1. Innovazione e tecnologia
Il chirurgo entra
in sala operatoria con il 5g
attualità
Crescono gli assessorati
del “Grazie!”
psicologia
Disabilità: quale ruolo
per la (neuro) psicologia
clinica?
il periodico di informazione sulla sanità integrativa
novembre
dicembre 2019
Anno V
N°34
Dalla
al
misoginia
femminicidio
verbale
parliamo di...
Infezioni batteriche
nei neonati prematuri
2. Intestatario: Fondazione Health Italia
IBAN: IT 14 U 03359 01600 100000140646
www.bancadellevisite.it
Dona ora e grazie a te
una persona in difficoltà
avrà la visita medica
che non può permettersi
3. sommario
attualità
salute
aziende del gruppo
benessere
psicologia
innovazione
e tecnologia
parliamo di...
nascite premature
in evidenza
pag. 36
pag. 20
pag. 06
pag. 26
pag. 52
pag. 44
pag. 62
pag. 68
pag. 72
pag. 58
pag. 78
pag. 88
pag. 05 - Editoriale
pag. 92 - News
pag. 48
pag. 12
Il Test di Medicina
sarà veramente abolito?
“Mamma, perché io ho il
diabete e i miei amici no?”
La telemedicina sempre più
vicina ai cittadini grazie ad
Health Point
Salute a tavola con gli eventi
di Health Food
Stile di vita Vegan
Psicologia ed epidemiologia
dell’AIDS
Disabilità fisica e psicologica
La telemedicina incontra
il diabete
Nati prematuri: la situazione
dell’assistenza in Italia
Infezioni batteriche nei
neonati prematuri
Teletrasporto e realtà
virtuale
Banca delle Visite
ed Associazione Tiroidee
Dalla misoginia al
femminicidio verbale:
uomini che “uccidono”
le donne
Giornata mondiale della
Gentilezza
5. e
di
to
ria
le
È sempre interessante leggere l’evoluzione del dibattito politico su temi specifici e che contengono aspetti
di tipo tecnico ed economico perché, in questo modo, si può comprendere come, spesso, manchi una visione
complessiva dei problemi, nonché una specifica conoscenza tecnica approfondita.
Nel caso della sanità integrativa in questo momento il dibattito politico riguarda tre aspetti sostanziali sui
quali reputiamo sia necessario fare chiarezza, in un’ottica di rappresentazione oggettiva della realtà senza
entrare in valutazioni politiche.
Il primo aspetto riguarda i valori economici degli sgravi fiscali concessi a chi sottoscrive un prodotto di
sanità integrativa.
Premesso che gli enti di sanità integrativa quali Fondi Sanitari, Società Generali di Mutuo Soccorso e
Casse di Assistenza Sanitaria, sono enti no profit e quindi non agiscono secondo regole proprie del mondo
imprenditoriale e non possono distribuire utili ai loro associati, ma esclusivamente utilizzare eventuali
avanzi positivi di bilancio come riserve o per migliorare i servizi erogato agli associati, quello che ci preme
chiarire è il quadro economico complessivo.
Chi sottoscrive un sussidio sanitario integrativo, sia come azienda tramite una convenzione sia come privato
direttamente, gode di vantaggi fiscali che sicuramente determinano un minore introito per lo Stato, ma gli
enti di sanità integrativa erogano prestazioni sanitarie ai propri associati che se non venissero sostenute da
queste entità, fondati sul concetto della mutualità, graverebbero sul bilancio della sanità pubblica.
Considerato che gli assistiti dagli enti di sanità integrativa nel nostro paese sono circa 12 milioni risulta
evidente come la differenza economica tra prestazioni erogate e vantaggi fiscali non possa essere che a
favore delle prime e, quindi, lo Stato dalla sanità integrativa incassa meno tasse di quello che incasserebbe
se non ci fossero gli sgravi fiscali, ma risparmia in termini di spesa sanitaria molto ma molto di più.
La conclusione, puramente economica, non può che essere che l’eliminazione degli sgravi fiscali per chi
sottoscrive forme sanitarie integrative determinerebbe una maggiore spesa sanitaria e quindi sarebbe solo
un grande svantaggio economico per lo Stato.
Il secondo aspetto dibattuto riguarda il principio universalistico sul quale, per disciplina costituzionale, è
fondato il Servizio Sanitario Nazionale.
L’universalismo del sistema pubblico è sicuramente un valore imprescindibile per la storia del nostro paese
in campo sanitario, ma bisogna comprendere bene i fenomeni che stanno alla base dell’universalismo per
valutare se sia meglio un universalismo di facciata, solo espresso a parole, rispetto ad un universalismo
reale, determinato dai fatti.
Valori sociali positivi come l’invecchiamento della popolazione, l’ampliamento della scienza medica e lo
sviluppo delle tecnologie sanitarie, che vanno nella giusta direzione di migliorare la qualità della vita di
tutti noi, da un punto di vista sanitario rappresentano un aggravio delle necessità di spese così importante
da rendere impossibile, non solo per l’Italia ma per ogni governo, garantire assistenza sanitaria completa
gratuita per tutti ove, dichiararlo, significa sostenere un principio economicamente irrealizzabile se non con
un inasprimento insostenibile della tassazione.
Quindi, sostenere l’universalismo della Sistema Sanitario Nazionale significa sostenere un’utopia che
potrebbe creare una spesa sanitaria insostenibile, un peggioramento dell’efficienza del servizio pubblico,
grandi disservizi agli utenti con tempistiche di intervento inadeguate.
Se però rafforzassimo il concetto, già in essere, che di fianco a un Sistema Sanitario Pubblico che indirizzi
la propria spesa verso le fasce più deboli della popolazione esiste la sanità integrativa che, operata tramite
enti no profit, consente a tutti di associarsi sui principi economici della mutualità, ecco che realizzeremmo
compitamente un universalismo sociale effettivo e reale.
La conclusione, in questo caso, non può quindi che essere quella di confermare e proseguire nella direzione
di un sistema sanitario organizzato da una parte pubblica, diretta alle fasce più deboli della popolazione, e
da una parte integrativa, aperta a tutti e basata sul concetto della mutualità tra gli aderenti.
Il terzo aspetto riguarda il principio della mutualità come elemento strutturale e tecnico.
La mutualità è un meccanismo tecnico che consente alle persone di associarsi versando del denaro che
verrà utilizzato per sostenere chi avrà bisogno, quindi, con un grande contenuto sociale.
Lamutualitàèilconcettotecnicochestaallabasedelladeterminazionedeiprodottidicoperturasanitariasia
assicurativi che degli enti di sanità integrativa, con una specifica differenza però: per i prodotti assicurativi
sanitari la mutualità è una componente tecnica sulla quale viene montata una tariffa che presuppone anche
la realizzazione di un utile per gli azionisti dell’ente assicurativo, mentre per gli enti di sanità integrativa è
l’essenza stessa dei valori economici del prodotto.
Quindi non è possibile confondere la mutualità quale strumento di aziende imprenditoriali, che hanno come
obiettivo l’utile, con la mutualità degli enti di sanità integrativa, che ha come obbiettivo la soddisfazione dei
propri associati.
La conclusione, rispetto a questo concetto, non può quindi che essere, se vogliamo operare in una logica
sanitaria universalistica e sociale, di mantenere le peculiarità societarie, organizzative, economiche e sociali
degli enti di sanità integrativa cosi come stabilite dalle leggi vigenti.
Come possiamo comprendere, in sostanza, politicamente si sta dibattendo su tre aspetti che, di fatto, hanno
una soluzione, peraltro già in essere, che va solo diffusa ancora di più e migliorata, soluzione che è la sanità
integrativa perché, come abbiamo visto in base a tutte le considerazioni economiche e sociali effettuate,
su questi tre aspetti così tanto oggi dibattuti stiamo parlando di soluzioni anti economiche, socialmente
inopportune e organizzativamente improprie, quindi stiamo parlando di niente, perché l’unica vera
soluzione è procedere sulla strada già impostata e tracciata.
Milanese,homaturatoun’esperienza
ultraventennalenelsettoreassicurativo
efinanziario,occupandomi
siadeiprodottichedelmarketing
edellosviluppocommerciale,fino
alladirezionedicompagnieassicurative,
nazionaliedestere.Nel2005sviluppo
unprogettodiconsulenzaestrategia
aziendalechehaconsentito
dioperareconimaggioriplayer
delsettoreassicurativoperrealizzare
pianistrategicidisviluppocommerciale.
Dal2009mioccupodiSanitàIntegrativa,
assumendolacaricadiPresidenteANSI,
AssociazioneNazionaleSanitàIntegrativa
eWelfare,econtestualmentediHealth
HoldingGroup,importanterealtà
delsettore.Dal2016sonopresidente
diHealthItalia,unadellepiùgrandirealtà
nelpanoramadellaSanitàIntegrativa
ItalianaesocietàquotatainBorsa
sulmercatoAIMItalia.
a cura di
Roberto Anzanello
healthonline.it | 05
7. healthonline.it | 07
A partire dal prossimo anno, l’ordinamento universitario
italiano potrebbe subire importanti mutamenti già a partire
dal test di accesso alla Facoltà di Medicina, che potrebbe presto
essere abolito.
Il tutto prende avvio da una proposta allo studio della
Commissione Cultura della Camera, ma l’idea non dispiace ai
tanti aspiranti frequentanti di Medicina.
Perquestaragione,lapropostaavanzatadalMovimento5Stelle
ha scaldato il dibattito pubblico, creando un confronto acceso
tra le forze politiche del Paese e tra insegnanti e studenti.
Solo lo scorso settembre più di 60mila studenti hanno
provato a conquistare uno degli 11.658 posti disponibili.
La rivoluzione a cui si sta pensando dovrebbe partire
dalla scuola secondaria di secondo grado e arrivare fino
all’Università e alla specializzazione.
“Con questa Riforma – commenta il dottor Domenico
Barbato, medico chirurgo attualmente in formazione
specialistica in Igiene e Medicina Preventiva (Sapienza
Università di Roma) – viene data la possibilità a tutti gli
studenti, di qualsiasi background scolastico, di acquisire
quelle conoscenze e competenze tali da poter superare il
test, avendo, dunque, due risvolti positivi”.
La bozza di riforma presentata dal M5S è al vaglio della
commissione Cultura della Camera e prevede un primo
anno comune per tutti. La selezione arriverebbe al secondo
anno, con un numero minimo di crediti e una prova “a
soglia”, con un punteggio minimo da raggiungere.
Dott. Barbato, come giudica questo percorso?
TempiaddietroiltestdiMedicinaverteva,perunbuon50%,
su argomenti di chimica, biologia, matematica e fisica. Tutti
gli studenti desiderosi di approcciarsi alla Medicina ma che
avevano intrapreso un percorso di studi secondari in cui
quelle materie non fossero state svolte in modo sistematico
(o non fossero state svolte affatto), si trovavano in estrema
di Alessandro Notarnicola
9. difficoltà, costretti a studiare in poco tempo programmi
complessi, che richiedono un approfondimento organico.
Con questa riforma viene data la possibilità a tutti
gli studenti, di qualsiasi background scolastico, di
acquisire quelle conoscenze e competenze tali da poter
superare il test, avendo, dunque, due risvolti positivi.
In primo luogo, si renderebbe più equo il significato
stesso del test, che diventerebbe una misura del livello di
conoscenze acquisite da tutti gli studenti in modo equo nel
corso del I anno, bypassando le disuguaglianze generate
dall’averintrapresopercorsidiscuolasecondariadifferenti.
In secondo luogo, la presenza di un test alla fine del I anno
aumenterebbe sicuramente il livello di attenzione, e quindi
di preparazione, che gli studenti avrebbero rispetto a
materie come la biologia e la chimica, che sono alla base
della conoscenza di ogni Medico.
Nel dibattito pubblico venutosi a creare in queste settimane
c’è chi sostiene che il test di ammissione rappresenti di fatto
una prima selezione degli iscritti.
A suo parere, nel caso in cui questo primo step di
accesso dovesse essere abolito, avremmo una classe di
professionisti delle scienze mediche meno preparata?
Tutt’altro. Il test non verrà abolito in senso stretto, ma solo
traslato di qualche mese. Questo rappresenterebbe un primo
passo per oltrepassare quelle disuguaglianze che facevano
sì che studenti provenienti da alcune scuole secondarie
avessero una probabilità significativamente superiore di
accedere al Corso di Laurea in Medicina.
Il livello di preparazione di un professionista medico verrà
raggiunto nel corso dei sei anni di percorso accademico da
studenti che avranno dimostrato di possedere le migliori
conoscenze delle materie scientifiche di base, studiate nel
corso del I anno comune.
Cambierà anche il contratto, in cui l’Università mantiene
la regia della formazione ma avviene una migliore
regolamentazione della rete formativa, coinvolgendo gli
ospedali del territorio per mantenere gli standard qualitativi.
Inoltre, gli ultimi due anni della specializzazione diventano
ibridi: con contratti di formazione – lavoro a carico delle
Regioni, con maggiori diritti e tutele per il lavoro degli
specializzandi, mantenuto sempre sotto la supervisione del
tutor. I fondi risparmiati dal ministero andranno a finanziare
nuove e ulteriori borse.
Domenico Barbato
Classe 1987, diplomato al
Liceo Scientifico “Benedetto
Croce” di Roma, ha avviato
il percorso accademico in
Infermieristica, ottenendo la
Laurea nel 2009.
Non contento, sempre nel
2009 ha tentato il Test
di accesso alla Facoltà di
Medicina presso l’Università
Sapienza di Roma.
Terminato il ciclo di studi, nel
2016 Barbato ha raggiunto
l’abilitazione alla professione.
A novembre 2016, ha
iniziato la Scuola di
Specializzazione in Igiene e
Medicina Preventiva della
stessa Università, ove risiede
come Medico in Formazione
Specialistica al IV anno.
healthonline.it | 09
10. 10 | attualità
Qual è la sua esperienza a riguardo?
Penso che sia una buona idea estendere la rete formativa-
operativa degli studenti/specializzandi, in modo da evitare
di intasare interi ospedali di medici in formazione,
i quali il più delle volte devono sgomitare per imparare a
fare un esame obiettivo o un prelievo di sangue.
Distribuire la mole di studenti/specializzandi su una
più ampia scala avrebbe anche il vantaggio di ridurre il
fenomeno delle infezioni correlate all’assistenza nelle
strutture sanitarie, spesso legate al sovraffollamento dei
reparti e causate da una gestione del paziente che non
rispetta i criteri di igiene e di osservanza delle procedure
di isolamento o di utilizzo dei dispositivi di protezione
individuale.
Per quanto riguarda gli ultimi due anni di specializzazione,
ben venga questo approccio alle Regioni se il fine ultimo
è anche quello di ampliare il numero di borse, favorendo
lo smaltimento dell’imbuto formativo che si sta sempre di
più alimentando di medici che non riescono ad accedere ad
alcuna specialità.
L’ambito ospedaliero dagli anni ‘90 in poi ha risentito
dell’influenza di serie tv americane come “E.R. – Medici
in prima linea” o “Grey’s Anatomy”, le quali ci hanno
abituato a pensare al mondo medico come a un settore
per tutti. In verità, quale è l’attuale fotografia della
corsia tipo?
Le corsie possono vantare professionisti della salute che
quotidianamente lottano non solo per salvare la vita del
paziente nell’emergenza (penso alle innumerevoli serie
televisive stile E.R.), ma anche per stare al fianco del
paziente, accompagnandolo alla salute con competenza
teorica, pratica e culturale. Il paziente è sempre più al
centro di ogni attività che viene svolta nei reparti, come è
giusto che sia.
11. healthonline.it | 11
Gli infermieri giocano un
ruolo chiave in questo
percorso assistenziale,
poiché vivono
maggiormente e più
a fondo i reali bisogni di
salute (ma non solo)
dei soggetti ammalati.
Credo che la professione
infermieristica stia
facendo passi da gigante
rispetto a quella
medica, che è rimasta un
po’ ancorata al passato
Avrebbe idee da condividere per un
personale medico più preparato e
aggiornato?
Pochigiornifahopresoparteaunconvegno
sulle Infezioni correlate all’Assistenza,
indirizzato ai dirigenti medici di un noto
ospedale romano.
È stato molto sconfortante vedere un così
basso tasso di partecipazione, a mio avviso
inferiore al 40%.
I convegni e i corsi di aggiornamento
sono fondamentali, ogni professionista
della salute dovrebbe avere una certa
tendenza all’aggiornamento, visto il tempo
in cui viviamo.
La prima cosa che mi viene in mente è
che, oltre ai classici corsi ECM a cui ogni
professionista deve partecipare ogni anno,
ogni struttura sanitaria (sia ospedaliera
che territoriale) dovrebbe organizzare
eventi a partecipazione obbligatoria,
specialmente se toccano argomenti di
Sanità Pubblica non ancora risolti o
tematiche di interesse sociale e gestionale
di imprescindibile importanza.
13. Insieme per aiutare
chi non può permettersi
un sostegno medico
e psicologico
healthonline.it | 13
14. “L’unionefalaforza”:èunodeipiùpopolariproverbiitaliani
che racchiude un significato molto importante, soprattutto
quando si tratta di aiutare il prossimo sotto l’aspetto della
salute.
È il caso di Banca delle Visite, un progetto solidale di
Fondazione Health Italia Onlus, ente no-profit dedicato
alla promozione e allo sviluppo di iniziative culturali,
educative, formative, di integrazione sociale e assistenza
sanitaria, e dell’Associazione di promozione sociale
Tiroidee - Benessere Psicologico e Informazione, che
si sono incontrate e hanno deciso di percorrere insieme la
strada della diffusione del valore sociale della solidarietà.
Banca delle Visite vuole garantire, con il concetto del
caffè sospeso applicato alla salute e grazie al contributo
volontario da parte di privati e aziende, le visite mediche
necessarie alle persone che non possono permettersele o
che non possono attendere i tempi del Servizio Sanitario
Nazionale.
L’attività principale dell’Associazione Tiroidee - Benessere
Psicologico e informazione è quella di sostenere i pazienti
dal punto di vista psicologico durante la diagnosi e la
terapia per la patologia tiroidea.
Duerealtàchehannolostessoobiettivo:aiutareilpaziente
a raggiungere il proprio benessere psico-fisico.
Per conoscerle più nel dettaglio, Health Online ha
intervistato Antonello Ceci, Coordinatore Nazionale di
Banca delle Visite e Barbara Bonci, Psicologa, fondatrice e
presidente dell’Associazione Tiroidee.
“La Banca delle Visite è nata 3 anni fa da un’idea di
Fondazione Health Italia Onlus - spiega Antonello Ceci - con
un obiettivo semplice quanto importante: rendere la salute
davvero uguale per tutti.
La Fondazione è stata creata da Health Italia, Mutua MBA e
HealthAssistance,aziendecheoperanodatemponelcampo
della salute. La loro naturale evoluzione di condivisione di
salute e dei valori di mutualità ha portato alla creazione di
Banca delle Visite, un progetto che consente alle persone
che non possono permettersi le visite mediche di cui hanno
estremo bisogno, di poterle fare a titolo gratuito ed in
brevissimo tempo”.
di Nicoletta Mele
14 | attualità
Antonello Ceci
Coordinatore Nazionale
di Banca delle Visite
NON PER NOI
MA PER GLI ALTRI
La Banca
delle Visite
15. healthonline.it | 15
Ad oggi Banca delle Visite, grazie alle donazioni di privati ed aziende che sostengono
l’iniziativa, ha donato “più di 1000 visite in 16 regioni italiane, dalla Sicilia al Friuli Venezia-
Giulia”, aggiunge il Coordinatore nazionale, “abbiamo aperto una filiale ad Angri, in provincia
di Salerno, con centinaia di persone alla presentazione e imprenditori del luogo che ci hanno
fatto delle donazioni. A fine novembre siamo stati ad una cena di beneficenza a Brescia,
organizzata in nostro onore.
Siamo stati insigniti di un premio per il nostro impegno nel sociale a Terni. Insomma, siamo
fieri che la nostra serietà ed il nostro impegno vengano apprezzati, mobilitando sempre più
persone a dare il proprio contributo”.
LaBancadelleVisitehadatounamanoallepersonenelfareprevenzione,arisolverepatologie
e anche “ha contribuito a salvare delle vite. Come quando ha aiutato Cesare a scoprire in
tempo un tumore maligno, graziead un controllo da noi resopossibile. Senza questo, avrebbe
dovuto aspettare 6 mesi, che sarebbero stati deleteri. Potrei citare tantissime storie, ognuna
di esse ci ha arricchito e motivato a fare di più, con l’obiettivo di espanderci ed aiutare un
numero sempre più vasto di persone”.
Banca delle Visite sta riscuotendo un
grande successo al livello nazionale
anche grazie all’impegno dei volontari
(ambasciatori) e alla collaborazione dei
Super Dottori e delle super cliniche.
Chi sono queste figure?
“Il supporto di chi si offre volontariamente
di aiutarci è fondamentale e la figura dell’
“Ambasciatore è proprio quella che ci
rappresenta sul territorio, aiutandoci ad
arrivare all’orecchio di chi potrebbe aver
bisogno del nostro aiuto, ma ancora non sa
che esistiamo.
Gli Ambasciatori hanno poi la possibilità
di fare raccolte fondi, organizzare
manifestazioni, aprire Filiali dove
è possibile recarsi per chiedere
informazioni”.
Attualmente sono 70 i medici e 60 le
cliniche in 16 regioni italiane che hanno
aderito all’iniziativa. Come può un
medico o una clinica unirsi a voi?
“La figura del “Super Dottore” è molto
importante: i Super Dottori donano visite
mediche a titolo gratuito o a un costo
fortemente agevolato.
Sono i nostri Super Dottori perché proprio
come i super eroi fanno del bene, donando
salute senza chiedere nulla in cambio.
Aderire è molto semplice: sul nostro
sito, c’è una pagina dedicata con tutte le
informazioni e il modulo per inviare la
richiesta. Entro 48 ore dall’invio, sarà cura
di un nostro incaricato contattare il medico
e/o la clinica per finalizzare l’adesione e
diventare ufficialmente Super Dottore”.
16. Ambasciatori, volontari,
super dottori, filiali,
tutte figure che si sono
messe insieme per aiutare
chi ha bisogno. Recentemente,
come filiale si è unita
anche l’Associazione di
Promozione Sociale Tiroidee -
Benessere Psicologico
e informazione, nata a Roma
in occasione della Giornata
mondiale della tiroide
il 25 maggio del 2015
16 | attualità
17. “Siamo entrati in contatto con Banca delle Visite - afferma Barbara Bonci, fondatrice e
presidente dell’Associazione - perché ci ha colpito il loro aspetto fortemente innovativo e
altruistico.
Lo spirito di solidarietà è da sempre la forza che ci spinge ad andare avanti e siamo sicuri
che grazie al servizio offerto da Banca delle Visite possiamo tendere la mano ed aiutare
tantissime persone in stato di bisogno e di sofferenza psicologica.
Siamo felici di essere Ambasciatori per Banca delle Visite, per il 2020 abbiamo programmato
banchetti informativi ed iniziative che serviranno ad informare i nostri associati e la
popolazione in generale sul loro nobile servizio.
In più, offriamo la possibilità a quanti ne hanno bisogno di svolgere un colloquio di supporto
psicologico gratuito presso le nostre sedi di Roma e online per i pazienti che ne fanno
richiesta da altre regioni italiane”.
Barbara Bonci
Fondatrice e presidente
dell’Associazione Tiroidee
healthonline.it | 17
Qual è lo scopo dell’Associazione?
“La mission dell’Associazione è quella di informare,
prevenire, sostenere e orientare la comunità nei
confronti della tiroide, dei suoi sintomi, disfunzioni e
malattie e della sua importanza per il benessere globale
della persona, favorendo l’adozione di uno stile di vita
sano e tempestivi consulti con gli specialisti sanitari, al
fine di limitare il disagio fisico, psicologico e sociale, con
cure appropriate e personalizzate.
Prevalentemente ci occupiamo della sfera emotiva dei
pazienti tiropatici, offrendo loro spazi di condivisione,
conforto e supporto”.
Quali sono le attività?
“Le principali attività riguardano il sostegno dei pazienti
dal punto di vista psicologico durante la diagnosi e la
terapia per la patologia tiroidea.
Nello specifico ci rivolgiamo a pazienti con patologie
autoimmuni della tiroide (Morbo di Basedow e tiroidite
di Hashimoto), a quanti hanno ricevuto una diagnosi di
tumore della tiroide e a chi vive senza tiroide.
Il progetto principale dell’associazione è lo Spazio di
Ascolto Farfalle Libere, che è attivo grazie all’ospitalità del
dott. Massimiliano Andrioli, nostro sostenitore da sempre,
presso il GMF Medical Center di Viale Somalia a Roma.
Nel corso degli anni abbiamo attivato altri due spazi di
ascolto sempre nella capitale, in zona Appio/Tuscolano.
Per questo progetto abbiamo fatto nostro un verso di
una poesia di Alda Merini: “Ma da queste profonde ferite
usciranno farfalle libere”.
18. Gli obiettivi principali del progetto sono: fornire sostegno
psicologico, informazioni corrette e prevenire il disagio
associato alla diagnosi e alla terapia per patologia o
disfunzione tiroidea; potenziare le capacità individuali,
autostima e autoefficacia e aderenza nei confronti della
terapia medica; ridurre gli stati di malessere, quali
ansia o depressione; trasformare un’esperienza vissuta
passivamente in una risorsa personale positiva.
Il servizio prevede un colloquio conoscitivo gratuito e
aperto a tutti ed offre la possibilità agli associati di ricevere
supporto psicologico a prezzi fortemente calmierati.
Per prenotare un incontro basta contattarci dal nostro sito
o dalla pagina Facebook”.
Dal 2015 avete partecipato a numerose iniziative che
riguardano la prevenzione e l’informazione…
“Sì e ultimamente abbiamo preso parte alla V edizione
del Tiroide Day che si tiene a Sabaudia ogni estate presso
l’Hotel Le Dune. In questa edizione la Dott.ssa Daniela Pace,
endocrinologa, ha effettuato oltre 110 ecografie gratuite
a scopo di prevenzione. A maggio parteciperemo alla
Settimana Mondiale della Tiroide che prevede iniziative e
incontri gratuiti in tutta Italia”.
18 | attualità
19. healthonline.it | 19
Progetti per il futuro?
“Per il 2020, l’Associazione Tiroidee
prevede di ampliare i progetti già
esistenti e di stringere rapporti sempre
più stretti con strutture sanitarie
pubbliche (attraverso punti informativi
e gruppi di auto-mutuo aiuto) al fine di
rendere immediatamente accessibile il
supporto psicologico ai pazienti in stato
di bisogno.
In più, abbiamo due progetti da avviare:
il primo è Tiroidee senza frontiere, un
progetto di supporto psicologico online,
tramite video, ideato insieme alla
Dott.ssa Simona Inguscio, psicologa e
consigliere dell’associazione.
Il progetto vuole porsi come un servizio
innovativo che garantisce un agevole
accesso al supporto psicologico anche a
persone che vivono in aree territoriali
diverse da Roma.
L’altro è Liberi dallo stress: ha lo scopo
di facilitare la condivisione di emozioni
e confrontarsi sia con chi sta vivendo
la malattia che con chi ha già affrontato
il momento critico e si trova in una
condizione di pieno benessere.
Prevede degli incontri settimanali
individuali e in piccoli gruppi per
pazienti con diagnosi di tumore alla
tiroide e patologie autoimmuni (Tiroidite
di Hashimoto e Morbo di Graves/
Basedow), con l’utilizzo di tecniche
di rilassamento psicocorporee come
l’Analisi Bioenergetica e la Mindfulness.
Per ulteriori informazioni è possibile
inviare un’email all’indirizzo tiroidee@
gmail.com e visitare la nostra pagina
Facebook”.
Un suo messaggio…
“Mai più soli è il nostro motto e penso che rispecchi
bene anche le finalità di Banca delle Visite,
affinché il paziente in generale e, nel nostro caso,
tiroideo non si senta trascurato, svalutato e possa
trovare all’interno delle nostre organizzazioni il
sostegno di cui ha bisogno”
21. Politica e gentilezza potranno mai stringersi la mano?
Luca Nardi, 39enne ideatore dei Giochi nazionali della
Gentilezza e anima dell’associazione “Cor et amor” ritiene
che in fin dei conti non si tratti di una relazione così
scoppiettante e che diversi siano i punti in comune tra
le due sfere del quotidiano. Da un lato la sfera politica,
l’ambito amministrativo presente in ogni Paese del mondo
e grazie al quale un popolo riceve delle norme vivendo su
un determinato territorio; dall’altra, la gentilezza, una virtù
che appartiene a pochi ma che - precisa lo stesso Nardi - “è
conveniente apprendere sin dalla tenera età”.
“Permesso, grazie, scusa, queste sono le tre parole della
convivenza: se si usano, la società va avanti”. È stato papa
Francesco a parlare della cultura della gentilezza per
la prima volta. Una cultura di cui quasi nessuno di fatto
conosceva le caratteristiche almeno fino a pochi anni fa,
quando nel 1998 è stato celebrato per la prima volta il
World Kindness Day.
La data non è stata scelta casualmente, in quanto coincide
con la giornata di apertura della Conferenza del “World
Kindness Movement”, il movimento mondiale per la
gentilezza, svoltasi a Tokio nel 1997 e conclusasi con la
firma della Dichiarazione della Gentilezza.
Nella giornata del 13 novembre, pertanto, ci si dovrebbe
sentire spinti, più di altre volte, a riflettere sulla bontà dei
propri gesti e delle parole dette. Effettivamente basterebbe
ben poco per rendere il mondo più gentile.
A riscoprire l’importanza della gentilezza sono stati proprio
i politici che, nell’ambito dei Comuni, hanno introdotto un
nuovo Assessorato, ovvero quello dedicato alla gentilezza.
Sono in tutto 70 gli assessori alla Gentilezza in Italia,
nominati nelle amministrazioni (oltre 8 mila comuni
italiani), sia a nord che a sud del Paese, in una sorta di
“comunità gentile bipartisan” di cui fanno parte esponenti
di forze politiche diverse. L’idea è partita proprio da “Cor et
Amor” di Luca Nardi.
di Alessandro Notarnicola
healthonline.it | 21
22. Come nasce l’idea di questa nuova delega molto umana
ma che di politico ha ben poco?
Come Associazione siamo partiti con l’idea di circondare
di gentilezza i bambini perché così cresceranno come
adulti gentili sorretti da una serie di valori. Abbiamo
creato la Giornata mondiale dei Giochi della Gentilezza che
ha coinvolto quest’anno, sull’intero territorio nazionale,
quasi 50 mila bambini. Sport, iniziative, ambito ricreativo,
un girotondo attorno ai più piccoli dal punto di vista della
formazione sociale.
Da qui, era il 26 maggio, giorno dell’ultima grande tornata
elettorale delle amministrative, ha preso avvio la delega
alla gentilezza.
Era necessaria?
“Cor et Amor” è un’associazione di promozione sociale
composta da educatori, psicologi, figure che operano
generalmente nell’ambito dei servizi sociali, che negli
ultimi tempi hanno riscontrato un peggioramento di
welfare nel Nord-Ovest della nostra penisola. Con ogni
probabilità, il consolidarsi della crisi economica e gli
enormi mutamenti globali hanno condizionato ciò che
fino a qualche anno fa funzionava, e bene.
Tra i nostri obiettivi c’è l’integrazione del welfare con
azioni sociali a costo zero, servendoci della gentilezza
al fine di creare un welfare indipendente dalla crescita
economica.
Un’utopia o un piano realmente realizzabile?
Creiamo i presupposti con azioni.
Non è un semplice corso di cortesia ma azioni pratiche
che si avvalgono di piccole e semplici modifiche a livello
comportamentale e di proposte che finiscono sui banchi
dei consigli comunali: pensiamo a gesti grandi come
ascoltare le esigenze del territorio, pratici come istituire
parcheggi per future mamme ma anche piccoli, come
cogliere dei fiori dal proprio giardino per decorare il
Comune in vista di un matrimonio.
Siamo in un momento storico in cui è quanto mai
necessario rispolverare gli antichi e saldi valori della
società di ieri: un tempo tra le persone intercorreva un
rapporto umano, oggi invece le persone sono sempre più
distratte e sole anche a causa della tecnologia.
Luca Nardi
Presidente Associazione
Cor et Amor, tra i creatori
della Delega alla gentilezza
22 | attualità
23. Ci sono azioni che mettono in pratica
questa delega?
A Roccalumera (Messina) per esempio
sono state organizzate visite alle case di
riposo per far sentire meno soli gli anziani
ospiti.
C’è anche in programma la creazione di
un “angolo della gentilezza”, dove lasciare
appesi abiti per i più bisognosi.
Ispirandosi al “caffè sospeso” di Napoli,
invece, a Lonate Pozzolo (Varese)
l’Assessore Melissa Derisi ha lanciato la
“Solidarietà SoSpesa” che prevede diverse
iniziative, tutte allo scopo di aiutare chi
ne ha più necessità.
Per esempio, col “Quaderno sospeso” si
possono devolvere fondi alle cartolerie
per acquistare materiale scolastico per i
bambini di famiglie meno abbienti.
Lo stesso accade con i medicinali grazie al
“Farmaco Sospeso”.
healthonline.it | 23
24. La delega alla gentilezza ha accattivato molte Amministrazioni comunali. Quante sono
oggi e per quale ragione nell’elenco non sono presenti grandi Comuni?
Ad oggi sono oltre 70 le Amministrazioni comunali che hanno sposato la nostra proposta.
La prima è stata Rivarolo Canavese.
In realtà si parla di un vero e proprio poker piemontese dal momento che questa nuova
delega è stata immediatamente istituita da quattro comuni: Igliano (Cn) Omegna (Vco),
Rivarolo Canavese (To) e Salerano (To). Abbiamo presentato una proposta agli organi di
informazione locali e la notizia è rimbalzata agli amministratori che l’hanno fatta propria.
Abbiamo bisogno proprio di questo, della fiducia anche solo di un singolo affinché un
sogno si avveri.
Oggi la delega è presente su tutto il territorio nazionale e i Comuni che l’hanno adottata
sono di ogni colore politico perché la gentilezza è qualcosa sopra le parti.
24 | attualità
Unadichiarazionechestridesepensiamo
a parti politiche che innalzano muri e
non creano ponti. Non trova?
Questo tipo di delega richiede scelte
semplici che gradualmente possono
condizionare in meglio l’operato di una
Giunta: attenzione verso gli altri e verso
ciò che accade intorno a sé; condivisione
di beni o risorse e rispetto per l’ambiente.
Perquestaragioneognimesesottoponiamo
all’attenzione delle Amministrazioni che
hanno creduto in noi diverse azioni da
mettere in pratica più o meno subito.
Sei anni fa, quando abbiamo inventato
i Giochi della Gentilezza, in molti ci
guardavano con scetticismo e l’ironia non
mancava.Quest’annoabbiamoottenutouna
piccola vittoria con oltre 48 mila bambini e
ragazzi che hanno aderito all’iniziativa in
tutta Italia. Lo facciamo perché ci crediamo.
Io sono un padre motivato solamente
a lasciare alla propria figlia una società
migliore di quella che ha trovato.
Tornando alle grandi città, come spiega la scarsa adesione?
Tra le più grandi che hanno adottato la delega alla gentilezza annoveriamo Trani e Grosseto.
Si tratta di una delega partita dalle piccole Amministrazioni cittadine: a primo impatto
può essere rischiosa perché viene interpretata come qualcosa di superfluo e di irrisorio.
Adesso che si svilupperà questo tipo di cultura, sono convinto che si allargherà alle città
più grandi.
25. Sulla tua pelle
l’essenza della bellezza
Health Pharma SpA
Sede legale: Via San Quirino, 48 | 39100 Bolzano - Sede operativa: Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 Formello (RM)
27. Come affrontare e gestire
il diabete giovanile
Intervistaalladott.ssaChiaraAceto
healthonline.it | 27
28. Il diabete è una patologia cronica, non esiste cura
definitiva ed è molto, molto diffuso. Come spiega
Concetta Suraci, presidente di Diabete Italia, “i numeri
non sono incoraggianti: nel mondo una persona su 11
convive con il diabete ed è previsto che per il 2030 ci
saranno 522 milioni di persone con questa malattia.
Oltre un milione di bambini e adolescenti nel mondo
hanno un diabete di tipo 1, ovvero quello autoimmune.
Nel 2017 ci sono stati, a livello globale, quattro milioni di
morti. In Italia ci sono 3,7 milioni di persone con diabete
e una su tre non sa di averlo”.
Ne esistono varie tipologie: le principali sono il diabete di
tipo 1 e il diabete di tipo 2.
Il primo è conosciuto come giovanile ed è causato da
un’insufficienza o assenza di produzione di insulina. Il
secondo, invece, anche chiamato alimentare o dell’adulto,
è dovuto a un’incapacità delle cellule dell’organismo di
utilizzare l’insulina.
Le cause del diabete giovanile sono ad oggi, ancora
sconosciute ma si sono fatte strada diverse teorie
(cause genetiche, ambientali, virali, infettive). Poiché la
carenza assoluta di insulina è incompatibile con la vita,
la diagnosi precoce è fondamentale e la terapia deve
iniziare il prima possibile.
Con la somministrazione dell’insulina, si può tenere
sotto controllo la malattia e condurre una vita normale.
Secondo le ultime stime della Sid (Società Italiana di
Diabetologia), negli ultimi 10 anni il diabete giovanile
è raddoppiato. Ma come si gestisce un bambino con il
diabete, a casa, a scuola, nel tempo libero?
Per saperne di più, abbiamo fatto alcune domande alla
dott.ssa Chiara Aceto, presidente dell’A.G.D. Grosseto
(Associazione per il diabete giovanile di Grosseto).
28 | salute
Dott.ssa Chiara Aceto
Presidente dell’Associazione
per il diabete giovanile -
A.G.D. - di Grosseto
di Mariachiara Manopulo
29. healthonline.it | 29
Dottoressa,leioltrecheesserepresidente
dell’A.G.D. Grosseto è anche mamma di
Edoardo, un bambino con il diabete.
Pochi sanno davvero cosa sia questa
malattia, con quali sintomi si manifesti
e cosa significhi per un bimbo essere
diabetico. Ce lo può spiegare?
Quando parliamo di diabete giovanile, in
realtà si parla di diabete mellito di tipo
1, malattia autoimmune che porta alla
distruzione delle cellule beta del pancreas,
responsabili della secrezione dell’insulina.
Il gergo comune lo definisce giovanile,
perché questa patologia colpisce i ragazzi
soprattutto nella prima fascia d’età 0-19
anni, anche se l’insorgenza può avvenire
fino a circa i 40 anni.
Con la distruzione delle beta cellule non
viene più prodotta l’insulina capace di
garantire l’assunzione di carboidrati
(zuccheri semplici e complessi), che
rappresentano le sostanze nutritive per le
nostre cellule.
Nella fase dell’insorgenza, i sintomi
peculiari sono tanta sete, tanta pipì,
dimagrimento e stanchezza cronica.
L’esordio di mio figlio è avvenuto quando
aveva due anni e mezzo e in quel periodo
stavo procedendo a togliere il pannolino
per il ritorno a scuola.
Ho notato subito che la pipì era molto
abbondante e, durante il periodo notturno,
mi chiedeva di bere molto.
Io purtroppo non conoscevo i sintomi del
diabete di tipo 1, ma avevo capito che c’era
qualcosa che non andava, in quanto nel
giro di 10 giorni, mio figlio aveva perso
molto peso.
L’ho portato dal pediatra, che mi ha dato
una cura ricostituente.
Dopo pochi giorni, mio marito lo ha
riportato da lui, in quanto eravamo
fortemente convinti che qualcosa non
andasse nel verso giusto. Il pediatra,
dopo uno stick delle urine, ci ha mandato
direttamente al pronto soccorso per il
ricovero, in quanto il bambino aveva una
glicemia pari a 330 (i valori normali sono
tra 80 e 120).
Noi siamo arrivati al ricovero senza una
ipergliecemia importante. Purtroppo,
molti ragazzi arrivano con circa 600 di
glicemia. In Italia, nel 2019, ci sono stati 3
bimbi morti per chetoacidosi diabetica per
diagnosi tardiva della patologia.
Sulla base del RIDI, Registro Italiano del
diabete mellito insulino dipendente, i casi di
diabete in età scolare sono aumentati del
5% e del 3% per i ragazzi e adolescenti.
Purtroppo, non è possibile prevenire
questo tipo di diabete e si presume che
le cause siano rintracciabili tra fattori
ambientali, genetici e virali.
Cosa significa per un bambino avere il diabete oggi?
Beh, il bambino deve sottoporsi a circa 4/8 rilevazioni del sangue capillare dal
polpastrello per la misurazione della glicemia e a circa 6 iniezioni di insulina al giorno.
Fortunatamente, oggi la tecnologia ci viene in soccorso, e grazie all’utilizzo di sensori
per il monitoraggio continuo della glicemia e del microinfusore, questi numeri
giornalieri di rilevazioni si abbattono in modo significativo, rendendo la patologia
cronica più sopportabile.
30. “Forse la fase più
critica dall’esordio
è il rientro a scuola,
perché come mamma
sei combattuta,
con la consapevolezza
che sia meglio
gestire il diabete
personalmente
e con la paura
di affidare tuo figlio
a persone che non
conoscono questa
patologia”
30 | salute
31. Una volta scoperto il diabete, quali
sono le tappe da seguire per poter
permettere al bambino di avere una
vita normale?
L’esordio è un momento travolgente
che, a prescindere dall’età del ragazzo,
sconvolge tutti gli equilibri di vita sia del
bimbo sia della famiglia di appartenenza.
Con bambini molto piccoli tutto si
complica, dal rientro a scuola alla
frequenza di attività sportive e ricreative:
tutte le persone vicino al bimbo si trovano,
in un modo o in un altro, a guardare da
vicino il diabete.
I bambini molto piccoli non riescono
a sentire i sintomi di una ipoglicemia
e inizialmente, chi si accolla le totali
necessità del bimbo sono i genitori,
soprattutto la figura materna.
Fino a qualche tempo fa, molte madri
decidevano addirittura di lasciare il
lavoro per poter seguire il figlio.
Oggi, fortunatamente, questo non avviene,
grazie al supporto sociale e al sostegno
del personale docente.
Forse la fase più critica dall’esordio è il
rientro a scuola, perché come mamma sei
combattuta, con la consapevolezza che sia
meglio gestire il diabete personalmente e
con la paura di affidare tuo figlio a persone
che non conoscono questa patologia.
Gli stessi insegnanti hanno paura e
pensano di non poter gestire casi di
ipoglicemia, che fa tanta paura ai più.
Sicuramente, sia il tempo sia la fiducia
verso la scuola, inducono ad una graduale
rassicurazione che, a seconda dei genitori,
porta a considerare il bimbo come gli altri,
ma con particolari esigenze.
Come si spiega ad un bambino piccolo la malattia e come si riesce a fargliela
accettare?
A 4 anni mio figlio mi chiese “mamma, ma perché solo io ho il diabete e i miei amici non
ce l’hanno?”.
Come madre, come essere umano, questa domanda non può avere una risposta perché
ognuno di noi vorrebbe allontanare, scacciare lontano dal proprio figlio, da ogni bambino
qualsiasi sofferenza fisica e psicologica…purtroppo non si può.
Questa domanda io, mio marito, mio figlio, ce la facciamo ciclicamente ma, il vero segreto
secondo me, è la risposta. “Tu avevi il coraggio che né mamma, né babbo, né gli altri
bambini, hanno”.
A volte ci sentiamo fortunati, e ci diciamo è “solo il diabete”. Ripeto a me stessa che io
ho tre figli, e quello più indisciplinato è proprio lui, il diabete, irrequieto, ingestibile, ma
come un figlio deve essere accettato, amato e gestito al meglio.
healthonline.it | 31
32. Si dice che il diabete sia una malattia
che va monitorata 24 ore su 24: per un
bambino che deve frequentare la scuola
cosa succede? Le scuole sono attrezzate,
ma soprattutto gli insegnanti hanno la
formazione adatta per la supervisione
di questi bambini?
Come dicevo prima, il rientro a scuola è
difficile ma deve essere affrontato con
serenità, dando gli strumenti conoscitivi
agli insegnanti che si trovano a gestire la
patologia per circa 30 ore alla settimana.
Grazie ad AGD Italia, il coordinamento
delle associazioni per l’aiuto ai giovani
diabetici in Italia, è stato effettuato un
documento strategico di intervento
integrato, che delinea un percorso preciso
per accompagnare i genitori nella delicata
fase di inserimento scolastico.
Personalmente, posso dire che noi siamo
La sofferenza di questa malattia è spesso avvertita più dai genitori che dai bambini;
una volta scoperta la malattia quanto è necessario un supporto anche psicologico per
la famiglia?
Si parla di “diabete di tipo 3” riferendosi a quel tipo di sofferenza che tutta la famiglia vive
al momento della diagnosi: dai genitori, al fratellino o sorellina, alla famiglia allargata. Il
diabetenecessariamenteimponediversiritmi divita,induceaparticolariscelte,impone,
per un periodo, una vicinanza “iperprottetiva” dei membri familiari.
Al momento della diagnosi, i sensi di colpa insistono nella mente dei genitori che, con il
passare del tempo, devono necessariamente scrollarli di dosso, per evitare forme di
iperprotettività che, a lungo andare, danneggerebbero solo il bambino.
Infatti Minuchin, famoso psicologo della terapia familiare, individuava questo “sistema
patologico” in alcune famiglie con bambini con diabete, appunto famiglie psicosomatiche.
L’iperprotettività è sicuramente una tendenza delle famiglie con diabete, ma
verosimilmente, con il passare del tempo, i genitori trovano le giuste risorse per affrontare
serenamente la patologia, nonostante le difficoltà che la stessa impone.
L’emozione è sempre intensa quando parlo dell’esordio di mio figlio, avvenuto il 30
settembre del 2016… presumo che sia normale, ci tocca nel profondo, in quanto rappresenta
sicuramente un turn point della vita di tutta la famiglia.
stati molto fortunati perché dopo l’esordio,
Edoardo è rientrato dopo circa una
settimana dal ricovero, grazie a splendide
maestre che hanno voluto, con amore,
gestire la patologia.
Il primo periodo è stato comunque molto
difficile e, a volte, andavo anche 4 volte al
giorno a scuola per supportare le maestre.
I sintomi della glicemia - sonnolenza,
apatia, irascibilità - venivano e potevano
essere confusi con tratti tipici dell’età che
il bimbo si trovava a vivere.
Con il tempo, le maestre hanno iniziato a
fare l’insulina e a capire, grazie al sistema
della conta dei carboidrati, la necessità
personale e come “correggere” momenti di
ipo e iper.
Per questo è molto importante la
collaborazione tra scuola e famiglia, per
garantire una crescita serena e tranquilla
del bambino.
32 | salute
33. healthonline.it | 33
Altro sentimento
comune è la
sensazione di
isolamento che può
essere avvertito
dai genitori: una
maggiore rete
sociale intorno alla
famiglia garantisce
la riduzione di
questi sentimenti
L’età anagrafica del bambino al momento
dell’esordio è un fattore importante per il
tipo di supporto psicologico da rivolgere
alla famiglia e al bambino.
Infatti, fino a circa 7 anni, il supporto
psicologico è maggiormente focalizzato
sulla famiglia, che deve garantire gli
strumenti necessari al bambino per
affrontare la patologia cronica.
A supporto di questo approccio, alcuni
studi psicologici confermano come il
coping adottato dalla famiglia sia associato
in modo significativo a quello usato dal
bambino: la percezione e l’approccio
familiare sono basilari per la piena
accettazione.
Se invece parliamo dell’adolescenza il
supporto è focalizzato sul ragazzo, che
si trova nel pieno rifiuto della malattia,
che va a deformare la sua stessa identità,
nonostante sia sfociata in periodi più
lontani.
Ci sono dei falsi miti sull’alimentazione
di un bambino con diabete?
Sicuramente ci sono falsi miti sul bambino
con diabete.
Si pensa che il bambino con diabete
tipo 1 non possa mangiare dolci…cosa
assolutamente inesatta.
Il bambino deve seguire una dieta
equilibrata come tutti gli altri bimbi in
fase di sviluppo, un’alimentazione che
rispetti la piramide nutrizionale, dove al
vertice ci sono i dolci.
Certo, deve seguire alcune indicazioni
nutrizionali: i dolci devono essere
preferibilmente assunti al termine del
pranzo o della cena, al fine di evitare
il picco glicemico grazie all’assunzione
dei carboidrati complessi della pasta
34. e del pane. Inoltre, si devono preferire la pasta e il pane integrale…che diciamolo,
sarebbe un’indicazione nutrizionale che tutti noi, dovremmo adottare.
Propriopersfatareilfalsomitodell’assunzionedidolci,noidell’AGDdiGrosseto,inoccasione
della GMD 2019, abbiamo offerto come merenda a tutti i bambini di una scuola primaria un
ciambellone con e senza glutine.
34 | salute
Lo scorso 14 novembre, in occasione
della Giornata mondiale del diabete,
la vostra associazione ha partecipato
organizzando diverse iniziative per
sensibilizzare l’opinione pubblica;
quali sono i vostri obiettivi, i progetti e
le iniziative che state portando avanti
in quest’ottica?
Come dicevo prima, abbiamo promosso
per la GMD 2019 una serie di eventi
per far luce su questa malattia cronica,
che purtroppo, viene troppe volte
associata al diabete di tipo 2, che
colpisce principalmente le persone
adulte, nonostante ci sia la preoccupante
diffusione della stessa tra i ragazzi.
Il primo evento è stato un corso di
formazione per gli insegnati di ogni
ordine e grado, tenuto dall’equipe
del Meyer di Firenze e dell’Ospedale di
Grosseto, per far conoscere la malattia,
capire i meccanismi e far prendere
dimestichezza con il glucagone, il farmaco
salva vita da somministrare in caso di coma
ipoglicemico al bambino. “La conoscenza
abbatte la paura” anche in questo caso.
Per il secondo evento, il giorno 14
novembre, la scuola primaria Andrea da
Grosseto ci ha ospitati e l’Associazione
ha donato all’istituto un ulivo, simbolo
universale della vita.
L’IDF (International Diabetes
Federation) e l’Oms hanno scelto la
data del 14 novembre per la Giornata
Mondiale per omaggiare Banting, co-
scopritore dell’insulina che nel 1922, a
Toronto, somministrò l’insulina purificata
ai bambini con diabete.
Grazie a lui, rinacque la vita.
L’ultimo evento è stato dedicato al
controllo gratuito della glicemia a favore
della cittadinanza, con un flash mob,
ideato con i ragazzi della Scuola di danza
Officina Movimento Arte Danza, per
sottolineare che il diabete è una malattia
che colpisce principalmente i bambini.
Noi, come tutte le altre associazioni
italiane, abbiamo il compito di diffondere
informazioni alla cittadinanza e
sensibilizzare sulle esigenze che un
individuo con questa patologia cronica si
trova ad affrontare.
Abbiamo in mente tante altre iniziative
per il sostegno alle nostre famiglie
che speriamo riusciremo ad attuare
prossimamente, sia a livello locale che
nazionale.
37. healthonline.it | 37
Uomini che uccidono le donne
Dalla
al
misoginia
femminicidio
verbale
LatestimonianzadiMaria
38. Ogni giorno in Italia 88 donne sono vittime
di atti di violenza, una ogni 15 minuti.
Più di 90 i femminicidi nel 2019.
È questo il dato che lascia riflettere e che
al contempo fa paura. Pur evidenziando
un calo rispetto al 2017, la mappa
tracciata sull’intero territorio nazionale
preoccupa l’opinione pubblica e non
meno il mondo della politica che annuncia
misure precise per arginare questo triste
fenomeno sempre più dilagante tra le
mura domestiche.
Restando sul fronte delle cifre, elaborate
sulla base dei dati forniti dalla polizia
per la Giornata internazionale contro la
violenza sulle donne celebrata domenica
25 novembre, in calo risultano anche
i cosiddetti reati-spia: maltrattamenti
in famiglia, stalking, percosse, violenze
sessuali. E, parallelamente, aumentano
denunce e arresti per violenza sessuale
(+5,4%),stalking(+4,4%)emaltrattamenti
in famiglia (+11,7%).
Pochi mesi fa era stato l’allora ministro
dell’Interno Matteo Salvini ad annunciare
un intervento “il prima possibile” in
Consiglio dei ministri per l’introduzione
di un codice rosso “perché – aveva
commentato – sui fascicoli dei magistrati
le denunce di stalking e di violenza contro
le donne non finiscano all’ultimo posto”.
Promessa condivisa, anzi anticipata, dall’ex
guardasigilli Alfonso Bonafede e dall’allora
ministro per la Pubblica amministrazione,
Giulia Bongiorno.
Allargando lo sguardo allo scorso anno, i
dati del 2019 sono parziali, nei primi nove
mesi del 2018 il numero delle donne uccise
è calato solo di 3 unità (da 97 a 94 casi), ma
solo in 32 casi si può parlare effettivamente
di femminicidio, nel senso di uccisioni
di donne in ragione del proprio genere.
Anche se generalmente il “femminicidio”
è ricondotto cronologicamente a questi
ultimi anni, già nel 1992 se ne è parlato
in letteratura. A farlo è stata Diana Russell
che nel libro “Femicide: The Politics of
woman killing” ha introdotto questa nuova
categoria criminologica per definire la
violenza estrema perpetrata dall’uomo ai
danni della donna “perché donna”.
di Alessandro Notarnicola
Certo, questo non vuol dire che prima del 1992 non si siano mai verificati reati di genere, anzi.
La Russell dal canto suo ha dato vita a una campagna di informazione scientifica, antropologica,
oltrechegiornalistica.Finoadallorasieraparlatodimisoginiachepersuaorigineenatura
induce l’uomo a pensare alla controparte femminile come un oggetto di poco valore che
non merita attenzioni di nessun tipo.
Un pensiero che ha prodotto fiumi di inchiostro in ambito scientifico e che ha indotto lo stesso
Sigmund Freud a ritenere che questa stereotipizzazione della donna nasca da un complesso
omosessuale insito nell’uomo o, molto più semplicemente, scaturisca da un “non-risolto” che
provoca rabbia e violenza.
38 | in evidenza
40. Pertanto, alla misoginia, spesso definita in
legge come “delitto d’onore” e “lesbicidio”,
terminologie cadute in disuso da decenni
almeno per la legge italiana, con l’intuizione
della Russell si è cominciato a parlare di
“femminicidio”gradualmenteallargatosiaogni
forma di violenza e discriminazione contro la
donna“inquantodonna”,ancheverbale.
Un altro aspetto importante non
trascurabile riguarda il contesto in cui
avviene la violenza.
Di per sé se si parla di femminicidio non
si fa riferimento solo all’atto violento
dell’uomosulladonnamaanchealcontesto
sociale, lavorativo, familiare e domestico in
cui esso si rende possibile.
Inoltre, presuppone un’escalation di atti,
verbali e non, che hanno prodotto come
risultato l’aggressione finale, si pensi ai
casi – poi diventati mediatici – di Gessica
Notaro e Lucia Annibali, entrambe
sfigurate in viso con dell’acido.
Ad esempio: nell’80% dei casi un marito
che uccide la moglie l’ha vessata per anni
e dopo, a monte della separazione, ha
deciso di ucciderla per gelosia.
Uno degli aspetti finora poco approfonditi
del femminicidio riguarda il durante, ossia
la fase che intercorre tra “la relazione
standard tra un uomo e una donna” e il
“drammatico epilogo”.
Il durante rappresenta
la fase più dura da
superare ma al contempo
quella più decisiva: se la
donna denuncia è salva,
se non confessa ad alcuni,
familiari o amici, quello
che le sta accadendo
allora è in trappola
40 | in evidenza
41. La testimonianza
Abbiamo raccolto l’esperienza di Maria (nome di fantasia),
donnadelsudItaliasposatadatrentadueanniemaltrattatada
oltre dieci. Sposata con il suo attuale marito, la cinquantenne
ha dato alla luce tre figli, i quali oggi studiano e lavorano
lontano da casa. Pur non essendo legata sentimentalmente
al marito da qualche anno, Maria non riesce a chiedere la
separazione da quel compagno oggi, a suo dire, “indifferente,
silenzioso e violento”. Una violenza che non necessariamente
si concretizza tramite una sberla o uno spintone ma in gran
parte è fatta di accuse, ingiurie, bestemmie.
“Sono stati i suoi modi – ci racconta la donna – a indurmi in
uno stato di autodifesa e alla solitudine completa.
Ho un rapporto debole con i miei figli che sanno ma non
possono aiutarmi come vorrebbero essendo distanti da casa.
Con gli anni – confessa – mi sono trasformata: sorrido sempre
di meno, parlo molto poco e perdo peso a vista d’occhio. Sono
certa che un altro uomo non troverebbe in me la sensualità
che ogni donna conserva”.
LadifficoltàincontratadaMariainquestiannidi“depressione
di coppia” è dovuta – stando a quanto dice – a una mancanza
di autostima venuta meno dal momento in cui il dialogo
con il marito, suo coetaneo, ha assunto toni violenti e aspri
non idonei ad accogliere un confronto. A monte delle loro
discussioni un’altra donna, o meglio il tentativo del marito di
avvicinarsi a un’altra donna.
“Questoèilmotivochehainnescatonellamiamente–racconta
– un meccanismo di sfiducia nei suoi confronti: pertanto
non mi fido dei suoi racconti, dei suoi ritardi e persino degli
abiti che indossa a lavoro o fuori casa”. Secondo gli esperti
i problemi di fiducia nascono dall’assenza di autostima,
come in questo caso, o da complessi irrisolti della persona
singola. Per esempio, i soggetti molto gelosi e possessivi
possono faticare a concedere fiducia perché subentrano
dinamiche inconsce che impediscono loro di lasciarsi andare
completamente o, come ancora nel caso di Maria, di riuscire
ad andare avanti. Il tradimento, o presunto tale, è infatti la
ragione che porta molte coppie a frantumarsi: da una parte
ci sono coloro che optano per la separazione consensuale,
dall’altra invece in molti per ragioni sociali (spesso vivono in
piccoli centri abitati), l’unica strada è insabbiare i problemi
di coppia sfociando in litigi che generalmente diventano
violenti. Anche questo è dunque il femminicidio, inteso come
annientamento verbale della donna che il più delle volte, a
dimostrarlo sono i dati ufficiali, si trasforma in possesso e in
una relazione dalle tonalità mortificanti.
healthonline.it | 41
42. Il nostro impegno,
la vostra salute
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45. healthonline.it | 45
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azienda del Gruppo Health Italia S.p.A. che progetta eventi
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- scelta della location e allestimento - fino ai servizi di
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tradizionali della cucina italiana che si uniscono a quella
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meglio quali sono i servizi e in che modo Health Food
realizza ogni desiderio del cliente, abbiamo incontrato
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qualità e della tradizione senza tralasciare
gli aspetti più innovativi e creativi della
cucina moderna. Tra le proposte, curiamo
ad esempio il light lunch o buffet. I menù
possono essere personalizzati tenendo
presente le specifiche richieste.
Health Food ha studiato menù adatti
alle persone che soffrono di intolleranze
alimentari e anche a coloro che seguono
uno stile di vita vegano o vegetariano.
Invece, per la parte organizzativa, lo stile
e la raffinatezza sono le nostre principali
caratteristiche nella ricerca della location
che deve essere curata nei minimi dettagli
per rendere unico ed indimenticabile
l’evento.
Tutto questo è possibile grazie alla
continua scoperta di cose nuove e uniche
per stupire chi sceglie Health Food”.
Cibo di alta qualità e incantevoli location
sono il connubio perfetto per la realizzazione
di un evento.
Health Food mette a disposizione una propria
location esclusiva nel cuore del Parco di Vejo,
dove poter organizzare eventi privati e aziendali:
la Selvotta Suite Guest House
46 | aziende del gruppo
47. Cura nel dettaglio dal punto di vista alimentare e
organizzativo, siete “gli architetti degli eventi del food”.
Chi si rivolge a voi non deve pensare a nulla, è così?
“Esatto, pensiamo a tutto noi ma la centralità e il
coinvolgimentodelclientesonofondamentaliperlariuscita
dell’evento. Sin dal primo contatto incontriamo il cliente
per capire quali sono le sue esigenze anche attraverso le
emozioni che trasmette nel comunicarle.
È un rapporto di collaborazione dove si incontra la nostra
professionalità e le aspettative di chi si rivolge a noi”.
Perchè rivolgersi a Health Food?
“Perchè siamo attenti ad ogni singolo particolare in tutte le
fasi di organizzazione di un evento, questo è il cuore della
nostra attività quotidiana”.
Ricevimenti, feste, catering e banqueting all’insegna della
tradizione e di idee innovative sono i particolari che fanno
la differenza per un evento privato o aziendale difficile da
dimenticare.
Tutto questo è…Health Food!
healthonline.it | 47
Qual è il vostro “segreto”?
“L’impegno, la passione e la creatività sono i nostri punti di
forza. Il fine è quello di offrire cibi gustosi e particolari ma
soprattutto sani.
Health Food è da sempre attenta a garantire, grazie
al personale qualificato, un servizio impeccabile
interpretando con cura i gusti del cliente”
Health Food di nome e di fatto. In che modo avviene la
ricerca e la selezione dei prodotti?
“Attraverso l’esplorazione del territorio che ci consente di
selezionare le aziende fornitrici.
Ci rechiamo personalmente nelle strutture per conoscere
direttamente la loro storia e il loro modo di lavorare. Siamo
noi i primi a testare la qualità dei prodotti da offrire ai
clienti”.
50. Ha effettuato un vero e proprio teleconsulto immersivo
4K dal palco dell’Auditorium dell’Eur di Roma Giorgio
Palazzini, Professore della III Clinica Chirurgica Sapienza
Università di Roma, grande esperto di telemedicina:
indossando visore e joystick, è stato “teletrasportato” in
diretta nella sala operatoria dell’Ospedale di Terni.
L’operazionechirurgica,laprimaconlarealtàimmersiva5G
di Tim (fornita nell’ambito del progetto per la sanità 5.0),
è stata effettuata in laparoscopia, interagendo a distanza in
4K con il team medico diretto dal Prof. Chang-Ming Huang,
luminare dell’Università cinese Fujian Medical.
Ha raccontato Palazzini: “Trenta anni fa, gli interventi
sull’addome richiedevano molte trasfusioni di sangue,
perché se ne perdeva tanto. Oggi con la chirurgia
macroscopica o robotica il sanguinamento è equivalente
allo zero. I bracci elettronici consentono di coagulare e di
vedere molto meglio.
di Mariachiara Manopulo
50 | innovazione e tecnologia
51. Proseguendo
su questa strada,
si potranno
fare operazioni
chirurgiche
di massima precisione
e offrire teleconsulti
a distanza, in luoghi
non facilmente
raggiungibili,
ad esempio colpiti
da terremoti
o da altre calamità
naturali
L’occhio nudo ha un ingrandimento 1:1. Con questi strumenti digitali il rapporto è 1:10. È
come avere una lente di ingrandimento sui vasi sanguigni. Si ha una visione amplificata,
si vede meglio e si fanno meno errori.
Per questo la chirurgia robotica è adatta agli interventi di cardiochirurgia. Inoltre le ore di
intervento in sala operatoria si riducono da 5 a 2”.
Nella sala operatoria erano state installate 3 telecamere, di cui una speciale a 360° ad
altissima definizione: Palazzini ha potuto così vedere contemporaneamente l’intervento
e i dati biometrici del paziente, zoomare e selezionare i dettagli e osservare, sempre
in un’unica vista, la ripresa dell’organo interno del paziente, grazie alla telecamera
laparoscopica anch’essa connessa alla rete.
Il chirurgo ha commentato e seguito l’operazione proprio come se fosse a Terni.
“Se il professor Chang-Ming Huang, che opera 1.200 tumori allo stomaco ogni anno, può
insegnare a distanza a un collega che ha un’esperienza di nemmeno 10 casi l’anno si
genera un valore enorme”, ha aggiunto ancora il prof. Palazzini.
“O pensiamo solo alla possibilità che io possa seguire un intervento urgente a centinaia di
chilometri di distanza, anche se in quel momento sono all’estero o in vacanza, indossando
solo un visore. Sono convinto che questo sia solo l’inizio di una nuova era in tutte le
branche mediche e non solo per la teledidattica”.
Tutto l’intervento è stato trasmesso in
multistreaming: hanno assistito 30mila
specialisti e chirurghi di tutto il mondo
grazie alla connettività ultraveloce 5G di
Tim.
Questo il commento di Elisabetta
Romano, chief innovation & partnership
officer di Tim: “Questo enorme passo
avanti è stato reso possibile dalla
sinergia tra le competenze tecnologiche
e quelle sanitarie. In questo caso c’è
un’integrazione fondamentale di qualità,
velocità e latenza, senza sottovalutare la
componente wireless.
Non dimentichiamo infatti che non
sempre si possono fare teleconsulti
in ambienti super cablati: se non c’è
un’infrastruttura il wireless fa dunque
una differenza notevole. L’ambizione è
rendere la sanità ancor più democratica
grazie alla tecnologie”.
healthonline.it | 51
52. grazie ad Health Point
TELEMEDICINA
vicina
ai cittadini
sempre più
innovazione e tecnologia
La
Il punto con l’AD Silvia Fiorini
52 | innovazione e tecnologia
53. La prevenzione, la diagnosi e la cura hanno un alleato in più: la telemedicina.
In epoca digitale il concetto della telemedicina, intesa proprio come l’erogazione di servizi
sanitari con l’utilizzo di tecnologie informatiche e internet per uno scambio di informazioni
tra medico e paziente utili alla diagnosi, al trattamento e alla prevenzione delle malattie, si
sta espandendo.
di Nicoletta Mele
In Italia è presente dal 2017 Health Point
S.p.A., leader nel panorama nazionale
nello sviluppo e nell’erogazione di servizi
sanitari e in telemedicina. È controllata
da Health Italia S.p.A, società quotata sul
mercato AIM Italia, tra le più grandi realtà
indipendenti del mercato italiano che
operano nella Sanità Integrativa.
L’obiettivo di Health Point, sin dalla
costituzione, è quello di diffondere una
nuova percezione della salute, non più
legato alla semplice assenza di malattia,
ma da intendere come un modus vivendi
che conduce a un reale e concreto
senso di benessere complessivo. “Tutto
questo - spiega l’AD Silvia Fiorini - per
rispondere alle nuove esigenze di un
elevato invecchiamento della popolazione:
passare dal concetto di ‘cura’ a quello
del ‘prendersi cura’ di un soggetto sano
attraverso interventi personalizzati con
strumenti digitali che consentono un
accesso facilitato, costi agevolati e senza
lunghe ed estenuanti attese”.
HealthPointèunarealtàinpienoecontinuo
sviluppo e nel tempo ha registrato una
crescita esponenziale. Ad oggi, la società
conta diversi Shop Center della Salute sul
territorio nazionale, ognuno con la propria
station per i servizi in Telemedicina e la
divisione Medical Care che si compone
di 2 centri medici polispecialistici;
l’ultimo, il Poliambulatorio Specialistico
e Odontoiatrico Medical Care di Formello,
inaugurato ad ottobre scorso, è un vero
e proprio punto di riferimento per la
promozionedellaculturadellaprevenzione.
Inoltre, a giugno scorso Health Point ha
avviato il primo franchising ad Arezzo, in
Toscana.
Non solo, sempre nella logica di crescita
e di maggiore diffusione dei servizi di
telemedicina, la società ha finalizzato
una serie di collaborazioni con aziende
importanti, con diverse soluzioni dedicate
alla salute in ottica welfare ed è stata
presenteconunastationall’ultimaedizione
di Ita.ca 2019 - In viaggio tra le idee.
L’aver partecipato a questa importante iniziativa che ha riscosso grande successo di
pubblico, è stata occasione per avvicinare i cittadini al mondo della sanità digitale grazie
all’erogazione gratuita di check up ed esami non invasivi di primo livello a chi ne ha fatto
richiesta.
In occasione della seconda edizione del Premio Nazionale ANGI (Associazione Nazionale
Giovani Innovatori) dedicato ai migliori innovatori italiani che si è svolta presso la Camera
dei Deputati a dicembre scorso, Health Point è stata premiata nella categoria “salute e
benessere” per essersi distinta come realtà innovativa nell’offrire servizi dedicati alla
prevenzione e alla salute.
Per capire meglio la storia, la crescita e gli sviluppi di Health Point, realtà unica in Italia,
abbiamo intervistato l’AD Silvia Fiorini.
healthonline.it | 53
54. Dottoressa Fiorini, innanzitutto spieghiamo le diverse
realtà di Health Point.
“Health Point eroga i propri servizi fondamentalmente
attraverso due canali: gli Health Point Center e gli Health
Point Medical Care. I primi sono dei veri e propri Shop
Center della Salute per la promozione della prevenzione
e del benessere, con personale dedicato. Al loro interno
è possibile usufruire di servizi di telemedicina grazie alla
presenza delle station, approfondire argomenti legati alla
sfera della salute e acquistare prodotti relativi al mondo
del benessere come cosmeceutici, integratori a base di
collagene, test predittivi del DNA e un’acqua minerale
microbiologicamente pura, con bassissimo contenuto di
sodio e PH alcalino.
Le station sono delle postazioni all’interno dei center,
attrezzateperfornirepiùdi40rilevazioniintelemedicina
grazie a dispositivi medicali non invasivi e di ultima
generazione, nel pieno rispetto delle Linee di Indirizzo
Nazionali del Ministero della Salute.
I center sono presenti in diverse città d’Italia e ad Arezzo è
stato aperto il primo in franchising.
IMedicalCaresonoatuttiglieffettideicentripolispecialistici
con personale medico altamente qualificato, in cui è
possibile effettuare prestazioni sanitarie di secondo livello
compreseinduemacroaree:PolispecialisticaeOdontoiatria.
Allo stesso tempo emettono anche la refertazione per le
rilevazioni effettuate in telemedicina nelle station, essendo
in possesso di regolare autorizzazione”.
Ha preso il via il Poliambulatorio Specialistico e
Odontoiatrico Medical Care a Formello, quali sono le
attività?
“Il Centro Polispecialistico è attivo da giugno, dopo l’estate
abbiamo voluto organizzare un’inaugurazione ufficiale che
ha visto la partecipazione di esponenti delle istituzioni
locali. Quello di Formello è un Poliambulatorio Specialistico
e Odontoiatrico la cui mission è rendere la salute una
condizione di benessere completo e costante, offrendo
visite ed esami specialistici con lo scopo di abbattere i
tempi di attesa. Gli obiettivi principali sono la diffusione
della prevenzione, cercando di instaurare nelle persone
la consapevolezza del prendersi cura della propria salute,
e del benessere quotidiano come punto imprescindibile
in ogni individuo, più facilmente raggiungibile proprio
attraverso la prevenzione”.
Dott.ssa Silvia Fiorini
AD di Health Point
54 | innovazione e tecnologia
55. Se facessimo un bilancio di Health Point
dalla nascita ad oggi possiamo dire
che questa nuova realtà, unica nel suo
genere in Italia, è stata lungimirante
nel saper cogliere le nuove esigenze e gli
strumenti tecnologici innovativi che si
hanno a disposizione per la tutela della
salute?
“Ciò che ci preme cambiare è la forma
mentis che ci fa ricorrere alle cure mediche
soltanto all’insorgere di un problema
di salute. Non sarebbe meglio avere più
consapevolezza nel quotidiano e fare ciò
che è nelle nostre possibilità per cercare
di mantenere uno stato di benessere
continuo? Sicuramente la tecnologia ci può
assistere in quest’ottica di prevenzione,
rendendo le dinamiche più semplici e
andando incontro ad aspetti differenti che
fanno parte della vita di ognuno di noi.
Anche all’interno del contesto lavorativo,
altro tema che riteniamo fondamentale, è
possibile inserire dei percorsi dedicati alla
persona.
Si sta delineando un trend che vede le
imprese sempre più attente ai bisogni
e alle esigenze dei propri dipendenti.
Promuovendo la cultura della prevenzione
nella quotidianità, Health Point offre anche
diverse soluzioni integrabili all’interno di
piani di welfare aziendale, personalizzabili
secondo le diverse esigenze, con check-
up per i dipendenti estendibili ai familiari
e altri percorsi dedicati alla salute, con
accesso veloce e immediato.
Tral’altroabbiamoavutomododiillustrare
i nostri servizi alle aziende partecipando,
a fine ottobre, ad uno dei maggiori eventi
riguardo l’arte di fare impresa: Azimut
Libera Impresa EXPO. Siamo stati presenti
con una station e abbiamo incontrato
numerosi manager e professionisti
illustrando la nostra realtà, in quello che
è stato il punto di riferimento annuale tra
aziende ed economia reale.”
healthonline.it | 55
“Ciò che ci preme
cambiare è
la forma mentis
che ci fa ricorrere
alle cure mediche
solo all’insorgere
di un problema
di salute”
56. Secondo lei il concetto di telemedicina
sta finalmente entrando a pieno titolo
come il nuovo e innovativo strumento
di erogazione di servizi sanitari fino ad
ora non molto diffuso e in un certo senso
anche ostacolato?
“Non posso utilizzare il termine
“ostacolata” pensando alla Telemedicina,
non sarebbe esatto. Semplicemente è un
aspetto che si sta sempre più sviluppando
a livello mondiale, in Europa e pian,
piano anche qui in Italia, anche se c’è
molto lavoro da fare. Siamo orgogliosi
di poterci considerare dei pionieri nel
nostro territorio nazionale, ma proprio
per questo, cercando di sviluppare dei
progetti nuovi e innovativi, è normale
riscontrare delle difficoltà, anche
derivanti dal confronto con le istituzioni.
Mi riferisco al procedimento giudiziario
concluso pochi mesi fa con una
sentenza della Corte di Cassazione che
ha riconosciuto la nostra corretta
interpretazione e applicazione delle
normative vigenti in telemedicina nel
portare avanti il nostro lavoro.
Sicuramentequestasentenzahaspalancato
ulteriormente le porte verso il futuro della
telemedicina e rappresenta un importante
precedente per la regolamentazione.
Noi crediamo e continuiamo a credere
fortemente in questa disciplina. La
possibilità di effettuare misurazioni
di particolari parametri del nostro
organismo con device altamente
tecnologici e non invasivi, nel pieno
rispetto della privacy, e la possibilità di
condividere i dati direttamente con un
centro medico e/o un medico specialista
di riferimento, rappresentano degli
strumenti fondamentali per la prevenzione
e per la tempestività nella sfera sanitaria
quotidiana di ognuno di noi”.
Le station di Health Point, operando quindi nel pieno rispetto delle Linee di Indirizzo
Nazionali sulla Telemedicina e prendendo atto delle delibere di recepimento dal 2015
presenti nella maggior parte delle regioni italiane, sono delle realtà, prima che dei luoghi
fisici, in cui imparare a considerare il proprio benessere come prioritario e conseguenziale
a un nuovo approccio alla prevenzione e alla cura di sé.
Sono spazi in cui è possibile avere a disposizione le più innovative soluzioni esistenti per
la propria salute e quella di tutta la famiglia. A presto con i futuri sviluppi di una realtà in
costante crescita sempre più vicina ai cittadini nell’erogazione dei servizi di telemedicina.
56 | innovazione e tecnologia
57. ABBIAMO LA RISPOSTA PRONTA
Health Assistance fornisce le soluzioni più qualificate in ambito di salute integrativa, servizi sociali e
assistenza sanitaria, per privati e aziende. Siamo un Service Provider indipendente sul mercato
dell’Assistenza Sanitaria Integrativa, dei servizi Socio Assistenziali e Socio Sanitari, nel comparto
del Welfare Aziendale e privato. Per offrirti il meglio, abbiamo stipulato accordi e convenzioni con
le più accreditate Società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di
Assicurazione, nonché Cooperative, Società di Servizi, strutture sanitarie e liberi professionisti.
Per i servizi sanitari e socio assistenziali,
anche domiciliari:
Numero Verde: 800.511.311
Numero dall’estero: +39 06 90198080
Health Assistance S.C.p.A.
c/o Palasalute
Via di Santa Cornelia, 9
00060 Formello (RM)
Per le strutture del Network o a coloro che
intendano candidarsi al convenzionamento
Ufficio Convenzioni: 06.9019801 (Tasto 2)
email: network@healthassistance.it
www.healthassistance.it
59. Al via lo studio
dell’Associazione
Medici Diabetologi
healthonline.it | 59
60. Che la telemedicina si possa applicare alla
cura di patologie croniche, come il diabete,
non è certo una novità.
In tutta Italia sono disponibili servizi
di monitoraggio a distanza dei valori di
glicemia, peso, pressione arteriosa, rilevati
in casa del paziente e trasmessi alla
centrale operativa di assistenza.
L’obiettivo è ora perfezionare e sviluppare
su larga scala queste esperienze, fino
a questo momento sviluppate per lo
più a livello locale ed episodico senza
coordinamento.
La telemedicina in questi casi può
60 |
I pazienti,
direttamente da casa
trasmetteranno i propri
dati relativi a glicemia,
peso e pressione a un
TeleHealth Center
con funzione di filtro,
per evitare che i servizi
di diabetologia vengano
sommersi da una mole
di informazioni
difficilmente gestibile
offrire una maggiore continuità
assistenziale, migliorare la qualità di
vita dei pazienti – superando il problema
della distanza e riducendo il numero delle
visite, garantendo però cure sempre più
personalizzate – e permette di risparmiare
in termini di spesa sanitaria.
Recentemente, l’Associazione Medici
Diabetologi (AMD), con il supporto e il
coordinamento scientifico del Centro
Nazionale per la Telemedicina e le nuove
Tecnologie Assistenziali dell’Istituto
Superiore di Sanità, ha sviluppato uno
studio clinico per valutare e misurare i
benefici della telemedicina in diabetologia.
di Mariachiara Manopulo
innovazione e tecnologia
61. healthonline.it | 61
Glialertarriverannoaldiabetologosoloincasosianecessario
un intervento, che avverrà comunque in tempo reale.
“Ci aspettiamo che lo studio offra alcune risposte chiave sulle
differenze tra percorsi di telemedicina e percorsi assistenziali
standard, in termini di consumo di risorse sanitarie”,
ha sottolineato in una nota il presidente di AMD, Domenico
Mannino.
“L’obiettivo - ha chiarito - è quantificare il numero di visite,
di accessi in ospedale e il tempo dedicato alle prestazioni
di telecare, per supportare future politiche di rimborso di
queste stesse prestazioni, alla luce del Piano Nazionale della
Cronicità, del Piano Nazionale per la Malattia Diabetica,
della Comunicazione della Commissione Europea sulla
Sanità Digitale (COM 2008-689) e delle normative vigenti”.
“La telemedicina è una modalità integrativa rispetto alle
cure tradizionali, è un di più rispetto ai normali contatti tra
la persona con diabete e il Centro di diabetologia, ed è un
modo per facilitare il passaggio di informazioni da casa
del paziente al centro di diabetologia negli intervalli
tra le visite”, ha sottolineato Antonio Nicolucci, direttore
di Coresearch, partner AMD nella conduzione dello studio.
“Una persona con diabete di tipo 2 viene vista dal servizio
di diabetologia in media due volte l’anno. In tutto il periodo
che intercorre tra una visita e l’altra la telemedicina
consente di convogliare i dati sulla glicemia, sul peso
corporeo, sulla pressione arteriosa da casa del paziente al
centro di diabetologia”.
Il direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le
Nuove Tecnologie Assistenziali ISS, Francesco Gabbrielli,
ha sottolineato l’importanza del progetto, “un’esperienza
‘apripista’”, il primo trial a livello nazionale.
“Le innovazioni digitali - ha aggiunto - aprono nuove
opportunità, ma non dimentichiamo che la Telemedicina,
e ciò che ne seguirà, è un atto sanitario e come tale
necessita di adeguata sperimentazione clinica”.
Ad essere coinvolti saranno 1000 persone, con diabete
di tipo 2 e diabete gestazionale; l’obiettivo è verificare
se l’utilizzo di un sistema di telemedicina domiciliare,
associato a un supporto educativo da remoto, migliori il
controllo glicemico e il profilo di rischio cardiovascolare,
rispetto alle normali modalità di gestione della patologia.
63. healthonline.it | 63
I numeri parlano
di un trend in crescita
A colloquio con Laura Serpilli
64. Alimentazione vegana e stile di vita. Sempre più spesso
si parla di veganismo non solo legato al comportamento
alimentare, ma inteso come un vero e proprio stile di vita. È
un trend in crescita, una “rivoluzione vegetale”.
A rilevarlo è l’Osservatorio VeganOk, “un progetto
editoriale web nato a Novembre 2016 - spiega la
Direttrice dell’Osservatorio VeganOk Web e della rivista
Osservatorio VeganOk Magazine, Laura Serpilli - per
la realizzazione di report statistici annuali curati dalla
Dott.ssa Paola Cane e utilizzati dai media nazionali per
articoli ed approfondimenti. Da Giugno 2018 è un sito con
aggiornamento quotidiano”.
L’Osservatorio è la prima organizzazione informativa
europea specializzata in analisi dei dati sociologici,
scientifici e di mercato, che verifica in modo competente
e con l’ausilio di seri professionisti, notizie e tendenze
che influenzano il comportamento di persone e mercati
sull’intero territorio europeo.
Dott.ssa Serpilli a chi è rivolto il progetto?
“Ad aziende che vogliono essere informate sui trend e
sulle normative, a consumatori consapevoli che vogliono
ottenere informazioni corrette in ambito di consumi e a
giornalisti alla ricerca di indagini e dati.
Il mondo vegan è la lente attraverso la quale osserviamo
i mutamenti del mercato. Vogliamo misurare l’impatto
della crescita della realtà vegan, osservarne l’evoluzione
e darle il posto che la normale informazione a volte non
riesce a conferirle. Il focus della nostra attività è mostrare il
cambiamento in atto, con attenzione particolare alle attività
produttive che, in maniera sempre più incisiva, decidono di
allargare la propria offerta al mondo vegan o convertire la
propria produzione con una svolta ecologica ed etica.
Laura Serpilli
Direttrice dell’osservatorio
VeganOk e della rivista
Osservatorio VeganOk Magazine
di Alessia Elem
64 | benessere
66. Cosa si intende per stile di vita vegano?
É una scelta di vita che poggia su basi etiche. Non si tratta di
una questione legata esclusivamente all’alimentazione ma
è il concretizzarsi di una visione in cui l’interazione tra gli
esseri non sia filtrata da alcun presupposto di superiorità.
Il vegano è colui che ha interiorizzato una visione non
specista dell’esistenza in una dimensione in cui la specie di
appartenenza non rappresenta un privilegio.
L’ovvia conseguenza è quella di non consumare derivati
animali; non indossare derivati animali; non appoggiare
nessuna azione di sfruttamento.
La parola “vegan” associata ad un prodotto o allo stile di
vita di una persona, ci fornisce una serie di informazioni
e non una soltanto, legata al cibo: ci racconta la necessità
di introdurre una base etica su cui edificare tutte le altre
scelte. Adottare uno stile di vita vegano è quindi diverso
dalla scelta di approcciare una dieta di tipo vegetale.
Chi mangia vegetale potrebbe farlo per motivi puramente
salutistici o legati al benessere e per questo, non fare
proprio il concetto etico alla base del veganismo: salute e
benessere sono motivazioni forti ma non necessariamente
legate all’aspetto etico di interazione tra uomo e animale.
Ad esempio, chi decide di adottare un’alimentazione a base
vegetale potrebbe decidere anche di indossare derivati
animali (pelletteria, lana o seta).
Per entrambe le scelte comunque, è necessario accrescere
la propria consapevolezza e scegliere accuratamente cosa
mettere nel carrello. Sia per il consumatore vegan che per
quello che sceglie prodotti plant-based, il carrello è uno
strumento identitario molto forte.
Come spiega che da un punto di vista economico è un
trend in crescita?
Stiamo attraversando una vera e propria “rivoluzione
vegetale”. Iconsumatorichesidichiaranoveganiaumentano
in maniera incisiva tutto il mondo e sono guidati da tre
driver principali: etica, salute e questione ambientale.
66 | benessere
67. Quali sono i numeri al livello internazionale?
Cresce la portata degli investimenti nel settore, il numero di aziende che immettono sul
mercato prodotti vegetali e cresce anche il numero di consumatori che accolgono l’offerta di
referenze plant-based. Le abitudini di spesa stanno cambiando e vanno verso una direzione
di consumo più consapevole.
Di conseguenza, gli scaffali della GDO ampliano lo spazio dedicato al mondo vegetale.
Alcuni dati dal nostro ultimo report (Rapporto Osservatorio VeganOk 2018):
• 7,4 miliardi di euro: mercato globale prodotti Plant based (sostituti vegetali della carne
e dell’industria lattiero casearia)
• 11,90 miliardi di euro: stima mercato globale Plant based al 2022
• 5,2 miliardi di euro: stima mercato globale Plant based sostitutivi della carne al 2020.
Negli Stati Uniti, Sentinel Media ha stimato, che la popolazione che si dichiara vegana ha
raggiunto quota 6.5 milioni di persone.
InGranBretagna,secondodatiIpsoscommissionatidallaBritishVeganSociety,lapopolazione
vegan dal 2014 al 2018 risulta praticamente quadruplicata.
A confermare il trend a livello globale, c’è un altro elemento fondamentale, l’ascesa
del “flexitarian”: un consumatore che per motivi etici, salutistici o legati alla questione
ambientale, sta facendo spazio ad un sempre maggiore numero di prodotti e referenze
plant-based come parte di un’alimentazione flessibile.
Probabilmente questa è la fetta di popolazione più ampia in questo momento ed è anche
quella che sta generando una spinta sostanziale di cambiamento del comparto produttivo.
Qual è invece a la situazione in Italia?
Secondo la ultima rilevazione Eurispes, è
veg il 7,3% degli italiani, con un calo del
numero di vegetariani, ed un aumento
della popolazione che sceglie uno stile di
vita vegan: l’1,9% del totale.
Nonostante l’indagine Eurispes risulti a
nostro avviso sottostimata rispetto alla
reale portata del fenomeno, l’incremento è
innegabile.
Nel 2017 come Osservatorio abbiamo
condotto una indagine su un campione
di 15.000 individui e abbiamo rilevato
una popolazione vegan pari al 2,6% degli
intervistati.
la categoria
dei flexitarian
rappresenta la fetta
di popolazione
più ampia in questo
momento ed è anche
quella che sta
generando una
spinta sostanziale
di cambiamento del
comparto produttivo
healthonline.it | 67
69. healthonline.it | 69
Dalla sua comparsa, ben 75 milioni di persone sono state
infettate dal virus dell’HIV e circa 32 milioni sono morte,
mentre quasi 38 milioni convivono con la malattia.
La parte di mondo più colpita da questa epidemia è il
Continente Nero, con quasi un adulto su 25 affetto da HIV.
Ma negli ultimi due decenni, grazie ai progressi in campo
medico e scientifico, si è visto che l’obiettivo di porre fine
all’epidemia di AIDS è raggiungibile, seppur ambizioso.
Come superare le principali sfide per porre fine
all’epidemia di AIDS?
Ad oggi l’HIV rimane una delle principali cause di
morte in tutto il mondo. Soprattutto la diagnosi dovrebbe
essere tempestiva, per poter offrire un percorso di cura il
più rapido possibile.
Non solo diagnosi precoce però: anche proteggere chi ha
l’HIV impedisce l’ulteriore trasmissione dell’infezione e
può contribuire a ridurre al minimo il numero di persone
affette.
di Giuseppe Iannone
70. Le persone che convivono con l’HIV sono ancora tante.
Troppe. E spesso sono vittime di discriminazione.
Ad oggi, la maggior parte della ricerca sull´HIV avviene
grazie a finanziamenti nazionali, sia ad opera di donatori
pubblici che privati, ma ancora di più può e deve esser fatto.
Per questo motivo, la strategia globale per la prevenzione
dell’HIV, in linea con l’approccio “Fast-Track” promosso
dall’UNAIDS, stabilisce obiettivi sempre più ambiziosi per
il 2030. Il traguardo è ridurre le infezioni annuali da HIV
di 200.000 entro il 2030; ridurre le morti di 400.000 nel
2030.
Non bisogna dimenticare che l’HIV non è solo un problema
di salute, poiché la diffusione di una malattia infettiva
è fortemente correlata con fattori socioeconomici,
ambientali ed ecologici, come la crescita della popolazione,
i cambiamenti ambientali e politici.
L’incidenza (ossia i nuovi casi) di HIV è in calo del 16%
rispetto agli anni ´90, così come calano (del 33% rispetto
al 2004) le morti correlate al virus, ma questo non significa
che possiamo concederci il lusso di abbassare la guardia.
In Italia vengono diagnosticati ogni anno circa 4 mila casi
di contagio da HIV.
Dagli anni ‘80 sono stati registrati 58.400 casi di AIDS, e
ben 35.300 decessi dovuti alla malattia. Dal 1995 ad oggi, il
numero di casi registrati di AIDS è passato da 5.600 a 1.200.
Ildeclinodell’incidenzadell’AIDSèdirettamenteattribuibile
all’efficacia della terapia farmacologica antiretrovirale
combinata, che ha portato ad un aumento del numero di
persone che riescono a convivere con la diagnosi.
L’efficacia della terapia farmacologica significa che i 23.000
italiani infetti da HIV hanno maggiori possibilità di non
ammalarsi di AIDS.
70 | psicologia
71. Se soprattutto negli anni ‘90 la trasmissione
dell’HIVinItaliaeracorrelataprincipalmente
all’uso di sostanze (nel 1997, circa il 60%
dei casi registrati di persone con infezione
da HIV era correlato alla droga, il 20%
veniva trasmesso attraverso il contatto
eterosessuale e il 15% attraverso il contatto
omo o bisessuale), nel 2007 il numero di
trasmissioni correlate alla droga è diminuito
a circa il 28%, mentre la trasmissione per
via sessuale è balzata al 44%.
Sembra un paradosso, ma grazie ai
trattamenti antiretrovirali e ad altri farmaci
molte persone non percepiscono più l’AIDS
come una condanna a morte immediata: in
virtù di ciò, il tasso di infezione da HIV sta di
nuovo aumentando.
Considerato che un vaccino per l’HIV non
è ancora stato trovato, è chiaro come tutte
le professioni sanitarie debbano offrire il
loro contributo alla prevenzione e gestione
dell’HIV.
Anche gli psicologi hanno un ruolo
importante in questa battaglia: possono,
per esempio, progettare strategie di
prevenzione, identificando quali persone
sianomaggiormentepropenseaimpegnarsi
in comportamenti ad alto rischio (sesso non
protetto e/o uso di droghe).
Ma possono anche progettare interventi
di sostegno sia per chi ha contratto il
virus sia per i familiari delle persone
contagiate, aiutare a ridurre lo stigma
associato all’avere contratto il virus,
soprattutto in gruppi spesso più a rischio
di essere emarginati, come omosessuali e
persone che usano sostanze stupefacenti.
Possono offrire programmi di trattamento
e prevenzione basati sull’evidenza.
La competenza degli psicologi è inoltre
fondamentale per affrontare un’altra sfida
alla prevenzione dell’AIDS: il consumo
illegale di sostanze.
Sappiamoinfattidamoltotempochel’abusoel’usodisostanzecontribuiscenotevolmente
alla diffusione dell’epidemia.
E non mi riferisco solo alla trasmissione dell’HIV via siringhe infette, ma anche a droghe
eccitanti, come le metanfetamine (sempre più spesso usate in combinazione con il Viagra),
che portano le persone ad essere più propense ad impegnarsi in attività che trasmettono
l’HIV, prime fra tutte il sesso non sicuro con sconosciuti.
Concludo con alcune considerazioni: la prevenzione dell’AIDS andrebbe estesa anche a fasce
di popolazione, come quella anziana, che non sono tradizionalmente considerate ad alto
rischio di infezione.
La psicoeducazione in questo campo è importante per ridurre lo stigma associato alla
malattia, per informare le persone sane su come non contrarre il virus e per promuovere
stili di vita salutari.
healthonline.it | 71
73. healthonline.it | 73
Quale ruolo per la (neuro)
psicologia clinica?
Neparliamoconlopsicologo
epsicoterapeutaGiuseppeIannone
74. Nonostante la riabilitazione sia stata storicamente
considerata un valido aiuto per le persone con disabilità, in
realtà viene sempre più introdotta in ogni condizione che
comprometta o limiti la salute e quindi il funzionamento
complessivo dell’individuo.
In occasione della Giornata Mondiale della Disabilità,
celebratasi il 3 dicembre scorso, tale concetto è stato
ulteriormente sottolineato.
Vediamo più da vicino cosa si intende per riabilitazione e
quale contributo possono offrire la neuropsicologia e la
psicologia clinica.
Dr. Iannone, partiamo da cosa si intende per
riabilitazione.
La riabilitazione psicologica comprende tutte quelle attività
finalizzate a una reintegrazione e al recupero di abilità
e/o competenze che hanno subìto una modificazione,
un deterioramento o una perdita, oppure a favorire la
costruzione di strategie compensative nei casi in cui non
sia possibile un recupero totale delle abilità e competenze
prima possedute.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la
riabilitazione è un “processo di soluzione dei problemi
e di educazione nel corso del quale si porta una persona
a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano
fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor
restrizionepossibiledellesuescelteoperative”(Linee-guida
del Ministro della Sanità per le attività di Riabilitazione,
Provvedimento del 7 maggio 1998).
di Alessia Elem
Dott. Giusepe Iannone
Psicologo e psicoterapeuta
74 | psicologia
75. Che obiettivi si pone la riabilitazione?
La riabilitazione ha per compito la realizzazione di tutti quegli interventi sanitari
necessari per consentire alla persona di raggiungere un livello ottimale di funzionamento
e partecipazione, tenendo conto del diritto all’autodeterminazione della persona stessa.
Spesso infatti una condizione di disabilità rappresenta un ostacolo nella libera
espressione dei propri diritti, desideri, scelte e relazioni.
In quest’ottica, attuare interventi psicologici di riabilitazione, in soggetti con disabilità
fisiche, disturbi cognitivi, del neuro sviluppo, deficit neuropsicologici, disturbi
psichiatrici o con dipendenza da sostanze, significa valorizzare le risorse personali,
promuovere percorsi di formazione, di educazione e riabilitazione volti alla promozione
della salute, favorendo la partecipazione del singolo alla vita di comunità.
healthonline.it | 75
Oggi la psichiatria lavora sempre più a
stretto contatto con la neuropsicologia
clinica. Quali sono le implicazioni per la
psicologia?
La presenza di deficit cognitivi in patologie
come le psicosi o il disturbo bipolare è
ormai largamente accertata.
È altrettanto noto che tali deficit possono e
devono essere trattati.
In questo senso, la neuropsicologia
clinica diviene “disciplina ponte” tra la
psichiatria medica e la psicologia clinica.
Sempre più servizi, sia pubblici che privati,
offrono infatti percorsi di abilitazione
e riabilitazione cognitiva delle funzioni
cognitive compromesse, come ad esempio
quelle mnestiche, attentive ed esecutive.
In quanto operatori della riabilitazione,
anche a noi psicologi viene richiesto di
creare programmi riabilitativi che siano
basati sull’evidenza scientifica e che
tengano conto dell’unicità della storia di
vita della persona e del mondo che abita.
A cosa fanno riferimento i concetti di inclusione e integrazione in ambito riabilitativo?
Inclusione e integrazione vengono spesso usati come sinonimi in ambito riabilitativo, ma in
realtà sono termini che esprimono concetti diversi.
Per inclusione si intende un percorso di accompagnamento che consenta alle persone con
qualche forma di disabilità di godere degli stessi diritti delle persone senza disabilità.
Per integrazione invece, si intende la creazione di percorsi ad hoc per persone con disabilità
che consentano di promuovere la qualità della vita.