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Liceo Scientifico Statale “Corradino D’Ascanio”
Montesilvano, 28 maggio 2020
Alunno: Angelo E. Napoli
Classe: 5F
Materie d’interesse: Fisica/Matematica
Progetto: Cittadinanza e Costituzione
Titolo: La Tomografia Computerizzata (TC)
Introduzione
La TC, acronimo di Tomografia Computerizzata, è una tecnica diagnostica che sfrutta i raggi X per ottenere
immagini dettagliate, in versione tridimensionale, di aree anatomiche specifiche del corpo umano. Nella TC,
il procedimento di ottenimento delle immagini è differente da quello utilizzato dalla radiografia tradizionale;
infatti, mentre la classica immagine radiografica è il risultato della trasformazione analogica di una realtà
tridimensionale in bidimensionale, nella tomografia assiale computerizzata l'immagine è oggetto di una
trasformazione di tipo digitale che permette di mantenere la tridimensionalità del distretto osservato.
Storia della TC
Negli anni trenta, grazie all’invenzione del radiologo
italiano Alessandro Vallebona, nacque la stratigrafia. Si
trattava di una metodica che permetteva la proiezione, su
un unico piano, di organi e strutture ossee poste su piani
diversi all’interno del soggetto in esame. Il macchinario
si componeva fondamentalmente di due elementi: un
tubo radiogeno, il quale emetteva un fascio di raggi X, e
un ricettore, ovvero una pellicola sulla quale venivano
impresse le immagini ricercate.
Nel 1971 l’ingegnere inglese Godfrey Hounsfield e il fisico sudafricano Allan Cormack inventarono il primo
tomografo computerizzato sequenziale in grado tuttavia di analizzare il solo cranio. La TC sequenziale subì
quattro fasi di evoluzione tecnologica.
Il tomografo di prima generazione, prevedeva l’emissione da parte del tubo radiogeno di un fascio lineare di
raggi X. A questo tubo erano consentite due tipologie di movimento: la traslazione e la rotazione. Ad ogni
traslazione seguiva una rotazione di un grado; questa
sequenza di movimenti veniva ripetuta fino ad ottenere
una rotazione complessiva di 180 gradi. Con questi
macchinari tuttavia i tempi di scansione erano molto
elevati, dai 5 ai 10 minuti per immagine, in quanto i raggi
X venivano rilevati da un solo detettore, elemento che
permetteva da un lato di calcolare la densità delle
strutture del corpo misurandone l’attenuazione e
dall’altro di trasformare in segnali digitali le radiazioni. Il
detettore era solidale al tubo radiogeno ed in posizione
diametralmente opposta rispetto ad esso.
Un’importante miglioria si è riscontrata nei tomografi della seconda
generazione, introdotti nel 1974. In questa generazione di macchinari il
fascio di raggi X emesso dal tubo radiogeno non è più lineare ma
presenta una geometria a ventaglio avente ampiezza pari a 20 - 30
gradi. Anche i detettori passarono da 1 ad un gruppo di 20 - 30
mantenuti, come nella generazione precedente, solidali al movimento
del tubo radiogeno. Con l’introduzione di questa tecnologia il tempo
necessario ad ogni singola scansione era notevolmente inferiore,
approssimativamente variabile da 15 a 30 secondi.
Nei tomografi di terza generazione, il fascio di raggi X risulta avere
sempre geometria a ventaglio ma apertura maggiore, dai 30 ai 50 gradi, in
modo tale da riuscire a coprire l’intera zona da esaminare. Il numero dei
detettori risulta ulteriormente incrementato fino ad un massimo di 800. Il
tempo richiesto per una singola scansione raggiunge in questi macchinari
valori compresi tra un minimo di 2 e un massimo di 4 secondi.
Le tipologie di macchinari fin qui presentate acquisivano un unico strato
per volta in quanto la rotazione doveva avvenire prima in un senso e poi
nel senso opposto perché il tubo radiogeno era collegato ai cavi di
alimentazione che impedivano un movimento combinato di traslazione e rotazione continua del sistema tubo-
detettori.
Nei macchinari di quarta generazione il tubo radiogeno ruotava
all’interno di una corona circolare fissa di detettori il cui numero era
variabile da 600 a 1200. Nonostante questo accorgimento consentì di
portare il tempo di scansione singola a valori prossimi al secondo,
rimaneva insormontabile il problema relativo all’impossibilità di
eseguire rotazioni continue monodirezionali a causa della presenza
dei cavi di alimentazione.
Nel 1989 si verifico una ”rivoluzione” elettromeccanica grazie alla quale vennero introdotti i primi tomografi
computerizzati a spirale. Questa nuova tipologia di tomografi permetteva una rotazione continua e
unidirezionale attorno al paziente supino su di un lettino grazie all’introduzione della tecnologia ”a contatti
striscianti”, slip rings, che permise l’eliminazione dei cavi di alimentazione. L’energia di alimentazione
necessaria al funzionamento del macchinario veniva applicata al
complesso tubo-detettori mediante sfregamento di un elemento
fisso, spazzole (brush) di materiale altamente conduttivo. Era così
possibile acquisire immagini continue ruotando attorno al pazienze
mentre, contemporaneamente, il lettino seguiva un opportuno
movimento traslatorio. Il tempo per effettuare una scansione si
riduce ulteriormente e si avvicina a valori prossimi ad 1 secondo.
Gli apparecchi della TC a spirale hanno conosciuto
un’evoluzione, a partire dal 1998 fino ad oggi,
caratterizzata dall’aggiunta di più file di detettori, da
qui il nome TAC a spirale multistrato: ad ogni
rotazione, invece di un singolo strato, ne venivano
acquisiti un numero multiplo. Altre importanti
evoluzioni si sono verificate nella tecnologia dei tubi
radiogeni: i sistemi di calcolo e i software per la
ricostruzione delle immagini sono stati potenziati, i
contatti striscianti sono stati migliorati ed, infine, i tubi
radiogeni sono stati costruiti in modo tale da dissipare
calore e permettere quindi scansioni continue.
Fenomeno fisico
Le immagini TC sono rappresentative del coefficiente di attenuazione 𝜇 di un oggetto posto in una sezione
predefinita e permettono di osservare differenze di attenuazione che non sarebbero visibili con altri tipi di
indagini. Il risultato di un esame TC è composto da una serie di matrici denominate slice (in media 30 - 40)
allineate perpendicolarmente all’asse del paziente. Ogni slice rappresenta una fetta del corpo del paziente,
prima dell’acquisizione dell’immagine si possono regolare vari parametri come per esempio lo spessore della
fetta, il numero di fette, la distanza tra le varie fette, la centratura della zona di acquisizione. In genere la
risoluzione ottenibile per ciascuna matrice è 256 o 512 pixel; la dimensione di ciascun pixel può variare in
un intervallo da 0,5 a 2 mm.
Nota l’intensità emessa dal tubo radiogeno 𝐼0 e quella misurata dai detettori 𝐼 è possibile calcolare il profilo
di attenuazione che subisce il fascio: dato un fascio di raggi X di una certa intensità iniziale 𝐼0, esso venga
attenuato in intensità 𝐼 in misura esponenzialmente decrescente al coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 e al
cammino percorso nel mezzo 𝑡. Il coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 dipende dalla densità 𝜌 del
materiale attraversato e dall'energia 𝐸 del fascio di raggi X.
𝐼 = 𝐼0 𝑒−𝜇𝑡
Dalla precedente formula possiamo ricavare il coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 in funzione del
rapporto tra l’intensità 𝐼 dei raggi misurata dai detettori e quella dei raggi emessi dal tubo radiogeno 𝐼0:
𝜇(
𝐼
𝐼0
) = −
ln
𝐼
𝐼0
𝑡
Qualitativamente si può ricavare il seguente grafico. Nell’asse delle ascisse è riportato il rapporto tra
l’intensità 𝐼 dei raggi misurata dai detettori e quella dei raggi emessi dal tubo radiogeno 𝐼0; e nell’asse delle
ordinate sono riportati i valori del coefficiente di attenuazione di massa 𝜇:
Quindi il fascio di raggi X attraversando un oggetto verrà attenuato tanto più quanto attraverserà materiali ad
alto numero atomico (quando il rapporto
𝐼
𝐼0
tende a 0, 𝜇 tenderà a un valore sempre più grande, dato che il
materiale ha una densità 𝜌 sempre più elevata), tanto più sarà bassa l'energia e maggiore sarà lo spessore
attraversato; viceversa, se attraversa un materiale a bassa densità, percorre uno spessore piccolo e l'energia è
più alta, allora l'attenuazione sarà minore. Questo è il motivo per cui nelle radiografie analogiche gli oggetti a
densità maggiore appaiono chiari (massima attenuazione) e gli oggetti a densità minore appaiono più scuri
(minima attenuazione).
La densità dei tessuti è espressa da una scala di grigi con profondità cromatica pari ad 8 bit, 256 livelli di
grigio, costruita sulla base delle unità o numeri di Hounsfield UH in onore del suo inventore. Questi numeri
adimensionali, chiamati numeri TC, si riferiscono alla densità dell’acqua al quale corrisponde il valore di 0
UH. Partendo da tale valore si assegnano gli altri a seconda della densità delle strutture: l’aria, ad esempio,
ha valore -1000 UH, mentre l’osso compatto +1000 UH.
Dalla seguente relazione 𝑇𝐶(𝑈𝐻) =
𝜇−𝜇 𝐻2𝑂
𝜇 𝐻2𝑂
, si evince quindi che i tessuti molli, con attenuazione simile a
quella dell’acqua, sono caratterizzati da numeri di Hounsfield attorno allo zero, tessuti come l’osso compatto
hanno un valore positivo alto di circa 1000HU e l’aria, la quale ha un’attenuazione praticamente nulla, in
unità Hounsfield ha un’attenuazione negativa che si avvicina a - 1000HU.
Acquisizione e ricostruzione dell’immagine
Ogni valore ottenuto con il tomografo computerizzato fornisce un’equazione lineare. Le incognite in tale
equazione sono i coefficienti di assorbimento degli elementi dell’oggetto che si trovano nello strato
interessato dall’azione del raggio di misura. Vengono, quindi, ottenute tante equazioni quante sono i valori
misurati e dalla risoluzione di queste si ottengono i parametri incogniti, ovvero il calcolo dei punti incogniti
dell’immagine. Nella TC spirale, il metodo usato è quello di ricostruzione volumetrica per cui viene ottenuto
in modo sequenziale un unico set di dati che rappresenta il volume misurato in numeri TC, e il risultato è di
conseguenza un’immagine di questo tipo
Conclusione
La TC è una delle tecniche diagnostiche più utilizzata attualmente e la sua importanza deriva dalle sue
diverse applicazioni in ambito medico. Rispetto alla radiografia tradizionale, la TAC ha il vantaggio
di evidenziare anche minime differenze tra i tessuti di un organo e quindi di vedere strutture altrimenti non
identificabili. Consente di fare diagnosi precise su patologie del sistema nervoso, di organi addominali,
torace, e dell’apparato muscolo scheletrico. Il suo principale utilizzo è quello dello studio dei tumori, in
particolare quelli di piccole dimensioni o localizzati in posizioni difficilmente raggiungibili con altre
tecniche diagnostiche. Per tutte queste ragioni, riuscire a comprendere il suo funzionamento della
Tomografia Computerizzata (TC) è di estrema importanza.
Sitografia
http://tesi.cab.unipd.it/27027/1/Tesi.pdf
https://www.info.asl2abruzzo.it/files/pacchetto-rx-2014.pdf
http://www.dei.unipd.it/~enrigri/Corsi/Strumbio2/7-CT2_06.pdf
http://tesi.cab.unipd.it/26363/1/Relazione_tirocinio_breve_Pulice.pdf

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La TAC

  • 1. Liceo Scientifico Statale “Corradino D’Ascanio” Montesilvano, 28 maggio 2020 Alunno: Angelo E. Napoli Classe: 5F Materie d’interesse: Fisica/Matematica Progetto: Cittadinanza e Costituzione Titolo: La Tomografia Computerizzata (TC) Introduzione La TC, acronimo di Tomografia Computerizzata, è una tecnica diagnostica che sfrutta i raggi X per ottenere immagini dettagliate, in versione tridimensionale, di aree anatomiche specifiche del corpo umano. Nella TC, il procedimento di ottenimento delle immagini è differente da quello utilizzato dalla radiografia tradizionale; infatti, mentre la classica immagine radiografica è il risultato della trasformazione analogica di una realtà tridimensionale in bidimensionale, nella tomografia assiale computerizzata l'immagine è oggetto di una trasformazione di tipo digitale che permette di mantenere la tridimensionalità del distretto osservato. Storia della TC Negli anni trenta, grazie all’invenzione del radiologo italiano Alessandro Vallebona, nacque la stratigrafia. Si trattava di una metodica che permetteva la proiezione, su un unico piano, di organi e strutture ossee poste su piani diversi all’interno del soggetto in esame. Il macchinario si componeva fondamentalmente di due elementi: un tubo radiogeno, il quale emetteva un fascio di raggi X, e un ricettore, ovvero una pellicola sulla quale venivano impresse le immagini ricercate. Nel 1971 l’ingegnere inglese Godfrey Hounsfield e il fisico sudafricano Allan Cormack inventarono il primo tomografo computerizzato sequenziale in grado tuttavia di analizzare il solo cranio. La TC sequenziale subì quattro fasi di evoluzione tecnologica. Il tomografo di prima generazione, prevedeva l’emissione da parte del tubo radiogeno di un fascio lineare di raggi X. A questo tubo erano consentite due tipologie di movimento: la traslazione e la rotazione. Ad ogni traslazione seguiva una rotazione di un grado; questa sequenza di movimenti veniva ripetuta fino ad ottenere una rotazione complessiva di 180 gradi. Con questi macchinari tuttavia i tempi di scansione erano molto elevati, dai 5 ai 10 minuti per immagine, in quanto i raggi X venivano rilevati da un solo detettore, elemento che permetteva da un lato di calcolare la densità delle strutture del corpo misurandone l’attenuazione e dall’altro di trasformare in segnali digitali le radiazioni. Il detettore era solidale al tubo radiogeno ed in posizione diametralmente opposta rispetto ad esso.
  • 2. Un’importante miglioria si è riscontrata nei tomografi della seconda generazione, introdotti nel 1974. In questa generazione di macchinari il fascio di raggi X emesso dal tubo radiogeno non è più lineare ma presenta una geometria a ventaglio avente ampiezza pari a 20 - 30 gradi. Anche i detettori passarono da 1 ad un gruppo di 20 - 30 mantenuti, come nella generazione precedente, solidali al movimento del tubo radiogeno. Con l’introduzione di questa tecnologia il tempo necessario ad ogni singola scansione era notevolmente inferiore, approssimativamente variabile da 15 a 30 secondi. Nei tomografi di terza generazione, il fascio di raggi X risulta avere sempre geometria a ventaglio ma apertura maggiore, dai 30 ai 50 gradi, in modo tale da riuscire a coprire l’intera zona da esaminare. Il numero dei detettori risulta ulteriormente incrementato fino ad un massimo di 800. Il tempo richiesto per una singola scansione raggiunge in questi macchinari valori compresi tra un minimo di 2 e un massimo di 4 secondi. Le tipologie di macchinari fin qui presentate acquisivano un unico strato per volta in quanto la rotazione doveva avvenire prima in un senso e poi nel senso opposto perché il tubo radiogeno era collegato ai cavi di alimentazione che impedivano un movimento combinato di traslazione e rotazione continua del sistema tubo- detettori. Nei macchinari di quarta generazione il tubo radiogeno ruotava all’interno di una corona circolare fissa di detettori il cui numero era variabile da 600 a 1200. Nonostante questo accorgimento consentì di portare il tempo di scansione singola a valori prossimi al secondo, rimaneva insormontabile il problema relativo all’impossibilità di eseguire rotazioni continue monodirezionali a causa della presenza dei cavi di alimentazione. Nel 1989 si verifico una ”rivoluzione” elettromeccanica grazie alla quale vennero introdotti i primi tomografi computerizzati a spirale. Questa nuova tipologia di tomografi permetteva una rotazione continua e unidirezionale attorno al paziente supino su di un lettino grazie all’introduzione della tecnologia ”a contatti striscianti”, slip rings, che permise l’eliminazione dei cavi di alimentazione. L’energia di alimentazione necessaria al funzionamento del macchinario veniva applicata al complesso tubo-detettori mediante sfregamento di un elemento fisso, spazzole (brush) di materiale altamente conduttivo. Era così possibile acquisire immagini continue ruotando attorno al pazienze mentre, contemporaneamente, il lettino seguiva un opportuno movimento traslatorio. Il tempo per effettuare una scansione si riduce ulteriormente e si avvicina a valori prossimi ad 1 secondo.
  • 3. Gli apparecchi della TC a spirale hanno conosciuto un’evoluzione, a partire dal 1998 fino ad oggi, caratterizzata dall’aggiunta di più file di detettori, da qui il nome TAC a spirale multistrato: ad ogni rotazione, invece di un singolo strato, ne venivano acquisiti un numero multiplo. Altre importanti evoluzioni si sono verificate nella tecnologia dei tubi radiogeni: i sistemi di calcolo e i software per la ricostruzione delle immagini sono stati potenziati, i contatti striscianti sono stati migliorati ed, infine, i tubi radiogeni sono stati costruiti in modo tale da dissipare calore e permettere quindi scansioni continue. Fenomeno fisico Le immagini TC sono rappresentative del coefficiente di attenuazione 𝜇 di un oggetto posto in una sezione predefinita e permettono di osservare differenze di attenuazione che non sarebbero visibili con altri tipi di indagini. Il risultato di un esame TC è composto da una serie di matrici denominate slice (in media 30 - 40) allineate perpendicolarmente all’asse del paziente. Ogni slice rappresenta una fetta del corpo del paziente, prima dell’acquisizione dell’immagine si possono regolare vari parametri come per esempio lo spessore della fetta, il numero di fette, la distanza tra le varie fette, la centratura della zona di acquisizione. In genere la risoluzione ottenibile per ciascuna matrice è 256 o 512 pixel; la dimensione di ciascun pixel può variare in un intervallo da 0,5 a 2 mm. Nota l’intensità emessa dal tubo radiogeno 𝐼0 e quella misurata dai detettori 𝐼 è possibile calcolare il profilo di attenuazione che subisce il fascio: dato un fascio di raggi X di una certa intensità iniziale 𝐼0, esso venga attenuato in intensità 𝐼 in misura esponenzialmente decrescente al coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 e al cammino percorso nel mezzo 𝑡. Il coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 dipende dalla densità 𝜌 del materiale attraversato e dall'energia 𝐸 del fascio di raggi X. 𝐼 = 𝐼0 𝑒−𝜇𝑡 Dalla precedente formula possiamo ricavare il coefficiente di attenuazione di massa 𝜇 in funzione del rapporto tra l’intensità 𝐼 dei raggi misurata dai detettori e quella dei raggi emessi dal tubo radiogeno 𝐼0: 𝜇( 𝐼 𝐼0 ) = − ln 𝐼 𝐼0 𝑡
  • 4. Qualitativamente si può ricavare il seguente grafico. Nell’asse delle ascisse è riportato il rapporto tra l’intensità 𝐼 dei raggi misurata dai detettori e quella dei raggi emessi dal tubo radiogeno 𝐼0; e nell’asse delle ordinate sono riportati i valori del coefficiente di attenuazione di massa 𝜇: Quindi il fascio di raggi X attraversando un oggetto verrà attenuato tanto più quanto attraverserà materiali ad alto numero atomico (quando il rapporto 𝐼 𝐼0 tende a 0, 𝜇 tenderà a un valore sempre più grande, dato che il materiale ha una densità 𝜌 sempre più elevata), tanto più sarà bassa l'energia e maggiore sarà lo spessore attraversato; viceversa, se attraversa un materiale a bassa densità, percorre uno spessore piccolo e l'energia è più alta, allora l'attenuazione sarà minore. Questo è il motivo per cui nelle radiografie analogiche gli oggetti a densità maggiore appaiono chiari (massima attenuazione) e gli oggetti a densità minore appaiono più scuri (minima attenuazione). La densità dei tessuti è espressa da una scala di grigi con profondità cromatica pari ad 8 bit, 256 livelli di grigio, costruita sulla base delle unità o numeri di Hounsfield UH in onore del suo inventore. Questi numeri adimensionali, chiamati numeri TC, si riferiscono alla densità dell’acqua al quale corrisponde il valore di 0 UH. Partendo da tale valore si assegnano gli altri a seconda della densità delle strutture: l’aria, ad esempio, ha valore -1000 UH, mentre l’osso compatto +1000 UH. Dalla seguente relazione 𝑇𝐶(𝑈𝐻) = 𝜇−𝜇 𝐻2𝑂 𝜇 𝐻2𝑂 , si evince quindi che i tessuti molli, con attenuazione simile a quella dell’acqua, sono caratterizzati da numeri di Hounsfield attorno allo zero, tessuti come l’osso compatto hanno un valore positivo alto di circa 1000HU e l’aria, la quale ha un’attenuazione praticamente nulla, in unità Hounsfield ha un’attenuazione negativa che si avvicina a - 1000HU.
  • 5. Acquisizione e ricostruzione dell’immagine Ogni valore ottenuto con il tomografo computerizzato fornisce un’equazione lineare. Le incognite in tale equazione sono i coefficienti di assorbimento degli elementi dell’oggetto che si trovano nello strato interessato dall’azione del raggio di misura. Vengono, quindi, ottenute tante equazioni quante sono i valori misurati e dalla risoluzione di queste si ottengono i parametri incogniti, ovvero il calcolo dei punti incogniti dell’immagine. Nella TC spirale, il metodo usato è quello di ricostruzione volumetrica per cui viene ottenuto in modo sequenziale un unico set di dati che rappresenta il volume misurato in numeri TC, e il risultato è di conseguenza un’immagine di questo tipo Conclusione La TC è una delle tecniche diagnostiche più utilizzata attualmente e la sua importanza deriva dalle sue diverse applicazioni in ambito medico. Rispetto alla radiografia tradizionale, la TAC ha il vantaggio di evidenziare anche minime differenze tra i tessuti di un organo e quindi di vedere strutture altrimenti non identificabili. Consente di fare diagnosi precise su patologie del sistema nervoso, di organi addominali, torace, e dell’apparato muscolo scheletrico. Il suo principale utilizzo è quello dello studio dei tumori, in particolare quelli di piccole dimensioni o localizzati in posizioni difficilmente raggiungibili con altre tecniche diagnostiche. Per tutte queste ragioni, riuscire a comprendere il suo funzionamento della Tomografia Computerizzata (TC) è di estrema importanza. Sitografia http://tesi.cab.unipd.it/27027/1/Tesi.pdf https://www.info.asl2abruzzo.it/files/pacchetto-rx-2014.pdf http://www.dei.unipd.it/~enrigri/Corsi/Strumbio2/7-CT2_06.pdf http://tesi.cab.unipd.it/26363/1/Relazione_tirocinio_breve_Pulice.pdf