1. DESTINAZIONE OLIMPIADI.
"Nonno, mi racconti una storia?" chiese Matteo.
"Figliolo, quella che sto per raccontarti non è una storia come le altre...E' una storia di tanto tempo
fa, ma che puoi vedere anche oggi, negli occhi di molti uomini e donne..." gli rivelò il nonno che,
preso il suo bastone, si sedette sulla soffice poltrona rivestita di velluto rosso, dove sempre era
solito accomodarsi per dilettare il nipotino nei lunghi pomeriggi invernali. Matteo guardò il nonno
perplesso: non capiva. "Questa storia non comincia con un 'c'era una volta', non può. Parla di un
ragazzo, uno bel ragazzo di ventotto anni, futura promessa dell'atletica leggera italiana. Si allenava
con il suo professore del liceo, ogni giorno per ore tra le vie del borgo medioevale in cui viveva,
esortato dai genitori,parenti, amici con l'obiettivo di partecipare alle olimpiadi di Roma che si
sarebbero tenute nel 1960. Tuttavia, per poter permettersi l'ammissione al team olimpico e non
gravare ulteriormente sulla famiglia di umili ma dignitose origini, egli dovette cercare un lavoretto
da conciliare con gli allenamenti. Dopo tanto girovagare, il protagonista della nostra storia riuscì
ad ottenere un'occupazione in un cantiere edile del suo paese, che gli garantiva una paga
apparentemente idonea a ricompensare sei ore sotto il sole cocente di un caldo giugno. Il giovane
cominciò con entusiasmo il suo nuovo impiego: trasportava su e giù per l'impalcatura secchi colmi
di cemento, rivestiva di intonaco i mattoni e aiutava i colleghi più anziani, offrendosi egli stesso di
salire su quella gru da capogiro. Ma a lui stava bene, anzi, era felice di poter dare una mano, era
insito nel suo carattere, ed è proprio per questo che aveva conquistato il cuore di Teresa, la sua
fidanzata, con la quale condivideva tutto."
"Teresa...come il nome della nonna!" esclamò Matteo.
"Sì..." commentò il nonno, che riprese subito il suo racconto "Col tempo, però, il ragazzo cominciò
ad avvertire che qualcosa stava cambiando. Le condizioni di lavoro non erano più come gli si erano
prospettate al momento del contratto con il capo cantiere, una personalità autorevole e
rispettabile: le ore di lavoro aumentarono senza venir retribuite, la sua assicurazione sulla VITA
sembrava non essere mai esistita e lui si ritrovò a lavorare a nero; si sentiva sfruttato, e lo era. Un
fantasma, una creatura che non avverte dolore se oltrepassata, mentre egli si sentiva sempre più
stanco; debole fisicamente e ciò, naturalmente, non gli permetteva le eccellenti prestazioni che
stavano divenendo sempre più un miraggio; il sonno gli diveniva sempre più tormentato, animato
da incubi di travi, calce, attrezzi da lavoro tra cui non compariva un casco e una tuta della sua
taglia. Strano. Egli nell'ingenuità tipica di un ragazzo di ventotto anni,non ci aveva fatto caso,
eppure non sapeva che questi semplici strumenti ,o meglio, la loro mancanza, gli avrebbero
cambiato la vita per sempre."
"Perché,nonno, perché?" domandò impaziente il nipotino.
"Ora vedrai, abbi pazienza." lo rassicurò il nonno."Giunse il fatidico giorno della preselezione per le
Olimpiadi e l'atleta non stava più nella pelle, pur mostrando una certa stanchezza. Non era riuscito
a dormire la notte precedente a causa di un mix di emozioni forti: ansia, paura, speranza, voglia di
mostrare a tutti le sue grandi capacità, ma allo stesso tempo risentimento di non poter rendere al
meglio per via del suo straziante lavoro...ma è lì, a un passo dal traguardo di una vita, le Olimpiadi,
da cui lo divide un piccolo ostacolo: una mattinata lavorativa, non prevista dai suoi turni. Quella
mattina, il nostro ragazzo si è recato, come suo solito, presso il cantiere. Si infilò la sua tuta, un po'
larga lungo le braccia. Afferrò la carriola carica di travi. Si diresse verso l'impalcatura. Cominciò a
salire, come aveva sempre fatto, quando una parte della sua tuta rimase impigliata ad un chiodo
che fuoriusciva da una trave. Egli indietreggiò di scatto. Perse l'equilibrio. Cadde. Perse i sensi."
Matteo fissava il nonno, incredulo." Era ancora vivo. Venne subito soccorso dagli altri operai e
portato all'ospedale più vicino. Diagnosi: trauma cranico, frattura scomposta della tibia. Dopo mesi
di coma, l'atleta si svegliò da quel lungo sogno e si trovò di fronte all'amara verità: non avrebbe
2. più potuto correre." Il nonno, sconsolato, si alzò e, aiutato dal suo bastone, si avvicinò a un
vecchio comò e da un cassetto tirò fuori un album di fotografie: tanti ricordi, vivi nella memoria
nonostante gli anni, che la memoria, nel bene o nel male, non ha potuto portar via con se. Le foto
mostravano un bel giovane corridore che sfrecciava contro tutto e tutti. Matteo era attonito."Sì,
caro, ero io."