1. LICEO CLASSICO E LINGUISTICO “C.SYLOS”
BITONTO
Pasquale Mongiello
CLASSE III A
2. Era da un po’ che mi sentivo quasi assalito da un delirio di onnipotenza!
Una febbre, un fuoco ardente sembravano abitare il mio corpo. Mia
madre ne era quasi spaventata. L’avevo sentita parlare con mio padre di
come fossi cambiato in un anno, della mia energia incontenibile, del fatto
che, dal giorno del mio quindicesimo compleanno, lei stentava sempre di
più a riconoscere in me quel ragazzino timido ed insicuro, così refrattario
alle amicizie, che tanto l’aveva fatta preoccupare. Ora ero
completamente cambiato, ma lei si preoccupava lo stesso. Benedette
mamme, pensai, non sono mai contente e cercano sempre un motivo per
preoccuparsi. Sarà nella loro natura! Mio padre era diverso: una roccia!
Con la sua manona accarezzò i capelli della mamma, dicendo: “Non era
quello che volevi? Ora Davide sta crescendo. Non pretendere di
contenerne l’energia…a quell’età anch’io sfidavo il mondo! E se non senti
la vita pulsare in te a quell’età, quando vuoi che accada? E poi non essere
gelosa se ti preferisce gli amici”, soggiunse, “…mi sembra che anch’io a
quindici anni preferissi uscire con te”. Il suo tono era ammiccante, sentii
la mamma ridere con complicità e il mio buonumore registrò una puntata
verso l’alto che mi fece rabbrividire dal piacere. Raccattai velocemente i
libri e i quaderni, gettandoli confusamente nello zaino. Al volo presi il
dizionario di latino…e chi l’avrebbe sopportata la prof Carrese se lo avessi
di nuovo dimenticato? L’idea di essere costretto per cinque ore in quel
metro quadro di spazio tra il mio banco e la cattedra, era l’unica nota
stonata. Ma era una calda giornata di maggio, l’anno scolastico si avviava
al termine, il sole mi accarezzava la pelle facendomi l’effetto di mille
elettrodi collegati al mio corpo. Vivere, era il mio imperativo categorico.
Amici, arrivo! Mentre attraversavo l’ultimo tratto di strada fino a scuola,
ripassavo mentalmente la scaletta della giornata. Allora, le prime due ore,
overdose di Carrese e latino (che detestavo), poi un’ora di scienze
motorie (la mia valvola di sfogo), e infine due ore di matematica. Pensavo
che avrei dovuto attrezzarmi psicologicamente per sopportarle…o
avrebbero dovuto legarmi al banco, come scherzosamente la Carrese
ripeteva spesso a mia madre, per descriverle la mia incontenibile energia
3. o il mio vezzo, a suo detto pericoloso, di dondolarmi sulla sedia per tutta
la giornata. Arrivai a scuola, salutando il sole come un vecchio amico che
avrei rivisto più tardi…
Ma quel “più tardi” ebbe il sapore amaro di una promessa tradita. La
sedia mi tradì, piegandosi sotto il peso della mia vitalità e del mio corpo
giovane e irruento, lei ormai vecchia e consunta…la mia sicurezza
imprudente mi tradì, nel fare qualcosa che avevo fatto centinaia di
volte…il termosifone mi tradì, condividendo con me quel metro quadro di
spazio che già non bastava a me. Fu lì che caddi. La mia testa rimbombò
sulla fredda ghisa con un rumore che sciolse ogni mia sicurezza. E mentre
vita e vitalità abbandonavano il mio corpo, quel sole mi sembrò sempre
più freddo e lontano. L’ultimo pensiero fu per i miei genitori e per il loro
dolore, che non avrei potuto evitare…