XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
La conoscenza
1. Angelo Napoli - 5F – 14/05/2020
Dare una definizione al termine "conoscenza" è sempre stata un azione che ha caratterizzato la storia del
pensiero umano fin da i tempi antichi. Il problema tuttavia non risale alla definizione del termine, in quanto
si può sostenere che la conoscenza è di fatto la facoltà che tutti gli uomini hanno di apprendere e
interiorizzare informazioni attraverso le esperienze. La vera domanda che i più grande pensatori (e non
solo), si sono posto durante la loro vita è come?, in che modo l'uomo conosce?
Senza dubbio l'atto di conoscere è sempre stato legato l'atto di fare esperienza di qualcosa e si riesce a
immagazzinare tale informazione e ricordarla ogni volta che sia necessario, attraverso il dono più potente
che la natura ha dato all'uomo: la memoria e il pensiero. Con Socrate la conoscenza acquista una valenza
etica, infatti ogni conoscenza è vana se non è ricondotta alla propria autocoscienza. Per Platone invece,
conoscere significa ricordare, in quanto attraverso l'esperienza sensibile l'uomo riesce a ricordare quelle
forme universali con cui è stato plasmato il mondo e che ci permettono di conoscerlo, ovvero le idee. Con
Aristotele, il solo fatto di ricordare non porta a nulla: perché vi sia vera conoscenza occorre che l'intelletto
umano svolga un ruolo attivo che gli consenta cogliere l'essenza delle cose. E successivamente, passando
per gli empiristi inglesi, Leibnitz e Kant, Cartesio e così via fino ai giorni nostri, ogni pensatore ha dato
all'umanità il proprio modo di conoscere le cose finché la scienza non si è evoluta a tal punto di spiegare,
attraverso un metodo scientifico, come in realtà l'uomo riesce a conoscere il mondo in cui vive e ricordare
esperienze passate. Le neuroscienze, infatti, sono l'insieme di tutte le scienze che studiano il sistema
nervoso, e quindi la mente dell'uomo. Si può aggiungere, però, che questa neo scienza, solo ora sta
acquistando grande importanza nel mondo scientifico, per cui non si hanno ancora tutte le risposte e non si
è nemmeno sicuri se si potrà dare risposata a tutte le domande. Infatti, essa nasce per diversi motivi, e uno
di questi è sicuramente legato all'intelligenza artificiale. Può un computer simulare una mente umana, e
quindi pensare, imparare, ricordare e conoscere?
Ai giorni nostri, tuttavia, l'atto di conoscere e ricordare perde importanza. Sin dall'invenzione dei primi libri
non ci fu più la necessita di ricordare ciò che era scritto: basta solo leggere, anche diverse volte in tempi
diversi se non si ricorda ciò che si è letto. Poi con il computer, la situazione è peggiorata: tutta
l'informazione del mondo, tutte le conoscenze della storia dell'umanità sono racchiuse in una piccola
scatolina a portata di mano: lo smartphone. Per cui non c'è neanche più bisogno di ricordare dove andare a
cercare un certa informazione: basta scrivere qualche parola su Google ed è fatta. E successivamente con
l'implementazione dell'IA, l'atto di conoscere e saper fare una qualsiasi azione che ora può fare
tranquillamente un computer, perde di significato: non c'è più bisogno di saper suonare nessuno strumento
musicale, basta premere qualche tasto per poter riprodurre un la' perfetto in pianoforte o violino o flauto,
e così via. Nonostante ciò, l'amore per la conoscenza non si estingue. Anche se la società contemporanea
non sia quella di una volta, l'uomo ha ancora quella voglia di sapere e conoscere il mondo che lo circonda.
C'è da dire che grazie ai libri, però, la conoscenza di alcune esperienze si sono diffuse in luoghi in cui quelle
stesse esperienze non si potevano sperimentare. Non solo possiamo imparare la storia dell'umanità senza
averla vissuta in prima persona, ma possiamo anche conoscere i pensieri di persone che non sono più con
noi, attraverso le parole scritte su un foglio, che possono sembrare insignificanti, ma hanno un potere
inimmaginabile. Grazie a questo si sa che Alfieri non riusciva a tollerare nessun tipo di regola e riusciva ad
esprimere la sua personalità solo attraverso la letteratura, che Foscolo sostenesse che il progresso della
civiltà potesse avvenire solo attraverso la letteratura, che Leopardi alla fine della sua vita rivalutasse la
solidarietà fra gli uomini dopo aver vissuto in una realtà pessimistica, che Manzoni pensasse che l'arte
dovesse essere utile e insegnare al popolo e che i simbolisti dessero importanza alla realtà interiore e non a
quella soggettiva. E grazie a questo non c'è bisogno di ricordare tutto: basta leggere le loro opere per
sapere cosa pensassero. Ora però viene spontanea una domanda: come facevano le persone, prima che i
libri diventassero oggetto di commercializzazione, a ricordare tutto?; infatti, prima esistevano poche copie
2. Angelo Napoli - 5F – 14/05/2020
di un libro e non si era certi di avere la possibilità di poter rileggerlo una seconda volta, per cui si cercava
sempre di memorizzare quante più informazioni possibili. Grazie a diverse opere antiche come ad esempio
quella di Cicerone "De Oratore", siamo a conoscenza di diverse tecniche di memorizzazione che si
utilizzavano per immagazzinarle e quindi conoscere di più. Queste tecniche venivano usate dai più grandi
sapienti antichi e venne utilizzato anche da personaggi più recenti, come ad esempio Giordano Bruno, per
impararsi la Bibbia a memoria. Una di queste tecniche è il cosiddetto palazzo della memoria. Questa tecnica
per un tempo fu insegnata a scuola in Inghilterra finché non fu tralasciata e quindi persa: infatti al giorno
d'oggi poche persone sanno della sua esistenza, ma ciò che non fu persa è stata la tradizione di far
imparare a memoria le poesie ai bambini, che se non la si capisce e la si interiorizza non avrà alcun tipo di
valore, anche se si è capaci di ripeterla a memoria. Non serve a niente sapere il pensiero di Pascoli o
D'Annunzio e ripeterlo ad una interrogazione se non si capisce perché proprio Pascoli ha sviluppato la
poetica del fanciullino e D'Annunzio quella del superuomo, se non ci si immergere nelle loro parole, si vede
il mondo con i loro occhi, si provano le loro stesse emozioni di fronte al mondo e si ragiona con il loro
pensiero; e ciò può avvenire solo se lo si vuole. Sicuramente, se si chiedesse ai maturandi di qualche hanno
fa di cosa parlasse Svevo ne "La coscienza di Zeno", pochi saprebbero rispondere veramente. Si conosce
infatti ciò che è interessante ed è utile alla persona: le conoscenze di un professore di letteratura italiana
non sono le stesse di un medico chirurgo. E quali conoscenze valgono di più? Quelle del giardiniere o
dell'ingegnere? La risposta a questa domanda è semplice: tutte. Tutte le conoscenze portano ad una
crescita personale indescrivibile. La cultura di una persona la rende critica, competente, diversa dalle altre
ma importante in egual modo.
Petrarca una volta scrisse "il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione": non c'è miglior
frase se non questa per spiegare che l'uomo saggio riconosce di aver sbagliato ed è disposto a migliorare.
Per cui nel mondo c'è bisogno di più saggezza, di più cultura, di più conoscenza affinché l'umanità possa
alzarsi dopo essere caduta, a riprendersi dopo essersi ammalata e a migliorare se stessa e rispettare il
mondo in cui vive.