Nell’area euro, il peggioramento della congiuntura economica ha un carattere comune a tutti i principali paesi: la debolezza degli investimenti . In Italia, il taglio ha interessato con particolare intensità la componente pubblica, ridottasi di oltre un terzo negli ultimi quattro anni.
A dicembre 2014, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari rappresentano circa l’8% del Pil e il 3% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Gli iscritti ammontano a circa 6,6 milioni e le risorse destinate alle prestazioni hanno raggiunto i 126 mld di euro. Il tasso di partecipazione ha raggiunto il 25,6% rispetto alla forza lavoro e il 29,5% rispetto agli occupati, tuttavia, solo il 15% per cento della forza di lavoro al di sotto dei 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare.
A fine 2013 lo stock di investimenti dei fondi pensione indirizzati in Italia ammontava a circa 30 mld di euro, di questi solo 2,1 mld erano indirizzati alle imprese italiane. Per convogliare una maggiore quota del risparmio previdenziale nell’economia reale italiana occorre superare alcuni limiti tecnici ed incentivare l’investimento in strumenti come i fondi chiusi attraverso i quali investire in private equity, mini-bond ed energie rinnovabili, presenti in misura marginale solo nel portafoglio di alcuni fondi pensione preesistenti.
Relazione al bilancio di previsione 2014 - Città di TorinoGianguido Passoni
Relazione di accompagnamento al bilancio di previsione 2014 della Città di Torino. Documento approvato dall'aula il 30 settembre.
Il bilancio di previsione 2014 della Città di Torino pareggia a 1 miliardo 356 milioni di euro, 27 in meno rispetto al previsionale assestato del 2013. In particolare le entrate tributarie ammontano a 899 milioni di euro, in leggero aumento rispetto al 2013, ampiamente compensate da una riduzione di quelle extratributarie (canoni, concessioni, interessi e fitti attivi, mense e contravvenzioni) che ammontano a 263 milioni di euro.
La spesa per personale continua a ridursi. Nel 2014 rispetto al 2013 questa scende di oltre 5,5 milioni di euro, incidendo sul totale della spesa corrente per il 33,99%. Negli ultimi sei anni, i dipendenti sono diminuiti di 1.419 unità pari a circa il 12%, mentre i dirigenti sono scesi a 123 unità con una riduzione di oltre il 25% e quelli a contratto sono passati dalle 27 unità del 2008 alle 6 attualmente in servizio.
Confermate anche per il 2014 misure destinate ad alleggerire il peso delle imposte sui redditi delle famiglie torinesi. Nel dettaglio, per il pagamento della Tasi sono state previste detrazioni di 110 euro per immobili con rendita catastale fino a 700 euro e di 30 euro per ogni figlio di età inferiore ai 26 anni. Sempre per la tassa sui servizi indivisibili è stato istituito di un fondo di sostegno di un milione e 300mila euro per pensionati e lavoratori dipendenti proprietari esclusivamente di prima casa, che dichiarano un reddito Isee inferiore a 17mila euro. Di una analoga misura nel 2013 hanno beneficiato quasi 10.000 nuclei. Per il pagamento della Tari le agevolazioni prevedono una riduzione del 50% per i redditi sino a 13mila euro, del 35% per quelli da 13mila a 17mila e per i redditi da 17mila a 24mila euro l’importo sarà ridotto del 25%.
Anche nel 2014 - così come già fatto nel 2013 – la Città di Torino ha aderito al decreto sbloccacrediti con l’obiettivo di diminuire il debito verso i fornitori e ridare così ossigeno ad un sistema che sconta una ormai endemica mancanza di liquidità. Risultati apprezzabili anche sul fronte del debito complessivo che diminuisce di altri 112 milioni.
Mentre prosegue l’attività di risanamento, Torino deve tornare a crescere: aumentano, dopo anni di contrazione, le risorse destinate al Piano degli investimenti che passano dai 177 milioni del 2013 ai 201 di quest’anno.
Nell’area euro, il peggioramento della congiuntura economica ha un carattere comune a tutti i principali paesi: la debolezza degli investimenti . In Italia, il taglio ha interessato con particolare intensità la componente pubblica, ridottasi di oltre un terzo negli ultimi quattro anni.
A dicembre 2014, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari rappresentano circa l’8% del Pil e il 3% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Gli iscritti ammontano a circa 6,6 milioni e le risorse destinate alle prestazioni hanno raggiunto i 126 mld di euro. Il tasso di partecipazione ha raggiunto il 25,6% rispetto alla forza lavoro e il 29,5% rispetto agli occupati, tuttavia, solo il 15% per cento della forza di lavoro al di sotto dei 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare.
A fine 2013 lo stock di investimenti dei fondi pensione indirizzati in Italia ammontava a circa 30 mld di euro, di questi solo 2,1 mld erano indirizzati alle imprese italiane. Per convogliare una maggiore quota del risparmio previdenziale nell’economia reale italiana occorre superare alcuni limiti tecnici ed incentivare l’investimento in strumenti come i fondi chiusi attraverso i quali investire in private equity, mini-bond ed energie rinnovabili, presenti in misura marginale solo nel portafoglio di alcuni fondi pensione preesistenti.
Relazione al bilancio di previsione 2014 - Città di TorinoGianguido Passoni
Relazione di accompagnamento al bilancio di previsione 2014 della Città di Torino. Documento approvato dall'aula il 30 settembre.
Il bilancio di previsione 2014 della Città di Torino pareggia a 1 miliardo 356 milioni di euro, 27 in meno rispetto al previsionale assestato del 2013. In particolare le entrate tributarie ammontano a 899 milioni di euro, in leggero aumento rispetto al 2013, ampiamente compensate da una riduzione di quelle extratributarie (canoni, concessioni, interessi e fitti attivi, mense e contravvenzioni) che ammontano a 263 milioni di euro.
La spesa per personale continua a ridursi. Nel 2014 rispetto al 2013 questa scende di oltre 5,5 milioni di euro, incidendo sul totale della spesa corrente per il 33,99%. Negli ultimi sei anni, i dipendenti sono diminuiti di 1.419 unità pari a circa il 12%, mentre i dirigenti sono scesi a 123 unità con una riduzione di oltre il 25% e quelli a contratto sono passati dalle 27 unità del 2008 alle 6 attualmente in servizio.
Confermate anche per il 2014 misure destinate ad alleggerire il peso delle imposte sui redditi delle famiglie torinesi. Nel dettaglio, per il pagamento della Tasi sono state previste detrazioni di 110 euro per immobili con rendita catastale fino a 700 euro e di 30 euro per ogni figlio di età inferiore ai 26 anni. Sempre per la tassa sui servizi indivisibili è stato istituito di un fondo di sostegno di un milione e 300mila euro per pensionati e lavoratori dipendenti proprietari esclusivamente di prima casa, che dichiarano un reddito Isee inferiore a 17mila euro. Di una analoga misura nel 2013 hanno beneficiato quasi 10.000 nuclei. Per il pagamento della Tari le agevolazioni prevedono una riduzione del 50% per i redditi sino a 13mila euro, del 35% per quelli da 13mila a 17mila e per i redditi da 17mila a 24mila euro l’importo sarà ridotto del 25%.
Anche nel 2014 - così come già fatto nel 2013 – la Città di Torino ha aderito al decreto sbloccacrediti con l’obiettivo di diminuire il debito verso i fornitori e ridare così ossigeno ad un sistema che sconta una ormai endemica mancanza di liquidità. Risultati apprezzabili anche sul fronte del debito complessivo che diminuisce di altri 112 milioni.
Mentre prosegue l’attività di risanamento, Torino deve tornare a crescere: aumentano, dopo anni di contrazione, le risorse destinate al Piano degli investimenti che passano dai 177 milioni del 2013 ai 201 di quest’anno.
A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi.
Ambrosetti Asset Management SIM presenta un documento di sintesi dell’andamento dei principali mercati nel 2017 e le attese previste per il 2018 elaborate dai nostri modelli di analisi oggettivi e ad elevato tasso di successo Evidence Based Performance Analysis®.
Buona lettura.
Responsabile dell’Area “Sviluppo delle imprese” alla Camera di Commercio di Milano, dove si occupa di accesso al credito, innovazione e internazionalizzazione delle aziende. Per Promos, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Milano per le attività internazionali, ha seguito lo sviluppo di innovativi strumenti finanziari per l’internazionalizzazione di impresa e la promozione delle aziende milanesi nei Paesi Arabi. Responsabile per la Camera di Commercio di importanti eventi internazionali, ha curato la realizzazione delle prime sette edizioni della Conferenza Euromediterranea. Ha tenuto corsi presso le Università Bocconi, Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano.
A dicembre ha prevalso l’incertezza sui mercati finanziari globali. Un’incertezza alimentata so- prattutto dalla caduta del prezzo del petrolio. La discesa dell’oro nero, iniziata a fine estate, si è intensificata dopo la riunione di novembre dell’Opec nella quale è stato deciso di mante- nere invariati gli attuali livelli di produzione. E così il greggio ha continuato a perdere terreno, salvo qualche breve sosta, fino a toccare i mini- mi a oltre cinque anni. Uno scenario appesantito dalle tensioni in Russia con il rublo che è crolla- to ai minimi storici. Mosca paga principalmente proprio la caduta dei prezzi del petrolio che ha acuito i timori di una recessione nel 2015. Nel frattempo in Europa si attende con rinnovato in- teresse la prossima riunione della Bce (22 gen- naio). Dal 2015 la Bce terrà, infatti, i suoi meeting ogni sei settimane e non più a inizio mese. A gen- naio potrebbero arrivare indicazioni più puntuali sulle nuove possibili misure non convenzionali da attuare per contrastare il rischio deflazione.
A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi.
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A dicembre ha prevalso l’incertezza sui mercati finanziari globali. Un’incertezza alimentata so- prattutto dalla caduta del prezzo del petrolio. La discesa dell’oro nero, iniziata a fine estate, si è intensificata dopo la riunione di novembre dell’Opec nella quale è stato deciso di mante- nere invariati gli attuali livelli di produzione. E così il greggio ha continuato a perdere terreno, salvo qualche breve sosta, fino a toccare i mini- mi a oltre cinque anni. Uno scenario appesantito dalle tensioni in Russia con il rublo che è crolla- to ai minimi storici. Mosca paga principalmente proprio la caduta dei prezzi del petrolio che ha acuito i timori di una recessione nel 2015. Nel frattempo in Europa si attende con rinnovato in- teresse la prossima riunione della Bce (22 gen- naio). Dal 2015 la Bce terrà, infatti, i suoi meeting ogni sei settimane e non più a inizio mese. A gen- naio potrebbero arrivare indicazioni più puntuali sulle nuove possibili misure non convenzionali da attuare per contrastare il rischio deflazione.
Nel rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia si analizza anche la situazione attuale e le prospettive future del mercato immobiliare in Italia
La necessità di fare un grosso cambiamentoHoro Capital
Il 5 marzo 2013 il Dow Jones Industrial Average ha stabilito un nuovo massimo storico, superando il precedente massimo pari a 14,165.50 che era stato raggiunto nell'ottobre del 2007. Solo il mercato azionario non sembra prendere atto che il mondo si trova oggi in una situazione ben diversa rispetto a 5 anni e mezzo fa. Molti investitori parlano di un mercato ribassista, ma intanto percorrono la strada rialzista. Questa apparente contraddizione è funzione della convinzione diffusa che la politica della banca centrale sia questa proveniente da Tokyo, Francoforte, Londra o Washington fornisce un efficace copertura alla volatilità consentendo così agli investitori di ignorare i problemi economici e finanziari sottostanti, che continuano intanto a cuocere a fuoco lento.
Alla ripresa autunnale lo scenario economico si presenta a due facce.
Quella rassicurante di conferma delle buone dinamiche e prospettive extra-europee.
E quella preoccupante di deterioramento del quadro già debole nell’Eurozona e in Italia.
Il contesto rimane caratterizzato dai cambiamenti su scala globale portati dalla crisi: minore ampliamento
dei commerci internazionali, investimenti frenati dalla perdurante incertezza e condizioni
più selettive del credito bancario1.
Tutti fattori che abbassano il profilo dello sviluppo mondiale.
Nel 2013 i titoli obbligazionari detenuti direttamente dalle famiglie ammontano al 16% delle attività finanziarie totali, un valore molto elevato se confrontato con quello di Germania (4,2%), Francia (1,4%) e Spagna (1,1%). Considerando anche le obbligazioni detenute in modo indiretto attraverso investimenti assicurativi, previdenziali e di risparmio gestito, il peso delle obbligazioni sale a circa il 39% delle attività finanziarie.
Si tratta per la quasi totalità di titoli pubblici, bancari o emessi da società di grandi dimensioni. Le Pmi si finanziano invece quasi esclusivamente attraverso il canale del credito bancario. Un canale di apertura delle Pmi alla raccolta di capitale obbligazionario è costituito dai mini bond , introdotti dal decreto Sviluppo del governo Monti, che offrono l’opportunità di ottenere finanziamenti a tasso fisso o variabile con scadenze superiori ai 36 mesi. Tra novembre 2012 e giugno 2014 sono stati emessi mini bond per un importo di 5,7 miliardi da parte di 36 imprese non finanziarie italiane.
Sono una minoranza (il 38%) gli Italiani disposti a sacrificarsi per sostenere il rilancio del Paese. I sacrifici più duri da accettare sarebbero quelli relativi al welfare, all’aumento dell’età pensionabile e al peggioramento delle condizioni di lavoro, sia in termini di contratto, che di salario. In generale, viene preferita una riduzione di tasse su imprese e lavoro a fronte di un aumento di quelle su consumi e ricchezza patrimoniale. E anche l’ipotesi dell’Iva al 25% risulta più digeribile, sempre a patto che l’imposizione fiscale sul lavoro e sulle attività produttive venga mitigata. Quanto al grado di fiducia, il suo livello resta stabile: a ottobre si è attestato a 3,45 punti, contro i 3,54 del mese precedente. Sul tema del risparmio, negli ultimi 30 giorni si registra un calo della propensione, con il 14,2% degli Italiani che si dice pronto ad aumentare la quota di risorse messe da parte, contro il 15,5 di settembre.
In presenza di un contesto economico divenuto estremamente complesso l’Ocse già
prima dello scoppio della crisi dei mutui subprima suggeriva di introdurre
l’educazione finanziaria nei programmi scolastici. Solo dopo il 2007 tuttavia
l’esigenza di dotare le giovani generazioni di un bagaglio utile in campo finanziario ha
spinto molti paesi ad adottare programmi di educazione specifici. A metà 2014 erano
circa 50 i governi che avevano intrapreso programmi di educazione finanziaria o che
avevano in progetto di avviarne
Settore auto: un andamento a più velocità
Il settore automotiv e a livello globale sembra essere tornato su valori di crescita interessanti. I dati sulla produzione di nuovi veicoli evidenziano un incremento del 4% nel 2013 che potrebbe confermarsi anche per il 2014. Gli Stati Uniti nel 2013 sono tornati ai livelli produttivi pre-crisi. Il mercato europeo, pur avendo registrato nei primi nove mesi del 2014 un incremento del 5,8% delle immatricolazioni, rimane 25 punti percentuali sotto il livello del 2007 con ampie differenze tra i paesi. Ponendo pari a 100 le auto immatricolate nel 2007, la Germania nel 2013 ha raggiunto quota 92, il Regno Unito 91, la Spagna 75, la Francia 58; l’Italia si è fermata a 52.
Negli anni più recenti le imprese di maggiore dimensione hanno fortemente accentuato la propensione a detenere riserve di liquidità. Per l’intensità raggiunta questa propensione alla liquidità viene indicata tra i fattori corresponsabili (e non in misura marginale) della sterilizzazione degli stimoli monetari adottati dalle autorità dei principali paesi per favorire una più rapida uscita dalla crisi.
E’ l’immigrazione la grande preoccupazione delle famiglie Italiane. Una su due, la ritiene la criticità più rilevante: le notizie che da mesi arrivano dal Canale di Sicilia angosciano in profondità il Paese, per i loro drammatici risvolti umanitari. Sul fronte interno, il 44% degli Italiani nei prossimi 12 mesi si aspetta che vengano approvate le riforme di cui tanto si è discusso: da quella del lavoro a quella della pubblica amministrazione; da quella della giustizia a quella della scuola. Per quanto riguarda il grado di fiducia, il dato resta stabile sui valori dei mesi precedenti: 3,54 punti, contro i 3,53 di agosto e i 3,55 di luglio.
Risale la propensione al risparmio: il 15,5 degli italiani lo aumenterà nei prossimi 12 mesi. A settembre, si era impegnato in questa direzione il 13,1.
Tempo di riforme
I nuovi dati innalzano intorno al 44 per cento il valore raggiunto in Italia dal tasso disoccupazione giovanile. Oltre al problema della disoccupazione, le difficoltà del mercato giovanile del lavor o sono riscontrabili nella consistente riduzione tra gli occupati di età inferiore ai 35 anni dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
I migranti e la crisi economica
Le tensioni geo-politiche ai confini dell’Europa e il protrarsi della debolezza del ciclo economico in molti paesi dell’area hanno contribuito a modificare i flussi migratori interni e internazionali sia in termini di numerosità sia nella scelta dei paesi di destinazione. L’allargamento a est dei paesi aderenti all’Unione e il perdurare di elevati tassi di disoccupazione in molte economie della zona euro hanno favorito la dinamica delle migrazioni interne, con una polarizzazione verso la Germania che nel 2013 è divenuto il primo paese di destinazione in Europa e il secondo tra le economie sviluppate dopo gli Stati Uniti.
Negli ultimi anni una serie di fenomeni economici e politici hanno portato molti a ritenere che l’ordine economico mondiale disegnato a partire da Bretton Woods sia ormai da rivedere. L’idea è che il concetto stesso di libero scambio, che del vecchio ordine rappresentava uno dei pilastri portanti, sia destinato nel prossimo futuro ad avere un ruolo progressivamente meno centrale nello stimolare la crescita mondiale.
Le famiglie italiane spenderanno in media 710 € per l’istruzione dei figli, circa 10 € in più rispetto allo scorso anno. E il 5% di queste dovrà ricorrere a un prestito per farvi fronte.
Il risparmio gestito nel corso del 2014 ha continuato ad evidenziare una dinamica di sviluppo molto positiva. Il patrimonio a luglio ha toccato un nuovo massimo pari a 1.480 mld di euro, un valore dell’11% superiore a quello di dicembre 2013. Nei primi sette mesi del 2014 la raccolta netta ha raggiunto i 75,7 miliardi, un valore superiore a quello relativo all'intero 2013 (62 mld di euro) che già costituiva il miglior risultato dal 1999. Nel 2014 sono stati i fondi comuni a trainare la raccolta del risparmio gestito.
In controtendenza rispetto al calo di oltre venti punti percentuali segnato dal totale della
manifattura, la produzione italiana di birra supera oggi di tre punti percentuali i
volumi ante-crisi. Allo stesso modo, le esportazioni italiane di birra sono oggi oltre il
doppio di quelle di sette anni fa. Pur avendo un peso assai limitato sull’economia
nazionale, la performance del comparto brassicolo italiano offre spunti interessanti di
riflessione sulle leve per svilupparsi anche in tempi di crisi: innovazione, investimenti,
domanda interna.
Un Mese di Borsa è il magazine di BNP Paribas – BNL che contiene approfondimenti sui mercati, accurate analisi dei sottostanti, interviste esclusive ad economisti.
Il generale rallentamento del credito che si protrae da tempo nell’area euro ha interessato i prestiti ipotecari in misura più contenuta rispetto alle altre tipologie di finanziamenti alle famiglie. A giugno scorso solo in Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Lettonia si rileva una contrazione superiore al 3%.
Negli Stati Uniti la ripresa delle quotazioni immobiliari e delle compravendite non ha determinato una sostanziale ripresa dei mutui ipotecari. Ai fattori congiunturali, quali il rialzo dei tassi di interesse e le sfavorevoli condizioni climatiche dello scorso inverno, si aggiungono anche fattori strutturali. Tra questi, di particolare importanza quello demografico: i figli dei baby boomers, i cosiddetti Millennials, hanno allungato i tempi di uscita dalla famiglia di origine e le incertezze legate all’inserimento nel mondo del lavoro e della costanza di reddito frenano i potenziali acquirenti.
In Italia si scorgono segnali di miglioramento del credito ipotecario dal punto di vista sia della domanda sia dell’offerta. Nel primo trimestre le erogazioni per mutui alle famiglie sono aumentate dell’8,4% a/a. Nel confronto con gli anni pre-crisi emerge una crescita dei nuclei indebitati nelle fasce meno a rischio, fattore che, insieme ai provvedimenti per la sospensione del pagamento delle rate per le famiglie più disagiate, ha determinato il contenimento dei prestiti ipotecari deteriorati.
Nei mesi di maggio e di giugno l’attenzione degli investitori è stata catalizzata dalle vicende europee: le elezioni, ma soprattutto le mosse della Banca centrale europea (BCE). Nell’attesa riunione di giugno l’Eurotower è entrata in azione su più fronti: oltre a tagliare i tassi sono state annunciate una serie di misure per contenere il rischio deflazione e dare slancio alla ripresa della zona euro. E un contesto di tassi ai minimi storici ha favorito l’azionario, in particolare il settore bancario.
L’azione della Bce ha inoltre influenzato indirettamente il mercato obbligazionario: i titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona, come Italia e Spagna, hanno aggiornato i minimi storici dei rendimenti offerti. Eurozona a parte, sul fronte geopolitico nel mese di giugno sono tornate ad accendersi le tensioni tra Russia e Ucraina sul prezzo del gas, e quelle in Iraq (secondo produttore di greggio all’interno dell’Opec). I timori legati alla possibile crisi irachena hanno spinto al rialzo le quotazioni del Petrolio.
Il 2013 ha segnato un recupero dei flussi mondiali di investimenti diretti esteri: gli IDE in entrata a livello mondiale sono cresciuti del 9% a/a, di 1,45 trilioni di dollari, portando lo stock a 25,5 trilioni di dollari. L’aumento dei flussi in entrata ha riguardato tutte le principali aree del pianeta compresa l’Europa, grazie al recupero di Germania, Italia e soprattutto Spagna.
1. 38
19 novembre
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
Per le PMI italiane si intravede l’attenuazione di alcune dinamiche sfavorevoli, ma non ancora la luce di una vera ripresa. La dinamica dei prestiti alle società non finanziarie risulta meno negativa di quanto registrato nei mesi a cavallo tra 2013 e 2014. Ma la flessione di settembre (-3,6% a/a) è la ventottesima consecutiva. Il processo di deterioramento del portafoglio prestiti alle imprese continua a sperimentare una (lenta) attenuazione, andamento coerente con la diminuzione delle chiusure aziendali, la prima dal 2008. Lo scenario favorevole della raccolta bancaria si sta traducendo in una visibile riduzione dei tassi d’interesse
La crisi apertasi nel 2008 ha messo a dura prova il sistema delle imprese italiane: è diminuito il numero delle nuove imprese; è scesa di 8,5 punti la percentuale di quelle che arrivano a superare i tre anni di vita; è stato cancellato un quinto circa delle PMI attive nel 2007. Si registra però anche una significativa crescita del patrimonio netto, in parte frutto di un intervento legislativo
Sulle prospettive delle PMI italiane due fattori possono giocare un ruolo importante. Il primo è il processo di rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione. Il secondo è invece rappresentato da un più deciso decollo del mercato dei mini-bond.
Dinamica del processo di deterioramento
dei prestiti alle imprese
0,02,04,06,08,010,012,0tasso deterioramento totaletasso decadimento
Fonte: Banca d’Italia, Rapporto di stabilità finanziaria, 2/2014
[Tasso deterioramento totale: rapporto percentuale tra nuovi prestiti deteriorati e prestiti non deteriorati all’inizio del periodo;
Tasso decadimento: rapporto percentuale tra nuovi prestiti in sofferenza e prestiti non in sofferenza all’inizio del periodo]
2. 2
19 novembre 2014
Le PMI in un difficile purgatorio
S. Carletti 06-47028440 – silvano.carletti@bnlmail.com
La debolezza degli investimenti è in questi anni problema comune a tutti i principali paesi europei. Tra le molte cause all’origine del fenomeno non ultima è la condizione non brillante delle imprese.
In Italia si intravede l’attenuazione di alcune dinamiche sfavorevoli, non ancora delle vere luci. La dinamica dei prestiti alle società non finanziarie risulta meno negativa di quanto registrato nei mesi a cavallo tra 2013 e 2014. Ma la flessione di settembre (-3,6% a/a) è la ventottesima consecutiva. Di analoga lunghezza è la sequenza negativa rilevabile per l’intera eurozona. Il processo di deterioramento del portafoglio prestiti alle imprese continua a sperimentare una (lenta) attenuazione, andamento coerente con la diminuzione delle chiusure aziendali, la prima dal 2008. Lo scenario favorevole della raccolta bancaria si sta traducendo in una visibile riduzione dei tassi d’interesse.
La crisi apertasi nel 2008 ha messo a dura prova il sistema delle imprese italiane: è diminuito il numero delle nuove imprese; è scesa di 8,5 punti la percentuale di quelle che arrivano a superare i tre anni di vita; è stato cancellato un quinto circa delle PMI attive nel 2007. Tra le non frequenti indicazioni di segno positivo da segnalare la significativa crescita del patrimonio netto (+31,7% tra il 2007 e il 2013) dovuta sia all’impegno degli azionisti sia ad un intervento legislativo.
Sulle prospettive delle PMI italiane due fattori possono giocare un ruolo importante. Il primo è il processo di rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione. Se le strutture periferiche dello stato riuscissero a trasformare in effettivi rimborsi tutte le risorse già messe a loro disposizione ne deriverebbero ampi effetti positivi per le imprese, come l’esperienza del recente passato ha dimostrato.
Un secondo sostegno alle imprese italiane può venire dal mercato dei mini-bond. Il mercato sta crescendo, sta uscendo dalla fase più iniziale (finora 80 emissioni per un controvalore di poco inferiore a 4,5 miliardi) ma presenta anche aspetti di evidente fragilità.
La debolezza degli investimenti
L’Italia si avvia a chiudere il 2014 con un risultato economico nuovamente negativo: cinque degli ultimi sette anni sono stati di recessione. L’indebolimento della crescita dell’area euro evidenziata anche dall’ultimo rapporto di previsione della Commissione Europea1 rende inoltre più difficile lo scenario futuro del nostro Paese. Nel prossimo anno la dinamica economica dell’eurozona dovrebbe fermarsi al +1,1% (+1,7% nella previsione di primavera), quella italiana risultare solo debolmente positiva (+0,6%, la metà di quanto ipotizzato sei mesi fa).
La crisi continua ad esprimersi nel nostro Paese con un’intensità ben maggiore rispetto ai principali partner europei, che da tempo (Germania e Francia) o più recentemente (Regno Unito) hanno recuperato i livelli del Pil pre-crisi. L’Italia è invece circa 10 punti percentuali al di sotto del dato di sei anni fa. In occasione degli altri due periodi di grave difficoltà sperimentati dal nostro Paese negli ultimi sessanta anni (la crisi petrolifera del 1974 e la crisi della lira con l’uscita dallo SME nel 1992) il recupero fu molto più rapido: sei anni dopo l’inizio della crisi, infatti, il Pil risultava, rispettivamente, superiore di 25 e 8 punti percentuali.
1 Commissione Europea, European Economic Forecast, Autumn 2014.
3. 3
19 novembre 2014
La debolezza degli investimenti è in questi anni circostanza comune a tutti i principali paesi europei. Nel confronto con la prima parte del 2008 la flessione di questo aggregato si avvicina al 30% in Italia, si ferma sotto il 10% in Francia; in Germania si registra una crescita ma comunque molto limitata. Al netto delle costruzioni, le differenze tra Germania e Francia si riducono notevolmente mentre al contrario cresce il ritardo dell’Italia.
Questa insoddisfacente dinamica degli investimenti viene valutata in modo parzialmente diverso dalle principali istituzioni internazionali. Nella sua relazione annuale la Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali) indica alcune circostanze (tra loro spesso legate) all’origine della più debole propensione ad investire rilevata nei paesi avanzati: una ricomposizione del prodotto a scapito del settore manifatturiero e a favore di quello dei servizi (caratterizzato da un uso meno intenso di capitale rispetto al primo); una ricomposizione geografica, con una flessione degli investimenti nelle economie avanzate e una crescita nei paesi emergenti. Ne deriva nei paesi sviluppati una diminuzione della quota degli investimenti sul Pil, tendenza emersa già prima della crisi del 2008-09. La Bri aggiunge, tuttavia, che il fenomeno potrebbe essere sovrastimato per effetto di una flessione dei prezzi relativi del capitale produttivo. In definitiva, quindi, secondo la Bri il ridimensionamento degli investimenti nei paesi avanzati è in larga misura un fenomeno irreversibile.
Anche per la Commissione Europea la caduta degli investimenti ha una natura strutturale ma confinabile a questa fase storica e quindi superabile seppure in una prospettiva di medio-lungo termine. La prima evidenza richiamata dalla Ce è che gli investimenti sono crollati nei paesi europei più vulnerabili ma si sono indeboliti anche nei paesi Ue più forti. In secondo luogo, lo sforzo del settore privato (imprese e famiglie) per ridurre l’eccessivo indebitamento (deleveraging) indebolisce la propensione ad investire. Per una parte, infine, il fenomeno ha un carattere virtuoso perché realizza una migliore ricomposizione degli investimenti dopo la crescita distorta registrata negli anni precedenti la crisi quando ad essere premiati non furono i settori più produttivi ma piuttosto quelli con la redditività più alta (oltre a quello dell’edilizia residenziale anche altre articolazioni del terziario).
La condizione delle imprese in un’ottica congiunturale
La debolezza degli investimenti è evidentemente anche il riflesso della condizione non brillante delle imprese. Secondo le statistiche dell'eurosistema, i prestiti alle società non finanziarie hanno registrato nel settembre scorso in Italia la ventottesima flessione consecutiva (-3,6% a/a), seppure più contenuta di quella registrata nel bimestre precedente (-4,1%). Il corrispondente dato per l’area euro è ugualmente negativo (-2% a/a) e analoga è la lunghezza della sequenza negativa. Francia e Germania sono tra i sette paesi dell’eurozona che registrano una dinamica positiva.2
La più recente indagine sull’andamento del credito condotta dalla Bce segnala per l’insieme dell’eurozona una positiva domanda di prestiti da parte delle imprese riconducibile tuttavia ad “altre esigenze di finanziamento” (fusioni e acquisizioni, ristrutturazioni del debito) a fronte di una domanda per finanziamento di investimenti nuovamente in flessione; non diverso il capitolo Italia della stessa indagine ove gli unici
2 Le statistiche dell’eurosistema prendono in considerazione i prestiti ai residenti nell’intera area euro, senza operare correzioni per tener conto dei prestiti cartolarizzati. In Moneta e Banche, la pubblicazione della Banca d’Italia, si considerano invece i prestiti alla sola clientela residente in Italia e si escludono i prestiti oggetto di cartolarizzazione: la tendenza delle due serie è simile ma l’entità delle variazioni leggermente diversa (a settembre -3,3% a/a, -3,8% il mese precedente).
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fattori propulsivi della domanda di prestiti sono le operazioni di ristrutturazione del debito e il finanziamento delle scorte e del capitale circolante3.
La riduzione dei prestiti alle imprese, pur ininterrotta, è in Italia visibilmente meno intensa di quanto registrato a inizio anno (-5,4% nel semestre a cavallo tra 2013 e 2014). Potrebbe essere questo un primo riflesso del lento attenuarsi del processo di deterioramento del portafoglio prestiti alle imprese. Il tasso annuo di decadimento, dopo aver raggiunto il 4,8% nel terzo trimestre del 2013, è sceso all’attuale 4,1% (giugno 2014), livello comunque ancora storicamente molto elevato. Se si guarda alla dimensione del flusso di nuove sofferenze si percepisce la permanente gravità del problema: nei quattro trimestri terminanti a giugno 2014 le nuove sofferenze generate dalle imprese sono ammontate a quasi 13,5 miliardi (+1,6 miliardi rispetto al corrispondente dato 2013). Il fenomeno sembra entrato in una fase di ridimensionamento nel caso delle imprese industriali (2,3 mld a giugno 2014 rispetto ai 2,6 mld rilevati a giugno 2013) mentre è ancora in crescita per le imprese di costruzione (4,4 mld rispetto ai precedenti 3,9 mld) e per quelle di servizi (a 6,6 mld da 5,1 mld). Considerando anche le altre forme di irregolarità, la consistenza dei crediti problematici riconducibili alle società non finanziarie italiane ha raggiunto a metà 2014 i 205 miliardi (116 mld sofferenze, 78 mld incagli, 10 mld prestiti scaduti o sconfinanti).
Dinamica del processo di deterioramento
dei prestiti alle imprese
0,02,04,06,08,010,012,0tasso deterioramento totaletasso decadimento
Fonte: Banca d’Italia, Rapporto di stabilità finanziaria, 2/2014
[Tasso deterioramento totale: rapporto percentuale tra nuovi prestiti deteriorati e prestiti non deteriorati all’inizio del periodo;
Tasso decadimento: rapporto percentuale tra nuovi prestiti in sofferenza e prestiti non in sofferenza all’inizio del periodo]
La contenuta attenuazione del processo di deterioramento del portafoglio prestiti alle imprese è coerente con le informazioni raccolte dal Cerved: nei primi sei mesi del 2014 il numero delle chiusure aziendali (42 mila) è risultato del 6,9% inferiore rispetto allo stesso periodo del 2013, il primo calo dal 2008. Aumentano i fallimenti, diminuiscono le procedure non fallimentari (soprattutto per effetto dei correttivi legislativi alla procedura dei concordati in bianco) e le liquidazioni volontarie (sotto il profilo numerico la componente più numerosa dell’aggregato).
3 Bce, indagine sul credito bancario nell’area euro. 3° trimestre del 2014 e prospettive per il 4° trimestre.
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Lo scenario favorevole della raccolta bancaria si sta traducendo in una consistente riduzione dei tassi d’interesse: quelli applicati alle nuove operazioni fino a 1 milione di euro risultano a settembre 2014 inferiori di 71 centesimi rispetto ad un anno prima (a 3,60%); per i nuovi finanziamenti di importo superiore a 1 milione di euro la flessione è di 55 centesimi (a 2,43%). Il “vantaggio” dei prenditori di maggiore importo si è quindi ridotto a 117 punti base (era 133 pb un anno prima). Anche i nuovi prestiti fino a 250mila euro beneficiano del trend al ribasso (-70 centesimi rispetto ad un anno prima) rimanendo comunque ancora al di sopra del 4,1%.
Diversamente dal passato, la riduzione dello stock dei prestiti si è accompagnata negli ultimi mesi ad un più debole ricorso al mercato obbligazionario: dopo sette trimestri di raccolta netta positiva, tra aprile e giugno le imprese italiane sono tornate a effettuare rimborsi netti di obbligazioni (per 1,6 miliardi), tendenza che sembrerebbe confermata anche nel successivo trimestre. Si allunga però ulteriormente l’elenco dei nuovi emittenti.
Analogamente a quanto avviene negli altri principali paesi europei, le imprese italiane continuano ad accumulare liquidità: rispetto a dodici mesi prima lo stock dei loro depositi bancari risultava ad agosto 2014 incrementato del 6,9% (+14 mld, a 213 miliardi), +6,8% per l’insieme dell’eurozona, +9,1% in Francia, +5% in Germania. Se si guarda invece all’ultimo biennio la crescita in Italia (+21%) si presenta più intensa di quanto rilevabile negli altri principali paesi dell’eurozona (+18,2% in Francia, +8,3% in Germania). Questa crescita dei depositi non coinvolge le imprese nella stessa misura, concentrandosi nelle imprese di medie e soprattutto grande dimensione.
Nell’insieme quindi la condizione congiunturale delle imprese italiane propone se non vere luci almeno l’attenuazione di alcune dinamiche sfavorevoli.
Consuntivo di sei anni di crisi
La crisi apertasi nel 2008 ha messo a dura prova il sistema delle imprese italiane. In occasione di un convegno organizzato recentemente dal Cerved (Osservitalia 2014, Milano 29 ottobre) sono state presentate alcune ricerche che forniscono importanti indicazioni in proposito. Le informazioni elaborate sono state tratte dai bilanci di quasi 144mila società di capitale, delle quali 119mila piccole e 25mila medie (definizione della Commissione Europea4). Nell’insieme queste PMI realizzano 851mld di fatturato, un valore aggiunto di 183mld, hanno 3,9 milioni di addetti e hanno contratto 271mld di debiti finanziari.
Tra il 2008 e il 2013 l’esposizione finanziaria complessiva di queste PMI è rimasta invariata (+0,3%). Il debito bancario è aumentato per le imprese classificate nella parte alta della scala del rating (+9,1%, area sicurezza e solvibilità) e in minor misura per quelle posizionate a livello intermedio (+3%, area vulnerabilità); è invece fortemente diminuito (-9,9%) per imprese nell’area a rischio. Le imprese hanno adottato criteri di selezione delle controparti anche più severi di quelli delle banche. Se si guarda l’andamento del credito commerciale tra il 2012 e 2013 si rileva, infatti, che a fronte di una contrazione media del 2,7%, i fidi commerciali aumentano (+4,5%) per le imprese con il rating massimo (area sicurezza) mentre si contraggono sensibilmente per il resto delle società (-16% per le imprese inserite nell’area rischio).
4 Impresa di piccola dimensione: tra 10 e 50 dipendenti, fatturato tra 2 e 10 milioni di euro, attivo di bilancio tra 2 e 10. Impresa di media dimensione: tra 50 e 250 dipendenti, fatturato tra 10 e 50 milioni di euro, attivo di bilancio tra 10 e 43 milioni. La classificazione dell’impresa dipende dal numero degli addetti, che deve combinarsi con almeno uno degli altri due criteri.
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La crisi ha avuto ricadute significative sulla natalità delle imprese: è diminuito il numero delle nuove imprese mentre la percentuale di quelle arrivate a superare i tre anni di vita è scesa di 8,5 punti (dal 56,8% del 2007 al 48,3% del 2012). Non meno importante l’impatto sulle imprese già esistenti: un quinto circa delle PMI attive nel 2007 risulta a fine giugno 2014 esclusa dal mercato (fallimento, procedura concorsuale non fallimentare, liquidazione volontaria). Una parte non trascurabile di queste imprese era già in difficoltà nel periodo pre-crisi ma la forte riduzione dei margini (MOL) tra il 2007 e il 2013 ha fortemente contribuito: in termini cumulati, -37,5% per le piccole imprese, -26,6% per le medie, -53,8% per le imprese di costruzione, -31,1% per imprese operanti nel comparto industriale.
Tra le altre informazioni fornite dalla ricerca ne vanno segnalate due di segno positivo. La prima riguarda la crescita del patrimonio netto: +31,7% tra il 2007 e il 2013, 13 punti percentuali in più rispetto alle imprese grandi. Oltre che agli azionisti, questo risultato si deve (poco meno di metà dell’aumento complessivo) ad un provvedimento legislativo del 20085. Nel maggio scorso il governatore Visco aveva segnalato che nel biennio 2012-13 quasi il 40% delle aziende con più di 20 addetti aveva aumentato il patrimonio netto. La seconda informazione di segno positivo (in parte riflesso della precedente) è che il rapporto tra debiti finanziari e capitale netto risulta sceso al di sotto del 100%. Nell’arco dei sei anni la flessione del rapporto, comunque ampia (25 punti percentuali in media) è più rilevante per le medie imprese (-28 pp) che non per le piccole (-20 pp).
Rimborso debiti PA
Sulle prospettive delle PMI italiane due fattori possono giocare un ruolo importante: il primo, più nell’immediato, è individuabile nel processo di rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione, il secondo è quello dello sviluppo del mercato dei cosiddetti mini-bond.
Secondo un recente comunicato del MEF, alla fine dello scorso ottobre 40,1 miliardi risultavano essere stati messi a disposizione degli enti pubblici debitori e 32,5 miliardi effettivamente pagati ai creditori. Secondo il MEF nell’arco “delle prossime settimane” il problema del cosiddetto debito patologico potrebbe essere risolto.
Il percorso che porta a questa conclusione è il seguente. Non esiste un censimento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche. La Banca d’Italia li ha stimati in 91 miliardi a fine 2012 e a 75 miliardi a fine 2013. Il piano messo a punto nel 2013 aveva l’obiettivo di smaltire il cosiddetto debito patologico, il debito commerciale accumulato fino a tutto il 2012, scadenza poi estesa al 2013. Per essere pagato il debito deve essere contemporaneamente certo (non controverso nella sua esistenza, e quindi non contestato), liquido (ammontare determinato o facilmente determinabile), esigibile (termine di pagamento scaduto). Secondo le stime sul totale del debito della PA poco più della metà è esigibile. Ne consegue che a questo punto la messa a disposizione di ulteriori 5 miliardi in aggiunta ai 40 miliardi già erogati coprirebbe l’ammontare del debito rimborsabile.
La previsione del MEF ha implicazioni decisamente positive. Se tradotta in realtà significherebbe che in un contenuto arco di tempo le imprese potrebbero accrescere le loro disponibilità liquide di 12-13 miliardi (45 – 32,5 miliardi), con un ulteriore sostanziale passo avanti sulla via della normalizzazione dei pagamenti e una più favorevole condizione per l’avvio di programmi d’investimento. Da un’inchiesta realizzata nel 2013 era emerso che i rimborsi incassati avevano consentito prevalentemente il pagamento di debiti in essere e in misura residuale l’avvio di
5 Decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 - Rivalutazione dei beni d’impresa.
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progetti d’investimento. L’esperienza dei mesi finali del 2013 ha dimostrato quanto rilevanti possano essere le ricadute della messa a disposizione di un significativo flusso di risorse, così come il rallentamento nei rimborsi osservato nella prima parte del 2014 ha avuto visibili effetti sfavorevoli.
Nello sviluppo di questo tema l’uso del condizionale è d’obbligo. La predisposizione degli stanziamenti (ad oggi 57 miliardi) e l’inoltro delle risorse agli enti debitori (40,1 miliardi) non sono le uniche condizioni rilevanti per la soluzione del problema. La distanza (quasi 8 miliardi) tra pagamenti effettivi e risorse a disposizione degli enti debitori mette in evidenza che spesso esistono circostanze che rendono difficile il completamento del percorso. Se nel caso dell’amministrazione centrale e delle regioni il rapporto tra risorse a disposizione e pagamenti effettuati ai creditori si posiziona ad un non brillante 82-86%, nel caso di province e comuni (titolari di circa il 30% del problema) si scende a meno del 70%, peraltro con un continuo e vistoso arretramento (81% a luglio, 77% a settembre).
Secondo il MEF “negli ultimi mesi le somme messe a disposizione degli enti vengono da questi richieste e assorbite più lentamente, presumibilmente perché la quota maggiore di debito patologico è stata rimossa”. Nel caso delle Regioni, titolari del 54% dei fondi messi a disposizione si evidenzia invece che “rallentano l’assorbimento di risorse in alcuni casi perché hanno raggiunto le soglie previste dal patto di stabilità interno, oppure per problemi di contabilizzazione dei finanziamenti nei bilanci e in alcuni casi perché non riescono a predisporre piani di pagamento dettagliati”.
Le imprese comunque hanno avuto anche la possibilità di cedere il proprio credito agli intermediari finanziari a condizioni concordate e vantaggiose grazie alla garanzia dello Stato (decreto legge 66/2014). Per usufruire di questa procedura si deve richiedere attraverso un apposito sito internet la certificazione del proprio credito da parte dell’ente debitore e con essa recarsi presso una banca. Alla scadenza del 31 ottobre 2014 (termine ultimo per usufruire di questa procedura) risultavano registrate alla piattaforma di certificazione dei crediti 20.018 imprese che avevano presentato 84.608 istanze di certificazione per un controvalore di circa 9 miliardi di euro.
La stabile riduzione della patologia del ritardo dei pagamenti del committente pubblico e l’avvicinamento al traguardo dei pagamenti entro 30 giorni è affidata al sistema della fatturazione elettronica, prassi obbligatoria nei confronti delle amministrazioni centrali dello Stato da giugno di quest’anno e obbligatoria per tutti gli altri enti da marzo 2015. Questo sistema dovrebbe consentire un puntuale monitoraggio del quadro dei pagamenti e quindi un più tempestivo intervento nei casi patologici.
Il mercato dei mini-bond
Il mercato dei mini-bond sta uscendo dalla fase più iniziale di sviluppo ma presenta anche aspetti di evidente fragilità. Un censimento condotto all’inizio di questo mese6 ha contato 80 emissioni per un controvalore complessivo di poco inferiore a 4,5 miliardi. Di esse 20 sono di ammontare compreso tra 10 e 50 milioni e 44 di ammontare non superiore a 10 milioni7. La durata più frequente (29 casi) è 4-5 anni, in 18 casi si è al di
6 Fonte: Osservatorio sui Mini-Bond; informazioni al 12 novembre 2014. Le emissioni censite dall’osservatorio sono quelle quotate nel segmento ExtraMOT PRO di Borsa Italiana, il segmento di mercato costituito per offrire alle società italiane un accesso ai mercati dei capitali semplice ed economico (unici requisiti aver pubblicato il bilancio degli ultimi due esercizi, di cui l’ultimo sottoposto a revisione contabile e l’aver messo a disposizione un documento informativo con alcune informazioni essenziali). In questo mercato la negoziazione è riservata ai soli investitori professionali.
7 Nel settembre scorso BNL ha assistito e sottoscritto (20% del totale) attraverso il suo fondo dedicato (BNL Paribas Bond PMI) un’emissione di mini-bond (6 milioni) di Sigit (Società Italiana Gomma Industriale Torino).
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sotto dei quattro anni e nei restanti 33 al di sopra dei 5 anni. Un’emissione su quattro prevede garanzie relativamente al rimborso del capitale e/o al pagamento degli interessi. Se si considera il solo fatturato come discrimine, sono 13 le emissioni delle micro imprese (fatturato fino a 2 milioni), 11 quelle delle piccole imprese (ricavi tra 2 e 10 milioni) e 25 quelle delle imprese medie (fatturato tra 10 e 50 milioni). Il mercato ha una forte connotazione geografica: alle imprese del Nord è riconducibile il 76% delle emissioni (61 su 80) con un controvalore pari all’82% del totale.
Distribuzione delle emissioni di mini-bond
per fatturato della società emittente
1311141510116<2 mlntra 2 mln e 10 mlntra 10 mln e 25 mlntra 25 mln e 50 mlntra 50 mln e 100 mlntra 100 mln e 500 mln> 500 mln
Fonte: Osservatorio sui Mini-Bond.
L’obiettivo di raccolta che si sono dati i fondi che hanno annunciato di volersi focalizzare sui mini-bond sfiora i 5,5 miliardi; in 23 casi su 29 è compreso tra 100 e 200 milioni.
Rispetto all’universo delle imprese, la storia delle imprese emittenti evidenzia una crescita più intensa, una migliore redditività, maggiori investimenti ma anche un’esposizione debitoria significativamente più ampia.
I successivi adeguamenti normativi (dal decreto sviluppo del 2012 con cui sono nati al recente decreto competitività) hanno contribuito a dare a questo mercato un assetto più definito. L’ultimo passo in ordine di tempo (attivato il 7 novembre scorso) è quello che prevede la concessione della garanzia del Fondo di Garanzia per le PMI a intermediari finanziari su operazioni di sottoscrizione di mini-bond, singoli o all’interno di portafogli.
Sullo sviluppo raggiunto da questo mercato le valutazioni non sono sempre concordi. Chi ritiene non sia completamente soddisfacente mette in evidenza alcune criticità. La prima concerne lo scambio informativo tra investitori e società emittenti: un investitore in corporate bond è abituato a disporre di documenti aziendali dettagliati, continuamente aggiornati, etc e a rapportarsi con personale (prevalentemente o esclusivamente) dedicato a questa attività; nella tipica PMI il bilancio (spesso redatto da un commercialista) è un documento molto sintetico, la reportistica aziendale scarsa, raramente esiste personale specificamente dedicato a curare i rapporti con gli investitori esterni e/o in grado di interloquire in inglese; poco frequente è, infine, la disponibilità di un rating (solo un’emissione su tre, quota che scende a una su cinque per le emissioni fino a 50 milioni).
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Un secondo fattore frenante potrebbe essere rappresentato dal rendimento richiesto dal mercato. Delle 80 emissioni censite, 8 sono a tasso variabile. Le altre hanno cedole annuali che arrivano anche al 9-10%: la media (ponderata con il numero delle emissioni) dei rendimenti si posiziona intorno al 6%, un livello relativamente elevato nelle attuali condizioni di mercato.
Un’ultima questione riguarda la destinazione delle risorse raccolte. Alcune ricerche hanno messo in evidenza che con frequenza non trascurabile la finalità ultima dell’emissione non è quella di finanziare iniziative di sviluppo ma piuttosto il rimborso di debiti in essere. L’obiettivo di consentire una diversificazione delle risorse esterne e quindi migliorare l’efficienza finanziaria ha un indubbio rilievo ma determina ricadute solo indirette sulla ripresa economica del Paese.
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Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial
Indice Vix
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio rimangono su livelli storicamente bassi (68).
L’indice Vix, pur presentando un lieve aumento, rimane intorno alla media di inizio mese (14).
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
(Usd per barile)
Prezzo dell’oro
(Usd l’oncia)
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,25. Il petrolio di qualità Brent quota $78 al barile.
Il prezzo dell’oro quota 1.185 dollari l’oncia.
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Borsa italiana: indice Ftse Mib
Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania
(punti base)
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters
Il Ftse Mib ad inizio settimana registra un rialzo del +1,33%.
I differenziali con il Bund sono pari a 235 pb per il Portogallo, 76 pb per l’Irlanda, 130 pb per la Spagna e 149 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi
(val. %)
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana scende a quota 1.264.
L’euribor 3m resta sotto lo 0,10%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.