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La biologia dello sport è un settore di studio
specializzato interdisciplinare, che si basa sulle
scienze che studiano la conformazione e la strut-
tura (anatomia), le funzioni e i processi vitali
(fisiologia) del corpo umano, utilizzando le cono-
scenze della genetica, dell’igiene, della pedago-
gia dello sport, della medicina sportiva, della
teoria dell’allenamento, della sociologia dello
sport, come anche le esperienze che riguardano
le alterazioni e le patologie dell’apparato loco-
motorio (ortopedia) e le conoscenze sullo svilup-
po psicofisico e sull’invecchiamento (Geriatria/
Gerontologia).
Soprattutto la fisiologia dello sport si occupa,
in particolare, del funzionamento e delle presta-
zioni fornite dagli organi corporei durante lo
svolgimento dei carichi sportivi.
L’igiene dello sport comprende tutte quelle
misure che permettono di mantenere e promuo-
vere la salute nel campo dello sport.
La medicina dello sport – che si è sviluppata
partendo dalla traumatologia dello sport, che si
occupa del trattamento degli infortuni sportivi
acuti – come la biologia dello sport rappresenta
una scienza interdisciplinare ed è definibile come
il tentativo pratico e teorico della medicina:
• di analizzare come il movimento, l’allena-
mento e l’attività sportiva competitiva, ma
ovviamente anche la mancanza di movimen-
to, influiscono su soggetti sani e malati di
ogni età;
• di utilizzare i dati della prevenzione, della
terapia e della riabilitazione, come anche
dello stesso sport.
Nelle preoccupazioni della medicina sportiva tro-
viamo in primo piano la prevenzione delle patolo-
gie da carenza di movimento (malattia ipocineti-
ca).
Vi è una stretta interrelazione tra biologia dello
sport e medicina dello sport. In molti settori è
difficile separarle, oppure è possibile farlo solo se
si scende notevolmente nei dettagli. Il modo di
trattare la materia o i tentativi di definizione
della biologia dello sport spesso mostrano di
avere un punto di partenza quasi identico con
essa. La biologia dello sport, come la medicina
dello sport, cerca di esporre quale sia l’influsso
del movimento o dell’attività fisica sull’organi-
smo dell’uomo e di spiegare quali siano i mecca-
nismi che agiscono nel determinare i fattori
influenti che possono formare la capacità di pre-
stazione fisica o sportiva. Rispetto alla medicina
dello sport, però, la biologia dello sport – sebbe-
ne ne utilizzi i risultati – si occupa solo marginal-
mente dei metodi di misura che servono a deter-
minare la capacità di prestazione fisica o sporti-
va, come anche dei metodi di ricerca e delle
misure terapeutiche utilizzati dalla medicina
dello sport.
CAPITOLO 1 3
DEFINIZIONE DEL CONCETTO,
DEGLI SCOPI E DEI CONTENUTI
DELLA BIOLOGIA DELLO SPORT
E DELLE DISCIPLINE LIMITROFE
CAPITOLO 1
In termini molto generali, la biologia dello
sport può essere definita la scienza che studia
l’uomo in quanto essere vivente durante la sua
pratica sportiva.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:08 Page 3
Se si vuole trattare lo sport dal punto di vista
della biologia dello sport è necessario che – allo
scopo di esporre in modo preciso i singoli aspetti
dei temi che essa affronta – si chiariscano, defi-
nendoli, alcuni concetti rilevanti per lo sport in
questione. Come mette in risalto la tabella 1, lo
sport si presenta sotto forme diverse, che a loro
volta si manifestano tramite forme di azione e
settori di obiettivi diversi. La spiegazione attra-
verso la loro definizione dei concetti riportati
nella tabella 1 evidenzierà che, sotto l’aspetto
della biologia e della medicina dello sport, le
definizioni dei concetti della scienza dello sport
che sono sempre stati interpretati in senso lato,
talvolta sono soggetti ad una notevole limitazio-
ne alle sole caratteristiche rilevanti per queste
discipline.
Per permettere una migliore comprensione di
quanto esporremo, occorre, anzitutto chiarire il
concetto di sport, esponendo brevemente le
forme che esso assume.
Nel settore della scienza dello sport, il grande
numero di significati attribuiti al concetto di
sport nel linguaggio comune ne rende impossibi-
le una sua precisa delimitazione. La definizione
del concetto “sport” si basa non tanto su analisi
scientifiche delle sue dimensioni quanto sull’uso
quotidiano che ne viene fatto dal punto di vista
teorico, come anche su legami con formazioni
sociali, economiche, politiche e giuridiche, che si
sono sviluppati e tramandati storicamente e che
hanno portato al continuo cambiamento della
sua interpretazione.
Attività motorie e interazioni sociali sono le princi-
pali caratteristiche dello sport. Se le osserviamo
dal punto di vista teorico le azioni sportive in un
certo qual modo sono azioni “superflue”, nel
senso che non sono determinate da obblighi e esi-
genze della vita quotidiana o del lavoro. Ciò non
significa che non abbiano degli scopi, ma questi
ultimi non sono soggetti soltanto a considerazioni
di tipo utilitaristico (Röthig, Prohl 2003, 494).
Lo sport, se lo si osserva dal punto di vista della
biologia e della medicina dello sport, assume un
significato il cui contenuto cambia secondo le
forme d’azione e di manifestazione.
DEFINIZIONI GENERALI DEI CONCETTI4
DEFINIZIONE DEI CONCETTI
CHE RIGUARDANO LE FORME
DI MANIFESTAZIONE, LE FORME
DI AZIONE E I SETTORI
DEGLI OBIETTIVI DELLO SPORT
CAPITOLO 2
Forme di manifestazione Sport di massa, sport per la salute, sport per disabili, sport per gli anziani,
sport di prestazione, sport di prestazione elevata
Forme di azione Esercizi, allenamento, gara
Settore di obiettivi Miglioramento della salute e/o della prestazione sportiva grazie all’aumento
della capacità di e della disponibilità alla prestazione
Piacere di muoversi
Interazioni sociali
TABELLA 1 Forme di manifestazione, di azione e settori di obiettivi dello sport.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:08 Page 4
Per comprendere meglio gli effetti dell’attività
fisica o sportiva sull’organismo umano è assolu-
tamente importante conoscere i processi di adat-
tamento che vi si svolgono grazie ad essa.
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
LE LEGGI BIOLOGICHE
Una delle leggi più importanti della natura è la
capacità che gli esseri viventi posseggono di
adattarsi alle diverse condizioni (stimoli) del-
l’ambiente.
Le interrelazioni tra forma e funzione dell’organi-
smo che si basano su leggi della natura rappre-
sentano i fondamenti biologici delle leggi dell’al-
lenamento. Già nel 1895 Roux attirò l’attenzione
su queste relazioni fondamentali:
Questa interdipendenza tra forma e funzione
dell’organo è illustrata nella figura 4. Senza que-
sta struttura funzionale interattiva, l’organismo
umano non avrebbe la possibilità di adattarsi ai
CAPITOLO 3 15
I PRINCIPI GENERALI
DEL FENOMENO
DELL’ADATTAMENTO
CAPITOLO 3
Nella biologia, per adattamento s’intende fon-
damentalmente quel processo attraverso il
quale l’organismo si adegua dal punto di vista
organico e funzionale alle richieste interne ed
esterne che gli vengono poste. Adattamento è
il riflesso delle reazioni interne dell’organismo,
l’acquisizione interna delle richieste che gli
vengono poste, che avviene secondo sue leggi
ed è diretto a migliorare le modalità con le
quali l’organismo risponde alle sollecitazioni
che esse inducono. In esso si concretizza lo
stato interno di una migliore capacità funzio-
nale; l’adattamento è riferibile a tutti i livelli
gerarchici dell’organismo. Adattamento e capa-
cità di adattamento fanno parte dell’evoluzio-
ne e rappresentano una importante caratteristi-
ca della vita. Gli adattamenti sono reversibili e
debbono essere riacquisiti continuamente
(Israel et al.1983, 141).
L’adattamento è la legge più importante ed
universale della vita.
La forma dell’organo determina la funzione,
che a sua volta sviluppa, forma e specializza
l’organo.
Funzione
Forma organica
Organo
Sistemi di organi
Organismo
FIGURA 4 I rapporti reciproci tra forma organica
e funzione.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 15
Come si può rilevare dalla figura 2, la capacità di
prestazione sportiva dipende da una pluralità di
fattori che, entro i confini dell’espressione fisica
e psichica della prestazione, svolgono, in misura
tra loro diversa, un’azione limitante per la pre-
stazione stessa. Quali siano i confini della capa-
cità di prestazione, quindi, può essere esaminato
sotto aspetti diversi come, ad esempio, dal punto
di vista dell’apparato d’appoggio, di sostegno e
locomotorio, del sistema cardiopolmonare e
metabolico (ad esempio, negli sport di resisten-
za), del sistema coordinativo (ad esempio, negli
sport cosiddetti tecnico-compositori) e della
genetica (cfr. Fröhner 2000, 18 e segg.; Neu-
mann, Berbalk 2000, 24 e segg.; Hollmann,
Mader 2000, 11 e segg.; Knoll, Knoll, Köthe
2000, 33 e segg.; Mester, Perl 2000, 43 e segg.;
Sergijenko 2000, 40).
Oltre che dai fattori che abbiamo già citato, la
misura dell’adattamento è notevolmente influen-
zata dal tipo di sport praticato e dal talento (cfr.
pagina 415) verso di esso del quale si dispone.
Gli sport a indirizzo “unilaterale” – come alcuni
sport che sono “puramente” di resistenza, di
forza o di rapidità – in generale consentono una
realizzazione del genotipo maggiore che negli
sport “complessi”, nei quali la prestazione è
determinata da più fattori o caratteristiche. Per-
ciò, è possibile fornire dati precisi su quali siano i
limiti delle prestazioni sportive che si possono
ottenere solo per gli sport a indirizzo organico-
muscolare unilaterale, in quanto essi dipendono
soprattutto dal potenziale di allenabilità delle
singole forme di sollecitazione motoria.
CAPITOLO 4 25
ZONE LIMITE DELL’ADATTAMENTO
DELL’UOMO AD UN ALLENAMENTO
SPORTIVO DI PRESTAZIONE ELEVATA
CAPITOLO 4
Le percentuali di miglioramento che un sogget-
to non allenato può ottenere nelle principali
forme di sollecitazione motoria di tipo organi-
co-muscolare (condizionali) sono:
• per quanto riguarda la resistenza genera-
le aerobica dinamica (cfr. pagina 263) –
espressa dal massimo consumo di ossigeno
– circa il 40% (Hollmann, Hettinger 1980,
440);
• per quanto riguarda la resistenza locale
aerobica dinamica (cfr. pagina 257) da
oltre 100 fino a oltre il 1000%. Essa rappre-
senta la componente organico-muscolare
della prestazione umana più allenabile (Holl-
mann, Hettinger 1980, 346);
• per quanto riguarda la forza – intendendo
con essa la forza massima – il 40%, tenendo
conto del livello iniziale (Hollmann, Hettinger
1980, 246). Nel caso della forza, comunque,
occorre tenere conto del diverso livello ini-
ziale di forza dei singoli gruppi muscolari
nella vita di tutti i giorni (ad esempio, l’ele-
vato grado di allenabilità dei muscoli masti-
catori);
• per quanto riguarda la rapidità – tra tutti i
fattori fisici della prestazione siamo di fronte
alla capacità che è maggiormente determi-
nata da fattori genetici (Kovar 1976, 205) –
solo il 15-20% e in casi particolari anche di
meno (Hollmann, Hettinger 1980, 288).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 25
NOZIONI GENERALI
SULLA STRUTTURA,
IL FUNZIONAMENTO
E IL METABOLISMO
DELLA MUSCOLATURA
Per potere comprendere quali siano gli effetti
specifici degli stimoli prodotti dal carico e dall’al-
lenamento sul sistema neuromuscolare ed ener-
getico che saranno oggetto della successiva
esposizione (cfr. pagina 253) delle forme princi-
pali di sollecitazione motoria, illustreremo sinte-
ticamente le basi anatomo-fisiologiche di ambe-
due i sistemi. Per questa ragione, dapprima spie-
gheremo le caratteristiche strutturali e funzionali
della cellula o della cellula muscolare e poi esse
saranno discusse dal punto vista del metaboli-
smo cellulare o muscolare, così importante per la
comprensione dei metodi di allenamento che
saranno poi applicati.
Alla fine, si esporranno le modalità di funziona-
mento dell’interazione neuromuscolare e i mec-
canismi di regolazione del controllo dei movi-
menti.
STRUTTURA DELLE CELLULE
E DEI MUSCOLI –
FUNZIONE DELLE COMPONENTI
SUBCELLULARI
L’organismo umano è composto da circa 100
bilioni di cellule, che si differenziano per gran-
dezza e forma a seconda della loro funzione. La
figura 11 fornisce un quadro generale dei molte-
plici elementi strutturali di una cellula.
Dal punto di vista energetico, ogni stimolo provo-
cato da un carico interessa la cellula, nel nostro
caso la cellula del muscolo; in questa nostra espo-
sizione semplificata, il sistema circolatorio rappre-
senta solo un meccanismo ausiliario, che deve
soddisfare le necessità del metabolismo cellulare
per quanto riguarda il rifornimento di ossigeno e
di substrati, come anche la rimozione dei prodotti
intermedi e finali di tale metabolismo.
Qui di seguito tratteremo approfonditamente solo
le componenti subcellulari che sono funzional-
mente più importanti per l’allenamento sportivo.
Come messo in evidenza nella figura 12, la cellula
è avvolta da una membrana cellulare (che nella
fibra muscolare corrisponde al sarcolemma). La
sua permeabilità agli elettroliti e alle sostanze
organiche, la sua capacità di associazione con altre
cellule, indicano che la membrana cellulare è una
struttura biologica complessa, fortemente specia-
lizzata, nella quale sono localizzati i processi con-
nessi con l’attività di trasporto (ad esempio,
pompa del sodio e del potassio nella fase di ri-
polarizzazione della membrana cellulare dopo la
scomparsa [l’annullamento, NdC] di un potenziale
d’azione).
Alterazioni che interessino la membrana cellula-
re, ad esempio un aumento della sua permeabili-
tà, hanno conseguenze molto gravi per la capa-
cità funzionale della cellula.
Il citoplasma (plasma cellulare) rappresenta la
sostanza fondamentale e occupa circa il 70%
dello spazio cellulare. Il metaplasma – che nelle
cellule muscolari viene chiamato anche sarcopla-
sma –, gli organuli cellulari e le riserve cellulari
CAPITOLO 5 29
MUSCOLATURA
E ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 5
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 29
Il sistema nervoso autonomo insieme al sistema
ormonale (cfr. pagina 237) rappresenta il secondo
sistema di comunicazione deputato allo scambio
d’informazioni tra i singoli organi del corpo. Esso
non è soggetto al controllo volontario nella stessa
misura del sistema nervoso somatico, sensomoto-
rio, per cui viene definito sistema nervoso auto-
nomo o vegetativo.
Il sistema nervoso autonomo permette l’adatta-
mento delle funzioni dell’organismo alle necessi-
tà del mondo esterno, in quanto adatta i processi
endogeni del corpo ai carichi esterni.
STRUTTURA E FUNZIONAMENTO
DEL SISTEMA NERVOSO
AUTONOMO
Il sistema nervoso autonomo si compone di tre
sistemi parziali, ovvero del sistema simpatico,
del sistema parasimpatico e del sistema ner-
voso viscerale.
Nella figura 38 sono rappresentate schematica-
mente l’andamento e la posizione dei sistemi
nervosi simpatico e parasimpatico.
IL SIMPATICO
La maggior parte dei gangli simpatici sono di-
sposti a coppia, paravertebralmente, a destra ed
a sinistra vicino alla colonna vertebrale. A questo
proposito si parla di tronco simpatico destro e
sinistro.
Gli organi effettori del simpatico sono rappre-
sentati dalle fibre muscolari lisce di tutti gli orga-
ni – come ad esempio, i vasi sanguigni, i visceri,
gli organi endocrini e sessuali, le pupille, ecc. –,
le fibre muscolari del miocardio ed una parte
delle ghiandole – come, ad esempio, quelle
sudoripare, le ghiandole salivari o quelle pepti-
che. Il simpatico svolge un’azione di stimolo su
questi sistemi di organi.
Inoltre il sistema simpatico innerva le cellule adi-
pose, le cellule epatiche, i tubuli renali e i tessuti
linfatici: timo, milza e linfonodi.
IL PARASIMPATICO
Il parasimpatico – chiamato anche nervo vago
– come già detto è l’opposto del simpatico e,
quindi, svolge un’azione inibitoria. Però, diversa-
mente dal simpatico, non innerva la muscolatura
liscia dei vasi delle arterie e delle vene e le
ghiandole sudoripare.
I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO56
IL SISTEMA NERVOSO
AUTONOMO
CAPITOLO 6
Il sistema nervoso autonomo serve la muscola-
tura liscia di tutti gli organi e sistemi di organi
come anche del cuore e delle diverse ghiando-
le. È estremamente importante per la regola-
zione delle funzioni respiratorie, del sistema cir-
colatorio, della digestione, del metabolismo,
dell’increzione ghiandolare, della temperatura
corporea e della riproduzione.
Il simpatico ed il parasimpatico svolgono funzioni
opposte e per lo più sono tra loro antagonisti, in
quanto uno svolge un’azione di stimolo, l’altro di
freno sull’azione dei diversi organi effettori.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 56
Attività sportive regolari – soprattutto un allena-
mento della resistenza – provocano una predo-
minanza crescente del parasimpatico con un
“passaggio” al recupero, ad una maggiore eco-
nomia del metabolismo e ad un’inibizione psichi-
ca intesa come un aumento dell’equilibrio e
della “tranquillità interna”.
Parallelamente, i sistemi di organi stimolati dal
simpatico – tra gli altri il sistema ormonale con
le sue ghiandole che producono i cosiddetti
ormoni della “prestazione” (adrenalina, nora-
drenalina, ecc.) – attraverso adattamenti morfo-
logici (ipertrofia) e funzionali (maggiore econo-
mia di tutti i processi metabolici) aumentano le
loro capacità funzionali in direzione di un
aumento della capacità generale psicofisica di
prestazione.
I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO58
IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
E L’ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 7
Però, attenzione: l’applicazione cronica di sti-
moli eccessivi di allenamento – ad esempio, in
forma di superallenamento (pagina 627) – può
portare ad un’eccessiva prevalenza del simpa-
tico in condizioni di riposo e così ad un ecces-
so di sollecitazione della capacità di adatta-
mento dell’organismo. Ne sono sintomi tipici
l’ipereccitabilità, l’aggressività, l’insonnia, l’au-
mento della frequenza cardiaca, ecc.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 58
LE BASI ANATOMO-FISIOLOGICHE
DELLA STRUTTURA
E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA
FUNZIONALE NEUROMUSCOLARE
O DELLA MOTRICITÀ SPORTIVA
PRINCIPI GENERALI SUL CERVELLO
Il cervello è la sede della coscienza. Finora, le affer-
mazioni che si possono fare riguardo ai presuppo-
sti funzionali e strutturali della coscienza umana
sono insufficienti. Dal punto di vista funzionale, la
coscienza presuppone un livello medio di attività
delle strutture nervose centrali interessate. Un’atti-
vità nervosa troppo scarsa, come in stato di narco-
si o di coma, od eccessiva come nel caso dell’epi-
lessia o dell’elettroschock, non sono compatibili
con uno stato di coscienza. Dal punto di vista
strutturale, sicuramente, sembra che la coscienza
sia possibile solo grazie all’interazione tra le strut-
ture corticali e quelle subcorticali. Da sola ognuna
di queste strutture è incapace di dare vita alla
coscienza (cfr. Schmidt, Thews 1987, 156).
La corteccia cerebrale consiste in uno strato di
tessuto nervoso che presenta numerose pieghe e
circonvoluzioni, che – secondo la zona del cervello
– presenta uno spessore da 1,3 a circa 4,5 mm e
forma l’involucro esterno dei due emisferi cere-
brali. Se fosse distesa, la corteccia cerebrale copri-
rebbe una superficie di circa 2200 cm2, che corri-
sponde ad un quadrato di 47x47 cm (cfr. Hubel,
Wiesel 1983, 123; Schmidt, Thews 1987, 135).
Nella corteccia si alternano strati che contengo-
no preminentemente neuroni con altri strati per-
corsi soprattutto da assoni. Secondo la forma
delle cellule, si distinguono sei strati alcuni dei
quali si suddividono in due o più sottostrati.
Il peso del cervello di un uomo sano va da 1000 a
2230 grammi e in media è di 1330 grammi (cfr.
Haaf 1987, 38). Il cervello della donna, in media,
anche se è del 10% inferiore rispetto a quello
dell’uomo, possiede un numero di neuroni para-
gonabile in quanto la loro densità è maggiore
che negli uomini (cfr. Witelson 1995, 3). Però, nel
corso della vita, secondo le relative attività cere-
brali, il peso del cervello cambia a causa di cam-
biamenti infrastrutturali specifici (processi cosid-
detti di germinazione e di formazione di nuove
connessioni). Perciò l’attività – ad esempio anche
l’attività sportiva – o l’inattività cerebrale, come
quella muscolare, si riflette in un’ipertrofia o in
una atrofia funzionale e morfologica (cfr. Stockin-
ger 1995, 116).
Il cervello è uno dei più grandi consumatori di
energia del corpo umano, che si esprime nella
sua intensa irrorazione sanguigna e nel suo ele-
vato bisogno di ossigeno. Sebbene il peso del
cervello umano sia solo il 2% del peso corporeo,
CAPITOLO 8 59
IL SISTEMA NERVOSO
CENTRALE
CAPITOLO 8
Il cervello rappresenta un sistema di controllo
dell’intero organismo dell’uomo, nel quale sono
integrati parallelamente elementi funzionali,
come istinti ed emozioni, diverse prestazioni
mentali (ad esempio, memoria di lavoro, memo-
ria a breve, medio e lungo termine) e la capacità
di analizzare, riconoscere, sintetizzare nonché
quella di produzione creativa. La capacità di ana-
lisi e di sintesi, l’originalità e le capacità mnemo-
niche sono riassunte nel concetto di “intelligen-
za” (cfr. Hollmann et al. 1993, 479).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 59
Il sistema cardiocircolatorio fonde tutti gli organi
del corpo in un’unità funzionale. Il suo compito
principale è rifornire i bilioni di cellule dei diversi
tessuti del corpo di sostanze metaboliche, di
ormoni, di vitamine, di ossigeno, e rimuovere i
prodotti finali del metabolismo.
In questo sistema, il cuore rappresenta la forza
motrice per la circolazione del sangue; il sangue
rappresenta il mezzo di trasporto, il sistema
vascolare le vie di trasporto. I vasi nei quali il
sangue è trasportato via dal cuore sono le arte-
rie, mentre le vene sono i vasi nei quali il san-
gue viene trasportato nel cuore. In generale, le
arterie trasportano sangue (arterioso) ricco di
ossigeno, le vene sangue (venoso) povero di
ossigeno. Fanno eccezione le arterie polmonari
che trasportano sangue venoso e le vene polmo-
nari che trasportano sangue arterioso.
Il sistema circolatorio può essere suddiviso in
una circolazione sistemica o grande circolazione
e in una circolazione polmonare o piccola circo-
lazione. I due sistemi a forma di otto sono inseri-
ti uno dopo l’altro e al loro centro troviamo il
cuore, che – con la sua attività simile a quella di
una pompa – tramite le arterie trasporta il san-
gue agli organi che lo utilizzano.
La circolazione sistemica – deputata al riforni-
mento di tutti gli organi del corpo – inizia nel
ventricolo sinistro e termina nell’atrio destro del
cuore.
La circolazione polmonare inizia nel ventricolo
destro e termina nell’atrio sinistro e serve allo
scambio gassoso: il sangue ricco di anidride car-
bonica è trasportato attraverso le arterie polmo-
nari ai polmoni dove, grazie a processi di diffu-
sione (cfr. pagina 151), è trasformato in sangue
ricco di ossigeno che attraverso le vene polmo-
nari viene condotto nell’atrio sinistro del cuore.
Un sistema accessorio della circolazione sistemi-
ca è rappresentato dalla circolazione della
vena porta deputata al trasporto del sangue
venoso saturo di sostanze nutritive degli organi
della digestione al fegato attraverso la vena
porta. Il fegato rappresenta l’organo metabolico
del corpo. Assume un ruolo dominante nel meta-
bolismo degli zuccheri e si trova in stretto rap-
porto con il metabolismo dei grassi e delle pro-
teine. Inoltre, prende parte all’emopoiesi* e all’e-
molisi, come anche alla disintossicazione da
sostanze nocive, assunte attraverso il tratto
gastroenterico. Dopo avere lasciato il fegato,
attraverso le vene epatiche il sangue sfocia nella
vena cava inferiore e di qui nell’atrio destro.
Nella figura 78 è fornita una visione d’assieme
della circolazione sistemica, della circolazione
polmonare e di quella portale.
Il sistema formato dal cuore e dai vasi sanguigni
deve regolare la sua funzione di rifornimento e di
eliminazione dei prodotti finali del metabolismo
secondo i bisogni attuali, contingenti, dell’organi-
smo. Questo adattamento dinamico alle modifica-
zioni delle attività metaboliche del corpo avviene
grazie al cambiamento della funzione propulsiva
del cuore e ad una distribuzione del sangue a van-
I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO122
IL SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO
E L’ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 10
* La parola emopoiesi o ematopoiesi si riferisce alla formazione e alla maturazione di tutti i tipi di cellule del sangue,
mentre per converso l’emolisi è il processo di distruzione dei globuli rossi (NdC).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:23 Page 122
BASI ANATOMICHE
E FISIOLOGICHE
DELLA STRUTTURA
E DELLA FUNZIONE
DEL SISTEMA IMMUNITARIO
Nell’ambiente che ci circonda, è contenuta una
grande quantità di microrganismi infettivi come
virus, batteri, funghi e parassiti, differenti tra loro
per dimensioni, struttura, localizzazione e nocivi-
tà (cfr. Roitt 1993, 1). Per proteggersi da questi
agenti e per impedire danni patologici e mante-
nere il suo stato di immunità rispetto ad essi, il
corpo umano ha sviluppato un sistema molto
sofisticato di difesa.
Oltre alla difesa da questi agenti, tra i compiti del
sistema immunitario c’è anche quello del mante-
nimento dell’individualità dell’organismo e la
distinzione tra le sostanze che appartengono a
esso, (“self”, proprie) e quelle che gli sono estra-
nee (“non self”, estranee). Il sistema immunitario
rappresenta un organo distribuito in tutto l’orga-
nismo attraverso cellule ematiche bianche mobili,
i leucociti. In esse si distinguono i granulociti
(circa il 70%), i monociti/macrofagi (circa il 10%)
e i linfociti (circa il 20%) (cfr. Keller 1994, 53).
Queste cellule immunitarie lavorano o come ele-
menti mobili che “pattugliano” il corpo o come
elementi stazionari nei diversi organi e comunica-
no tra loro (a) attraverso il contatto diretto con
altre cellule immunitarie o degli organi e (b) attra-
verso le cosiddette “sostanze messaggere”, che
possono inviare i loro messaggi sia localmente,
ovvero in un organo, sia sistemicamente, ovvero
in tutto il corpo (Gabriel, Kindermann 1998, 4).
Per neutralizzare eventuali agenti patogeni, si
sono sviluppati diversi meccanismi, sintonizzati
tra loro, che si completano l’uno con l’altro. La
difesa immunitaria dell’organismo umano rap-
presenta quindi una difesa per gradi, che impedi-
sce agli agenti patogeni di penetrare o di inse-
diarsi nel corpo (cfr. Baenkler 1996, 3; Gabriel;
Kindermann 1998, 4). L’organismo umano deve
confrontarsi continuamente con un ambiente
ricco di microbi e si trova in uno stato d’equili-
brio, più o meno labile, tra salute e malattia.
Però, in determinate parti del corpo sono presen-
ti microrganismi speciali che sono necessari alla
vita (ad esempio, la flora intestinale).
I meccanismi di difesa dei quali dispone il corpo,
anzitutto servono all’eliminazione delle sostanze
estranee, penetrate dall’esterno. Nel caso di un
difetto nel comportamento del sistema immuni-
tario, a causa del quale costituenti proprie del-
l’organismo sono “scambiate” per agenti esterni
pericolosi, si possono produrre le cosiddette
malattie autoimmunitarie o autoimmuni (cfr.
Keller 1994, 12).
Questi meccanismi naturali di difesa – la capacità
di neutralizzare sostanze estranee penetrate nel
corpo o di formare diverse sostanze immunitarie è
geneticamente determinata – generalmente sono
in grado di agire contro un ampio spettro di
microrganismi. Quindi, sono aspecifici. Oltre ad
essi, però, esistono vari meccanismi di difesa,
molto specializzati, che sostengono la reazione
immunitaria specifica.
Per questa ragione, si distinguono un sistema
aspecifico e uno specifico di difesa immunitaria.
Comunque, sia le componenti ad azione specifica
CAPITOLO 11 177
SISTEMA IMMUNITARIO
E ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 11
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 177
Per mantenere le sue funzioni vitali (metaboli-
smo basale), e per la sua attività di rapporto con
l’ambiente in cui vive, l’organismo umano ha
continuamente bisogno di energia, che si garan-
tisce attraverso l’apporto di sostanze nutritive
ricche di energia (carboidrati, grassi, proteine)
assunte attraverso l’alimentazione.
La presenza di ossigeno rende possibile i proces-
si di combustione che forniscono energia all’or-
ganismo. Con l’ossidazione degli alimenti si pro-
ducono non solo energia, ma anche acqua e ani-
dride carbonica. L’assunzione di ossigeno e l’e-
missione di anidride carbonica sono al centro
dello scambio gassoso, che viene definito respi-
razione.
Si distinguono una respirazione interna e una
esterna. La respirazione esterna avviene
soprattutto attraverso i polmoni ed è caratteriz-
zata dall’assunzione di ossigeno e dall’elimina-
zione di anidride carbonica. La respirazione
interna – definita anche respirazione tissutale
o cellulare – comprende la captazione dell’ossi-
geno dal sangue nei tessuti e la cessione al san-
gue dell’anidride carbonica prodotta dal metabo-
lismo cellulare.
I polmoni, quindi, si trovano all’inizio e alla fine
di questo processo vitale, nel quale la circolazio-
ne del sangue svolge un ruolo di mediatore. Lo
scambio gassoso tra sangue e ambiente si svol-
ge, essenzialmente, nei polmoni e viene definito
respirazione polmonare. Lo scambio gassoso
attraverso la superficie della pelle – traspirazio-
ne cutanea – è invece scarso e ammonta solo a
circa l’1-2% della respirazione polmonare (Fin-
deisen, Linke, Pickenhain 1980, 136).
La respirazione polmonare, accanto alla arteria-
lizzazione del sangue venoso, attraverso la ces-
sione dell’anidride carbonica svolge un’altra
importante funzione nel mantenere costante l’e-
quilibrio acido-basico e, quindi, il valore del pH
dell’organismo.
LE BASI ANATOMICHE
E FISIOLOGICHE
DELLA STRUTTURA
E DELLA FUNZIONE
DEL SISTEMA RESPIRATORIO
Prima che l’aria arrivi nell’organo nel quale si
realizza lo scambio gassoso – il polmone con i
suoi alveoli – deve percorrere le vie respiratorie
(o aeree) che non partecipano alla vera e propria
respirazione (figura 132), e che sono distinte in
vie respiratorie superiori ed inferiori.
CAPITOLO 12 197
SISTEMA RESPIRATORIO
E ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 12
Per demolire le sostanze nutritive assunte
attraverso l’alimentazione e per la loro trasfor-
mazione in energia immediatamente utilizzabi-
le (ATP), l’uomo ha bisogno di ossigeno.
La quantità di aria ventilata quotidianamente
nella respirazione ammonta, secondo il livello
di attività fisica, da 10000 a 30000 litri.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 197
LE BASI GENERALI ANATOMICHE
E FISIOLOGICHE
Gli ormoni rappresentano sostanze attive di
importanza vitale per l’organismo, in quanto
regolano il metabolismo, il contenuto di acqua e
di elettroliti, la crescita, lo sviluppo e la funzione
sessuale.
In quanto sostanze attive, essi non partecipano
direttamente al metabolismo funzionale, ma
influiscono su speciali processi metabolici, agen-
do come induttori enzimatici o inibendo o favo-
rendo speciali sistemi di trasporto nelle membra-
ne cellulari. Come gli enzimi e le vitamine, gli
ormoni sono catalizzatori biologici, cioè agiscono
in piccolissime quantità e concentrazioni nel-
l’ambito cellulare (Findeisen, Linke, Pickenhain
1980, 198).
Si distinguono ormoni endocrini (ghiandolari) e
ormoni tissutali (istormoni).
Gli ormoni endocrini sono prodotti in determi-
nati organi endocrini (che cioè rilasciano la pro-
pria secrezione all'interno dei vasi sanguigni e
linfatici) anatomicamente circoscritti, mentre la
produzione degli istormoni non è limitata a
determinati organi.
Gli ormoni sono rilasciati prevalentemente nel
sangue, dove si trovano legati a proteine emati-
che e così sono protetti da una loro precoce eli-
minazione da parte dei reni.
Il livello delle sostanze attive ormonali è diretto
da un sistema di regolazione che è controllato
soprattutto per via nervosa. Un eccesso di ormo-
ni inibisce, mentre una loro carenza stimola la
produzione delle necessarie sostanze attive
(feedback umorale). Poiché anche quantità
minime di ormoni producono effetti notevoli, è
necessaria una straordinaria sintonia dell’attività
delle diverse ghiandole che producono ormoni.
Tanto più che la maggior parte delle ghiandole
endocrine dell’organismo non lavora isolatamen-
te, ma esse si trovano in interazione continua tra
loro – si parla, infatti, del cosiddetto concerto
ormonale – e, per questa ragione, anche mini-
me alterazioni della regolazione portano, a breve
o a lungo termine, a notevoli alterazioni dell’o-
meostasi e possono influire negativamente sulla
capacità funzionale dell’organismo.
LE DIVERSE GHIANDOLE
ENDOCRINE E I LORO
ORMONI – L’INFLUENZA
DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO
Qui di seguito tratteremo solo gli ormoni endo-
crini che sono particolarmente importanti per la
capacità di prestazione fisica e sportiva.
La figura 160 fornisce un quadro della localizza-
zione delle diverse ghiandole endocrine che sono
particolarmente importanti per la capacità di
prestazione fisica e sportiva.
CAPITOLO 14 237
ORMONI
E ALLENAMENTO SPORTIVO
CAPITOLO 14
Gli ormoni sono sostanze che svolgono una
funzione di regolazione, prodotte dall’organi-
smo, spesso in organi endocrini anatomica-
mente circoscritti (le ghiandole), dai quali per
via ematica raggiungono uno o più organi
effettori influenzandone, in modo caratteristico,
il metabolismo (Buddecke 1971, 296).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 237
Le principali forme di sollecitazione motoria
possono essere suddivise in due settori principa-
li. Si distinguono:
• le qualità prevalentemente organico-musco-
lari o condizionali (resistenza, forza, rapidi-
tà);
• le qualità prevalentemente coordinative
(mobilità articolare, destrezza).
Se si considera che tra i due settori di capacità vi
sono stretti rapporti reciproci – ciò riguarda
soprattutto la rapidità – questo tipo di suddivi-
sione può essere realizzato con un certo grado di
arbitrarietà. Essa però appare razionale, in quan-
to le capacità condizionali (ovvero, organico-
muscolari) si basano soprattutto su processi
energetici, quelle coordinative, prevalentemen-
te, su processi di controllo e regolazione di
natura nervosa centrale.
Nella pratica dello sport, le capacità condizionali
molto raramente si presentano in forma pura,
come, ad esempio nei sollevatori di pesi, in quan-
to rappresentanti (ed espressione) della forza
(massima), o nei maratoneti come rappresentanti
della resistenza (generale aerobica). Come mostra
la figura 170, generalmente, vi sono forme miste,
che si basano su presupposti anatomo-fisiologici
gradualmente diversi.
Per ragioni di migliore facilità espositiva, le diver-
se forme di sollecitazione motoria con le loro sot-
tocategorie saranno trattate isolatamente, ma, a
causa delle interrelazioni tra loro esistenti, sarà
impossibile evitare alcune sovrapposizioni.
CAPITOLO 15 253
OSSERVAZIONI PRELIMINARI
CAPITOLO 15
Resistenza
Resistenza alla forza Resistenza alla forza rapida Resistenza alla rapidità
Forza Forza rapida Rapidità
FIGURA 170 I rapporti reciproci tra i fattori fisici, ovvero organico-muscolari, della prestazione
Le capacità condizionali (organico-muscolari),
in generale, rappresentano la base materiale di
quelle coordinative.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 253
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Secondo Frey (1977, 351) la resistenza psichica,
comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resi-
stere il più a lungo possibile ad uno stimolo che lo
indurrebbe ad interrompere uno sforzo, la resi-
stenza fisica la capacità di resistere alla fatica
dell’intero organismo o di suoi singoli sistemi.
TIPI DI RESISTENZA
Secondo come viene considerata, si possono
distinguere diversi tipi di forme di manifestazione
della resistenza. Così, dal punto di vista della per-
centuale della muscolatura impegnata, si distin-
guono una resistenza generale ed una locale; se
si considera l’aspetto della specificità dello sport,
una resistenza generale e una specifica (specia-
le); se, invece, si considera quello della trasforma-
zione dell’energia muscolare, una resistenza
aerobica ed una anaerobica; dal punto di vista
della durata temporale, esistono una resistenza di
breve, di media e di lunga durata; da quello delle
forme principali di sollecitazione motoria interes-
sate la resistenza alla forza, alla forza rapida e
alla rapidità.
La resistenza generale (muscolare) comprende
da un settimo ad un sesto dell’intera muscolatura
scheletrica – ad esempio, la muscolatura di un arto
inferiore rappresenta circa un sesto dell’intera
massa muscolare – ed è limitata soprattutto dal
sistema cardiocircolatorio e respiratorio (espresso
soprattutto dal massimo consumo d’ossigeno e
dall’utilizzazione periferica dell’ossigeno) (cfr. Gaisl
1979, 240).
Di conseguenza, la resistenza (muscolare) loca-
le prevede la partecipazione di meno di un sesto/
settimo dell’intera muscolatura e, oltre che dalla
resistenza generale, è determinata, in misura parti-
colare, dalla forza speciale, dalla capacità anaero-
bica e dalle forme di forza che sono limitate da
queste ultime, quali la resistenza alla rapidità, alla
forza ed alla forza rapida (cfr. figura 171 ed il testo
che l’accompagna), come dalla qualità della coor-
dinazione neuromuscolare (cioè dalla tecnica) spe-
cifica della disciplina (cfr. Haber, Pont 1977, 358).
Mentre la resistenza generale – caratterizzata dal-
l’aumento della capacità del sistema cardiocircola-
torio – può influenzare sotto molti aspetti la resi-
stenza locale limitandone il rendimento, ciò vale in
particolare per il rapido ristabilimento dopo il cari-
co – essa, in generale, non influisce sulla capacità
di prestazione della resistenza generale (ad esem-
pio, per quanto riguarda l’aumento di dimensioni
del cuore, ecc.).
Oltre ad una resistenza generale e ad una locale,
nella pratica dello sport, si usa parlare di resisten-
za generale e speciale. In questa contrapposizio-
ne antitetica, per resistenza generale, si deve inten-
dere una forma di resistenza, indipendente dallo
sport praticato – detta anche resistenza di base,
mentre per resistenza speciale, si intende una
forma di manifestazione specifica di questa capaci-
L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA254
L’ALLENAMENTO
DELLA RESISTENZA
CAPITOLO 16
In generale, per resistenza si intende la capaci-
tà psicofisica dell’atleta di opporsi all’affatica-
mento.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 254
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
La formulazione di una definizione precisa di
“forza” che comprenda sia i suoi aspetti fisici sia
quelli psichici, rispetto alla definizione che ne
viene data dalla fisica, pone notevoli difficoltà, in
quanto i tipi di forza o di lavoro muscolare sono
estremamente vari e sono influenzati da nume-
rosi fattori.
Una definizione chiara e precisa del concetto di
forza è possibile solo se la si collega con le sue
tipologie di manifestazione che esporremo qui di
seguito.
TIPOLOGIE DI FORZA
Secondo la prospettiva dalla quale si considera, la
forza a seconda delle forme in cui si manifesta può
essere suddivisa in vari tipi (si parla, infatti, anche
se impropriamente, di vari tipi di forza). Così, in
base alla massa percentuale della muscolatura
impegnata, si distinguono una forza generale e
locale; secondo l’aspetto della specificità di
uno sport, una forza generale e una speciale; dal
punto di vista del regime di lavoro del muscolo,
una forza dinamica e una statica; secondo le
forme principali di sollecitazione motoria
coinvolte una forza massimale, una forza rapida (o
potenza) e una resistenza alla forza e per quanto
riguarda il rapporto con la massa corporea una
forza assoluta e una relativa.
Per forza generale s’intende, dunque, il livello
di forza sviluppato dai principali gruppi muscola-
ri, cioè dalla muscolatura del tronco e delle
estremità, mentre la forza locale si riferisce
all’impiego di singoli muscoli o gruppi muscolari.
Nella contrapposizione tra forza generale e
speciale, indipendentemente dallo sport pratica-
to, il concetto “generale” si riferisce alla forza
dei principali gruppi muscolari (vedi sopra). La
forza speciale, invece, si riferisce a quei gruppi
muscolari coinvolti in un processo motorio di
movimento che ne determinano il risultato. In
questo genere di forza, un ruolo importante è
svolto dagli aspetti coordinativi.
In certe condizioni spesso la forza locale e quel-
la speciale sono identiche.
Per lavoro muscolare dinamico – che può esse-
re suddiviso in positivo (superante o concentrico)
e negativo (cedente o eccentrico) – si intende un
lavoro muscolare nel quale il muscolo si contrae,
cioè si accorcia, o si distende, cioè si allunga, per
cui si produce una modificazione della sua lun-
ghezza. Nel lavoro muscolare statico (o isome-
trico) si sviluppa solo tensione (forza) senza che,
esternamente, si rilevino un accorciamento o un
allungamento visibili del muscolo.
Dal punto di vista della metodologia dell’allena-
mento, la forza dinamica è classificata in forza
massimale, forza rapida e resistenza alla
forza. Sebbene questa classificazione presenti
alcuni problemi a causa degli stretti rapporti esi-
stenti tra queste manifestazioni della forza, essa
corrisponde sommariamente all’impostazione del
carico prevalentemente praticata in allenamento
dagli atleti di forza massimale (ad esempio, i pesi-
sti), gli atleti di forza rapida (ad esempio, i saltatori
dell’atletica leggera) e quelli di resistenza alla
forza (ad esempio, i canottieri).
L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA280
L’ALLENAMENTO
DELLA FORZA
CAPITOLO 17
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 280
DEFINIZIONE DEL CONCETTO I VARI TIPI DI RAPIDITÀ
L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA314
L’ALLENAMENTO
DELLA RAPIDITÀ
CAPITOLO 18
“…nello sport, la rapidità è rappresentata dalla
capacità di raggiungere, in determinate condizio-
ni, la massima velocità possibile di reazione e di
movimento sulla base di processi cognitivi, della
massima forza di volontà e della funzionalità del
sistema neuro-muscolare” (Grosser 1991, 13).
La rapidità è una delle forme principali di solleci-
tazione motoria che, come la mobilità articolare,
può essere classificata sia tra le capacità organi-
co-muscolari (condizionali) sia anche tra le capa-
cità coordinative (cfr. Grosser 1991, 13; Martin,
Carl, Lehnerts 1991, 147; Weineck 2004, 377).
Rapidità motoria
Forme “pure”
di manifestazione
(con scarsa
componente
di forza)
Forme complesse
di manifestazione
(con elevata
componente di forza
o con esecuzione
di lunga durata)
Rapidità
di reazione
Semplice Discriminante
Reazione
Nei movimenti aciclici
Rapidità di azione
semplice1
Contro opposizione
elevata
Rapidità di forza/forza rapida3
Che si ripete
frequentemente
Continua,
che si mantiene a lungo
Resistenza
alla forza rapida4
Resistenza
massimale
alla rapidità5
Nei movimenti ciclici
Rapidità
di frequenza2
FIGURA 219 La rapidità motoria e le sue suddivisioni (forme di manifestazione, sottocategorie), sinonimi:
1. Rapidità di movimento, 2. Frequenza di movimento, coordinazione rapida, rapidità di base; 3. Capacità
di accelerazione, rapidità di scatto; 4. Resistenza all’accelerazione; 5. Resistenza agli scatti, resistenza alla rapidità
di frequenza; resistenza generale anaerobica di breve durata, resistenza alla rapidità di scatto, resistenza
alla velocità (secondo Schiffer 1993, 6).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 314
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Come sinonimo di mobilità articolare si utilizza,
in generale, il termine flessibilità, mentre arti-
colarità (che riguarda la struttura delle articola-
zioni) e capacità di allungamento, scioltezza
(che riguarda i muscoli, i tendini, i legamenti e
l’apparato delle capsule articolari) debbono
essere interpretati come componenti e, quindi,
concetti subordinati a quello di mobilità articola-
re (Frey 1977, 351).
TIPI DI MOBILITÀ
Si distingue tra mobilità articolare generale e
speciale, tra attiva e passiva e tra allungamento
autoregolato e allungamento regolato dall’ester-
no (cfr. Weineck 2007, 735).
Si parla di mobilità articolare generale quando
la mobilità dei principali sistemi articolari (artico-
lazioni delle spalle e delle anche, colonna verte-
brale, ecc.) si trova a un livello sufficiente di svi-
luppo. Si tratta, quindi, di un criterio relativo, in
quanto l’espressione della mobilità articolare
generale può essere più o meno maggiore, secon-
do il livello di sollecitazione (atleti di alto livello,
praticanti del tempo libero).
Si parla di mobilità articolare speciale quando
la mobilità si riferisce a una determinata articola-
zione. Così, ad esempio, un atleta delle corse ad
ostacoli dell’atletica leggera ha bisogno di una
notevole mobilità nell’articolazione delle anche,
un nuotatore a dorso di quella delle spalle, ecc.
Si definisce mobilità articolare attiva la maggio-
re escursione di movimento possibile in una artico-
lazione che l’atleta è in grado di realizzare, grazie
alla contrazione degli agonisti e al parallelo allun-
gamento degli antagonisti. In essa si distinguono,
ulteriormente, una mobilità attiva-statica e una
attiva-dinamica. Una forma particolare della
mobilità attiva-dinamica è rappresentata dalla
“dynamic flexibility” che è diretta a realizzare un
movimento “violento”: si pensi, ad esempio, al
movimento di “calcio” della gamba di slancio
nello stile a scavalcamento del salto in alto, per
aumentare le forze di accelerazione verticale. I
momenti coordinativi svolgono un ruolo importan-
te nella “dynamic flexibility”. Il compito motorio
può essere realizzato solo se, attraverso il controllo
corretto della tensione muscolare, i muscoli che
debbono essere estesi “cedono” quanto necessa-
rio e possono essere allungati.
Si definisce mobilità articolare passiva la
massima escursione di movimenti in una artico-
lazione che l’atleta riesce a raggiungere, grazie
L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA326
L’ALLENAMENTO
DELLA MOBILITÀ ARTICOLARE
CAPITOLO 19
La mobilità articolare è quella capacità e quali-
tà dell’atleta che gli permette di eseguire movi-
menti di grande ampiezza, in una o più artico-
lazioni, autonomamente o grazie all’intervento
o al sostegno di forze esterne.
La mobilità articolare perciò deve essere defini-
ta una capacità motoria condizionata, almeno
parzialmente, dalla coordinazione.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 326
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
I TIPI DI CAPACITÀ
COORDINATIVE
Secondo se le capacità coordinative si riferiscano
alla motricità globale o a quella fine (ad
esempio delle mani) si parla di destrezza – nella
teoria dell’allenamento questo concetto è consi-
derato sinonimo di capacità coordinative – o di
abilità motoria fine.
Se la sollecitazione coordinativa si riferisce a un
processo di movimento specifico di uno sport si
usa il concetto di tecnica. Secondo il modo di
considerarla, si distinguono tecniche riferite al
corpo e tecniche riferite all’attrezzo. La tecnica
riferita al corpo si riferisce a una esecuzione
ottimale dei movimenti di tutto il corpo e di sue
singole parti (mano, piede o tronco), che corri-
sponde alle leggi (ad esempio, rispetto delle leggi
biomeccaniche) o alle esigenze del rispettivo sport
(ad esempio, espressività, economia, ecc.). La tec-
nica riferita agli attrezzi si riferisce ad un con-
trollo specifico dell’attrezzo dello sport praticato
(ad esempio, tecnica con la palla, tecnica di lancio
del peso, del disco, del giavellotto, ecc.).
All’interno delle capacità coordinative, infine, si
distinguono quelle generali da quelle speciali.
Le capacità coordinative generali sono il risul-
tato di un’educazione motoria multilaterale. Si
manifestano quindi anche nei diversi campi della
vita quotidiana e dello sport, per cui grazie ad esse
è possibile risolvere in modo razionale e creativo
qualsiasi problema o compito motorio (cfr. anche
Harre, Deltow, Ritter citati da Raeder 1970, 69).
Le capacità coordinative speciali, invece, si for-
mano, prevalentemente, nell’ambito della rispetti-
va disciplina di gara e, secondo Ozolin (1952, 164)
sono caratterizzate dalla capacità di variazione
della tecnica dello sport considerato. Una caratte-
ristica delle capacità coordinative speciali è la
comparsa di tipiche costellazioni di complessi di
capacità, che vuole dire che, secondo la disciplina
sportiva praticata, determinati collegamenti tra
componenti con relazioni infrastrutturali di peso
specifico assumono una accentuata posizione di
preminenza.
Le singole capacità coordinative più importanti
sono riassunte nella figura 232. Sono considera-
te capacità coordinative di ordine superiore la
capacità di apprendimento motorio, quella di
controllo motorio e quella cosiddetta di adatta-
mento.
CAPITOLO 20 339
L’ALLENAMENTO
DELLE CAPACITÀ
DI COORDINAZIONE
CAPITOLO 20
Per coordinazione si deve intendere, in gene-
rale, l’interazione tra il sistema nervoso e la
muscolatura scheletrica, durante lo svolgimento
di un movimento diretto a uno scopo (cioè fina-
lizzato).
Le capacità coordinative sono capacità che,
come dice il loro stesso nome, sono determinate
primariamente dalla coordinazione, cioè da pro-
cessi di controllo e regolazione del movimento
(Hirtz 1981, 348). Esse pongono l’atleta in
grado di controllare azioni motorie in situazioni
prevedibili (stereotipate) e imprevedibili (adatta-
mento) in modo economico e sicuro e di appren-
dere movimenti sportivi con relativa rapidità
(Frey 1977, 356).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 339
Per potersi sviluppare in modo armonico e com-
pleto, i bambini e gli adolescenti hanno bisogno
di una sufficiente quantità di movimento. Questo
bisogno, generalmente, è regolato dal bambino
stesso attraverso il suo notevole impulso a
muoversi. La più elevata attività motoria del
bambino rispetto all’adulto deve essere attribui-
ta, da un lato, alla dominanza degli impulsi cere-
brali (specie del pallido) e, dall’altro, al fatto che
i bambini percepiscono soggettivamente gli sfor-
zi legati al movimento come minori rispetto agli
adulti (figura 239) (Bar-Or 1982, 27).
Poiché il movimento – che viene in parte note-
volmente limitato dall’educazione e dalla fre-
quenza scolastica (che costringe i ragazzi a man-
tenere a lungo la posizione seduta) – rappresen-
ta una necessità in età infantile e nell’adolescen-
za, l’attività fisica o sportiva debbono essere rac-
comandate senza riserve.
Come sarà chiarito da quanto andremo via via
esponendo, bambine e adolescenti non rappre-
sentano adulti in miniatura e l’allenamento nelle
attività sportive da loro praticate non è un “alle-
namento da adulti” ridotto.
Per questa ragione, l’esposizione generale delle
particolarità dell’età infantile e dell’adolescenza
determinate dallo sviluppo sarà preceduta da
una esposizione specifica delle caratteristiche
anatomiche, fisiologiche e psicologiche delle
varie fasce d’età.
CAPITOLO 21 355
LE BASI GENERALI
DI BIOLOGIA SPORTIVA
DELL’ETÀ INFANTILE E GIOVANILE
CAPITOLO 21
“Il bambino non è un adulto in miniatura e la
sua mentalità non soltanto quantitativamente,
ma anche qualitativamente si differenzia da
quella dell’adulto: per questa ragione, un bam-
bino non è soltanto più piccolo, ma anche
diverso.” (Claparède 1937).
10 30 50 70
Grandezza della sensazione
soggettiva di sforzo
Età (in anni)
FIGURA 239 Differenze nella percezione soggettiva
del carico, riferite alla massima frequenza cardiaca
(secondo Bar-Or 1982, 27).
Una delle ragioni essenziali delle differenze che
vi sono dal punto di vista della biologia dello
sport tra bambini, adolescenti e adulti è che i
primi si trovano ancora nella fase della cre-
scita, per cui dal punto di vista fisico, psichico
e psico-sociale vi sono numerosi cambiamenti
e particolarità dello sviluppo, che determinano
le relative conseguenze per l’attività fisica o
sportiva o la loro capacità di carico.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 355
L’ALLENAMENTO
DELLA RESISTENZA
NELL’ETÀ INFANTILE
E NELL’ADOLESCENZA
La capacità di prestazione di resistenza dei bam-
bini e degli adolescenti è notevole. Se la si consi-
dera da un punto di vista relativo, corrisponde a
quella degli adulti, le differenze riguardano solo i
valori assoluti (Buhl, Gürtler, Häcker 1983, 854).
La tesi della non completa funzionalità del cuore
e dei limiti funzionali dell’organismo infantile
attualmente non è più sostenibile. In nessuna
fase dello sviluppo si può riscontrare qualcosa di
simile nei bambini (Hollmann, Hettinger, Strüder
2000, 500). Come mostra la figura 256, durante
la crescita o l’allenamento, il cuore o le fibre
muscolari cardiache presentano uno sviluppo
armonico. Durante lo sviluppo, il numero delle
fibre muscolari cardiache resta lo stesso, le sin-
gole fibre diventano solo più lunghe e spesse. La
frequenza cardiaca diminuisce con l’allungarsi
delle fibre. Anche le cavità interne del cuore
aumentano, grazie all’ipertrofia da crescita o da
allenamento ed anche la gittata sistolica aumen-
ta. Per questa ragione, il lavoro cardiaco diventa
sempre più efficace ed economico.
GIOVENTÙ E SPORT374
LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
E L’ALLENABILITÀ DELLE FORME
PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE
IN ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA
CAPITOLO 22
Malgrado alcune singole particolarità determi-
nate dall’età, nell’allenamento della resistenza
bambini e adolescenti mostrano gli stessi feno-
meni di adattamento degli adulti (Ilg, Köhler
1977, 915; Lennartz, Pohl 1977, 242; Köhler
1977, 606 e segg). Già in età infantile si pro-
ducono, dunque, fenomeni di adattamento
strutturale e funzionale di quegli organi e siste-
mi di organi, che sono principalmente respon-
sabili del mantenimento o della limitazione
delle prestazioni di resistenza.
Aumento di volume delle cavità cardiache
e ipertrofia delle fibre del muscolo cardiaco
prodotte dall’allenamento o dalla crescita
Cuore normale
300 g
Cuore sportivo
500 g
a b c
FIGURA 256 Rappresentazione schematica delle fibre
muscolari del cuore con i loro capillari nel corso
dello sviluppo: a) cuore di neonato; b) cuore di un
adulto; c) cuore sportivo (secondo Gauer, da Blasius
in Hollmann, Hettinger 1976, 135).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 374
Secondo i rapporti reciproci, regolati dalle leggi
della natura, tra forma e funzione degli organi
– la forma dell’organo ne determina la funzione
e la funzione sviluppa la forma e specializza
l’organo (cfr. pagina 15) – gli stimoli motori
rappresentano un presupposto necessario allo
sviluppo o al mantenimento delle strutture del-
l’organismo. Soprattutto per i bambini e gli
adolescenti – che si trovano ancora nel periodo
della crescita – quelli motori rappresentano uno
stimolo formativo decisivo per uno sviluppo
sano e multilaterale di una capacità di presta-
zione fisica, che non resta senza ripercussioni
sulla integrazione psicologica e sociale del
bambino o dell’adolescente nella comunità dei
suoi coetanei. Il bambino che non sa giocare
bene a pallone, non sa pattinare, non sa andare
in bicicletta, ecc., come i suoi compagni di
gioco, diventa un peso per il gruppo che lo tra-
scurerà o lo rifiuterà (Hurlock 1972, 122; Dordel
1982, 107).
Se si considera che le dimensioni e la capacità
funzionale degli organi importanti per la capaci-
tà di prestazione dipende per il 60-75% da fatto-
ri genetici e per il 30-40% dalla quantità e dalla
qualità della sollecitazione specifica, solo attra-
verso adeguate sollecitazioni muscolari potrà
essere possibile realizzare completamente quelle
potenzialità di sviluppo che sono connaturate
all’organismo infantile o giovanile.
Se scarsamente sollecitato, ogni organismo reagi-
sce non solo con una diminuzione della capacità
di prestazione, con processi di atrofia, ma paralle-
lamente diventa più esposto alle malattie e viene
sempre più limitata l’ampiezza della sua capacità
di compensazione.Tutte le condizioni nelle quali vi
è una carenza di movimento rappresentano, quin-
di, un problema particolare soprattutto per l’orga-
nismo in via di accrescimento.
Alcuni rilevamenti statistici evidenziano in quale
misura proprio i bambini delle società industriali
ad elevato sviluppo tecnologico soffrano di feno-
meni legati alla carenza di movimento (ipocine-
si):
Soprattutto i bambini e gli adolescenti che abita-
no in case di dimensioni ristrette e indipendente-
mente da ciò dispongono di pochi spazi per gio-
care – i cittadini della RFT dispongono solo di 1
m2 per abitante di spazi dedicati al gioco (de
Marées 1981, 378) – nel loro tempo libero svi-
luppano precocemente un comportamento nega-
tivo per il loro sviluppo fisico e per la loro salute
in generale. Nella vita di tutti i giorni, invece di
periodi dedicati ad attività di movimento, preval-
CAPITOLO 23 391
L’IMPORTANZA DEL CARICO
FISICO O SPORTIVO COME NECESSARIO
STIMOLO PER LO SVILUPPO
DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI.
L’IMPORTANZA DELLA SCUOLA PER
UNA MIGLIORE EDUCAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 23
Secondo le statistiche, il 50-65% di tutti gli allie-
vi e le allieve delle scuole di età da 8 a 18 anni
presentano debolezze o difetti del porta-
mento, oltre il 30% sono sovrappeso, nel 20-
25% dei soggetti si evidenziano una scarsa fun-
zionalità circolatoria o disturbi cardiocircolatori
(Hollmann, Hettinger 1980, 596; Wasmund-
Bodenstedt, Braun 1983, 16-18; Weineck,
Köstermeyer, Sönnichsen 1997, 5 e segg.; Hus-
sey, Bell, Bennett et al. 2007, 311; Fröhlich, Ger-
net, Susgin, Schmidt 2008, 115; Trost, Rosen-
kranz, Dzewaltowski 2008, 622).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 391
SPORT E MALATTIE INFETTIVE
Durante l’età infantile e nell’adolescenza sono
molto frequenti malattie infettive acute, come
raffreddori (infezioni catarrali), influenza, angina,
parotiti epidemiche (orecchioni), morbillo, roso-
lia, sinusiti, tonsilliti, ecc.
Nel periodo di convalescenza da queste
malattie, sarebbe opportuno evitare di sollecitare
eccessivamente il sistema cardiocircolatorio –
durante questo periodo si devono evitare carichi
di velocità e di resistenza – in quanto esiste il
pericolo che contemporaneamente sia presente
una miocardite (infiammazione del miocardio)
o di una endocardite (infiammazione dell’endo-
cardio). Si possono allenare la coordinazione e la
mobilità articolare e si deve allenare solo limita-
tamente la forza.
Anche nel caso di tonsilliti o sinusiti croniche
sono controindicati carichi di rapidità e di resi-
stenza, in quanto tonsille e cavità nasali rappre-
sentano focolai infettivi che possono provocare
altre malattie batteriche, pericolose soprattutto
per il cuore. Inoltre, l’organismo forma anticorpi
che, tra l’altro, aggrediscono il muscolo cardiaco.
TRAUMI DA SPORT SPECIFICI
DELL’ETÀ E TRAUMI GENERALI
DA SPORT – CAUSE E
MECCANISMI CHE LI PROVOCANO
Come è stato già ricordato, la sensibilità del tessu-
to è proporzionale alla sua velocità di accresci-
mento (legge di Mark-Jansen). Nel periodi di mag-
giore crescita, quindi, da un lato l’organismo è
allenabile in modo particolare e dall’altro esso è
particolarmente sensibile nei confronti di carichi
che vanno al di là della capacità individuale di
carico. Soprattutto nella fase della spinta puberale
– definita anche fase del secondo cambiamento
della figura – soprattutto le strutture dell’apparato
locomotorio passivo presentano particolarità che
le rendono più soggette a determinati traumi o
lesioni da sport.
Queste particolarità, da un lato, sono dovute al
fatto che le ossa degli adolescenti a causa del rela-
tivamente maggiore contenuto di materiale organi-
co molle (maggiore percentuale di collagene) sono
più flessibili, ma meno resistenti alla trazione e alla
pressione. Ciò porta a una minore capacità di cari-
co di tutto il sistema scheletrico. Così pure il tessu-
to dei tendini e dei legamenti, a causa della
debole formazione della sua struttura micellare e
dell’elevata percentuale di sostanza intercellula-
re, presenta una resistenza alla trazione che non
può essere paragonata a quella degli adulti.
GIOVENTÙ E SPORT400
I TIPICI PERICOLI PER
LA SALUTE DELLA PRATICA
SPORTIVA DI BAMBINI E ADOLESCENTI
CAPITOLO 24
L’attività sportiva o l’allenamento sportivo sono
un presupposto indispensabile sia per lo svilup-
po armonico dell’organismo dei bambini e
degli adolescenti, sia per la formazione di uno
stato stabile di salute (cfr. il capitolo preceden-
te). Malgrado ciò l’attività sportiva, se viene
superata la capacità di carico individuale oppu-
re insorgono malattie infettive, così frequenti in
età giovanile, rappresenta un fonte di pericoli
che possono condurre a danni a carico di un
organismo in via d’accrescimento o metterne a
serio rischio la salute.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 400
DEFINIZIONE DEL CONCETTO –
PRINCIPI GENERALI
Si può affermare che nei bambini e negli adole-
scenti, soprattutto negli ultimi cento anni, a causa
dei cambiamenti che si sono determinati nell’am-
biente e nelle condizioni di vita, si è sviluppata
una maggiore velocità nei processi di crescita e di
maturazione (Bormann, Reyher-Pauly 1970,
1154). Un fenomeno – quest’ultimo – definito
come accelerazione, un concetto utilizzato per la
prima volta da Koch (in Nöcker 1976, 275).
Si distinguono un’accelerazione cosiddetta seco-
lare e una definita individuale:
Il fenomeno dell’accelerazione può essere tratta-
to sotto l’aspetto morfologico, funzionale e psi-
chico (Kenntner 1983, 33). L’accelerazione
morfologica – che è quella che, generalmente,
viene messa in primo piano quando si tratta il
problema – riguarda la crescita delle dimensioni
del corpo, l’accelerazione funzionale compren-
de la maturazione fisica e l’accelerazione psi-
chica riguarda una anticipazione dei processi di
maturazione psichica e comportamentale.
Se lo sviluppo fisico, psichico e mentale presen-
tano la stessa velocità di quella media, si parla di
una accelerazione armonica o sincrona. Altri-
menti, si parla di accelerazione disarmonica o
asincrona. In uno sviluppo disarmonico o
asincrono, troviamo ritardi o accelerazioni
parziali, che riguardano talune caratteristiche
dello sviluppo che si presentano in parte prima e
in parte dopo e in parte normalmente rispetto
alla media (Kretschmer in Dietrich 1966, 14).
L’accelerazione secolare – un fenomeno che
interessa tutto il mondo – riguarda, in misura più
o meno maggiore, strati sociali diversi o gruppi
che vivono in ambienti diversi in misura più o
meno grande. Per quanto riguarda la statura, ad
esempio, i figli di insegnanti, impiegati e com-
mercianti sono interessati da una accelerazione
maggiore dei figli degli operai.
Come si può desumere dalla tabella 42, per
quanto riguarda la statura l’accelerazione seco-
lare è caratterizzata da più elevati valori iniziali
nelle diverse fasce d’età. La statura media degli
studenti nel giro di 60 anni è aumentata di 9 cm;
nel 1924 era di 171,4 cm, nel 1961 il valore
medio era di 175,8 cm e nel 1982 ha raggiunto
180,5 cm (Kenntner 1983, 33).
Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, l’accele-
razione secolare svolge un ruolo soprattutto sul-
l’evoluzione dei record: forzatamente i risultati in
quegli sport che dipendono dalla statura e dal
peso corporeo migliorano con il progredire del-
l’accelerazione.
GIOVENTÙ E SPORT408
IL PROBLEMA DELL’ACCELERAZIONE
E DEL RITARDO NELLA PRATICA
DELLO SPORT, NELL’EDUCAZIONE
FISICA E NELLE SOCIETÀ SPORTIVE
CAPITOLO 25
si definisce accelerazione secolare quell’acce-
lerazione della crescita e della maturazione che
riguarda l’insieme della popolazione e che si
può dire descriva lo sviluppo di generazione in
generazione. Si definisce, invece, accelerazione
individuale l’andamento più o meno accelerato
dello sviluppo del singolo adolescente rispetto
alla norma di sviluppo del suo gruppo d’età.
Uno sviluppo dall’andamento rallentato rispetto
alla norma di singoli bambini o adolescenti viene
definito ritardo, o decelerazione (Sälzer 1967,
78; Oster 1970, 1100).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 408
DETERMINAZIONE
DEL CONCETTO
Nei diversi tentativi di definizione del concetto di
talento, si possono distinguere un approccio
esplicativo statico e uno dinamico (cfr. Wei-
neck 2007, 191).
Il concetto statico per caratterizzare il talento
prevede questi quattro concetti (Joch 1992, 83):
• disposizioni, che pone l’accento sulla capa-
cità;
• disponibilità, che mette in risalto la volontà;
• l’ambiente sociale, che determina le possibi-
lità; e
• i risultati, che documentano il risultato (pre-
stazione) realmente ottenuto.
Secondo l’interpretazione dinamica del talen-
to, questo si “struttura” solo all’interno di un
processo attivo e diretto a un obiettivo (“specifi-
cazione”) che rappresenta un processo di cam-
biamento che coinvolge l’intera personalità (cfr.
Mühle 1971, 93; Joch 1992, 87).
Il concetto dinamico di talento comprende, quin-
di, soprattutto tre caratteristiche centrali, cioè:
• il processo attivo di cambiamento;
• il controllo attraverso l’allenamento e le gare;
• l’assistenza pedagogica.
Perciò tale concetto, nella sua precisazione rela-
tiva all’aspetto dello sviluppo, secondo Joch
(1992, 897) può essere così descritto:
Sulla base di questi approcci statici e dinamici
alla determinazione del concetto, Joch (1992, 90)
così definisce il talento:
Nell’ambito sportivo, svolge un ruolo importante
soprattutto il talento motorio. In merito a ciò, si
distinguono un talento motorio generale, un
talento sportivo e un talento speciale per uno
sport in particolare.
CAPITOLO 26 415
LA RICERCA E LA PROMOZIONE
DEL TALENTO NELL’ETÀ INFANTILE
E NELL’ADOLESCENZA
CAPITOLO 26
“Lo sviluppo del talento rappresenta un proces-
so di cambiamento attivo, assistito dal punto di
vista pedagogico, che viene intenzionalmente
diretto attraverso l’allenamento e forma il fon-
damento di un elevato livello di prestazione
(sportiva) da raggiungere successivamente”.
Possiede talento o è un talento chi, sulla base di
disposizioni, disponibilità alla prestazione, e possi-
bilità dell’ambiente reale in cui vive, raggiunge
(possibilmente mostrandoli in gara) risultati della
prestazione superiori alla media dell’età, suscetti-
bili di sviluppo, che rappresentano il risultato di
un processo di cambiamento attivo, pedagogica-
mente guidato e controllato intenzionalmente
attraverso l’allenamento, diretto volutamente a
un elevato livello di prestazione (sportiva) da otte-
nere successivamente.
Un talento motorio generale si distingue in
quanto (rispetto ad altri soggetti apparentemen-
te come lui/lei, NdC) apprende movimenti più
facilmente, più sicuramente o più rapidamente e
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 415
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
DI ETÀ SENILE
E DI INVECCHIAMENTO
ETÀ
Nella letteratura gerontologica, il concetto età
(senile) si utilizza in contesti e con significati
diversi. Così si fa una distinzione tra età cronolo-
gica, biologica o individuale, psicologica, sociale
e funzionale (Singer 1981, 19-20).
L’età cronologica, come concetto neutrale, utiliz-
zato anche in statistica, fornisce solo un quadro
informativo generale, una scala numerica nella
quale le singole persone sono classificate sulla
base della loro data di nascita (Meusel, Hubert,
Schilling 1980, 15). Ma l’età cronologica di una
persona non corrisponde alla sua età biologica.
L’età biologica o individuale è definita come
l’età che una persona dimostra sulla base delle
condizioni dei suoi tessuti rispetto alla norma e
dipende dai processi biologici di maturazione e
da influenze esogene (Brunner 1982, 194; Wei-
neck 2007, 1001).
L’età psicologica si riferisce alle capacità indivi-
duali di adattamento, alle reazioni soggettive e
all’immagine di sé delle singole persone. Ma può
essere considerata anche dal punto di vista dell’e-
tà lavorativa, della somma di esperienze e della
maturazione mentale.
L’età sociale o sociologica è notevolmente
determinata dalla corrispondente struttura della
società. Una persona all’interno della stessa socie-
tà, quindi, può essere considerata giovane in un
contesto, anziana in un altro (Emrich 1989, 101).
La valutazione dell’età funzionale rappresenta il
tentativo di collegare tra loro età biologica, psico-
logica e sociale in modo tale da determinare così
l’età “vera e propria” (Singer 1981, 20). L’attribu-
zione a una determinata età funzionale (età infan-
tile, età senile) implica, contemporaneamente, una
determinata capacità funzionale (cfr. Takeshima,
Rogers, Rogers 2007, 2036).
Infine, il concetto di età senile è spesso utilizza-
to per descrivere l'ultima fase della vita di una
persona (cfr. Ahlheim 1980, 134; Singer 1981,
21).
L’INVECCHIAMENTO
Così come non esiste una definizione di validità
generale di “età”, non ne esiste nemmeno una
per il concetto di “invecchiamento”.
Ecco comunque alcuni tentativi di definizione:
CAPITOLO 27 423
PRINCIPI GENERALI
CAPITOLO 27
L’invecchiamento rappresenta il cambiamen-
to irreversibile delle sostanze viventi in funzio-
ne del tempo (Bürger 1957, 2).
Invecchiamento: rappresenta una definizione
generale per un complesso di fenomeni che
con l’aumento dell’età porta a un accorciamen-
to delle aspettative di vita (Comfort, in Frolkis
1975, 14).
Invecchiare: rappresenta la somma di tutti i
fenomeni di usura durante la vita (Selye 1962,
4).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 423
CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
E ALLENABILITÀ
DELLE PRINCIPALI FORME
DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
NELLE PERSONE ANZIANE
La struttura e la capacità di lavoro di un organo
è determinata, da un lato, dal patrimonio eredi-
tario, dall’altro della quantità e dalla qualità
delle sollecitazioni alle quali esso è sottoposto.
Secondo le opinioni attuali, il patrimonio eredita-
rio determina circa il 60-70% della capacità di
prestazione, per cui rimane un 30-40% attribui-
bile ad influenze esterne, come ad esempio l’al-
lenamento.
Per mantenere e sviluppare la capacità funzionale
dell’organismo sono necessari i cosiddetti stimoli
sopraliminari. Se tali stimoli sono assenti per un
lungo periodo, funzionalità e capacità di presta-
zione diminuiscono e, in molti casi, si produce
addirittura una perdita di “tessuto funzionale”
(cfr. Kamel 2003, 157; Deschenes 2004, 809).
La responsabilità della diminuzione della capacità
di prestazione fisica dopo il terzo decennio di vita
deve essere attribuita, da un lato, al rallentamento
e alla diminuzione della capacità di adattamento
e, dall’altro, alla riduzione generale della capacità
funzionale dell’organismo che si basa su cambia-
menti nel sistema neuromuscolare, nell’apparato
locomotorio e di sostegno e nel settore cardiopol-
monare e metabolico (Hollmann, Hettinger, Strü-
der 2000, 513).
La deflessione della prestazione – con ciò
s’intende un improvviso regresso delle prestazio-
ni e delle funzioni dell’organismo quando si rag-
giunge una determinata età – della quale abbia-
mo già parlato – avviene tra il 40° e il 45° (Letu-
now 1973, 211; Noder 1975, 11; Eitner 1977,
208) o il 45° e 55° anno di vita (Bringmann
1977, 663). Strauzenberg (in Israel et al. 1982,
293) è addirittura dell’opinione che, con grande
ampiezza di dispersione, tale deflessione si veri-
fichi solo nel sesto-settimo decennio di vita.
Ciò è confermato dalla capacità di prestazione
straordinariamente elevata degli atleti che prati-
cano un allenamento di resistenza: in essi, la
deflessione della prestazione avviene solo dopo
il 70° anno di vita (Brüschke 1966, 32; Haas et
al. 1970, 1506; Pollock et al. 1973, 246; Holl-
mann, Hettinger, Strüder 2000, 517).
Per quanto riguarda l’allenabilità, si deve affer-
mare che una persona anziana sana fondamen-
talmente reagisce agli stimoli di allenamento
nello stesso modo di una persona giovane sana,
anche se con l’età vi sono evidenti differenze
quantitative (Jokl 1970, 35 e 39; Badtke 1982,
116).
ETÀ SENILE E SPORT446
CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
E DI CARICO DELLE PERSONE ANZIANE
CAPITOLO 28
L’allenamento ha un’influenza decisiva sulle
forme e sulle funzioni dell’organismo e certa-
mente in misura maggiore dell’età (Jokl 1975,
14).
Tutti gli Autori sono dell’opinione che il crollo
della prestazione può essere differito attraverso
l’allenamento fisico.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 446
Con l’aumento delle aspettative di vita e l’invec-
chiamento della popolazione che ne rappresenta
una conseguenza, i costi dell’assistenza sanitaria
aumentano progressivamente (cfr. figura 317). In
Germania, ad esempio, nel 2007 le spese sanitarie
– onorari medici, costi di degenza ospedaliera,
farmaci o servizio di assistenza domiciliare –
ammontarano a circa 252,8 miliardi di Euro.
Rispetto all’anno precedente, erano aumentati di
7,8 miliardi o del 3,2% (cfr. Statistisches Bunde-
samt Wiesbaden in Versicherungsmedizin 2009,
101).
Ogni abitante del Paese nel 2007, in media, ha
speso circa 3.070 Euro per la sua salute. I costi
sanitari hanno rappresentato il 10,4% del prodot-
to interno lordo annuo (negli Stati Uniti sono stati
di oltre il 15%).
In futuro, per frenare o impedire questa esplosio-
ne di costi – secondo una valutazione, tra il 30 e il
70% dei costi si possono attribuire alle cosiddette
malattie ipocinetiche – aumenta la necessità di
un allenamento protratto per tutta la vita, inteso
come una misura generale di prevenzione sanita-
ria. Insieme alle malattie metaboliche che, nelle
persone fisicamente inattive, generalmente sono
associate al sovrappeso, le patologie che vengono
a determinarsi ogni anno costano al sistema sani-
tario tedesco più di 70 miliardi di Euro (dpa, in NN
v. 24.10.2007, 32).
LE PARTICOLARITÀ
DI UN ALLENAMENTO
ADEGUATO ALL’ETÀ
LA NECESSITÀ DI UN CONTROLLO
E DI UNA ASSISTENZA MEDICA
NELLO SPORT DELLE PERSONE ANZIANE
Se si tiene conto della frequenza con la quale si
riscontrano limitazioni della capacità di presta-
zione dovute a problemi di salute, tenendo conto
CAPITOLO 29 459
LA NECESSITÀ DI REALIZZARE
UN ALLENAMENTO PER
LA SALUTE PER TUTTA LA VITA
CAPITOLO 29
2970
2830
2770
2580
2450
2380
2970
1960
1992 2006
3000
2725
2450
2175
1900
Sviluppo delle spese sanitarie
per abitante in Euro
FIGURA 317 Incremento dei costi sanitari
per persona (in Euro) dal 1999 al 2006
(Ufficio statistico federale Wiesbaden, Destatis, 6.5.2008).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 459
Tali differenze non vogliono significare inferiorità
dell’uno o superiorità di un genere sull’altro, ma
rappresentano piuttosto l’espressione di una distri-
buzione naturale di compiti specifici che debbono
garantire in definitiva la conservazione della specie.
Se si confrontano le prestazioni sportive dell’uomo
con quelle della donna si possono osservare le
relative differenze di genere che, in gran parte,
debbono essere ricondotte a differenze di natura
genetica nella costituzione fisica e nelle funzioni
dell’organismo, ma anche ad aspetti di natura
sociale e politica: nei primi Giochi olimpici moderni
del 1896 di Atene, dovevano partecipare alle gare
solo uomini perché Pierre de Coubertin (il “fonda-
tore” dei Giochi moderni) era convinto che lo sport
femminile fosse contrario alla natura (“that wo-
men’s sport may be against the law of nature”)
(Simri 1981, 31).
Egli osservava le regole degli antichi Giochi olimpi-
ci che non ammettevano le donne né come atlete
né come spettatrici (cfr. Ferguson-Smith 2000,
377).
Ancora nel 1922, Karl Ritter von Halt nel suo libro
“Leichtathletik” (in Kölsch 2000, 77) si esprimeva
così contro la partecipazione delle donne alle gare
di atletica leggera: “Però, non appena questi eser-
cizi fisici vengono eseguiti per ottenere una vitto-
ria nelle gare, si perde la bellezza e ciò che vi è di
estetico nel movimento. La lotta con le altre stra-
volge il viso delle fanciulle, conferisce un duro tono
mascolino al movimento leggiadro femminile. In
una parola, rende sgraziata la donna. Perciò, lungi
dai campionati femminili, lungi dalla terribile intro-
duzione della registrazione dei risultati femminili!”
Dopo che sono state superate le proibizioni verso
la pratica sportiva femminile, la messa in discussio-
ne delle norme estetico-morali e l’eliminazione
delle parzialmente inconcepibili norme di protezio-
ne della donna da parte degli uomini, di anno in
anno diminuisce il numero degli sport e delle disci-
pline sportive che sono esclusivamente riservate
agli uomini (cfr. Kölsch 2000, 76).
Come evidenzia la tabella 49, dal 1900 in avanti, a
piccoli passi, alle donne fu consentita la partecipa-
zione ai Giochi olimpici negli sport ritenuti adatti
alle donne, ovviamente dal punto di vista maschile.
Nel quadro della parità di diritti, e grazie alla dimi-
nuzione dei comportamenti di ruolo specifici di
genere (stereotipi sessuali), durante gli ultimi anni
alle donne si sono aperte nuove possibilità in
campo sportivo e, quindi, anche nello sport di alto
livello. Un risultato di questa trasformazione socia-
le si è ripercosso in un fulmineo miglioramento
della capacità di prestazione sportiva della donna,
che tra l’altro si manifesta nella diminuzione delle
differenze di prestazione tra uomo e donna.
CAPITOLO 30 473
DIFFERENZE
ANATOMO-FISIOLOGICHE
DI GENERE
(DIMORFISMO DI GENERE)
CAPITOLO 30
L’uomo e la donna si distinguono tra loro non
solo per quanto riguarda i caratteri sessuali pri-
mari e secondari, ma anche dal punto di vista dei
parametri costituzionali, anatomici e fisiologici.
Negli ultimi anni, il rapido incremento della
capacità di prestazione della donna ha eviden-
ziato, quindi, che una parte delle differenze di
genere deve essere attribuita a influenze
determinate dalla tradizione.
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LA RESISTENZA
A causa dei parametri cardiopolmonari meno
elevati dei quali abbiamo già parlato, la donna
presenta una minore capacità di resistenza
rispetto all’uomo. Come si può ricavare dalla
tabella 55, nelle migliori prestazioni mondiali di
corsa dal 1980 al 1996 sui 1500 m e sulla mara-
tona, le donne in media sono più lente di circa
l’11%.
DONNA E SPORT488
LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
DELLA DONNA NELLE FORME
PRINCIPALI
DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 31
1500 Maratona
Anno Donne Uomini % Donne Uomini %
1980 3min52s49 3min31s58 9,9 2h25min42s 2h09min01s 11,4
1981 3min58s89 3min33s67 11,8 2h26min46s 2h08min18s 12,6
1982 3min54s23 3min32s12 9,4 2h26min11s 2h08min52s 11,8
1983 3min57s12 3min30s77 11,1 2h22min43s 2h08min55s 9,7
1984 3min56s63 3min31s54 10,6 2h24min26s 2h08min05s 11,3
1985 3min57s24 3min29s46 11,7 2h21min06s 2h07min12s 9,9
1986 3min57s70 3min29s77 11,6 2h24min54s 2h07min35s 12,0
1987 3min58s67 3min30s69 11,7 2h22min48s 2h08min18s 10,2
1988 3min53s96 3min30s95 9,8 2h23min51s 2h06min50s 11,8
1989 3min59s23 3min30s55 12,0 2h24min33s 2ho8min01s 11,4
1990 3min58s69 3min32s69 10,9 2h25min24s 2h08min16s 11,8
1991 3min59s16 3min31s00 11,8 2h24min18s 2h08min53s 10,7
1992 3min55s30 3min28s86 11.2 2h23min43s 2h08min07s 10,9
1993 3min50s46 3min29s20 9,2 2h24min07s 2h08min51s 10,6
1994 3min59s10 3min30s61 11,9 2h21min45s 2h07min15s 10,2
1995 3min58s85 3min27s37 13,2 2h25min11s 2h07min02s 12,5
1996 3min56s77 3min29s05 11,7 2h26min04s 2h08min25s 12,1
2008 3min50s46 3min26s00 11,87 2h15min25s 2h03min55s 11,9
MM 3min56s73 3min30s58 11,1 2h24min20s 2h08min07s 11,2
TABELLA 55 Migliori tempi mondiali nei 1500 m e nella maratona e differenze specifiche di sesso (in %)
negli anni dal 1980 al 1996 e nel 2008 (modificato da Sparling et al. 1998, 1726).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 488
MESTRUAZIONI E SPORT
Durante la sua vita, la donna è soggetta a tipi-
che influenze ormonali. In età feconda – che va
dalla prima (menarca) all’ultima (menopausa)
mestruazione – durante un ciclo mestruale si
producono cambiamenti ormonali che si ripeto-
no regolarmente.
Il ciclo mestruale (figura 337) rappresenta una
successione di fasi che si ripetono: mestruazio-
ne, fase follicolare (proliferazione) e fase
luteale o luteinica.
CAPITOLO 32 495
L’INFLUENZA DELLE MESTRUAZIONI
E DELLA GRAVIDANZA
SULLE CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
SPORTIVA FEMMINILE
CAPITOLO 32
Diencefalo
Lobo anteriore dell’ipofisi
(adenoipofisi)
FSH Ormone follicolo stimolante
LH Ormone luteinizzante
Maturazione
del follicolo
Ovulazione Corpo luteo
Ormone follicolare Estrogeno
Ormone del corpo luteo Progesterone
Mucosa dell’utero
Mestruazioni Proliferazione Secrezione
1. 5. 9. 13. 17. 21. 25. 28. Giorno
FIGURA 337 Il ciclo mestruale (secondo Vogel,Angermann 1976, 324).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 495
Dalla fine della seconda guerra mondiale nei
paesi industriali, rispetto ai paesi in via di svilup-
po, si può riconoscere una “ridistribuzione delle
malattie”. E se precedentemente le cause più fre-
quenti di morte erano le malattie infettive, attual-
mente in primo piano troviamo le malattie dege-
nerative cardiocircolatorie (tabella 60).
Che questo tipi di malattie – che sono anche
definite malattie del benessere o della civiltà
– rappresentino quasi la metà dei circa 900.000
casi annuali di decesso nella Repubblica Federale
di Germania, da un lato deve essere ricondotto
all’aumento delle aspettative e dall’altro al cam-
biamento delle condizioni di vita.
Negli ultimi anni, grazie ai progressi della medi-
cina e al miglioramento dell’igiene, l’aspetttiva
media di vita è notevolmente aumentata. Se
nel 1871 era circa 35 anni, attualmente nella Rft
è di circa 76 anni (uomini) e 83 anni (donne). Per
quanto riguarda l'Italia nel 2009 l’aspettativa di
vita rispettivamente per uomini e donne è salita
a 79,10 e 84,45 anni, con una media di 81,8
anni. Nel 1910 era rispettivamente di 46 e 47
anni. Sia in Germania, sia in Italia, quindi, nello
spazio di poco più di un secolo, l’aspettativa di
vita è pressoché raddoppiata.
In Germania, in un decennio, il numero dei cente-
nari dai 4.000 del 1994 è drasticamente aumenta-
to e nel 2005 già ammonta a 15.000. In Italia nel
1991 le persone centenarie erano 3.345 e nel
2001 erano 6.313. Si calcola che nel 2030 questo
numero possa aumentare di dieci volte (cfr. Lehr
1994, 27; Künstlinger 2005, IX). Se questo è lo sce-
nario del futuro, una grande sfida del 21° secolo
per la medicina e la scienza dell’allenamento sarà
rappresentata da quella di rendere possibile
invecchiare in buona salute. Una tale esigenza è
importante non soltanto dal punto di vista di una
vita degna di essere vissuta nella vecchiaia, ma
è di enorme attualità dal punto di vista sociale ed
economico: a causa dell’aumento delle aspettative
di vita aumenta il numero di persone non auto-
sufficienti ed aumentano i relativi costi. Alla fine
del 2007, in Germania, già 2,25 milioni di persone
(delle quali il 68% donne) non erano autosufficien-
ti. In un solo anno, sono 118.000 ovvero il 5,6% in
più dell’anno precedente. Rispetto al 1999, anno
del primo rilevamento di questo tipo di dati ciò
significa addirittura un incremento dell’11.4% in
meno di dieci anni (Statistisches Bundesamt 2008,
4; cfr. Klie, Kruse 2006, 157).
La maggiore durata della vita, a causa di fenome-
ni naturali e progressivi di logoramento dovuti
all’invecchiamento – che si manifestano soprat-
tutto a livello vascolare – porta a cambiamenti
degenerativi in diversi organi.
Oltre all’innalzamento delle aspettative di vita
tra le cause che partecipano all’insorgere di
CAPITOLO 33 513
OSSERVAZIONI INIZIALI
CAPITOLO 33
Paesi in via Malattie Paesi
di sviluppo industrializzati
39% Infettive 6%
4% Tumorali 18%
4% Cardiache 48%
e vascoalri
TABELLA 60 Distribuzione delle malattie
e delle cause di morte nei Paesi industrializzati
e nei Paesi in via di sviluppo (da Matzdorff 1975, 75).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 513
Come già esposto, i fattori di rischio di sviluppo
di malattie degenerative cardiocircolatorie si
dividono in primari e secondari, in modificabili e
non modificabili.
I FATTORI DI RISCHIO
NON MODIFICABILI
Per quanto riguarda i fattori di rischio non modi-
ficabili si tratta di fattori endogeni (ad esempio,
genetici) ai quali è soggetta ogni persona. La
loro influenza, però, è globalmente minore di
quelli che sono influenzabili o evitabili.
FAMILIARITÀ
Questo fattore di rischio finora è stato poco inda-
gato dal punto di vista scientifico ed è anche di
difficile studio. Così, ad esempio, è difficile provare
fino a che punto le conseguenze della familiarità
si basino realmente su fattori genetici e non siano
il frutto di abitudini di vita e alimentari proprie di
una famiglia (Schwandt 1975, 11).
Le malattie ereditarie sono rappresentate dalle
forme primarie delle malattie metaboliche, diabe-
te mellito, iperlipidemia e gotta. Inoltre, uno stret-
to legame esiste tra pressione arteriosa e sovrap-
peso, i quali anche si possono basare sull’eredita-
rietà (Schettler 1976, 158; Ahlheim 1980, 442).
Anche se alcuni Autori mettono in discussione l’e-
sistenza di una disposizione genetica verso le
malattie degenerative cardiocircolatorie (Schwandt
1975, 11), si può affermare che grazie ad anamne-
si familiari (Mellerowicz 1972, 12; Roskamm, Rein-
dell, König 1966, 66; Schettler 1976, 158) sia pro-
vata l’esistenza di una familiarità verso l’infarto
(Schwandt 1975, 11).
Come criterio dell’incidenza del rischio dovuto alla
familiarità si adducono da un lato l’età dei genito-
ri, dei nonni e dei fratelli nel momento della loro
morte e dall’altro l’età alla quale in questi si sono
manifestate una arteriosclerosi oppure malattie
metaboliche (Heyden 1976, 230).
Per cui, ad esempio, un rischio maggiore esiste
quando una parte dei genitori o ambedue sono
incorsi in un infarto prima dei quarantacinque anni
(Brusis, Weber 1980, 24). Se i genitori sono iperte-
si, o affetti da sclerosi coronarica, il rischio del
bambino di incorrere in una patologia coronarica
precocemente è di un fattore 2,7 (ovvero, un
rischio tre volte maggiore di chi non si trova in una
simile situazione, NdC); le persone che non presen-
tano una disposizione familiare hanno (evidente-
mente, NdC) un rischio di un fattore 1 (Mellero-
wicz 1972, 13).
ETÀ
L’aspettativa di vita attuale (2009) negli uomini è
di oltre settantasei anni e nelle donne di oltre
ottantadue.
L’aumento dell’età media è strettamente correlato
al tasso di mortalità per malattie cardiocircolato-
rie, che aumenta esponenzialmente con l’età
(Franke, Gall, Chowanetz 1976, 951).
Negli ultimi venti anni, l’incremento delle malattie
cardiocircolatorie come causa di morte è stato di
oltre il 50%.
L’età è uno dei possibili fattori che possono per-
mettere che si manifesti una predisposizione ad
FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE518
I FATTORI DI RISCHIO
CAPITOLO 34
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 518
Che attraverso un programma di prevenzione
che interessi tutti i cittadini realizzato in modo
costante e coerente possa migliorare lo stato di
salute della popolazione lo dimostrano, tra l’al-
tro, le esperienze del Giappone, degli Usa e della
Finlandia. Mentre, ad esempio, in Australia il
numero delle malattie degenerative cardiocirco-
latorie negli anni dal 1955 al 1967 è aumentato
del 28%, in Olanda addirittura del 50%, in Giap-
pone, nello stesso periodo è diminuito del 27%.
La diminuzione di oltre il 16% della mortalità per
infarto negli Stati uniti dal 1968 e di quella per
coronaropatie in Finlandia (del 24% negli uomini
e del 51% nelle donne negli anni 1969-1979)
mostrano chiaramente che campagne di infor-
mazione e di prevenzione – che miravano in par-
ticolare ad un cambiamento di abitudini alimen-
tari, di fenomeni di dipendenza (ad esempio, dal
fumo) e di ipocinesi – possono essere applicate
con successo nella lotta contro le malattie dege-
nerative cardiocircolatorie (cfr. Sesso, Paffenbar-
ger, Lee 2000, 975; Lee, Rexrode, Cook et al.
2001, 1447; Manson, Greenland, La Croix et al.
2002, 716; Le Masurier, Bauman, Corbin et al.
2008, S596; King, Satariano, Marti, Zhu 2008,
S584; Tudor-Locke, Hatano, Pangrazi, Kang
2008, S537).
Come mostra la figura 381, aumentando l’attività
fisica – con l’allenamento della resistenza come
attività ideale – diventa molto meno frequente
soprattutto l’occorrenza di casi di apoplessia e di
malattie degenerative cardiocircolatorie, che sono
quelle che presentano maggiori costi. Lo stesso
vale per il numero uno delle cause di morte per un
indivuduo, l’infarto cardiaco.
La figura 382 evidenzia che le persone fisica-
mente attive non solo soffrono meno di malattie
fisiche, ma presentano anche meno problemi psi-
chici delle persone che si muovono poco.
Un migliore stato di benessere psichico dovuto a
un maggiore allenamento fisico è un elemento
importante per la prevenzione delle malattie
degenerative cardiocircolatorie e la minore predi-
sposizione alle malattie infettive. Da un lato, infat-
ti, grazie alla libertà dagli stress e alla tranquillità
interna, si ottengono una minore produzione di
FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE562
L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA
COME STRUMENTO DI PREVENZIONE
DI MALATTIE DEGENERATIVE
CARDIOCIRCOLATORIE
CAPITOLO 35
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
Inattivo
Occasionale
Scarsa
Media
Mediamente
intensiva
intensiva
Categorie di attività fisica
Livellodiapoplessiastandardizzato
secondol’età/1000/anno
FIGURA 381 Influenza dell’attività fisica sul tasso
dei casi di colpo apoplettico. La forma più intensiva
di carico è un allenamento moderato di resistenza
eseguito secondo il principio “lento, ma per lungo
tempo” (Wannamethee in Blair 1995, 17).
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 562
LE TEORIE SUI BIORITMI
Nella discussione sui bioritmi, fondamentalmen-
te, si possono distinguere due direzioni teoriche:
• la teoria che definiremo scientifico-popolare;
• la teoria che definiremo a orientamento scien-
tifico.
Sebbene i lavori di carattere speculativo sulla
teoria scientifico-popolare siano stati accantona-
ti da tempo – risalgono infatti agli anni ’20-’30
del secolo passato – e non possono accampare
alcuna pretesa di dimostrabilità scientifica – si
tratta esclusivamente di osservazioni e interpre-
tazioni soggettive del comportamento umano, di
pareri isolati o di studi retrospettivi – ancora
oggi le sue affermazioni sono oggetto di discus-
sione per quanto ne riguarda validità e rilevanza
per la pratica sportiva.
Per questa ragione, ne faremo oggetto di una
breve esposizione.
LA TEORIA SCIENTIFICO-POPOLARE
DEL BIORITMO
Questa teoria postula l’esistenza di tre ritmi o
cicli singoli, descritti per la prima volta da Fliess,
Svoboda e Teltscher:
• il ciclo fisico che avrebbe una durata di
ventitrè giorni: è quello al quale si attribui-
sce la massima importanza dal punto di
vista dello sport in quanto determinerebbe il
benessere e la capacità di prestazione fisica;
• il ciclo emozionale che durerebbe ventotto
giorni: influenzerebbe il benessere fisico dal
punto di vista psichico;
• il ciclo intellettuale che durerebbe trentatrè
giorni: rispecchia la variazione ritmica delle
forze mentali e avrebbe un ruolo marginale
per la capacità di prestazione sportiva.
Secondo Appel (1978), Wilkes (1979) e Gross
(1979) questi tre ritmi vanno interpretati come
modulatori, perché influenzerebbero positivamen-
te il comportamento umano nella fase alta e
negativamente nella fase bassa.
Per tutti i tre ritmi si suppone, arbitrariamente,
che inizierebbero a oscillare in curve sinusoidali
con una fase positiva già nelle prime ore della
nascita (Schönholzer, Schilling, Müller 1972, 7). I
giorni di transizione tra le fasi alte e quelle basse
sono rappresentati come “giorni critici” nei quali
la capacità di prestazione psicofisica sarebbe
bassa e sarebbe elevato il rischio di cadute e di
infortuni (figura 399) (Gross 1959; Thommen
1973).
Secondo queste teorie per la capacità di presta-
zione psicofisica sarebbe decisiva la posizione
della fase o dello stato globale dell’andamento
complessivo delle curve di tutti e tre i ritmi.
Lo illustreremo con un esempio (Leis, Ulmer,
Weis 1982, 289): questo era lo stato globale (G)
dei tre ritmi nel momento del record sui 100 m di
A. Hary:
(G) =
f (98%) + e (97%) + i (87%)
= 94%
3
CAPITOLO 36 589
BIORITMO E CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 36
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 589
Già prima d’iniziare un carico fisico – ad esem-
pio una gara – le funzioni dell’organismo si
“aggiustano” al lavoro da compiere e vengono
condotte ad un livello più elevato.
Nello stato pre-gara, grazie all’anticipazione men-
tale o all’attualizzazione dell’andamento della
gara, parallelamente all’incremento dell’attivazione
dei centri motori del cervello, attraverso la cosid-
detta coattivazione nervosa centrale, si attivano
anche i centri vegetativi del sistema circolatorio. In
questo modo, l’organismo crea i presupposti che
permettono che fin dall’inizio il carico fisico o spor-
tivo sia eseguito con l’efficacia più elevata.
Lo stato pre-gara rappresenta un adattamento
di natura riflessa condizionata alla prestazio-
ne, che è tanto più rapido e adeguato quanto più
è elevato il livello di allenamento (Nöcker 1976,
50), nel quale troviamo una forte prevalenza del
sistema nervoso simpatico, ergotropo con una
increzione più elevata di ormoni della prestazione
(ad esempio, adrenalina) che produce un incre-
mento dei parametri cardiopolmonari e metaboli-
co-muscolari (Nowacki, Schmidt 1970, 1684).
In dettaglio lo stato pre-gara si caratterizza per:
• una maggiore increzione di catecolamine
(adrenalina e noradrenalina): nei carichi fisici
si produce soprattutto un incremento della
produzione di noradrenalina, mentre nei cari-
chi psichici prevale una maggiore produzione
di adrenalina.
• Un incremento dell’increzione di glucocorti-
coidi: le catecolamine prodotte nella situa-
zione che precede l’inizio (l’avvio) della gara
aumentano la produzione dell’ormone corti-
cotropo ipofisario (ACTH, vedi pagina 239)
che, a sua volta, incrementa quella dei glu-
cocorticoidi (Silbernagl, Despopoulos 1983,
260).
I glucocorticoidi*, rispetto all’azione disassi-
milatoria (catabolica) delle catecolamine, pre-
sentano un’azione assimilatoria, in quanto
permettono il riempimento dei depositi di
energia svuotati. In questo modo, questi
ormoni surrenali creano il presupposto affin-
ché l’organismo possa continuare a funziona-
re, in quanto le catecolamine possono ricorre-
re ai depositi di energia che sono stati ricosti-
tuiti (Steinbach 1971, 81).
• Un aumento della frequenza cardiaca e della
gittata cardiaca.
• Un aumento della pressione arteriosa: tale
aumento è provocato dall’incremento del-
l’attività cardiaca di natura psicogena in
assenza di un lavoro muscolare intenso, di
conseguenza dalla mancanza di una dilata-
zione periferica dei vasi.
• Un aumento della frequenza respiratoria,
del volume per atto respiratorio e del volu-
me respiratorio al minuto.
• Un innalzamento del tono muscolare dovuto
a quello della sensibilità dei fusi muscolari
CAPITOLO 37 607
LO STATO PRE-GARA
E LA SUA IMPORTANZA
PER LA CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 37
* I glucocorticoidi rappresentano una classe di ormoni steroidei che, nell’uomo, sono prodotti, in particolare, nella
zona fascicolata della corticale del surrene. Il più importante di essi è il cortisolo. Agiscono sul metabolismo dei car-
boidrati e riducono le risposte infiammatorie e immunitarie.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 607
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Attraverso un riscaldamento razionale, specifico
per lo sport praticato, dunque, si debbono creare
migliori condizioni iniziali per le capacità di pre-
stazione neuromuscolari, organiche e mentali
dell’atleta e per la sua disponibilità allo sforzo,
come anche condizioni ottimali per la prevenzio-
ne degli infortuni.
LE TIPOLOGIE
DI RISCALDAMENTO
Si distinguono un riscaldamento generale e un
riscaldamento speciale.
Nel primo, l’insieme delle possibilità funzionali
dell’organismo deve essere portato a un livello
elevato (Weineck 2007, 939). Ciò si realizza
attraverso esercizi che servono al riscaldamento
di grandi gruppi muscolari (ad esempio, corsa di
riscaldamento).
Il riscaldamento speciale, invece, è specifico
per la disciplina praticata, cioè si eseguono que-
gli esercizi che servono a “riscaldare” i muscoli
direttamente interessati ad essa. Il riscaldamento
generale deve precedere quello speciale.
Il riscaldamento in sé, a sua volta, può essere
passivo, attivo, mentale, oppure realizzato in
forma combinata.
Nel riscaldamento attivo l’atleta esegue real-
mente esercizi o movimenti, mentre in quello
mentale se li rappresenta soltanto. Però, una pre-
parazione mentale può essere utilizzata solo con
processi di movimento relativamente semplici o
quasi completamente automatizzati (Weineck
2007, 939).
Nella maggior parte dei casi, se utilizzato isola-
tamente, il riscaldamento mentale ha scarso
valore, perché mette in moto solo parzialmente,
e spesso con scarsa intensità, i processi di adat-
tamento caratteristici del riscaldamento stesso
(cfr. più avanti). Invece, in alcuni sport (ad esem-
pio ginnastica artistica, atletica leggera), se è
combinato con altri metodi di riscaldamento,
risulta di grande efficacia.
Il riscaldamento passivo, in forma di docce
calde, frizioni, massaggi, ecc., può essere conce-
pito solo come integrazione di quello attivo, in
quanto è difficile che da solo possa contribuire a
un incremento della prestazione o a una suffi-
ciente prevenzione degli infortuni (Weineck
2007, 939).
Nel riscaldamento attuato attraverso docce o fri-
zioni, si producono soprattutto un riscaldamento
periferico, con dilatazione dei vasi cutanei e, quin-
di, una distribuzione diffusa del sangue. In questo
modo, la muscolatura successivamente impegnata
nel lavoro non viene né sufficientemente riscalda-
ta, né irrorata di sangue quanto sarebbe necessa-
rio, né preparata dal punto di vista coordinativo,
come avviene nel riscaldamento attivo. Anche le
CAPITOLO 38 611
L’IMPORTANZA
DEL RISCALDAMENTO
PER LA CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 38
Per riscaldamento si intendono tutte quelle
misure che prima di un carico di lavoro fisico
sportivo – sia di allenamento o di gara – servo-
no sia a creare uno stato ottimale di prepara-
zione psicofisica, cinestetico-coordinativa, sia
alla prevenzione degli infortuni.
Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 611
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  • 1. La biologia dello sport è un settore di studio specializzato interdisciplinare, che si basa sulle scienze che studiano la conformazione e la strut- tura (anatomia), le funzioni e i processi vitali (fisiologia) del corpo umano, utilizzando le cono- scenze della genetica, dell’igiene, della pedago- gia dello sport, della medicina sportiva, della teoria dell’allenamento, della sociologia dello sport, come anche le esperienze che riguardano le alterazioni e le patologie dell’apparato loco- motorio (ortopedia) e le conoscenze sullo svilup- po psicofisico e sull’invecchiamento (Geriatria/ Gerontologia). Soprattutto la fisiologia dello sport si occupa, in particolare, del funzionamento e delle presta- zioni fornite dagli organi corporei durante lo svolgimento dei carichi sportivi. L’igiene dello sport comprende tutte quelle misure che permettono di mantenere e promuo- vere la salute nel campo dello sport. La medicina dello sport – che si è sviluppata partendo dalla traumatologia dello sport, che si occupa del trattamento degli infortuni sportivi acuti – come la biologia dello sport rappresenta una scienza interdisciplinare ed è definibile come il tentativo pratico e teorico della medicina: • di analizzare come il movimento, l’allena- mento e l’attività sportiva competitiva, ma ovviamente anche la mancanza di movimen- to, influiscono su soggetti sani e malati di ogni età; • di utilizzare i dati della prevenzione, della terapia e della riabilitazione, come anche dello stesso sport. Nelle preoccupazioni della medicina sportiva tro- viamo in primo piano la prevenzione delle patolo- gie da carenza di movimento (malattia ipocineti- ca). Vi è una stretta interrelazione tra biologia dello sport e medicina dello sport. In molti settori è difficile separarle, oppure è possibile farlo solo se si scende notevolmente nei dettagli. Il modo di trattare la materia o i tentativi di definizione della biologia dello sport spesso mostrano di avere un punto di partenza quasi identico con essa. La biologia dello sport, come la medicina dello sport, cerca di esporre quale sia l’influsso del movimento o dell’attività fisica sull’organi- smo dell’uomo e di spiegare quali siano i mecca- nismi che agiscono nel determinare i fattori influenti che possono formare la capacità di pre- stazione fisica o sportiva. Rispetto alla medicina dello sport, però, la biologia dello sport – sebbe- ne ne utilizzi i risultati – si occupa solo marginal- mente dei metodi di misura che servono a deter- minare la capacità di prestazione fisica o sporti- va, come anche dei metodi di ricerca e delle misure terapeutiche utilizzati dalla medicina dello sport. CAPITOLO 1 3 DEFINIZIONE DEL CONCETTO, DEGLI SCOPI E DEI CONTENUTI DELLA BIOLOGIA DELLO SPORT E DELLE DISCIPLINE LIMITROFE CAPITOLO 1 In termini molto generali, la biologia dello sport può essere definita la scienza che studia l’uomo in quanto essere vivente durante la sua pratica sportiva. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:08 Page 3
  • 2. Se si vuole trattare lo sport dal punto di vista della biologia dello sport è necessario che – allo scopo di esporre in modo preciso i singoli aspetti dei temi che essa affronta – si chiariscano, defi- nendoli, alcuni concetti rilevanti per lo sport in questione. Come mette in risalto la tabella 1, lo sport si presenta sotto forme diverse, che a loro volta si manifestano tramite forme di azione e settori di obiettivi diversi. La spiegazione attra- verso la loro definizione dei concetti riportati nella tabella 1 evidenzierà che, sotto l’aspetto della biologia e della medicina dello sport, le definizioni dei concetti della scienza dello sport che sono sempre stati interpretati in senso lato, talvolta sono soggetti ad una notevole limitazio- ne alle sole caratteristiche rilevanti per queste discipline. Per permettere una migliore comprensione di quanto esporremo, occorre, anzitutto chiarire il concetto di sport, esponendo brevemente le forme che esso assume. Nel settore della scienza dello sport, il grande numero di significati attribuiti al concetto di sport nel linguaggio comune ne rende impossibi- le una sua precisa delimitazione. La definizione del concetto “sport” si basa non tanto su analisi scientifiche delle sue dimensioni quanto sull’uso quotidiano che ne viene fatto dal punto di vista teorico, come anche su legami con formazioni sociali, economiche, politiche e giuridiche, che si sono sviluppati e tramandati storicamente e che hanno portato al continuo cambiamento della sua interpretazione. Attività motorie e interazioni sociali sono le princi- pali caratteristiche dello sport. Se le osserviamo dal punto di vista teorico le azioni sportive in un certo qual modo sono azioni “superflue”, nel senso che non sono determinate da obblighi e esi- genze della vita quotidiana o del lavoro. Ciò non significa che non abbiano degli scopi, ma questi ultimi non sono soggetti soltanto a considerazioni di tipo utilitaristico (Röthig, Prohl 2003, 494). Lo sport, se lo si osserva dal punto di vista della biologia e della medicina dello sport, assume un significato il cui contenuto cambia secondo le forme d’azione e di manifestazione. DEFINIZIONI GENERALI DEI CONCETTI4 DEFINIZIONE DEI CONCETTI CHE RIGUARDANO LE FORME DI MANIFESTAZIONE, LE FORME DI AZIONE E I SETTORI DEGLI OBIETTIVI DELLO SPORT CAPITOLO 2 Forme di manifestazione Sport di massa, sport per la salute, sport per disabili, sport per gli anziani, sport di prestazione, sport di prestazione elevata Forme di azione Esercizi, allenamento, gara Settore di obiettivi Miglioramento della salute e/o della prestazione sportiva grazie all’aumento della capacità di e della disponibilità alla prestazione Piacere di muoversi Interazioni sociali TABELLA 1 Forme di manifestazione, di azione e settori di obiettivi dello sport. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:08 Page 4
  • 3. Per comprendere meglio gli effetti dell’attività fisica o sportiva sull’organismo umano è assolu- tamente importante conoscere i processi di adat- tamento che vi si svolgono grazie ad essa. DEFINIZIONE DEL CONCETTO LE LEGGI BIOLOGICHE Una delle leggi più importanti della natura è la capacità che gli esseri viventi posseggono di adattarsi alle diverse condizioni (stimoli) del- l’ambiente. Le interrelazioni tra forma e funzione dell’organi- smo che si basano su leggi della natura rappre- sentano i fondamenti biologici delle leggi dell’al- lenamento. Già nel 1895 Roux attirò l’attenzione su queste relazioni fondamentali: Questa interdipendenza tra forma e funzione dell’organo è illustrata nella figura 4. Senza que- sta struttura funzionale interattiva, l’organismo umano non avrebbe la possibilità di adattarsi ai CAPITOLO 3 15 I PRINCIPI GENERALI DEL FENOMENO DELL’ADATTAMENTO CAPITOLO 3 Nella biologia, per adattamento s’intende fon- damentalmente quel processo attraverso il quale l’organismo si adegua dal punto di vista organico e funzionale alle richieste interne ed esterne che gli vengono poste. Adattamento è il riflesso delle reazioni interne dell’organismo, l’acquisizione interna delle richieste che gli vengono poste, che avviene secondo sue leggi ed è diretto a migliorare le modalità con le quali l’organismo risponde alle sollecitazioni che esse inducono. In esso si concretizza lo stato interno di una migliore capacità funzio- nale; l’adattamento è riferibile a tutti i livelli gerarchici dell’organismo. Adattamento e capa- cità di adattamento fanno parte dell’evoluzio- ne e rappresentano una importante caratteristi- ca della vita. Gli adattamenti sono reversibili e debbono essere riacquisiti continuamente (Israel et al.1983, 141). L’adattamento è la legge più importante ed universale della vita. La forma dell’organo determina la funzione, che a sua volta sviluppa, forma e specializza l’organo. Funzione Forma organica Organo Sistemi di organi Organismo FIGURA 4 I rapporti reciproci tra forma organica e funzione. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 15
  • 4. Come si può rilevare dalla figura 2, la capacità di prestazione sportiva dipende da una pluralità di fattori che, entro i confini dell’espressione fisica e psichica della prestazione, svolgono, in misura tra loro diversa, un’azione limitante per la pre- stazione stessa. Quali siano i confini della capa- cità di prestazione, quindi, può essere esaminato sotto aspetti diversi come, ad esempio, dal punto di vista dell’apparato d’appoggio, di sostegno e locomotorio, del sistema cardiopolmonare e metabolico (ad esempio, negli sport di resisten- za), del sistema coordinativo (ad esempio, negli sport cosiddetti tecnico-compositori) e della genetica (cfr. Fröhner 2000, 18 e segg.; Neu- mann, Berbalk 2000, 24 e segg.; Hollmann, Mader 2000, 11 e segg.; Knoll, Knoll, Köthe 2000, 33 e segg.; Mester, Perl 2000, 43 e segg.; Sergijenko 2000, 40). Oltre che dai fattori che abbiamo già citato, la misura dell’adattamento è notevolmente influen- zata dal tipo di sport praticato e dal talento (cfr. pagina 415) verso di esso del quale si dispone. Gli sport a indirizzo “unilaterale” – come alcuni sport che sono “puramente” di resistenza, di forza o di rapidità – in generale consentono una realizzazione del genotipo maggiore che negli sport “complessi”, nei quali la prestazione è determinata da più fattori o caratteristiche. Per- ciò, è possibile fornire dati precisi su quali siano i limiti delle prestazioni sportive che si possono ottenere solo per gli sport a indirizzo organico- muscolare unilaterale, in quanto essi dipendono soprattutto dal potenziale di allenabilità delle singole forme di sollecitazione motoria. CAPITOLO 4 25 ZONE LIMITE DELL’ADATTAMENTO DELL’UOMO AD UN ALLENAMENTO SPORTIVO DI PRESTAZIONE ELEVATA CAPITOLO 4 Le percentuali di miglioramento che un sogget- to non allenato può ottenere nelle principali forme di sollecitazione motoria di tipo organi- co-muscolare (condizionali) sono: • per quanto riguarda la resistenza genera- le aerobica dinamica (cfr. pagina 263) – espressa dal massimo consumo di ossigeno – circa il 40% (Hollmann, Hettinger 1980, 440); • per quanto riguarda la resistenza locale aerobica dinamica (cfr. pagina 257) da oltre 100 fino a oltre il 1000%. Essa rappre- senta la componente organico-muscolare della prestazione umana più allenabile (Holl- mann, Hettinger 1980, 346); • per quanto riguarda la forza – intendendo con essa la forza massima – il 40%, tenendo conto del livello iniziale (Hollmann, Hettinger 1980, 246). Nel caso della forza, comunque, occorre tenere conto del diverso livello ini- ziale di forza dei singoli gruppi muscolari nella vita di tutti i giorni (ad esempio, l’ele- vato grado di allenabilità dei muscoli masti- catori); • per quanto riguarda la rapidità – tra tutti i fattori fisici della prestazione siamo di fronte alla capacità che è maggiormente determi- nata da fattori genetici (Kovar 1976, 205) – solo il 15-20% e in casi particolari anche di meno (Hollmann, Hettinger 1980, 288). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 25
  • 5. NOZIONI GENERALI SULLA STRUTTURA, IL FUNZIONAMENTO E IL METABOLISMO DELLA MUSCOLATURA Per potere comprendere quali siano gli effetti specifici degli stimoli prodotti dal carico e dall’al- lenamento sul sistema neuromuscolare ed ener- getico che saranno oggetto della successiva esposizione (cfr. pagina 253) delle forme princi- pali di sollecitazione motoria, illustreremo sinte- ticamente le basi anatomo-fisiologiche di ambe- due i sistemi. Per questa ragione, dapprima spie- gheremo le caratteristiche strutturali e funzionali della cellula o della cellula muscolare e poi esse saranno discusse dal punto vista del metaboli- smo cellulare o muscolare, così importante per la comprensione dei metodi di allenamento che saranno poi applicati. Alla fine, si esporranno le modalità di funziona- mento dell’interazione neuromuscolare e i mec- canismi di regolazione del controllo dei movi- menti. STRUTTURA DELLE CELLULE E DEI MUSCOLI – FUNZIONE DELLE COMPONENTI SUBCELLULARI L’organismo umano è composto da circa 100 bilioni di cellule, che si differenziano per gran- dezza e forma a seconda della loro funzione. La figura 11 fornisce un quadro generale dei molte- plici elementi strutturali di una cellula. Dal punto di vista energetico, ogni stimolo provo- cato da un carico interessa la cellula, nel nostro caso la cellula del muscolo; in questa nostra espo- sizione semplificata, il sistema circolatorio rappre- senta solo un meccanismo ausiliario, che deve soddisfare le necessità del metabolismo cellulare per quanto riguarda il rifornimento di ossigeno e di substrati, come anche la rimozione dei prodotti intermedi e finali di tale metabolismo. Qui di seguito tratteremo approfonditamente solo le componenti subcellulari che sono funzional- mente più importanti per l’allenamento sportivo. Come messo in evidenza nella figura 12, la cellula è avvolta da una membrana cellulare (che nella fibra muscolare corrisponde al sarcolemma). La sua permeabilità agli elettroliti e alle sostanze organiche, la sua capacità di associazione con altre cellule, indicano che la membrana cellulare è una struttura biologica complessa, fortemente specia- lizzata, nella quale sono localizzati i processi con- nessi con l’attività di trasporto (ad esempio, pompa del sodio e del potassio nella fase di ri- polarizzazione della membrana cellulare dopo la scomparsa [l’annullamento, NdC] di un potenziale d’azione). Alterazioni che interessino la membrana cellula- re, ad esempio un aumento della sua permeabili- tà, hanno conseguenze molto gravi per la capa- cità funzionale della cellula. Il citoplasma (plasma cellulare) rappresenta la sostanza fondamentale e occupa circa il 70% dello spazio cellulare. Il metaplasma – che nelle cellule muscolari viene chiamato anche sarcopla- sma –, gli organuli cellulari e le riserve cellulari CAPITOLO 5 29 MUSCOLATURA E ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 5 Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 29
  • 6. Il sistema nervoso autonomo insieme al sistema ormonale (cfr. pagina 237) rappresenta il secondo sistema di comunicazione deputato allo scambio d’informazioni tra i singoli organi del corpo. Esso non è soggetto al controllo volontario nella stessa misura del sistema nervoso somatico, sensomoto- rio, per cui viene definito sistema nervoso auto- nomo o vegetativo. Il sistema nervoso autonomo permette l’adatta- mento delle funzioni dell’organismo alle necessi- tà del mondo esterno, in quanto adatta i processi endogeni del corpo ai carichi esterni. STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO Il sistema nervoso autonomo si compone di tre sistemi parziali, ovvero del sistema simpatico, del sistema parasimpatico e del sistema ner- voso viscerale. Nella figura 38 sono rappresentate schematica- mente l’andamento e la posizione dei sistemi nervosi simpatico e parasimpatico. IL SIMPATICO La maggior parte dei gangli simpatici sono di- sposti a coppia, paravertebralmente, a destra ed a sinistra vicino alla colonna vertebrale. A questo proposito si parla di tronco simpatico destro e sinistro. Gli organi effettori del simpatico sono rappre- sentati dalle fibre muscolari lisce di tutti gli orga- ni – come ad esempio, i vasi sanguigni, i visceri, gli organi endocrini e sessuali, le pupille, ecc. –, le fibre muscolari del miocardio ed una parte delle ghiandole – come, ad esempio, quelle sudoripare, le ghiandole salivari o quelle pepti- che. Il simpatico svolge un’azione di stimolo su questi sistemi di organi. Inoltre il sistema simpatico innerva le cellule adi- pose, le cellule epatiche, i tubuli renali e i tessuti linfatici: timo, milza e linfonodi. IL PARASIMPATICO Il parasimpatico – chiamato anche nervo vago – come già detto è l’opposto del simpatico e, quindi, svolge un’azione inibitoria. Però, diversa- mente dal simpatico, non innerva la muscolatura liscia dei vasi delle arterie e delle vene e le ghiandole sudoripare. I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO56 IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO CAPITOLO 6 Il sistema nervoso autonomo serve la muscola- tura liscia di tutti gli organi e sistemi di organi come anche del cuore e delle diverse ghiando- le. È estremamente importante per la regola- zione delle funzioni respiratorie, del sistema cir- colatorio, della digestione, del metabolismo, dell’increzione ghiandolare, della temperatura corporea e della riproduzione. Il simpatico ed il parasimpatico svolgono funzioni opposte e per lo più sono tra loro antagonisti, in quanto uno svolge un’azione di stimolo, l’altro di freno sull’azione dei diversi organi effettori. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 56
  • 7. Attività sportive regolari – soprattutto un allena- mento della resistenza – provocano una predo- minanza crescente del parasimpatico con un “passaggio” al recupero, ad una maggiore eco- nomia del metabolismo e ad un’inibizione psichi- ca intesa come un aumento dell’equilibrio e della “tranquillità interna”. Parallelamente, i sistemi di organi stimolati dal simpatico – tra gli altri il sistema ormonale con le sue ghiandole che producono i cosiddetti ormoni della “prestazione” (adrenalina, nora- drenalina, ecc.) – attraverso adattamenti morfo- logici (ipertrofia) e funzionali (maggiore econo- mia di tutti i processi metabolici) aumentano le loro capacità funzionali in direzione di un aumento della capacità generale psicofisica di prestazione. I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO58 IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO E L’ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 7 Però, attenzione: l’applicazione cronica di sti- moli eccessivi di allenamento – ad esempio, in forma di superallenamento (pagina 627) – può portare ad un’eccessiva prevalenza del simpa- tico in condizioni di riposo e così ad un ecces- so di sollecitazione della capacità di adatta- mento dell’organismo. Ne sono sintomi tipici l’ipereccitabilità, l’aggressività, l’insonnia, l’au- mento della frequenza cardiaca, ecc. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 58
  • 8. LE BASI ANATOMO-FISIOLOGICHE DELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA FUNZIONALE NEUROMUSCOLARE O DELLA MOTRICITÀ SPORTIVA PRINCIPI GENERALI SUL CERVELLO Il cervello è la sede della coscienza. Finora, le affer- mazioni che si possono fare riguardo ai presuppo- sti funzionali e strutturali della coscienza umana sono insufficienti. Dal punto di vista funzionale, la coscienza presuppone un livello medio di attività delle strutture nervose centrali interessate. Un’atti- vità nervosa troppo scarsa, come in stato di narco- si o di coma, od eccessiva come nel caso dell’epi- lessia o dell’elettroschock, non sono compatibili con uno stato di coscienza. Dal punto di vista strutturale, sicuramente, sembra che la coscienza sia possibile solo grazie all’interazione tra le strut- ture corticali e quelle subcorticali. Da sola ognuna di queste strutture è incapace di dare vita alla coscienza (cfr. Schmidt, Thews 1987, 156). La corteccia cerebrale consiste in uno strato di tessuto nervoso che presenta numerose pieghe e circonvoluzioni, che – secondo la zona del cervello – presenta uno spessore da 1,3 a circa 4,5 mm e forma l’involucro esterno dei due emisferi cere- brali. Se fosse distesa, la corteccia cerebrale copri- rebbe una superficie di circa 2200 cm2, che corri- sponde ad un quadrato di 47x47 cm (cfr. Hubel, Wiesel 1983, 123; Schmidt, Thews 1987, 135). Nella corteccia si alternano strati che contengo- no preminentemente neuroni con altri strati per- corsi soprattutto da assoni. Secondo la forma delle cellule, si distinguono sei strati alcuni dei quali si suddividono in due o più sottostrati. Il peso del cervello di un uomo sano va da 1000 a 2230 grammi e in media è di 1330 grammi (cfr. Haaf 1987, 38). Il cervello della donna, in media, anche se è del 10% inferiore rispetto a quello dell’uomo, possiede un numero di neuroni para- gonabile in quanto la loro densità è maggiore che negli uomini (cfr. Witelson 1995, 3). Però, nel corso della vita, secondo le relative attività cere- brali, il peso del cervello cambia a causa di cam- biamenti infrastrutturali specifici (processi cosid- detti di germinazione e di formazione di nuove connessioni). Perciò l’attività – ad esempio anche l’attività sportiva – o l’inattività cerebrale, come quella muscolare, si riflette in un’ipertrofia o in una atrofia funzionale e morfologica (cfr. Stockin- ger 1995, 116). Il cervello è uno dei più grandi consumatori di energia del corpo umano, che si esprime nella sua intensa irrorazione sanguigna e nel suo ele- vato bisogno di ossigeno. Sebbene il peso del cervello umano sia solo il 2% del peso corporeo, CAPITOLO 8 59 IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE CAPITOLO 8 Il cervello rappresenta un sistema di controllo dell’intero organismo dell’uomo, nel quale sono integrati parallelamente elementi funzionali, come istinti ed emozioni, diverse prestazioni mentali (ad esempio, memoria di lavoro, memo- ria a breve, medio e lungo termine) e la capacità di analizzare, riconoscere, sintetizzare nonché quella di produzione creativa. La capacità di ana- lisi e di sintesi, l’originalità e le capacità mnemo- niche sono riassunte nel concetto di “intelligen- za” (cfr. Hollmann et al. 1993, 479). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:09 Page 59
  • 9. Il sistema cardiocircolatorio fonde tutti gli organi del corpo in un’unità funzionale. Il suo compito principale è rifornire i bilioni di cellule dei diversi tessuti del corpo di sostanze metaboliche, di ormoni, di vitamine, di ossigeno, e rimuovere i prodotti finali del metabolismo. In questo sistema, il cuore rappresenta la forza motrice per la circolazione del sangue; il sangue rappresenta il mezzo di trasporto, il sistema vascolare le vie di trasporto. I vasi nei quali il sangue è trasportato via dal cuore sono le arte- rie, mentre le vene sono i vasi nei quali il san- gue viene trasportato nel cuore. In generale, le arterie trasportano sangue (arterioso) ricco di ossigeno, le vene sangue (venoso) povero di ossigeno. Fanno eccezione le arterie polmonari che trasportano sangue venoso e le vene polmo- nari che trasportano sangue arterioso. Il sistema circolatorio può essere suddiviso in una circolazione sistemica o grande circolazione e in una circolazione polmonare o piccola circo- lazione. I due sistemi a forma di otto sono inseri- ti uno dopo l’altro e al loro centro troviamo il cuore, che – con la sua attività simile a quella di una pompa – tramite le arterie trasporta il san- gue agli organi che lo utilizzano. La circolazione sistemica – deputata al riforni- mento di tutti gli organi del corpo – inizia nel ventricolo sinistro e termina nell’atrio destro del cuore. La circolazione polmonare inizia nel ventricolo destro e termina nell’atrio sinistro e serve allo scambio gassoso: il sangue ricco di anidride car- bonica è trasportato attraverso le arterie polmo- nari ai polmoni dove, grazie a processi di diffu- sione (cfr. pagina 151), è trasformato in sangue ricco di ossigeno che attraverso le vene polmo- nari viene condotto nell’atrio sinistro del cuore. Un sistema accessorio della circolazione sistemi- ca è rappresentato dalla circolazione della vena porta deputata al trasporto del sangue venoso saturo di sostanze nutritive degli organi della digestione al fegato attraverso la vena porta. Il fegato rappresenta l’organo metabolico del corpo. Assume un ruolo dominante nel meta- bolismo degli zuccheri e si trova in stretto rap- porto con il metabolismo dei grassi e delle pro- teine. Inoltre, prende parte all’emopoiesi* e all’e- molisi, come anche alla disintossicazione da sostanze nocive, assunte attraverso il tratto gastroenterico. Dopo avere lasciato il fegato, attraverso le vene epatiche il sangue sfocia nella vena cava inferiore e di qui nell’atrio destro. Nella figura 78 è fornita una visione d’assieme della circolazione sistemica, della circolazione polmonare e di quella portale. Il sistema formato dal cuore e dai vasi sanguigni deve regolare la sua funzione di rifornimento e di eliminazione dei prodotti finali del metabolismo secondo i bisogni attuali, contingenti, dell’organi- smo. Questo adattamento dinamico alle modifica- zioni delle attività metaboliche del corpo avviene grazie al cambiamento della funzione propulsiva del cuore e ad una distribuzione del sangue a van- I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO122 IL SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO E L’ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 10 * La parola emopoiesi o ematopoiesi si riferisce alla formazione e alla maturazione di tutti i tipi di cellule del sangue, mentre per converso l’emolisi è il processo di distruzione dei globuli rossi (NdC). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:23 Page 122
  • 10. BASI ANATOMICHE E FISIOLOGICHE DELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA IMMUNITARIO Nell’ambiente che ci circonda, è contenuta una grande quantità di microrganismi infettivi come virus, batteri, funghi e parassiti, differenti tra loro per dimensioni, struttura, localizzazione e nocivi- tà (cfr. Roitt 1993, 1). Per proteggersi da questi agenti e per impedire danni patologici e mante- nere il suo stato di immunità rispetto ad essi, il corpo umano ha sviluppato un sistema molto sofisticato di difesa. Oltre alla difesa da questi agenti, tra i compiti del sistema immunitario c’è anche quello del mante- nimento dell’individualità dell’organismo e la distinzione tra le sostanze che appartengono a esso, (“self”, proprie) e quelle che gli sono estra- nee (“non self”, estranee). Il sistema immunitario rappresenta un organo distribuito in tutto l’orga- nismo attraverso cellule ematiche bianche mobili, i leucociti. In esse si distinguono i granulociti (circa il 70%), i monociti/macrofagi (circa il 10%) e i linfociti (circa il 20%) (cfr. Keller 1994, 53). Queste cellule immunitarie lavorano o come ele- menti mobili che “pattugliano” il corpo o come elementi stazionari nei diversi organi e comunica- no tra loro (a) attraverso il contatto diretto con altre cellule immunitarie o degli organi e (b) attra- verso le cosiddette “sostanze messaggere”, che possono inviare i loro messaggi sia localmente, ovvero in un organo, sia sistemicamente, ovvero in tutto il corpo (Gabriel, Kindermann 1998, 4). Per neutralizzare eventuali agenti patogeni, si sono sviluppati diversi meccanismi, sintonizzati tra loro, che si completano l’uno con l’altro. La difesa immunitaria dell’organismo umano rap- presenta quindi una difesa per gradi, che impedi- sce agli agenti patogeni di penetrare o di inse- diarsi nel corpo (cfr. Baenkler 1996, 3; Gabriel; Kindermann 1998, 4). L’organismo umano deve confrontarsi continuamente con un ambiente ricco di microbi e si trova in uno stato d’equili- brio, più o meno labile, tra salute e malattia. Però, in determinate parti del corpo sono presen- ti microrganismi speciali che sono necessari alla vita (ad esempio, la flora intestinale). I meccanismi di difesa dei quali dispone il corpo, anzitutto servono all’eliminazione delle sostanze estranee, penetrate dall’esterno. Nel caso di un difetto nel comportamento del sistema immuni- tario, a causa del quale costituenti proprie del- l’organismo sono “scambiate” per agenti esterni pericolosi, si possono produrre le cosiddette malattie autoimmunitarie o autoimmuni (cfr. Keller 1994, 12). Questi meccanismi naturali di difesa – la capacità di neutralizzare sostanze estranee penetrate nel corpo o di formare diverse sostanze immunitarie è geneticamente determinata – generalmente sono in grado di agire contro un ampio spettro di microrganismi. Quindi, sono aspecifici. Oltre ad essi, però, esistono vari meccanismi di difesa, molto specializzati, che sostengono la reazione immunitaria specifica. Per questa ragione, si distinguono un sistema aspecifico e uno specifico di difesa immunitaria. Comunque, sia le componenti ad azione specifica CAPITOLO 11 177 SISTEMA IMMUNITARIO E ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 11 Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 177
  • 11. Per mantenere le sue funzioni vitali (metaboli- smo basale), e per la sua attività di rapporto con l’ambiente in cui vive, l’organismo umano ha continuamente bisogno di energia, che si garan- tisce attraverso l’apporto di sostanze nutritive ricche di energia (carboidrati, grassi, proteine) assunte attraverso l’alimentazione. La presenza di ossigeno rende possibile i proces- si di combustione che forniscono energia all’or- ganismo. Con l’ossidazione degli alimenti si pro- ducono non solo energia, ma anche acqua e ani- dride carbonica. L’assunzione di ossigeno e l’e- missione di anidride carbonica sono al centro dello scambio gassoso, che viene definito respi- razione. Si distinguono una respirazione interna e una esterna. La respirazione esterna avviene soprattutto attraverso i polmoni ed è caratteriz- zata dall’assunzione di ossigeno e dall’elimina- zione di anidride carbonica. La respirazione interna – definita anche respirazione tissutale o cellulare – comprende la captazione dell’ossi- geno dal sangue nei tessuti e la cessione al san- gue dell’anidride carbonica prodotta dal metabo- lismo cellulare. I polmoni, quindi, si trovano all’inizio e alla fine di questo processo vitale, nel quale la circolazio- ne del sangue svolge un ruolo di mediatore. Lo scambio gassoso tra sangue e ambiente si svol- ge, essenzialmente, nei polmoni e viene definito respirazione polmonare. Lo scambio gassoso attraverso la superficie della pelle – traspirazio- ne cutanea – è invece scarso e ammonta solo a circa l’1-2% della respirazione polmonare (Fin- deisen, Linke, Pickenhain 1980, 136). La respirazione polmonare, accanto alla arteria- lizzazione del sangue venoso, attraverso la ces- sione dell’anidride carbonica svolge un’altra importante funzione nel mantenere costante l’e- quilibrio acido-basico e, quindi, il valore del pH dell’organismo. LE BASI ANATOMICHE E FISIOLOGICHE DELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA RESPIRATORIO Prima che l’aria arrivi nell’organo nel quale si realizza lo scambio gassoso – il polmone con i suoi alveoli – deve percorrere le vie respiratorie (o aeree) che non partecipano alla vera e propria respirazione (figura 132), e che sono distinte in vie respiratorie superiori ed inferiori. CAPITOLO 12 197 SISTEMA RESPIRATORIO E ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 12 Per demolire le sostanze nutritive assunte attraverso l’alimentazione e per la loro trasfor- mazione in energia immediatamente utilizzabi- le (ATP), l’uomo ha bisogno di ossigeno. La quantità di aria ventilata quotidianamente nella respirazione ammonta, secondo il livello di attività fisica, da 10000 a 30000 litri. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 197
  • 12. LE BASI GENERALI ANATOMICHE E FISIOLOGICHE Gli ormoni rappresentano sostanze attive di importanza vitale per l’organismo, in quanto regolano il metabolismo, il contenuto di acqua e di elettroliti, la crescita, lo sviluppo e la funzione sessuale. In quanto sostanze attive, essi non partecipano direttamente al metabolismo funzionale, ma influiscono su speciali processi metabolici, agen- do come induttori enzimatici o inibendo o favo- rendo speciali sistemi di trasporto nelle membra- ne cellulari. Come gli enzimi e le vitamine, gli ormoni sono catalizzatori biologici, cioè agiscono in piccolissime quantità e concentrazioni nel- l’ambito cellulare (Findeisen, Linke, Pickenhain 1980, 198). Si distinguono ormoni endocrini (ghiandolari) e ormoni tissutali (istormoni). Gli ormoni endocrini sono prodotti in determi- nati organi endocrini (che cioè rilasciano la pro- pria secrezione all'interno dei vasi sanguigni e linfatici) anatomicamente circoscritti, mentre la produzione degli istormoni non è limitata a determinati organi. Gli ormoni sono rilasciati prevalentemente nel sangue, dove si trovano legati a proteine emati- che e così sono protetti da una loro precoce eli- minazione da parte dei reni. Il livello delle sostanze attive ormonali è diretto da un sistema di regolazione che è controllato soprattutto per via nervosa. Un eccesso di ormo- ni inibisce, mentre una loro carenza stimola la produzione delle necessarie sostanze attive (feedback umorale). Poiché anche quantità minime di ormoni producono effetti notevoli, è necessaria una straordinaria sintonia dell’attività delle diverse ghiandole che producono ormoni. Tanto più che la maggior parte delle ghiandole endocrine dell’organismo non lavora isolatamen- te, ma esse si trovano in interazione continua tra loro – si parla, infatti, del cosiddetto concerto ormonale – e, per questa ragione, anche mini- me alterazioni della regolazione portano, a breve o a lungo termine, a notevoli alterazioni dell’o- meostasi e possono influire negativamente sulla capacità funzionale dell’organismo. LE DIVERSE GHIANDOLE ENDOCRINE E I LORO ORMONI – L’INFLUENZA DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO Qui di seguito tratteremo solo gli ormoni endo- crini che sono particolarmente importanti per la capacità di prestazione fisica e sportiva. La figura 160 fornisce un quadro della localizza- zione delle diverse ghiandole endocrine che sono particolarmente importanti per la capacità di prestazione fisica e sportiva. CAPITOLO 14 237 ORMONI E ALLENAMENTO SPORTIVO CAPITOLO 14 Gli ormoni sono sostanze che svolgono una funzione di regolazione, prodotte dall’organi- smo, spesso in organi endocrini anatomica- mente circoscritti (le ghiandole), dai quali per via ematica raggiungono uno o più organi effettori influenzandone, in modo caratteristico, il metabolismo (Buddecke 1971, 296). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 237
  • 13. Le principali forme di sollecitazione motoria possono essere suddivise in due settori principa- li. Si distinguono: • le qualità prevalentemente organico-musco- lari o condizionali (resistenza, forza, rapidi- tà); • le qualità prevalentemente coordinative (mobilità articolare, destrezza). Se si considera che tra i due settori di capacità vi sono stretti rapporti reciproci – ciò riguarda soprattutto la rapidità – questo tipo di suddivi- sione può essere realizzato con un certo grado di arbitrarietà. Essa però appare razionale, in quan- to le capacità condizionali (ovvero, organico- muscolari) si basano soprattutto su processi energetici, quelle coordinative, prevalentemen- te, su processi di controllo e regolazione di natura nervosa centrale. Nella pratica dello sport, le capacità condizionali molto raramente si presentano in forma pura, come, ad esempio nei sollevatori di pesi, in quan- to rappresentanti (ed espressione) della forza (massima), o nei maratoneti come rappresentanti della resistenza (generale aerobica). Come mostra la figura 170, generalmente, vi sono forme miste, che si basano su presupposti anatomo-fisiologici gradualmente diversi. Per ragioni di migliore facilità espositiva, le diver- se forme di sollecitazione motoria con le loro sot- tocategorie saranno trattate isolatamente, ma, a causa delle interrelazioni tra loro esistenti, sarà impossibile evitare alcune sovrapposizioni. CAPITOLO 15 253 OSSERVAZIONI PRELIMINARI CAPITOLO 15 Resistenza Resistenza alla forza Resistenza alla forza rapida Resistenza alla rapidità Forza Forza rapida Rapidità FIGURA 170 I rapporti reciproci tra i fattori fisici, ovvero organico-muscolari, della prestazione Le capacità condizionali (organico-muscolari), in generale, rappresentano la base materiale di quelle coordinative. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 253
  • 14. DEFINIZIONE DEL CONCETTO Secondo Frey (1977, 351) la resistenza psichica, comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resi- stere il più a lungo possibile ad uno stimolo che lo indurrebbe ad interrompere uno sforzo, la resi- stenza fisica la capacità di resistere alla fatica dell’intero organismo o di suoi singoli sistemi. TIPI DI RESISTENZA Secondo come viene considerata, si possono distinguere diversi tipi di forme di manifestazione della resistenza. Così, dal punto di vista della per- centuale della muscolatura impegnata, si distin- guono una resistenza generale ed una locale; se si considera l’aspetto della specificità dello sport, una resistenza generale e una specifica (specia- le); se, invece, si considera quello della trasforma- zione dell’energia muscolare, una resistenza aerobica ed una anaerobica; dal punto di vista della durata temporale, esistono una resistenza di breve, di media e di lunga durata; da quello delle forme principali di sollecitazione motoria interes- sate la resistenza alla forza, alla forza rapida e alla rapidità. La resistenza generale (muscolare) comprende da un settimo ad un sesto dell’intera muscolatura scheletrica – ad esempio, la muscolatura di un arto inferiore rappresenta circa un sesto dell’intera massa muscolare – ed è limitata soprattutto dal sistema cardiocircolatorio e respiratorio (espresso soprattutto dal massimo consumo d’ossigeno e dall’utilizzazione periferica dell’ossigeno) (cfr. Gaisl 1979, 240). Di conseguenza, la resistenza (muscolare) loca- le prevede la partecipazione di meno di un sesto/ settimo dell’intera muscolatura e, oltre che dalla resistenza generale, è determinata, in misura parti- colare, dalla forza speciale, dalla capacità anaero- bica e dalle forme di forza che sono limitate da queste ultime, quali la resistenza alla rapidità, alla forza ed alla forza rapida (cfr. figura 171 ed il testo che l’accompagna), come dalla qualità della coor- dinazione neuromuscolare (cioè dalla tecnica) spe- cifica della disciplina (cfr. Haber, Pont 1977, 358). Mentre la resistenza generale – caratterizzata dal- l’aumento della capacità del sistema cardiocircola- torio – può influenzare sotto molti aspetti la resi- stenza locale limitandone il rendimento, ciò vale in particolare per il rapido ristabilimento dopo il cari- co – essa, in generale, non influisce sulla capacità di prestazione della resistenza generale (ad esem- pio, per quanto riguarda l’aumento di dimensioni del cuore, ecc.). Oltre ad una resistenza generale e ad una locale, nella pratica dello sport, si usa parlare di resisten- za generale e speciale. In questa contrapposizio- ne antitetica, per resistenza generale, si deve inten- dere una forma di resistenza, indipendente dallo sport praticato – detta anche resistenza di base, mentre per resistenza speciale, si intende una forma di manifestazione specifica di questa capaci- L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA254 L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA CAPITOLO 16 In generale, per resistenza si intende la capaci- tà psicofisica dell’atleta di opporsi all’affatica- mento. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 254
  • 15. DEFINIZIONE DEL CONCETTO La formulazione di una definizione precisa di “forza” che comprenda sia i suoi aspetti fisici sia quelli psichici, rispetto alla definizione che ne viene data dalla fisica, pone notevoli difficoltà, in quanto i tipi di forza o di lavoro muscolare sono estremamente vari e sono influenzati da nume- rosi fattori. Una definizione chiara e precisa del concetto di forza è possibile solo se la si collega con le sue tipologie di manifestazione che esporremo qui di seguito. TIPOLOGIE DI FORZA Secondo la prospettiva dalla quale si considera, la forza a seconda delle forme in cui si manifesta può essere suddivisa in vari tipi (si parla, infatti, anche se impropriamente, di vari tipi di forza). Così, in base alla massa percentuale della muscolatura impegnata, si distinguono una forza generale e locale; secondo l’aspetto della specificità di uno sport, una forza generale e una speciale; dal punto di vista del regime di lavoro del muscolo, una forza dinamica e una statica; secondo le forme principali di sollecitazione motoria coinvolte una forza massimale, una forza rapida (o potenza) e una resistenza alla forza e per quanto riguarda il rapporto con la massa corporea una forza assoluta e una relativa. Per forza generale s’intende, dunque, il livello di forza sviluppato dai principali gruppi muscola- ri, cioè dalla muscolatura del tronco e delle estremità, mentre la forza locale si riferisce all’impiego di singoli muscoli o gruppi muscolari. Nella contrapposizione tra forza generale e speciale, indipendentemente dallo sport pratica- to, il concetto “generale” si riferisce alla forza dei principali gruppi muscolari (vedi sopra). La forza speciale, invece, si riferisce a quei gruppi muscolari coinvolti in un processo motorio di movimento che ne determinano il risultato. In questo genere di forza, un ruolo importante è svolto dagli aspetti coordinativi. In certe condizioni spesso la forza locale e quel- la speciale sono identiche. Per lavoro muscolare dinamico – che può esse- re suddiviso in positivo (superante o concentrico) e negativo (cedente o eccentrico) – si intende un lavoro muscolare nel quale il muscolo si contrae, cioè si accorcia, o si distende, cioè si allunga, per cui si produce una modificazione della sua lun- ghezza. Nel lavoro muscolare statico (o isome- trico) si sviluppa solo tensione (forza) senza che, esternamente, si rilevino un accorciamento o un allungamento visibili del muscolo. Dal punto di vista della metodologia dell’allena- mento, la forza dinamica è classificata in forza massimale, forza rapida e resistenza alla forza. Sebbene questa classificazione presenti alcuni problemi a causa degli stretti rapporti esi- stenti tra queste manifestazioni della forza, essa corrisponde sommariamente all’impostazione del carico prevalentemente praticata in allenamento dagli atleti di forza massimale (ad esempio, i pesi- sti), gli atleti di forza rapida (ad esempio, i saltatori dell’atletica leggera) e quelli di resistenza alla forza (ad esempio, i canottieri). L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA280 L’ALLENAMENTO DELLA FORZA CAPITOLO 17 Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 280
  • 16. DEFINIZIONE DEL CONCETTO I VARI TIPI DI RAPIDITÀ L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA314 L’ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ CAPITOLO 18 “…nello sport, la rapidità è rappresentata dalla capacità di raggiungere, in determinate condizio- ni, la massima velocità possibile di reazione e di movimento sulla base di processi cognitivi, della massima forza di volontà e della funzionalità del sistema neuro-muscolare” (Grosser 1991, 13). La rapidità è una delle forme principali di solleci- tazione motoria che, come la mobilità articolare, può essere classificata sia tra le capacità organi- co-muscolari (condizionali) sia anche tra le capa- cità coordinative (cfr. Grosser 1991, 13; Martin, Carl, Lehnerts 1991, 147; Weineck 2004, 377). Rapidità motoria Forme “pure” di manifestazione (con scarsa componente di forza) Forme complesse di manifestazione (con elevata componente di forza o con esecuzione di lunga durata) Rapidità di reazione Semplice Discriminante Reazione Nei movimenti aciclici Rapidità di azione semplice1 Contro opposizione elevata Rapidità di forza/forza rapida3 Che si ripete frequentemente Continua, che si mantiene a lungo Resistenza alla forza rapida4 Resistenza massimale alla rapidità5 Nei movimenti ciclici Rapidità di frequenza2 FIGURA 219 La rapidità motoria e le sue suddivisioni (forme di manifestazione, sottocategorie), sinonimi: 1. Rapidità di movimento, 2. Frequenza di movimento, coordinazione rapida, rapidità di base; 3. Capacità di accelerazione, rapidità di scatto; 4. Resistenza all’accelerazione; 5. Resistenza agli scatti, resistenza alla rapidità di frequenza; resistenza generale anaerobica di breve durata, resistenza alla rapidità di scatto, resistenza alla velocità (secondo Schiffer 1993, 6). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 314
  • 17. DEFINIZIONE DEL CONCETTO Come sinonimo di mobilità articolare si utilizza, in generale, il termine flessibilità, mentre arti- colarità (che riguarda la struttura delle articola- zioni) e capacità di allungamento, scioltezza (che riguarda i muscoli, i tendini, i legamenti e l’apparato delle capsule articolari) debbono essere interpretati come componenti e, quindi, concetti subordinati a quello di mobilità articola- re (Frey 1977, 351). TIPI DI MOBILITÀ Si distingue tra mobilità articolare generale e speciale, tra attiva e passiva e tra allungamento autoregolato e allungamento regolato dall’ester- no (cfr. Weineck 2007, 735). Si parla di mobilità articolare generale quando la mobilità dei principali sistemi articolari (artico- lazioni delle spalle e delle anche, colonna verte- brale, ecc.) si trova a un livello sufficiente di svi- luppo. Si tratta, quindi, di un criterio relativo, in quanto l’espressione della mobilità articolare generale può essere più o meno maggiore, secon- do il livello di sollecitazione (atleti di alto livello, praticanti del tempo libero). Si parla di mobilità articolare speciale quando la mobilità si riferisce a una determinata articola- zione. Così, ad esempio, un atleta delle corse ad ostacoli dell’atletica leggera ha bisogno di una notevole mobilità nell’articolazione delle anche, un nuotatore a dorso di quella delle spalle, ecc. Si definisce mobilità articolare attiva la maggio- re escursione di movimento possibile in una artico- lazione che l’atleta è in grado di realizzare, grazie alla contrazione degli agonisti e al parallelo allun- gamento degli antagonisti. In essa si distinguono, ulteriormente, una mobilità attiva-statica e una attiva-dinamica. Una forma particolare della mobilità attiva-dinamica è rappresentata dalla “dynamic flexibility” che è diretta a realizzare un movimento “violento”: si pensi, ad esempio, al movimento di “calcio” della gamba di slancio nello stile a scavalcamento del salto in alto, per aumentare le forze di accelerazione verticale. I momenti coordinativi svolgono un ruolo importan- te nella “dynamic flexibility”. Il compito motorio può essere realizzato solo se, attraverso il controllo corretto della tensione muscolare, i muscoli che debbono essere estesi “cedono” quanto necessa- rio e possono essere allungati. Si definisce mobilità articolare passiva la massima escursione di movimenti in una artico- lazione che l’atleta riesce a raggiungere, grazie L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA326 L’ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀ ARTICOLARE CAPITOLO 19 La mobilità articolare è quella capacità e quali- tà dell’atleta che gli permette di eseguire movi- menti di grande ampiezza, in una o più artico- lazioni, autonomamente o grazie all’intervento o al sostegno di forze esterne. La mobilità articolare perciò deve essere defini- ta una capacità motoria condizionata, almeno parzialmente, dalla coordinazione. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 326
  • 18. DEFINIZIONE DEL CONCETTO I TIPI DI CAPACITÀ COORDINATIVE Secondo se le capacità coordinative si riferiscano alla motricità globale o a quella fine (ad esempio delle mani) si parla di destrezza – nella teoria dell’allenamento questo concetto è consi- derato sinonimo di capacità coordinative – o di abilità motoria fine. Se la sollecitazione coordinativa si riferisce a un processo di movimento specifico di uno sport si usa il concetto di tecnica. Secondo il modo di considerarla, si distinguono tecniche riferite al corpo e tecniche riferite all’attrezzo. La tecnica riferita al corpo si riferisce a una esecuzione ottimale dei movimenti di tutto il corpo e di sue singole parti (mano, piede o tronco), che corri- sponde alle leggi (ad esempio, rispetto delle leggi biomeccaniche) o alle esigenze del rispettivo sport (ad esempio, espressività, economia, ecc.). La tec- nica riferita agli attrezzi si riferisce ad un con- trollo specifico dell’attrezzo dello sport praticato (ad esempio, tecnica con la palla, tecnica di lancio del peso, del disco, del giavellotto, ecc.). All’interno delle capacità coordinative, infine, si distinguono quelle generali da quelle speciali. Le capacità coordinative generali sono il risul- tato di un’educazione motoria multilaterale. Si manifestano quindi anche nei diversi campi della vita quotidiana e dello sport, per cui grazie ad esse è possibile risolvere in modo razionale e creativo qualsiasi problema o compito motorio (cfr. anche Harre, Deltow, Ritter citati da Raeder 1970, 69). Le capacità coordinative speciali, invece, si for- mano, prevalentemente, nell’ambito della rispetti- va disciplina di gara e, secondo Ozolin (1952, 164) sono caratterizzate dalla capacità di variazione della tecnica dello sport considerato. Una caratte- ristica delle capacità coordinative speciali è la comparsa di tipiche costellazioni di complessi di capacità, che vuole dire che, secondo la disciplina sportiva praticata, determinati collegamenti tra componenti con relazioni infrastrutturali di peso specifico assumono una accentuata posizione di preminenza. Le singole capacità coordinative più importanti sono riassunte nella figura 232. Sono considera- te capacità coordinative di ordine superiore la capacità di apprendimento motorio, quella di controllo motorio e quella cosiddetta di adatta- mento. CAPITOLO 20 339 L’ALLENAMENTO DELLE CAPACITÀ DI COORDINAZIONE CAPITOLO 20 Per coordinazione si deve intendere, in gene- rale, l’interazione tra il sistema nervoso e la muscolatura scheletrica, durante lo svolgimento di un movimento diretto a uno scopo (cioè fina- lizzato). Le capacità coordinative sono capacità che, come dice il loro stesso nome, sono determinate primariamente dalla coordinazione, cioè da pro- cessi di controllo e regolazione del movimento (Hirtz 1981, 348). Esse pongono l’atleta in grado di controllare azioni motorie in situazioni prevedibili (stereotipate) e imprevedibili (adatta- mento) in modo economico e sicuro e di appren- dere movimenti sportivi con relativa rapidità (Frey 1977, 356). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 339
  • 19. Per potersi sviluppare in modo armonico e com- pleto, i bambini e gli adolescenti hanno bisogno di una sufficiente quantità di movimento. Questo bisogno, generalmente, è regolato dal bambino stesso attraverso il suo notevole impulso a muoversi. La più elevata attività motoria del bambino rispetto all’adulto deve essere attribui- ta, da un lato, alla dominanza degli impulsi cere- brali (specie del pallido) e, dall’altro, al fatto che i bambini percepiscono soggettivamente gli sfor- zi legati al movimento come minori rispetto agli adulti (figura 239) (Bar-Or 1982, 27). Poiché il movimento – che viene in parte note- volmente limitato dall’educazione e dalla fre- quenza scolastica (che costringe i ragazzi a man- tenere a lungo la posizione seduta) – rappresen- ta una necessità in età infantile e nell’adolescen- za, l’attività fisica o sportiva debbono essere rac- comandate senza riserve. Come sarà chiarito da quanto andremo via via esponendo, bambine e adolescenti non rappre- sentano adulti in miniatura e l’allenamento nelle attività sportive da loro praticate non è un “alle- namento da adulti” ridotto. Per questa ragione, l’esposizione generale delle particolarità dell’età infantile e dell’adolescenza determinate dallo sviluppo sarà preceduta da una esposizione specifica delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e psicologiche delle varie fasce d’età. CAPITOLO 21 355 LE BASI GENERALI DI BIOLOGIA SPORTIVA DELL’ETÀ INFANTILE E GIOVANILE CAPITOLO 21 “Il bambino non è un adulto in miniatura e la sua mentalità non soltanto quantitativamente, ma anche qualitativamente si differenzia da quella dell’adulto: per questa ragione, un bam- bino non è soltanto più piccolo, ma anche diverso.” (Claparède 1937). 10 30 50 70 Grandezza della sensazione soggettiva di sforzo Età (in anni) FIGURA 239 Differenze nella percezione soggettiva del carico, riferite alla massima frequenza cardiaca (secondo Bar-Or 1982, 27). Una delle ragioni essenziali delle differenze che vi sono dal punto di vista della biologia dello sport tra bambini, adolescenti e adulti è che i primi si trovano ancora nella fase della cre- scita, per cui dal punto di vista fisico, psichico e psico-sociale vi sono numerosi cambiamenti e particolarità dello sviluppo, che determinano le relative conseguenze per l’attività fisica o sportiva o la loro capacità di carico. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 355
  • 20. L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA NELL’ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA La capacità di prestazione di resistenza dei bam- bini e degli adolescenti è notevole. Se la si consi- dera da un punto di vista relativo, corrisponde a quella degli adulti, le differenze riguardano solo i valori assoluti (Buhl, Gürtler, Häcker 1983, 854). La tesi della non completa funzionalità del cuore e dei limiti funzionali dell’organismo infantile attualmente non è più sostenibile. In nessuna fase dello sviluppo si può riscontrare qualcosa di simile nei bambini (Hollmann, Hettinger, Strüder 2000, 500). Come mostra la figura 256, durante la crescita o l’allenamento, il cuore o le fibre muscolari cardiache presentano uno sviluppo armonico. Durante lo sviluppo, il numero delle fibre muscolari cardiache resta lo stesso, le sin- gole fibre diventano solo più lunghe e spesse. La frequenza cardiaca diminuisce con l’allungarsi delle fibre. Anche le cavità interne del cuore aumentano, grazie all’ipertrofia da crescita o da allenamento ed anche la gittata sistolica aumen- ta. Per questa ragione, il lavoro cardiaco diventa sempre più efficace ed economico. GIOVENTÙ E SPORT374 LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E L’ALLENABILITÀ DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE IN ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA CAPITOLO 22 Malgrado alcune singole particolarità determi- nate dall’età, nell’allenamento della resistenza bambini e adolescenti mostrano gli stessi feno- meni di adattamento degli adulti (Ilg, Köhler 1977, 915; Lennartz, Pohl 1977, 242; Köhler 1977, 606 e segg). Già in età infantile si pro- ducono, dunque, fenomeni di adattamento strutturale e funzionale di quegli organi e siste- mi di organi, che sono principalmente respon- sabili del mantenimento o della limitazione delle prestazioni di resistenza. Aumento di volume delle cavità cardiache e ipertrofia delle fibre del muscolo cardiaco prodotte dall’allenamento o dalla crescita Cuore normale 300 g Cuore sportivo 500 g a b c FIGURA 256 Rappresentazione schematica delle fibre muscolari del cuore con i loro capillari nel corso dello sviluppo: a) cuore di neonato; b) cuore di un adulto; c) cuore sportivo (secondo Gauer, da Blasius in Hollmann, Hettinger 1976, 135). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 374
  • 21. Secondo i rapporti reciproci, regolati dalle leggi della natura, tra forma e funzione degli organi – la forma dell’organo ne determina la funzione e la funzione sviluppa la forma e specializza l’organo (cfr. pagina 15) – gli stimoli motori rappresentano un presupposto necessario allo sviluppo o al mantenimento delle strutture del- l’organismo. Soprattutto per i bambini e gli adolescenti – che si trovano ancora nel periodo della crescita – quelli motori rappresentano uno stimolo formativo decisivo per uno sviluppo sano e multilaterale di una capacità di presta- zione fisica, che non resta senza ripercussioni sulla integrazione psicologica e sociale del bambino o dell’adolescente nella comunità dei suoi coetanei. Il bambino che non sa giocare bene a pallone, non sa pattinare, non sa andare in bicicletta, ecc., come i suoi compagni di gioco, diventa un peso per il gruppo che lo tra- scurerà o lo rifiuterà (Hurlock 1972, 122; Dordel 1982, 107). Se si considera che le dimensioni e la capacità funzionale degli organi importanti per la capaci- tà di prestazione dipende per il 60-75% da fatto- ri genetici e per il 30-40% dalla quantità e dalla qualità della sollecitazione specifica, solo attra- verso adeguate sollecitazioni muscolari potrà essere possibile realizzare completamente quelle potenzialità di sviluppo che sono connaturate all’organismo infantile o giovanile. Se scarsamente sollecitato, ogni organismo reagi- sce non solo con una diminuzione della capacità di prestazione, con processi di atrofia, ma paralle- lamente diventa più esposto alle malattie e viene sempre più limitata l’ampiezza della sua capacità di compensazione.Tutte le condizioni nelle quali vi è una carenza di movimento rappresentano, quin- di, un problema particolare soprattutto per l’orga- nismo in via di accrescimento. Alcuni rilevamenti statistici evidenziano in quale misura proprio i bambini delle società industriali ad elevato sviluppo tecnologico soffrano di feno- meni legati alla carenza di movimento (ipocine- si): Soprattutto i bambini e gli adolescenti che abita- no in case di dimensioni ristrette e indipendente- mente da ciò dispongono di pochi spazi per gio- care – i cittadini della RFT dispongono solo di 1 m2 per abitante di spazi dedicati al gioco (de Marées 1981, 378) – nel loro tempo libero svi- luppano precocemente un comportamento nega- tivo per il loro sviluppo fisico e per la loro salute in generale. Nella vita di tutti i giorni, invece di periodi dedicati ad attività di movimento, preval- CAPITOLO 23 391 L’IMPORTANZA DEL CARICO FISICO O SPORTIVO COME NECESSARIO STIMOLO PER LO SVILUPPO DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI. L’IMPORTANZA DELLA SCUOLA PER UNA MIGLIORE EDUCAZIONE MOTORIA CAPITOLO 23 Secondo le statistiche, il 50-65% di tutti gli allie- vi e le allieve delle scuole di età da 8 a 18 anni presentano debolezze o difetti del porta- mento, oltre il 30% sono sovrappeso, nel 20- 25% dei soggetti si evidenziano una scarsa fun- zionalità circolatoria o disturbi cardiocircolatori (Hollmann, Hettinger 1980, 596; Wasmund- Bodenstedt, Braun 1983, 16-18; Weineck, Köstermeyer, Sönnichsen 1997, 5 e segg.; Hus- sey, Bell, Bennett et al. 2007, 311; Fröhlich, Ger- net, Susgin, Schmidt 2008, 115; Trost, Rosen- kranz, Dzewaltowski 2008, 622). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 391
  • 22. SPORT E MALATTIE INFETTIVE Durante l’età infantile e nell’adolescenza sono molto frequenti malattie infettive acute, come raffreddori (infezioni catarrali), influenza, angina, parotiti epidemiche (orecchioni), morbillo, roso- lia, sinusiti, tonsilliti, ecc. Nel periodo di convalescenza da queste malattie, sarebbe opportuno evitare di sollecitare eccessivamente il sistema cardiocircolatorio – durante questo periodo si devono evitare carichi di velocità e di resistenza – in quanto esiste il pericolo che contemporaneamente sia presente una miocardite (infiammazione del miocardio) o di una endocardite (infiammazione dell’endo- cardio). Si possono allenare la coordinazione e la mobilità articolare e si deve allenare solo limita- tamente la forza. Anche nel caso di tonsilliti o sinusiti croniche sono controindicati carichi di rapidità e di resi- stenza, in quanto tonsille e cavità nasali rappre- sentano focolai infettivi che possono provocare altre malattie batteriche, pericolose soprattutto per il cuore. Inoltre, l’organismo forma anticorpi che, tra l’altro, aggrediscono il muscolo cardiaco. TRAUMI DA SPORT SPECIFICI DELL’ETÀ E TRAUMI GENERALI DA SPORT – CAUSE E MECCANISMI CHE LI PROVOCANO Come è stato già ricordato, la sensibilità del tessu- to è proporzionale alla sua velocità di accresci- mento (legge di Mark-Jansen). Nel periodi di mag- giore crescita, quindi, da un lato l’organismo è allenabile in modo particolare e dall’altro esso è particolarmente sensibile nei confronti di carichi che vanno al di là della capacità individuale di carico. Soprattutto nella fase della spinta puberale – definita anche fase del secondo cambiamento della figura – soprattutto le strutture dell’apparato locomotorio passivo presentano particolarità che le rendono più soggette a determinati traumi o lesioni da sport. Queste particolarità, da un lato, sono dovute al fatto che le ossa degli adolescenti a causa del rela- tivamente maggiore contenuto di materiale organi- co molle (maggiore percentuale di collagene) sono più flessibili, ma meno resistenti alla trazione e alla pressione. Ciò porta a una minore capacità di cari- co di tutto il sistema scheletrico. Così pure il tessu- to dei tendini e dei legamenti, a causa della debole formazione della sua struttura micellare e dell’elevata percentuale di sostanza intercellula- re, presenta una resistenza alla trazione che non può essere paragonata a quella degli adulti. GIOVENTÙ E SPORT400 I TIPICI PERICOLI PER LA SALUTE DELLA PRATICA SPORTIVA DI BAMBINI E ADOLESCENTI CAPITOLO 24 L’attività sportiva o l’allenamento sportivo sono un presupposto indispensabile sia per lo svilup- po armonico dell’organismo dei bambini e degli adolescenti, sia per la formazione di uno stato stabile di salute (cfr. il capitolo preceden- te). Malgrado ciò l’attività sportiva, se viene superata la capacità di carico individuale oppu- re insorgono malattie infettive, così frequenti in età giovanile, rappresenta un fonte di pericoli che possono condurre a danni a carico di un organismo in via d’accrescimento o metterne a serio rischio la salute. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 400
  • 23. DEFINIZIONE DEL CONCETTO – PRINCIPI GENERALI Si può affermare che nei bambini e negli adole- scenti, soprattutto negli ultimi cento anni, a causa dei cambiamenti che si sono determinati nell’am- biente e nelle condizioni di vita, si è sviluppata una maggiore velocità nei processi di crescita e di maturazione (Bormann, Reyher-Pauly 1970, 1154). Un fenomeno – quest’ultimo – definito come accelerazione, un concetto utilizzato per la prima volta da Koch (in Nöcker 1976, 275). Si distinguono un’accelerazione cosiddetta seco- lare e una definita individuale: Il fenomeno dell’accelerazione può essere tratta- to sotto l’aspetto morfologico, funzionale e psi- chico (Kenntner 1983, 33). L’accelerazione morfologica – che è quella che, generalmente, viene messa in primo piano quando si tratta il problema – riguarda la crescita delle dimensioni del corpo, l’accelerazione funzionale compren- de la maturazione fisica e l’accelerazione psi- chica riguarda una anticipazione dei processi di maturazione psichica e comportamentale. Se lo sviluppo fisico, psichico e mentale presen- tano la stessa velocità di quella media, si parla di una accelerazione armonica o sincrona. Altri- menti, si parla di accelerazione disarmonica o asincrona. In uno sviluppo disarmonico o asincrono, troviamo ritardi o accelerazioni parziali, che riguardano talune caratteristiche dello sviluppo che si presentano in parte prima e in parte dopo e in parte normalmente rispetto alla media (Kretschmer in Dietrich 1966, 14). L’accelerazione secolare – un fenomeno che interessa tutto il mondo – riguarda, in misura più o meno maggiore, strati sociali diversi o gruppi che vivono in ambienti diversi in misura più o meno grande. Per quanto riguarda la statura, ad esempio, i figli di insegnanti, impiegati e com- mercianti sono interessati da una accelerazione maggiore dei figli degli operai. Come si può desumere dalla tabella 42, per quanto riguarda la statura l’accelerazione seco- lare è caratterizzata da più elevati valori iniziali nelle diverse fasce d’età. La statura media degli studenti nel giro di 60 anni è aumentata di 9 cm; nel 1924 era di 171,4 cm, nel 1961 il valore medio era di 175,8 cm e nel 1982 ha raggiunto 180,5 cm (Kenntner 1983, 33). Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, l’accele- razione secolare svolge un ruolo soprattutto sul- l’evoluzione dei record: forzatamente i risultati in quegli sport che dipendono dalla statura e dal peso corporeo migliorano con il progredire del- l’accelerazione. GIOVENTÙ E SPORT408 IL PROBLEMA DELL’ACCELERAZIONE E DEL RITARDO NELLA PRATICA DELLO SPORT, NELL’EDUCAZIONE FISICA E NELLE SOCIETÀ SPORTIVE CAPITOLO 25 si definisce accelerazione secolare quell’acce- lerazione della crescita e della maturazione che riguarda l’insieme della popolazione e che si può dire descriva lo sviluppo di generazione in generazione. Si definisce, invece, accelerazione individuale l’andamento più o meno accelerato dello sviluppo del singolo adolescente rispetto alla norma di sviluppo del suo gruppo d’età. Uno sviluppo dall’andamento rallentato rispetto alla norma di singoli bambini o adolescenti viene definito ritardo, o decelerazione (Sälzer 1967, 78; Oster 1970, 1100). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 408
  • 24. DETERMINAZIONE DEL CONCETTO Nei diversi tentativi di definizione del concetto di talento, si possono distinguere un approccio esplicativo statico e uno dinamico (cfr. Wei- neck 2007, 191). Il concetto statico per caratterizzare il talento prevede questi quattro concetti (Joch 1992, 83): • disposizioni, che pone l’accento sulla capa- cità; • disponibilità, che mette in risalto la volontà; • l’ambiente sociale, che determina le possibi- lità; e • i risultati, che documentano il risultato (pre- stazione) realmente ottenuto. Secondo l’interpretazione dinamica del talen- to, questo si “struttura” solo all’interno di un processo attivo e diretto a un obiettivo (“specifi- cazione”) che rappresenta un processo di cam- biamento che coinvolge l’intera personalità (cfr. Mühle 1971, 93; Joch 1992, 87). Il concetto dinamico di talento comprende, quin- di, soprattutto tre caratteristiche centrali, cioè: • il processo attivo di cambiamento; • il controllo attraverso l’allenamento e le gare; • l’assistenza pedagogica. Perciò tale concetto, nella sua precisazione rela- tiva all’aspetto dello sviluppo, secondo Joch (1992, 897) può essere così descritto: Sulla base di questi approcci statici e dinamici alla determinazione del concetto, Joch (1992, 90) così definisce il talento: Nell’ambito sportivo, svolge un ruolo importante soprattutto il talento motorio. In merito a ciò, si distinguono un talento motorio generale, un talento sportivo e un talento speciale per uno sport in particolare. CAPITOLO 26 415 LA RICERCA E LA PROMOZIONE DEL TALENTO NELL’ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA CAPITOLO 26 “Lo sviluppo del talento rappresenta un proces- so di cambiamento attivo, assistito dal punto di vista pedagogico, che viene intenzionalmente diretto attraverso l’allenamento e forma il fon- damento di un elevato livello di prestazione (sportiva) da raggiungere successivamente”. Possiede talento o è un talento chi, sulla base di disposizioni, disponibilità alla prestazione, e possi- bilità dell’ambiente reale in cui vive, raggiunge (possibilmente mostrandoli in gara) risultati della prestazione superiori alla media dell’età, suscetti- bili di sviluppo, che rappresentano il risultato di un processo di cambiamento attivo, pedagogica- mente guidato e controllato intenzionalmente attraverso l’allenamento, diretto volutamente a un elevato livello di prestazione (sportiva) da otte- nere successivamente. Un talento motorio generale si distingue in quanto (rispetto ad altri soggetti apparentemen- te come lui/lei, NdC) apprende movimenti più facilmente, più sicuramente o più rapidamente e Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 415
  • 25. DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI ETÀ SENILE E DI INVECCHIAMENTO ETÀ Nella letteratura gerontologica, il concetto età (senile) si utilizza in contesti e con significati diversi. Così si fa una distinzione tra età cronolo- gica, biologica o individuale, psicologica, sociale e funzionale (Singer 1981, 19-20). L’età cronologica, come concetto neutrale, utiliz- zato anche in statistica, fornisce solo un quadro informativo generale, una scala numerica nella quale le singole persone sono classificate sulla base della loro data di nascita (Meusel, Hubert, Schilling 1980, 15). Ma l’età cronologica di una persona non corrisponde alla sua età biologica. L’età biologica o individuale è definita come l’età che una persona dimostra sulla base delle condizioni dei suoi tessuti rispetto alla norma e dipende dai processi biologici di maturazione e da influenze esogene (Brunner 1982, 194; Wei- neck 2007, 1001). L’età psicologica si riferisce alle capacità indivi- duali di adattamento, alle reazioni soggettive e all’immagine di sé delle singole persone. Ma può essere considerata anche dal punto di vista dell’e- tà lavorativa, della somma di esperienze e della maturazione mentale. L’età sociale o sociologica è notevolmente determinata dalla corrispondente struttura della società. Una persona all’interno della stessa socie- tà, quindi, può essere considerata giovane in un contesto, anziana in un altro (Emrich 1989, 101). La valutazione dell’età funzionale rappresenta il tentativo di collegare tra loro età biologica, psico- logica e sociale in modo tale da determinare così l’età “vera e propria” (Singer 1981, 20). L’attribu- zione a una determinata età funzionale (età infan- tile, età senile) implica, contemporaneamente, una determinata capacità funzionale (cfr. Takeshima, Rogers, Rogers 2007, 2036). Infine, il concetto di età senile è spesso utilizza- to per descrivere l'ultima fase della vita di una persona (cfr. Ahlheim 1980, 134; Singer 1981, 21). L’INVECCHIAMENTO Così come non esiste una definizione di validità generale di “età”, non ne esiste nemmeno una per il concetto di “invecchiamento”. Ecco comunque alcuni tentativi di definizione: CAPITOLO 27 423 PRINCIPI GENERALI CAPITOLO 27 L’invecchiamento rappresenta il cambiamen- to irreversibile delle sostanze viventi in funzio- ne del tempo (Bürger 1957, 2). Invecchiamento: rappresenta una definizione generale per un complesso di fenomeni che con l’aumento dell’età porta a un accorciamen- to delle aspettative di vita (Comfort, in Frolkis 1975, 14). Invecchiare: rappresenta la somma di tutti i fenomeni di usura durante la vita (Selye 1962, 4). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 423
  • 26. CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E ALLENABILITÀ DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA NELLE PERSONE ANZIANE La struttura e la capacità di lavoro di un organo è determinata, da un lato, dal patrimonio eredi- tario, dall’altro della quantità e dalla qualità delle sollecitazioni alle quali esso è sottoposto. Secondo le opinioni attuali, il patrimonio eredita- rio determina circa il 60-70% della capacità di prestazione, per cui rimane un 30-40% attribui- bile ad influenze esterne, come ad esempio l’al- lenamento. Per mantenere e sviluppare la capacità funzionale dell’organismo sono necessari i cosiddetti stimoli sopraliminari. Se tali stimoli sono assenti per un lungo periodo, funzionalità e capacità di presta- zione diminuiscono e, in molti casi, si produce addirittura una perdita di “tessuto funzionale” (cfr. Kamel 2003, 157; Deschenes 2004, 809). La responsabilità della diminuzione della capacità di prestazione fisica dopo il terzo decennio di vita deve essere attribuita, da un lato, al rallentamento e alla diminuzione della capacità di adattamento e, dall’altro, alla riduzione generale della capacità funzionale dell’organismo che si basa su cambia- menti nel sistema neuromuscolare, nell’apparato locomotorio e di sostegno e nel settore cardiopol- monare e metabolico (Hollmann, Hettinger, Strü- der 2000, 513). La deflessione della prestazione – con ciò s’intende un improvviso regresso delle prestazio- ni e delle funzioni dell’organismo quando si rag- giunge una determinata età – della quale abbia- mo già parlato – avviene tra il 40° e il 45° (Letu- now 1973, 211; Noder 1975, 11; Eitner 1977, 208) o il 45° e 55° anno di vita (Bringmann 1977, 663). Strauzenberg (in Israel et al. 1982, 293) è addirittura dell’opinione che, con grande ampiezza di dispersione, tale deflessione si veri- fichi solo nel sesto-settimo decennio di vita. Ciò è confermato dalla capacità di prestazione straordinariamente elevata degli atleti che prati- cano un allenamento di resistenza: in essi, la deflessione della prestazione avviene solo dopo il 70° anno di vita (Brüschke 1966, 32; Haas et al. 1970, 1506; Pollock et al. 1973, 246; Holl- mann, Hettinger, Strüder 2000, 517). Per quanto riguarda l’allenabilità, si deve affer- mare che una persona anziana sana fondamen- talmente reagisce agli stimoli di allenamento nello stesso modo di una persona giovane sana, anche se con l’età vi sono evidenti differenze quantitative (Jokl 1970, 35 e 39; Badtke 1982, 116). ETÀ SENILE E SPORT446 CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E DI CARICO DELLE PERSONE ANZIANE CAPITOLO 28 L’allenamento ha un’influenza decisiva sulle forme e sulle funzioni dell’organismo e certa- mente in misura maggiore dell’età (Jokl 1975, 14). Tutti gli Autori sono dell’opinione che il crollo della prestazione può essere differito attraverso l’allenamento fisico. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 446
  • 27. Con l’aumento delle aspettative di vita e l’invec- chiamento della popolazione che ne rappresenta una conseguenza, i costi dell’assistenza sanitaria aumentano progressivamente (cfr. figura 317). In Germania, ad esempio, nel 2007 le spese sanitarie – onorari medici, costi di degenza ospedaliera, farmaci o servizio di assistenza domiciliare – ammontarano a circa 252,8 miliardi di Euro. Rispetto all’anno precedente, erano aumentati di 7,8 miliardi o del 3,2% (cfr. Statistisches Bunde- samt Wiesbaden in Versicherungsmedizin 2009, 101). Ogni abitante del Paese nel 2007, in media, ha speso circa 3.070 Euro per la sua salute. I costi sanitari hanno rappresentato il 10,4% del prodot- to interno lordo annuo (negli Stati Uniti sono stati di oltre il 15%). In futuro, per frenare o impedire questa esplosio- ne di costi – secondo una valutazione, tra il 30 e il 70% dei costi si possono attribuire alle cosiddette malattie ipocinetiche – aumenta la necessità di un allenamento protratto per tutta la vita, inteso come una misura generale di prevenzione sanita- ria. Insieme alle malattie metaboliche che, nelle persone fisicamente inattive, generalmente sono associate al sovrappeso, le patologie che vengono a determinarsi ogni anno costano al sistema sani- tario tedesco più di 70 miliardi di Euro (dpa, in NN v. 24.10.2007, 32). LE PARTICOLARITÀ DI UN ALLENAMENTO ADEGUATO ALL’ETÀ LA NECESSITÀ DI UN CONTROLLO E DI UNA ASSISTENZA MEDICA NELLO SPORT DELLE PERSONE ANZIANE Se si tiene conto della frequenza con la quale si riscontrano limitazioni della capacità di presta- zione dovute a problemi di salute, tenendo conto CAPITOLO 29 459 LA NECESSITÀ DI REALIZZARE UN ALLENAMENTO PER LA SALUTE PER TUTTA LA VITA CAPITOLO 29 2970 2830 2770 2580 2450 2380 2970 1960 1992 2006 3000 2725 2450 2175 1900 Sviluppo delle spese sanitarie per abitante in Euro FIGURA 317 Incremento dei costi sanitari per persona (in Euro) dal 1999 al 2006 (Ufficio statistico federale Wiesbaden, Destatis, 6.5.2008). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 459
  • 28. Tali differenze non vogliono significare inferiorità dell’uno o superiorità di un genere sull’altro, ma rappresentano piuttosto l’espressione di una distri- buzione naturale di compiti specifici che debbono garantire in definitiva la conservazione della specie. Se si confrontano le prestazioni sportive dell’uomo con quelle della donna si possono osservare le relative differenze di genere che, in gran parte, debbono essere ricondotte a differenze di natura genetica nella costituzione fisica e nelle funzioni dell’organismo, ma anche ad aspetti di natura sociale e politica: nei primi Giochi olimpici moderni del 1896 di Atene, dovevano partecipare alle gare solo uomini perché Pierre de Coubertin (il “fonda- tore” dei Giochi moderni) era convinto che lo sport femminile fosse contrario alla natura (“that wo- men’s sport may be against the law of nature”) (Simri 1981, 31). Egli osservava le regole degli antichi Giochi olimpi- ci che non ammettevano le donne né come atlete né come spettatrici (cfr. Ferguson-Smith 2000, 377). Ancora nel 1922, Karl Ritter von Halt nel suo libro “Leichtathletik” (in Kölsch 2000, 77) si esprimeva così contro la partecipazione delle donne alle gare di atletica leggera: “Però, non appena questi eser- cizi fisici vengono eseguiti per ottenere una vitto- ria nelle gare, si perde la bellezza e ciò che vi è di estetico nel movimento. La lotta con le altre stra- volge il viso delle fanciulle, conferisce un duro tono mascolino al movimento leggiadro femminile. In una parola, rende sgraziata la donna. Perciò, lungi dai campionati femminili, lungi dalla terribile intro- duzione della registrazione dei risultati femminili!” Dopo che sono state superate le proibizioni verso la pratica sportiva femminile, la messa in discussio- ne delle norme estetico-morali e l’eliminazione delle parzialmente inconcepibili norme di protezio- ne della donna da parte degli uomini, di anno in anno diminuisce il numero degli sport e delle disci- pline sportive che sono esclusivamente riservate agli uomini (cfr. Kölsch 2000, 76). Come evidenzia la tabella 49, dal 1900 in avanti, a piccoli passi, alle donne fu consentita la partecipa- zione ai Giochi olimpici negli sport ritenuti adatti alle donne, ovviamente dal punto di vista maschile. Nel quadro della parità di diritti, e grazie alla dimi- nuzione dei comportamenti di ruolo specifici di genere (stereotipi sessuali), durante gli ultimi anni alle donne si sono aperte nuove possibilità in campo sportivo e, quindi, anche nello sport di alto livello. Un risultato di questa trasformazione socia- le si è ripercosso in un fulmineo miglioramento della capacità di prestazione sportiva della donna, che tra l’altro si manifesta nella diminuzione delle differenze di prestazione tra uomo e donna. CAPITOLO 30 473 DIFFERENZE ANATOMO-FISIOLOGICHE DI GENERE (DIMORFISMO DI GENERE) CAPITOLO 30 L’uomo e la donna si distinguono tra loro non solo per quanto riguarda i caratteri sessuali pri- mari e secondari, ma anche dal punto di vista dei parametri costituzionali, anatomici e fisiologici. Negli ultimi anni, il rapido incremento della capacità di prestazione della donna ha eviden- ziato, quindi, che una parte delle differenze di genere deve essere attribuita a influenze determinate dalla tradizione. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 473
  • 29. LA RESISTENZA A causa dei parametri cardiopolmonari meno elevati dei quali abbiamo già parlato, la donna presenta una minore capacità di resistenza rispetto all’uomo. Come si può ricavare dalla tabella 55, nelle migliori prestazioni mondiali di corsa dal 1980 al 1996 sui 1500 m e sulla mara- tona, le donne in media sono più lente di circa l’11%. DONNA E SPORT488 LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE DELLA DONNA NELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA CAPITOLO 31 1500 Maratona Anno Donne Uomini % Donne Uomini % 1980 3min52s49 3min31s58 9,9 2h25min42s 2h09min01s 11,4 1981 3min58s89 3min33s67 11,8 2h26min46s 2h08min18s 12,6 1982 3min54s23 3min32s12 9,4 2h26min11s 2h08min52s 11,8 1983 3min57s12 3min30s77 11,1 2h22min43s 2h08min55s 9,7 1984 3min56s63 3min31s54 10,6 2h24min26s 2h08min05s 11,3 1985 3min57s24 3min29s46 11,7 2h21min06s 2h07min12s 9,9 1986 3min57s70 3min29s77 11,6 2h24min54s 2h07min35s 12,0 1987 3min58s67 3min30s69 11,7 2h22min48s 2h08min18s 10,2 1988 3min53s96 3min30s95 9,8 2h23min51s 2h06min50s 11,8 1989 3min59s23 3min30s55 12,0 2h24min33s 2ho8min01s 11,4 1990 3min58s69 3min32s69 10,9 2h25min24s 2h08min16s 11,8 1991 3min59s16 3min31s00 11,8 2h24min18s 2h08min53s 10,7 1992 3min55s30 3min28s86 11.2 2h23min43s 2h08min07s 10,9 1993 3min50s46 3min29s20 9,2 2h24min07s 2h08min51s 10,6 1994 3min59s10 3min30s61 11,9 2h21min45s 2h07min15s 10,2 1995 3min58s85 3min27s37 13,2 2h25min11s 2h07min02s 12,5 1996 3min56s77 3min29s05 11,7 2h26min04s 2h08min25s 12,1 2008 3min50s46 3min26s00 11,87 2h15min25s 2h03min55s 11,9 MM 3min56s73 3min30s58 11,1 2h24min20s 2h08min07s 11,2 TABELLA 55 Migliori tempi mondiali nei 1500 m e nella maratona e differenze specifiche di sesso (in %) negli anni dal 1980 al 1996 e nel 2008 (modificato da Sparling et al. 1998, 1726). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 488
  • 30. MESTRUAZIONI E SPORT Durante la sua vita, la donna è soggetta a tipi- che influenze ormonali. In età feconda – che va dalla prima (menarca) all’ultima (menopausa) mestruazione – durante un ciclo mestruale si producono cambiamenti ormonali che si ripeto- no regolarmente. Il ciclo mestruale (figura 337) rappresenta una successione di fasi che si ripetono: mestruazio- ne, fase follicolare (proliferazione) e fase luteale o luteinica. CAPITOLO 32 495 L’INFLUENZA DELLE MESTRUAZIONI E DELLA GRAVIDANZA SULLE CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA FEMMINILE CAPITOLO 32 Diencefalo Lobo anteriore dell’ipofisi (adenoipofisi) FSH Ormone follicolo stimolante LH Ormone luteinizzante Maturazione del follicolo Ovulazione Corpo luteo Ormone follicolare Estrogeno Ormone del corpo luteo Progesterone Mucosa dell’utero Mestruazioni Proliferazione Secrezione 1. 5. 9. 13. 17. 21. 25. 28. Giorno FIGURA 337 Il ciclo mestruale (secondo Vogel,Angermann 1976, 324). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 495
  • 31. Dalla fine della seconda guerra mondiale nei paesi industriali, rispetto ai paesi in via di svilup- po, si può riconoscere una “ridistribuzione delle malattie”. E se precedentemente le cause più fre- quenti di morte erano le malattie infettive, attual- mente in primo piano troviamo le malattie dege- nerative cardiocircolatorie (tabella 60). Che questo tipi di malattie – che sono anche definite malattie del benessere o della civiltà – rappresentino quasi la metà dei circa 900.000 casi annuali di decesso nella Repubblica Federale di Germania, da un lato deve essere ricondotto all’aumento delle aspettative e dall’altro al cam- biamento delle condizioni di vita. Negli ultimi anni, grazie ai progressi della medi- cina e al miglioramento dell’igiene, l’aspetttiva media di vita è notevolmente aumentata. Se nel 1871 era circa 35 anni, attualmente nella Rft è di circa 76 anni (uomini) e 83 anni (donne). Per quanto riguarda l'Italia nel 2009 l’aspettativa di vita rispettivamente per uomini e donne è salita a 79,10 e 84,45 anni, con una media di 81,8 anni. Nel 1910 era rispettivamente di 46 e 47 anni. Sia in Germania, sia in Italia, quindi, nello spazio di poco più di un secolo, l’aspettativa di vita è pressoché raddoppiata. In Germania, in un decennio, il numero dei cente- nari dai 4.000 del 1994 è drasticamente aumenta- to e nel 2005 già ammonta a 15.000. In Italia nel 1991 le persone centenarie erano 3.345 e nel 2001 erano 6.313. Si calcola che nel 2030 questo numero possa aumentare di dieci volte (cfr. Lehr 1994, 27; Künstlinger 2005, IX). Se questo è lo sce- nario del futuro, una grande sfida del 21° secolo per la medicina e la scienza dell’allenamento sarà rappresentata da quella di rendere possibile invecchiare in buona salute. Una tale esigenza è importante non soltanto dal punto di vista di una vita degna di essere vissuta nella vecchiaia, ma è di enorme attualità dal punto di vista sociale ed economico: a causa dell’aumento delle aspettative di vita aumenta il numero di persone non auto- sufficienti ed aumentano i relativi costi. Alla fine del 2007, in Germania, già 2,25 milioni di persone (delle quali il 68% donne) non erano autosufficien- ti. In un solo anno, sono 118.000 ovvero il 5,6% in più dell’anno precedente. Rispetto al 1999, anno del primo rilevamento di questo tipo di dati ciò significa addirittura un incremento dell’11.4% in meno di dieci anni (Statistisches Bundesamt 2008, 4; cfr. Klie, Kruse 2006, 157). La maggiore durata della vita, a causa di fenome- ni naturali e progressivi di logoramento dovuti all’invecchiamento – che si manifestano soprat- tutto a livello vascolare – porta a cambiamenti degenerativi in diversi organi. Oltre all’innalzamento delle aspettative di vita tra le cause che partecipano all’insorgere di CAPITOLO 33 513 OSSERVAZIONI INIZIALI CAPITOLO 33 Paesi in via Malattie Paesi di sviluppo industrializzati 39% Infettive 6% 4% Tumorali 18% 4% Cardiache 48% e vascoalri TABELLA 60 Distribuzione delle malattie e delle cause di morte nei Paesi industrializzati e nei Paesi in via di sviluppo (da Matzdorff 1975, 75). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 513
  • 32. Come già esposto, i fattori di rischio di sviluppo di malattie degenerative cardiocircolatorie si dividono in primari e secondari, in modificabili e non modificabili. I FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI Per quanto riguarda i fattori di rischio non modi- ficabili si tratta di fattori endogeni (ad esempio, genetici) ai quali è soggetta ogni persona. La loro influenza, però, è globalmente minore di quelli che sono influenzabili o evitabili. FAMILIARITÀ Questo fattore di rischio finora è stato poco inda- gato dal punto di vista scientifico ed è anche di difficile studio. Così, ad esempio, è difficile provare fino a che punto le conseguenze della familiarità si basino realmente su fattori genetici e non siano il frutto di abitudini di vita e alimentari proprie di una famiglia (Schwandt 1975, 11). Le malattie ereditarie sono rappresentate dalle forme primarie delle malattie metaboliche, diabe- te mellito, iperlipidemia e gotta. Inoltre, uno stret- to legame esiste tra pressione arteriosa e sovrap- peso, i quali anche si possono basare sull’eredita- rietà (Schettler 1976, 158; Ahlheim 1980, 442). Anche se alcuni Autori mettono in discussione l’e- sistenza di una disposizione genetica verso le malattie degenerative cardiocircolatorie (Schwandt 1975, 11), si può affermare che grazie ad anamne- si familiari (Mellerowicz 1972, 12; Roskamm, Rein- dell, König 1966, 66; Schettler 1976, 158) sia pro- vata l’esistenza di una familiarità verso l’infarto (Schwandt 1975, 11). Come criterio dell’incidenza del rischio dovuto alla familiarità si adducono da un lato l’età dei genito- ri, dei nonni e dei fratelli nel momento della loro morte e dall’altro l’età alla quale in questi si sono manifestate una arteriosclerosi oppure malattie metaboliche (Heyden 1976, 230). Per cui, ad esempio, un rischio maggiore esiste quando una parte dei genitori o ambedue sono incorsi in un infarto prima dei quarantacinque anni (Brusis, Weber 1980, 24). Se i genitori sono iperte- si, o affetti da sclerosi coronarica, il rischio del bambino di incorrere in una patologia coronarica precocemente è di un fattore 2,7 (ovvero, un rischio tre volte maggiore di chi non si trova in una simile situazione, NdC); le persone che non presen- tano una disposizione familiare hanno (evidente- mente, NdC) un rischio di un fattore 1 (Mellero- wicz 1972, 13). ETÀ L’aspettativa di vita attuale (2009) negli uomini è di oltre settantasei anni e nelle donne di oltre ottantadue. L’aumento dell’età media è strettamente correlato al tasso di mortalità per malattie cardiocircolato- rie, che aumenta esponenzialmente con l’età (Franke, Gall, Chowanetz 1976, 951). Negli ultimi venti anni, l’incremento delle malattie cardiocircolatorie come causa di morte è stato di oltre il 50%. L’età è uno dei possibili fattori che possono per- mettere che si manifesti una predisposizione ad FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE518 I FATTORI DI RISCHIO CAPITOLO 34 Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 518
  • 33. Che attraverso un programma di prevenzione che interessi tutti i cittadini realizzato in modo costante e coerente possa migliorare lo stato di salute della popolazione lo dimostrano, tra l’al- tro, le esperienze del Giappone, degli Usa e della Finlandia. Mentre, ad esempio, in Australia il numero delle malattie degenerative cardiocirco- latorie negli anni dal 1955 al 1967 è aumentato del 28%, in Olanda addirittura del 50%, in Giap- pone, nello stesso periodo è diminuito del 27%. La diminuzione di oltre il 16% della mortalità per infarto negli Stati uniti dal 1968 e di quella per coronaropatie in Finlandia (del 24% negli uomini e del 51% nelle donne negli anni 1969-1979) mostrano chiaramente che campagne di infor- mazione e di prevenzione – che miravano in par- ticolare ad un cambiamento di abitudini alimen- tari, di fenomeni di dipendenza (ad esempio, dal fumo) e di ipocinesi – possono essere applicate con successo nella lotta contro le malattie dege- nerative cardiocircolatorie (cfr. Sesso, Paffenbar- ger, Lee 2000, 975; Lee, Rexrode, Cook et al. 2001, 1447; Manson, Greenland, La Croix et al. 2002, 716; Le Masurier, Bauman, Corbin et al. 2008, S596; King, Satariano, Marti, Zhu 2008, S584; Tudor-Locke, Hatano, Pangrazi, Kang 2008, S537). Come mostra la figura 381, aumentando l’attività fisica – con l’allenamento della resistenza come attività ideale – diventa molto meno frequente soprattutto l’occorrenza di casi di apoplessia e di malattie degenerative cardiocircolatorie, che sono quelle che presentano maggiori costi. Lo stesso vale per il numero uno delle cause di morte per un indivuduo, l’infarto cardiaco. La figura 382 evidenzia che le persone fisica- mente attive non solo soffrono meno di malattie fisiche, ma presentano anche meno problemi psi- chici delle persone che si muovono poco. Un migliore stato di benessere psichico dovuto a un maggiore allenamento fisico è un elemento importante per la prevenzione delle malattie degenerative cardiocircolatorie e la minore predi- sposizione alle malattie infettive. Da un lato, infat- ti, grazie alla libertà dagli stress e alla tranquillità interna, si ottengono una minore produzione di FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE562 L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA COME STRUMENTO DI PREVENZIONE DI MALATTIE DEGENERATIVE CARDIOCIRCOLATORIE CAPITOLO 35 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 Inattivo Occasionale Scarsa Media Mediamente intensiva intensiva Categorie di attività fisica Livellodiapoplessiastandardizzato secondol’età/1000/anno FIGURA 381 Influenza dell’attività fisica sul tasso dei casi di colpo apoplettico. La forma più intensiva di carico è un allenamento moderato di resistenza eseguito secondo il principio “lento, ma per lungo tempo” (Wannamethee in Blair 1995, 17). Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 562
  • 34. LE TEORIE SUI BIORITMI Nella discussione sui bioritmi, fondamentalmen- te, si possono distinguere due direzioni teoriche: • la teoria che definiremo scientifico-popolare; • la teoria che definiremo a orientamento scien- tifico. Sebbene i lavori di carattere speculativo sulla teoria scientifico-popolare siano stati accantona- ti da tempo – risalgono infatti agli anni ’20-’30 del secolo passato – e non possono accampare alcuna pretesa di dimostrabilità scientifica – si tratta esclusivamente di osservazioni e interpre- tazioni soggettive del comportamento umano, di pareri isolati o di studi retrospettivi – ancora oggi le sue affermazioni sono oggetto di discus- sione per quanto ne riguarda validità e rilevanza per la pratica sportiva. Per questa ragione, ne faremo oggetto di una breve esposizione. LA TEORIA SCIENTIFICO-POPOLARE DEL BIORITMO Questa teoria postula l’esistenza di tre ritmi o cicli singoli, descritti per la prima volta da Fliess, Svoboda e Teltscher: • il ciclo fisico che avrebbe una durata di ventitrè giorni: è quello al quale si attribui- sce la massima importanza dal punto di vista dello sport in quanto determinerebbe il benessere e la capacità di prestazione fisica; • il ciclo emozionale che durerebbe ventotto giorni: influenzerebbe il benessere fisico dal punto di vista psichico; • il ciclo intellettuale che durerebbe trentatrè giorni: rispecchia la variazione ritmica delle forze mentali e avrebbe un ruolo marginale per la capacità di prestazione sportiva. Secondo Appel (1978), Wilkes (1979) e Gross (1979) questi tre ritmi vanno interpretati come modulatori, perché influenzerebbero positivamen- te il comportamento umano nella fase alta e negativamente nella fase bassa. Per tutti i tre ritmi si suppone, arbitrariamente, che inizierebbero a oscillare in curve sinusoidali con una fase positiva già nelle prime ore della nascita (Schönholzer, Schilling, Müller 1972, 7). I giorni di transizione tra le fasi alte e quelle basse sono rappresentati come “giorni critici” nei quali la capacità di prestazione psicofisica sarebbe bassa e sarebbe elevato il rischio di cadute e di infortuni (figura 399) (Gross 1959; Thommen 1973). Secondo queste teorie per la capacità di presta- zione psicofisica sarebbe decisiva la posizione della fase o dello stato globale dell’andamento complessivo delle curve di tutti e tre i ritmi. Lo illustreremo con un esempio (Leis, Ulmer, Weis 1982, 289): questo era lo stato globale (G) dei tre ritmi nel momento del record sui 100 m di A. Hary: (G) = f (98%) + e (97%) + i (87%) = 94% 3 CAPITOLO 36 589 BIORITMO E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA CAPITOLO 36 Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 589
  • 35. Già prima d’iniziare un carico fisico – ad esem- pio una gara – le funzioni dell’organismo si “aggiustano” al lavoro da compiere e vengono condotte ad un livello più elevato. Nello stato pre-gara, grazie all’anticipazione men- tale o all’attualizzazione dell’andamento della gara, parallelamente all’incremento dell’attivazione dei centri motori del cervello, attraverso la cosid- detta coattivazione nervosa centrale, si attivano anche i centri vegetativi del sistema circolatorio. In questo modo, l’organismo crea i presupposti che permettono che fin dall’inizio il carico fisico o spor- tivo sia eseguito con l’efficacia più elevata. Lo stato pre-gara rappresenta un adattamento di natura riflessa condizionata alla prestazio- ne, che è tanto più rapido e adeguato quanto più è elevato il livello di allenamento (Nöcker 1976, 50), nel quale troviamo una forte prevalenza del sistema nervoso simpatico, ergotropo con una increzione più elevata di ormoni della prestazione (ad esempio, adrenalina) che produce un incre- mento dei parametri cardiopolmonari e metaboli- co-muscolari (Nowacki, Schmidt 1970, 1684). In dettaglio lo stato pre-gara si caratterizza per: • una maggiore increzione di catecolamine (adrenalina e noradrenalina): nei carichi fisici si produce soprattutto un incremento della produzione di noradrenalina, mentre nei cari- chi psichici prevale una maggiore produzione di adrenalina. • Un incremento dell’increzione di glucocorti- coidi: le catecolamine prodotte nella situa- zione che precede l’inizio (l’avvio) della gara aumentano la produzione dell’ormone corti- cotropo ipofisario (ACTH, vedi pagina 239) che, a sua volta, incrementa quella dei glu- cocorticoidi (Silbernagl, Despopoulos 1983, 260). I glucocorticoidi*, rispetto all’azione disassi- milatoria (catabolica) delle catecolamine, pre- sentano un’azione assimilatoria, in quanto permettono il riempimento dei depositi di energia svuotati. In questo modo, questi ormoni surrenali creano il presupposto affin- ché l’organismo possa continuare a funziona- re, in quanto le catecolamine possono ricorre- re ai depositi di energia che sono stati ricosti- tuiti (Steinbach 1971, 81). • Un aumento della frequenza cardiaca e della gittata cardiaca. • Un aumento della pressione arteriosa: tale aumento è provocato dall’incremento del- l’attività cardiaca di natura psicogena in assenza di un lavoro muscolare intenso, di conseguenza dalla mancanza di una dilata- zione periferica dei vasi. • Un aumento della frequenza respiratoria, del volume per atto respiratorio e del volu- me respiratorio al minuto. • Un innalzamento del tono muscolare dovuto a quello della sensibilità dei fusi muscolari CAPITOLO 37 607 LO STATO PRE-GARA E LA SUA IMPORTANZA PER LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA CAPITOLO 37 * I glucocorticoidi rappresentano una classe di ormoni steroidei che, nell’uomo, sono prodotti, in particolare, nella zona fascicolata della corticale del surrene. Il più importante di essi è il cortisolo. Agiscono sul metabolismo dei car- boidrati e riducono le risposte infiammatorie e immunitarie. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 607
  • 36. DEFINIZIONE DEL CONCETTO Attraverso un riscaldamento razionale, specifico per lo sport praticato, dunque, si debbono creare migliori condizioni iniziali per le capacità di pre- stazione neuromuscolari, organiche e mentali dell’atleta e per la sua disponibilità allo sforzo, come anche condizioni ottimali per la prevenzio- ne degli infortuni. LE TIPOLOGIE DI RISCALDAMENTO Si distinguono un riscaldamento generale e un riscaldamento speciale. Nel primo, l’insieme delle possibilità funzionali dell’organismo deve essere portato a un livello elevato (Weineck 2007, 939). Ciò si realizza attraverso esercizi che servono al riscaldamento di grandi gruppi muscolari (ad esempio, corsa di riscaldamento). Il riscaldamento speciale, invece, è specifico per la disciplina praticata, cioè si eseguono que- gli esercizi che servono a “riscaldare” i muscoli direttamente interessati ad essa. Il riscaldamento generale deve precedere quello speciale. Il riscaldamento in sé, a sua volta, può essere passivo, attivo, mentale, oppure realizzato in forma combinata. Nel riscaldamento attivo l’atleta esegue real- mente esercizi o movimenti, mentre in quello mentale se li rappresenta soltanto. Però, una pre- parazione mentale può essere utilizzata solo con processi di movimento relativamente semplici o quasi completamente automatizzati (Weineck 2007, 939). Nella maggior parte dei casi, se utilizzato isola- tamente, il riscaldamento mentale ha scarso valore, perché mette in moto solo parzialmente, e spesso con scarsa intensità, i processi di adat- tamento caratteristici del riscaldamento stesso (cfr. più avanti). Invece, in alcuni sport (ad esem- pio ginnastica artistica, atletica leggera), se è combinato con altri metodi di riscaldamento, risulta di grande efficacia. Il riscaldamento passivo, in forma di docce calde, frizioni, massaggi, ecc., può essere conce- pito solo come integrazione di quello attivo, in quanto è difficile che da solo possa contribuire a un incremento della prestazione o a una suffi- ciente prevenzione degli infortuni (Weineck 2007, 939). Nel riscaldamento attuato attraverso docce o fri- zioni, si producono soprattutto un riscaldamento periferico, con dilatazione dei vasi cutanei e, quin- di, una distribuzione diffusa del sangue. In questo modo, la muscolatura successivamente impegnata nel lavoro non viene né sufficientemente riscalda- ta, né irrorata di sangue quanto sarebbe necessa- rio, né preparata dal punto di vista coordinativo, come avviene nel riscaldamento attivo. Anche le CAPITOLO 38 611 L’IMPORTANZA DEL RISCALDAMENTO PER LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA CAPITOLO 38 Per riscaldamento si intendono tutte quelle misure che prima di un carico di lavoro fisico sportivo – sia di allenamento o di gara – servo- no sia a creare uno stato ottimale di prepara- zione psicofisica, cinestetico-coordinativa, sia alla prevenzione degli infortuni. Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:26 Page 611