono,
sono modesti e si verificano solo per esposizioni elevate.
Non è quindi il caso di creare allarmismi perché i dati finora
non li giustificano. Tuttavia, il buonsenso suggerisce di evitare
esposizioni eccessive (come per quasi tutto del resto)”.
Oggi il telefono cellulare è diventato uno strumento
essenziale. Quali sono i suoi consigli per non mettere a rischio
la nostra salute?
“Bisogna preferire il telefono fisso, quando possibile, ed
evitarne l’utilizzo eccessivo. Nel caso si debba utilizzare
il cellulare spesso o per tempi prolungati, si può ricorrere
alle tecnologie a mani libere come kit vivavoce e cuffie,
in modo da aumentare la distanza tra l’apparecchio e la
testa. Accessori vari che dichiarano di proteggere dalle
onde elettromagnetiche sono, invece, di dubbia efficacia”.
a cura di
Alessia ElemTelefoni cellulari e tumore al
cervello, dobbiamo preoccuparci?
38
“Health Book”
il primo libro di mutua mba dedicato
alla prevenzione!
L‘importanza della prevenzione in un libro
Health book
I libri della salute di Mutua MBA
Da un recente studio effettuato in Italia
è emerso come quasi una persona
adulta su due sia completamente avulsa
dall’adottare una linea di prevenzione
medica adeguata.
Prerogativa di una società di Mutuo
Soccorso non può, pertanto, essere “solo”
quella di garantire l’accesso privilegiato alla
salute attraverso una valida integrazione
al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve
forzatamente infondere la cultura della
prevenzione intesa come cura di sé stessi,
poiché in essa stessa risiede l’unica via
utile a soddisfare la crescente domanda di
assistenza che la sanità pubblica non riesce
– e non riuscirà - ad accontentare.
Per tale motivo Mutua MBA ha deciso
di raccogliere interviste, analisi e studi di
settore, ma soprattutto consigli pratici,
esercizi e ricette culinarie per innescare
l’attitudine a prendersi cura di noi stessi,
con l’intento di prevenire il più possibile
malattie e infortuni.
Vuoi ricevere “Health Book - L’importanza della prevenzione” nella tua
casella di posta elettronica?
Invia una email a info@healthonline.it e segnalaci i tuoi contatti, ti sarà inviato senza alcuna
spesa aggiuntiva.
Inoltre, su espressa richiesta e con un contributo di soli 10€ (+s.s.), potrai ricevere direttamente
a casa la versione cartacea del libro.
La somma sarà devoluta da Mutua MBA alla Fondazione Basis, ente no-profit dedicato alla
promozione e allo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale
e assistenza sanitaria.
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Health Online - 14

  • 1. Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa HEALTH luglio/agosto 2016 - N°14 cosa succede quando un bimbo nasce prematuro e la madre non ha la possibilità di allattarlo? sono nate le blud, Banche del latte umano donato PREVENZIONE progresso SOCIALE in evidenza La disabilità come un altro modo di vivere: l’Associazione Mai Soli e la Fondazione Basis Sindrome feto-alcolica, ecco perchè dire no all’alcol in gravidanza Progetto Ronda: la prima palestra al mondo con robot indossabili per la riabilitazione Via libera alla produzione della cannabis per il trattamento di alcune patologie
  • 2. Caritas della Parrocchia di San Lorenzo Martire La Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il Servizio Sanitario nazionale non copre adeguatamente. In questo modo i costi medici sostenuti dalle famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e preservare la loro salute! museo del mutuo soccorso La Fondazione ha ereditato da MBA la collezione del Museo del Mutuo Soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della Mutualità. La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio- sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti. Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org supportare favorire promuovere Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile! Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
  • 3. Health Online periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 3° luglio/agosto 2016 - N°14 Direttore responsabile Ing. Roberto Anzanello Comitato di redazione Alessandro Brigato Manuela Fabbretti Mariachiara Manopulo Nicoletta Mele Giulia Riganelli Fabio Vitale Redazione e produzione Fabio Vitale Direzione e Proprietà Health Italia Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) info@healthonline.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli n. 2/2016 - diffusione telematica n.3/2016 - diffusione cartacea 9 maggio 2016 ImPaginazione e grafica Giulia Riganelli Tiratura 100.317 copie Visita anche il sito www.healthonline.it potrai scaricare la versione digitale di questo numero e di quelli precedenti! E se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita! Per la tua pubblicità su Health Online contatta mkt@healthonline.it HEALTH
  • 4. èormaideterminatosenzaombradidubbiocheleprevisioni demografiche, i diritti costituzionali, i parametri economici, gli indirizzi legislativi e l’evoluzione della medicina indicano quale soluzione integrata delle problematiche dell’assistenza sanitaria il modello mutualistico. Modello mutualistico che nel nostro Paese piano piano si sta affermando come unica soluzione percorribile e giuridicamente indiscutibile per la gestione dell’assistenza sanitaria integrativa, il secondo pilastro di un sistema a tre pilastri ove l’assistenza sanitaria pubblica, primo pilastro, fornisce le coperture di base dirette soprattutto alle fasce più deboli della popolazione e l’assistenza sanitaria privata, terzo pilastro, consente, a chi lo desidera, di integrare la propria protezione sanitaria individuale. Ma il problema sta proprio in quel “piano piano” perché, come altre volte abbiamo sottolineato, uno dei nodi da sciogliere per sviluppare e consolidare questa soluzione è proprio la velocità di diffusione del modello. è quindi indispensabile avviare, organizzare, gestire, sviluppare le modalità più opportune per diffondere e promuovere la soluzione mutualistica, ancora troppo poco conosciuta, nell’interesse del sistema sanitario nel suo complesso. Le prestazioni sanitarie offerte dai Fondi Sanitari per le collettività e dalle Società di Mutuo Soccorso sia per le collettività che per i singoli individui devono essere spiegate, diffuse, rappresentate a tutti affinché tutto il sistema dell’assistenza sanitaria ne possa trarre beneficio. Alle persone e alle famiglie in quanto devono sapere che c’è una strada sicura per proteggere la propria salute, alle aziende, agli enti, alle istituzioni perché devono essere portate a conoscenza che c’è una soluzione di qualità per salvaguardare la salute dei propri dipendenti, alla pubblica amministrazione deve essere resa edotta del fatto che anche per il pubblico impiego esiste una soluzione di sanità integrativa. La strada da percorre per la promozione della mutualità deve passare sicuramente attraverso due concetti: il primo è rappresentato dal socio che può, nell’interesse del Fondo Sanitario o della Società Generale di Mutuo Soccorso a cui si è associato, fare proselitismo esplicitando ad altri, che non conoscono la soluzione mutualistica, il valore della mutualità, il secondo è rappresentato dall’utilizzo della comunicazione come strumento di diffusione di massa. è quindi indispensabile che i Fondi Sanitari e le Società di Mutuo Soccorso si organizzino, in coerenza con l’art. 23 della legge n. 221 del 17 dicembre 2012, per promuovere le finalità di prevenzione sanitaria e la diffusione dei valori mutualistici. Ed è anche necessario che i Fondi Sanitari e le Società generali di Mutuo Soccorso che molto spesso sono concentrate storicamente ed istituzionalmente sullo studio dell’offerta di prestazioni sanitarie e sulla gestione corretta di tali prestazioni, si focalizzino sulla strutturazione, anche tramite società specializzate, di modelli di promozione e comunicazione. Dal lato promozionale le figure del Socio Informatore Mutualistico o del Socio Promotore Mutualistico che opera nell’interesse generale dell’allargamento della base sociale del proprio ente di riferimento è sicuramente una soluzione adeguata, professionale, coerente e, perché no, anche una buona strada per creare una nuova opportunità professionale. Questi professionisti della salute, adeguatamente selezionati, opportunamente formati e qualitativamente professionalizzati sono un’ottima soluzione, in coerenza con la legislazione vigente, per dare forza alla soluzione mutualistica nell’interesse di tutti i cittadini, delle aziende, del sistema sanitario nazionale e del sistema paese nel suo complesso. Dal lato comunicazionale l’utilizzo professionale di strumenti di diffusione di massa quali i vari social, la radio, la televisione, la carta stampata è sicuramente la strada più coerente e più rapida per dare compimento al ruolo della mutualità in un paese moderno. Questi strumenti se utilizzati per promuovere e diffondere la cultura mutualistica rappresentano la chiave strategica per velocizzare la consapevolezza comune, la conoscenza diffusa, l’informazione allargata sul modello mutualistico quale soluzione valida ed integrata per la gestione dell’assistenza sanitaria complementare ed integrativa. Bene fanno quindi quei Fondi Sanitari e quelle Società Generali di Mutuo Soccorso che stanno già andando in questa direzione mettendo a disposizione dell’ideale mutualistico strumenti, risorse, organizzazione in modo professionale, qualitativo e giuridicamente ineccepibile. Sicuramente poi ci sarà chi, nell’interesse corporativo a protezione di consolidati vetusti vantaggi professionali, alzerà la voce per cercare di creare ombre su queste soluzioni schierandosi contro la indispensabile modernizzazione del sistema della mutualità ma noi, come abbiamo sempre fatto, dalle colonne di questa testata editoriale saremo sempre pronti a vigliare evidenziando ogni strumentalizzazione. Questo perché dobbiamo essere tutti consapevoli che la soluzione per un sistema sanitario nazionale economicamente equilibrato, socialmente equo, scientificamente avanzato, legislativamente adeguato e costituzionalmente coerente finalizzato a salvaguardare la salute nostra e dei nostri cari passa anche tramite la capacità, quale esigenza primaria, di promuovere la mutualità con figure professionali e strumenti comunicazionali correttamente impostati, con buona pace di chi vuole schierarsi contro la modernità e l’interesse comune. A cura di Roberto Anzanello editoriale Promuovere la mutualità: una necessità prioritaria
  • 5. ommari 20 10 13 8 26 23 Sindrome feto-alcolica, ecco perchè dire no all’alcol in gravidanza “Pelle sana…in corpore sano” Consigli di bellezza per prepararsi all’autunno Selfiemania: quando la vanità diventa patologia Profumo di mare L’importanza del latte materno e il ruolo delle blud I capelli bianchi e l’alimentazione in evidenza 16 Via libera alla produzione della cannabis per il trattamento di alcune patologie 29 La storia di Alex: parla di nuovo due lingue con il solo emisfero destro del cervello funzionante
  • 6. ommari35 Donazioni di midollo osseo: l’Emilia-Romagna dei record fa accordo con admo 40 46 32 38 Progetto Ronda: in Italia la prima palestra al mondo con robot indossabili per la riabilitazione Le ricette della salute La disabilità come un altro modo di vivere: l’Associazione Mai Soli e la Fondazione Basis Telefoni cellulari e tumore al cervello, dobbiamo preoccuparci? 44 Obesità e Bypass gastrico
  • 7. Health tips Sapevi che... Gli alimenti a base di cereali integrali, non industrialmente raffinati, sono ricchi di sostanze nutrienti e, grazie alla presenza di fibre, proteggono dallo sviluppo del cancro al colon. I sali minerali contenuti nell’uva sono utili per la formazione dell’emoglobina, per stimolare la secrezione della bile e per favorire la digestione; inoltre, i sali minerali fungono da diuretico (potassio) e rimineralizzante. I pomodori sono ricchi di antiossidanti e svolgono, nei confronti della pelle, una vera e propria azione rigenerante, preziosa soprattutto per riparare i danni dell’esposizione ai raggi solari. Muoversi tutti i giorni è importante! L’attività fisica, infatti, diminuisce il rischio di sviluppo di malattie cardiache e di diversi tumori, come quelli del colon e del seno e previene e riduce l’osteoporosi e il rischio di fratture, ma anche i disturbi muscolo- scheletrici (per esempio il mal di schiena). Oltre a tonificare i muscoli, il pilates interviene su postura, rieducazione post traumatica, equilibrio e presa di coscienza del corpo. La risonanza magnetica cardiaca permette di studiare in modo approfondito il cuore e dare una risposta precisa circa la sua funzionalità (sia per quanto riguarda il ventricolo sinistro che destro) e la presenza di alterazioni della struttura del muscolo cardiaco o del pericardio. I primi controlli oculistici per i bambini, in assenza di strabismo e/o altri problemi oculari, sono opportuni a 3 e 6 anni. I peperoni abbassano il colesterolo cattivo (LDL) e alzano il colesterolo buono (HDL), prevenendo così la formazione di placche arterosclerotiche e lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
  • 8. 8 Profumo di mare a cura di Lucrezia Anzanello La maggioranza degli italiani ha trascorso le vacanze estive al mare. Una simile scelta avrà sicuramente avuto un effetto positivo sulla loro salute. L’aria di mare, infatti, contiene una buona percentuale di iodio (sebbene quanto assorbito con questa modalità non soddisfa completamente le necessità di iodio dell’essere umano, il quale viene assorbito principalmente tramite l’intestino). Lo iodio (termine che deriva dal greco ioeides) è un elemento chimico e rappresenta un microelemento essenziale per il funzionamento della tiroide. Quest’ultima produce due ormoni - tiroxina o T4 e triiodotironina o T3 - che contengono iodio nella loro struttura chimica e che regolano numerosi processi metabolici nella maggior parte delle cellule e svolgono un ruolo importantissimo nelle prime fasi della crescita e nello sviluppo di diversi organi, in particolare del cervello. Il fabbisogno giornaliero di iodio per un adulto, fissato dall’Unione Europea, è pari a 150 microgrammi (sino ad un massimo di 600 microgrammi), mentre le donne in gravidanza devono assumerne quantità maggiori al fine di consentire il corretto sviluppo del feto. La carenza di iodio può infatti comportare gravi danni cerebrali e alterazioni permanenti dello sviluppo corporeo
  • 9. 9 del bambino. Non solo. Negli adulti, un’assunzione non adeguata di iodio può condurre all’ipotiroidismo – disfunzione della tiroide nella produzione di ormoni – che comporta alcune conseguenze negative piuttosto rilevanti quali: aumento del volume della tiroide (gozzo), affaticamento fisico e debolezza muscolare a causa della minor sintesi proteica, rallentamento del metabolismo e attività termogenica scorretta con intolleranza alle basse temperature, sonnolenza e sensibile aumento del rischio di malattie coronariche. Nel 2007, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che diciannove paesi europei avevano un adeguato apporto di iodio mentre tredici paesi presentavano una persistente carenza di iodio. Le conseguenze della carenza nutrizionale di iodio costituiscono ancora oggi un grave problema sanitario e sociale che interessa un numero elevato di persone nel mondo. Si stima, infatti, che circa il 29% della popolazione mondiale sia ancora esposta alla carenza di iodio. In Italia, l’emanazione nel marzo del 2005 della Legge n. 55 “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica”, mette a disposizione a livello nazionale un importante strumento legislativo volto a ridurre la frequenza dei disordini derivanti della carenza di iodio, prevedendo una serie di misure finalizzate a promuovere il consumo di sale arricchito di iodio su tutto il territorio nazionale. A supporto dello strumento legislativo, l’intesa Stato-Regioni del 26 febbraio 2009, ha istituito l’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), il cui coordinamento è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità. I dati di monitoraggio attualmente raccolti dall’OSNAMI, pur evidenziando un miglioramento dell’assunzione di iodio a livello di popolazione rispetto al passato, confermano il persistere in Italia di una carenza iodica che, seppure non severa, determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati. Al fine di garantire la corretta presenza nel corpo di questo microessenziale è opportuno, oltre ad assorbire lo iodio disperso nell’aria, inserire nella propria dieta alimenti ricchi di iodio che rappresentano la fonte principale di iodio per l’organismo umano. Tra questi si segnalano, in particolare, le alghe (ad esempio le alghe brune possono contenere sino a 8000 milligrammi di iodio al chilo), i molluschi (798 microgrammi al chilo), le uova (70-90 microgrammi al chilo) e il latte (50-200 microgrammi al chilo). Il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale della Sanità consigliano altresì di sostituire il sale comune (o il sale rosa dell’Himalaya se utilizzato) con il sale arricchito di iodio. Il sale arricchito di iodio è un comune sale da cucina a cui sono stati aggiunti dei sali di iodio e non presenta odori o sapori particolari, né altera quello dei cibi a cui viene aggiunto. Per evitare quanto più possibile perdite di iodio, è consigliabile conservarlo in luogo fresco, al riparo della luce e dell’umidità. Secondo il Ministero della Salute, il sale arricchito di iodio può essere utilizzato da chiunque non comportando particolari rischi in caso di assunzione elevata. Infine, è bene tenere presente che vi sono alcuni alimenti (tra cui i broccoli, cavolfiore, rape e mandorle) il cui consumo protratto o elevato può incidere negativamente sulle funzionalità della tiroide e sull’assimilazione delle iodio, per quanto casi di tossicità da iodio si verificano solo a seguito dell’assunzione di un dosaggio importante (triplicato rispetto al fabbisogno giornaliero) di tale microessenziale. CARDEA CASSA MUTUA La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro. Una mutua che tutela, una mutua che previene, una mutua che unisce! www.cassamutuacardea.org info@cassamutuacardea.org
  • 10. 10 Selfiemania: quando la vanità diventa patologia a cura di Alessia Elem La tecnologia digitale è in grado di fare qualunque cosa in tempo reale. Basta un click e siamo connessi con il resto del mondo e condividere opinioni, immagini e sensazioni. Lo smartphone è ormai diventato la nostra “seconda pelle”, uno strumento del quale è impossibile fare a meno. Ilselfie,ovverounautoscattorealizzatoconunafotocamera digitale, uno smartphone, un tablet o una webcam puntati verso se stessi e condiviso sui social network, fa parte di questo sistema. Sulla pagina pubblica di Facebook della dottoressa Marinella Cozzolino, psicoterapeuta e sessuologa, è stata recentemente pubblicata una riflessione che ha suscitato il nostro interesse. Il titolo è “Donne, selfie e vanità” e di questo articolo, prima di rivolgere qualche domanda all’esperta per approfondire il tema, Health Online intende riportare il testo per intero: “Sono mesi, forse anni, che mi interrogo sui selfie. Sono antica, ancora ferma all’idea della macchinetta fotografica che porti con te quando hai qualcosa di particolarmente bello da fotografare: quando vai in vacanza, ad esempio, o se c’è un compleanno. Un modo, il più semplice ed immediato, per bloccare i ricordi in un’immagine. Per questo mi risultava davvero difficile comprendere le motivazioni che spingevano e spingono tante donne (soprattutto) ad autofotografarsi e a rendere pubblici e condividere questi scatti che dovrebbero rimanere privatissimi... L’ho considerata per molto tempo una cosa parecchio ridicola e molto infantile. Ho cercato di darmi spiegazioni e motivazioni, mentre, intanto, quella del selfie, diveniva un’abitudine molto condivisa se non una vera e propria mania. Ho scomodato la psicologia e gli studi sul narcisismo e l’autostima senza mai trovare una risposta che fosse esauriente e soddisfacente per tutti i miei dubbi. Alla fine, come spesso accade, arriva inaspettatamente la folgorazione. La risposta è la più semplice in assoluto, senza bisogno di scomodare grandi menti: VANITà. Vanità e bisogno di piacere, di essere approvati. I social in questo aiutano ed alimentano. La vanità non è un peccato, è un bisogno come mangiare e bere, il bisogno di essere riconosciuti. Lo abbiamo tutti, anche quelli che non si fanno autoscatti. Ognuno, a suo modo e con i mezzi che ha a disposizione, cerca di saziare il suo bisogno di approvazione. E non è un fatto fisico. Molte foto non ritraggono donne bellissime, ma donne che si piacciono e vogliono che questo piacere sia condiviso. Il mondo non è cambiato per via della tecnologia, dei social e dei selfie, è cambiato il livello di consapevolezza della gente ed è cambiato il senso della vergogna e del pudore. Anni fa molte persone, molte donne, avrebbero avuto difficoltà ad ammettere il fatto che amano piacere. Oggi la chirurgia estetica e i selfie stessi ci dicono che si tratta di un problema che non ha più nessuno e fanno bene. Non c’è nulla di male a voler piacere, a voler essere ammirati. Non è cosa infantile, è cosa umana. La vanità non è un peccato, ma un modo di vivere il piacere. è una presa di coscienza, ma anche un atto di umiltà, un’ammissione”. Dottoressa Cozzolino, in questa “lettera aperta” parla di vanità come risposta all’uso eccessivo che si fa degli strumenti digitali, in particolar modo del fenomeno dei selfie, perché? “L’uso eccessivo degli strumenti digitali non alimenta la vanità, la ‘legalizza’. Le toglie l’aspetto imbarazzante, la rende libera da pudore e vergogna. La tecnologia ha diffuso la vanità, le ha dato voce”. Per tanto tempo ha considerato il selfie una “cosa ridicola e molto infantile” che invece ha preso piede tanto da diventare una vera e propria mania. Cosa spinge molte persone a fare un autoscatto e condividerlo sui social network? “La parte femminile che è in ognuno di noi (anche negli uomini) è vanitosa,
  • 11. 11 lo è sempre stata. Non esagero se dico che la vanità non espressa rischia di farci ammalare per assenza di risposte ad una inspiegabile insoddisfazione: cosa mi manca? Cosa cerco che non ho e non riesco a trovare? C’è una sola risposta: l’approvazione altrui, il riconoscimento della femminilità o della virilità. Piacere piace a tutti e non è solo un desiderio, ma un bisogno”. Quando il selfie diventa “ossessivo” è una patologia? “Tutto ciò che diventa ossessivo rischia di diventare patologico. Ossessiva è qualsiasi cosa diventi un pensiero fisso e ripetitivo. Tutte le cose che ci piacciono e ci interessano all’inizio diventano una piccola ossessione che, però, nel giro di qualche giorno passa”. Qual è il confine tra il concetto di vanità “sano” e il fatto che non si riesca a far a meno del selfie per compiacere e compiacersi? “è pericoloso solo se il comportamento ossessivo diviene invalidante, vale a dire quando si evitano alcune normali faccende e relazioni del quotidiano per mettere in atto la propria ossessione”. Alla luce di quanto scritto, vorrebbe aggiungere altro? Quali sono i suoi consigli per evitare che diventi una dipendenza dannosa per la salute? “La tendenza a fare selfie, come accennato, è un modo per liberarsi dall’ansia di non riuscire ad ammettere che sì, ci piace piacere, ci piace sedurre ed essere corteggiati. Non c’è nulla di male e non fa male. Piuttosto fa male la compensazione, la tendenza cioè a soddisfare questo bisogno con un suo surrogato”.
  • 12. Tante e diverse opportunità a chi intende passare 7 o più giorni nel nord della Sardegna, negli incantevoli scenari di Valledoria, Terme di Casteldoria e San Pietro a Mare. Di seguito le condizioni esclusive riservate agli aderenti alla convenzione Health Italia, per l’affitto di appartamenti: 10% di sconto per il periodo che va da Maggio a Settembre Soggiorno gratuito dal mese di Ottobre ad Aprile, con il solo vincolo del pagamento delle spese di pulizia finali (60€) Scegli il tuo alloggio su www.casainvestimento.it ITALIA casa investimento e health italia propongono La richiesta dovrà essere effettuata tramite l’invio di una mail a info@casainvestimento.it. La mail dovrà riportare le seguenti indicazioni: Oggetto: Convenzione Health Italia Allegato: Tesserino Health Italia Nome e Cognome Periodo e struttura scelte Numero di persone Spese non comprese nel soggiorno: Pulizie finali_60 € (obbligatorio con tutte le tariffe) Check-in o Check-Out fuori orario_20 € Set biancheria letto e bagno su richiesta (per persona)_20 € Telo mare su richiesta_5 € Animali domestici. Extra per pulizie_20 € Culla da campeggio e biancheria su richiesta_20 € Deposito cauzionale rimborsabile (da versare all’arrivo)_200 € www.casainvestimento.it info@casainvestimento.it
  • 13. 13 a cura di Francesca Raio La fine dell’estate è purtroppo un momento davvero malinconico. Il ricordo nostalgico delle giornate passate al sole, della salsedine e del vento tra i capelli diventa sempre più sbiadito, ma non i segni che la bella stagione lascia sul nostro corpo come un colpo di coda, prima di dileguarsi del tutto. Come proteggere allora la nostra pelle ed i nostri capelli dagli agenti aggressivi dei mesi estivi, che causano l’invecchiamento precoce della cute? In primis la prevenzione. Come in ogni circostanza prevenire è meglio che curare danni a volte irreversibili dovuti ad un’eccessiva esposizione ai raggi UV. Creme solari adatte alla propria pelle, una continua idratazione accostata ad una sana alimentazione e l’evitare la tintarella delle ore più calde sono già la base di un’abbronzatura sana e consapevole. Ma quando la prevenzione non basta e nonostante le attenzioni e le premure la nostra pelle appare poco brillante e provata dallo “stress” del gran caldo, cosa fare? Il primo step è dividere il corpo in zone ed assegnare ad ognuna di esse il giusto trattamento e quindi concentrarsi su una cura costante e prolungata nel tempo. Nell’ambito della cosmetica non esistono prodotti che siano adatti allo stesso modo al viso ed al corpo in quanto ogni area ha bisogno di un suo grado di idratazione. Sarà quindi necessario individuare i prodotti che meglio si confanno alla propria epidermide. Riadattare il nostro corpo al clima cittadino dopo le vacanze non è certo un’impresa facile. Non passa tanto tempo che i segni del sole, fino a poco prima nascosti sotto una dorata abbronzatura, iniziano ad emergere man mano che la pelle si schiarisce. Piccole rughe, capelli aridi “Pelle sana…in corpore sano” Consigli di bellezza per prepararsi all’autunno
  • 14. 14 e soprattutto la desquamazione – fenomeno naturale di rigenerazione cellulare - che riportano la cute lentamente e fastidiosamente al biancore invernale. Ormai farmacie e profumerie hanno a disposizione una gamma vastissima di prodotti adatti a tutte le età e le esigenze, ma se siete troppo pigri per aggirarvi tra il labirinto degli scaffali della cosmetica allora un buon centro estetico potrà sicuramente aiutare. Rivolgersi ad un esperto per un buono scrub corporale o per una pulizia del viso costituiscono il secondo step del percorso di preparazione all’avvento dell’autunno. Ma mi raccomando… aspettate che la pelle si sia sfiammata del tutto, altrimenti il risultato non sarà tanto piacevole! Per gli amanti del fai da te invece esistono tanti piccoli rimedi della nonna e cure fatte in casa che renderanno anche più divertente il percorso di “riabilitazione” cutaneo nell’immediato. L’aloe innanzitutto. L’aloe è una pianta dalle proprietà eccezionali, un vero e proprio toccasana. Applicata nelle zone scottate dal sole, viso o corpo che siano, dona un immediato sollievo con il suo effetto cicatrizzante e lenitivo. Se avete un giardino o semplicemente un balcone potrete piantarla lì. Non necessita di particolari cure essendo una pianta grassa e si adatta abbastanza facilmente a qualsiasi tipo di clima purché la temperatura non scenda sotto gli 0°. Ci sono diversi modi per utilizzarla, come impacchi o creme fatte in casa per esempio. Ma il metodo più efficace è estrarre direttamente il gel dalle foglie con un coltello e spalmarlo sulle zone interessate. Un vero e proprio calmante ed idratante naturale, provare per credere! Il latte, specialmente quello intero per il quantitativo di grassi contenuti, è un altro lenitivo naturale. Un panno fresco e pulito immerso per qualche minuto al suo interno e applicato sulle zone da trattare donerà alla pelle un rapido conforto oltre ad una piacevole sensazione di liscezza. Da non dimenticare anche il bicarbonato di sodio, particolarmente efficace nella disinfiammazione della pelle e nella sua preparazione a successivi trattamenti post-vacanza. Non si può nascondere che l’estate dona al nostro aspetto un’aria più sana. Merito forse della vita all’aria aperta e dell’attività fisica a cui inevitabilmente la bella stagione costringe. E allora perché non ricreare queste condizioni anche in autunno? Sport costante e alimentazione sana anche in inverno aiuteranno a superare il trauma fisico da rientro e prepareranno gradualmente all’estate successiva. Soprattutto: una bella dose di buon umore manterrà vivo il ricordo della bella stagione e permetterà di affrontare l’avvento del freddo con un gran sorriso sulle labbra!
  • 16. 16 Via libera alla produzione della cannabis per il trattamento di alcune patologie a cura di Nicoletta Mele Negli ultimi anni, e sopratutto in questo periodo, l’uso terapeutico dei derivati della cannabis sta vivendo un globale processo di rivalutazione. In Italia, l’uso di cannabinoidi per questioni di salute (cura dei sintomi derivanti da patologie come SLA, sclerosi multipla e cancro) è diventata legale dal 1997 grazie a un decreto ministeriale che prevede la possibilità di importare medicinali dall’estero, quando non sono disponibili in Italia. Le terapie a base di THC e omologhi, esclusivamente in forma sintetica, sono state riconosciute per la prima volta nel 2007, in un decreto del Ministro della salute Livia Turco. Nel 2013, poi, il Ministro Renato Balduzzi ha esteso il riconoscimento dalle forme sintetiche anche alla pianta e quindi ai prodotti farmaceutici contenenti estratti naturali. Dal 2010 a oggi, parallelamente alla normativa nazionale, sono state introdotte alcune leggi regionali che prevedono l’erogazione di medicinali a base di cannabinoidi a carico delle ASL. Era il 18 settembre 2014 quando una conferenza stampa dei Ministeri della Difesa e della Salute ha proclamato il via libera alla produzione italiana di cannabis terapeutica. Il progetto è stato fin da subito affidato allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e le piantine di partenza sono preparate all’interno del CREA di Rovigo, un ente di ricerca posto sotto la tutela del Ministero per le Politiche Agricole che si occupa dello studio della cannabis dal 1995. Il CREA, ente denominato Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria, è infatti titolare di tutte le varietà di canapa selezionate in Italia, dalle cultivar destinate all’uso agro-industriale a quelle ad alto contenuto di sostanze psicotrope per uso medico. Le prime varietà a basso contenuto di cannabinoidi stupefacenti vengono utilizzate nel settore tessile e alimentare, le seconde invece, ad alta concentrazione di THC, vengono impiegate per la realizzazione dei prodotti farmaceutici. Per saperne di più, abbiamo intervistato il dott. Gianpaolo Grassi, responsabile della ricerca del CREA-CIN di Rovigo. Quali sono le potenzialità terapeutiche della cannabis? “Le funzioni fondamentali del nostro corpo, come l’appetito, lo stato d’animo, il dolore, sono regolate da un sistema denominato endocannabinoide. Autonomamente produciamo sostanze al momento del loro bisogno che si chiamano endocannabinoidi. La pianta di cannabis produce una famiglia di sostanze che sono denominate cannabinoidi ed ultimamente, per distinguerli da quelli endogeni, fitocannabinoidi perché replicano buona parte delle attività che gli endocannabinoidi esplicano quando interagiscono con i recettori di questo sistema. I recettori principali sono due: CB1 e CB2. Quando la persona è in salute, il sistema è in equilibrio e non ha necessità di mettere in circolazione concentrazioni elevate di endocannabinoidi. Quando interviene una patologia, il sistema si attiva e stimola le cellule presenti in quasi tutti i distretti del nostro corpo (cervello, sangue, ghiandole, ossa e così via) a produrre endocannabinoidi a più elevata concentrazione, ma talvolta queste non sono sufficienti e perciò apportando dall’esterno i fitocannabinoidi, siamo in grado di compensare il disequilibrio che si è venuto a creare. Certe patologie croniche (dolore neurologico, sclerosi multipla, SLA, malattie in cui sia compromesso il sistema immunitario) richiedono un costante apporto dall’esterno di fitocannabinoidi (derivati dalla cannabis) o cannabinoidi (come quelli di sintesi). Ciò che il nostro sistema sanitario prevede che si possa curare con la cannabis è riportato nel decreto del Ministero della salute del 9 novembre 2015. Le frontiere più avanzate di
  • 17. 17
  • 18. 18 applicazione della cannabis sono il trattamento preventivo e curativo dei tumori, la prevenzione delle malattie degenerative del cervello (Alzheimer, Parkinson, demenza senile) o l’obesità”. Lei è il primo ricercatore, nonché unico studioso della canapa del centro di ricerca CREA di Rovigo, unico posto in Italia insieme allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, dove è possibile coltivare legalmente delle piante di canapa che superino il limite di THC dello 0,2 %. Ci può spiegare cosa significa? “La legge che in Italia regola le sostanze stupefacenti è la 309/90. In base a questo testo unico solo due sono le condizioni possibili legalmente per usare le sostanze stupefacenti: 1) per ricerca 2) per produzione. Salvo il caso della canapa industriale che tutti gli agricoltori possono liberamente coltivare in base all’art. 26 della nuova legge n°79/2014, ex 309/90, quella che ha principi attivi farmaceutici viene usata solo a seguito di autorizzazioni che solo il Ministero della salute può concedere. Le due possibili motivazioni che consentono di richiedere l’autorizzazione sono lo studio e la ricerca e questa possibilità è ammessa solo in caso di istituti pubblici di ricerca come il nostro, Università o CNR etc. Un privato non può ottenere l’autorizzazione per studio e ricerca con sostanze stupefacenti. L’autorizzazione a produrre sostanze stupefacenti, invece, è consentita alle aziende farmaceutiche pubbliche o private che devono produrre. Per ottenere e mantenere queste autorizzazioni che normalmente hanno durata biennale, servono particolari condizioni: sistemi di allarme, vigilanza, protezioni, nessun precedente penale e tanta pazienza”. Prima che la sperimentazione con il THC diventasse legale avete sviluppato varietà ricche di CBD, una molecola che si è dimostrata molto efficace per il trattamento dell’epilessia, è così? “Noi abbiamo iniziato a studiare la canapa industriale nel 1994 e quella ad uso medicinale nel 2002. La legge 309 è del 1990 appunto e perciò da allora si sarebbe potuta studiare
  • 19. Direzione operativa ed organizzazione Back Office Consulenza mirata per costituzione o restyling societario Assistenza soci dedicata ad hoc con numero verde e personale dedicato Health Service Provider con 1560 strutture sanitarie sul territorio Marketing e strategie di comunicazione ai soci Organizzazione di convegni nazionali di settore Formazione personale interno ed incaricati al contatto con i soci Social Media Strategist per una comunicazione al passo con i tempi Consulenza per compliance e policy interna Consulenza giuridica e fiscale Operation per la gestione dei regolamenti applicativi Assistenza, realizzazione piattaforme, siti web ed aree intranet Dati, studi e ricerche sul mondo della Sanità Integrativa Ansi, Associazione Nazionale Sanità Integrativa, nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari di creare non solo un’associazione di categoria “indipendente”,maancheuninterlocutorequalificato che si renda portavoce attivo tra Istituzioni, Sistema Sanitario Nazionale e Fondi Sanitari Integrativi. ANSI vuole diventare il soggetto capace di tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in Italia, che garantiscono la salute di circa ¼ della popolazione italiana. “Auspichiamoilbenessereelasalutepertuttii cittadini,comedirittofondamentaledell’uomo epatrimoniosocialedellacollettività” www.sanitaintegrativa.org segreteria@sanitaintegrativa.com la canapa, come il papavero da oppio o la datura etc. Certamente era più agevole e sicuro studiare la cannabis che produceva cannabinoidi non stupefacenti che sono tutte o quasi le 150 varianti di cannabinoidi. Di stupefacente c’è solo il THC e il CBN, ma quest’ultimo non è prodotto direttamente dalla pianta, derivando dalla degradazione del THC stesso. Queste semplificazioni ci sono servite perché siamo stati spinti dalle norme che ci costringevano a certe limitazioni a studiare più approfonditamente le varietà con cannabinoidi non psicotropi come appunto il cannabidiolo (CBD), oppure il cannabigerolo (CBG), la cannabidivirina (CBDV), la tetraidrocannabivirina (THCV) e così altri che ancora si stanno studiando dal punto di vista del loro potenziale biologico e terapeutico. Queste varietà ora sono meno comuni e perciò più ambite e ricercate anche dai medici perché li possono utilizzare più liberamente non essendo legati alle norme sulle sostanze stupefacenti come quella che può determinare una pena sino a 20 anni di prigione, se la si infrange”. La scienza fa progressi e grazie ad essa oggi c’è una maggiore tutela della nostra salute. Quanto è importante l’uso di cannabinoidi per il trattamento sintomatologico di determinate patologie? “Io ho una visione meno medicale e più umanistica. I primi posti in cui vorrei che la cannabis entrasse senza limitazioni sono le case di riposo. Negli ultimi anni di vita le persone dovrebbero essere lasciate libere di poter vivere nel migliore dei modi e senza particolari limitazioni. Una delle attività più collaudate e riconosciute della cannabis è quella di favorire il sonno (se usata bene) e di far apprezzare di più la vita oltre a togliere anche una parte dei dolori cronici. Consideri quanto bene farebbe agli anziani evitare di intossicarsi con benzodiazepine e tornare liberi attraverso l’uso di sostanze naturali di tipo fitoterapico. Non perché lo dico io, ma perché pubblicato e accettato da una rivista più che autorevole come Lancet. Se si va a considerare la dipendenza dei farmaci a base di benzodiazepine, la pericolosità è ben superiore a quella della cannabis: 1,8 contro 0,8”. Ancora difficoltà e pregiudizi nei confronti della cannabis in campo medico. Quanto tempo ci vorrà affinché alcune barriere vengano meno? “Devono iniziare ad uscire studenti formati da professori aperti e competenti su questi argomenti. Al momento sono ben pochi i “maestri” (professori) con una sufficiente preparazione. Credo di non sbagliare di molto affermando che solo il 10% dei professori possono dirsi sufficientemente preparatiedisponibiliastudiareesperimentareall’università questa pianta e la classe di sostanze che appartengono ai cannabinoidi. Senza i medici e ricercatori preparati non si procederà molto veloci e perciò credo ci vorranno almeno altri 20 anni”.
  • 20. 20 a cura di Mariachiara ManopuloSindrome feto-alcolica, ecco perchè dire no all’alcol in gravidanza Bere alcol durante la gravidanza non fa bene, né alla mamma né al feto. Può causare la cosiddetta “sindrome feto alcolica” (Fetal Alcohol Syndrome-FAS), la più grave disabilità permanente che si manifesta nel feto esposto, durante la vita intrauterina, all’alcol consumato dalla madre. Si tratta della manifestazione più grave dei danni che le bevande alcoliche possono causare al feto. Ma ci sono anche altre possibili complicanze, come anomalie cranio facciali, rallentamenti nella crescita, disabilità comportamentali e neuro-cognitive. Tutte queste alterazioni possono presentarsi con modalità molto diverse, e causano un ampio spettro di disordini, ricompresi nella sigla FASD (Fetal Alcohol Spectrum Disorder-FASD). Il riconoscimento delle gravi conseguenze provocate dall’alcol sul feto è avvenuto negli anni ‘60: la prima descrizione clinica di sintomi chiaramente riconducibili ai danni dell’alcol è stata pubblicata in Francia nel 1968 e, pochi anni dopo, negli Usa. Da allora sono stati tantissimi gli studi, in tutto il mondo, che hanno permesso di definire meglio la gamma dei diversi disturbi del feto correlati all’esposizione all’alcol. Purtroppo, 20
  • 21. 21 la maggior parte dei casi di “spettro dei disordini feto- alcolici” non sono ad oggi facilmente diagnosticati e dunque non sono trattati in modo appropriato. Quando la futura mamma beve, l’alcol arriva al feto in pochi minuti: non lo può metabolizzare, non ha gli enzimi per farlo. Quindi, l’alcol e i suoi metaboliti si accumulano nel suo sistema nervoso e negli organi, danneggiandoli. Non si sa qual è la quantità di alcol “sicura”: per questo, durante questi nove mesi speciali, dovrebbe essere vietato. Ma purtroppo, molte volte, pur consapevoli del pericolo, i medici concedono alle donne in gravidanza un bicchiere di vino o di birra, in alcune occasioni. Uno studio italo- spagnolo di qualche mese fa, diretto dalla dott.ssa Simona Pichini dell’Istituto Superiore di Sanità, ha dimostrato che quantità modeste di alcol consumate durante tutta la gravidanza sono rilevabili sia nel capello materno che nelle prime feci (meconio) neonatali. Quindi, anche bere poco ma spesso, ha ripercussioni sul bambino. Tuttavia, lo spettro dei disordini feto alcolici si manifesta tipicamente nei figli di donne con consumo eccessivo di alcol in gravidanza, e non nei figli di donne non alcolizzate che hanno bevuto piccole quantità di alcol prima di sapere di aspettare un bambino. Non ci sono dati certi sull’incidenza della sindrome feto-alcolica nel nostro Paese. Uno studio del centro di alcologia del Policlinico Umberto I di Roma, effettuato nel Lazio, stima una prevalenza pari a 1,2 su 1000 nati vivi. Il 6% presenta espressioni parziali della sindrome. Il rischio di partorire un bambino con sintomi della sindrome fetale alcolica (Fas) è stimato attorno al 30-40% delle future mamme con un forte consumo di alcol in gravidanza. Non si conosce il motivo della diversa suscettibilità dei bambini agli effetti dell’alcol, la diversa risposta del feto è probabilmente dovuta alla combinazione di abuso di alcol, fattori genetici, deficit nutrizionali, fumo o uso di droghe. La maggior parte di neonatologi e pediatri non diagnostica una FASD se non c’è una storia di abuso alcolico da parte della madre ben documentata, a meno che si evidenzi un chiaro ed incontrovertibile dimorfismo facciale. Le disabilità primarie della sindrome feto-alcolica includono: • dismorfismi facciali, evidenziabili tra gli otto mesi e gli otto anni (occhi piccoli e distanziati, naso corto e piatto, solco naso-labiale allungato e piatto, labbro superiore molto sottile, padiglioni delle orecchie scarsamente modellati, ipoplasia mascellare e mandibolare); • ritardo nella crescita (valori inferiori alla media per altezza, peso corporeo e circonferenza cranica, segno questo di danno cerebrale, possono essere presenti anche malformazioni cardiache); • anomalie nello sviluppo neurologico del sistema nervoso centrale, con alterazioni cognitive e comportamentali. La sindrome può comportare anche disabilità secondarie, che si manifestano andando avanti con l’età, e possono portare a problemi di salute mentale, difficoltà a scuola, nel lavoro, nei rapporti sociali e sessuali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, le dismorfologie facciali e i problemi cerebrali si devono all’esposizione all’alcol durante il primo trimestre di gravidanza, il deficit di crescita è legato all’esposizione durante la seconda metà della gestazione, mentre l’alterato sviluppo del cranio è dovuto all’effetto dell’alcol nella quarta settimana di gravidanza. Difetti congeniti più gravi di norma subentrano nei primi tre mesi di gravidanza, periodo in cui si sviluppano gli organi del bambino e durante il quale a volte le donne sono ancora inconsapevoli del proprio stato. Il 9 settembre di ogni anno ricorre la Giornata mondiale della sindrome feto-alcolica. Nel 1999, in Canada un gruppo di genitori che aveva adottato bambini affetti dallo spettro dei disordini feto alcolici decise che il 9 settembre di ogni anno avrebbe ricordato al mondo che durante i nove mesi di gravidanza è bene astenersi dal bere alcolici per la salute del nascituro. L’iniziativa fu raccolta dalla Nuova Zelanda, dove il 9 settembre del 1999 alle ore 9.09, la campana della chiesa metodista di Auckland suonò nove rintocchi per celebrare la prima giornata di consapevolezza su questa sindrome. La Fas è una sindrome prevenibile al 100%: è sufficiente evitare di assumere alcolici durante la gravidanza. Secondo le statistiche, nonostante sia ormai chiaro che l’abuso di alcol può danneggiare il feto, l’incidenza della Fas è un aumento. Evidentemente, non vi è ancora una piena consapevolezza da parte dell’opinione pubblica. Forse si tende ad associarla solo all’assunzione di superalcolici, non pensando che anche il vino e la birra possono avere effetti negativi. È necessaria una azione di prevenzione efficace, che deve partire da operazioni di informazione e sensibilizzazione non solo tra le donne, ma anche tra i futuri papà, sul rischio rappresentato dall’alcol per il nascituro. È anche compito del ginecologo capire se una gravidanza è esposta o meno all’alcol. Una cura tempestiva può certamente essere utile per limitare i danni.
  • 22. L’allestimento museale è stato progettato per offrire al visitatore un quadro completo ed esaustivo sulla storia delle società di mutuo soccorso. Il percorso si apre con dei pannelli informativi che raccontano, in una sequenza cronologica, il fenomeno del mutualismo e continua con delle grandi teche espositive in cui è racchiusa una notevole varietà di materiale documentario, nonché un ragguardevole insieme di medaglie, spille, distintivi ed alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli ad oltre duecentro tra enti e società di mutuo soccorso, con sedi in Italia e all’estero. All’interno del museo è presente uno spazio multifunzionale nel quale coesistono un archivio storico, una biblioteca e un centro studi. Inoltre, è stato riservato uno spazio per ospitare ogni forma d’arte: mostre, concerti di musica e rappresentazioni teatrali. Previa prenotazione, ogni artista potrà esporre o esibirsi gratuitamente all’interno dello spazio dedicato. Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. Visitando il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese. La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici. Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche Apertura: Dal lunedì al venerdì previa prenotazione 11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00 Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero) Info e prenotazioni: +39 337 1590905 info@fondazionebasis.org www.museomutuosoccorso.it Indirizzo: Palasalute via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM)
  • 23. 23 a cura di Carmina Santillo I capelli bianchi e l’alimentazione Certo che può essere definito segno di “SAGGEZZA”, di “MATURITA’” e anche di “ESPERIENZA”, ma la comparsa del primo capello bianco…è un trauma!! Solitamente i primi fili bianchi cominciano a farsi vedere intorno ai quarant’anni, ma sono tantissimi i ragazzi e le ragazze che iniziano a scoprirli anche a trent’anni. Le correnti di pensiero sulla motivazione della comparsa dei capelli bianchi sono diverse: c’è chi sostiene che la colpa dei capelli bianchi è esclusivamente dei geni, tutto è scritto nel proprio DNA, c’è chi sostiene invece che la prima comparsa dei capelli bianchi è la conseguenza di un forte stress o di un trauma, un grosso dispiacere o uno spavento che potrebbe farci venire i capelli bianchi anche nel giro di 24 ore, e c’è chi invece sostiene che tutto dipende dal nostro stile di vita. Il fumo, ad esempio, è uno dei fattori che ne favorisce la comparsa! è certo che, se si tratta esclusivamente di una questione genetica, non esiste né prevenzione e né rimedio (a meno della tinta).. e in questo caso non ci resta che accettarla! Ma quando il DNA invece è dalla nostra parte, potremmo prevenire. Naturalmente l’insieme dei vari fattori incide tantissimo ma, scientificamente, al di là anche della questione estetica, i capelli bianchi non sono altro che un accumulo di tossine concentrate vicino alla zona celebrale: in termini molto semplici,lapresenzadeicapellibianchisimanifestaquando i follicoli non sono più in grado di fornire la colorazione al capello, e questo accade quando il nostro corpo non ha
  • 24. 24 sufficiente melanina. L’elemento importante che incide sulla produzione di melanina è proprio l’alimentazione. Un’alimentazione non ricca di vitamine e proteine potrebbe creare dei deficit nutritivi che danneggiano la cute, facendo apparire i capelli bianchi. Andiamo ad analizzare quali sono gli alimenti di cui fare una bella scorta, oppure da eliminare, o almeno ridurre: - Vitamina B3 (Niacina): è fondamentale per la salute dei nostri capelli, perché interviene nel corretto funzionamento del metabolismo energetico, favorendo la circolazione sanguigna verso il cuoio capelluto. Fonti alimentari sono: lievito di birra, germe di grano, pesce, pollo, tacchino e carne. - Vitamina B5 (acido proteico Acido pantoteico): impedisce la formazione dei capelli bianchi e la perdita dei capelli. Ricche fonti di questa vitamina sono: cereali integrali, lievito di birra, frattaglie e tuorli d’uovo. - Vitamina B6 o Piridossina: è coinvolta nell’assimilazione delle proteine ed agisce sull’enzima 5 alfa-reduttasi, contrastando la produzione di DHT, previene la perdita dei capelli e aiuta a creare melanina. Alimenti con vitamina B6 sono il lievito di birra, i cereali integrali, le verdure, le frattaglie e il tuorlo d’uovo. - Biotina o Vitamina B7: produce cheratina ovvero la sostanza che previene la perdita dei capelli e la comparsa dei capelli grigi. Fonti di biotina sono: lievito di birra, cereali integrali, tuorli d’uovo, fegato, riso e latte. La vitamina B è la più importante per prevenire i capelli bianchi e i carboidrati e le proteine sono le principali famiglie di alimenti da considerare sempre nella nostra quotidianità. - Vitamina A: è una vitamina antiossidante che aiuta a produrre sebo nel cuoio capelluto e lo rende in tal modo più sano. Ricche risorse di questa vitamina sono: olio di fegato di pesce, carne, latte, formaggio, uova, spinaci, broccoli, carote, albicocche e pesche.. - Vitamina C: così come la vitamina A, si tratta di una vitamina antiossidante che aiuta a mantenere, non solo i capelli, ma anche la pelle in buono stato. Alimenti ricchi di vitamina C sono: agrumi, fragole, kiwi, ananas, pomodori, peperoni verdi, patate e verdure verde scuro. - Vitamina E: questa vitamina è anch’essa un antiossidante, che migliora la circolazione del sangue verso il cuoio capelluto. Ricche fonti di vitamina E sono: oli vegetali, olio di germe di grano, soia, semi crudi e noci, fagioli secchi e verdure a foglia verde. Il cuoio capelluto ha bisogno che la circolazione sanguigna non arrivi con difficoltà e le vitamine che consentono questo processo permettono ai nostri capelli di mantenere un colore naturale! - Rame: è il minerale la cui mancanza nel corpo umano implica contribuzione alla comparsa prematura dei capelli bianchi; gli alimenti ricchi di questo minerale sono: frutta secca, avena, riso integrale, legumi, champignon, cacao, patate dolci e frutti di mare. è fondamentale per la produzione di melanina, pigmento essenziale per il colore del capello! - Eccesso di sale: fattore che influisce sulla comparsa dei capelli bianchi; si potrebbe ovviare optando per il sale marino o il sale rosa dell’Himalaya, ricchi di minerali e di oligoelementi. - Cibi acidi: provocano aumento del livello di acidità nel corpo che giunge fino ai capelli provocandone lo sbiancamento. Ridurli, come il sale, sarebbe elemento interessante di prevenzione! Un’alimentazione non corretta, ricca di troppi grassi, amidi, zuccheri, cibi elaborati e non casarecci e povera invece di vitamine e sali minerali, nonché di proteine ed aminoacidi, non rappresenta sicuramente il perno per la salute del proprio corpo, e la salute del cuoio capelluto necessita delle medesime attenzioni! Un deficit di questi nutrienti essenziali rallenta il normale lavoro delle cellule riservate alla produzione di melanina, alternando lo stato di salute dei capelli. Ma esiste una prevenzione più semplice per evitare lo shock di una comparsa prematura dei capelli bianchi? Non c’è soluzione migliore e più semplice che “mangiare”! è vero, bisognerebbe mangiare bene e non per tutti è facile, facendo solo attenzione ad evitare le cose che già di consueto rappresentano il nemico della nostra salute, ma è altrettanto vero come sia positivo sapere che prevenire, in questo caso, implicherebbe anche maggiore soddisfazione per il nostro palato!
  • 25. 25 ITALIA “La salute è la più grande forza di un popolo civile” Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare. Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere. In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato sulla Cura Totale della persona. Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
  • 26. 26 a cura di Mariachiara Manopulo Il latte materno rappresenta l’alimento migliore per i neonati. Ma cosa succede quando un bimbo nasce prematuro, e la madre non ha la possibilità di allattarlo? Per questo sono nate le Banche del latte umano donato (Blud): le mamme che hanno latte in eccesso, possono decidere di donarlo. La promozione dell’allattamento materno, in linea con le raccomandazioni dell’Unicef e dell’OMS, è un obiettivo di salute di grande importanza per la sanità pubblica. Pediatri e nutrizionisti sono d’accordo nel definire che il latte materno rappresenti l’alimento migliore per i neonati, perché fornisce tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita, come certi acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile. Inoltre, contiene sostanze bioattive e immunologiche, che non si trovano nei sostituti artificiali ma che sono importantissimi sia per proteggere il bambino da eventuali infezioni batteriche e virali, sia per favorire lo sviluppo intestinale. E ancora, consente un corretto sviluppo del sistema nervoso del neonato, protegge dalla celiachia, da allergie, contribuisce a prevenire il diabete giovanile nei bimbi geneticamente predisposti, può aiutare a combattere sovrappeso e obesità. Per gli esperti, il latte materno è specie-specifico, è cioè un alimento biologicamente adatto per l’essere umano. Per adeguarsi meglio alle necessità di crescita del neonato, oltretutto, non ha mai la stessa composizione. Per favorire l’allattamento, i neonatologi consigliano di attaccare il piccolo al seno subito dopo il parto, così L’importanza del latte materno e il ruolo delle blud
  • 27. 27 in evidenza da instaurare con la mamma un contatto “pelle a pelle”. Già nelle primissime ore di vita, il piccolo è in grado di trovare da solo il seno materno e di succhiare. Inoltre il corpo della mamma aiuta il bambino a mantenere una temperatura adeguata e il neonato ne risente in modo positivo. Il ministero della Salute ha promosso quest’anno la campagna “Allattare al seno, un investimento per la vita”, con l’obiettivo di promuovere e sostenere l’allattamento materno come pratica naturale e di primaria importanza per la salute del bambino. Ma che succede se un bimbo nasce prematuro e la mamma non ha la possibilità di allattarlo? Per questo sono nate le Banche del latte umano donato (Blud). Grazie alle Blud, le mamme che hanno latte in eccesso rispetto alle necessità del proprio bambino possono decidere di donarlo. I bambini prematuri lottano ogni giorno contro mille difficoltà; sono costretti a rimanere a lungo in ospedale, e possono andare incontro a diverse problematiche, dovute soprattutto all’immaturità dell’apparato gastroenterico e alla incapacità di nutrirsi come un bambino normale. Soprattutto per loro, il latte materno è una vera e propria medicina: aiuta nella digestione, fornisce le preziose sostanze nutritive nella forma più assimilabile, rafforza il sistema immunitario e favorisce lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Già nel 2013 la Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN) ha raccomandato l’impiego del latte di banca come prima opzione in assenza di latte materno. Sempre nel 2013, in Conferenza Stato-Regioni è stato raggiunto un accordo sulla gestione delle banche del latte umano donato: su questa base sono state elaborate le “Linee di indirizzo nazionale per l’organizzazione e la gestione delle banche del latte umano donato nell’ambito della protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno”. Con 32 banche attive, il nostro Paese è tra i più attivi in Europa. Chiaramente, il latte della donna, come altri organi o tessuti umani, non può essere commercializzato: la donazione è gratuita e la privacy viene garantita. Durante la Prima Conferenza Nazionale “Promozione e sostegno dell’allattamento al seno”, svoltasi lo scorso 12 maggio presso il ministero della Salute, è stato firmato il documento “Promozione dell’uso di latte materno nelle Unità di Terapia Neonatale ed accesso dei genitori ai reparti. Raccomandazione congiunta di Tavolo Tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno (TAS), Società Italiana di Neonatologia (SIN) e Vivere Onlus”, che tra gli altri, si pone l’obiettivo di facilitare la costituzione di banchedellatteumanoabaseospedaliera, per aumentare l’uso del latte umano in assenza di quello materno, soprattutto nei neonati pretermine. Un eccellente esempio di banche del latte umano arriva da Bologna. “Di mamme ce n’è una sola. Ma a volte ne servono di più”: con questo slogan l’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi, più di tre anni fa, ha creato la banca del latte umano donato “Allattami”, grazie alla partnership con Granarolo e alla partecipazione dell’Associazione Cucciolo. È quindi un esempio di collaborazione virtuosa tra pubblico e privato. La banca fornisce fin dall’inizio latte materno alla Neonatologia del Sant’Orsola ma ha esteso il proprio raggio d’azione anche al Maggiore di Bologna e al Policlinico di Ferrara. “Allattami”, come le altre banche, seleziona le mamme donatrici, ritira il loro latte direttamente al domicilio – il trasporto avviene nel rispetto della catena del freddo, in modo che il latte arrivi alla banca ancora congelato -, lo pastorizza, lo conserva in condizioni di sicurezza e lo fornisce agli ospedali cittadini. L’obiettivo è raccogliere almeno i 600 litri di latte umano donato che servono ai neonati ricoverati nelle terapie intensive neonatali del Policlinico Sant’Orsola e dell’Ospedale Maggiore. Per raggiungerlo, è stata avviata una forte azione di sensibilizzazione verso le future e nuove mamme, grazie alla collaborazione dell’Azienda Usl di Bologna, del Collegio delle Ostetriche, dei Pediatri di famiglia e del Cucciolo, associazione bolognese dei genitori dei bambini nati prematuri. La banca si basa su due componenti: una di tipo medico-sanitario rappresentata dal Sant’Orsola, che seleziona le donatrici; e l’altra rappresentata da Granarolo, che segue l’aspetto tecnico di sanificazione del latte, per renderlo assolutamente sicuro per i piccoli che lo riceveranno.
  • 28. 2828 A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A Ultime unità A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A A San Pietro a Mare, sulla spiaggia più rinomata del litorale di Valledoria, vi presentiamo le nuove villette della pineta. Elegantemente rifinite, sono composte da quattro locali e tre bagni, una grande veranda e un meraviglioso spazio verde di proprietà di oltre 460 mq. Ogni casa dispone del proprio posto auto.Ogni casa dispone del proprio posto auto. Ville e Appartamenti in vendita o in affitto s u l l a s p i a g g i a d i S a n P i e t r o a M a r e immersi nel verde della pineta a pochi passi dall’acqua Scopri come poter avere la casa dei tuoi sogni in Sardegna www.casainvestimento.it ESTATE 2016 LA TUA CASA IN S A R D E G N A Ultime unità disponibili! www.casainvestimento.it info@casainvestimento.it
  • 29. 29 a cura di Nicoletta Mele La storia di Alex: parla di nuovo due lingue con il solo emisfero destro del cervello funzionante Alex è un ragazzo di origine romena che all’età di sette anni ha imparato la lingua italiana frequentando tutte le scuole dell’obbligo nella provincia di Cuneo. Poco più che ventenne, ha subito un gravissimo trauma cranico encefalico, seguito da un lungo periodo di coma. Ha eseguito tutti gli accertamenti previsti e il risultato è stato che il danno subito ha disintegrato totalmente l’emisfero sinistro del suo cervello. Dal punto di vista visivo, la sua risonanza magnetica era impressionante: tutto nero nella parte di sinistra e tutto bianco, con le sue circonvallazioni, e perfettamente integro quello di destra. Aveva perso totalmente la parola, il danno era così importante che riusciva ad articolare solo pochi suoni per esprimere bisogni, emozioni, richieste, risposte. Dopo essere stato dimesso dall’ospedale ha proseguito le terapie, in un primo momento presso il centro di neuroriabilitazione di Fossano e poi al centro di riabilitazione per traumatizzati cranici e gravi cerebrolesioni acquisite, Puzzle di Torino, diretto dalla professoressa Marina Zettin. Per lui il programma giornaliero era intenso: lunghe ed estenuanti ore di fisioterapia, logopedia, neuropsicologia cognitiva, piscina, allenamenti del cervello. Dopo due anni di lavoro, grazie anche alla grande forza di volontà e al supporto della famiglia, Alex ha sorpreso tutti: ha iniziato a parlare con singole parole sia in lingua romena che italiana, stessa quantità, quasi gli stessi vocaboli e dopo tre anni il suo linguaggio si è addirittura arricchito. La sua storia è a dir poco eccezionale e senza
  • 30. 30 precedenti dal punto di vista scientifico, lo dimostra la recente pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Brain & Language”. Ognuno di noi ha due emisferi del cervello collegati tra loro: l’emisfero di sinistra, detto dominante per i destrimani, le cui aree corticali sono deputate alla funzione del linguaggio e a tutte le funzioni intellettive superiori, e l’emisfero di destra, tipicamente deputato a funzioni spaziali, musicali ed emotive. Quando si subisce un danno cerebrale nell’emisfero di sinistra, il linguaggio subisce un importante deficit chiamato afasia, che porta a una menomazione della parola, sia essa su base motoria (il paziente non riesce più ad articolare le parole) che sensoriale ed uditiva (cattiva comprensione e produzione di un’insalata di parole incomprensibili e indecifrabili). I danni però, possono subire un’evoluzione positiva, un recupero concesso da un ripristino cerebrale grazie alla neuroplasticità del cervello. Questa storia ha permesso al mondo scientifico di conoscere un aspetto ancora sconosciuto. Per saperne di più, abbiamo intervistato la professoressa Marina Zettin. “Alex è arrivato da noi con un’afasia molto importante, il cervello era completamente distrutto. Mai in 35 anni di carriera ho visto una tac come la sua. Nessun essere umano, in quelle condizioni, avrebbe potuto riacquistare l’uso completo del linguaggio. Paradossalmente, invece, grazie anche alle nuove tecniche di imitazione del linguaggio utilizzate, è stato concesso all’emisfero di destra di avere la possibilità di recuperare “copiando” entrambe le lingue. Questo caso ha dimostrato che l’emisfero destro può, in seguito a cerebrolesione, assumere un ruolo chiave nel vicariare le funzioni linguistiche normalmente processate dalle aree di sinistra. Il caso è eccezionale perché di fronte a un danno di questo genere nessuno pensa che si possa recuperare in maniera straordinaria e questo ha rappresentato anche l’importanza scientifica di dimostrare che il cervello ha aree supplementari che si innescano e che la riabilitazione (intensiva) ha un ruolo fondamentale”. Sembra quindi che il ruolo svolto da questo emisfero nel recupero del linguaggio sia molto meno marginale di come si è pensato finora. Già in passato era stato descritto da Barlow, uno studioso del XIX secolo, il caso di un uomo con gravi deficit linguistici conseguenti a un danno dell’emisfero sinistro che, con il tempo, aveva recuperato le sue capacità, per poi perderle nuovamente a causa di una lesione delle aree cerebrali di destra. Il ruolo cardine svolto dall’emisfero destro nel recupero del linguaggio è stato descritto anche in anni più recenti. Nel 2001 un gruppo di ricercatori tedeschi ha infatti scoperto che nel 60% dei pazienti con tumore al lobo frontale di sinistra le aree corrispondenti di destra si attivavano durante lo svolgimento di compiti linguistici. Professoressa, avete utilizzato delle nuove tecniche del linguaggio, può spiegare in cosa consistono? “Sono delle tecniche che favoriscono l’incremento del linguaggio attraverso le quali il paziente viene sottoposto per circa due ore al giorno a dei programmi in cui sei attori pronunciano per sei volte ciascuno una parola o una frase. In questo caso si ha una ripetizione continua della parola e il paziente vede per più volte anche il movimento labiale”. Alex ha recuperato due lingue lasciando, in questo caso, “senza parole” gli specialisti. Quanto è stata determinante la forza di volontà del ragazzo? “I traumi cranici rispetto ai danni vascolari hanno delle possibilità in più di recupero. In questo caso però era talmente evidente l’importanza del danno che mai avremmo potuto pensare un recupero di questo tipo. Alex sin da subito si è dimostrato collaborativo e ha dimostrato alla famiglia che non sarebbe mai diventato un peso per loro. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare a parlare”. Qual è il suo augurio per Alex? “Che possa essere collocato in un posto di lavoro. Tutto questo sforzo sarebbe vano se la società lo lasciasse emarginato a casa. Questo sarebbe il vero successo di tutto questo lungo iter”. Il cervello è ancora un mistero, ma Alex è stata la dimostrazione che nulla è impossibile e, quando meno te lo aspetti, arrivano dei risultati sorprendenti sconosciuti anche al mondo scientifico.
  • 31. Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia Nessuna distinzione di età Sussidi per Single o Nucleo famigliare Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR) Nessuna disdetta all’associato Durata del rapporto associativo illimitata Soci e non “numeri” perché abbiamo scelto mba? rimborso inteventi home test alta diagnostica assistenza rimborso ticket conservazione cellule staminali visite specialistichesussidi per tutti check up MBA si pone come “supplemento” alle carenze, ad oggi evidenti, del Servizio Sanitario Nazionale. L’innovazione dei Sussidi che mette a disposizione dei propri associati identifica da sempre MBA come una vera “Sanità Integrativa” volta a migliorare la qualità di vita degli aderenti. Mutua MBA Tel. +39 06 90198060 - Fax +39 06 61568364 www.mbamutua.org - info@mbamutua.org
  • 32. 32 La disabilità come un altro modo di vivere: l’Associazione Mai Soli e la Fondazione Basis a cura di Redazione Health Online Sono tante le associazioni che si rivolgono al mondo della disabilità. L’Associazione Mai Soli è una di queste. È nata nel dicembre 2008 dall’enorme impegno di genitori di persone diversamente abili al fine di ottenere il loro benessere psico-fisico e sociale. Sin dall’inizio, ha aperto un dialogo permanente con le Istituzioni ed altre Associazioni, sia nel territorio di San Cesareo, in provincia di Roma, dove ha sede, sia nei dintorni, in un’ottica di reciproca collaborazione. I valori principali a cui si ispira sono la centralità della persona e la salvaguardia della sua dignità, e si impegna per raggiungere tutti i suoi obiettivi tramite un percorso attivo e non di tipo assistenziale. Nel 2010 è stato realizzato un progetto “oggi cucino io”, cofinanziato dalla Comunità Montana dei Castelli Romani, con l’obiettivo di far acquisire ai ragazzi capacità prettamente tecniche per renderli minimamente autonomi che ha dato molte soddisfazioni. Nello stesso anno, l’Associazione ha aderito per la prima volta al movimento sportivo “Special Olympics Italia”, che nel 2011 ha selezionato 4 dei suoi atleti per i mondiali di calcio A5 che si sono svolti ad Atene; nel 2013 per gli europei di Anversa e nel 2015 per i mondiali di Los Angeles. Tutte e tre le manifestazioni hanno regalato grandi soddisfazioni ma soprattutto entusiasmo ed autostima ai ragazzi. L’associazione ha chiesto anche la collaborazione dell’attrice e regista Elisa Capo, per formare una classe di teatro con i ragazzi, per offrire loro una esperienza che sarebbe stata stimolante e formativa. Elisa ha pensato di utilizzare il potenziale di ognuno di loro, considerando l’handicap non come punto di arrivo ma come punto di partenza. Infatti, quest’anno per la prima volta si sono confrontati con compagni normodotati con cui poter scambiare tecniche, esercizi, improvvisazioni proprio come una “normale” giovane compagnia teatrale sperimentale, ottenendo un notevole successo presso i teatri di compagnie “normali”. Da alcuni mesi, l’Associazione ha avviato una collaborazione con la Fondazione Basis, un ente no-profit che ha come obiettivi la promozione di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale, di assistenza sanitaria, e la diffusione della cultura, costituita per iniziativa di Health Italia, della società di mutuo soccorso Mutua MBA e della società cooperativa Coopsalute. “Dal nostro punto di vista ed alla luce della nostra esperienza abbiamo capito che si deve evitare di riempire il tempo dei nostri ragazzi con molteplici attività superflue, invece, lo si deve utilizzare per creare insieme a loro un mondo dove la disabilità è solo un altro modo di vivere. Infatti con la Fondazione Basis abbiamo potuto costatare che quello che era solo un nostro pensiero si è trasformato in realtà. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere il Presidente della Fondazione Basis Massimiliano Alfieri, nonché il Vicepresidente Marco Marcocci, con i quali abbiamo potuto aprire un dialogo che si è rivelato molto positivo e ci auguriamo sia l’inizio di una lunga e costruttiva collaborazione volta alla crescita ed al miglioramento delle condizioni di vita dei nostri ragazzi che hanno tanta voglia di integrarsi ‘con il resto del mondo’, sentendosi a loro volta utili al prossimo”; queste le parole di Cristina Spagnoletti, presidente Associazione Mai Soli. Per saperne di più su questa collaborazione, abbiamo intervistato Marco Marcocci, Vicepresidente della Fondazione Basis. Come è nata l’idea di collaborazione con l’Associazione Mai Soli e quali sono i progetti che avete seguito insieme? Con l’associazione Mai Soli abbiamo iniziato a collaborare a seguito di una loro presentazione qualche mese fa: ci ha colpito il fatto che fossero principalmente famiglie che sulle loro forze cercavano di accompagnare questi ragazzi con disabilità nelle varie manifestazioni sportive. Tra l’altro, abbiamo avuto modo di verificare che partecipano con grande profitto: c’è quindi anche una grande soddisfazione nel vedere questi ragazzi, ricchi di una diversa abilità, che riescono ad eccellere in queste discipline. La Fondazione Basis ha quindi deciso di dare un contributo per far fronte alle iniziative che già stavano portando avanti.
  • 33. 33 Il percorso di conoscenza, di collaborazione è andato avanti in questi mesi: loro ci hanno proposto, anzi, ce lo siamo proposti insieme, di organizzare una partita di calcetto visto che gran parte di questi ragazzi si cimenta soprattutto nel calcetto. Abbiamo giocato questa partita lo scorso 27 maggio, e ci ha colpito la grande organizzazione di gioco di questi ragazzi: quando fai una esperienza del genere con ragazzi con disabilità, e riesci a dargli una disciplina così precisa e, allo stesso tempo, regali loro la gioia di farlo, senza stress, sentendo veramente il gusto di fare sport e di stare insieme....hai vinto sempre! Ci ha colpito, è stata una bella esperienza. Siamo poi andati a mangiare una pizza, anche insieme a tutte le famiglie: è stata una occasione per conoscerci a cui hanno partecipato anche i dipendenti di Mba e di Coopsalute e a cui abbiamo volentieri contribuito. Da lì è nata poi un’altra possibilità: visto che alcuni dei ragazzi dell’Associazione hanno fatto tempo fa un corso come pizzaioli, abbiamo organizzato un evento alla Selvotta Suite, una struttura ricettiva di Formello che fa parte della nostra rete. Abbiamo chiamato i pizzaioli, abbiamo coinvolto i ragazzi dell’Associazione nel processo di preparazione della pizza e poi abbiamo mangiato insieme. Siamo stati con le loro famiglie, abbiamo partecipato anche noi con le nostre famiglie... è stato un bel momento di integrazione. Anche lì, ci ha colpito la gioia spontanea di questi ragazzi e dei loro genitori, che vivono gli accompagnamenti di questi figli in maniera sempre dinamica e gioviale, nonostante il grande impegno che gli viene richiesto. La sera prima una loro delegazione ha partecipato all’inaugurazione del Museo del Mutuo Soccorso: è stato molto bello, perché abbiamo chiamato uno dei rappresentanti di questa associazione, Alessio, che ha tagliato il nastro, suggellando questa collaborazione tra le nostre realtà.. State già lavorando per altre iniziative? Altre iniziative con l’Associazione Mai Soli sono in definizione. L’obiettivo è consentire loro di partecipare agli appuntamenti sportivi a cui si stanno preparando, allo “Special Olympics”, una occasione di sport dedicata a chi ha disabilità... Sono tutti progetti che abbiamo in fieri, e sono in corso valutazioni per sostenerli anche in altri progetti, in altre attività. Avete altri progetti importanti in corso, anche con altre realtà? Con la Caritas locale di Formello abbiamo realizzato un piano sanitario, una serie di garanzie sanitarie, per le 157 famiglie assistite dalla Caritas. Anche questa è una esperienza importante, data la platea delle persone che sono coinvolte e il grande valore dell’iniziativa per persone che vivono una condizione di difficoltà economica. In generale cerchiamo di supportare anche persone che vivono situazioni particolari: tra tutte segnalo quella di Giorgia e Sofia, due bimbe che hanno avuto una forma tumorale molto grave...i genitori si sono trovati da un momento all’altro con queste due bimbe di uno e tre anni di fronte ad un “mostro”… noi abbiamo dato un contributo spese per questi mesi per tutti gli spostamenti che devono fare i genitori tra un ospedale e l’altro (Parigi e Milano)...genitori che adesso vivono totalmente in funzione delle esigenze di queste bimbe, con cui stanno cercando di combattere questa forma molto grave di tumore.
  • 34. Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali. Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro. Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica. Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente. Coopsalute S.C.p.A. info@coopsalute.org www.coopsalute.org Nello scenario socio-economico attuale, riveste un ruolo sempre più di rilievo l’assistenza domiciliare, rivolta ad anziani, disabili, malati e a chiunque si trovi a vivere particolari condizioni di fragilità. Per agevolare il paziente e la sua famiglia in termini di confort e privacy, è importante che tale prestazione sia svolta nel rispetto e nel mantenimento delle massime condizioni qualitative e con assoluta professionalità. Coopsalute assicura tali peculiarità, mediante un’accurata selezione su tutto il territorio nazionale degli erogatori di tali prestazioni, per poter poi formulare pacchetti di prestazioni e servizi ad hoc, da offrire ai suoi convenzionati. Monitorandocostantementeilmercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornireprestazionisempreinnovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24. Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario- assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi. 800 598 635 Centrale Cooperativa (riservato agli Assistiti) 06 90198069 info e ufficio convenzioni aderente A aderente B aderente C aderente D ade ade ade ade aderente A aderente B aderente C aderente D aderente A aderente B aderente C aderente D L'assistito si affida a Coopsalute per la propria esigenza sanitaria. Coopsalute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste. L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.
  • 35. 35 a cura di Mariachiara Manopulo Donazioni di midollo osseo: l’Emilia-Romagna dei record fa accordo con admo L’Emilia-Romagna è al primo posto in Italia per numero di donatori di midollo osseo. L’accordo che la Regione ha stipulato con Admo è volto ad azzerare le liste d’attesa e pianificare il reclutamento di circa 6000 nuovi donatori l’anno. Donare, donare, donare. È questa la parola d’ordine, l’appello che i medici e i volontari delle associazioni fanno ai cittadini: donare il midollo osseo. Per alcune malattie il trapianto di midollo osseo è l’unica soluzione. La chemioterapia da sola non basta: elimina gran parte della malattia ma non guarisce del tutto. Le speranze di vita di molte persone malate sono legate all’esistenza e alla disponibilità di chi si offre come donatore. Sono moltissime le persone che ogni anno nel nostro Paese necessitano di trapianto, ma purtroppo la compatibilità genetica è un fattore molto raro, ed esiste soprattutto tra consanguinei. Chi non ha un donatore consanguineo ha l’unica speranza di trovare donatori volontari tipizzati, le cui caratteristiche genetiche sono già registrate in una banca dati. Ci sono dei registri appositi, nazionali, europei, mondiali. In Italia c’è il Registro Italiani Donatori Midollo Osseo. La probabilità che due persone non consanguinee siano compatibili per il trapianto è di una ogni 100mila. Troppo bassa. Ed è a questo che servono i registri: più donatori ci sono, più aumentano le probabilità per il malato di trovare il “suo”nuovo midollo osseo. In Italia servono circa 1.000 nuovi donatori effettivi all’anno. L’Admo, Associazione Donatori Midollo Osseo, è nata nel 1990, con l’obiettivo principale di sensibilizzare e informare la popolazione italiana sulla possibilità di combattere le leucemie, i linfomi, il mieloma e altre neoplasie del sangue proprio con la donazione e il trapianto di midollo osseo. Si occupa di fornire agli interessati le informazioni sulla donazione e invia i potenziali donatori ai centri trasfusionali del Servizio Sanitario Nazionale, presso i quali vengono sottoposti a un prelievo di sangue, detto tipizzazione HLA (un semplice prelievo di sangue), necessario per poter stabilire il grado di compatibilità tra un donatore e un paziente che necessita un trapianto di midollo. I dati vengono poi inviati al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo (IBMDR), rispettando ovviamente la normativa sulla privacy. L’Admo ha sedi in ogni Regione, sono Associazioni autonome ma con uguale statuto e operanti sotto lo stesso marchio d’immagine, coadiuvate - nel loro lavoro - da sezioni e gruppi. L’Admo Emilia-Romagna ha recentemente, lo scorso 12 luglio, stabilito un rapporto di collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, con l’obiettivo principale di rendere più snello l’intero sistema del trapianto di midollo, eliminando le liste d’attesa dei potenziali donatori e coinvolgendone di nuovi. L’Emilia-Romagna è al primo posto in Italia per numero di nuovi donatori di midollo osseo. Nel 2015 i donatori sono stati 5.090, soprattutto giovani: il 70% degli iscritti nel Registro regionale ha tra i 18 e i 25 anni. Dal primo gennaio al 30 giugno 2016, si sono registrati più di 3.000 nuovi donatori. “Numeri, questi, estremamente positivi – ha sottolineato la Regione in un comunicato -, frutto di modalità d’intervento innovative - il prelievo di saliva tramite un apposito kit - concordate tra ADMO e Regione, che vengono ora formalizzate nel rapporto”. Negli ultimi anni, in diverse province della regione si erano create liste di donatori di midollo osseo in attesa di prelievo per la tipizzazione HLA. Nel 2014 grazie ad Admo sono state ridotte le liste a Parma e Modena: durante manifestazioni ed eventi, l’associazione ha raccolto i potenziali donatori ed eseguito i prelievi con il tampone salivare, con l’aiuto di personale sanitario volontario. I campioni sono stati inviati al Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero- Universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Il prelievo salivare rappresenta quindi una integrazione al prelievo di sangue, e permette di evitare le attese troppo lunghe ai donatori potenziali che aspettano di essere chiamati dal Centro Donatori. Il fatto poi che tutti i campioni siano confluiti al Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna ha
  • 36. 36 fatto sì che le iscrizioni dei donatori avvenissero in modo continuativo. Nel 2015 il Registro regionale dell’Emilia- Romagna e il Centro Donatori di Bologna sono stati così quelli che hanno fornito il maggior numero di nuove iscrizioni a livello italiano. L’accordo di collaborazione si pone quindi scopi precisi: azzerare le liste d’attesa presenti in Emilia-Romagna (attualmente, sono 400 le persone) attraverso il prelievo dei campioni di saliva (campioni che verranno poi inviati al Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero- Universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna) e pianificare il reclutamento da parte di Admo di circa 6000 nuovi donatori l’anno, che verranno tipizzati con il prelievo salivare. Il rapporto stabilisce inoltre un termine massimo di 15 giorni per la tipizzazione dei prelievi di sangue che vengono fatti nelle diverse sedi regionali; in caso di impossibilità dei Laboratori di Immunogenetica di riferimento, dovranno essere inviati al Laboratorio di Immunogenetica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna. L’accordo prevede poi che, a partire dal primo gennaio 2017, l’intera attività del Registro regionale dei donatori di midollo osseo venga centralizzata al Sant’Orsola-Malpighi. Sarà proprio il Sant’Orsola a elaborare e sottoscrivere una specifica convenzione con Admo Emilia-Romagna per raggiungere questi obiettivi, per conto della Regione,
  • 37. 37 coordinandoleattività.Perl’associazionecisaràunrimborso di 59mila euro per i 6000 nuovi donatori previsti per l’anno 2016, per ogni kit utilizzato per il prelievo del campione salivare e l’invio al Laboratorio di Immunogenetica. L’utilizzo del tampone salivare comporta diversi vantaggi, soprattutto, il minore tempo impiegato dal donatore per effettuare l’iscrizione: non servono più tutti i passaggi burocratici necessari in caso di prelievo di sangue. La possibilità di adesione attraverso una procedura immediata porta i potenziali donatori ad iscriversi immediatamente al Registro, aumentando così il numero dei donatori e le possibilità di trovare un donatore compatibile per i pazienti a livello mondiale che necessitano di un trapianto di midollo osseo. Per saperne di più, Health Online ha intervistato Rita Malavolta, presidente di Admo Emilia-Romagna. Perché è così importante donare il midollo osseo, e chi può candidarsi per la donazione? La donazione di midollo osseo è molto importante, soprattutto per quei casi in cui la chemioterapia non sortisce effetto. Alcune patologie vengono inserite da subito nella lista per il trapianto, altre solo dopo alcuni mesi di chemioterapia, se questa da sola non basta. Purtroppo, la compatibilità familiare è un evento sempre più raro, ci sono sempre più figli unici, e la compatibilità massima la si cerca oramai più che altro nel Registro Italiano dei Donatori di Midollo Osseo. Chiaramente, la compatibilità massima si ha tra persone dello stesso gruppo etnico. I potenziali donatori devono avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, un peso superiore ai 50 kili e l’assenza di patologie particolari, come le malattie del sangue o altre gravi forme infettive (AIDS, HIV, epatite). Il donatore può essere chiamato a donare fino al compimento dei 55 anni. Si può donare per un non consanguineo una volta sola, e si rimane, sempre su base volontaria, a disposizione di quella persona per tutta la vita. La donazione per un non consanguineo non preclude però la possibilità di donare successivamente per un familiare. Mentre se la prima donazione è a favore di un membro della famiglia, non ci si può iscrivere al Registro. La Regione Emilia-Romagna detiene il record dei donatori di midollo osseo. Come si è arrivati a questo risultato? Come Admo ci siamo impegnati al massimo in una campagna massiccia di sensibilizzazione ed informazione. Ci siamo rivolti ai ragazzi, siamo andati nelle scuole, nelle Università, nei centri sportivi. Ma anche nelle aziende, dove abbiamo svolto diversi incontri con i dipendenti, per incentivarli ad iscriversi al Registro. Un ruolo importante per combattere le liste di attesa è stato svolto dalla nuova metodologia di prelievo salivare, che ci ha permesso di reclutare potenziali donatori anche nel corso di eventi e manifestazioni. L’accordo con la Regione prevede il reclutamento di 6000 nuovi donatori. Come pensate di raggiungere questo obiettivo? Continuando su questa strada, aumentando le iniziative di sensibilizzazione e rivolgendoci ai giovani. Abbiamo anche in corso una importante collaborazione con Avis e Fidas, le più importanti federazioni di associazioni di donatori di sangue, e insieme stiamo facendo davvero un gran lavoro. L’accordo con la Regione Emilia-Romagna rappresenta un risultato importantissimo. Si potrà replicare presto anche in altre Regioni? L’Emilia-Romagna è una regione molto avanti per quanto riguarda queste iniziative. Purtroppo altre realtà sono più difficili, ma stiamo comunque lavorando per estendere questo modello anche nel resto del Paese. Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino Alto-Adige stanno lavorando bene in tal senso, quindi prevediamo la realizzazione di un modello simile entro brevissimo tempo anche nelle regioni del nord Italia. Come si fa a diventare donatori di midollo osseo? Ci si può rivolgere direttamente noi. Abbiamo sedi in ogni regione d’Italia e collaboriamo a strettissimo contatto con il Servizio Sanitario Nazionale. Si può quindi chiamare la sede Admo più vicina e dopo una valutazione dei pre-requisiti si fissa un appuntamento; dopo un colloquio con un medico, si firma il consenso informato, l’adesione al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) e si effettua un esame del sangue, la tipizzazione HLA. I risultati della tipizzazione vengono inseriti nel Registro Nazionale, collegato con tutti i Registri internazionali. Se si trova una compatibilità con un paziente in lista di attesa, il donatore verrà poi chiamato per altri prelievi di sangue, per definire ancora meglio il livello di compatibilità. Il più delle volte, il donatore selezionato è l’unico al mondo a essere compatibile con quel malato. Donare il midollo osseo è un impegno che si prende una sola volta nella vita: e salva una vita umana.
  • 38. 38 Il telefono cellulare è diventato ormai uno strumento indispensabile, usato non solo per comunicare, ma anche per fare fotografie, video, ricerche internet e tanto altro, grazie alle numerose App che abbiamo a disposizione. Negli anni, la tecnologia ci ha fornito un mezzo del quale non riusciamo più a fare a meno anche se sono molti gli interrogativi che continuano ad emergere riguardo al suo uso, che per alcuni potrebbe favorire lo sviluppo di tumori, soprattutto al cervello. è recente il risultato di un grande studio del National Toxicology Program statunitense, secondo il quale è emerso che l’esposizione di ratti maschi alle radiofrequenze tipiche dei cellulari aumenta i casi di tumore, in particolare il glioma, un tipo di cancro al cervello, e lo schwannoma, gli stessi riscontrati da alcuni studi epidemiologici sull’uomo. Ad oggi, sono stati pubblicati solo i risultati preliminari dello studio sui ratti, mentre il rapporto completo, che è stato controllato e verificato dalle autorità indipendenti, sarà pubblicato il prossimo anno. Gli esperti hanno reso noto che la ricerca ha trovato una bassa incidenza di gliomi maligni nel cervello e schwannomi nel cuore dei ratti maschi esposti. Dato l’ampio uso a tutte le età delle tecnologie per la comunicazione mobile, anche un piccolo aumento che dovesse risultare dall’esposizione, potrebbe avere grandi implicazioni per la salute pubblica. Il tema del legame fra cellulari e tumori è quindi molto dibattuto. L’OMS ha classificato le radiofrequenze nel gruppo B2 dei possibili cancerogeni, ma diverse ricerche epidemiologiche, l’ultima delle quali condotta in Australia, hanno escluso connessioni. Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Eva Negri, ricercatrice AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) presso il Dipartimento di Epidemiologia - IRCCS - Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”. L’OSM ha classificato le radiofrequenze nel gruppo B2 dei possibili cancerogeni, ma diverse ricerche epidemiologiche hanno escluso connessioni. Lo studio in questione, però, ha rilevato che ci sono stati dei piccoli, ma significativi aumenti di gliomi. Cosa ne pensa? “Lo studio è stato condotto da un’istituzione prestigiosa su un campione molto ampio e può aggiungere importanti informazioni sugli effetti dei telefoni cellulari. I risultati tuttavia sono preliminari e quindi necessitano ancora di una serie di verifiche e di conferme. Il fatto che gli aumenti di tumori cerebrali siano stati osservati solo nei ratti maschi e non nelle femmine getta qualche dubbio sull’interpretazione causale dei risultati. I dati presentati finora riguardano lo studio sui ratti, mentre quello sui topi è ancora in corso e sarà importante verificare se gli stessi effetti si evidenzieranno in entrambe le specie. Inoltre, in questo studio i ratti sono stati esposti per periodi molto lunghi (più di 9 ore al giorno da prima della nascita fino a 2 anni) e ad elevata intensità. Nonostante queste esposizioni massive, gli effetti sono di modesta entità. La rilevanza di questi risultati per i livelli di esposizione umana è ancora da verificare. In conclusione, quindi, questo studio presenta dei dati interessanti, ma preliminari, la cui rilevanza per gli uomini resta incerta”. Il tema del legame tra l’uso del cellulare e lo sviluppo del tumore al cervello è molto dibattuto. Senza creare allarmismi, ci sono dei rischi per la salute a causa dell’esposizione alle radiofrequenze tipiche dei dispositivi mobili? “Gli studi sugli uomini sono a volte contraddittori, ma nel complesso rassicuranti. Alcuni hanno riportato degli eccessi di tumori cerebrali associati all’utilizzo di telefoni cellulari in alcuni sottogruppi di popolazione, ma gli studi metodologicamente più validi non hanno evidenziato eccessi, altri sono ancora in corso. Dovremo attendere ulteriori risultati per avere un quadro più chiaro. I dati già disponibili suggeriscono che gli eventuali effetti, se esistono, sono modesti e si verificano solo per esposizioni elevate. Non è quindi il caso di creare allarmismi perché i dati finora non li giustificano. Tuttavia, il buonsenso suggerisce di evitare esposizioni eccessive (come per quasi tutto del resto)”. Oggi il telefono cellulare è diventato uno strumento essenziale. Quali sono i suoi consigli per non mettere a rischio la nostra salute? “Bisogna preferire il telefono fisso, quando possibile, ed evitarne l’utilizzo eccessivo. Nel caso si debba utilizzare il cellulare spesso o per tempi prolungati, si può ricorrere alle tecnologie a mani libere come kit vivavoce e cuffie, in modo da aumentare la distanza tra l’apparecchio e la testa. Accessori vari che dichiarano di proteggere dalle onde elettromagnetiche sono, invece, di dubbia efficacia”. a cura di Alessia ElemTelefoni cellulari e tumore al cervello, dobbiamo preoccuparci? 38
  • 39. “Health Book” il primo libro di mutua mba dedicato alla prevenzione! L‘importanza della prevenzione in un libro Health book I libri della salute di Mutua MBA Da un recente studio effettuato in Italia è emerso come quasi una persona adulta su due sia completamente avulsa dall’adottare una linea di prevenzione medica adeguata. Prerogativa di una società di Mutuo Soccorso non può, pertanto, essere “solo” quella di garantire l’accesso privilegiato alla salute attraverso una valida integrazione al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve forzatamente infondere la cultura della prevenzione intesa come cura di sé stessi, poiché in essa stessa risiede l’unica via utile a soddisfare la crescente domanda di assistenza che la sanità pubblica non riesce – e non riuscirà - ad accontentare. Per tale motivo Mutua MBA ha deciso di raccogliere interviste, analisi e studi di settore, ma soprattutto consigli pratici, esercizi e ricette culinarie per innescare l’attitudine a prendersi cura di noi stessi, con l’intento di prevenire il più possibile malattie e infortuni. Vuoi ricevere “Health Book - L’importanza della prevenzione” nella tua casella di posta elettronica? Invia una email a info@healthonline.it e segnalaci i tuoi contatti, ti sarà inviato senza alcuna spesa aggiuntiva. Inoltre, su espressa richiesta e con un contributo di soli 10€ (+s.s.), potrai ricevere direttamente a casa la versione cartacea del libro. La somma sarà devoluta da Mutua MBA alla Fondazione Basis, ente no-profit dedicato alla promozione e allo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale e assistenza sanitaria.